Language of document : ECLI:EU:C:1999:575

SENTENZA DELLA CORTE

23 novembre 1999 (1)

«Libera prestazione dei servizi — Trasferimento temporaneo di lavoratori

per l'esecuzione di un contratto — Restrizioni»

Nei procedimenti riuniti C-369/96 e C-376/96,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Tribunal correctionnel di Huy (Belgio), nei procedimenti penali dinanzi ad esso pendenti contro

Jean-Claude Arblade,

Arblade & Fils SARL, civilmente responsabile (C-369/96),

e

Bernard Leloup,

Serge Leloup,

Sofrage SARL, civilmente responsabile (C-376/96),

domande vertenti sull'interpretazione degli artt. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE) e 60 del Trattato CE (divenuto art. 50 CE),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward (relatore) e R. Schintgen, presidenti di sezione, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer


cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

—    per il signor J.-C. Arblade e la Arblade & Fils SARL (C-369/96) e per i signori B. e S. Leloup e la Sofrage SARL (C-376/96), dagli avv.ti D. Ketchedjian e E. Jakhian, rispettivamente del foro di Parigi e del foro di Bruxelles;

—    per il governo belga (C-369/96 e C-376/96), dal signor J. Devadder, consigliere generale presso il ministero degli Affari esteri, del Commercio con l'estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente, assistito dall'avv. B. van de Walle de Ghelcke, del foro di Bruxelles;

—    per il governo tedesco (C-369/96 e C-376/96), dai signori E. Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, e B. Kloke, Oberregierungsrat presso il medesimo ministero, in qualità di agenti;

—    per il governo austriaco (C-369/96 e C-376/96), dal signor M. Potacs, del ministero federale degli Affari esteri, in qualità di agente;

—    per il governo finlandese (C-369/96), dalla signora T. Pynnä, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

—    per la Commissione delle Comunità europee (C-369/96 e C-376/96), dal signor A. Caeiro, consigliere giuridico, e dalla signora M. Patakia, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del signor J.-C. Arblade e della Arblade & Fils SARL e dei signori B. e S. Leloup e della Sofrage SARL, rappresentati dall'avv. D. Ketchedjian, del governo belga, rappresentato dall'avv. B. van de Walle de Ghelcke, assistito dal signor J.-C. Heirman, ispettore sociale, in qualità di esperto, del governo tedesco, rappresentato dal signor E. Röder, del governo olandese, rappresentato dal signor J.S. van den Oosterkamp, consigliere giuridico aggiunto presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo finlandese, rappresentato dalla signora T. Pynnä, del governo del Regno Unito, rappresentato

dal signor M.J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dal signor D. Wyatt, QC, e della Commissione, rappresentata dal signor A. Caeiro e dalla signora M. Patakia, all'udienza del 19 maggio 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 giugno 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con due sentenze 29 ottobre 1996, pervenute alla Corte rispettivamente il 25 novembre (C-369/96) e il 26 novembre (C-376/96) seguenti, il Tribunal correctionnel di Huy ha sollevato in ciascuna delle cause, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE) e 60 del Trattato CE (divenuto art. 50 CE).

2.
    Le questioni sono sorte nell'ambito di due procedimenti penali promossi contro, da una parte, il signor Jean-Claude Arblade, nella sua qualità di amministratore della società di diritto francese Arblade & Fils SARL, e la Arblade & Fils SARL stessa, nella sua qualità di civilmente responsabile (in prosieguo, congiuntamente: «Arblade») (C-369/96) e, dall'altra, i signori Serge e Bernard Leloup, in qualità di amministratori della società di diritto francese Sofrage SARL, e la Sofrage SARL stessa, nella sua qualità di civilmente responsabile (in prosieguo, congiuntamente: «Leloup») (C-376/96), per non essersi conformati a svariati obblighi sociali imposti dalla normativa belga e sanzionati dalle leggi belghe di polizia e di sicurezza.

La normativa nazionale

3.
    Gli obblighi in materia di redazione, tenuta e conservazione dei documenti sociali e di lavoro, la retribuzione minima nel settore edile e i regimi delle «marche-intemperie» e delle «marche-fedeltà», nonché i mezzi per sorvegliare il rispetto di tali obblighi, sono imposti dai seguenti testi normativi:

—    la legge 8 aprile 1965 che istituisce i regolamenti del lavoro (Moniteur belge del 5 maggio 1965),

—    la legge 16 novembre 1972 relativa all'ispezione del lavoro (Moniteur belge dell'8 dicembre 1972),

—    il regio decreto n. 5 del 23 ottobre 1978, relativo alla tenuta dei documenti sociali (Moniteur belge del 2 dicembre 1978),

—    il regio decreto 8 agosto 1980 relativo alla tenuta dei documenti sociali (Moniteur belge del 27 agosto 1980, Err. Moniteur belge del 10 e 16 giugno 1981),

—    il contratto collettivo di lavoro 28 aprile 1988, stipulato in seno alla commissione paritaria dell'edilizia, relativo alla concessione di «marche-fedeltà» e di «marche-intemperie» (in prosieguo: il «CCL 28 aprile 1988»), reso obbligatorio con regio decreto 15 giugno 1988 (Moniteur belge del 7 luglio 1988, pag. 9897),

—    il regio decreto 8 marzo 1990 relativo alla tenuta della scheda individuale del lavoratore (Moniteur belge del 27 marzo 1990) e

—    il contratto collettivo di lavoro 28 marzo 1991, stipulato in seno alla commissione paritaria dell'edilizia, relativo alle condizioni di lavoro (in prosieguo: il «CCL 28 marzo 1991»), reso obbligatorio con regio decreto 22 giugno 1992 (Moniteur belge del 14 marzo 1992, pag. 17968).

