Language of document : ECLI:EU:T:2019:298

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

8 maggio 2019 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Annullamento parziale della decisione della Commissione – Rigetto di una domanda diretta ad ottenere il rimborso dell’ammenda versata in esecuzione della decisione parzialmente annullata – Rigetto di una domanda diretta a poter partecipare al procedimento amministrativo riaperto a seguito dell’annullamento parziale della decisione – Diritti della difesa – Atto inesistente – Responsabilità extracontrattuale – Prescrizione»

Nella causa T‑185/18,

Lucchini SpA in AS, con sede in Piombino (Italia), rappresentata da G. Belotti, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Rossi, G. Conte e T. Vecchi, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta ad ottenere l’annullamento della lettera della Commissione, datata 17 gennaio 2018, che respinge la richiesta della ricorrente di restituirle l’ammenda, per un importo di EUR 14 350 000, irrogatale con la decisione C(2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad una violazione dell’articolo 65 del trattato CECA, conformemente all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), nonché della lettera della Commissione in data 9 marzo 2018, che respinge la richiesta della ricorrente di essere ammessa a partecipare alla ripresa del procedimento nello stesso caso e, d’altro lato, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del danno che la ricorrente asserisce di aver subito a causa della violazione dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea commessa dalla Commissione nel procedimento conclusosi con l’adozione della suddetta decisione,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, S. Papasavvas e O. Spineanu‑Matei, giudici

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, Lucchini SpA in AS, è succeduta alla Lucchini SpA, società per azioni di diritto italiano che è stata posta in amministrazione straordinaria.

2        Con la decisione C(2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), la Commissione ha constatato che le imprese destinatarie di tale decisione avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano dei tondi per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA. In tale decisione, la Commissione ha inflitto in solido alla SP SpA e alla Lucchini un’ammenda di EUR 16,14 milioni.

3        Il 5 marzo 2003 la Lucchini ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale avverso la decisione del 2002.

4        Con sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione (T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, EU:T:2007:317), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Esso ha rilevato che, tenuto conto, in particolare, del fatto che tale decisione non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la stessa decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA. Poiché tali disposizioni erano venute a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse – ormai decadute al momento dell’adozione della decisione di cui trattasi – alcuna competenza a constatare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione.

5        Con la decisione C(2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), come modificata dalla decisione C(2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione del 2009»), la Lucchini è stata condannata a pagare un’ammenda di EUR 14,35 milioni per aver partecipato, con altre imprese, ad un’intesa nel settore dei tondi per cemento.

6        Il 19 febbraio 2010 la Lucchini ha proposto un ricorso avverso la decisione del 2009. Il 10 marzo 2010, essa ha pagato l’ammenda che le era stata inflitta.

7        Con sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), il Tribunale ha respinto il ricorso della Lucchini, che, nel frattempo, era stata posta in amministrazione straordinaria.

8        La ricorrente non ha proposto ricorso avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033). Gli altri destinatari della decisione del 2009 hanno invece impugnato dinanzi alla Corte di giustizia le sentenze del 9 dicembre 2014, Feralpi/Commissione (T‑70/10, non pubblicata, EU:T:2014:1031), del 9 dicembre 2014, Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑92/10, non pubblicata, EU:T:2014:1032), del 9 dicembre 2014, Riva Fire/Commissione (T‑83/10, non pubblicata, EU:T:2014:1034), del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035), e del 9 dicembre 2014, Alfa Acciai/Commissione (T‑85/10, non pubblicata, EU:T:2014:1037), con le quali il Tribunale aveva respinto, in tutto o in larga parte, il loro ricorso di annullamento.

