Language of document : ECLI:EU:T:2023:114

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

8 marzo 2023 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Siria – Congelamento dei capitali – Errori di valutazione – Retroattività – Legittimo affidamento – Certezza del diritto – Autorità di cosa giudicata»

Nella causa T‑426/21,

Nizar Assaad, residente in Beirut (Libano), rappresentato da M. Lester, KC, G. Martin e C. Enderby Smith, solicitors,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da T. Haas e M. Bishop, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto, in sede di deliberazione, da S. Gervasoni, L. Madise, P. Nihoul, R. Frendo e J. Martín y Pérez de Nanclares (relatore), giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 22 settembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE il ricorrente, sig. Nizar Assaad, chiede l’annullamento della decisione di esecuzione (PESC) 2021/751 del Consiglio, del 6 maggio 2021, che attua la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2021, L 160, pag. 115), del regolamento di esecuzione (UE) 2021/743 del Consiglio, del 6 maggio 2021, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2021, L 160, pag. 1), della decisione (PESC) 2022/849 del Consiglio del 30 maggio 2022 che modifica la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2022, L 148, pag. 52), e del regolamento di esecuzione (UE) 2022/840 del Consiglio, del 30 maggio 2022, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2022, L 148, pag. 8), per la parte in cui tali atti lo riguardano.

I.      Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

2        Il ricorrente è un uomo d’affari avente cittadinanza siriana, libanese e canadese.

3        Condannando fermamente la violenta repressione delle manifestazioni pacifiche in Siria e chiedendo alle autorità siriane di astenersi dal ricorrere alla forza, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/273/PESC, del 9 maggio 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2011, L 121, pag. 11). Data la gravità della situazione, il Consiglio ha imposto un embargo sulle armi, un divieto delle esportazioni di materiale che potrebbe essere utilizzato a fini di repressione interna, talune restrizioni all’ammissione nell’Unione europea, nonché il congelamento dei capitali e delle risorse economiche di determinate persone ed entità responsabili della repressione violenta perpetrata contro la popolazione civile siriana.

4        I nomi delle persone responsabili della violenta repressione perpetrata contro la popolazione civile in Siria nonché quelli delle persone, fisiche o giuridiche, e delle entità ad esse associate sono indicati nell’allegato della decisione 2011/273. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale decisione, il Consiglio, deliberando su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, può modificare detto allegato. Il nome del ricorrente non vi figurava al momento dell’adozione della decisione di cui trattasi.

5        Dato che alcune delle misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica araba siriana rientrano nell’ambito di applicazione del trattato FUE, il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 442/2011, del 9 maggio 2011, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2011, L 121, pag. 1). Il tenore di tale regolamento è sostanzialmente identico a quello della decisione 2011/273, ma prevede possibilità di sblocco dei capitali congelati. L’elenco delle persone, delle entità e degli organismi riconosciuti quali responsabili della repressione di cui trattasi o associati a tali responsabili, contenuto nell’allegato II di detto regolamento, è identico a quello contenuto nell’allegato della decisione 2011/273. Ai sensi dell’articolo 14, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 442/2011, qualora il Consiglio decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un’entità o a un organismo le misure restrittive previste, esso modifica di conseguenza l’allegato II e riesamina, inoltre, l’elenco ivi contenuto periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

6        Con la decisione di esecuzione 2011/515/PESC del Consiglio, del 23 agosto 2011, che attua la decisione 2011/273 (GU 2011, L 218, pag. 20), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 843/2011 del Consiglio, del 23 agosto 2011, che attua il regolamento n. 442/2011 (GU 2011, L 218, pag. 1) (in prosieguo: gli «atti del 2011»), il nome del sig. Nizar Al-Assaad è stato aggiunto alla riga 3 dell’elenco di cui all’allegato I, sezione A (Persone), della decisione 2011/273 e alla riga 3 dell’elenco di cui all’allegato II del regolamento n. 442/2011 (in prosieguo: gli «elenchi del 2011»).

7        Da un lato, nessuna informazione identificativa relativa al sig. Nizar Al-Assaad era stata inserita negli elenchi del 2011. Dall’altro, i motivi di inserimento erano così formulati:

«Vicino agli alti funzionari del governo. Finanziamento della milizia “shabiha” nella regione di Latakia».

8        Con lettera del 16 settembre 2011 i rappresentanti del ricorrente hanno inviato al Consiglio una lettera nella quale affermavano che il nome del ricorrente, che essi ritenevano essere iscritto alla riga 3 degli elenchi del 2011, era stato trascritto in modo errato. Essi sostenevano che il nome del ricorrente era «Nizar Assaad» e non «Nizar Al-Assaad». In tale occasione, essi hanno precisato che il nome arabo del ricorrente era أسعد, il che differisce da quello del presidente Bashar Al-Assad, vale a dire الأسد. Infine, essi hanno chiesto l’accesso al fascicolo del Consiglio nonché la cancellazione del nome del ricorrente dagli elenchi del 2011. Con lettera del 13 ottobre 2011 essi hanno nuovamente scritto al Consiglio al fine di invitarlo a prendere posizione sulla loro lettera del 16 settembre 2011.

9        Il 19 ottobre 2011 il ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso diretto ad ottenere, segnatamente, l’annullamento degli atti del 2011, nella parte in cui tali atti lo riguardavano. Tale ricorso è stato registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero di ruolo T‑550/11.

10      Con lettera del 27 ottobre 2011 i rappresentanti del ricorrente si sono nuovamente rivolti al Consiglio. Con lettera del 28 ottobre 2011 il Consiglio ha risposto loro precisando che il ricorrente non era la persona indicata negli elenchi del 2011 e che si trattava del cugino del presidente Bashar Al-Assad.

11      Con lettera del 3 novembre 2011 i rappresentanti del ricorrente hanno chiesto al Consiglio di correggere gli elementi identificativi della persona di cui alla riga 3 degli elenchi del 2011 e di inviare una lettera al Tribunale al fine, in sostanza, di informare il medesimo della situazione esatta del ricorrente.

12      Il 14 novembre 2011 il Consiglio ha adottato la decisione 2011/735/PESC, che modifica la decisione 2011/273 (GU 2011, L 296, pag. 53), e il regolamento (UE) n. 1150/2011 che modifica il regolamento n. 442/2011 (GU 2011, L 296, pag. 1) (in prosieguo: gli «atti del novembre 2011»), con i quali le indicazioni relative al nome e alle informazioni identificative della persona il cui nome era iscritto alla riga 3 degli elenchi del 2011 sono state modificate al fine di aggiungere, rispettivamente, il suo nome arabo, ossia Image not found, e le informazioni seguenti: «Cugino di Bashar Al-Assad; ex direttore della società “Nizar Oilfield Supplies”». Inoltre, il nome in caratteri latini appariva come «Nizar Al-Assad».

13      Con lettera del 15 novembre 2011 il Consiglio ha informato i rappresentanti del ricorrente dell’adozione degli atti menzionati al precedente punto 12 e ha precisato che il ricorrente non era designato dagli atti del 2011.

14      Con la sua decisione 2011/782/PESC, del 1° dicembre 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/273 (GU 2011, L 319, pag. 56), il Consiglio, data la gravità della situazione in Siria, ha ritenuto necessario imporre misure restrittive supplementari. A fini di chiarezza, le misure imposte dalla decisione 2011/273 e le misure supplementari sono state riunite in un unico atto giuridico. La decisione 2011/782 prevede, al suo articolo 18, talune restrizioni all’ammissione nel territorio dell’Unione delle persone il cui nome figura all’allegato I e, al suo articolo 19, il congelamento dei capitali e delle risorse economiche delle persone e delle entità il cui nome figura agli allegati I e II.

15      Il 21 dicembre 2011 il Consiglio ha sollevato dinanzi al Tribunale un’eccezione di irricevibilità, conformemente all’articolo 114, paragrafi 4 e 7, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, come modificato il 19 giugno 2013, fondata sulla carenza di interesse ad agire del ricorrente.

16      Il regolamento n. 442/2011 è stato sostituito dal regolamento (UE) n. 36/2012 del Consiglio, del 18 gennaio 2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2012, L 16, pag. 1).

17      Con ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), il Tribunale ha respinto il ricorso del ricorrente in quanto irricevibile, poiché egli, non essendo la persona indicata negli elenchi del 2011, era privo di interesse ad agire.

18      La decisione 2011/782 è stata sostituita dalla decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2012, L 330, pag. 21).

19      Il 22 aprile 2013 il Consiglio ha adottato la decisione di esecuzione 2013/185/PESC, che attua la decisione 2012/739 (GU 2013, L 111, pag. 77), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU 2013, L 111, pag. 1). Tali atti hanno modificato le menzioni relative al nome della persona di cui alla riga 3 degli elenchi del 2011, nonché le sue informazioni identificative. Detta iscrizione compariva ormai alla riga 36 dell’elenco di cui all’allegato I, sezione A (Persone), della decisione 2012/739 e alla riga 36 dell’elenco di cui all’allegato II, sezione A (Persone), del regolamento n. 36/2012 (in prosieguo, congiuntamente: gli «elenchi del 2013»).

20      Da un lato, per quanto riguarda il nome della persona interessata, si indicava quanto segue:

«Nizar (Image not found) Al-Assad (Image not found) (o Al-Assaad, Al-Assad, Al-Asaad)».

21      D’altro lato, per quanto riguarda le informazioni identificative, si precisava che la persona interessata era l’«ex direttore della società “Nizar Oilfield Supplies”».

22      Per contro, i motivi di inserimento sono rimasti identici a quelli degli atti del 2011.

23      Con lettera del 25 aprile 2013 i rappresentanti del ricorrente hanno chiesto al Consiglio di sopprimere i riferimenti a «Assaad» e «Al-Assaad», nonché il nome del ricorrente in arabo, che, a loro avviso, era scritto in modo errato, nonché di includere una menzione che precisasse che la persona il cui nome era iscritto negli elenchi del 2013 era il cugino di Bashar Al-Assad.

24      Il 4 maggio 2013 il Consiglio ha pubblicato una rettifica agli atti menzionati al precedente punto 19 (GU 2013, L 123, pag. 28), con cui le indicazioni relative al nome e alle informazioni identificative della persona il cui nome era iscritto alla riga 36 degli elenchi del 2013 sono state modificate al fine, da un lato, di eliminare i nomi «Al-Assaad», «Al-Assad» e «Al-Asaad» e di sostituire i nomi arabi ivi contenuti con il nome arabo Image not found e, dall’altro, di aggiungere la seguente informazione: «Cugino di Bashar Al-Assad».

25      La decisione 2012/739 è stata sostituita dalla decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2013, L 147, pag. 14).

26      Il 12 ottobre 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/1836, che modifica la decisione 2013/255 (GU 2015, L 266, pag. 75). Lo stesso giorno, esso ha adottato il regolamento (UE) 2015/1828, che modifica il regolamento n. 36/2012 (GU 2015, L 266, pag. 1).

27      La formulazione degli articoli 27 e 28 della decisione 2013/255 è stata modificata dalla decisione 2015/1836. Tali articoli prevedono ormai restrizioni all’ingresso o al transito nel territorio degli Stati membri, nonché il congelamento dei capitali delle persone che sono associate alle categorie di persone menzionate al paragrafo 2, lettere da a) a g), di detti articoli, il cui «elenco [figura] all’allegato I», salvo vi siano «sufficienti informazioni per ritenere che [tali persone] non sono, o non sono più, associate al regime o [che esse] non esercitano un’influenza su di esso ovvero [che esse] non presentano un concreto rischio di elusione».

28      Il regolamento 2015/1828 ha modificato, in particolare, la formulazione dell’articolo 15 del regolamento n. 36/2012, al fine di includervi i nuovi criteri di inserimento stabiliti dalla decisione 2015/1836 e introdotti nella decisione 2013/255.

29      Il 28 maggio 2018 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2018/778, che modifica la decisione 2013/255 (GU 2018, L 131, pag. 16), e il regolamento di esecuzione (UE) 2018/774, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU 2018, L 131, pag. 1). Tali atti hanno modificato le menzioni relative al nome della persona di cui alla riga 36 dell’elenco contenuto all’allegato I, sezione A (Persone), della decisione 2013/255 e alla riga 36 dell’elenco contenuto all’allegato II, sezione A (Persone), del regolamento n. 36/2012 (in prosieguo, congiuntamente: gli «elenchi in questione») nel modo seguente: «Nizar (Image not found) al-Asaad (Image not found)(alias Nizar Asaad)». Le informazioni identificative e i motivi di inserimento erano identici a quelli degli atti del 2011.

30      Il 17 maggio 2019 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2019/806, che modifica la decisione 2013/255 (GU 2019, L 132, pag. 36), e il regolamento di esecuzione (UE) 2019/798, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU 2019, L 132, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del 2019»). Gli atti del 2019 hanno modificato le informazioni identificative relative alla persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, nonché i motivi dell’inserimento del suo nome.

31      Da un lato, per quanto riguarda le informazioni identificative, si faceva solo menzione del sesso maschile dell’interessato.

32      Dall’altro, i motivi di inserimento sono stati modificati nel modo seguente:

«Imprenditore siriano di spicco con stretti legami con il regime. Cugino di Bashar Al-Assad e associato alle famiglie Assad e Makhlouf.

In quanto tale, ha partecipato al regime siriano, ne ha tratto vantaggio o lo ha sostenuto.

Importante investitore nel settore petrolifero ed ex direttore della società “Nizar Oilfield Supplies”».

33      L’11 settembre 2019 il Consiglio ha pubblicato una rettifica agli atti del 2019 (GU 2019, L 234, pag. 31; in prosieguo: la «rettifica del 2019») con cui ha modificato le indicazioni relative al nome della persona di cui alla riga 36 degli elenchi in questione. Esse hanno fatto riferimento ormai a «Nizar (Image not found) Al-Assad (Image not found) (alias Al-Asad; Assad; Asad)».

34      Il 28 maggio 2020 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2020/719, che modifica la decisione 2013/255 (GU 2020, L 168, pag. 66), e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/716, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU 2020, L 168, pag. 1). Tali atti hanno modificato le menzioni relative al nome della persona di cui alla riga 36 degli elenchi in questione nel modo seguente: «Nizar (Image not found) AL‑ASSAD (Image not found) (alias al-Asad; Assad; Asad)». I motivi di inserimento sono identici a quelli degli atti del 2019.

35      Con lettera del 23 giugno 2020 i rappresentanti del ricorrente, facendo riferimento agli atti menzionati ai precedenti punti 29, 30 e 34, hanno chiesto al Consiglio di confermare che il nome del ricorrente non era iscritto negli elenchi in questione (in prosieguo: la «lettera del 23 giugno 2020»).

36      Con lettera del 12 febbraio 2021 il Consiglio ha informato i rappresentanti del ricorrente di ritenere, a seguito di riesame delle informazioni contenute nel suo fascicolo, che il ricorrente fosse effettivamente la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione (in prosieguo: la «lettera del 12 febbraio 2021»). Nella stessa lettera esso ha informato i rappresentanti del ricorrente della sua intenzione di mantenere le misure restrittive nei confronti di quest’ultimo con una nuova motivazione volta a precisare che questi è effettivamente la persona menzionata alla riga 36 degli elenchi in questione. In allegato alla lettera di cui trattasi, esso ha trasmesso i documenti WK 4069/2019 INIT, del 21 marzo 2019, e WK 985/2021 INIT, del 22 gennaio 2021. Esso ha invitato detti rappresentanti a presentare le loro osservazioni entro il 26 febbraio 2021.

37      Con lettera del 26 febbraio 2021 i rappresentanti del ricorrente hanno presentato le loro osservazioni al Consiglio. Essi hanno in sostanza criticato il mutamento di posizione del Consiglio nei confronti del ricorrente, attualmente considerato dal medesimo come la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Inoltre, essi hanno formulato osservazioni sui motivi di iscrizione e sulle informazioni contenute nei documenti WK 4069/2019 INIT e WK 985/2021 INIT. Infine, essi hanno allegato un certo numero di lettere, provenienti da persone e da un ente, in cui si formulavano osservazioni sulla situazione del ricorrente.

38      Il 6 maggio 2021 il Consiglio ha adottato la decisione di esecuzione 2021/751 e il regolamento di esecuzione 2021/743 (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del 2021»).

39      Da un lato, per quanto riguarda il nome del ricorrente, viene indicato che si tratta di «Nizar AL-ASSAD (alias al-Asad, Assad, Asad, Assaad, Asaad, Al-Assaad)
(Image not found; Image not found; Image not found; أسعد)».

40      D’altro lato, per quanto riguarda le informazioni identificative, si precisa che la data di nascita del ricorrente, di sesso maschile, è il 2 marzo 1948, o il 23 marzo 1948, o il marzo 1948. Egli è di cittadinanza siriana, libanese e canadese. Sono altresì precisati i numeri di passaporto siriano (n. 011090258), libanese (RL 0003434) e canadese (AG 629220) del ricorrente.

41      Infine, i motivi di inserimento sono così formulati:

«Imprenditore siriano di spicco con stretti legami con il regime. Associato alle famiglie Assad e Makhlouf.

