SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)
25 settembre 1997(1)
[234s«Dumping Paesi con commercio controllato dallo Stato Prodotto analogo
Trattamento individuale Calcolo del margine di dumping»[s
Nella causa T-170/94,
Shanghai Bicycle Corporation (Group), società di diritto cinese, con sede a Shangai
(Repubblica popolare cinese), rappresentata dall'avv. Izzet M. Sinan, barrister, con
domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Arendt e Medernach,
8-10, rue Mathias Hardt,
ricorrente,
contro
Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori Bjarne Hoff-Nielsen e
Jorge Monteiro, consiglieri giuridici, in qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti Hans-Jürgen Rabe e Georg M. Berrisch, del foro di Amburgo e Bruxelles, con domicilio
eletto a Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della
direzione degli affari giuridici della Banca europea degli investimenti, 100,
boulevard Konrad Adenauer,
convenuto,
sostenuto da
Commissione delle Comunità europee,rappresentata dai signori Eric White,
consigliere giuridico, e Nicolas Khan, membro del servizio giuridico, in qualità di
agenti, con domicilio eletto a Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la
Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
e
European Bicycle Manufacturers Association (EBMA),con sede a Parigi,
rappresentata dall'avv. Jacques H.J. Bourgeois, del foro di Bruxelles, con domicilio
eletto a Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Marc Loesch, 11, rue Goethe,
intervenienti,
avente ad oggetto la domanda d'annullamento del regolamento (CEE) del
Consiglio 8 settembre 1993, n. 2474, che istituisce un dazio antidumping definitivo
sulle importazioni nella Comunità di biciclette originarie della Repubblica popolare
cinese e che decide la riscossione definitiva del dazio antidumping provvisorio (GU
L 228, pag. 1),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Quinta Sezione ampliata),
composto dal signor R. García-Valdecasas, presidente, signora V. Tiili, signori J.
Azizi, R.M. Moura Ramos e Jaeger, giudici,
cancelliere: A. Mair, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell'11
marzo 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all'origine della controversia
- La ricorrente, la Shanghai Bicycle Corporation (Group), società di diritto cinese,
rappresenta uno dei più importanti produttori ed esportatori di biciclette in Cina.
Essa esporta anche nella Comunità europea.
- Nel luglio del 1991 perveniva alla Commissione una denuncia da parte
dell'European Bicycle Manufacturers Association (associazione europea dei
produttori di biciclette, in prosieguo: l'«EBMA»), secondo cui biciclette provenienti
dalla Repubblica popolare cinese erano oggetto di dumping da cui era derivato
grave pregiudizio.
- A seguito di tale denuncia, la Commissione avviava un procedimento antidumping
in merito alle importazioni nella Comunità delle biciclette originarie di Taiwan e
della Cina, a sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 11 luglio 1988, n. 2423,
relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da
parte dei paesi non membri della Comunità economica europea (GU L 209, pag. 1;
in prosieguo: il «regolamento di base»). La comunicazione di avvio del
procedimento veniva pubblicata il 12 ottobre 1991 (GU C 266, pag. 6).
- Nell'ambito di tale procedimento, la Commissione inviava un questionario
d'inchiesta agli esportatori e produttori non comunitari. La ricorrente rispondeva
con lettera datata 17 dicembre 1991. Vari altri esportatori rispondevano parimenti
al detto questionario.
- Il 5 febbraio 1992 la Commissione chiedeva informazioni supplementari riguardanti
i tipi ed i modelli di biciclette esportate nella Comunità. La ricorrente rispondeva
allegando documenti modificativi della prima risposta. Tali modifiche attenevano
ai quantitativi di biciclette vendute dalla ricorrente e dal valore rappresentato da
tali vendite, alle esportazioni verso la Comunità, nonché ad informazioni
supplementari circa i modelli delle biciclette esportate nella Comunità.
- Il 9 giugno 1992 la Commissione sentiva taluni esportatori taiwanesi e cinesi.
- Successivamente veniva emanato il regolamento (CEE) 5 marzo 1993, n. 550, che
istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di biciclette originarie
della Repubblica popolare cinese (GU L 58, pag. 12; in prosieguo: il «regolamento
provvisorio»). Il dazio provvisorio applicabile veniva fissato al tasso del 34,4%.
- Con lettera 8 aprile 1993 la ricorrente presentava osservazioni scritte in merito al
regolamento provvisorio, sollevando una serie di obiezioni. Essa chiedeva inoltre
informazioni in merito alla metodologia seguita dalla Commissione.
- Il 21 giugno 1993, la Commissione forniva alla ricorrente un documento intitolato
«documento informativo», contenente i principali fatti e considerazioni in base ai
quali riteneva di raccomandare al Consiglio l'istituzione di un dazio antidumping
definitivo. In merito a tale documento la ricorrente presentava successivamente
osservazioni scritte ed incontrava i competenti agenti della Commissione.
- Il Consiglio emanava quindi il regolamento (CEE) 8 settembre 1993, n. 2474, che
istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni nella Comunità di
biciclette originarie della Repubblica popolare cinese e che decide la riscossione
definitiva del dazio antidumping provvisorio (GU L 228, pag. 1; in prosieguo: il
«regolamento n. 2477/93» o il «regolamento impugnato»). Il dazio definitivo
applicabile veniva fissato al tasso del 30,6%.
Il procedimento
- La ricorrente proponeva ricorso con atto introduttivo depositato nella cancelleria
della Corte il 23 dicembre 1993. La causa veniva registrata con il numero di ruolo
C-477/93.
- La decisione del Consiglio 7 marzo 1994, 94/149/CECA, CE, recante modifica della
decisione 93/350/Euratom, CECA, CEE che modifica la decisione 88/591/CECA,
CEE, Euratom che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee
(GU L 66, pag. 29), dispone che, a decorrere dal 15 marzo 1994, il Tribunale è
competente a conoscere dei ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche ai sensi
degli artt. 173, 175 e 178 del Trattato CE riguardanti misure adottate in caso di
dumping e di sovvenzioni. Per tale motivo, la Corte, con ordinanza 18 aprile 1994,
rimetteva al Tribunale la causa C-477/93. La causa veniva registrata nella
cancelleria del Tribunale con il numero di ruolo T-170/94.
- Con ordinanza 14 settembre 1994, il presidente della terza sezione del Tribunale
ammetteva l'intervento della Commissione a sostegno del convenuto. Con lettera
17 ottobre 1994 la Commissione dichiarava di voler rinunciare al deposito di una
memoria d'intervento.