4.
    Diversi aspetti della citata normativa rilevano ai fini della presente sentenza.

5.
    In primo luogo, è predisposta una sorveglianza sul rispetto della normativa attinente alla tenuta dei documenti sociali, all'igiene e alla medicina del lavoro, alla tutela del lavoro, alla regolamentazione e alle relazioni di lavoro, alla sicurezza del lavoro, alla previdenza sociale e all'assistenza sociale. I datori di lavoro sono tenuti a non opporsi a tale sorveglianza (regio decreto n. 5 del 23 ottobre 1978 nonché legge 16 novembre 1972).

6.
    In secondo luogo, alla luce del fatto che il CCL 28 marzo 1991 è stato reso obbligatorio con regio decreto, un'impresa del settore edilizio che svolga un lavoro in Belgio, che sia o meno stabilita in tale Stato, deve versare ai suoi dipendenti la retribuzione minima fissata dal detto CCL.

7.
    In terzo luogo, in forza del CCL 28 aprile 1988, reso anch'esso obbligatorio con regio decreto, tale impresa deve versare, per i suoi lavoratori, i contributi a titolo di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà».

8.
    In proposito, il datore di lavoro deve rilasciare a ciascun dipendente una «scheda individuale» (art. 4, n. 3, del regio decreto n. 5 del 23 ottobre 1978). Tale scheda, provvisoria o definitiva, deve contenere le informazioni elencate nel regio decreto 8 marzo 1990. Essa va convalidata dal Fondo di sicurezza di esistenza dei lavoratori edili, che lo fa soltanto se il datore di lavoro ha versato, in particolare, tutti i contributi necessari per le «marche-intemperie» e le «marche-fedeltà», nonché un importo di 250 BEF per ogni scheda presentata.

9.
    In quarto luogo, il datore di lavoro deve redigere un regolamento del lavoro che lo vincola nei confronti dei suoi dipendenti, nonché tenere, in ciascuno dei luoghi in cui impiega del personale, una copia di tale regolamento (legge 8 aprile 1965).

10.
    In quinto luogo, il datore di lavoro deve tenere un «registro del personale» per tutti i suoi dipendenti (art. 3, n. 1, del regio decreto 8 agosto 1980) recante un certo numero di menzioni obbligatorie (artt. 4-7 dello stesso regio decreto).

11.
    Inoltre, il datore di lavoro che occupi dipendenti in diversi luoghi di lavoro deve tenere un «registro speciale del personale» in ciascuno di tali luoghi, salvo nel luogo in cui tiene il «registro del personale» (art. 10 del regio decreto 8 agosto 1980). In determinate circostanze, i datori di lavoro che occupano dipendenti in esecuzione di lavori edili sono dispensati dal tenere il registro speciale sui luoghi di lavoro, purché tengano per ciascun dipendente ivi occupato un «documento individuale» recante le stesse menzioni del detto registro (art. 11 dello stesso regio decreto).

12.
    Il datore di lavoro deve redigere inoltre, per ciascun lavoratore, un «conto individuale» (art. 3, n. 2, del regio decreto 8 agosto 1980). Tale documento deve contenere diverse informazioni obbligatorie attinenti, in particolare, alla retribuzione del lavoratore (artt. 13-21 del regio decreto 8 agosto 1980).

13.
    In sesto luogo, il registro del personale e i conti individuali devono essere tenuti vuoi in uno dei luoghi di lavoro, vuoi all'indirizzo al quale il datore di lavoro è iscritto in Belgio presso un ente incaricato della riscossione dei contributi previdenziali, vuoi, infine, presso il domicilio o la sede sociale del datore di lavoro in Belgio o, in mancanza, presso il domicilio belga di una persona fisica che tenga il registro del personale e i conti individuali in quanto incaricato o mandatario del datore di lavoro. Inoltre, il datore di lavoro deve avvertire preventivamente con lettera raccomandata l'ispettore capo distrettuale dell'ispettorato leggi sociali del ministero dell'Impiego e del Lavoro presposto al distretto in cui tali documenti saranno tenuti (artt. 8, 9 e 18 del regio decreto 8 agosto 1980).

14.
    Secondo le informazioni fornite alla Corte dal governo belga in udienza, allorché il datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro occupa lavoratori in Belgio, deve in ogni caso designare un mandatario o incaricato che tenga i documenti di cui trattasi in uno dei luoghi di lavoro, oppure presso il suo domicilio in Belgio.

15.
    In settimo luogo, il datore di lavoro deve conservare per cinque anni i documenti sociali comprendenti il registro del personale e i conti individuali, in originale o in copia, all'indirizzo a cui è iscritto in Belgio presso un organismo incaricato di riscuotere i contributi previdenziali, oppure presso la sede dell'associazione padronale cui è iscritto, oppure, infine, presso il domicilio o la sede sociale del datore di lavoro in Belgio o, in mancanza, presso il domicilio belga di una persona fisica che tenga tali documenti in quanto incaricato o mandatario del datore di

lavoro. Tuttavia, ove il datore di lavoro non impieghi più alcun lavoratore in Belgio, è tenuto a conservare tali documenti presso il proprio domicilio o la sede sociale in Belgio o, in mancanza, presso il domicilio belga di una persona fisica. Il datore di lavoro deve preventivamente avvertire l'ispettore capo distrettuale dell'ispettorato leggi sociali del ministero dell'Impiego e del Lavoro nel cui distretto tali documenti saranno conservati (artt. 22-25 del regio decreto 8 agosto 1980).

16.
    In proposito, i citati obblighi relativi alla conservazione dei documenti sociali hanno inizio solo allorché il datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro non occupa più lavoratori in Belgio.

17.
    In ottavo luogo, l'art. 11 del regio decreto n. 5 del 23 ottobre 1978, l'art. 25, primo comma, della legge 8 aprile 1965, l'art. 15, secondo comma, della legge 16 novembre 1972, e gli artt. 56 e 57 della legge 5 dicembre 1968 sulle convenzioni e le commissioni paritarie e l'art. 16, primo comma, della legge 7 gennaio 1958, modificata dalla legge 18 dicembre 1968 relativa ai fondi di sicurezza d'esistenza, prevedono sanzioni penali per il caso di violazione di tali disposizioni.