In quanto tale, ha partecipato al regime siriano, ne ha tratto vantaggio o lo ha sostenuto.

Importante investitore nel settore petrolifero, fondatore e direttore della società Lead Contracting & Trading Ltd».

42      Con lettera del 7 maggio 2021 il Consiglio ha informato i rappresentanti del ricorrente che, a suo avviso, nessuno degli argomenti da essi sollevati metteva in discussione la valutazione da esso effettuata. Esso ha peraltro attirato la loro attenzione sulla possibilità di presentare nuove osservazioni prima del 1º marzo 2022.

43      Con lettera del 28 maggio 2021 il Consiglio ha informato i rappresentanti del ricorrente che il nome di quest’ultimo continuava a figurare negli elenchi in questione, anche dopo il riesame degli elenchi stessi.

44      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 luglio 2021 il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

45      Con lettera del 13 aprile 2022 il Consiglio ha informato i rappresentanti del ricorrente della sua intenzione di mantenere le misure restrittive nei confronti del medesimo, modificando i motivi menzionati negli atti del 2021 per aggiungervi alla fine: «Azionista di maggioranza della società Syrian Olive Oil Private JSC, produttore di oli commestibili con sede in Siria».

46      In allegato alla sua lettera del 13 aprile 2022 il Consiglio ha trasmesso ai rappresentanti del ricorrente il documento WK 5366/2022 INIT, dell’11 aprile 2022, e ha dato loro la possibilità di presentare le loro osservazioni, in merito al nuovo motivo di inserimento e al documento WK 5366/2022 INIT, entro il 29 aprile 2022.

47      Con lettera del 28 aprile 2022 i rappresentanti del ricorrente hanno presentato le loro osservazioni al Consiglio.

48      Il 30 maggio 2022 il Consiglio ha adottato la decisione 2022/849 e il regolamento di esecuzione 2022/840 (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di mantenimento del 2022»). In forza della decisione 2022/849, l’applicazione della decisione 2013/255 è stata prorogata fino al 1º giugno 2023. Il nome del ricorrente è stato mantenuto alla riga 36 della sezione A (Persone) degli elenchi in questione. Il Consiglio ha giustificato l’adozione delle misure restrittive nei confronti del ricorrente con l’indicazione di motivi identici a quelli menzionati negli atti del 2021.

II.    Conclusioni delle parti

49      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti del 2021 e gli atti di mantenimento del 2022 (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati») nei limiti in cui gli sono applicabili;

–        condannare il Consiglio alle spese.

50      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese;

–        in subordine, nell’ipotesi in cui gli atti impugnati siano annullati, ordinare che gli effetti della decisione 2022/849 siano mantenuti nei confronti del ricorrente fino a quando non divenga efficace l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2022/840.

III. In diritto

51      A sostegno del ricorso il ricorrente deduce cinque motivi, vertenti, il primo, su errori di valutazione, il secondo, su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il terzo, su una violazione del principio di certezza del diritto, il quarto, su un «abuso di potere» e, il quinto, sulla violazione dell’autorità di cosa giudicata.

52      Il secondo e il terzo motivo di ricorso devono essere considerati congiuntamente, in quanto il principio di tutela del legittimo affidamento è il corollario del principio di certezza del diritto [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 301 e giurisprudenza ivi citata]. Inoltre, tali due motivi muovono dalla medesima premessa, vale a dire che gli atti impugnati hanno effetto retroattivo, nel senso che, secondo il ricorrente, essi stabiliscono, per la prima volta dall’adozione degli atti del 2011, che egli è la persona indicata alla riga 36.

53      Prima di procedere all’esame di tali motivi, occorre precisare l’oggetto del presente ricorso e pronunciarsi sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti dal ricorrente nell’ambito della replica.

A.      Sull’oggetto e sulla portata del presente ricorso

54      Con il suo ricorso, il ricorrente chiede unicamente l’annullamento degli atti del 2021 e degli atti di mantenimento del 2022, nella parte in cui essi lo riguardano.

55      Va ricordato che il ricorrente è effettivamente la persona interessata dagli atti impugnati ed è pacifico che egli è oggetto di misure restrittive almeno a partire dall’adozione di detti atti. Per contro, le parti controvertono sulla questione se il ricorrente sia stato sottoposto a misure restrittive prima dell’adozione degli atti del 2021.

56      Al riguardo, in sostanza, il ricorrente asserisce di non essere stato sottoposto a siffatte misure, come il Consiglio avrebbe più volte ammesso prima dell’invio della lettera del 12 febbraio 2021. Il Consiglio, dal canto suo, ritiene di aver commesso un errore nel ritenere che il ricorrente non fosse la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, mentre si trattava, in realtà, del ricorrente, e ciò a partire dall’adozione degli atti del 2011. In tali circostanze egli ha inteso, mediante gli atti del 2021, chiarire gli elementi identificativi della persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione e modificare i motivi di inserimento, affinché ne risultasse chiaramente che si trattava del ricorrente e che il suo nome era inserito negli elenchi in questione a partire dagli atti del 2011. Il ricorrente ne deduce che gli atti impugnati hanno effetto retroattivo, il che è contestato dal Consiglio.

57      Per un verso, occorre pertanto verificare se i motivi di inserimento degli atti impugnati siano sufficientemente fondati. Ciò sarà analizzato nell’ambito del primo motivo, vertente su errori di valutazione. Per altro verso, occorre interrogarsi sull’effetto potenzialmente retroattivo degli atti impugnati, il che sarà esaminato nell’ambito del secondo e del terzo motivo, considerati congiuntamente, vertenti, rispettivamente, su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e su una violazione del principio di certezza del diritto.

58      Risulta, per contro, dai precedenti punti 49 e 54 che il Tribunale non è investito della questione della legittimità degli atti anteriori agli atti impugnati. In altri termini, non si tratta di verificare se i motivi di inserimento contenuti in detti atti siano suffragati in modo giuridicamente sufficiente, né se gli elementi identificativi di tali atti siano sufficientemente precisi per dimostrare che il ricorrente è effettivamente la persona interessata dagli atti medesimi.

B.      Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti dal ricorrente nell’ambito della replica

59      Il Consiglio deduce che la maggior parte dei certificati prodotti dal ricorrente e relativi ai suoi interessi commerciali in imprese quali la Lead Contracting and Trade Company (in prosieguo: la «Lead Syria in liquidazione»), la Lead Contracting and Trading Limited (in prosieguo: la «Lead UAE»), la Gulfsands Petroleum e la Cham Holding sono anteriori al ricorso e che il ricorrente non ha giustificato il ritardo nella produzione di tali documenti.

60      Interrogato in udienza, il ricorrente sottolinea, in sostanza, che il Consiglio non ha precisato quali documenti allegati alla replica considerasse tardivi. In ogni caso, esso sostiene che i documenti allegati alla replica sono stati forniti in risposta agli argomenti dedotti dal Consiglio nel controricorso.

61      Occorre ricordare che l’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale dispone che le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. Il paragrafo 2 di questo articolo aggiunge che le parti possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. In quest’ultimo caso, conformemente al paragrafo 4 di detto articolo, il Tribunale statuisce sulla ricevibilità delle prove prodotte o delle offerte di prova dedotte dopo che le altre parti sono state poste in condizione di presentare le loro osservazioni su queste ultime (sentenza del 13 dicembre 2018, Post Bank Iran/Consiglio, T‑559/15, EU:T:2018:948, punto 74).

62      Inoltre, l’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura deve essere letto alla luce dell’articolo 92, paragrafo 7, del citato regolamento, il quale prevede espressamente che siano riservati la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova. Di conseguenza, come risulta da una giurisprudenza costante, la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova a seguito di una prova contraria della controparte non sono colpite dalla decadenza prevista dall’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento stesso (v. sentenza del 18 settembre 2017, Uganda Commercial Impex/Consiglio, T‑107/15 e T‑347/15, non pubblicata, EU:T:2017:628, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

63      Nel caso di specie occorre rilevare, al pari del ricorrente, che il Consiglio non redige l’elenco esatto dei documenti allegati alla replica che considera tardivi. Tuttavia, tenuto conto delle imprese menzionate al precedente punto 59, si deve ritenere che il Consiglio faccia riferimento agli allegati da C.4 a C.6 (relativi alla Lead Contracting and Trade Company), da C.8 a C.10 (relativi alla Lead Contracting and Trading Limited), C.11 e C.14 (relativi alla Gulfsands Petroleum), nonché all’allegato C.16 (relativo alla Cham Holding).

64      Orbene, occorre sottolineare che, al punto 79 del controricorso, il Consiglio ha affermato che il ricorrente non aveva prodotto alcun certificato attestante la liquidazione delle imprese ad esso collegate, né alcun certificato di vendita relativo alle azioni che deteneva in tali società. Inoltre, il Consiglio ha contestato, ai punti da 80 a 83 del controricorso, il valore probatorio delle lettere provenienti da terzi prodotte dal ricorrente in allegato al suo ricorso e dirette ad attestare che egli non aveva più interessi commerciali in Siria.

65      Pertanto, gli elementi di prova del ricorrente con i quali quest’ultimo tenta di dimostrare di non avere più interessi nelle società menzionate al precedente punto 59 sono stati prodotti al fine di replicare agli argomenti del Consiglio.

66      Parimenti, le ulteriori prove prodotte dal ricorrente in allegato alla replica, la cui ricevibilità non è del resto contestata dal Consiglio, sono dirette a suffragare gli argomenti che il ricorrente ha formulato in risposta agli argomenti dedotti nel controricorso del Consiglio e richiamati al precedente punto 64.

67      Tanto premesso, si deve dichiarare che tutte le prove presentate dal ricorrente in allegato alla replica sono dirette a rispondere agli argomenti formulati dal Consiglio nell’ambito del controricorso e sono, pertanto, ricevibili.

C.      Sul primo motivo, vertente su errori di valutazione

68      Il ricorrente sostiene, in sostanza, che il Consiglio abbia commesso un errore nell’inserire il suo nome negli elenchi in questione, in quanto egli non soddisfa i criteri di inserimento. A tal riguardo egli asserisce che, pur essendo stato in passato un imprenditore in Siria, attualmente egli non ha più alcuna attività in detto paese. Parimenti, egli afferma di non avere legami con le famiglie Assad o Makhlouf. Infine, egli sostiene di non essere associato al regime siriano.

69      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente e ritiene, in sostanza, di aver dimostrato la fondatezza dei motivi di inserimento.

1.      Considerazioni preliminari

70      Occorre ricordare che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea postula, segnatamente, che il giudice dell’Unione si assicuri che la decisione con cui sono state adottate o mantenute misure restrittive, che riveste una portata individuale per la persona o l’entità interessata, si fondi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119).

71      A tal fine, spetta al giudice dell’Unione procedere a detto esame, chiedendo, se necessario, all’autorità competente dell’Unione di produrre informazioni o elementi probatori, riservati o meno, pertinenti ai fini di un siffatto esame (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

72      Infatti, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata, e non già a queste ultime di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 121).

73      A tal fine, non è richiesto che detta autorità produca dinanzi al giudice dell’Unione tutte le informazioni e gli elementi probatori attinenti ai motivi dedotti nell’atto di cui si chiede l’annullamento. Occorre tuttavia che le informazioni o gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 122).

74      Se l’autorità competente dell’Unione fornisce informazioni o elementi probatori pertinenti, il giudice dell’Unione deve verificare l’esattezza materiale dei fatti dedotti alla luce di tali informazioni o elementi e valutare l’efficacia probatoria di questi ultimi in funzione delle circostanze del caso e alla luce delle eventuali osservazioni presentate in proposito, segnatamente, dalla persona o dall’entità interessata (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 124).

75      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la valutazione della fondatezza di un inserimento deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono (v., in tal senso, sentenze del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑630/13 P, EU:C:2015:247, punto 51, e del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punto 50).

76      Infine, nell’ambito della valutazione dell’importanza degli interessi in gioco, che fa parte del controllo della proporzionalità delle misure restrittive in questione, si può tenere conto del contesto nel quale si collocano tali misure, del fatto che era urgente adottare siffatte misure aventi lo scopo di esercitare pressioni sul regime siriano affinché cessasse la repressione violenta rivolta contro la popolazione, nonché della difficoltà di ottenere prove più precise in uno Stato in situazione di guerra civile retto da un regime di natura autoritaria (sentenza del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punto 46).

77      È alla luce di tali considerazioni che occorre analizzare il primo motivo.

2.      Sui motivi di inserimento e sulla determinazione dei criteri di inserimento

78      Occorre ricordare che i criteri generali di inserimento esposti all’articolo 27, paragrafo 1, e all’articolo 28, paragrafo 1, della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, ripresi, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento 2015/1828, prevedono che le persone e le entità che traggono vantaggio dal regime siriano o lo sostengono siano sottoposte a misure restrittive. Analogamente, l’articolo 27, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3, nonché l’articolo 28, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3, della medesima decisione, ripresi, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, dall’articolo 15, paragrafo 1 bis, lettera a), e paragrafo 1 ter, del medesimo regolamento, dispongono che la categoria degli «imprenditori di spicco che operano in Siria» è sottoposta a misure restrittive, salvo vi siano sufficienti informazioni per ritenere che essi non siano, o non siano più, associati al regime o non esercitino un’influenza su di esso o non presentino un concreto rischio di elusione. Infine, l’articolo 27, paragrafo 2, ultima frase, e paragrafo 3, nonché l’articolo 28, paragrafo 2, ultima frase, e paragrafo 3, di detta decisione, ripresi, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, dall’articolo 15, paragrafo 1 bis, ultima frase, e paragrafo 1 ter, di detto regolamento, prevedono che le persone e le entità associate alle persone, entità e organismi rientranti in uno dei criteri di inserimento sono oggetto di misure restrittive, salvo vi siano sufficienti informazioni che indichino che non sono, o non sono più, associate al regime siriano, che non esercitano un’influenza su di esso o che non presentano un concreto rischio di elusione.

79      Come menzionato al precedente punto 41, i motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione sono i seguenti:

«Imprenditore siriano di spicco con stretti legami con il regime. Associato alle famiglie Assad e Makhlouf.

In quanto tale, ha partecipato al regime siriano, ne ha tratto vantaggio o lo ha sostenuto.

Importante investitore nel settore petrolifero, fondatore e direttore della società Lead Contracting & Trading Ltd».

80      Dai motivi d’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione va dedotto che il nome di quest’ultimo è stato inserito a motivo, in primo luogo, del suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria, conformemente al criterio definito all’articolo 27, paragrafo 2, lettera a), e all’articolo 28, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, ripreso, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, all’articolo 15, paragrafo 1 bis, lettera a), del regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento n. 2015/1828 (criterio dell’imprenditore di spicco che opera in Siria), in secondo luogo, del suo legame con il regime siriano, conformemente al criterio definito all’articolo 27, paragrafo 1, e all’articolo 28, paragrafo 1 della suddetta decisione, nonché all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del citato regolamento (criterio dell’associazione con il regime) e, in terzo luogo, della sua associazione alle famiglie Assad e Makhlouf, conformemente al criterio definito all’articolo 27, paragrafo 2, ultima frase, e all’articolo 28, paragrafo 2, ultima frase, della medesima decisione, nonché all’articolo 15, paragrafo 1 bis, ultima frase, del medesimo regolamento (criterio dell’associazione a una persona o a un’entità soggetta alle misure restrittive).