- Con ordinanza 20 ottobre 1994, il presidente della terza sezione ampliata del
Tribunale ammetteva l'intervento dell'EBMA a sostegno del convenuto e
concedeva trattamento riservato a due allegati al ricorso. L'EBMA depositava
memoria d'intervento il 6 gennaio 1995. In merito a tale memoria la ricorrente
presentava osservazioni il 3 marzo 1995. Su richiesta del convenuto, la fase scritta
del procedimento veniva riaperta con decisione del Tribunale 26 aprile 1995 per
consentire al convenuto medesimo di esprimersi in merito alle osservazioni della
ricorrente circa la memoria d'intervento dell'EBMA. Il convenuto depositava le
proprie osservazioni il 2 giugno 1995.
- A seguito dell'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia
e del Regno di Svezia alle Comunità europee, la causa veniva riassegnata, il 23
gennaio 1995, alla terza sezione ampliata e veniva nominato un nuovo giudice
relatore. Questi veniva successivamente destinato alla quinta sezione ampliata,
ragion per cui la causa veniva conseguentemente assegnata a tale sezione.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso
di passare alla fase orale e di adottare misure di organizzazioni del procedimento.
Prima della data dell'udienza il convenuto ha depositato i documenti richiesti dal
Tribunale.
- All'udienza dell'11 marzo 1997 le parti hanno svolto le proprie difese orali ed
hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale.
Conclusioni delle parti
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
- annullare il regolamento n. 2474/93;
- condannare il convenuto alle spese.
- Il convenuto chiede che il Tribunale voglia:
- dichiarare il ricorso irricevibile;
- in subordine, respingere il ricorso perché infondato;
- condannare la ricorrente alla spese.
- L'EBMA, interveniente, chiede che il Tribunale voglia:
- dichiarare il ricorso irricevibile;
- in subordine, respingerlo perché infondato;
- condannare la ricorrente alle spese dell'intervento.
- La Commissione, interveniente, conclude all'udienza che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese dell'intervento.
Sulla ricevibilità
- Sostenuto dalle intervenienti, il convenuto deduce sostanzialmente tre eccezioni di
irricevibilità. La prima riguarda lo status di persona giuridica della ricorrente. La
seconda attiene al fatto che la ricorrente non sarebbe direttamente e
individualmente interessata. La terza è relativa alla pretesa eccessiva estensione del
ricorso.
Sulla prima eccezione di irricevibilità
Argomenti delle parti
- Il convenuto e le intervenienti sostengono che la ricorrente non possa essere
considerata quale persona giuridica ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del
Trattato. Le informazioni circa i legami tra la società ricorrente e i tredici enti
facenti parte del suo gruppo nonché circa la partecipazione di uno di tali enti in
un'altra società sarebbero contraddittorie e non consentirebbero di valutare
opportunamente lo status giuridico e le attività della ricorrente medesima. Inoltre,
da nessuna delle informazioni comunicate dalla ricorrente risulterebbe che questa
sia una società produttrice o di commercio.
- Il convenuto sottolinea inoltre che, contrariamente al disposto dell'art. 38, n. 5, del
regolamento di procedura della Corte, il ricorso non era accompagnato né dallo
statuto della ricorrente né da un estratto recente del registro delle società.
- La ricorrente contesta la tesi del convenuto e delle intervenienti secondo cui non
sarebbe una persona giuridica. Al riguardo, allega alla replica copia della propria
registrazione commerciale e sottolinea che i tredici enti appartenenti al gruppo
rappresentano unità produttive e non società distinte. Inoltre, le precisazioni
contenute nella propria risposta al questionario della Commissione, relative alla
partecipazione nel capitale di un'altra società, sarebbero assolutamente chiare e
confermate dalla società medesima.
Giudizio del Tribunale
- La ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da un ente ai sensi dell'art.
173 del Trattato dipende in primo luogo dal proprio status di persona giuridica. Nel
sistema giurisdizionale comunitario, il ricorrente possiede lo status di persona
giuridica quando abbia acquisito la personalità giuridica conformemente alla legge
in base alla quale sia stata costituita (v. sentenza della Corte 27 novembre 1984,
causa 50/84, Bensider e a./Commissione, Racc. pag. 3991, punti 7 e 8), ovvero se
sia stata trattata dalle istituzioni comunitarie quale ente giuridico indipendente
(sentenze della Corte 8 ottobre 1974, causa 175/73, Union syndicale e a./Consiglio,
Racc. pag. 917, punti 11-13, e causa 18/74, Syndicat général du
personnel/Commissione, Racc. pag. 933, punti 7-9; sentenza del Tribunale 11 luglio
1996, causa T-161/94, Sinochem Heilongjiang/Consiglio, Racc. pag. II-695, punto
31).
- Ai sensi dell'art. 38, n. 5, lett. a), del regolamento di procedura della Corte e
dell'art. 44, n. 5, lett. a), del regolamento di procedura del Tribunale, quando il
ricorrente è una persona giuridica di diritto privato, deve essere allegato al ricorso
il suo statuto o un estratto recente del registro delle imprese, o un estratto recente
del registro delle associazioni o qualsiasi altra prova della sua esistenza giuridica.
- Nella specie, la ricorrente costituisce la principale società dello Shanghai Bicycle
Corporation Group, impresa produttrice ed esportatrice. Essa consta di tredici
entità produttive. In sede di replica è stata prodotta copia del registro delle imprese
da cui risulta la sua registrazione da parte delle autorità della provincia di Shangai
in data 21 maggio 1993. Alla luce di tale documento, la ricorrente costituisce una
«corporate legal person» detenuta dalla Repubblica popolare cinese e munita,
secondo il diritto cinese, di personalità giuridica. Atteso che la personalità giuridica
attribuita in base alla legge nazionale lascia presumere la sussistenza degli elementi
costitutivi della personalità giuridica ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del
Trattato (v. sentenza Bensider e a./Commissione, citata supra al punto 26, punti 7
e 8) ed atteso che il documento attestante la registrazione commerciale costituisce
prova della personalità giuridica secondo il diritto nazionale cinese, tale documento
deve essere considerato come avente valore di estratto recante prova dell'esistenza
giuridica della ricorrente, ai sensi delle menzionate disposizioni dei regolamenti di
procedura della Corte e del Tribunale.
- La ricorrente è stata peraltro trattata dalle istituzioni comunitarie, nel corso del
procedimento amministrativo, quale ente giuridico indipendente. La Commissione
ha infatti intrattenuto con essa corrispondenza regolare e l'ha ammessa quale
interlocutrice all'atto dell'audizione. Ciò premesso, le istituzioni comunitarie non
possono ora negare alla ricorrente, nel procedimento contenzioso successivo a
quello amministrativo, lo status di persona giuridica indipendente (v. sentenza
Sinochem Heilongjiang/Consiglio, citata supra al punto 26, punto 37).