18.
    In ultimo luogo, le disposizioni di legge che predispongono la tutela dei lavoratori sono leggi di polizia e di sicurezza ai sensi dell'art. 3, primo comma, del codice civile belga, cui sono pertanto soggetti tutti coloro che si trovino sul territorio belga.

La causa a qua

19.
    Arblade e Leloup hanno effettuato lavori di costruzione di un complesso di silos per lo stoccaggio di zucchero bianco cristallizzato della capacità di 40 000 tonnellate sul sito della Sucrerie tirlemontoise a Wanze, in Belgio.

20.
    A tal fine Arblade ha distaccato sul cantiere, dal 1° gennaio al 31 maggio 1992 e dal 26 aprile al 15 ottobre 1993, un totale di 17 lavoratori. Leloup vi ha distaccato 9 lavoratori dal 1° gennaio al 31 dicembre 1991, dal 1° marzo al 31 luglio 1992 e dal 1° marzo al 31 ottobre 1993.

21.
    Nel corso di controlli effettuati su tale cantiere nel 1993, i servizi dell'ispettorato belga delle leggi sociali hanno richiesto a Arblade e Leloup la produzione di diversi documenti sociali previsti dalla normativa belga.

22.
    Arblade e Leloup hanno ritenuto di non essere obbligati a produrre i documenti richiesti. Essi hanno sostenuto infatti, da una parte, di essersi conformati alla normativa francese e, d'altra parte, che le disposizioni legislative e regolamentari belghe di cui trattavasi contravvenivano agli artt. 59 e 60 del Trattato. In ogni caso, il 2 dicembre 1993 Leloup ha prodotto il registro del personale tenuto a norma del diritto francese.

23.
    Per non essersi conformati ai citati obblighi previsti dalla normativa belga, Arblade e Leloup sono stati sottoposti a procedimento penale dinanzi al Tribunal correctionnel di Huy.

24.
    Ritenendo che i due procedimenti richiedessero l'interpretazione del diritto comunitario, il Tribunal correctionnel di Huy ha deciso di sospenderli e di sottoporre alla Corte, nella causa C-369/96, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)    Se gli artt. 59 e 60 del Trattato debbano essere interpretati nel senso che vietano a uno Stato membro di obbligare un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che esegua temporaneamente lavori nel primo Stato:

    a)    a conservare i documenti sociali (registro del personale e conto individuale) presso il domicilio belga di una persona fisica che provveda alla tenuta di tali documenti in qualità di mandatario o incaricato;

    b)    a pagare ai lavoratori la retribuzione minima stipulata dal contratto collettivo di lavoro;

    c)    a tenere un registro speciale del personale;

    d)    a consegnare una scheda individuale a ciascun lavoratore;

    e)    a designare un mandatario o una persona incaricata di tenere i conti individuali dei lavoratori;

    f)    a pagare contributi ”marche-intemperie” e ”fedeltà” per ciascun lavoratore;

    qualora detta impresa sia già soggetta, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, a obblighi se non identici, quanto meno analoghi sotto il profilo della loro finalità, nello Stato in cui essa è stabilita.

2)    Se gli artt. 59 e 60 del Trattato CEE 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità economica europea, possano rendere inoperante l'art. 3, primo comma, del Codice civile, relativo alle leggi belghe di polizia e sicurezza».

25.
    Analogamente, nella causa C-376/96, il giudice a quo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

«1)    Se gli artt. 59 e 60 del Trattato debbano essere interpretati nel senso che vietano a uno Stato membro di obbligare un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che esegua temporaneamente lavori nel primo Stato:

    a)    a designare un mandatario o una persona incaricata di tenere i conti individuali dei lavoratori ivi occupati,

    b)    a non ostacolare la sorveglianza predisposta dalla normativa di tale Stato relativa alla tenuta dei documenti sociali,

    c)    a non ostacolare la sorveglianza predisposta ai sensi della normativa di tale Stato concernente l'ispettorato del lavoro,

    d)    a redigere un conto individuale per ciascun lavoratore,

    e)    a tenere un registro speciale del personale,

    f)    ad adottare un regolamento del lavoro,

    g)    a conservare i documenti sociali (registro del personale e conto individuale) presso il domicilio belga di una persona fisica che provveda alla tenuta di tali documenti in qualità di mandatario o incaricato,

    h)    a consegnare una scheda individuale a ciascun lavoratore,

    qualora detta impresa sia già soggetta, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, a obblighi, se non identici, quanto meno analoghi sotto il profilo della loro finalità, nello Stato in cui essa è stabilita.

2)    Se gli artt. 59 e 60 del Trattato CEE 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità economica europea, possano rendere inoperante l'art. 3, primo comma, del Codice civile, relativo alle leggi belghe di polizia e sicurezza».

26.
    Con ordinanza del presidente della Corte 6 giugno 1997 le due cause sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.

27.
    Con le questioni sollevate, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice a quo domanda in sostanza se gli artt. 59 e 60 del Trattato ostino a che uno Stato membro imponga, anche mediante leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro e che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato di:

—    versare ai suoi dipendenti distaccati la retribuzione minima stabilita dal contratto collettivo di lavoro applicabile, nello Stato membro ospitante, alle attività svolte, versare, per ciascuno di loro, contributi padronali a titolo di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà» e rilasciare a ciascuno di loro una scheda individuale,

—    redigere un regolamento del lavoro, un registro speciale del personale e, per ciascun lavoratore distaccato, un conto individuale,

—    far tenere e conservare i documenti sociali (registro del personale e conti individuali) dei lavoratori distaccati nello Stato membro ospitante presso il domicilio, sito in tale Stato, di una persona fisica che provveda a tenere tali documenti in quanto mandatario o incaricato,

qualora tale impresa già sia soggetta ad obblighi analoghi sotto il profilo della loro finalità, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, nello Stato membro in cui è stabilita.