3.      Sugli elementi di prova

81      Per giustificare l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, il Consiglio ha fornito il documento WK 4069/2019 INIT, contenente informazioni accessibili al pubblico, ossia collegamenti, articoli di stampa e catture di schermate provenienti:

–        dal sito internet Syrian Oil & Gas News, che, in una pubblicazione del 31 luglio 2010, mostra una fotografia del ricorrente e lo descrive come un imprenditore che ha realizzato importanti investimenti in Siria, in particolare attraverso la Lead Syria in liquidazione, in compartecipazione con il sig. Ghassan Muhanna; secondo tale pubblicazione, detta società è una delle più antiche e grandi società di costruzione nel settore petrolifero siriano; tale pubblicazione indica inoltre che è socio della società Asaad Beitenjaneh & Partners Company for Processing & Refining Edible Oils, operante nella produzione di petrolio, che si trova al vertice della filiale siriana della camera di commercio siro-algerina e che è membro del comitato nazionale siriano della camera internazionale di commercio della Siria; tale pubblicazione menziona infine i progetti e le società in cui il ricorrente è stato coinvolto, vale a dire la Cham Holding, la United Insurance Company, la Al Badia Cement JSC, la Bank Audi Syria, la Syrian Arab Insurance Company, la Aqeelah Takaful Insurance Company, la Dajajouna, nonché il fatto che egli possiede una scuderia di cavalli purosangue arabi;

–        dal sito internet Aks al Ser, che, in una pubblicazione del 6 settembre 2012, precisa che, secondo una fonte vicina al ricorrente, quest’ultimo è fuggito, portando con sé milioni di dollari, dalla Siria in Algeria, dove ha progetti e investimenti molto importanti nei settori del petrolio e del gas; tale pubblicazione riferisce che, secondo tale fonte, il ricorrente ha iniziato a liquidare le sue attività finanziarie e a ritirare il suo denaro dalle banche dopo il bombardamento della sede della sicurezza nazionale siriana; tale pubblicazione descrive inoltre il ricorrente come uno dei più importanti investitori nel settore petrolifero della Siria e afferma che egli è noto per essere il perno centrale di tale settore nell’ambiente affaristico; tale pubblicazione segnala peraltro che il ricorrente possiede quote nella Cham Holding, è uno dei fondatori della Bank Audi Syria ed è un socio della Al Badia Cement nonché della Lead Syria in liquidazione; detta pubblicazione precisa infine che il ricorrente appartiene ad un gruppo di imprenditori che trae beneficio dal regime siriano, che gode di relazioni nelle sfere decisionali, che svolge il ruolo di intermediario tra il regime siriano e altri paesi per l’estrazione di petrolio;

–        dal sito internet Dawdaa, che, in una pubblicazione del 2 novembre 2017, riferisce che secondo rapporti non confermati è intervenuta una separazione tra il regime siriano e il ricorrente, incaricato delle problematiche connesse al petrolio; tale pubblicazione precisa inoltre che il ricorrente non è un membro della famiglia Assad ma che ne resta vicino in ragione delle sue responsabilità; detta pubblicazione afferma infine che il ricorrente è un partner d’affari del sig. Ghassan Muhanna, zio del sig. Rami Makhlouf, nella loro impresa Lead Syria in liquidazione;

–        dal sito internet Syriano che, in una pubblicazione del 22 gennaio 2015, precisa che il ricorrente possiede il 50% della Lead Syria in liquidazione e che l’altra quota è detenuta dal sig. Ghassan Muhanna per conto del sig. Mohammed Makhlouf, di cui è il cognato;

–        dal sito internet Orient News che, in un articolo del 2 febbraio 2015, descrive il ricorrente come il «padrino» del settore petrolifero siriano e come partecipante all’alleanza «petrolio in cambio di cibo» in collaborazione con il sig. Maher Al-Assad, fratello del presidente Bashar Al-Assad;

–        dal sito internet Ayn Almadina che, in un articolo del 22 luglio 2018, racconta l’ascesa del ricorrente, a partire dalle sue modeste origini fino al suo status di ricco imprenditore nel settore petrolifero, che egli deve ai legami con suo cugino, sig. Mohammed Makhlouf; tale articolo afferma inoltre che il ricorrente ha la cittadinanza canadese e ha recentemente acquisito la cittadinanza libanese; viene altresì precisato che il ricorrente ha fondato la Lead Syria in liquidazione con il sig. Mohammed Makhlouf e il cognato di quest’ultimo, sig. Ghassan Muhanna; detto articolo precisa infine che la madre del ricorrente, sig.ra Jamila Muhanna, è la cugina della moglie del sig. Mohammed Makhlouf.

82      Il Consiglio ha altresì fornito il documento WK 985/2021 INIT. Tale documento contiene una prima parte, divisa in tre titoli, la quale fornisce informazioni identificative del ricorrente, effettua una presentazione di quest’ultimo nonché una descrizione dei suoi legami con il regime siriano e spiega le variazioni patronimiche del ricorrente. Inoltre, il Consiglio fornisce quale documento n. 3 una fotocopia dei passaporti e dei documenti d’identità del ricorrente. Sono in tal modo riprodotti i suoi passaporti libanese, siriano, canadese, nonché il suo visto di residenza negli Emirati arabi uniti in quanto dirigente della Lead UAE. Il documento n. 4 è un certificato relativo alla Lead UAE del 17 settembre 2018. Infine, il documento riproduce collegamenti, articoli di stampa e catture di schermate. Tra questi, quattro sono identici a quelli contenuti nel documento WK 4069/2019 INIT, ossia le pubblicazioni provenienti dai siti internet Syriano e Dawdaa nonché gli articoli di stampa provenienti dai siti internet Orient News e Ayn Almadina. Quanto agli altri, si tratta di informazioni provenienti:

–        dal sito internet Syrian Oil & Gas News, che, in una pubblicazione del 2 agosto 2010, riprende le stesse informazioni della pubblicazione effettuata sullo stesso sito il 31 luglio 2010, e aggiunge che il ricorrente è un partner dell’entità Asaad Beitenjaneh & Partners Company for Syrian Olive Oil;

–        dal sito internet Al-Iqtisadi che, in una pagina consultata il 21 gennaio 2020, descrive il ricorrente come fondatore e presidente della Lead UAE, registrata nella zona franca di Jebel Ali negli Emirati arabi uniti;

–        dal sito internet Al Khaleej Online che, in un articolo intitolato «Who steals the Syrian oil?» (chi ruba il petrolio siriano?) dell’8 novembre 2019, pubblicato altresì sul sito internet Anadolu Arabic il 7 novembre 2019 con un diverso titolo, afferma che miliardi di dollari provenienti dalla vendita di petrolio attraverso imprese quali la Lead Syria in liquidazione, con sede a Damasco (Siria), sono passati sul conto della famiglia Assad; la Lead Syria in liquidazione è detenuta congiuntamente dal sig. Mohammed Makhlouf e dal suo parente M. Nizar Asaad; il sig. Mohammed Makhlouf ha registrato la sua quota con il nome di suo cognato, sig. Ghassan Muhanna;

–        dal sito internet Al Hewar che, in un articolo del 14 maggio 2014, intitolato «Looting of the funds and wealth of the Syrian people under the rule of the rule of the Al-Assad family, coalition administration, and the interim government (in number and facts)» [saccheggio dei capitali e delle ricchezze del popolo siriano sotto la reggenza della famiglia Al-Assad, dell’amministrazione di coalizione e del governo provvisorio (in cifre e fatti)] precisa che il ricorrente, in quanto parente del sig. Mohammed Makhlouf, ha fondato la Lead Syria in liquidazione nell’ambito dell’industria petrolifera a beneficio della famiglia Assad;

–        dal libro intitolato «The Political Economy of investment in Syria» (L’economia politica dell’investimento in Siria), pubblicato nel 2015, il quale indica che, secondo un articolo del sito internet The Syria Report del 2 luglio 2007, il ricorrente, un importante imprenditore, è l’amministratore delegato e l’azionista principale della Lead Syria in liquidazione, la più grande impresa di servizi petroliferi del paese, e ha investito, unitamente al sig. Rami Makhlouf, 23,2 milioni di dollari statunitensi (USD) (circa EUR 17,23 milioni) nella Gulfsands Petroleum, una compagnia petrolifera con sede nel Regno Unito che opera in Siria.

4.      Sullaffidabilità e sulla pertinenza degli elementi di prova

83      Il ricorrente mette in discussione l’affidabilità e la pertinenza degli elementi di prova prodotti dal Consiglio per dimostrare la fondatezza dei motivi di inserimento.

84      In primo luogo, per quanto riguarda l’affidabilità degli elementi di prova prodotti dal Consiglio, occorre ricordare che, da un lato, nell’ambito della valutazione dell’importanza degli interessi in gioco, che fa parte del controllo della proporzionalità delle misure restrittive in questione, si può tener conto del contesto in cui si collocano tali misure, del fatto che era urgente adottare siffatte misure aventi lo scopo di far pressione sul regime siriano affinché cessasse la repressione violenta rivolta contro la popolazione, nonché della difficoltà di ottenere prove più precise in uno Stato in situazione di guerra civile, retto da un regime di natura autoritaria (v. sentenza del 14 aprile 2021, Al-Tarazi/Consiglio, T‑260/19, non pubblicata, EU:T:2021:187, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

85      D’altro lato, conformemente a una giurisprudenza costante, per l’attività della Corte e del Tribunale vale il principio del libero apprezzamento delle prove e il solo criterio di apprezzamento dell’efficacia delle prove prodotte risiede nella loro attendibilità. Inoltre, per valutare l’efficacia probatoria di un documento, si deve verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta e considerare, in particolare, la provenienza del documento, le circostanze in cui esso è stato elaborato, il suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v. sentenza del 14 aprile 2021, Al-Tarazi/Consiglio, T‑260/19, non pubblicata, EU:T:2021:187, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

86      È giocoforza rilevare che il ricorrente si limita ad affermare che gli elementi di prova del Consiglio sono resoconti basati sul sentito dire, provenienti da terzi e da pubblicazioni online non indipendenti, senza suffragare la sua argomentazione mediante elementi concreti. A tal proposito, dal momento che gli elementi di prova prodotti dal Consiglio, comunicati al ricorrente, provengono da fonti accessibili al pubblico, gli era possibile indicare quali, a suo avviso, erano ad esempio favorevoli al regime siriano. In particolare, alla luce della giurisprudenza ricordata al precedente punto 74, sebbene spetti al Consiglio fornire gli elementi di prova a sostegno dei motivi di inserimento, spetta al ricorrente indicare quali tra essi potrebbero sollevare dubbi quanto alla loro affidabilità (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2021, Al-Tarazi/Consiglio, T‑260/19, non pubblicata, EU:T:2021:187, punto 73).

87      In secondo luogo, per quanto riguarda la pertinenza degli elementi di prova prodotti dal Consiglio, il ricorrente sostiene che la maggior parte di essi non è più attuale. Al riguardo esso rileva che sette di essi hanno più di sei anni e che, tra i tre articoli risalenti a meno di sei anni, solo uno è anteriore di due anni alla data di adozione degli atti impugnati. Inoltre, molti di questi articoli sarebbero ancor meno pertinenti di quanto suggerito dalla loro data di pubblicazione, in quanto menzionerebbero eventi precedenti alla liquidazione degli interessi commerciali del ricorrente in Siria. In definitiva, tali elementi di prova dimostrerebbero che il ricorrente è stato un imprenditore operante in Siria, circostanza che egli non contesterebbe, ma non sarebbero atti a dimostrare che egli lo sia attualmente.

88      In proposito, occorre rilevare che tanto più gli elementi di prova sono risalenti rispetto alla data di adozione degli atti che impongono misure restrittive nei confronti di una persona o di un’entità, tanto meno sono idonei a costituire, di per se soli, una base sufficiente su cui fondare gli atti controversi. In tal senso, benché essi siano utilizzabili dal Consiglio, il considerevole lasso di tempo intercorso tra, da un lato, la loro pubblicazione e, dall’altro, l’adozione degli atti controversi esige che il Consiglio li avvalori mediante ulteriori elementi di prova più recenti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punti 32 e 33).

89      Nel caso di specie, i diversi elementi di prova prodotti dal Consiglio contengono, per la maggior parte, informazioni tra loro sovrapponibili, cosicché anche i più risalenti possono, in una certa misura, essere pertinenti per dimostrare la fondatezza dei motivi di inserimento.

90      In tali circostanze, gli elementi di prova prodotti dal Consiglio devono essere considerati come ragionevoli e attendibili e sono, a priori, pertinenti al fine di suffragare i motivi di inserimento.

91      Tuttavia, occorrerà prendere in considerazione il carattere risalente degli elementi di prova prodotti dal Consiglio per stabilire se, alla luce del fascicolo nel suo complesso, essi siano sufficienti a dimostrare la fondatezza dei motivi di inserimento.

5.      Sui motivi di inserimento

a)      Sullo status di imprenditore di spicco che opera in Siria

1)      Sugli interessi economici del ricorrente

92      Anzitutto, dalle informazioni provenienti dalla quasi totalità degli articoli o delle pubblicazioni forniti dal Consiglio, ad eccezione dell’articolo proveniente dal sito internet Oriente News e dalla pagina del sito internet Aliqtisadi, risulta che il ricorrente è fondatore e socio della Lead Syria in liquidazione, società operante nei settori petrolifero e del gas. Ciò è altresì indicato nella prima parte del documento WK 985/2021 INIT, dal titolo «Presentazione e rapporti di vicinanza al regime siriano». Inoltre, sia dal visto di residenza del ricorrente negli Emirati arabi uniti, sia dalla pagina del sito internet Aliqtisadi si evince che il ricorrente dirige la Lead UAE. Peraltro, il ricorrente è descritto come coinvolto in diverse entità dai siti internet Syrian Oil & Gas News e Aks al SER. Infine, l’estratto del libro «The Political Economy of investment in Syria» fa riferimento all’investimento del ricorrente nella Gulfsands Petroleum, compagnia petrolifera avente sede nel Regno Unito che opera in Siria.

93      Pertanto, gli elementi di prova prodotti dal Consiglio tendono a dimostrare che il ricorrente è un investitore nel settore petrolifero siriano.

94      Il ricorrente contesta tale descrizione e asserisce, in sostanza, di non avere più alcun interesse commerciale in Siria.

95      In primo luogo, per quanto riguarda la Lead Syria in liquidazione, il ricorrente fornisce il contratto del novembre 2011 con il quale egli si è ritirato dalla società a favore di A e, per dimostrare che tale società era inattiva sin dal 2012, produce le dichiarazioni dei redditi di tale entità per gli anni dal 2012 al 2020. Egli produce altresì un certificato rilasciato dal registro di commercio di Damasco, del 5 gennaio 2021, che indica che la Lead Syria è stata posta in liquidazione l’8 novembre 2020, ossia prima della data di adozione degli atti impugnati.

96      Orbene, è giocoforza constatare che, da un lato, tutti gli elementi di prova presentati dal Consiglio e relativi alla Lead Syria in liquidazione recano una data anteriore al 5 gennaio 2021. D’altro lato, il Consiglio non deduce alcun argomento per sostenere che la Lead Syria in liquidazione sia ancora attiva o che le prove fornite dal ricorrente siano prive di ragionevolezza e attendibilità.

97      Si deve pertanto concludere che il ricorrente ha dimostrato di non avere più alcun interesse nella Lead Syria in liquidazione, la quale era, in ogni caso, inattiva e in liquidazione alla data di adozione degli atti impugnati.

98      In secondo luogo, per quanto riguarda la Lead UAE, il ricorrente fornisce due documenti provenienti da QNA Auditors, uno studio di revisione contabile situato a Dubai (Emirati arabi uniti), con i quali quest’ultimo attesta che la Lead UAE non svolge attività in Siria. Si tratta di una lettera del 18 febbraio 2021 e di una tabella del 15 novembre 2021 redatta da QNA Auditors al fine di certificare l’elenco dei progetti in corso e completati dalla Lead UAE. Da quest’ultima tabella risulta che la Lead UAE ha progetti di costruzione in Algeria e in Qatar.

99      Occorre rilevare che, ad eccezione del visto di residenza del ricorrente negli Emirati arabi uniti, prodotto dal Consiglio, solo la pagina del sito internet Al‑Iqtisadi menziona la Lead UAE. Orbene, tale pagina non precisa dove vengano realizzati i progetti della Lead UAE.

100    Quanto all’argomento del Consiglio secondo cui dalla lettera del 18 febbraio 2021 non risulterebbe chiaramente se le dichiarazioni ivi contenute riguardino la Lead UAE o la Lead Syria in liquidazione, esso deve essere respinto in quanto infondato. Infatti, il ricorrente ha fornito spiegazioni circostanziate dirette a distinguere la Lead Syria in liquidazione dalla Lead UAE. Egli ha prodotto a tal proposito elementi di prova relativi a ciascuna di tali società, provenienti da organismi quali uno studio di revisione contabile o un registro di commercio, che consentono di affermare che la Lead Syria in liquidazione è la società che egli aveva costituito con il sig. Ghassan Muhanna in Siria prima di ritirarsi nel 2011, mentre la Lead UAE è un’impresa che egli ha creato negli Emirati arabi uniti.

101    È vero che la notevole somiglianza tra i nomi di dette società favorisce la confusione. Tuttavia, mentre il ricorrente si è preoccupato di redigere una convenzione di scrittura chiara e di fornire spiegazioni al fine di aiutare il Tribunale a distinguere queste due entità, il Consiglio, per contro, non ha dato modo al Tribunale di comprendere agevolmente a quale entità si riferissero i diversi elementi di prova contenuti nei documenti WK 4069/2019 INIT e WK 985/2021 INIT, che utilizzano denominazioni diverse, e addirittura, nelle sue memorie, genera una certa confusione. Infine, è giocoforza constatare che il Consiglio ha confermato, in risposta a un quesito posto dal Tribunale in udienza, che esistevano effettivamente due entità, vale a dire la Lead Syria in liquidazione e la Lead UAE, e che, laddove si faceva riferimento a un’entità creata dal ricorrente e dal sig. Ghassan Muhanna, si doveva intendere che si trattasse della Lead Syria in liquidazione.

102    Pertanto, il ricorrente ha dimostrato che la Lead UAE, con sede negli Emirati arabi uniti, circostanza questa confermata dagli elementi di prova prodotti dal Consiglio, non esercita alcuna attività in Siria.

103    In ogni caso, va rilevato che il ricorrente produce una decisione del 23 marzo 2020 proveniente dall’unico azionista della Lead UAE, la società B, che accetta le sue dimissioni in qualità di direttore a partire da tale data.