9        Con le sentenze del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), del 21 settembre 2017, Riva Fire/Commissione (C‑89/15 P, EU:C:2017:713), del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716) e del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717) (in prosieguo, considerate congiuntamente, le «sentenze della Corte del 2017»), la Corte ha annullato le sentenze citate al precedente punto 8 e le parti del dispositivo della decisione del 2009, nei limiti in cui riguardavano le imprese che avevano impugnato tali sentenze. Essa ha dichiarato che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel ritenere che la Commissione non fosse obbligata, prima dell’adozione della suddetta decisione, ad organizzare una nuova audizione alla quale dovevano essere invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. A suo giudizio, siffatta omissione costituiva una violazione delle forme sostanziali, che aveva viziato il procedimento conclusosi con l’adozione di detta decisione.

10      Con lettera del 24 novembre 2017, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di riconsiderare la sua situazione alla luce delle sentenze della Corte del 2017 e di rimborsarle l’importo dell’ammenda pagata dalla Lucchini in esecuzione della decisione del 2009.

11      Con lettera in data 17 gennaio 2018 (in prosieguo: la «prima lettera impugnata») la Commissione ha respinto tale richiesta. Essa ha sostenuto che il rigetto, da parte del Tribunale, del ricorso della ricorrente con la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), aveva avuto l’effetto, in mancanza di impugnazione della sentenza, di rendere definitivi gli accertamenti contenuti nella decisione del 2009 relativamente alla ricorrente, giacché le sentenze della Corte del 2017 non avevano annullato tale decisione nei confronti di quest’ultima.

12      In parallelo, in seguito all’annullamento della decisione del 2009 nelle parti in cui riguardava le imprese che avevano presentato impugnazione dinanzi alla Corte, la Commissione ha riavviato il procedimento amministrativo nei loro confronti, invitandole a presentare le loro eventuali osservazioni, per iscritto e nel corso di un’eventuale nuova audizione.

13      Con lettera del 6 marzo 2018, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di invitarla all’audizione che avrebbe eventualmente fissato nell’ambito del procedimento amministrativo facente seguito all’annullamento parziale della decisione del 2009.

14      Con lettera in data 9 marzo 2018 (in prosieguo: la «seconda lettera impugnata») la Commissione ha respinto tale richiesta. Da un lato, essa ha ribadito che la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), era divenuta res iudicata. D’altro lato, essa ha osservato che non esisteva alcuna base giuridica che conferisse alla ricorrente la facoltà o il diritto di essere invitata all’audizione organizzata per le altre parti, nei cui confronti il procedimento amministrativo era ripreso a seguito dell’annullamento parziale della decisione del 2009.

 Procedimento e conclusioni delle parti

15      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 marzo 2018 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

16      La fase scritta del procedimento si è conclusa il 7 settembre 2018.

17      In forza dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, in assenza di domanda di fissazione dell’udienza di discussione presentata dalle parti principali entro un termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, il Tribunale può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale del procedimento. Nel caso di specie, il Tribunale, ritenendo di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa, ha deciso, in assenza di siffatta domanda, di statuire senza la fase orale del procedimento.

18      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la prima lettera impugnata, ordinando contestualmente alla Commissione di restituirle l’importo dell’ammenda già versata, oltre agli interessi maturati;

–        annullare la seconda lettera impugnata, ordinando alla Commissione di ammetterla al procedimento COMP/37.956, ove quest’ultimo venisse riaperto;

–        in via subordinata, disporre il risarcimento a favore della ricorrente per somma non inferiore a EUR 10 milioni o quell’altra che sarà determinata in corso di causa o reputata equa dal Tribunale;

–        condannare la Commissione alle spese.

19      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

20      Con il presente ricorso, la ricorrente chiede, in via principale, l’annullamento della prima lettera impugnata e della seconda lettera impugnata e, in subordine, il risarcimento dei danni.

 Sulla domanda di annullamento

 Sulla ricevibilità

21      La Commissione, senza sollevare formalmente un’eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura, eccepisce l’irricevibilità parziale del ricorso.

22      La Commissione sostiene, in primo luogo, che è irricevibile il ricorso della ricorrente, sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, relativamente alla seconda lettera impugnata e, dall’altro, che i capi primo e secondo delle conclusioni sono manifestamente irricevibili.