Osservazioni preliminari

28.
    Il governo belga afferma che l'interpretazione degli artt. 59 e 60 del Trattato deve ispirarsi alle disposizioni della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (GU L 18, pag. 1), laddove essa concretizza lo stato attuale del diritto comunitario in materia di norme imperative di tutela minima e le codifica.

29.
    Orbene, le disposizioni della direttiva 96/71 non erano in vigore al momento dei fatti. Tuttavia, il diritto comunitario non osta a che il giudice a quo tenga conto, conformemente a un principio del suo diritto penale, delle più favorevoli disposizioni della direttiva 96/71 ai fini dell'applicazione del diritto interno, ancorché il diritto comunitario non comporti alcun obbligo in tal senso (v. sentenza 29 ottobre 1998, causa C-230/97, Awoyemi, Racc. pag. I-6781, punto 38).

30.
    Quanto alla seconda questione sollevata in ciascuna delle due cause, vertente sulla qualificazione, in diritto belga, delle disposizioni controverse come leggi di polizia e di sicurezza, occorre intendere tale espressione come riferita alle norme nazionali la cui osservanza è stata reputata cruciale per la salvaguardia dell'organizzazione politica, sociale o economica dello Stato membro interessato, al punto da imporne il rispetto a chiunque si trovi sul territorio nazionale di tale Stato membro o a qualunque rapporto giuridico localizzato nel suo territorio.

31.
    L'appartenenza di una norma nazionale alla categoria delle leggi di polizia e di sicurezza non la sottrae all'osservanza delle disposizioni del Trattato, pena la violazione dei principi di preminenza e di applicazione uniforme del diritto comunitario. Le motivazioni che stanno alla base di tali normative nazionali possono essere prese in considerazione dal diritto comunitario soltanto a titolo di eccezioni alle libertà comunitarie espressamente previste dal Trattato e, se del caso, a titolo di ragioni imperative d'interesse generale.

Sulle questioni pregiudiziali

32.
    E' pacifico che Arblade e Leloup, stabiliti in Francia, si sono trasferiti, ai sensi degli artt. 59 e 60 del Trattato, in un altro Stato membro, nella specie in Belgio, per svolgervi attività a carattere temporaneo, e che non hanno rivolto le loro attività interamente o principalmente rivolte verso quest'ultimo Stato al fine di sottrarsi alle norme che sarebbero loro applicabili nel caso in cui fossero stabiliti sul territorio di tale Stato.

33.
    Risulta da una giurisprudenza costante che l'art. 59 del Trattato prescrive non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare, da ostacolare o da rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi (v. sentenze 25 luglio 1991, causa C-76/90, Säger, Racc. pag. I-4221, punto 12; 9 agosto 1994, causa C-43/93, Vander Elst, Racc. pag. I-3803, punto 14; 28 marzo 1996, causa C-272/94, Guiot, Racc. pag. I-1905, punto 10; 12 dicembre 1996, causa C-3/95, Reisebüro Broede, Racc. pag. I-6511, punto 25, e 9 luglio 1997, causa C-222/95, Parodi, Racc. pag. I-3899, punto 18).

34.
    Anche in assenza di armonizzazione in materia, la libera prestazione dei servizi, in quanto principio fondamentale del Trattato, può essere limitata solo da norme giustificate da ragioni imperative d'interesse generale e applicabili a tutte le persone o imprese che esercitino un'attività nel territorio dello Stato membro ospitante, qualora tale interesse non sia tutelato dalle norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui è stabilito (v., segnatamente, sentenze 17 dicembre 1981, causa 279/80, Webb, Racc. pag. 3305, punto 17; 26 febbraio 1991, causa C-180/89, Commissione/Italia, Racc. pag. I-709, punto 17; causa C-198/89, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-727, punto 18; Säger, citata, punto 15; Vander Elst, citata, punto 16, e Guiot, citata, punto 11).

35.
    L'applicazione delle normative nazionali di uno Stato membro ai prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri dev'essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v., in particolare, sentenze Säger, citata, punto 15; 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto 32; 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 37, e Guiot, citata, punti 11 e 13).

36.
    Tra le ragioni imperative d'interesse generale già riconosciute dalla Corte vi è la tutela dei lavoratori (v. sentenze Webb, citata, punto 19; 3 febbraio 1982, cause riunite 62/81 e 63/81, Seco e Desquenne & Giral, Racc. pag. 223, punto 14, e 27 marzo 1990, causa C-113/89, Rush Portuguesa, Racc. pag. I-1417, punto 18), in particolare la tutela sociale dei lavoratori del settore edile (sentenza Guiot, citata, punto 16).

37.
    Per contro, considerazioni di ordine meramente amministrativo non possono giustificare la deroga, da parte di uno Stato membro, alle norme del diritto comunitario, e ciò tanto più quando la deroga di cui trattasi ha l'effetto di escludere o limitare l'esercizio di una delle libertà fondamentali del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 26 gennaio 1999, causa C-18/95, Terhoeve, Racc. pag. I-345, punto 45).

38.
    Tuttavia, le ragione imperative d'interesse generale che giustificano le disposizioni sostanziali di una normativa possono altresì giustificare le misure di controllo necessarie per garantirne l'osservanza (v., in tal senso, sentenza Rush Portuguesa, citata, punto 18).

39.
    Occorre quindi esaminare, in ordine successivo, se i requisiti fissati da una normativa nazionale come quella di cui si tratta nella fattispecie comportino effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi e, eventualmente, se, nel settore dell'attività presa in esame, ragioni imperative inerenti all'interesse generale giustifichino tali restrizioni alla libera prestazione dei servizi. In caso affermativo, si dovrà inoltre verificare che questo interesse non sia già garantito dalle norme dello Stato in cui il prestatore dei servizi è stabilito e che lo stesso risultato non possa essere conseguito mediante regole meno restrittive (v., in particolare, sentenze Säger, citata, punto 15; Kraus, citata, punto 32; Gebhard, citata, punto 37; Guiot, citata, punto 13, e Reisebüro Broede, citata, punto 28).