104    Orbene, il Consiglio non ha dedotto alcun argomento diretto a contestare le dimissioni del ricorrente, né ha confutato l’attendibilità degli elementi di prova forniti da quest’ultimo.

105    Si deve quindi ritenere che il ricorrente abbia dimostrato di non essere più coinvolto nella Lead UAE, la quale, in ogni caso, non è una società stabilita in Siria e non vi esercita alcuna attività.

106    In terzo luogo, occorre esaminare il coinvolgimento del ricorrente nelle diverse entità menzionate sui siti internet Syrian Oil & Gas News e Aks al Ser.

107    In primo luogo, per quanto riguarda la società Asaad and Petngnap & Co., che esso associa, senza essere contraddetto sul punto dal Consiglio, all’Asaad Beitenjaneh & Partners Company for Processing & Refining Edible Oils, trasformata nel 2011 in una società privata denominata Syrian Private Joint-stock Company for Processing and Refining Edible Oils, il ricorrente produce una lettera del 15 novembre 2021, proveniente da detta entità e in cui si attesta che egli non possiede sue azioni a tale data. È vero che la citata dichiarazione, che attesta la situazione del ricorrente nei confronti di detta società come esistente in una data successiva a quella dell’adozione degli atti del 2021, non dimostra che il ricorrente non possedesse, nel momento in cui il Consiglio ha adottato le misure restrittive nei suoi confronti, siffatte azioni. Tuttavia, l’unica prova prodotta dal Consiglio da cui risulta che il ricorrente è un socio di detta entità è datata, poiché risale al 2010. Inoltre, nessun altro elemento di prova più recente corrobora tale informazione. Oltretutto, il Consiglio non ha dedotto alcun argomento per sostenere che il ricorrente avesse ancora interessi in tale società. Infine, esso non ha neppure dedotto argomenti diretti a contestare l’attendibilità e la pertinenza dell’elemento di prova prodotto dal ricorrente. In tali circostanze, sussiste un ragionevole dubbio quanto al fatto che, al momento dell’adozione degli atti del 2021, il ricorrente avesse ancora lo status di azionista della società in parola.

108    Per contro, per quanto riguarda gli atti di mantenimento del 2022, poiché la prova prodotta dal ricorrente è anteriore alla loro data di adozione e poiché il Consiglio non ha fornito alcun elemento di prova supplementare, si deve ritenere che il ricorrente abbia dimostrato di non avere più lo status di azionista della società Asaad and Petngnap & Co al momento dell’adozione degli stessi.

109    In secondo luogo, per quanto riguarda la compagnia di assicurazioni United Insurance Company, il ricorrente produce una lettera del 16 novembre 2021 proveniente dal presidente di tale compagnia e attestante che egli non possiede azioni di quest’ultima dal 2012. Dal canto suo, il Consiglio produce un’unica pubblicazione diretta a dimostrare che il ricorrente ha un investimento in tale entità, risalente al 2010, e non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità o il contenuto della lettera summenzionata. Si deve pertanto concludere che il ricorrente ha dimostrato di non possedere azioni di detta società al momento dell’adozione degli atti impugnati.

110    In terzo luogo, per quanto riguarda la società Al Badia Cement JSC, il ricorrente produce una lettera del 25 aprile 2021 proveniente da tale entità e attestante che egli si è dimesso dalla sua carica di membro del consiglio di amministrazione il 25 settembre 2011 e che ha venduto le quote da egli detenute nel 2011. Al fine di dimostrare di non avere più interessi in tale società, egli produce altri due documenti, provenienti dal sito internet Wikileaks, che confermano dette dimissioni. Dal canto suo, il Consiglio non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità o il contenuto di tali elementi di prova. Pertanto, il ricorrente ha dimostrato di non essere collegato alla società in questione al momento dell’adozione degli atti impugnati.

111    In quarto luogo, con riferimento alla banca Bank Audi Syria, che a suo dire è divenuta Ahli Trust Bank, circostanza questa non contestata dal Consiglio, il ricorrente produce una lettera dell’11 novembre 2021 proveniente da tale entità e attestante che ad oggi egli non possiede azioni di quest’ultima. Dal canto suo, il Consiglio produce unicamente elementi risalenti al 2010 e al 2012 e che indicano che il ricorrente è un socio di tale entità e non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità o il contenuto della lettera summenzionata. Si deve pertanto concludere che il ricorrente ha dimostrato di non essere azionista di tale banca al momento dell’adozione degli atti impugnati.

112    In quinto luogo, per quanto riguarda la società Syrian Arab Insurance Company, il ricorrente produce una lettera del 9 novembre 2021 proveniente da tale entità e che attesta che egli non ha posseduto sue azioni fino a tale data. Dal canto suo, il Consiglio produce un’unica pubblicazione diretta a dimostrare che il ricorrente ha un investimento in detta società, che risale al 2010, e non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità o il contenuto della suddetta lettera. Si deve pertanto concludere che il ricorrente ha dimostrato di non possedere azioni di tale società al momento dell’adozione degli atti impugnati.

113    In sesto luogo, per quanto riguarda la compagnia di assicurazioni Aqeelah Takaful Insurance Company, il ricorrente fornisce una lettera del 10 maggio 2021 proveniente da tale entità e attestante che egli non possedeva azioni di tale compagnia «fino al 31 marzo 2021». Interrogato in udienza, egli ha confermato che tale formulazione suggeriva soltanto che egli non possedeva azioni di tale società. In ogni caso tale elemento di prova dimostra, quantomeno, che, contrariamente a quanto indicato in una pubblicazione figurante sul sito internet Syrian Oil & Gas News, nel 2010 il ricorrente non possedeva azioni di detta società. Dal canto suo, il Consiglio produce un’unica pubblicazione diretta a dimostrare un legame tra il ricorrente e la suddetta compagnia di assicurazioni e non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità o il contenuto della lettera summenzionata. Sussiste quindi un ragionevole dubbio quanto al fatto che, al momento dell’adozione degli atti impugnati, il ricorrente fosse legato alla compagnia di assicurazioni in questione.

114    In settimo luogo, per quanto riguarda Dajajouna, che, a suo avviso, è un marchio della società DANZ for Food Industries, circostanza questa non contestata dal Consiglio, il ricorrente produce una lettera del 15 novembre 2021 che dichiara che egli non ha posseduto azioni di tale società tra il 3 gennaio 2010 e il 15 novembre 2021. Dal canto suo, il Consiglio produce un’unica pubblicazione diretta a dimostrare che il ricorrente ha un investimento in tale entità, risalente al 2010, e non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità o il contenuto della lettera summenzionata. Si deve pertanto concludere che il ricorrente ha dimostrato di non possedere azioni di detta società al momento dell’adozione degli atti impugnati.

115    In ottavo luogo, per quanto riguarda la società Assaad Baitangana and Partners for producing oils, che esso associa, senza essere contestato su tale punto dal Consiglio, all’Asaad Beitenjaneh & Partners Company for Syrian Olive Oil, trasformata nel 2011 in una società privata denominata Syrian Olive Oil Private Joint-stock Company, il ricorrente fornisce una lettera del 15 novembre 2021 proveniente da quest’ultima entità e attestante che egli non possiede azioni della medesima alla data indicata. È certo vero che tale dichiarazione, che attesta la situazione del ricorrente nei confronti di detta società come esistente in una data successiva a quella dell’adozione degli atti del 2021, non dimostra che il ricorrente non possedesse, nel momento in cui il Consiglio ha adottato le misure restrittive nei suoi confronti, siffatte azioni. Tuttavia, l’unica prova prodotta dal Consiglio da cui risulti che il ricorrente è socio di tale entità è datata, in quanto risale al 2010. Inoltre, nessun altro elemento di prova più recente corrobora tale informazione. Oltretutto, il Consiglio non ha dedotto alcun argomento per sostenere che il ricorrente avesse ancora interessi in tale società. Infine, esso non ha neppure dedotto argomenti diretti a contestare l’attendibilità e la pertinenza dell’elemento di prova prodotto dal ricorrente. In tali circostanze, sussiste un ragionevole dubbio quanto al fatto che, al momento dell’adozione degli atti del 2021, il ricorrente avesse ancora lo status di azionista della società in parola.

116    Per contro, per quanto riguarda gli atti di mantenimento del 2022, poiché la prova prodotta dal ricorrente era anteriore alla loro data di adozione e poiché il Consiglio non ha fornito alcun elemento di prova supplementare, si deve ritenere che il ricorrente abbia dimostrato di non avere più lo status di azionista della Syrian Olive Oil Private Joint-stock Company al momento della loro adozione.

117    In nono luogo, per quanto riguarda la società Cham Holding, il ricorrente produce una lettera del 12 maggio 2021 proveniente da tale entità e attestante che egli non ha più azioni di tale società dal 26 giugno 2014. Dal canto suo, il Consiglio produce due pubblicazioni risalenti al 2010 e al 2012, da cui emerge che il ricorrente ha interessi in detta società, e non deduce alcun argomento diretto a contestare l’attendibilità e la pertinenza della suddetta lettera o a dimostrare che il ricorrente avesse ancora interessi in detta società. Si deve quindi ritenere che il ricorrente abbia fornito la prova di non avere più azioni della società di cui trattasi al momento dell’adozione degli atti impugnati.

118    Da quanto precede risulta che il ricorrente ha fornito elementi di prova sufficienti per mettere in discussione la fondatezza delle constatazioni effettuate dal Consiglio riguardo al suo coinvolgimento in varie entità siriane.

119    Infine, sotto un decimo profilo, per quanto riguarda la società Gulfsands Petroleum, anzitutto, il ricorrente non contesta di aver detenuto quote in tale società, ma precisa di detenere tali quote tramite la Hickam Ventures Ltd. Esso produce al riguardo un estratto del portafoglio di azioni di quest’ultima del 31 dicembre 2008, dal quale risulta che, effettivamente, quest’ultima possedeva quote in detta società. Inoltre, esso precisa di non aver fondato la società in questione, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, e produce a tal riguardo l’atto costitutivo di siffatta società, datato 2 dicembre 2014. Dalla lettura di tale documento emerge che il ricorrente non era né il fondatore né il direttore della società di cui trattasi al momento della sua costituzione. Del resto, esso fornisce un prospetto della ripartizione degli attivi e dell’evoluzione del portafoglio della Hickam Ventures per dimostrare che quest’ultima ha ceduto le azioni della società di cui trattasi nel 2009. Occorre rilevare che l’evoluzione del portafoglio, redatta il 31 dicembre 2009, evidenzia la scomparsa di tali azioni. Ciò è confermato dall’elenco degli azionisti della stessa società, del 3 dicembre 2010, in cui non compaiono né la Hickam Ventures, né il nome del ricorrente. Infine, il ricorrente produce un elenco certificato degli azionisti della Hickam Ventures del 12 gennaio 2021 per dimostrare che egli non vi aveva più alcun interesse. Da tale documento risulta effettivamente che il nome del ricorrente non compare nell’elenco degli azionisti della Hickam Ventures. Dal canto suo, il Consiglio non contesta la descrizione dei fatti come effettuata in modo circostanziato dal ricorrente, né mette in discussione l’attendibilità o il contenuto degli elementi di prova prodotti dal ricorrente e produce un unico documento da cui risulta che quest’ultimo ha investito in tale società, vale a dire un estratto di un libro del 2015, il quale si basa su un articolo del 2007. Pertanto, si deve osservare che il ricorrente ha validamente smentito il fatto di aver avuto interessi nella società in questione al momento dell’adozione degli atti impugnati.

120    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve concludere che il Consiglio non ha suffragato in modo giuridicamente sufficiente il fatto che il ricorrente abbia interessi commerciali in Siria.

121    Inoltre, dalla pubblicazione del 6 settembre 2012 del sito internet Aks al Ser, prodotta dal Consiglio, risulta che il ricorrente ha iniziato a liquidare le sue attività finanziarie e a ritirare il suo denaro dalle banche dopo il bombardamento della sede della sicurezza nazionale siriana, il che tende a confermare l’affermazione del ricorrente secondo cui, a partire dal 2012, egli non aveva più interessi in Siria.

2)      Sulle cariche del ricorrente in taluni organismi legati al commercio

122    Dal sito internet Syrian Oil & Gas News risulta che il ricorrente è al vertice della parte siriana della camera di commercio siro-algerina ed è membro del comitato nazionale siriano della camera internazionale di commercio siriana.

123    In proposito, il ricorrente non nega di aver fatto parte della camera di commercio siro-algerina nonché della camera internazionale di commercio siriana.

124    Tuttavia, da un lato, per quanto riguarda la camera di commercio siro-algerina, il ricorrente produce una lettera del 1º luglio 2013, inviata da detta camera alla Bank Audi a seguito dell’adozione della decisione n. 247 del Ministero dell’Economia e del Commercio estero siriano, la quale prevedeva lo scioglimento delle camere di commercio degli imprenditori siriani. Orbene, è giocoforza constatare che le uniche prove prodotte dal Consiglio sono pubblicazioni provenienti dal sito internet Syrian Oil & Gas News e risalenti al 2010, ossia prima dell’adozione di detta decisione. Inoltre, il Consiglio non contesta né l’attendibilità né il contenuto della lettera summenzionata e non dimostra che, al momento dell’adozione degli atti impugnati, detta camera fosse stata ricostituita e che il ricorrente ne facesse parte. Dal momento che il ricorrente ha dimostrato che la camera in questione non esisteva al momento dell’adozione degli atti impugnati, il fatto che egli ne fosse stato membro non può essere preso in considerazione per dimostrare il suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria.

125    D’altro lato, per quanto riguarda la camera internazionale di commercio siriana, il ricorrente produce una lettera datata16 febbraio 2021 proveniente dal presidente del comitato nazionale siriano di tale camera e attestante che egli si è dimesso dal suo incarico in seno al consiglio di amministrazione di detta camera e non ne è più un membro attivo dal 2012. Orbene, è giocoforza constatare che le uniche prove prodotte dal Consiglio sono talune pubblicazioni provenienti dal sito internet Syrian Oil & Gas News e risalenti al 2010, ossia prima delle dimissioni del ricorrente nel 2012. Inoltre, gli argomenti formulati dal Consiglio con riferimento alle lettere provenienti da terzi prodotte dal ricorrente mirano a mettere in discussione le dichiarazioni da essi rese riguardo alle attività commerciali esercitate dal ricorrente in Siria. Per contro, esso non deduce alcun argomento specificamente diretto a contestare il fatto che il ricorrente abbia effettivamente rassegnato le dimissioni dal consiglio di amministrazione della camera in questione e ammette persino l’esistenza di tali dimissioni, così come riconosce il carattere non attuale di detta attività del ricorrente. Infine, esso non contesta l’attendibilità della lettera summenzionata. Pertanto, si deve ritenere che il ricorrente abbia dimostrato che non faceva più parte della camera di cui trattasi al momento dell’adozione degli atti impugnati. Orbene, il Consiglio non ha addotto alcun indizio serio e concordante che consenta ragionevolmente di ritenere che il ricorrente mantenesse legami con la camera stessa, i quali giustificassero l’inserimento del suo nome negli elenchi in questione, dopo la cessazione delle sue attività presso tale struttura (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 24 novembre 2021, Assi/Consiglio, T‑256/19, EU:T:2021:818, punto 128).

126    Da quanto precede risulta che il Consiglio non ha suffragato in modo giuridicamente sufficiente il fatto che il ricorrente facesse parte della camera di commercio siro-algerina e della camera internazionale di commercio siriana.

3)      Conclusione sullo status del ricorrente quale imprenditore di spicco che opera in Siria

127    Dal momento che il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che il ricorrente avesse interessi commerciali in Siria, né che occupasse incarichi in organismi legati al commercio, si deve concludere che esso non ha suffragato il motivo di iscrizione relativo allo status di imprenditore di spicco che opera in Siria del ricorrente.

b)      Sui legami con i membri delle famiglie Assad e Makhlouf

128    In primo luogo, dalle informazioni provenienti dai siti internet Dawdaa, Syriano, Ayn Almadina, Al Khaleej Online, Al Hewar, dal libro intitolato «The Political Economy of investment in Syria» e dalla prima parte del documento WK 985/2021 INIT risulta che il ricorrente è legato ai sigg. Mohammed e Rami Makhlouf. In secondo luogo, secondo le informazioni provenienti dai siti internet Dawdaa, Orient News, Al Khaleej Online e Al Hewar, nonché secondo la prima parte del documento WK 985/2021 INIT, il ricorrente ha legami con la famiglia Assad.

1)      Sui legami con taluni membri della famiglia Makhlouf

129    Occorre rilevare che gli elementi di prova forniti dal Consiglio tendono a dimostrare che i legami del ricorrente con taluni membri della famiglia Makhlouf sono di due tipi, ossia di tipo professionale e di tipo personale. Tale constatazione è peraltro confermata nella controreplica.