- Alla luce di tutti i menzionati elementi si deve ritenere che la ricorrente, al
momento della presentazione del ricorso, costituiva una persona giuridica ai sensi
dell'art. 173 del Trattato.
Sulla seconda eccezione di irricevibilità
Argomenti delle parti
- Il convenuto e le intervenienti sostengono che la ricorrente non sia direttamente
ed individualmente interessata dal regolamento impugnato, ai sensi dell'art. 173,quarto comma, del Trattato.
- Essi ricordano che, in un paese che non abbia economia di mercato, è lo Stato che
controlla gli esportatori e che, conseguentemente, contro di questi e non contro i
singoli esportatori sono diretti i procedimenti ed i regolamenti antidumping. La
ricorrente non potrebbe invocare la sentenza 29 marzo 1979, causa 113/77, NTN
Toyo Bearing Company e a./Consiglio (Racc. pag. 1185, punto 11), in cui la Corte
ha ritenuto che un regolamento antidumping, analogo ad una «decisione
collettiva», riguardi nondimeno direttamente ed individualmente i produttori ivi
nominativamente indicati. La ricorrente non potrebbe nemmeno richiamarsi alla
sentenza della Corte 21 febbraio 1984, cause riunite 239/82 e 275/82, Allied
Corporation e a./Commissione (Racc. pag. 1005, punti 11 e 12), in cui pratiche di
dumping sono state imputate ad imprese e non allo Stato. Secondo il convenuto,
atteso che il regolamento n. 2474/93 riguarda le esportazioni effettuate a partire da
un paese a commercio di Stato, non sussiste il carattere di «decisione collettiva»
adottata nei confronti delle imprese nominativamente indicate nel regolamento
medesimo. Inoltre, la causa oggetto della sentenza Allie Corporation e
a./Commissione, citata, non potrebbe essere invocata dalla ricorrente, in quanto,
nella specie, le pratiche di dumping sarebbero state imputate alla Repubblica
popolare cinese e non alla ricorrente o ad altri produttori e/o esportatori.
- La ricorrente ritiene di essere direttamente ed individualmente interessata dal
regolamento impugnato. Da un lato, essa sarebbe nominativamente indicata nel
regolamento. Dall'altro, avrebbe preso parte a tutte le fasi dell'inchiesta. A suo
parere, sussistono tutti i criteri di ricevibilità elaborati dalla Corte nella sentenza
Allied Corporation e a./Commissione, menzionata supra al punto 32. Benché sia
stata sempre trattata quale parte del procedimento dagli agenti della Commissione
incaricati della questione, la Commissione ed il Consiglio si sarebbero rifiutati di
utilizzare le informazioni da essa fornite. Proprio tale rifiuto sarebbe all'origine
della controversia.
- La ricorrente sostiene di essere produttore di biciclette e contesta quindi di poter
essere assimilata ad un importatore.
Giudizio del Tribunale
- Benché, alla luce dei criteri dell'art. 173, secondo comma, del Trattato, i
regolamenti istitutivi di dazi antidumping abbiano effettivamente, per la loro natura
e per la loro portata, carattere normativo, in quanto si applicano a tutti gli
operatori economici interessati, non è tuttavia escluso che le loro disposizioni
possano riguardare individualmente determinati operatori economici (sentenze della
Corte 16 maggio 1991, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I-2501, punto 13, e sentenza Sinochem Heilongjiang/Consiglio, menzionata supra al
punto 26, punto 45).
- E' stato quindi riconosciuto che gli atti istitutivi di dazi antidumping possono
riguardare direttamente ed individualmente le imprese produttrici ed esportatrici
che possano dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione o
del Consiglio o prese in considerazione nelle indagine preparatorie (v. sentenze
della Corte Allied Corporation e a./Commissione, citata supra al punto 32, punto
12, 23 maggio 1985, causa 53/83, Allied Corporation e a./Consiglio, Racc. pag. 1621,
punto 4, e Extramet Industrie/Consiglio, citata supra al punto 35, punto 15) e, più
in generale, ogni singolo operatore economico che possa dimostrare l'esistenza di
talune qualità a lui peculiari e che lo contraddistinguano, in relazione al
provvedimento di cui trattasi, rispetto a qualsiasi altro operatore economico (v.
sentenze Extramet Industrie/Consiglio, citata supra al punto 35, punti 16 e 17, e
Sinochem Heilongjiang/Consiglio, citata supra al punto 26, punto 46).
- Il Tribunale non può accogliere l'argomento del convenuto secondo cui la sentenza
Allied Corporation e a./Commissione, citata supra al punto 32, non potrebbe essere
invocata nella specie in base al rilievo che le pratiche di dumping non sarebbero
imputate ai singoli produttori ed esportatori cinesi, bensì alla Repubblica popolare
cinese in quanto Stato. Emerge infatti dal regolamento n. 2474/93, ed in particolare
dal punto 50 dei relativi 'considerando riguardanti il calcolo dei margini di
dumping, che le pratiche di dumping sono imputate alle imprese cinesi esportatrici
di biciclette verso la Comunità.
- Peraltro, resta irrilevante ai fini della tutela giurisdizionale di singole imprese
interessate da un dazio antidumping la circostanza che il dazio medesimo sia unico
ed istituito in riferimento ad uno Stato e non in riferimento alle singole imprese.
- Nella specie, si deve riconoscere che la ricorrente è individualmente interessata dal
regolamento impugnato. In primo luogo, le biciclette da essa prodotte sono gravate
da un dazio antidumping. In secondo luogo, essa ha partecipato ad un
procedimento amministrativo nella misura ad essa possibile (risposta al questionario
della Commissione, partecipazione ad una audizione, osservazioni in merito al
regolamento provvisorio nonché al «documento informativo»). La sua
partecipazione è peraltro espressamente considerata nel regolamento impugnato,
che «individua» in tal modo la ricorrente (v. sentenza del Tribunale 18 settembre
1996, causa T-155/94, Climax Paper/Consiglio, Racc. pag. II-873, punti 50 e 51).
- Inoltre, il convenuto non ha provato l'affermazione secondo cui la ricorrente,
potendo scegliere liberamente i propri produttori, non costituirebbe che un
semplice commerciante di biciclette assimilabile ad un importatore (v. supra punto
23).
- La ricorrente è parimenti direttamente interessata, atteso che un regolamento
istitutivo di un dazio antidumping obbliga le autorità doganali degli Stati membri
a riscuotere il dazio istituito senza lasciare loro alcun margine di discrezionalità
(sentenza della Corte 29 marzo 1979, causa 118/77, ISO/Consiglio, Racc. pag. 1277,
punto 26; sentenza Climax Paper/Consiglio, citata supra al punto 39, punto 53).