40.
    Vanno esaminati in questo contesto i diversi obblighi menzionati nelle questioni pregiudiziali, nell'ordine seguente:

—    il versamento della retribuzione minima,

—    il contributo ai regimi di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà» nonché la redazione delle schede individuali,

—    la tenuta dei documenti sociali, e

—    la conservazione dei documenti sociali.

Sul versamento della retribuzione minima

41.
    Per quanto riguarda l'obbligo per il datore di lavoro prestatore di servizi di pagare ai suoi dipendenti in distacco la retribuzione minima fissata da un contratto collettivo di lavoro applicabile, nello Stato membro ospitante, alle attività svolte, giova ricordare che il diritto comunitario non osta a che gli Stati membri estendanol'applicazione delle loro leggi o dei contratti collettivi di lavoro stipulati tra le parti sociali in materia di salari minimi a chiunque svolga un lavoro subordinato, ancorché temporaneo, nel loro territorio, indipendentemente dal paese in cui è stabilito il datore di lavoro, e che il diritto comunitario non vieta nemmeno agli

Stati membri d'imporre l'osservanza di queste norme con i mezzi adeguati (sentenze Seco e Desquenne & Giral, citata, punto 14; Rush Portuguesa, citata, punto 18, e Guiot, citata, punto 12).

42.
    Ne consegue che le disposizioni di legge o dei contratti collettivi di lavoro di uno Stato membro che garantiscono un livello di salario minimo possono, in via di principio, essere estese ai datori di lavoro che svolgano una prestazione di servizi sul territorio di tale Stato, qualunque ne sia il paese di stabilimento.

43.
    Tuttavia, affinché la violazione di tali disposizioni giustifichi l'avvio di procedimenti penali nei confronti del datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro, occorre che esse siano sufficientemente precise e accessibili, così da non rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile la determinazione, da parte del datore di lavoro, degli obblighi cui dovrebbe conformarsi. Spetta all'autorità competente, nella specie all'ispettorato belga delle leggi sociali — allorché presenta denuncia in sede penale — precisare, senza equivoco, quali sono gli obblighi che il datore di lavoro è accusato di non avere rispettato.

44.
    Spetta pertanto al giudice nazionale verificare, alla luce di tali considerazioni, quali sono le disposizioni pertinenti del suo diritto nazionale idonee ad essere applicate nei confronti del datore di lavoro di un altro Stato membro e, se del caso, qual è il livello di salario minimo che esse fissano.

45.
    In proposito, i governi belga e austriaco ritengono che i vantaggi garantiti ai lavoratori dai regimi di «marche-fedeltà» e di «marche-intemperie», previsti dal CCL 28 aprile 1988, costituiscano parte del reddito annuo minimo dell'operaio edile ai sensi della normativa belga.

46.
    Si evince tuttavia dagli atti, da una parte, che soltanto nei confronti di Arblade è stato promosso un procedimento penale per non aver pagato ai suoi dipendenti il salario minimo previsto dal CCL 28 marzo 1991 e, d'altra parte, che il CCL 28 aprile 1988 fissa, all'art. 4, punto 1, il contributo per le «marche-intemperie» e le «marche-fedeltà» sulla base della retribuzione lorda al 100% dell'operaio. Poiché l'importo dovuto a titolo dei regimi di «marche-fedeltà» e di «marche-intemperie» è calcolato con riferimento al salario minimo lordo, esso non può far parte integrante di quest'ultimo.

47.
    Ciò considerato, pare escluso — spetta al giudice a quo confermarlo — che i vantaggi garantiti ai lavoratori dai regimi di «marche-fedeltà» e di «marche-intemperie» costituiscano un elemento rientrante nella determinazione del livello di salario minimo che si contesta ad Arblade di non aver applicato.

Sul contributo ai regimi di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà» e sulla redazione delle schede individuali

48.
    Quanto all'obbligo di versare contributi padronali ai regimi belgi di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà», risulta dalla sentenza di rinvio, e segnatamente dal tenore della prima questione pregiudiziale, in ciascuna delle due cause, che Arblade e Leloup sono già soggetti ad obblighi, se non identici, quanto meno equivalenti sotto il profilo della loro finalità, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi, nello Stato membro in cui sono stabiliti.

49.
    Il governo belga sostiene che il giudice a quo non ha determinato l'esistenza di tali obblighi nello Stato membro di stabilimento. La Corte deve tuttavia attenersi all'ipotesi accolta dal giudice a quo, secondo la quale l'impresa prestatrice di servizi è già soggetta nello Stato membro in cui è stabilita ad obblighi equivalenti sotto il profilo della loro finalità.

50.
    Una normativa nazionale che obbliga il datore di lavoro, che agisca in qualità di prestatore di servizi ai sensi del Trattato, a versare contributi padronali agli enti previdenziali dello Stato membro ospitante, oltre ai contributi che egli ha già versato agli enti dello Stato membro in cui è stabilito, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Un obbligo del genere, infatti, comporta costi e oneri amministrativi ed economici supplementari per le imprese stabilite in un altro Stato membro, cosicché queste ultime non si trovano su un piano di parità, dal punto di vista della concorrenza, con i datori di lavoro stabiliti nello Stato membro ospitante, il che può quindi dissuaderle dal fornire prestazioni nello Stato membro ospitante.

51.
    Si deve ammettere che l'interesse generale inerente alla tutela sociale dei lavoratori del settore edile e al controllo della sua osservanza, a causa di condizioni peculiari di questo settore, può costituire una ragione imperativa che giustifica l'imposizione al datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro, che svolga una prestazione di servizi nello Stato membro ospitante, obblighi atti a costituire restrizioni alla libera prestazione dei servizi. Ciò non vale, tuttavia, nel caso in cui i dipendenti del datore di lavoro di cui trattasi, che svolgano temporaneamente lavori nello Stato membro ospitante, godano della stessa tutela, o di una tutela sostanzialmente analoga, in forza degli obblighi cui il datore di lavoro già è soggetto nel suo Stato membro di stabilimento (v., in tal senso, sentenza Guiot, citata, punti 16 e 17).