130    In primo luogo, per quanto riguarda i legami professionali del ricorrente con taluni membri della famiglia Makhlouf, questi ultimi risulterebbero, secondo le informazioni fornite dal Consiglio, da un lato, dal partenariato concluso con il sig. Ghassan Muhanna, il quale opera in veste di prestanome del cognato, sig. Mohammed Makhlouf, padre del sig. Rami Makhlouf, nell’ambito della Lead Syria in liquidazione e, dall’altro, dall’investimento realizzato nella Gulfsands Petroleum, a fianco del sig. Rami Makhlouf, e dai suoi interessi nella Cham Holding, controllata dal sig. Rami Makhlouf.

131    Orbene, da un lato, per quanto riguarda la Lead Syria in liquidazione, il ricorrente ha dimostrato, come risulta dai precedenti punti da 95 a 97, di aver lasciato tale società nel novembre 2011 e che essa era in liquidazione al momento dell’adozione degli atti impugnati. Di conseguenza, il Consiglio non può fondarsi sulla partecipazione del ricorrente in detta società per dimostrare l’esistenza di un legame professionale tra il medesimo e il sig. Mohammed Makhlouf al momento dell’adozione di detti atti.

132    D’altro lato, per quanto riguarda la Cham Holding e la Gulfsands Petroleum, il ricorrente ha dimostrato, come risulta rispettivamente dal punto 117 e dal punto 119 supra, che egli non aveva più interessi in tali società al momento dell’adozione degli atti impugnati. Di conseguenza, il Consiglio non può fondarsi sulla partecipazione del ricorrente in dette società per dimostrare l’esistenza di un legame professionale tra il medesimo e il sig. Rami Makhlouf al momento dell’adozione di detti atti.

133    In secondo luogo, per quanto riguarda i legami personali del ricorrente con taluni membri della famiglia Makhlouf, dall’articolo del sito internet Ayn Almadina risulta che il ricorrente è cugino del sig. Mohammed Makhlouf, mentre sua madre, sig.ra Jamila Muhanna, è cugina della moglie del sig. Mohammed Makhlouf. Quanto all’articolo pubblicato sul sito internet Al Khaleej Online, esso indica che il ricorrente è un parente del sig. Mohammed Makhlouf.

134    La prima parte del documento WK 985/2021 INIT descrive, nella presentazione del ricorrente e dei suoi stretti legami con il regime siriano, il ricorrente stesso come cugino acquisito dei fratelli appartenenti alle famiglie Assad e Makhlouf, in quanto sua zia materna è la moglie del sig. Mohammed Makhlouf, padre del sig. Rami Makhlouf e zio del presidente Bashar Al-Assad.

135    Occorre inoltre rilevare che, nella lettera del 12 febbraio 2021, il Consiglio ha ribadito che il ricorrente era legato alle famiglie del sig. Rami Makhlouf e del presidente Bashar Al-Assad in ragione del matrimonio tra sua zia materna e il sig. Mohammed Makhlouf.

136    Orbene, anzitutto, il Consiglio, su cui grava l’onere della prova, come ricordato al precedente punto 72, fornisce soltanto due pubblicazioni tratte da siti internet che menzionano il legame di parentela tra il ricorrente e la famiglia Makhlouf. Orbene, uno di essi, ossia il sito internet Al Khaleej Online, evoca solo vagamente detto legame di parentela, senza qualificarlo. Inoltre, il legame di parentela menzionato dal sito internet Ayn Almadina, ossia il fatto che il ricorrente è il cugino del sig. Mohammed Makhlouf, mentre sua madre, sig.ra Jamila Muhanna, è la cugina della moglie del sig. Mohammed Makhlouf, è diverso da quello menzionato nella prima parte del documento WK 985/2021 INIT. Infatti, quest’ultimo indica che è la zia materna del ricorrente ad essere sposata con il sig. Mohammed Makhlouf, quindi, in linea di principio, la sorella della sig.ra Jamila Muhanna.

137    Pertanto, le informazioni tratte dai documenti WK 4069/2019 INIT e WK 985/2021 INIT non si avvalorano reciprocamente.

138    Inoltre, l’affermazione contenuta nel documento WK 985/2021 INIT secondo cui una delle zie materne del ricorrente è sposata con il sig. Mohammed Makhlouf è indimostrata e vaga, in quanto non è confermata da alcun elemento di prova e non viene fornito nessun nome per designare la moglie del sig. Mohammed Makhlouf. Inoltre, l’affermazione del Consiglio secondo cui l’espressione «zia materna» potrebbe altresì riferirsi a una zia della madre del ricorrente non è convincente. Infatti, la prima parte di detto documento descrive chiaramente la moglie del sig. Mohammed Makhlouf come la zia materna del ricorrente. Il Consiglio ha accettato un legame siffatto, senza formulare riserve, nella lettera del 12 febbraio 2021. Pertanto, non può ora sostenere che potrebbe trattarsi in realtà di una zia della madre del ricorrente. In ogni caso, la sua affermazione è dedotta a titolo di ipotesi e non è supportata da prove.

139    Infine, l’argomento del Consiglio secondo cui vi è un legame tra il sig. Ghassan Muhanna e la madre del ricorrente costituisce tutt’al più un’ipotesi formulata per la prima volta nel controricorso. In ogni caso, nessuno degli elementi di prova forniti dal Consiglio avvalora tale asserzione.

140    Inoltre, il Consiglio produce la sentenza del tribunal administratif de Paris (Tribunale amministrativo di Parigi, Francia), del 13 settembre 2021, riguardante il ricorrente, al fine di dimostrare che è stato riconosciuto che quest’ultimo aveva effettivamente vincoli familiari con le famiglie Makhlouf e Assad.

141    Al riguardo occorre rilevare che, così facendo, il Consiglio non invoca la decisione del giudice francese quale elemento di prova diretto a suffragare i motivi dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, ma la produce al fine di confermare la descrizione del ricorrente da esso fornita al Tribunale. In tal senso, non occorre quindi interrogarsi sulla ricevibilità di tale elemento di prova alla luce della giurisprudenza secondo la quale la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata, e del 4 settembre 2015, NIOC e a./Consiglio, T‑577/12, non pubblicata, EU:T:2015:596, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

142    Tanto premesso, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione ha competenza esclusiva ad esercitare un controllo di legittimità sugli atti adottati dal Consiglio. Spetta quindi al Tribunale esaminare la legittimità degli atti impugnati alla luce dei soli argomenti e degli elementi di prova prodotti dalle parti dinanzi ad esso.

143    Oltretutto, occorre sottolineare che il tribunal administratif de Paris (Tribunale amministrativo di Parigi), statuendo in merito alla decisione del 12 febbraio 2020 del Ministro francese dell’Economia e delle Finanze (in prosieguo: la «decisione francese del 12 febbraio 2020»), si è pronunciato sui motivi di inserimento quali risultavano dagli atti del 2019. Pertanto l’oggetto dei ricorsi è diverso, cosicché, in ogni caso, il Tribunale non può essere vincolato dall’eventuale autorità di cosa giudicata che sarebbe insita in detta sentenza.

144    Al riguardo, dagli estratti del registro dello stato civile siriano forniti dal ricorrente e relativi alla sua famiglia materna, datati 25 e 26 aprile 2021, di cui il Consiglio non ha contestato né l’attendibilità né la pertinenza, risulta che nessuna delle zie materne del ricorrente è sposata con il sig. Mohammed Makhlouf.

145    Se è vero che l’ortografia del nome e del cognome della madre del ricorrente che compare negli estratti del registro dello stato civile siriano differisce leggermente da quella che compare in altri elementi di prova («Jamileh» anziché «Jamila» e «Mhanna» anziché «Muhanna»), simili differenze possono spiegarsi con la traslitterazione di nomi arabi in caratteri latini.

146    Inoltre, lo stesso Consiglio indica, nel controricorso, che la sig.ra Jamila Muhanna è la madre del ricorrente. Occorre pertanto considerare che gli estratti del registro dello stato civile siriano si riferiscano effettivamente alla famiglia materna del ricorrente. Si deve quindi concludere che il ricorrente ha effettivamente fornito la prova del fatto che nessuna delle sue zie materne è stata sposata con il sig. Mohammed Makhlouf.

147    In conclusione, a causa delle incongruenze negli elementi di prova forniti dal Consiglio e alla luce dei documenti prodotti dal ricorrente, si deve dichiarare che il Consiglio non ha sufficientemente suffragato la fondatezza dei motivi di inserimento vertenti sul fatto che il ricorrente sarebbe legato ai membri della famiglia Makhlouf.

2)      Sui legami del ricorrente con taluni membri della famiglia Assad

148    Si deve rilevare che gli elementi di prova forniti dal Consiglio tendono a dimostrare che i legami del ricorrente con taluni membri della famiglia Assad sono di natura puramente professionale.

149    Risulta infatti chiaramente dal sito internet Dawdaa che il ricorrente non è un membro della famiglia Assad, ma che ne è vicino in ragione delle sue responsabilità.

150    Peraltro, il Consiglio ha un approccio non scevro da ambiguità. Infatti, pur ammettendo che il ricorrente non è il cugino del presidente Bashar Al-Assad e pur avendo confermato, in udienza, che detto presidente non aveva alcun cugino con lo stesso nome del ricorrente, egli spiega, nel controricorso, che il ricorrente potrebbe essere considerato cugino del presidente stesso, in quanto il sig. Mohammed Makhlouf, asseritamente legato al ricorrente in ragione del suo matrimonio con una delle sue zie materne, è lo zio del presidente in questione.

151    A questo proposito, da un lato, occorre rilevare che il Consiglio non ha formalmente preso in considerazione il fatto che il ricorrente sia il cugino del presidente Bashar Al-Assad per giustificare l’inserimento del suo nome negli elenchi in questione. D’altro lato occorre ricordare che, come stabilito al precedente punto 147, il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente i legami personali del ricorrente con la famiglia Makhlouf, per il cui tramite esso sarebbe stato legato alla famiglia Assad.

152    Quanto ai legami professionali che vincolano il ricorrente ai membri della famiglia Assad, dalle informazioni provenienti dai siti internet Dawdaa, Orient News, Al Khaleej Online e Al Hewar si evince che essi sono stati istituiti nel settore petrolifero. Nella prima parte del documento WK 985/2021 INIT, il ricorrente è descritto come soggetto che, per fare affari, ha tratto vantaggio dai suoi legami con il sig. Bassel Al-Assad, figlio maggiore del sig. Hafez Al-Assad, deceduto il 21 gennaio 1994.

153    Tenuto conto del decesso del sig. Bassel Al-Assad nel 1994, si devono considerare solo i vincoli del ricorrente con taluni membri della famiglia Assad attraverso le sue attività nel settore petrolifero.

154    Al riguardo, in primo luogo, dagli articoli dei siti internet Al Khaleej Online e Al Hewar risulta che è attraverso la Lead Syria in liquidazione che il ricorrente aveva legami con taluni membri della famiglia Assad. Orbene, come stabilito al precedente punto 97, al momento dell’adozione degli atti impugnati, il ricorrente non aveva più alcun legame con tale società.

155    In secondo luogo, per quanto riguarda il partenariato tra il ricorrente e il sig. Maher Al-Assad nell’ambito all’alleanza «petrolio in cambio di cibo», è giocoforza constatare che esso è menzionato solo nell’articolo del sito internet Orient News. Orbene, quest’unico elemento di prova, che non è stato peraltro oggetto di alcuna spiegazione convincente da parte del Consiglio, né nelle sue memorie, né in udienza, non permette di comprendere come tale alleanza si sia concretizzata, vale a dire attraverso quali entità, né quali ne siano state le conseguenze. Siffatte spiegazioni sarebbero state tuttavia necessarie dal momento che, inoltre, è notorio che l’espressione «petrolio in cambio di cibo» fa riferimento al programma che era stato attuato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite tra il 1996 e il 2003 a vantaggio dell’Iraq.

156    In terzo luogo, la pubblicazione del sito internet Dawdaa menziona una separazione tra il ricorrente e la famiglia Assad a causa di problemi verificatisi nel settore petrolifero, cosicché tale elemento di prova suggerisce piuttosto la rottura dei legami tra il ricorrente e la famiglia Assad in detto settore.

157    Di conseguenza, il Consiglio non ha fornito un insieme di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti tali da dimostrare che il ricorrente avesse legami professionali con membri della famiglia Assad in ragione di attività nel settore petrolifero.

158    Peraltro, la pubblicazione del sito internet Dawdaa precisa che il ricorrente continua ad avere legami con la famiglia Assad in ragione delle sue responsabilità. Tuttavia, essa non specifica di quali responsabilità si tratti, né spiega come esse consentano di stabilire un nesso siffatto. Posto che, inoltre, tale informazione non è corroborata da altri elementi di prova, si deve ritenere che essa non suffraghi in modo giuridicamente sufficiente l’esistenza di legami professionali tra il ricorrente e taluni membri della famiglia Assad.

159    Da quanto precede risulta che il Consiglio non ha sufficientemente dimostrato la fondatezza dei motivi di inserimento relativi al fatto che il ricorrente sarebbe legato ai membri della famiglia Assad.

3)      Conclusione quanto ai legami del ricorrente con taluni membri delle famiglie Makhlouf e Assad

160    Poiché il Consiglio non ha dimostrato che il ricorrente fosse legato ai membri delle famiglie Makhlouf e Assad, da un punto di vista professionale o personale, si deve concludere che esso non ha suffragato il motivo di inserimento relativo ai legami del ricorrente con taluni membri delle famiglie Makhlouf e Assad.

c)      Sullassociazione con il regime siriano

161    Occorre verificare se la situazione del ricorrente costituisca una prova sufficiente del fatto che egli fornisce sostegno al regime siriano o trae vantaggio dalle politiche condotte da quest’ultimo. Una siffatta valutazione deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono. Invero, il Consiglio adempie all’onere della prova che gli incombe qualora evochi dinanzi al giudice dell’Unione un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare l’esistenza di un collegamento sufficiente tra la persona sottoposta a una misura di congelamento dei suoi capitali e il regime considerato (v. sentenza del 9 settembre 2016, Tri-Ocean Trading/Consiglio, T‑709/14, non pubblicata, EU:T:2016:459, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

162    Secondo i motivi di inserimento ricordati ai precedenti punti 41 e 78, in forza del suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria e dei suoi legami con taluni membri delle famiglie Makhlouf e Assad, il ricorrente ha partecipato al regime siriano, ne ha tratto vantaggio o lo ha sostenuto.

163    Occorre rilevare che il Consiglio ha utilizzato il passato per indicare che il ricorrente aveva tratto vantaggio dal regime siriano, l’aveva sostenuto e vi aveva partecipato. Tale constatazione vale anche per le versioni tedesca e spagnola dei motivi di iscrizione, i quali indicano, rispettivamente, che il ricorrente «war in dieser Eigenschaft Teil, Nutznießer oder anderweitig Unterstützer des syrischen Regimes» e «ha participado en el régimen sirio, se ha beneficiado de él o lo ha apoyado».

164    Quanto alla versione inglese dei motivi d’iscrizione, essa indica che il ricorrente «has been participating in, benefiting from or otherwise supporting the Syrian regime». L’utilizzo del «present perfect continuous» in inglese suggerisce piuttosto che il ricorrente abbia partecipato, abbia tratto vantaggio e abbia sostenuto il regime siriano e continui a farlo.

165    Interrogato in udienza sul tempo impiegato nelle diverse versioni linguistiche dei motivi di inserimento, il Consiglio ha precisato, in sostanza, che occorreva soprattutto interessarsi agli elementi di prova e ai diversi periodi durante i quali vi era stato sostegno al regime siriano.

166    Si deve constatare che i motivi per i quali il ricorrente è considerato dal Consiglio come un soggetto che sostiene il regime siriano e ne trae vantaggio si sovrappongono a quelli che lo hanno indotto a considerarlo come un imprenditore di spicco che opera in Siria e come avente legami con taluni membri delle famiglie Assad e Makhlouf.

167    Va rammentato in proposito che, secondo la giurisprudenza, non si può escludere che i motivi di inserimento del nome di una determinata persona si sovrappongano parzialmente, nel senso che una persona può essere qualificata come imprenditore di spicco che opera in Siria ed essere considerata come persona che, nell’ambito delle sue attività, trae vantaggio dal regime siriano o lo sostiene attraverso le medesime attività. Ciò risulta precisamente dal fatto che, come stabilito al considerando 6 della decisione 2015/1836, la stretta associazione al regime siriano e il sostegno fornito a quest’ultimo da tale categoria di persone costituiscono una delle ragioni per cui il Consiglio ha deciso di creare tale categoria. Ciò non toglie che si tratta, anche in tale ipotesi, di criteri differenti (sentenza del 23 settembre 2020, Kaddour/Consiglio, T‑510/18, EU:T:2020:436, punto 77). Ciò vale anche per le persone legate ai membri delle famiglie Makhlouf e Assad, poiché, come stabilito al considerando 7 della decisione 2015/1836, nell’attuale regime il potere è concentrato nelle mani di membri influenti delle citate famiglie.