- Alla luce delle considerazioni che precedono, la seconda eccezione di irricevibilità
deve essere respinta.
Sulla terza eccezione di irricevibilità
Argomenti delle parti
- Secondo il convenuto, la ricorrente non potrebbe in ogni caso chiedere
l'annullamento in toto del regolamento impugnato, bensì unicamente nella parte
in cui essa non è stata esentata dal dazio antidumping (sentenza della Corte 10
marzo 1992, causa C-174/87, Ricoh/Consiglio, Racc. pag. I-1335, punto 7).
- La ricorrente sottolinea che, nella causa oggetto della sentenza Ricoh/Consiglio,
menzionata supra al punto 43, si trattava di società giapponesi cui il Consiglio
aveva imposto dazi antidumping calcolati singolarmente per ognuna di esse.
Orbene, il ragionamento della Corte, secondo cui una società può chiedere
solamente l'annullamento delle disposizioni che le impongano uno specifico dazio
antidumping, non sarebbe pertinente nel contesto di un procedimento antidumping
avviato nei confronti di imprese provenienti da un paese privo di economia di
mercato, come nel caso della Repubblica popolare cinese. Conseguentemente,
l'argomento del convenuto si inserirebbe in un puro «circolo vizioso», trattandosi
di pratiche di dumping imputate ad imprese provenienti da un paese privo di
economia di mercato.
- Dalla prima pagina del ricorso emergerebbe peraltro che l'annullamento del
regolamento impugnato sarebbe richiesto per la parte riguardante la ricorrente.
Giudizio del Tribunale
- Benché non sia precisato nelle conclusioni del ricorso, dalla prima pagina di
quest'ultimo e dalla conferma data dalla ricorrente nell'udienza emerge come
quest'ultima chieda l'annullamento del regolamento n. 2474/93 «nella parte
riguardante la ricorrente».
- Ne consegue che il ricorso deve essere interpretato nel senso che esso è diretto
all'annullamento del regolamento solamente nella parte riguardante la ricorrente.
- Deve essere pertanto respinta la terza eccezione di irricevibilità, relativa alla
pretesa eccessiva estensione del ricorso (v. anche sentenza Climax Paper/Consiglio,
citata supra al punto 39, punti 54-56).
- Alla luce di tutte le sue esposte considerazioni il ricorso deve essere ritenuto
ricevibile.
Sul merito
- La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del ricorso. Il primo motivo attiene
alla violazione dell'art. 2, n. 12, del regolamento di base, nonché ad un abuso di
potere nella determinazione dei prodotti soggetti al dazio antidumping. Il secondo
motivo riguarda la violazione dell'art. 2, n. 13, del regolamento di base nella parte
in cui il convenuto avrebbe fatto ricorso ad una tecnica di campionatura
inadeguata. Con il terzo motivo la ricorrente sostiene che, non concedendole un
trattamento individuale, le istituzioni comunitarie avrebbero violato gli artt. 2, nn. 5
e 9, e 13, n. 3, del regolamento di base nonché l'art. VI, n. 2, dell'accordo generale
sulle tariffe doganali e sul commercio (in prosieguo: il «GATT»). Il quarto motivo
attiene alla violazione dell'art. 7, n. 4, lett. b) e c), del regolamento di base, nella
parte in cui il convenuto avrebbe rifiutato di comunicare il metodo di calcolo del
margine di dumping. Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione
dell'art. 13, n. 3, del regolamento di base nonché un abuso del potere discrezionale
nella parte in cui sarebbe stato istituito un dazio antidumping eccessivo.
Sul primo motivo, relativo ad un'erronea definizione del prodotto simile (violazione
dell'art. 2, n. 123, del regolamento di base), nonché ad abuso di potere nella
determinazione dei prodotti soggetti al dazio antidumping
Argomenti delle parti
- La ricorrente contesta al convenuto di aver riunito in un solo ed unico prodotto
simile tutti i tipi di biciclette, invece di classificarle in cinque categorie distinte, vale
a dire le biciclette fuori strada, quelle da sport e da competizione, quelle da
turismo, le biciclette per bambini e la categoria residua delle altre biciclette. Come
risulterebbe dal questionario, la Commissione si sarebbe fondata inizialmente su
tale tassonomia, abbandonandola peraltro nel regolamento provvisorio. Il
convenuto non avrebbe infatti correttamente proceduto alla classificazione dei
prodotti ai fini della determinazione del valore normale e del margine di dumping.
- Orbene, tutte le biciclette non potrebbero essere considerate come prodotti simili,
atteso che le differenze tra le summenzionate categorie di biciclette sarebbero
fondamentali. Infatti, ogni singola categoria riguarderebbe un gruppo di
consumatori diversi e sarebbe destinata ad un uso particolare.
- Ai fini della determinazione dei «prodotti simili» ai sensi dell'art. 2, n. 12, del
regolamento di base, occorrerebbe prendere in considerazione i criteri che guidano
l'acquirente nella propria scelta, indipendentemente dall'utilizzazione effettiva del
prodotto, in quanto la concorrenza opererebbe nella fase della decisione di
acquisto. Tra tali criteri vi sarebbero le caratteristiche fisiche e l'«intercambiabilità
funzionale» (sentenze della Corte 5 ottobre 1988, cause riunite 294/86 e 77/87,
Technointorg/Commissione e Consiglio, Racc. pag. 6077, 10 marzo 1992, causa C-176/87, Konishiroku Photo Industriy/Consiglio, Racc. pag. I-1493, e 10 marzo 1992,
causa C-177/87, Sanyo Electric/Consiglio, Racc. pag. I-1535; conclusioni
dell'avvocato generale Lenz relative alla sentenza della Corte 7 luglio 1994, causa
C-75/92, Gao Yao/Consiglio, Racc. pag. I-3141, I-3142, punto 82).
- Il convenuto avrebbe inoltre abusato del proprio potere discrezionale non
determinando il margine di dumping ed il pregiudizio per ognuna delle menzionate
categorie dei biciclette. Infatti, contrariamente ai produttori taiwanesi e dalle
imprese comuni cinesi che esportano verso la Comunità principalmente biciclette
fuori strada e, in misura minore, biciclette da competizione, la ricorrente
esporterebbe un numero elevato di biciclette per bambini, poche biciclette fuori
strada e quasi nessuna bicicletta da competizione.