52.
    Inoltre, l'obbligo imposto al prestatore di servizi di versare contributi padronali agli enti previdenziali dello Stato membro ospitante non è giustificabile qualora tali contributi non diano diritto ad alcun vantaggio sociale per i lavoratori stessi (v. sentenza Seco e Desquenne & Giral, citata, punto 15).

53.
    Spetta pertanto al giudice nazionale verificare, da una parte, se i contributi richiesti nello Stato membro ospitante diano diritto a un vantaggio sociale per i lavoratori di cui trattasi e, d'altra parte, se i lavoratori godano, nello Stato membro di stabilimento, in forza dei contributi padronali già versati dal datore di lavoro in tale

Stato, di una tutela sostanzialmente analoga a quella prevista dalla normativa dello Stato membro in cui la prestazione di servizi viene svolta.

54.
    Soltanto nel caso in cui i contributi padronali agli enti previdenziali dello Stato membro attribuissero ai lavoratori un vantaggio idoneo a garantire loro un'effettiva tutela aggiuntiva, di cui altrimenti non fruirebbero, il loro versamento potrebbe essere giustificato, e ciò unicamente qualora questi stessi contributi fossero richiesti nei confronti di qualunque prestatore di servizi operante sul territorio nazionale nel settore interessato.

55.
    Infine, quanto all'obbligo imposto dalla normativa belga di rilasciare a ciascun lavoratore una scheda individuale, risulta che tale obbligo è intrinsecamente connesso a quello di versare i contributi per le «marche-intemperie» e le «marche-fedeltà» previsto dal CCL 28 aprile 1988. Nel caso in cui l'impresa sia già soggetta ad obblighi sostanzialmente equiparabili, sotto il profilo della loro finalità, a quelli imposti in forza dei regimi di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà», per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, nello Stato membro in cui è stabilita, tale impresa è obbligata a rilasciare ai lavoratori distaccati soltanto i documenti equivalenti che essa è tenuta a rilasciare ai sensi della normativa dello Stato membro di stabilimento. Nel caso in cui il regime di quest'ultimo Stato non prevedesse il rilascio di documenti ai dipendenti, la detta impresa sarebbe tenuta soltanto a dimostrare alle autorità competenti dello Stato membro ospitante di essere in regola con il pagamento dei contributi richiesti dalla normativa dello Stato membro di stabilimento, mediante la produzione dei documenti a tal fine previsti dalla detta normativa.

Sul principio della tenuta dei documenti sociali e di lavoro

56.
    Quanto all'obbligo di redigere un regolamento del lavoro e di tenere un registro speciale del personale nonché, per ciascun lavoratore distaccato, un conto individuale, risulta inoltre dalla sentenza di rinvio, e segnatamente dal tenore della prima questione pregiudiziale, in ciascuna delle due cause, che Arblade e Leloup sono già soggetti ad obblighi, se non identici, quanto meno equiparabili sotto il profilo della loro finalità, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi, nello Stato membro in cui sono stabiliti.

57.
    Come già ricordato al punto 49 della presente sentenza, e nonostante le obiezioni del governo belga, la Corte deve fondarsi sui fatti quali esposti dal giudice a quo.

58.
    Un obbligo, come quello imposto dalla normativa belga, di redigere e di tenere taluni documenti aggiuntivi nello Stato membro ospitante comporta costi e oneri amministrativi ed economici supplementari per le imprese stabilite in un altro Stato membro, cosicché tali imprese non si trovano su un piano di parità, dal punto di vista della concorrenza, con i datori di lavoro stabiliti nello Stato membro ospitante.

59.
    L'imposizione di un obbligo del genere integra pertanto gli estremi di una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell'art. 59 del Trattato.

60.
    Una simile restrizione può essere giustificata soltanto qualora sia necessaria per tutelare effettivamente e con i mezzi appropriati la ragione imperativa d'interesse generale costituita dalla tutela sociale dei lavoratori.

61.
    L'efficace tutela dei lavoratori del settore edile, segnatamente in materia di sicurezza e salute, nonché in materia di tempo di lavoro, può rendere necessaria la tenuta di taluni documenti a disposizione sul cantiere o, quanto meno, in un luogo accessibile e chiaramente identificato del territorio dello Stato membro ospitante per le autorità di tale Stato incaricate di effettuare i controlli, in mancanza, in particolare, di un sistema organizzato di cooperazione o di scambio d'informazioni fra Stati membri, quale previsto dall'art. 4 della direttiva 96/71.

62.
    Inoltre, sempre in mancanza del sistema organizzato di cooperazione o di scambio di informazioni menzionato al punto precedente, l'obbligo di redigere e di tenere sul cantiere o, quanto meno, in un luogo accessibile e chiaramente identificato del territorio dello Stato membro ospitante alcuni dei documenti richiesti dalla normativa di tale Stato può costituire la sola misura di controllo appropriata rispetto all'obiettivo perseguito da tale normativa.

63.
    Infatti, i dati informativi richiesti rispettivamente dalla normativa dello Stato membro di stabilimento e da quella dello Stato membro ospitante relativi, in particolare, al datore di lavoro, al lavoratore, alle condizioni di lavoro e alla retribuzione possano essere tanto differenti da far sì che i controlli richiesti dalla normativa dello Stato membro ospitante non possano essere effettuati sulla base di documenti tenuti in conformità alla normativa dello Stato membro di stabilimento.

64.
    Per contro, il solo fatto che esistano talune differenze di forma o di contenuto non può giustificare la tenuta di due serie di documenti, conformi, gli uni, alla normativa dello Stato membro di stabilimento, gli altri a quella dello Stato membro ospitante, ove le informazioni fornite dai documenti richiesti dalla normativa dello Stato membro di stabilimento siano globalmente sufficienti a permettere i controlli necessari nello Stato membro ospitante.

