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Ricorso proposto il 22 maggio 2015 – Kiselev / Consiglio

(Causa T-262/15)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Dmitry Konstantinovich Kiselev (Korolëv, Russia) (rappresentanti: T. Otty e B. Kennelly, barristers, e J. Linneker, solicitor)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione (PESC) 2015/432 del Consiglio, del 13 marzo 2015, che modifica la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/427 del Consiglio, del 13 marzo 2015, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nei limiti in cui riguardano il ricorrente;

condannare il convenuto alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce sei motivi.

Primo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione, in quanto il Consiglio ha ritenuto che il ricorrente soddisfacesse il criterio per l’inserimento nell’elenco, previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione (come modificata) e dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (come modificato).

Il ricorrente sostiene che per garantire il rispetto dell’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, i criteri per l’inserimento nell’elenco previsti dalla decisione e dal regolamento devono essere interpretati conformemente al diritto alla libertà di espressione. Secondo il ricorrente, ai fini dell’applicazione del criterio secondo cui una persona «sost[iene] attivamente» le politiche condotte dal governo russo nei confronti dell’Ucraina, detta persona deve possedere un grado più elevato di influenza sulle politiche rilevanti piuttosto che limitarsi a esprimere un’opinione in un contesto giornalistico. Il ricorrente, come lui stesso afferma, è solo un giornalista e direttore di una società operante nel settore dei media e non ha pertanto l’influenza richiesta o un impatto concreto, né responsabilità alcuna, in relazione alla situazione in Ucraina. Il ricorrente in realtà non ha mai manifestato sostegno per lo «schieramento delle forze russe in Ucraina», come sostiene il Consiglio.

Secondo motivo, vertente sulla violazione della libertà di espressione.

Secondo il ricorrente, le misure restrittive adottate nei suoi confronti lo puniscono per le opinioni politiche dal medesimo espresse in qualità di giornalista e commentatore. Tali misure limitano altresì la sua capacità di esercitare il suo diritto alla libertà di espressione nonché il funzionamento dell‘agenzia di stampa che egli gestisce, la Rossiya Segodnya. Il ricorrente ritiene che il semplice fatto che il Consiglio disapprovi il contenuto di alcuni dei suoi servizi non possa giustificare tali restrizioni. Non vi sono prove, inoltre, che egli abbia istigato alla violenza o fatto alcunché che possa giustificare una limitazione del suo diritto alla libertà di espressione.

Terzo motivo, vertente su una violazione dei diritti della difesa del ricorrente e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

Il ricorrente sostiene che non gli sono mai state date «prove serie e credibili» o «elementi di prova e di informazione concreti» tali da poter eventualmente giustificare l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti e che le «prove» del Consiglio gli sono state fornite (e solo in parte) unicamente dopo essere stato inserito nuovamente nell’elenco.

Quarto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio non avrebbe sufficientemente motivato la sua decisione di inserire il ricorrente nell’elenco.

Secondo il ricorrente, la motivazione fornita è eccessivamente vaga e non indica la ragione specifica e concreta per l’applicazione delle misure restrittive nei suoi confronti.

Quinto motivo, vertente, in via subordinata, sul fatto che il Consiglio ha fatto affidamento su una misura illegittima (posto che il criterio per l’inserimento nell’elenco può dar luogo alla violazione del diritto del ricorrente alla libertà di espressione).

Il ricorrente adduce che se, contrariamente al primo motivo, il criterio debba essere interpretato nel senso che consente l’inserimento nell’elenco di persone fisiche impegnate in attività nel settore dei media semplicemente sulla base della loro esternazione di opinioni politiche considerate discutibili dal Consiglio, il criterio di designazione mancherebbe di una base giuridica appropriata e/o sarebbe sproporzionato agli obiettivi della decisione e del regolamento.

Sesto motivo, vertente su una violazione dell’accordo di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e la Russia.

Il ricorrente sostiene che non è stato fatto alcun tentativo per giustificare le violazioni dell’articolo 52 dell’accordo di partenariato e di cooperazione per quanto riguarda, segnatamente, la limitazione alla libera circolazione dei capitali del ricorrente né per sollecitare l’intervento del consiglio di cooperazione ai sensi dell’articolo 90.

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