- Il convenuto osserva, in limine, che la nozione di «prodotto simile» nel
regolamento di base non consente di trarre la minima conclusione quanto al
prodotto o alla gamma di prodotti che possono essere oggetto di un'inchiesta
antidumping, bensì è diretta a garantire un raffronto corretto dei prezzi per
determinare il valore normale e il margine di dumping.
- Il convenuto contesta, in primo luogo, di aver inteso inizialmente distinguere tra
cinque categorie di biciclette.
- In secondo luogo, esso avrebbe giustamente preso in considerazione tutte le
biciclette come uno stesso ed unico prodotto, atteso che la distinzione tra le singole
categorie sarebbe vaga e che queste sarebbero in concorrenza le une con le altre
per effetto della somiglianza tra biciclette di tipi diversi. Inoltre, sarebbe impossibile
stabilire categorie precise di biciclette, in quanto apparirebbero continuamente sul
mercato nuovi modelli in cui sarebbero riunite caratteristiche di tipi di biciclette
diversi.
- A parere del convenuto, atteso che l'art. 2, n. 12, del regolamento di base definisce
il «prodotto simile» come un prodotto simile «sotto ogni riguardo» al prodotto
considerato, seguendo il ragionamento della ricorrente le biciclette avrebbero
dovuto essere suddivise in ben più di cinque categorie. Infatti, non esisterebbero
due biciclette perfettamente identiche, vale a dire «simili sotto ogni riguardo».
- In primo luogo, dalla sentenza della Corte 7 maggio 1991, causa C-69/89,
Nakajima/Consiglio (Racc. pag. I-2069, punto 58) emergerebbe che, in assenza di
criteri generali per classificare i prodotti in categorie diverse, tutti i prodotti
interessati possono essere senz'altro considerati come prodotti simili. In secondo
luogo, secondo le conclusioni presentate dall'avvocato generale Lenz nella causa
oggetto della sentenza Gao Yao/Consiglio, citata supra al punto 53, le istituzioni
comunitarie disporrebbero di un ampio potere discrezionale nella soluzione della
questione della similitudine dei prodotti interessati. In terzo luogo, le istituzioni
comunitarie potrebbero legittimamente trattare taluni prodotti come un solo ed
unico «prodotto simile» quando le categorie non siano chiaramente distinte,
quando taluni tipi di prodotti possono essere classificati in varie categorie diverse
e quando esista una concorrenza tra taluni tipi di prodotti appartenenti a categorie
contigue, da un lato, ed altri tipi di prodotti appartenenti a categorie distinte,
dall'altro (v. sentenza della Corte 10 marzo 1992, causa C-179/87, Sharp
Corporation/Consiglio, Racc. pag. I-1635, punti 26-28). Quest'ultimo ragionamento
troverebbe applicazione anche nel caso di specie. Secondo la giurisprudenza
richiamata, spetterebbe alla ricorrente provare la sussistenza di un errore di
valutazione da parte delle istituzioni comunitarie nella determinazione dei
«prodotti simili». Orbene, nella specie, la ricorrente non sarebbe stata in grado di
provare la sussistenza di un siffatto errore.
- L'interveniente EBMA deduce inoltre, a sostegno della posizione del convenuto,
che la distinzione delle biciclette sarebbe imprecisa, atteso che vi sarebbero
accavallamenti tra le singole categorie. Inoltre, il grado di intercambiabilità
funzionale tra i vari tipi di biciclette sarebbe molto elevato, in quanto sarebbe
molto facile levare, aggiungere o sostituire talune componenti secondo i desideridel cliente.
Giudizio del Tribunale
- Il regolamento di base non precisa come debba essere definito il prodotto o la
gamma di prodotti che possano costituire oggetto di un'inchiesta di dumping né
impone di procedere ad una tassonomia accurata del prodotto.
- Esso si richiama alla nozione di «prodotto simile» nel contesto della
determinazione del valore normale e del pregiudizio. A termini dell'art. 2, n. 5, il
valore normale di un prodotto oggetto di dumping viene definito un riferimento ad
un «prodotto simile» realmente venduto, proveniente da un paese terzo ad
economia di mercato. Ai sensi dell'art. 2, n. 12, «per prodotto simile" si intende
un prodotto identico, cioè simile sotto ogni riguardo al prodotto considerato o, in
mancanza di tale prodotto, un altro prodotto che presenti caratteristiche analoghe
a quelle del prodotto considerato». Ai sensi dell'art. 4, n. 4, «l'effetto delle
importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni è valutato in rapporto alla
produzione comunitaria del prodotto simile quando i dati disponibili permettono
di definirlo distintamente».
- Si deve ricordare che le istituzioni dispongono in sede di analisi di situazioni
economiche complesse di un ampio potere discrezionale (v., ad esempio, la
sentenza del Tribunale 28 settembre 1995, causa T-164/94, Ferchimex/Consiglio,
Racc. pag. II-2681, punto 66) e che la determinazione dei «prodotti simili» ai fini
del calcolo del valore normale ai sensi delle dette disposizioni si colloca in tale
ambito.
- Il sindacato giurisdizionale di tale valutazione deve essere limitato ad accertare
l'osservanza delle norme di procedura, l'esattezza materiale dei fatti considerati
nell'operare la scelta de qua, l'insussistenza di errore manifesto nella valutazione
di tali fatti o l'insussistenza di sviamento di potere (v. sentenze della Corte 7
maggio 1987, causa 255/84, Nachi Fujikoshi/Consiglio, Racc. pag. 1861, punto 21,
e 14 marzo 1990, causa C-156/87, Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione,
Racc. pag. I-781, punto 63, sentenza Ferchimex/Consiglio, citata supra al punto 63,
punto 67).
- Occorre quindi esaminare se, nella specie, le istituzioni comunitarie, considerando
la produzione di tutte le biciclette, senza alcuna distinzione di categorie (v. supra
punto 63), quale «produzione di prodotto simile nella Comunità», abbiano
oltrepassato il proprio ampio potere discrezionale.
- Al riguardo, la Corte ha affermato nelle sentenze relative ai dazi antidumping sulle
fotocopiatrici a carta comune originarie del Giappone (v., ad esempio, sentenze
della Corte 10 marzo 1992, causa C-171/87, Canon/Consiglio, Racc. pag. I-1237,
punti 47, 48 e 52, causa C-174/87, Ricoh/Consiglio, Racc. pag. I-1335, punti 35, 36
e 40, e Sharp Corporation/Consiglio, citata supra al punto 59, punti 25, 26 e 30)
che le istituzioni comunitarie non erano incorse in un errore di valutazione
ritenendo, ai fini della determinazione del pregiudizio per l'industria comunitaria,
che «la produzione comunitaria del prodotto simile» fosse quella comprendente
tutte le fotocopiatrici, di tutte le categorie, ad esclusione delle macchine per le
quali non vi era produzione comunitaria, in quanto, alla luce delle indagini di
mercato sulle quali si erano basate le istituzioni, non esisteva una chiara
delimitazione delle categorie di classificazione delle fotocopiatrici, atteso che, da
un lato, talune fotocopiatrici potevano essere classificate in più categorie diverse,
tenuto conto di talune loro caratteristiche e di determinati dati tecnici, e che,
dall'altro, esisteva una concorrenza sia tra le macchine appartenenti a categorie
contigue, sia tra quelle classificate in categorie non contigue.