23      La ricorrente replica, in primo luogo, che la seconda lettera impugnata è un atto definitivo e autonomo, in grado di produrre effetti nei suoi confronti e che la domanda di annullamento di tale lettera è, perciò, ricevibile. D’altro lato, essa fa valere, in sostanza, che il primo e il secondo capo delle conclusioni sono ricevibili, in quanto essi sono stati sollevati nell’ambito di un ricorso diretto ad ottenere, nel contempo, l’annullamento della prima lettera impugnata e della seconda lettera impugnata e la condanna della Commissione a risarcirle il danno che essa asserisce di aver subito.

24      A tal riguardo, si deve ricordare che il giudice dell’Unione può legittimamente valutare, in considerazione delle circostanze del caso di specie, se la corretta amministrazione della giustizia giustifichi il rigetto del ricorso nel merito, senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità (v., in questo senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).

25      Nelle circostanze del caso di specie, e in un’ottica di economia processuale, occorre esaminare il ricorso nel merito, senza statuire preliminarmente né sulla sua ricevibilità per quanto riguarda la seconda lettera impugnata, né su quella dei primi due capi delle conclusioni, giacché il ricorso è, in ogni caso e per i motivi esposti qui di seguito, infondato.

 Nel merito

26      Nel contesto della domanda di annullamento, la ricorrente deduce un unico motivo. Essa sostiene, in sostanza, che, disattendendo le disposizioni pertinenti del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18) nel procedimento conclusosi con l’adozione della decisione del 2009, come è stato constatato nelle sentenze della Corte del 2017, la Commissione avrebbe violato i suoi diritti della difesa e il diritto ad una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Più specificamente, la circostanza che la Commissione non abbia organizzato l’audizione alla quale, conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, sono invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, vizierebbe la decisione stessa di un’irregolarità la cui gravità sarebbe così evidente da non poter essere tollerata dall’ordinamento giuridico dell’Unione, cosicché si dovrebbe ritenere che essa non abbia prodotto alcun effetto giuridico, neppure provvisorio, ossia dovrebbe essere considerata giuridicamente inesistente.

27      Secondo la ricorrente, se è vero che la gravità delle conseguenze che si ricollegano all’accertamento dell’inesistenza di un atto delle istituzioni esige che, per ragioni di certezza del diritto, l’inesistenza venga constatata soltanto in ipotesi del tutto estreme, un’ipotesi del genere ricorrerebbe nel caso della decisione del 2009, annullata dalla Corte, con le sentenze del 2017, per violazione del diritto dei destinatari all’audizione prevista dal regolamento n. 773/2004 e ciò senza che sia necessario dimostrare che tale violazione abbia potuto influenzare lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione stessa. Peraltro, non si potrebbe escludere che l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso se non si fosse prodotta tale violazione.

28      A tale riguardo, la ricorrente sostiene che, allorché la violazione di una disposizione regolamentare comporta la violazione di un diritto fondamentale, essa provocherà la nullità o l’inesistenza dell’atto impugnato. Poiché il motivo della nullità parziale della decisione 2009 sarebbe connesso alla violazione di un diritto fondamentale, tale decisione dovrebbe essere considerata inesistente e, di conseguenza, nulla e non avvenuta ad ogni effetto e erga omnes.

29      Di conseguenza, rifiutandosi di restituirle l’importo dell’ammenda pagata dalla Lucchini e di ammetterla a partecipare all’eventuale ripresa del procedimento amministrativo, per il motivo che la ricorrente non aveva impugnato la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini Siderurgica/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), la Commissione non avrebbe tenuto conto della distinzione tra atti nulli e atti inesistenti e del fatto che la dichiarazione di nullità di un atto produce effetti erga omnes. Così facendo, la Commissione sarebbe venuta meno ai propri obblighi.