168    Orbene, in primo luogo, occorre rilevare che, per quanto riguarda lo status di imprenditore di spicco che opera in Siria, il Consiglio non ha dimostrato che, alla data di adozione degli atti impugnati, il ricorrente avesse interessi commerciali in Siria (v. punto 127 supra). Quanto ai suoi legami con taluni membri delle famiglie Makhlouf e Assad, il Consiglio non ha neppure dimostrato che tali legami esistessero quando ha adottato le misure restrittive nei suoi confronti (v. punto 160 supra). Pertanto, se ne deve dedurre che non è in ragione né delle sue attività commerciali in Siria, né dei suoi legami con taluni membri delle famiglie Makhlouf e Assad che il ricorrente può essere associato al regime siriano.

169    In secondo luogo, sebbene la pubblicazione del sito internet Dawdaa menzioni altre responsabilità di cui il ricorrente avrebbe potuto essere investito per conto o in favore del regime siriano, è giocoforza constatare, come indicato al precedente punto 158, che essa non specifica di quali responsabilità si tratti, né spiega come esse consentano di dimostrare un’associazione del ricorrente con il citato regime. Poiché, inoltre, tale informazione non è avvalorata da ulteriori elementi di prova, si deve ritenere che essa non dimostri l’associazione del ricorrente con tale regime.

170    In terzo luogo, dalle informazioni provenienti dai siti internet Al Khaleej Online e Al Hewar risulta che il regime siriano trae beneficio dalla Lead Syria in liquidazione. Orbene, da un lato, è stato accertato, al precedente punto 97, che il ricorrente non è legato a tale società. D’altro lato, il ricorrente ha prodotto elementi di prova che dimostrano che detta società è inattiva dal 2012 e in liquidazione dal 2020, come indicato ai precedenti punti 95 e 96, cosicché, in assenza di prova contraria dedotta dal Consiglio o di argomenti prodotti da quest’ultimo per contestare l’attendibilità e la pertinenza di tali elementi di prova, non è possibile stabilire in che modo detto regime abbia potuto beneficiare dell’attività della società in questione.

171    In quarto luogo, infine, occorre rilevare che altre informazioni, provenienti dai documenti WK 4069/2019 INIT e WK 985/2021 INIT, tendono a dimostrare che il ricorrente ha preso le distanze dal regime siriano. In tal senso, la pubblicazione del sito internet Aks al Ser precisa che il ricorrente ha liquidato le sue attività finanziarie e ha ritirato il suo denaro dalle banche siriane dopo il bombardamento della sede della sicurezza nazionale siriana. Quanto alla pubblicazione del sito internet Dawdaa, essa menziona una separazione tra il ricorrente e il regime medesimo. Infine, la prima parte del documento WK 985/2021 INIT indica che il ricorrente è escluso dalle principali reti finanziarie del regime siriano.

172    Da tutto quanto precede risulta che il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente l’associazione del ricorrente con il regime siriano.

6.      Conclusione sul primo motivo, vertente su taluni errori di valutazione

173    Tenuto conto delle conclusioni formulate ai precedenti punti 127, 160 e 172, il Consiglio non ha suffragato in modo giuridicamente sufficiente i motivi d’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione.

174    Il primo motivo deve pertanto essere accolto.

175    Poiché il primo motivo verte unicamente sulla fondatezza dei motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione a partire dall’entrata in vigore degli atti impugnati, è necessario altresì esaminare il secondo e il terzo motivo, al fine di verificare se, come sostiene il ricorrente, detti atti abbiano anche un effetto retroattivo laddove affermano che il ricorrente era la persona destinataria delle misure restrittive sin dal 23 agosto 2011 e, in caso di risposta positiva, se il Consiglio abbia legittimamente attribuito un simile effetto agli atti in parola.

D.      Sul secondo motivo, vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, e sul terzo motivo, vertente su una violazione del principio della certezza del diritto

176    A sostegno del secondo motivo, il ricorrente sostiene che il Consiglio non poteva adottare gli atti impugnati, poiché essi sono direttamente contrari al legittimo affidamento derivante dal fatto che detta istituzione ha sistematicamente confermato, nel corso degli ultimi dieci anni, che egli non era la persona identificata alla riga 36 degli elenchi in questione.

177    Nell’ambito del terzo motivo il ricorrente deduce che gli atti impugnati mirano a produrre, in modo inammissibile, un effetto retroattivo e sono contrari al principio della certezza del diritto. A suo avviso, ciò rileva non solo per lui, ma anche per i terzi che con lui hanno trattato in buona fede, basandosi sulle rassicurazioni fornite pubblicamente dal Consiglio quanto al fatto che egli non era la persona identificata alla riga 36 degli elenchi in questione.

178    Per quanto riguarda il secondo motivo, il Consiglio ritiene che la giurisprudenza invocata dal ricorrente per giustificare il ricorso al principio della tutela del legittimo affidamento non possa essere trasposta alla situazione del ricorrente, in quanto quest’ultimo non è beneficiario di alcun atto di cui esso sia l’autore. A tal riguardo, esso ritiene che le informazioni fornite sull’identità di una persona oggetto di misure restrittive non siano, di per se stesse, tali da creare diritti soggettivi.

179    Per quanto riguarda il terzo motivo, il Consiglio deduce che gli atti impugnati sono entrati in vigore solo il giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Orbene, il ricorrente non avrebbe precisato in che modo gli atti impugnati abbiano un effetto retroattivo, considerando, in particolare, che, di fatto, i capitali non possono essere congelati in maniera retroattiva. Di conseguenza, il Consiglio ritiene che il motivo sia insufficiente ai fini dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e, per questa sola ragione, debba essere respinto.

1.      Sulla ricevibilità del terzo motivo

180    Il Consiglio deduce, in sostanza, che il terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di certezza del diritto, debba essere dichiarato irricevibile, in quanto il ricorrente non spiega chiaramente in che modo gli atti impugnati producano un effetto retroattivo.

181    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, nonché dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti nonché l’esposizione sommaria di detti motivi. Tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano in modo coerente e comprensibile dall’atto introduttivo stesso (v., in tal senso, ordinanza del 28 aprile 1993, De Hoe/Commissione, T‑85/92, EU:T:1993:39, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). Il ricorso deve, pertanto, esporre esplicitamente in cosa consista il motivo su cui è fondato, sicché la sua semplice enunciazione astratta non soddisfa le prescrizioni del regolamento di procedura. Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto (v. sentenza del 25 marzo 2015, Belgio/Commissione, T‑538/11, EU:T:2015:188, punto 131 e giurisprudenza ivi citata; ordinanza del 27 novembre 2020, PL/Commissione, T‑728/19, non pubblicata, EU:T:2020:575, punto 64).

182    Nel caso di specie il ricorrente sostiene, in sostanza, che gli atti impugnati abbiano effetto retroattivo, in quanto modificano la situazione giuridica in cui egli si trovava fino all’adozione degli atti impugnati, vale a dire che egli non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

183    Ciò risulta, in sostanza, dai punti 59 e 60 del ricorso. Il ricorrente ha inoltre chiarito l’impatto della retroattività degli atti impugnati sulla sua situazione giuridica ai punti 48 e 49 della replica.

184    Orbene, è giocoforza constatare che il Consiglio ha risposto agli argomenti del ricorrente non solo nell’ambito del controricorso, ma anche nella controreplica. Inoltre, nella controreplica il Consiglio afferma che gli argomenti del ricorrente non riflettono fedelmente le circostanze del caso di specie, prendendo quindi posizione sulla fondatezza del motivo e non più sulla sua irricevibilità. Infine, il Tribunale è in grado di esaminare tale motivo, che è corredato a tal fine di precisazioni sufficienti.

185    Di conseguenza, il terzo motivo è sufficientemente chiaro, conformemente ai requisiti stabiliti dalle disposizioni dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dal regolamento di procedura, ed è pertanto ricevibile.

2.      Sulla fondatezza del secondo e del terzo motivo

186    Secondo la giurisprudenza, il principio della certezza del diritto, di cui il principio del legittimo affidamento è un corollario, mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto dell’Unione. A tal fine è essenziale che le istituzioni dell’Unione rispettino l’intangibilità degli atti che esse hanno emanato e che incidono sulla situazione giuridica e sostanziale dei soggetti di diritto, sicché esse potranno modificare tali atti solo nel rispetto delle norme di competenza e di procedura (sentenza del 4 maggio 2016, Andres e a./BCE, T‑129/14 P, EU:T:2016:267, punto 35).

187    Nel caso di specie, il ricorrente ritiene che gli atti impugnati abbiano violato tanto il principio di tutela del legittimo affidamento, quanto il principio di certezza del diritto, in quanto essi stabiliscono che il suo nome era iscritto negli elenchi in questione dal 23 agosto 2011, mentre, dall’adozione degli atti del 2011 fino all’adozione degli atti impugnati, il Consiglio non lo considerava come la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

188    Al fine di stabilire se gli atti impugnati siano stati adottati in violazione di tali due principi, è dunque necessario esaminarne anzitutto gli effetti e verificare se, come sostiene il ricorrente e contrariamente a quanto afferma il Consiglio, essi abbiano un effetto retroattivo stabilendo che il ricorrente è sempre stato, in definitiva, la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, e ciò a partire dall’adozione degli atti del 2011.

a)      Sulla retroattività degli atti impugnati

189    La giurisprudenza riconosce che la retroattività di un atto può essere espressamente stabilita da quest’ultimo, ma può altresì risultare dal suo contenuto (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 1991, Crispoltoni, C‑368/89, EU:C:1991:307, punto 17).

190    Gli atti impugnati non contengono disposizioni esplicite che prevedano un’applicazione retroattiva dei loro effetti. Occorre pertanto verificare se, per il loro contenuto, essi abbiano realmente un effetto retroattivo.

191    In primo luogo, per quanto riguarda gli atti del 2021, occorre anzitutto rilevare che il considerando 2 di tali atti annuncia che le informazioni relative a una persona il cui nome è inserito negli elenchi in questione, nella fattispecie la persona di cui alla riga 36, devono essere aggiornate. Di conseguenza, non si tratta di atti di inserimento iniziale né di reinserimento, bensì di atti che intendono porsi nella continuità di atti anteriori, ai quali essi apportano modifiche.

192    Occorre poi rilevare che le virgolette che inquadrano il testo allegato agli atti del 2021 si aprono sulla cifra 36 e si chiudono sulla data di inserimento iniziale, vale a dire il 23 agosto 2011. Pertanto, è l’intera riga 36 ad essere sostituita dal testo di cui trattasi. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, gli atti del 2021 hanno effettivamente inteso specificare che la data di inserimento iniziale del nome del ricorrente negli elenchi in questione era il 23 agosto 2011.

193    Infine, per valutare l’effetto retroattivo degli atti del 2021, è altresì necessario confrontare la situazione esistente prima della loro adozione con quella esistente a seguito dell’adozione stessa. Orbene, su tale punto, è giocoforza constatare che gli atti del 2021 sono stati adottati dopo che il Consiglio ha constatato di aver commesso un errore quanto all’identità della persona di cui alla riga 36 degli elenchi in questione e del ricorrente. Ciò si evince dalla lettera del 12 febbraio 2021, ove afferma che «The Council considers, after reviewing the information on its file, that [the applicant] is indeed the person listed under entry n. 36 in the annexes to the [Decision 2013/255 and Regulation No 36/2012]» (il Consiglio ritiene, a seguito di riesame delle informazioni contenute nel suo fascicolo, che il ricorrente sia effettivamente la persona iscritta alla riga 36 degli elenchi allegati alla decisione 2013/255 e al regolamento n. 36/2012) e con la quale concede ai rappresentanti del ricorrente un termine per presentare le osservazioni del loro cliente sui nuovi motivi di inserimento che intende adottare nei suoi confronti, motivi di inserimento che compaiono proprio negli atti del 2021.

194    Ne consegue che, modificando la riga 36 degli elenchi in questione affinché risulti chiaramente che la modifica riguarda il ricorrente e tenuto conto del contesto della loro adozione, gli atti del 2021 hanno un effetto retroattivo sulla situazione giuridica del ricorrente.

195    Ciò è confermato dall’intenzione espressa dal Consiglio e ribadita tanto nel controricorso, quanto in udienza, di correggere, mediante gli atti del 2021, la confusione relativa all’identità del ricorrente.

196    La conclusione formulata al precedente punto 194 non può essere messa in discussione dagli argomenti del Consiglio.

197    In primo luogo, il Consiglio afferma che gli atti del 2021 non avrebbero effetto retroattivo, poiché i capitali non possono essere congelati in maniera retroattiva.

198    È vero che, in linea di principio, i capitali di una persona o di un’entità possono essere congelati solo per il futuro, così come, del resto, le restrizioni all’ammissione nel territorio degli Stati membri possono essere disposte solo per il futuro. Tuttavia, da un lato, limitare, nel caso di specie, gli effetti degli atti del 2021 al solo congelamento dei capitali e delle risorse economiche del ricorrente, o addirittura alle restrizioni in materia di ammissione nel territorio degli Stati membri, prescinde erroneamente dagli effetti che l’adozione di tali atti ha prodotto sulla situazione giuridica complessiva del ricorrente e, in particolare, sulla sua reputazione e sulla sua onorabilità.

199    In tal senso, è già stato riconosciuto che le misure restrittive hanno conseguenze negative importanti e un’incidenza significativa sui diritti e sulle libertà delle persone interessate. Pertanto, oltre al congelamento dei capitali o alle restrizioni in materia di ammissione nel territorio degli Stati membri in quanto tali che, per la loro ampia portata, sconvolgono la vita tanto professionale quanto familiare delle persone interessate, occorre prendere in considerazione la riprovazione e la diffidenza che accompagnano la pubblica designazione delle persone interessate come legate al regime siriano (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 giugno 2013, Ayadi/Commissione, C‑183/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:369, punto 68).

200    Orbene, stabilendo, mediante gli atti del 2021, che il nome del ricorrente è iscritto negli elenchi in questione sin dagli atti del 2011, il Consiglio afferma che, a partire da tale data, il ricorrente ha legami con il regime siriano e ha compiuto i diversi atti che hanno giustificato l’inserimento e il mantenimento del suo nome da allora. Una siffatta affermazione è sufficiente per modificare retroattivamente la situazione giuridica del ricorrente, al di là del mero congelamento dei suoi capitali.

201    D’altro lato, nel caso di specie, non si può sostenere che gli atti del 2021 non abbiano avuto alcun effetto retroattivo sul congelamento dei capitali del ricorrente. Infatti, come indicato, in sostanza, dal Consiglio in udienza, uno degli obiettivi perseguiti con l’adozione degli atti del 2021 era di chiarire la situazione del ricorrente quale esistente prima della loro adozione, in ragione, in particolare, dell’esistenza della decisione francese del 12 febbraio 2020, che aveva proceduto al congelamento dei capitali del ricorrente, basandosi sugli atti del 2019. Pertanto, benché non sia tecnicamente possibile congelare i capitali per il passato, è possibile, per contro, convalidare il congelamento dei capitali intervenuto in passato modificando la situazione giuridica, come allora esistente, della persona interessata. Di conseguenza, gli atti del 2021, nel confermare che il ricorrente era effettivamente la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione sin dal 23 agosto 2011, hanno modificato retroattivamente la sua situazione giuridica in modo da farla corrispondere a quella che consentiva alla decisione francese del 12 febbraio 2020 di produrre i suoi effetti.

202    In secondo luogo, nella controreplica e in udienza, il Consiglio ha affermato che il documento WK 4069/2019 INIT, che consentiva altresì di suffragare i motivi d’inserimento degli atti del 2019, conteneva già fotografie del ricorrente che consentivano di identificarlo chiaramente. Pertanto, a suo avviso, il ricorrente era già oggetto di misure restrittive nel 2019.

203    Tuttavia, l’affermazione del Consiglio secondo cui il ricorrente era già oggetto di misure restrittive nel 2019 contrasta con la circostanza che, tramite la rettifica del 2019, il Consiglio ha inteso modificare il nome arabo della persona di cui alla riga 36 degli elenchi in questione affinché corrispondesse a quello degli atti del 2011, come modificati dagli atti del novembre 2011. Se ne deve dedurre che il Consiglio pensava ancora, al momento dell’adozione degli atti del 2019, che il ricorrente, il cui nome arabo differiva da quello contenuto in detta rettifica, non fosse la persona indicata nella riga di cui trattasi. Ciò valeva, del resto, ancora al momento dell’adozione della decisione 2020/719 e del regolamento di esecuzione 2020/716, i quali riprendono lo stesso nome arabo.

204    Pertanto, benché il documento WK 4069/2019 INIT, che suffragava i motivi d’inserimento degli atti del 2019, contenesse informazioni tali da identificare il ricorrente come la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, resta il fatto che, al momento della loro adozione e fino all’adozione degli atti del 2021, il Consiglio ha ritenuto che il ricorrente non fosse la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Adottando gli atti del 2021, il Consiglio ha inteso rettificare il suo errore stabilendo chiaramente che il ricorrente era effettivamente la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, e ciò a partire dal 23 agosto 2011.