- Orbene, come indicato nel regolamento provvisorio (v. punti 9-11 dei
'considerando) e nel regolamento impugnato (v. punto 8 dei 'considerando), le
istituzioni hanno ritenuto che non fosse possibile stabilire categorie nettamente
distinte di biciclette in considerazione della loro destinazione finale o in
considerazione della percezione che ne hanno i consumatori.
- Si deve necessariamente rilevare che esistono vari modelli di biciclette, che si
distinguono in particolare in base ai loro specifici equipaggiamenti. Le biciclette
sono generalmente ripartite in cinque sotto-categorie: le biciclette fuori strada,
quelle sportive da competizione, quelle da turismo, quelle per bambini e la
categoria residua delle altre biciclette.
- Nondimeno, emerge dal fascicolo e dalle spiegazioni fornite dalle parti all'udienza
che tali modelli non sono chiaramente distinti, atteso che talune biciclette possono
essere classificate, in considerazione di loro determinate caratteristiche e dati
tecnici, in varie sotto-categorie. D'altro canto, esiste concorrenza sia tra le biciclette
appartenenti alle sotto-categorie contigue sia tra quelle classificate in sotto-categorie diverse.
- Tali differenze tra le biciclette non sono sufficienti per affermare che tutti i detti
modelli possiedono funzioni diverse o rispondono ad esigenze diverse. Come
emerge peraltro al punto 8 dei 'considerando del regolamento impugnato, per
effetto della tendenza dei consumatori ad utilizzare biciclette multifunzionali e della
possibilità di modificare i modelli aggiungendo talune componenti, si riduce se non
addirittura viene completamente meno la rilevanza, ai fini di un procedimento
antidumping, di una distinzione fra le varie categorie di biciclette.
- In ogni caso, la ricorrente non ha provato che le istituzioni comunitarie, ritenendo
che, nella specie, la nozione «prodotto simile» ai sensi dell'art. 2, n. 12, del
regolamento di base ricomprendesse tutte le biciclette, senza distinzione di
categoria siano incorse in un manifesto errore di valutazione dei fatti.
- Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto.
Sul secondo motivo, relativo ad un'errata tecnica di campionatura (violazione dell'art.
2, n. 13, del regolamento di base)
Argomenti delle parti
- Con il secondo motivo, la ricorrente contesta al convenuto di aver violato l'art. 2,
n. 13, del regolamento di base. Tale articolo consentirebbe di ricorrere a tecniche
di campionatura unicamente in presenza di un volume significativo di operazioni.
In tal caso, il convenuto dovrebbe fare riferimento ai prezzi praticati più
frequentemente ovvero ai prezzi più rappresentativi.
- Nella specie, il campione considerato non sarebbe rappresentativo. Infatti, il
convenuto non avrebbe tenuto conto delle informazioni relative alle imprese di
Stato che avevano risposto al questionario, ad eccezione di una sola. Tale impresa
presentava certamente il volume più elevato di esportazioni, ma avrebbe praticato
prezzi di gran lunga meno elevati rispetto agli altri esportatori interessati. Atteso
che il numero di operazioni delle imprese di Stato era relativamente ridotto, il
convenuto avrebbe potuto e dovuto fissare, ove avesse inteso adottare la tecnica
di campionatura, intervalli di prezzi ovvero fare riferimento alle operazioni più
frequenti di tutti gli esportatori posseduti dallo Stato. Quantomeno avrebbe dovuto
tener conto, invece della società presa in considerazione, delle informazioni relative
alle imprese di Stato più rappresentative, in particolare dei dati forniti dalla
ricorrente. Quest'ultima rappresenterebbe, in ordine di importanza, il secondo
esportatore di Stato sul mercato de quo e venderebbe a prezzi «più normali».
- Peraltro, il convenuto sarebbe incorso nella campionatura in un errore
fondamentale ritenendo la società Waimanly Bicycle Manufactory (in prosieguo: la
«Waimanly») quale impresa di Stato, laddove essa non rientrerebbe in tale
categoria di imprese.
- Secondo il convenuto, sostenuto dalle intervenienti, sussistevano i requisiti per
l'applicazione dell'art. 2, n. 13, del regolamento di base. Il convenuto ricorda, in
primo luogo, che l'inchiesta verteva sulle esportazioni di biciclette provenienti dalla
Repubblica popolare cinese e non sulle esportazioni delle singole imprese cinesi.
In secondo luogo, si era in presenza di una grande varietà di prezzi e di un numero
elevato di operazioni. Ad ogni singolo tipo di bicicletta cinese doveva corrispondere
un modello simile venduto sul mercato taiwanese, al fine di determinare il valore
normale, ed un modello venduto sul mercato comunitario, al fine di valutare il
margine di sottocosto. Estendere la campionatura ad altri esportatori ed ai rispettivi
tipi di biciclette avrebbe implicato un considerevole aumento del numero di
operazioni da analizzare e, conseguentemente, un allungamento inutile del
procedimento.
- La ricorrente non potrebbe legittimamente contestare al convenuto di non aver
considerato nel campione tutti gli esportatori. La pertinente disposizione
consentirebbe di operare una campionatura sulla base di una selezione
rappresentativa degli esportatori, a maggior ragione quando, come nella specie, sia
interessato un elevato numero di essi.
- Nella specie, la campionatura sarebbe stata rappresentativa, in quanto avrebbe
coperto l'88% di tutte le esportazioni verso la Comunità realizzate dalle 20 società
che avevano risposto al questionario. Sarebbero state in particolare ricomprese le
esportazioni della Guanghzou Five Rams Bicycle Group e della Waimanly, due
società possedute dallo Stato. Tali esportazioni rappresenterebbero più dell'85%
delle esportazioni complessive realizzate nel corso del periodo d'inchiesta dalle
società possedute dallo Stato che avevano risposto al questionario.
- Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Waimanly costituirebbe una
società di Stato in quanto sarebbe interamente controllata dalla Foreign Trading
Company of Po Ou Province, interamente di proprietà della Repubblica popolare
cinese.