30      Inoltre, la Commissione non potrebbe invocare la giurisprudenza relativa all’intangibilità delle sue decisioni ormai non più impugnabili, in quanto tale giurisprudenza riguarda solo procedimenti definitivamente chiusi, mentre, nel caso di specie, il procedimento dovrà necessariamente essere riaperto nei confronti di tutte le imprese coinvolte i cui diritti fondamentali sono stati violati nello stesso identico modo. Ciò sarebbe a maggior ragione vero, giacché quella stessa giurisprudenza avrebbe riconosciuto che potevano esserci casi in cui la Commissione doveva riesaminare la posizione dell’impresa terza rispetto a un provvedimento giudiziario che non la riguardava.

31      Nella replica, la ricorrente sostiene, inoltre, che anche se non è stata parte nelle impugnazioni che hanno dato luogo alle sentenze della Corte del 2017, essa è direttamente e individualmente coinvolta dal giudicato di tali sentenze per il fatto che, in primo luogo, le decisioni individuali annullate dalle suddette sentenze e quelle che non sono state oggetto di un’impugnazione dinanzi alla Corte sono state adottate in esito al medesimo procedimento amministrativo, in secondo luogo, essa si è vista imporre una sanzione per le medesime infrazioni, il cui accertamento nei confronti delle imprese che hanno proposto impugnazione era stato annullato da tali sentenze, e, in terzo luogo, le decisioni individuali prese nei confronti delle altre parti del medesimo procedimento si basavano sugli stessi accertamenti di fatto e sulle stesse considerazioni economiche e giuridiche invalidate dalle sentenze in questione. Di conseguenza, essa ritiene che, tenuto conto delle sue domande, la Commissione avrebbe dovuto, in particolare ai sensi dell’articolo 41 della Carta, esaminare la situazione nei suoi confronti, in quanto essa aveva proposto un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale, senza tuttavia impugnare la sentenza emessa da quest’ultimo. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, nelle sentenze di cui trattasi la Corte non avrebbe esaminato la questione dell’inesistenza della decisione del 2009, in quanto ciò non era necessario per pronunciarsi sulla fondatezza delle impugnazioni.

32      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

33      Occorre ricordare, preliminarmente, che una decisione adottata in materia di concorrenza nei confronti di diverse imprese, benché redatta e pubblicata sotto forma di decisione unica, deve essere considerata come un complesso di decisioni individuali che accertano, nei confronti di ciascuna impresa destinataria, la sussistenza della o delle infrazioni addebitatele, infliggendole, se del caso, un’ammenda (v., in tal senso, sentenze del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 49, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc., EU:C:2002:582, punto 100).

34      La Corte ha dichiarato che, allorché un destinatario di una decisione decida di proporre ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione è investito dei soli elementi della decisione che lo riguardano, mentre quelli riguardanti altri destinatari non rientrano nell’oggetto della controversia che il giudice dell’Unione è chiamato a risolvere (sentenze del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 53; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punto 142, e dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 66).

35      Di conseguenza, la Corte ha considerato che, in linea di principio, l’autorità assoluta di cui gode una sentenza di annullamento di un giudice dell’Unione inerisce tanto al dispositivo quanto alla motivazione della sentenza e non può comportare l’annullamento di un atto non deferito alla censura del giudice dell’Unione che sia viziato dalla stessa illegittimità. L’autorità di un punto della motivazione di una sentenza di annullamento non può infatti applicarsi alla sorte di soggetti che non siano stati parti processuali e nei confronti dei quali la sentenza non può pertanto aver deciso alcunché (v., in questo senso, sentenza del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, Racc., EU:C:1999:407, punti 54 e 55).

36      A tal proposito è stato anche dichiarato che, fatte salve tuttavia alcune circostanze particolari, l’annullamento di una decisione individuale aveva effetto erga omnes, ma non era a beneficio di tutti, a differenza dell’annullamento di un atto di portata generale (v. sentenza del 15 luglio 2015, Emesa‑Trefilería e Industrias Galycas/Commissione, T‑406/10, EU:T:2015:499, punto 126 e giurisprudenza ivi citata).