205    Il Consiglio non può quindi sostenere che, a parte il suo errore, si debba ritenere che il ricorrente fosse già oggetto di misure restrittive prima dell’adozione degli atti del 2021. Una siffatta posizione giuridica mal si concilia, oltretutto, con la realtà, poiché, come risulta dalle lettere del 2 novembre 2011 e del 21 aprile 2015 della Segreteria di Stato svizzera per l’Economia, prodotte in allegato al ricorso, la banca svizzera nella quale il ricorrente possedeva taluni conti ha sbloccato i capitali da essa congelati in seguito all’adozione degli atti del 2011 e dei successivi, tenuto conto delle assicurazioni da essa ricevute sul fatto che il ricorrente non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

206    Inoltre, in udienza, il Consiglio ha precisato che è dopo aver ricevuto la lettera del 23 giugno 2020 che esso aveva svolto un’indagine al fine di ottenere informazioni supplementari sul ricorrente. In proposito occorre constatare che il ricorrente ha inviato detta lettera al fine di ottenere la conferma, da parte del Consiglio, di non essere la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Tale conferma era necessaria per il ricorrente in ragione della decisione francese del 12 febbraio 2020, con cui si chiedeva alle banche situate in Francia di congelare i suoi capitali. Come risulta dalla lettera del 12 febbraio 2021 e come è pacifico tra le parti, il Consiglio si è reso conto del suo errore ottenendo informazioni supplementari da parte delle autorità francesi, informazioni queste riprodotte nel documento WK 985/2021 INIT.

207    Pertanto, è proprio adottando gli atti del 2021 che il Consiglio ha inteso modificare la situazione giuridica del ricorrente come esistente fino a quel momento, ossia che egli non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Con detti atti, il Consiglio ha inteso identificare con certezza il ricorrente come la persona il cui nome era stato inserito in tale riga sin dal 23 agosto 2011 e ha quindi stabilito, a partire da tale data, un nesso tra il medesimo e i comportamenti del regime siriano che l’Unione ha inteso condannare mediante l’adozione di un regime di misure restrittive.

208    Di conseguenza, gli atti del 2021 hanno effetto retroattivo.

209    In secondo luogo, per quanto riguarda gli atti di mantenimento del 2022, va rilevato che, come risulta, in sostanza, dal considerando 3 della decisione 2022/849, essi avevano, per quanto riguarda il ricorrente, soltanto lo scopo di prorogare le misure restrittive adottate nei suoi confronti fino al 1º giugno 2023.

210    Inoltre, si deve constatare che è solo al momento dell’adozione degli atti del 2021 che il Consiglio ha inteso chiarire la situazione della persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione al fine di precisare che si trattava effettivamente del ricorrente. In altri termini, sono unicamente i suddetti atti ad introdurre una cesura nella posizione adottata fino a quel momento dal Consiglio. Per contro, gli atti di mantenimento del 2022 mirano soltanto a mantenere il nome del ricorrente negli elenchi in questione. In tal senso, non si può ritenere che il Consiglio abbia inteso apportare una correzione ad un errore commesso quando ha adottato i detti atti.

211    Pertanto, gli atti di mantenimento del 2022 non hanno effetto retroattivo, cosicché occorre respingere il secondo e il terzo motivo per quanto riguarda i medesimi.

b)      Sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento

212    Si deve ricordare che, in linea generale, il principio di certezza del diritto osta a che l’efficacia nel tempo di un atto dell’Unione decorra da una data anteriore a quella della pubblicazione di tale atto, benché una deroga sia possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga uno scopo di interesse generale e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato, nonché qualora risulti chiaramente dalla formulazione, dalla finalità e dall’economia delle norme dell’Unione di cui trattasi che dev’essere loro attribuita tale efficacia (v. sentenza del 19 marzo 2009, Mitsui & Co. Deutschland, C‑256/07, EU:C:2009:167, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

213    Poiché è stato appena accertato al precedente punto 208 che risulta chiaramente dal contenuto e dalla finalità degli atti del 2021 che essi hanno effetto retroattivo, occorre verificare se gli altri due requisiti stabiliti dalla giurisprudenza citata al precedente punto 212 per ammettere la retroattività di atti dell’Unione siano soddisfatti.

214    Si tratta quindi di verificare se, da un lato, uno scopo di interesse generale esigesse la retroattività degli atti del 2021 e se, dall’altro, il legittimo affidamento del ricorrente sia stato debitamente rispettato.

1)      Sull’esistenza di un interesse generale

215    Per quanto riguarda l’esistenza di un interesse generale di ordine pubblico, il Consiglio fa valere, in sostanza, il fatto che le misure restrittive perseguono la realizzazione di obiettivi di interesse generale, in particolare quello di consolidare e sostenere i diritti dell’uomo e il diritto umanitario internazionale. Nelle sue memorie e in udienza il Consiglio ha altresì asserito che, adottando gli atti del 2021 e chiarendo quale fosse la situazione del ricorrente prima della loro adozione, esso garantiva la certezza del diritto.

216    A tal riguardo, occorre ricordare che il giudice dell’Unione ha riconosciuto che la fondamentale importanza del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali giustificava l’adozione di misure restrittive (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 191).

217    Inoltre, come sostiene peraltro il ricorrente, il principio della certezza del diritto richiede che sia possibile identificare chiaramente chi sia e chi non sia oggetto delle misure restrittive adottate dall’Unione. Gli orientamenti del Consiglio, intitolati «[l]e migliori pratiche dell’Unione europea per l’attuazione effettiva delle misure restrittive», del 4 maggio 2018, insistono proprio sull’importanza di tale requisito.

218    Infatti, solo se le persone e le entità sono chiaramente individuate è possibile garantire la certezza del diritto e un effetto utile alle misure restrittive adottate e, pertanto, la realizzazione degli obiettivi ricordati al precedente punto 216.

219    In simili circostanze, e tenuto conto del fatto che le autorità nazionali degli Stati membri si basano sugli atti adottati dal Consiglio al fine di decidere in ordine al congelamento dei capitali delle persone e delle entità, si deve ammettere che è legittimo e necessario che il Consiglio abbia la possibilità di correggere l’errore commesso riguardo all’identità di una persona e che possa pertanto chiarire la situazione di una persona o di un’entità. Ciò contribuisce, infatti, a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive consentendo, da un lato, alle autorità amministrative e ai terzi di sapere chiaramente chi è sottoposto alle misure restrittive e, d’altro lato, alla persona o all’entità interessata di proporre un ricorso avverso gli atti che la riguardano.

2)      Sull’esistenza di un legittimo affidamento in capo al ricorrente

220    In primo luogo va sottolineato che, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, il ricorrente non lamenta una violazione del suo legittimo affidamento per il fatto che il Consiglio ha adottato, mediante gli atti del 2021, talune misure restrittive nei suoi confronti, quanto piuttosto per il fatto che, mediante l’adozione degli atti del 2021, il Consiglio afferma che egli è effettivamente la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, e ciò sin dall’adozione degli atti del 2011.

221    In tal senso, il ricorrente non afferma che il Consiglio non sia mai stato legittimato ad inserire il suo nome negli elenchi in questione, ma sostiene piuttosto che il Consiglio, dopo aver confermato per dieci anni che egli non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, non poteva dichiarare il contrario.

222    In tal modo, la situazione del ricorrente differisce dalle cause che hanno dato origine alle sentenze del 29 novembre 2018, National Iranian Tanker Company/Consiglio (C‑600/16 P, EU:C:2018:966), e del 3 maggio 2016, Iran Insurance/Consiglio (T‑63/14, non pubblicata, EU:T:2016:264), invocate dal Consiglio, nell’ambito delle quali la Corte e il Tribunale hanno rispettivamente dichiarato, in sostanza, che l’annullamento da parte del giudice dell’Unione delle misure restrittive adottate dal Consiglio nei confronti di una persona o di un’entità non fa insorgere, in capo a tale persona o a tale entità, un legittimo affidamento sul fatto che il Consiglio non possa adottare in futuro, nel rispetto della sentenza di annullamento, una decisione di reiscrizione (sentenza del 29 novembre 2018, National Iranian Tanker Company/Consiglio, C‑600/16 P, EU:C:2018:966, punto 51; v. altresì, in tal senso, sentenza del 3 maggio 2016, Iran Insurance/Consiglio, T‑63/14, non pubblicata, EU:T:2016:264, punti 152 e 153).

223    In secondo luogo, le parti controvertono sulla questione se il ricorrente possa invocare, nel caso di specie, il principio di tutela del legittimo affidamento.

224    Mentre il ricorrente, basandosi sulla giurisprudenza in materia di revoca di atti amministrativi, ritiene di essere il beneficiario di atti adottati dal Consiglio con i quali quest’ultimo ha confermato che egli non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione, il Consiglio lo nega e ritiene che la giurisprudenza invocata dal ricorrente non sia applicabile alle circostanze del caso di specie.

225    Al riguardo, per un verso, occorre rammentare che il principio di tutela del legittimo affidamento rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione, che dev’essere rispettato dal Consiglio (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2015, Veloserviss, C‑427/14, EU:C:2015:803, punti 29 e 30).

226    Per altro verso, dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 212 risulta che il rispetto del legittimo affidamento costituisce uno dei requisiti che devono essere soddisfatti affinché un atto dell’Unione possa avere, nel rispetto del principio di certezza del diritto, efficacia retroattiva.

227    Infine, secondo la giurisprudenza, le condizioni giurisprudenziali relative all’esistenza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti al fine di dimostrare l’esistenza di un legittimo affidamento riguardano soltanto la situazione in cui si trova un singolo qualora un atto gli venga applicato con effetto immediato, e non con effetto retroattivo (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2010, UAMI/Simões Dos Santos, T‑260/09 P, EU:T:2010:461, punto 64). Ciò è giustificato dal fatto che, essendo ammessa solo eccezionalmente la retroattività di un atto dell’Unione, non si può esigere che un singolo fornisca la prova di aver ricevuto assicurazioni quanto al fatto che la sua situazione giuridica non sarebbe stata modificata retroattivamente.

228    Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, non è necessario che il ricorrente sia stato il destinatario di atti costitutivi di diritti soggettivi affinché egli possa invocare la tutela del suo legittimo affidamento.

229    A sostegno della sua posizione il Consiglio non può fondarsi sulla sentenza del 14 settembre 2017, Petrea (C‑184/16, EU:C:2017:684, punti 31 e segg.), né sulle conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Petrea (C‑184/16, EU:C:2017:324, paragrafi 61 e seguenti).

230    In tale causa, la Corte era stata investita di una domanda di pronuncia pregiudiziale volta a stabilire se il ritiro di un attestato di iscrizione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU 2014, L 305, pag. 116) potesse violare il principio di tutela del legittimo affidamento di colui che si era visto rilasciare un siffatto attestato.

231    In sostanza la Corte, confermando la posizione dell’avvocato generale Szpunar, ha stabilito che un atto dichiarativo, quale l’attestato di iscrizione, non può di per sé determinare il sorgere di un legittimo affidamento dell’interessato circa il proprio diritto di soggiorno sul territorio dello Stato membro in questione (sentenza del 14 settembre 2017, Petrea, C‑184/16, EU:C:2017:684, punto 35).

232    Per analogia, il Consiglio ritiene che le informazioni relative all’identità della persona interessata dall’inserimento negli elenchi in questione abbiano valore meramente dichiarativo e, in quanto tali, non possano far sorgere diritti soggettivi.

233    Così facendo, il Consiglio muove dall’erronea premessa secondo cui, per trovare applicazione, il principio di tutela del legittimo affidamento presupporrebbe sempre l’adozione di atti costitutivi di diritti soggettivi. Orbene, tale requisito non risulta dalla giurisprudenza e, in particolare, dalla sentenza del 14 settembre 2017, Petrea (C‑184/16, EU:C:2017:684). Infatti, se è vero che la Corte ivi stabilisce che, di per sé, l’attestato di iscrizione non può fondare un legittimo affidamento dell’interessato dal momento che si tratta di un atto dichiarativo, è giocoforza constatare che essa aggiunge, al punto 36 di detta sentenza, che, peraltro, nella causa di cui al procedimento principale, nessuna delle circostanze descritte nella decisione di rinvio consente di ritenere che le autorità competenti avessero fatto sorgere, in virtù di precise assicurazioni da esse fornite, aspettative relative al diritto di soggiorno dell’interessato. Ne consegue quindi che, ben lungi dall’escludere la possibilità che l’interessato avesse potuto ricevere, sotto qualsiasi forma, assicurazioni da parte delle autorità competenti tali da far sorgere in lui talune aspettative, la Corte ha ammesso una siffatta possibilità e ha verificato se essa ricorresse nel caso di specie.

234    In terzo luogo, si deve pertanto verificare se il Consiglio abbia rispettato il legittimo affidamento del ricorrente.

235    Al riguardo, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 227 si deve desumere che non spetta al ricorrente provare di aver ricevuto assicurazioni precise, incondizionate e concordanti tali da dimostrare l’esistenza di un legittimo affidamento in capo ad esso in ordine al fatto che il Consiglio non avrebbe adottato atti di portata retroattiva, bensì spetta al giudice verificare che gli atti del 2021 siano stati adottati nel rispetto del legittimo affidamento del ricorrente.

236    Tale analisi impone di tener conto di tutte le circostanze del caso di specie.

237    Orbene, dalle lettere del 28 ottobre 2011, del 15 novembre 2011 e del 6 maggio 2013, inviate dal Consiglio ai rappresentanti del ricorrente e dall’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio nell’ambito della causa che ha dato luogo all’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), risulta che il Consiglio ha affermato, senza riserve, che il ricorrente non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Tale affermazione è stata confermata dall’adozione degli atti del novembre 2011, nonché delle rettifiche del 2013 (v. punto 24 supra) e del 2019. Occorre sottolineare al riguardo che il Consiglio non ha mai chiesto ai rappresentanti del ricorrente ulteriori informazioni identificative che lo riguardassero e che esso non afferma che il ricorrente gli abbia occultato informazioni. In altri termini, fino all’invio della lettera del 12 febbraio 2021 il Consiglio non ha espresso alcun dubbio sul fatto che il ricorrente non fosse la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

238    Il Consiglio ha pertanto dichiarato a più riprese al ricorrente che egli non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

239    In proposito, il Consiglio tenta di affermare che qualsiasi conclusione relativa all’identità di una persona colpita da misure restrittive ha un mero valore dichiarativo e tenta di stabilire un’analogia tra la presente situazione e quella della causa che ha dato origine alla sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio (T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punti 38 e 39). Tuttavia, in quest’ultima causa il Tribunale doveva affrontare la questione della ricevibilità di domande di adeguamento delle conclusioni depositate dal ricorrente riguardo a una lettera inviata dal Consiglio, con la quale quest’ultimo precisava di confermare il suo punto di vista quanto al fatto che il ricorrente continuava a soddisfare i criteri previsti dalla sua decisione 2014/145/PESC, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 16), e dal suo regolamento (UE) n. 269/2014, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6), e che le misure restrittive dovevano essere mantenute nei suoi confronti. Esso ha respinto in quanto irricevibili dette domande di adeguamento rilevando che la lettera di cui trattasi si limitava a confermare la valutazione del Consiglio e non era intesa né a sostituire, né a modificare i motivi di inserimento contenuti nella sua decisione (PESC) 2015/432, del 13 marzo 2015, che modifica la decisione 2014/145 (GU 2015, L 70, pag. 47), e che prorogava le misure restrittive in questione fino al 15 settembre 2015, e nel suo regolamento di esecuzione (UE) 2015/427, del 13 marzo 2015, che attua il regolamento n. 269/2014 (GU 2015, L 70, pag. 1).

240    Orbene, nel caso di specie, il ricorrente non mira ad ottenere l’annullamento delle lettere che gli sono state inviate dal Consiglio, ma le invoca per dimostrare che il Consiglio ha ingenerato in lui il legittimo affidamento sul fatto che detta istituzione non lo considerava come la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Pertanto, anche ritendendo che dette lettere si limitino a confermare i diversi atti adottati dal Consiglio, resta il fatto che esse hanno contribuito a ingenerare in capo al ricorrente, unitamente a detti atti, la fondata aspettativa di non essere la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione. Pertanto, in ragione della combinazione tra tali lettere, che confermavano o annunciavano gli atti adottati dal Consiglio, e il carattere eccezionale della retroattività degli atti dell’Unione, il ricorrente poteva legittimamente attendersi di non essere associato retroattivamente alla persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

241    Da quanto precede risulta che il Consiglio non ha rispettato il legittimo affidamento del ricorrente adottando nei suoi confronti misure restrittive con effetto retroattivo.

242    Tale conclusione non può essere messa in discussione dagli ulteriori argomenti del Consiglio.

243    In primis, il Consiglio ritiene che qualsiasi conclusione relativa all’identità di una persona oggetto di un’iscrizione sia fondata sugli elementi di fatto contenuti nel fascicolo che consentono ad esso e alle autorità che attuano misure restrittive di identificare la persona oggetto di un’iscrizione. In altri termini, secondo il Consiglio, la sua posizione quanto all’identità di una persona può cambiare in considerazione delle informazioni in suo possesso.