Giudizio del Tribunale
- L'art. 2, n. 13, del regolamento di base dispone che «quando i prezzi variano (...)
si può far ricorso a tecniche di campionatura, ad esempio l'uso dei prezzi più
frequentemente applicati o rappresentativi, al fine di determinare il valore normale
e i prezzi all'esportazione nei casi di un volume rilevante di transazione».
- Ai fini della determinazione del valore normale delle merci, le imprese possono
essere prescelte in funzione della loro rappresentatività per quanto riguarda le loro
esportazioni nel mercato comunitario (v., in particolare, sentenza della Corte 12
maggio 1989, causa 246/87, Continentale Produkten-Gesellschaft, Racc. pag. 1151,
punto 12).
- Non emerge minimamente né dalla disposizione sopra richiamata né dalla
giurisprudenza che le istituzioni comunitarie siano tenute a prendere in
considerazione i prezzi che appaiano più frequentemente o i prezzi più
rappresentativi di ogni esportatore singolarmente considerato, piuttosto che
indistintamente i prezzi di tutti gli esportatori.
- Come osservato dalle istituzioni comunitarie, risulta dal punto 15 dei
'considerando del regolamento provvisorio e dal punto 28 dei 'considerando del
regolamento impugnato che le imprese interessate sono state prescelte in funzione
della loro rappresentatività con riguardo alle esportazioni verso il mercato
comunitario. In proposito, la ricorrente non contesta che le sei società considerate
nel campione rappresentino l'88% delle esportazioni complessive realizzate verso
la Comunità dalle società che hanno risposto al questionario (v. punto 28 dei
'considerando del regolamento impugnato).
- Quanto all'affermazione della ricorrente secondo cui la Waimanly non potrebbe
essere considerata quale impresa di Stato, dal complesso dei documenti forniti al
Tribunale dalla Commissione il 25 febbraio 1997 ed in particolare da un telefax
inviato il 1° luglio 1992 dal difensore della Waimanly alla Commissione emerge
come la Waimanly sia un'impresa totalmente controllata da un ente della
Repubblica popolare cinese chiamato Foreign Trading Company of Po Ou
Province. Legittimamente, quindi, le istituzioni comunitarie potevano considerare
la Waimanly quale impresa di Stato.
- Si deve rilevare, infine, che l'art. 2, n. 13, del regolamento di base attribuisce alle
istituzioni un ampio potere discrezionale (v. sentenza Ferchimex/Consiglio, citata
supra al punto 63). Il sindacato del Tribunale deve essere quindi limitato
all'accertamento del rispetto delle norme procedurali, dell'esattezza materiale dei
fatti considerati nell'operare la scelta contestata, dell'assenza di errore di
valutazione manifesto nella valutazione di tali fatti o di sviamento di potere (v.
sentenze citate supra ai punti 63 e 64, Nachi Fujikoshi/Consiglio, punto 21,
Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione, punto 63, e Ferchimex/Consiglio,
punto 67).
- Alla luce delle considerazioni che precedono, la mera circostanza che il convenuto
abbia preso in considerazione i prezzi rappresentativi dei più importanti esportatori
delle singole categorie dallo stesso individuate e non quelli relativi al complesso
degli esportatori non costituisce elemento idoneo a provare il carattere
manifestamente non rappresentativo della campionatura in base alla quale è stato
istituito il dazio antidumping contestato.
- Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto.
Sul terzo motivo, relativo al diniego di riconoscere un trattamento individuale ai singoli
esportatori interessati (violazione degli artt. 2, nn. 5 e 9, e 13, n. 3, del regolamento di
base e dell'art. VI, n. 2, del GATT)
Argomenti delle parti
- La ricorrente rileva in limine che, per quanto riguarda l'istituzione di dazi
antidumping, le istituzioni comunitarie applicano, da qualche anno, una politica
consistente nel negare il riconoscimento del trattamento individuale alle imprese
di paesi non retti da un'economia di mercato (v. punti 33 e 34 dei 'considerando
del regolamento provvisorio). Conseguentemente, viene istituito un dazio
antidumping unico per tutti gli esportatori del paese, dazio che viene applicato a
tutti i prodotti esportati verso la Comunità, senza considerare i margini di dumping
determinati per i singoli produttori o esportatori interessati. La Commissione ed
il Consiglio riterrebbero che l'istituzione di dazi differenziati a seconda delle
imprese in un paese retto da economia pianificata indurrebbe lo Stato ad
intervenire al fine di far confluire tutte le esportazioni nella società gravata dal
dazio meno elevato.
- L'applicazione di una siffatta politica sarebbe contraria al regolamento di base, che
imporrebbe alle istituzioni comunitarie di riconoscere agli esportatori, nella misura
del possibile, un trattamento individuale, indipendentemente dal paese di origine
dei prodotti, quantomeno quando l'impresa abbia prestato piena cooperazione nel
corso del procedimento.
- La politica delle istituzioni comunitarie consistente nel non fissare i dazi
antidumping in funzione della situazione individuale dei singoli esportatori
interessati significherebbe non solo non tener conto delle peculiarità proprie dei
singoli esportatori nel calcolo del valore normale ad essi afferente, bensì anche
ignorare le differenze relative ai prezzi ed ai volumi di esportazione dei singoli
esportatori stessi. Un siffatto modus operandi condurrebbe ad una violazione di
uno dei principi fondamentali del GATT in materia di dazi antidumping (art. VI,
n. 2, del GATT), richiamato all'art. 8, n. 3, dell'accordo relativo all'applicazione
dell'art. VI del GATT, in data 12 aprile 1979 (GU 1980, L 71, pag. 90; in
prosieguo: il «codice antidumping del GATT»), e ripreso all'art. 13, n. 3, delregolamento di base, che così recita: «l'importo di detti dazi non può superare il
margine del dumping provvisoriamente stimato o definitivamente constatato (...);
tale importo dovrebbe essere inferiore se un dazio inferiore risultasse sufficiente
ad eliminare il pregiudizio». Tale pratica priverebbe infine le imprese interessate,
tra cui la ricorrente, di un equo procedimento.
- Il convenuto non potrebbe far valere la circostanza che la ricorrente proviene da
un paese non retto da economia di mercato, atteso che l'unica differenza operata
dal legislatore tra le società di tali paesi e le altre riguarda unicamente il metodo
di calcolo del valore normale.
- La ricorrente sostiene peraltro che, anche nell'ambito della politica contestata, le
istituzioni comunitarie avrebbero dovuto riconoscere un trattamento individuale. A
tal riguardo, in controversie precedenti riguardanti prodotti originari della
Repubblica popolare cinese, le istituzioni comunitarie avrebbero riconosciuto il
trattamento individuale nei casi in cui gli esportatori de quibus avevano provato di
essere indipendenti dallo Stato nella gestione della propria politica di esportazione
e nella fissazione dei prezzi all'esportazione (punto 16 dei 'considerando del
regolamento impugnato).