37      Il fatto che l’annullamento di una decisione individuale sia deciso dalla Corte di giustizia nell’ambito di una pronuncia resa su impugnazione, e non dal Tribunale in primo grado, non modifica in alcun modo le considerazioni di cui ai precedenti punti da 33 a 36. Pertanto, anche in tale ipotesi, non possono trarre beneficio dall’annullamento di una decisione siffatta soggetti che non sono stati parti di tale impugnazione.

38      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, una decisione che non sia stata impugnata nei termini dal destinatario diviene definitiva nei suoi confronti (sentenza del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 57).

39      A tale proposito, va ricordato che i termini di ricorso, come quello previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, e i termini di impugnazione, come quello previsto dall’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, sono destinati a garantire la certezza del diritto, assicurando che le decisioni amministrative e giudiziarie acquistino carattere definitivo, il che evita che siano rimessi in discussione all’infinito atti dell’Unione produttivi di effetti giuridici (v., in tal senso, sentenze del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 61, e dell’8 novembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, C‑469/11 P, EU:C:2012:705, punto 50).

40      Il principio della certezza del diritto osta pertanto a che, nell’ipotesi in cui più decisioni individuali simili che infliggono ammende siano state adottate nell’ambito di un procedimento comune e in cui solo taluni destinatari abbiano chiesto e ottenuto l’annullamento in sede giudiziale delle decisioni che li riguardano, l’istituzione da cui esse emanano sia tenuta, su domanda di altri destinatari, a riesaminare, alla luce della motivazione della sentenza di annullamento, la legittimità delle decisioni non impugnate e a valutare se, in base a tale esame, si debba procedere ad un rimborso delle ammende versate o ammetterli a partecipare al procedimento amministrativo riaperto a seguito di tale annullamento (v., in questo senso, sentenza del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, Racc., EU:C:1999:407, punto 63).

41      Orbene, com’è stato già indicato al precedente punto 8, nella presente fattispecie la ricorrente non ha proposto impugnazione avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033).

42      Di conseguenza, poiché la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033) e, pertanto, la decisione del 2009 sono divenute definitive per quanto riguarda la ricorrente, la Commissione non ha commesso un errore nel respingere, con la prima lettera impugnata e con la seconda lettera impugnata, le richieste della ricorrente dirette ad ottenere che la Commissione, da un lato, le rimborsasse l’importo dell’ammenda versata in applicazione della suddetta decisione, e, dall’altro, la invitasse a partecipare all’audizione che avrebbe eventualmente fissato nell’ambito del procedimento amministrativo riaperto in seguito all’annullamento parziale di tale decisione.

43      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento principale della ricorrente secondo cui la decisione del 2009 dovrebbe essere considerata giuridicamente inesistente.

44      In proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, gli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione godono, in linea di principio, di una presunzione di legittimità e producono pertanto effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, finché non sono stati annullati o revocati. Tuttavia, in deroga a tale principio, gli atti viziati da un’irregolarità la cui gravità sia così evidente da non poter essere tollerata dall’ordinamento giuridico dell’Unione devono essere ritenuti, anche d’ufficio, improduttivi di qualsiasi effetto giuridico, ossia devono essere considerati giuridicamente inesistenti. Tale deroga mira a preservare un equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legge. La gravità delle conseguenze giuridiche derivanti dall’accertamento dell’inesistenza di un atto esige che, per ragioni di certezza del diritto, l’inesistenza venga constatata soltanto in casi del tutto estremi [v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a., EU:C:1994:247, punti da 48 a 50, e del 9 settembre 2011, dm-drogerie markt/UAMI – Distribuciones Mylar (dm), T‑36/09, EU:T:2011:449, punto 83 e giurisprudenza citata].

45      Emerge altresì dalla giurisprudenza che le irregolarità che possono portare il giudice dell’Unione a considerare un atto giuridicamente inesistente differiscono dalle illegittimità il cui accertamento comporta, in linea di principio, l’annullamento degli atti sottoposti al controllo di legittimità previsto dal Trattato non già per la loro natura, bensì per la loro gravità e per il loro carattere flagrante. Devono, infatti, essere considerati giuridicamente inesistenti gli atti viziati da irregolarità la cui gravità è evidente al punto di incidere sulle loro condizioni essenziali (v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, EU:C:1994:247, punti 51 e 52, e del e del 9 settembre 2011, dm, T‑36/09, EU:T:2011:449, punto 86).