244    Certamente, da un lato, è ammissibile che il Consiglio possa comprovare l’identità delle persone e delle entità nei cui confronti egli adotta misure restrittive in modo giuridicamente sufficiente (v. sentenza del 9 settembre 2016, Tri Ocean Energy/Consiglio, T‑719/14, non pubblicata, EU:T:2016:458, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). In tal modo, il giudice dell’Unione ha tenuto conto della difficoltà di ottenere prove più precise in uno Stato in situazione di guerra civile retto da un regime di natura autoritaria. In simili circostanze, si deve ammettere la possibilità che il Consiglio possa cambiare opinione per quanto riguarda l’identità di una persona o di un’entità in funzione degli elementi di prova di cui dispone.

245    D’altro lato, come precisato al precedente punto 219, occorre riconoscere la possibilità che il Consiglio corregga l’errore commesso in merito all’identità di una persona e consentirgli, pertanto, di chiarire la situazione di una persona o di un’entità.

246    Tuttavia, il diritto riconosciuto al Consiglio al precedente punto 219 è accompagnato da limiti, vale a dire il rispetto del principio di tutela del legittimo affidamento, che è tanto più importante osservare in quanto le conseguenze sulla situazione giuridica delle persone ed entità interessate da misure restrittive non sono trascurabili.

247    A questo proposito occorre peraltro ricordare che, secondo la giurisprudenza, benché le misure restrittive non costituiscano una sanzione penale, spetta al Consiglio, conformemente alla giurisprudenza richiamata ai precedenti punti 70 e 71, dimostrare in modo giuridicamente sufficiente l’identità delle persone e delle entità nei confronti delle quali egli adotta misure restrittive. Ciò è importante in quanto, in materia di misure restrittive, l’individuazione in modo giuridicamente sufficiente dei destinatari degli atti ad opera del Consiglio costituisce un presupposto per la loro iscrizione e per l’esame concreto dei fatti controversi (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2020, Haikal/Consiglio, T‑189/19, non pubblicata, EU:T:2020:607, punto 102).

248    Peraltro, questo tipo di errori dovrebbe restare quanto più limitato possibile, essendovi altrimenti il rischio di vanificare l’effetto utile delle misure restrittive e di compromettere l’obiettivo del regime giuridico istituito dall’Unione, vale a dire esercitare pressione sul regime siriano impedendone il finanziamento.

249    Pertanto, sebbene il Consiglio abbia il diritto di correggere retroattivamente un errore commesso nell’identificazione di una persona sottoposta a misure restrittive, esso non può agire senza rispettare il principio di tutela del legittimo affidamento. La sua argomentazione va quindi respinta.

250    In secondo luogo, il Consiglio afferma che la sua opinione erronea in ordine all’identità della persona di cui alla riga 36 degli elenchi in questione non derivava da una carenza di informazioni circa l’identità di tale persona, ma era piuttosto dovuta alla carenza di informazioni sull’identità del ricorrente.

251    Tuttavia, anche volendo accettare l’argomento del Consiglio, quest’ultimo non menziona alcuna lettera inviata ai rappresentanti del ricorrente al fine di chiarire la situazione. Orbene, tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, i capitali del ricorrente erano stati temporaneamente congelati nel 2011 e nuovamente nel 2015 da una banca svizzera, come ricordato al precedente punto 205, il Consiglio avrebbe già dovuto avvalersi dei mezzi a sua disposizione in quel momento per chiarire la situazione se riteneva di non avere sufficienti informazioni sull’identità del ricorrente. In definitiva, solo dopo aver ricevuto la lettera del 23 giugno 2020, con la quale veniva informato del fatto che il Ministro francese dell’Economia e delle Finanze aveva adottato la decisione francese del 12 febbraio 2020 al fine di congelare i capitali detenuti dal ricorrente in Francia, il Consiglio ha cercato di ottenere maggiori informazioni.

252    Peraltro, a causa dell’adozione di tale decisione da parte delle autorità francesi, il Consiglio non può validamente sostenere che l’errore da esso commesso sia stato favorevole al ricorrente per la ragione che nessuna misura restrittiva avrebbe prodotto i suoi effetti fino all’adozione degli atti del 2021. Infatti, non solo ciò è parzialmente inesatto, poiché le autorità francesi hanno effettivamente congelato i capitali che il ricorrente deteneva in Francia basandosi sugli atti del 2019, ma, soprattutto, l’errore commesso dal Consiglio e che ha alimentato un legittimo affidamento in capo al ricorrente quanto al fatto che egli non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione non lo ha indotto a proporre, nel corso del periodo di dieci anni precedente all’adozione degli atti del 2021, alcun ricorso al fine di ottenere l’annullamento dei vari atti che hanno iscritto e mantenuto il suo nome. Del resto, la possibilità che il ricorrente proponesse taluni ricorsi qualora avesse saputo di essere oggetto degli atti anteriori a quelli del 2021 non è, nel caso di specie, meramente ipotetica, dal momento che il ricorrente aveva proposto un ricorso contro gli atti del 2011 e ha regolarmente scritto al Consiglio al fine di ottenere la conferma di non essere la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

253    L’argomentazione del Consiglio deve quindi essere respinta.

254    Di conseguenza, si deve riconoscere che vi è stata una violazione del legittimo affidamento del ricorrente, nonché una violazione del principio di certezza del diritto e, pertanto, il secondo e il terzo motivo devono essere accolti.

E.      Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’autorità di cosa giudicata

255    Il ricorrente deduce, in sostanza, che la questione dell’identità della persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione è stata risolta con l’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266). Inoltre, esso asserisce che è su esplicita richiesta del Consiglio che il Tribunale ha pronunciato tale decisione, mentre egli aveva adito il Tribunale affinché venisse precisato, nei confronti dei terzi, che egli non era oggetto di misure restrittive. A suo avviso, il Consiglio non può mettere in discussione tale circostanza adottando gli atti impugnati.

256    Il Consiglio ritiene che l’autorità di cosa giudicata di una decisione del giudice dell’Unione che respinge un ricorso precedente possa unicamente ostare alla ricevibilità di un secondo ricorso. Pertanto, gli argomenti del ricorrente relativi all’autorità di cosa giudicata di una decisione vertente sulla ricevibilità nell’ambito del procedimento avviato nel 2011, con i quali egli tenta di impedire al Tribunale di esaminare la presente causa nel merito, dovrebbero essere respinti.

257    Occorre ricordare l’importanza che riveste, sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio dell’autorità di cosa giudicata. Infatti, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione (sentenza del 30 settembre 2003, Köbler, C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 38).

258    Il principale obiettivo perseguito è quello di impedire che nell’ordinamento giuridico dell’Unione coesistano decisioni contrarie o addirittura incompatibili quanto ai loro effetti. Per tale motivo, un ricorso è irricevibile in ragione dell’autorità di cosa giudicata insita in una sentenza che ha deciso un ricorso che ha opposto le stesse parti, ha avuto lo stesso oggetto ed è stato fondato sui medesimi motivi (sentenze del 19 settembre 1985, Hoogovens Groep/Commissione, 172/83 e 226/83, EU:C:1985:355, punto 9; del 5 giugno 1996, NMB France e a./Commissione, T‑162/94, EU:T:1996:71, punto 37, e del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, EU:T:2010:255, punto 197).

259    In questo senso, l’autorità di cosa giudicata copre non solo il dispositivo della decisione giurisdizionale, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punto 81, e del 1º luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punti 113 e 140).

260    Nel caso di specie, le parti controvertono sulla portata da attribuire all’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266).

261    Va osservato che, nel caso di specie, non si tratta di determinare l’irricevibilità di un ricorso proposto contro atti la cui legittimità sia stata, in tutto o in parte, esaminata dal Tribunale, bensì di sapere se il Consiglio fosse vincolato dall’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), quando ha adottato gli atti impugnati.

262    In proposito, come ricordato al precedente punto 58, il presente ricorso non ha ad oggetto l’annullamento degli atti del 2011, bensì unicamente quello degli atti impugnati, adottati il 6 maggio 2021 e il 30 maggio 2022.

263    Tuttavia, dal momento che gli atti del 2021 hanno effetto retroattivo e gli atti di mantenimento del 2022 continuano ad indicare che la data di inserimento iniziale del nome del ricorrente negli elenchi in questione è il 23 agosto 2011, emerge una contraddizione, atteso che, da un lato, esiste una decisione giurisdizionale divenuta definitiva che riconosce che il ricorrente non è la persona indicata negli atti del 2011 e che, dall’altro, taluni atti del Consiglio, adottati successivamente, indicano il contrario.

264    Orbene, affermando, negli atti impugnati, che il ricorrente era oggetto degli atti del 2011, il Consiglio viola il principio dell’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266). Infatti, in tal modo, fa coesistere nell’ordinamento giuridico dell’Unione una decisione e taluni atti che sono contrari, se non addirittura incompatibili quanto ai loro effetti.

265    Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento del Consiglio, a sostegno del quale esso invoca la sentenza del 13 febbraio 2003, Meyer/Commissione (T‑333/01, EU:T:2003:32).

266    Dai punti 25 e 27 della sentenza del 13 febbraio 2003, Meyer/Commissione (T‑333/01, EU:T:2003:32) risulta che il Tribunale ha dichiarato che, nell’ambito della causa che ha dato origine all’ordinanza del 10 aprile 2000, Meyer/Commissione e BEI (T‑361/99, EU:T:2000:107), non avendo trattato il merito della causa, non si era pronunciato su nessun punto in fatto o in diritto al quale esso potesse essere vincolato nel contesto del procedimento in questione, cosicché l’argomento vertente sull’autorità di cosa giudicata doveva essere respinto.

267    Il Consiglio ne deduce che, analogamente, occorrerebbe non prendere in considerazione l’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), poiché essa ha trattato solo la ricevibilità del ricorso proposto dal ricorrente avverso gli atti del 2011.

268    Orbene, il semplice fatto che la questione dell’identità del ricorrente sia stata risolta nell’ambito dell’esame della ricevibilità del ricorso e non in quello del merito è irrilevante. Invero, nell’ambito della valutazione dell’autorità di cosa giudicata attribuita ad una decisione del giudice dell’Unione, ciò che conta è unicamente se il Tribunale abbia fornito una risposta definitiva ad un determinato quesito. Pertanto, l’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), non può essere esclusa per il solo fatto che si tratta di un’ordinanza di irricevibilità.

269    Per contro, occorre rilevare che il Consiglio ha violato l’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), solo per quanto riguarda gli atti del 2011. Infatti, è solo con riferimento a tali atti che il Tribunale ha dichiarato che il ricorrente non era la persona indicata alla riga 36 degli elenchi in questione.

270    Orbene, occorre ricordare che, come giustamente sostenuto dal Consiglio, il principio dell’autorità di cosa giudicata non può essere esteso in modo tale da far sì che un’ordinanza disciplini questioni relative ad un altro complesso di atti giuridici, adottati sulla base di altri elementi di prova e vertenti su diversi atti di base (v., in tal senso, sentenze del 29 novembre 2018, Bank Tejarat/Consiglio, C‑248/17 P, EU:C:2018:967, punto 76, e del 23 settembre 2020, Kaddour/Consiglio, T‑510/18, EU:T:2020:436, punto 92).

271    Di conseguenza, il ricorrente non può validamente sostenere che gli atti impugnati siano stati adottati in violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata, fatta eccezione per gli atti del 2011.

272    Al riguardo, se è vero, come sostiene il ricorrente, che la questione dell’identità di una persona può, in linea di principio, ricevere un’unica risposta e non può modificarsi nel tempo, occorre ricordare, come menzionato al precedente punto 244, che, in materia di misure restrittive nei confronti della Siria, il Consiglio può dimostrare in modo giuridicamente sufficiente l’identità delle persone e delle entità nei confronti delle quali adotta misure restrittive. Dal momento che, inoltre, è stato accertato, al precedente punto 219, che il Consiglio aveva la possibilità di correggere l’errore commesso riguardo all’identità di una persona, occorre confermare che l’autorità di cosa giudicata attribuita all’ordinanza del 24 maggio 2012, Assaad/Consiglio (T‑550/11, non pubblicata, EU:T:2012:266), non può essere estesa ad atti fondati su elementi di prova di cui il Consiglio non era in possesso al momento dell’adozione degli atti del 2011.

273    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che il quinto motivo è accolto nei limiti in cui gli atti impugnati stabiliscono che il ricorrente era oggetto degli atti del 2011.

274    Poiché, peraltro, il primo, il secondo e il terzo motivo sono stati accolti, occorre annullare gli atti impugnati, senza che sia necessario analizzare il quarto motivo, vertente su un «abuso di potere».

F.      Sull’efficacia nel tempo dell’annullamento degli atti impugnati

275    Il Consiglio ha chiesto, nell’ambito del suo terzo capo delle conclusioni, che, qualora il Tribunale dovesse annullare gli atti impugnati nella parte riguardante il ricorrente, esso disponesse altresì il mantenimento degli effetti della decisione 2022/849 per quanto riguarda il ricorrente fino a quando l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2022/840 abbia effetto.

276    Anzitutto, per quanto riguarda il regolamento di esecuzione 2022/840, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in deroga all’articolo 280 TFUE, le decisioni del Tribunale che annullano un regolamento hanno effetto soltanto a decorrere dalla scadenza del termine di impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, di detto Statuto o, se entro tale termine è stata proposta impugnazione, a decorrere dal relativo rigetto.

277    In tali circostanze, in assenza di impugnazione, il Consiglio dispone di un termine di due mesi, aumentato del termine di dieci giorni in ragione della distanza, a partire dalla notifica della presente sentenza, per porre rimedio alle violazioni accertate, adottando, eventualmente, nuove misure restrittive nei confronti del ricorrente.

278    Per contro, per quanto riguarda la decisione 2022/849, occorre constatare che, in linea di principio, il suo annullamento dovrebbe comportare la scomparsa dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco di cui all’allegato I della decisione 2013/255.

279    Tuttavia, l’esistenza di una differenza tra la data in cui produce effetto l’annullamento del regolamento di esecuzione 2022/840 e quella in cui produce effetto l’annullamento della decisione 2022/849 potrebbe compromettere gravemente la certezza del diritto, poiché questi due atti infliggono al ricorrente misure identiche (v., in tal senso, sentenza del 28 settembre 2022, LAICO/Consiglio, T‑627/20, non pubblicata, EU:T:2022:590, punto 106).

280    Ne consegue che gli effetti della decisione 2022/849 devono essere mantenuti nei confronti del ricorrente fino alla data di scadenza del termine di impugnazione ovvero, se entro tale termine è stata proposta impugnazione, fino all’eventuale rigetto della stessa.

 Sulle spese

281    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

282    Nel caso di specie, il Consiglio, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione di esecuzione (PESC) 2021/751 del Consiglio, del 6 maggio 2021, che attua la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria, il regolamento di esecuzione (UE) 2021/743 del Consiglio, del 6 maggio 2021, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria, la decisione (PESC) 2022/849 del Consiglio, del 30 maggio 2022, che modifica la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e il regolamento di esecuzione (UE) 2022/840 del Consiglio, del 30 maggio 2022, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria sono annullati per la parte in cui essi riguardano il sig. Nizar Assaad.

2)      Gli effetti della decisione 2022/849 sono mantenuti nei confronti del sig. Assaad fino alla data di scadenza del termine di impugnazione o, se entro tale termine è stata proposta impugnazione, fino all’eventuale rigetto della stessa.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

Gervasoni

Madise

Nihoul

Frendo

 

      Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 marzo 2023.

Firme


Indice


I. Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sull’oggetto e sulla portata del presente ricorso

B. Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti dal ricorrente nell’ambito della replica

C. Sul primo motivo, vertente su errori di valutazione

1. Considerazioni preliminari

2. Sui motivi di inserimento e sulla determinazione dei criteri di inserimento

3. Sugli elementi di prova

4. Sull’affidabilità e sulla pertinenza degli elementi di prova

5. Sui motivi di inserimento

a) Sullo status di imprenditore di spicco che opera in Siria

1) Sugli interessi economici del ricorrente

2) Sulle cariche del ricorrente in taluni organismi legati al commercio

3) Conclusione sullo status del ricorrente quale imprenditore di spicco che opera in Siria

b) Sui legami con i membri delle famiglie Assad e Makhlouf

1) Sui legami con taluni membri della famiglia Makhlouf

2) Sui legami del ricorrente con taluni membri della famiglia Assad

3) Conclusione quanto ai legami del ricorrente con taluni membri delle famiglie Makhlouf e Assad

c) Sull’associazione con il regime siriano

6. Conclusione sul primo motivo, vertente su taluni errori di valutazione

D. Sul secondo motivo, vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, e sul terzo motivo, vertente su una violazione del principio della certezza del diritto

1. Sulla ricevibilità del terzo motivo

2. Sulla fondatezza del secondo e del terzo motivo

a) Sulla retroattività degli atti impugnati

b) Sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento

1) Sull’esistenza di un interesse generale

2) Sull’esistenza di un legittimo affidamento in capo al ricorrente

E. Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’autorità di cosa giudicata

F. Sull’efficacia nel tempo dell’annullamento degli atti impugnati

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.