65.
    Occorre pertanto che le autorità e, se del caso, i giudici dello Stato membro ospitante verifichino successivamente — prima di pretendere la redazione e la tenuta sul territorio di tale Stato dei documenti sociali o di lavoro conformi alla loro propria normativa — che la tutela sociale dei lavoratori che giustifica tali obblighi non sia sufficientemente garantita mediante la produzione, entro un termine ragionevole, dei documenti tenuti nello Stato membro di stabilimento o della loro copia, o in mancanza dal mantenimento a disposizione di tali documenti

o di loro copia sul cantiere o in un luogo accessibile e chiaramente identificato del territorio dello Stato membro ospitante.

66.
    In proposito, qualora le autorità o i giudici dello Stato membro ospitante accertino, come ha fatto il giudice a quo nelle due cause, che, per quanto riguarda la tenuta di documenti sociali o di lavoro, come un regolamento del lavoro, un registro speciale del personale e, per ogni lavoratore distaccato, un conto individuale, il datore di lavoro è soggetto, nello Stato in cui è stabilito, ad obblighi analoghi, sotto il profilo della loro finalità, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, la produzione dei documenti sociali e di lavoro tenuti dal datore di lavoro in conformità alla normativa dello Stato membro di stabilimento va considerata sufficiente a garantire la tutela dei lavoratori, cosicché non si può imporre al datore di lavoro la redazione di documenti conformi alla normativa dello Stato membro ospitante.

67.
    Nell'ambito di una verifica come quella menzionata al punto 65 della presente sentenza, si deve tener conto delle direttive comunitarie di coordinamento o di armonizzazione minima relative alle informazioni necessarie alla tutela dei lavoratori.

68.
    In primo luogo, la direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288, pag. 32), mira, ai sensi del suo secondo 'considerando‘, ad una migliore tutela dei lavoratori subordinati contro un eventuale misconoscimento dei loro diritti e ad offrire una maggiore trasparenza nel mercato del lavoro. Tale direttiva elenca una serie di elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro — ivi compresi, se del caso, quelli resi necessari da un distacco in un altro paese — che il datore di lavoro è tenuto a portare a conoscenza del lavoratore. Ai sensi del suo art. 7, la direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di favorire o consentire l'applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori.

69.
    In secondo luogo, la direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), dispone in particolare, all'art. 10, che i lavoratori devono ricevere talune informazioni in materia di rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

70.
    Nell'ambito di tale verifica, le autorità nazionali dello Stato membro ospitante, ove non ne dispongano esse stesse, possono inoltre sempre chiedere al prestatore di servizi la comunicazione delle informazioni in suo possesso relative agli obblighi cui è soggetto nello Stato membro in cui è stabilito.

Sulle modalità di tenuta e sulla conservazione dei documenti sociali

71.
    Le disposizioni del diritto belga relative alle modalità di tenuta e conservazione dei documenti da parte del datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro si articolano in tre punti. In primo luogo, richiedono la tenuta dei documenti sociali, qualora il datore di lavoro occupi lavoratori in Belgio, vuoi in uno dei luoghi di lavoro, vuoi presso il domicilio belga di una persona fisica che tenga tali documenti in quanto incaricato o mandatario del datore di lavoro.

72.
    In secondo luogo, allorché il datore di lavoro non occupa più lavoratori in Belgio, i documenti sociali, in originale o in copia, vanno conservati per cinque anni presso il domicilio belga del suddetto mandatario o incaricato.

73.
    In ultimo luogo, si richiede preliminarmente la notifica alle autorità nazionali dell'identità del mandatario o incaricato, che sia designato per la tenuta o per la conservazione dei documenti.

74.
    Per le ragioni già illustrate ai punti 61-63 della presente sentenza, le esigenze di controllo effettivo da parte delle autorità dello Stato membro ospitante possono giustificare l'obbligo, per un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro che svolga una prestazione di servizi nello Stato membro ospitante, di tenere determinati documenti a disposizione di tali autorità sul cantiere o, quanto meno, in un luogo accessibile e chiaramente identificato del territorio dello Stato membro ospitante.

75.
    Spetta al giudice nazionale verificare, tenuto conto del principio di proporzionalità, quali documenti debbano essere oggetto di un obbligo del genere.

76.
    Ove si tratti, come nella specie, di un obbligo di tenere a disposizione e di conservare taluni documenti presso il domicilio di una persona fisica residente nello Stato membro ospitante, che li tenga in quanto incaricato o mandatario del datore di lavoro che l'ha designato, anche dopo che il datore di lavoro ha smesso di occupare lavoratori in tale Stato, non basta, per giustificare una simile restrizione alla libera prestazione dei servizi, che la presenza di tali documenti sul territorio dello Stato membro ospitante possa genericamente agevolare l'adempimento del compito di controllo delle autorità di tale Stato. E' necessario, inoltre, che le autorità non siano in grado di adempiere in modo efficace il loro compito di controllo senza che l'impresa disponga, in tale Stato membro, di un mandatario o incaricato che conserva i detti documenti (v., in tal senso, sentenza 4 dicembre 1986, causa 205/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 3755, punto 54).

77.
    In ogni caso, per quanto riguarda più specificamente gli obblighi, da una parte, di conservare i documenti sociali sul territorio dello Stato membro ospitante per un periodo di cinque anni e, d'altra parte, di conservarli nel domicilio di una persona fisica, ad esclusione delle persone giuridiche, esigenze del genere non sono giustificate.

78.
    Infatti, il controllo dell'osservanza delle norme di tutela dei lavoratori del settore edile può essere garantito mediante misure meno restrittive. Come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 88 delle sue conclusioni, allorché il datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro non occupa più lavoratori in Belgio, i documenti sociali comprendenti il registro del personale e i conti individuali — o i documenti equivalenti che l'impresa è obbligata a redigere in applicazione della normativa dello Stato membro di stabilimento, o la copia di tali documenti — possono essere inviati alle autorità nazionali che potrebbero controllarli e, se del caso, conservarli.