46      Nella fattispecie, si deve necessariamente constatare che, nelle sue sentenze del 2017, la Corte ha dichiarato che l’omissione di un’audizione alla quale, conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, sono invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, costituiva una violazione delle forme sostanziali (v., ad esempio, sentenza del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione, C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717, punto 48).

47      Occorre inoltre rilevare, al pari della Commissione, che le sentenze della Corte del 2017 hanno annullato solo parzialmente la decisione del 2009, ossia nei limiti in cui quest’ultima riguardava i destinatari che avevano presentato un’impugnazione (v., ad esempio, sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punto 58). Dal punto 2 del dispositivo di dette sentenze risulta infatti che la decisione del 2009 «è annullata nella parte in cui riguarda [il ricorrente]» (v., ad esempio, sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709).

48      Ne consegue, da un lato, che le parti della decisione del 2009 che sono state annullate dalle sentenze della Corte del 2017 non riguardano la ricorrente e, dall’altro, che, così facendo, la Corte ha espressamente scelto di conservare la validità di tale decisione nei confronti della ricorrente. Si deve, infatti, al pari della Commissione, osservare che se la Corte avesse considerato che l’omissione dell’audizione prevista all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 – di cui essa ha esplicitamente riconosciuto l’importanza all’interno del sistema istituito dal legislatore dell’Unione per attuare le regole di concorrenza dell’Unione – aveva viziato la suddetta decisione con un’irregolarità la cui gravità era a tal punto evidente da incidere sulle sue condizioni essenziali, cosicché la decisione in parola doveva essere considerata giuridicamente inesistente e non doveva esserle riconosciuto alcun effetto giuridico, la Corte l’avrebbe chiaramente rilevato, se necessario d’ufficio, tanto nella motivazione quanto nel dispositivo di dette sentenze. Orbene, ciò non è avvenuto nel caso di specie.

49      Peraltro, la Corte ha espressamente considerato che la Commissione aveva violato un diritto previsto dal regolamento n. 773/2004 (v., ad esempio, sentenza del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione, C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punto 46), e non, come sostiene la ricorrente, il diritto a una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta.

50      In ogni caso, l’irregolarità procedurale commessa dalla Commissione nel caso di specie, come constatato dalla Corte nelle sue sentenze nel 2017, non è di una gravità talmente evidente da incidere sulle condizioni essenziali della decisione del 2009. A tal riguardo, l’argomento della ricorrente secondo cui il principio dell’intangibilità dell’atto contestato conoscerebbe eccezioni in caso di violazione di un diritto fondamentale è privo di fondamento giuridico e contrasta con il principio giurisprudenziale secondo cui un’irregolarità idonea ad indurre il giudice dell’Unione a considerare un atto giuridicamente inesistente è inerente alla sua gravità e al suo carattere flagrante e non alla sua natura (v. precedente punto 45). Ne consegue che la suddetta decisione non deve essere considerata giuridicamente inesistente.

51      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la domanda di annullamento dev’essere respinta in quanto infondata.

 Sulla domanda di risarcimento danni

52      La Commissione sostiene che il comportamento illegittimo all’origine del danno lamentato dalla ricorrente sarebbe consistito nell’irrogazione, con la decisione del 2009, di un’ammenda alla Lucchini in violazione delle forme sostanziali. Poiché tale danno si è realizzato il 10 marzo 2010, con il pagamento dell’ammenda inflitta da tale decisione, ossia più di cinque anni prima della proposizione, il 14 marzo 2018, dell’azione per responsabilità extracontrattuale, la Commissione ritiene che detta azione fosse già prescritta al momento della proposizione del presente ricorso. Di conseguenza, la domanda di risarcimento proposta dalla ricorrente dovrebbe essere respinta in quanto irricevibile.

53      La ricorrente non prende posizione in merito al dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di risarcimento danni. Tuttavia, essa sostiene, in sostanza, che siffatta prescrizione è stata interrotta per tutta la durata del procedimento di annullamento dinanzi al Tribunale. A suo parere, infatti, sarebbe errato dedurre dalla reciproca autonomia delle azioni di annullamento e di risarcimento che le prime non siano comunque idonee ad interrompere la prescrizione dell’azione di risarcimento e che il decorso del termine non rimanga sospeso per tutta la durata del procedimento di annullamento stesso, avendo tale autonomia la funzione di assicurare, sulla base di distinti procedimenti, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, ciò che non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione, della tutela giurisdizionale.

54      A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile alla procedura dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, è così formulato:

«Le azioni contro l’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione è interrotta sia dall’istanza presentata alla Corte di giustizia, sia dalla preventiva richiesta che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente dell’Unione (...)».

55      Dalla giurisprudenza risulta che la prescrizione ha la funzione di conciliare la tutela dei diritti della persona lesa e il principio della certezza del diritto. La durata del termine di prescrizione è stata determinata tenendo conto in particolare del periodo necessario, alla parte che asserisce di essere stata lesa, per raccogliere informazioni adeguate in vista di un eventuale ricorso e per verificare i fatti che possano essere invocati a sostegno del detto ricorso (v. sentenza dell’8 novembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, C‑469/11 P, EU:C:2012:705, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

56      Nel caso dei contenziosi che traggono origine da atti individuali, tale termine inizia a decorrere soltanto a partire dal momento in cui il danno si è effettivamente concretizzato (v. sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione, C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Una diversa soluzione equivarrebbe a mettere in discussione il principio dell’autonomia dei ricorsi, in quanto farebbe dipendere il procedimento del ricorso per risarcimento del danno dall’esito di un ricorso di annullamento [sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 30].

57      Nel caso di specie, si deve constatare che il danno materiale lamentato – consistente in un aggravio decisivo, a seguito del pagamento dell’ammenda, della situazione finanziaria della Lucchini, che ha concorso a provocare la sua messa in amministrazione straordinaria, in conseguenza di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio di buona amministrazione commessa dalla Commissione nel procedimento conclusosi con l’adozione della decisione del 2009 – si è realizzato concretamente al momento del pagamento dell’ammenda, ossia il 10 marzo 2010.

58      Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il termine di prescrizione non può essere stato interrotto dalla sua domanda di annullamento parziale della decisione del 2009. È, infatti, indifferente, ai fini dell’inizio del decorso del termine di prescrizione, che il comportamento illegittimo dell’Unione sia stato constatato con una decisione giudiziaria [v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 31].

59      La ricorrente, infatti, avrebbe potuto utilmente proporre un ricorso, diretto a far constatare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione per l’asserita violazione del principio di buona amministrazione commessa dalla Commissione nell’ambito del procedimento conclusosi con l’adozione della decisione del 2009 fin dal momento in cui il danno lamentato era divenuto certo ed effettivo, ossia, nella fattispecie, il 10 marzo 2010 [v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 32], come riconosciuto dalla ricorrente stessa nell’atto introduttivo del ricorso.

60      Pertanto, anche a voler considerare dimostrato il danno materiale lamentato, è sufficiente rilevare che il pagamento dell’ammenda è avvenuto più di cinque anni prima della data di proposizione del presente ricorso.

61      Da tutto quel che precede risulta che la presente azione per responsabilità extracontrattuale è prescritta, per quanto riguarda il danno lamentato, poiché essa è stata proposta più di cinque anni dopo il verificarsi del fatto che le ha dato origine, ai sensi dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

62      Di conseguenza, il presente ricorso deve essere integralmente respinto, in quanto in parte infondato e in parte irricevibile.

 Sulle spese

63      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Lucchini SpA in AS è condannata alle spese.

Berardis

Papasavvas

Spineanu-Matei

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 maggio 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      S. Gervasoni


*      Lingua processuale: l’italiano.