79.
    Del resto, giova sottolineare che il sistema organizzato di cooperazione o di scambio di informazioni fra Stati membri previsto dall'art. 4 della direttiva 96/71 renderà prossimamente superflua la conservazione dei documenti nello Stato membro ospitante dopo che il datore di lavoro ha cessato di occuparvi lavoratori.

80.
    Le questioni pregiudiziali sollevate vanno dunque così risolte:

1)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato non ostano a che uno Stato membro imponga a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di pagare ai suoi lavoratori distaccati la retribuzione minima fissata dal contratto collettivo di lavoro applicabile nel primo Stato membro, purché le disposizioni di cui trattasi siano sufficientemente precise e accessibili, in modo da non rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile la determinazione, da parte del datore di lavoro, degli obblighi cui dovrebbe conformarsi.

2)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga, anche con leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di versare, per ciascun lavoratore distaccato, contributi padronali a titolo di regimi quali i regimi belgi di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà», e di rilasciare a ciascuno di loro una scheda individuale, laddove tale impresa già sia soggetta ad obblighi sostanzialmente equiparabili, sotto il profilo della loro finalità di salvaguardia degli interessi dei lavoratori, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, nello Stato in cui è stabilita.

3)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga, anche con leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di redigere documenti sociali o di lavoro, come un regolamento del lavoro, un registro speciale del personale e, per ciascun lavoratore distaccato, un conto individuale, nella forma richiesta dalla normativa del primo Stato, allorché la tutela dei lavoratori atta a giustificare tali imposizioni già è assicurata mediante la produzione dei documenti sociali e di lavoro tenuti dalla detta impresa ai sensi della normativa dello Stato membro in cui essa è stabilita.

    Così è nel caso in cui, con riferimento alla tenuta dei documenti sociali e di lavoro, l'impresa sia già soggetta, nello Stato in cui è stabilita, ad obblighi equiparabili, sotto il profilo della loro finalità di salvaguardia degli interessi dei lavoratori, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, a quelli previsti dalla normativa dello Stato membro ospitante.

4)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato non ostano a che uno Stato membro obblighi un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, a tenere a disposizione, per il periodo di attività sul territorio del primo Stato membro, una serie di documenti sociali e di lavoro sul cantiere o in un altro luogo accessibile e chiaramente identificato del territorio di tale Stato, allorché tale misura è necessaria per consentirgli di garantire l'effettivo controllo dell'osservanza della sua normativa, giustificata dalla salvaguardia della tutela sociale dei lavoratori.

5)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga, anche mediante leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di conservare, per cinque anni dopo che ha cessato di occupare lavoratori nel primo Stato membro, documenti sociali quali il registro del personale e il conto individuale presso il domicilio, situato nel detto Stato membro, di una persona fisica che tenga tali documenti in quanto mandatario o incaricato.

Sulle spese

81.
    Le spese sostenute dai governi belga, tedesco, olandese, austriaco, finlandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal correctionnel di Huy con due sentenze 29 ottobre 1996, dichiara:

1)    Gli artt. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE) e 60 del Trattato CE (divenuto art. 50 CE) non ostano a che uno Stato membro imponga a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di pagare ai suoi lavoratori

distaccati la retribuzione minima fissata dal contratto collettivo di lavoro applicabile nel primo Stato membro, purché le disposizioni di cui trattasi siano sufficientemente precise e accessibili, in modo da non rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile la determinazione, da parte del datore di lavoro, degli obblighi cui dovrebbe conformarsi.

2)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga, anche con leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di versare, per ciascun lavoratore distaccato, contributi padronali a titolo di regimi quali i regimi belgi di «marche-intemperie» e di «marche-fedeltà», e di rilasciare a ciascuno di loro una scheda individuale, laddove tale impresa già sia soggetta ad obblighi sostanzialmente equiparabili, sotto il profilo della loro finalità di salvaguardia degli interessi dei lavoratori, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, nello Stato in cui è stabilita.

3)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga, anche con leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, di redigere documenti sociali o di lavoro, come un regolamento del lavoro, un registro speciale del personale e, per ciascun lavoratore distaccato, un conto individuale, nella forma richiesta dalla normativa del primo Stato, allorché la tutela dei lavoratori atta a giustificare tali imposizioni già è assicurata mediante la produzione dei documenti sociali e di lavoro tenuti dalla detta impresa ai sensi della normativa dello Stato membro in cui essa è stabilita.

    Così è nel caso in cui, con riferimento alla tenuta dei documenti sociali e di lavoro, l'impresa sia già soggetta, nello Stato in cui è stabilita, ad obblighi equiparabili, sotto il profilo della loro finalità di salvaguardia degli interessi dei lavoratori, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, a quelli previsti dalla normativa dello Stato membro ospitante.

4)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato non ostano a che uno Stato membro obblighi un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato, a tenere a disposizione, per il periodo di attività sul territorio del primo Stato membro, una serie di documenti sociali e di lavoro sul cantiere o in un altro luogo accessibile e chiaramente identificato del territorio di tale Stato, allorché tale misura è necessaria per consentirgli di garantire l'effettivo controllo dell'osservanza della sua normativa, giustificata dalla salvaguardia della tutela sociale dei lavoratori.

5)    Gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga, anche mediante leggi di polizia e di sicurezza, a un'impresa stabilita in un altro Stato membro, che svolga temporaneamente lavori nel primo Stato,

di conservare, per cinque anni dopo che ha cessato di occupare lavoratori nel primo Stato membro, documenti sociali quali il registro del personale e il conto individuale presso il domicilio, situato nel detto Stato membro, di una persona fisica che tenga tali documenti in quanto mandatario o incaricato.

Rodríguez Iglesias
Moitinho de Almeida
Edward

Schintgen

Puissochet
Hirsch

Jann

Ragnemalm
Wathelet

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 novembre 1999.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: il francese.