- Per quanto attiene proprio all'indipendenza nei confronti dello Stato, la ricorrente
ritiene di rispondere ai criteri fissati dalle istituzioni comunitarie in un
memorandum della Commissione del 1° dicembre 1992 in cui viene precisata la
linea di condotta che tale istituzione intendeva seguire in materia di dumping con
riguardo alle imprese comuni nei paesi non retti da economia di mercato. La
ricorrente sostiene di essere completamente libera di vendere i propri prodotti
all'estero senza alcuna autorizzazione e di vendere in linea generale direttamente
ad importatori indipendenti stabiliti nella Comunità, a condizioni liberamente
negoziate.
- In ogni caso, spetterebbe alle istituzioni comunitarie provare l'esistenza di un
controllo dello Stato sulle sue esportazioni non potendosi unicamente presumerlo.
Nella specie, non sarebbe stato dedotto alcun elemento di prova in tal senso.
- La ricorrente afferma infine che la Repubblica popolare cinese non costituisce un
paese a commercio di Stato, bensì un paese «ad economia di mercato socialista»
che, pur senza consentire ai singoli il possesso di società, rende le imprese
responsabili dei propri profitti e delle proprie perdite. La ricorrente si richiama al
riguardo a vari articoli di dottrina economica da cui risulterebbe come l'economia
cinese si stia trasformando verso un'economia di mercato. Il fatto che lo Stato
cinese, al pari di qualsiasi altro Stato, possa modificare in ogni momento la propria
legislazione non rimetterebbe in discussione l'indipendenza delle imprese nei
confronti dello Stato.
- Il convenuto sostiene che il regolamento antidumping di base non esige che le
istituzioni comunitarie riservino agli esportatori un trattamento individuale. A suo
parere, emerge dall'art. 7, n. 1, lett. a), del regolamento di base come un
procedimento antidumping verta sulle esportazioni provenienti da uno o più paesi
e non sulle esportazioni da una o più società considerate singolarmente. Inoltre,
l'art. 13, n. 2, del regolamento di base imporrebbe semplicemente che i regolamenti
antidumping indichino il paese di origine o di esportazione e, ove possibile, il nome
dei fornitori.
- Nessuna disposizione del regolamento di base, ivi compreso l'art. 13, n. 3,
imporrebbe il calcolo dei margini di dumping individuali per i singoli esportatori.
Lo stesso ragionamento varrebbe per quanto riguarda il codice antidumping del
GATT. Questo non sarebbe tuttavia applicabile nella specie, non essendo la
Repubblica popolare cinese parte contraente del GATT.
- Il convenuto sostiene che, nella specie, non potesse essere riservato alla ricorrente
un trattamento individuale. A suo parere, non risulterebbe provato che la ricorrente
fosse libera di agire indipendentemente dallo Stato cinese. Non sarebbe stato
possibile individuare gli esportatori senza attenuare l'efficacia delle misure di
protezione adottate. Infatti, considerata la possibilità per lo Stato di controllare i
prezzi dei subappaltatori, non vi sarebbe stata necessariamente corrispondenza tra
i costi delle società esportatrici e la realtà economica. Conseguentemente,
prendendo in considerazione i margini dumping individuali, si sarebbe potuto dare
un vantaggio concorrenziale ingiustificato ad una delle società esportatrici, in
quanto lo Stato avrebbe avuto la possibilità di eludere le misure di protezione
facendo confluire le esportazioni attraverso l'esportatore gravato dal dazio meno
elevato.
- Anche se nella Repubblica popolare cinese il controllo dello Stato si è ridotto in
alcuni settori, le società di esportazione cinesi, quali la ricorrente, sarebbero sempre
possedute e controllate interamente dallo Stato e non potrebbero essere pertanto
considerate quali società indipendenti paragonabili a quelle operanti in
un'economia di mercato. Lo Stato potrebbe quindi in ogni momento revocare a
qualsiasi esportatore l'autorizzazione ad avviare operazioni di esportazione.
Sarebbe ad ogni modo impossibile, anche procedendo ad un'inchiesta in loco,
accertare la portata esatta del controllo dello Stato: da un lato, talune leggi non
sarebbero pubblicate e gli stranieri non vi avrebbero accesso; dall'altro, talune
prassi si sostituirebbero alla legge.
Giudizio del Tribunale
- Nessuna disposizione del regolamento di base vieta l'istituzione di un dazio
antidumping unico per i paesi a commercio di Stato (v. sentenza Climax
Paper/Consiglio , citata supra al punto 39, punto 92).
- Infatti, l'art. 2, n. 5, indica unicamente i criteri in base ai quali deve essere
determinato il valore normale nel caso di importazioni provenienti da paesi non
retti da un'economia di mercato. L'art. 2, n. 9, relativo al raffronto tra il valore
normale e il prezzo all'esportazione, riguarda solamente la comparabilità dei prezzi
e gli aggiustamenti diretti a prendere in considerazione le differenze che incidono
su tale comparabilità.
- Dall'art. 2, n. 13, emerge che, in caso di variazione dei prezzi, i prezzi
all'esportazione sono posti a raffronto, in linea di principio, con il valore normale
operazione per operazione. Nella specie, il raffronto è stato operato su tale base
(v. punto 28 dei 'considerando del regolamento provvisorio). Tuttavia,
contrariamente a quanto preteso dalla ricorrente, ciò non significa che non possa
essere fissato un dazio antidumping unico.
- Né l'art. 13, n. 3, del regolamento di base né l'art. 8, n. 3, del codice antidumping
del GATT, indipendentemente dalla questione se questo sia applicabile nella
specie, vietano l'istituzione di un dazio unico né impongono il calcolo del margine
di dumping per ogni esportatore singolarmente considerato. Le dette disposizioni
esigono solamente una corrispondenza tra l'importo del dazio, anche se unico, ed
il margine di dumping, ancorché determinato in modo unitario.
- Quanto all'art. 2, n. 14, del regolamento di base, se è vero che definisce, alla
lett. a), il margine di dumping nel senso dell'importo di cui il valore normale supera
il prezzo all'esportazione, dispone tuttavia, alla lett. b), che «quando i margini di
dumping variano, questi possono essere oggetto di un calcolo di media ponderata».
- Infine, l'art. 13, n. 2, dispone che i regolamenti antidumping indichino «in
particolare l'importo e il tipo del dazio imposto, il prodotto interessato, il paese di
origine o di esportazione, il nome del fornitore, ove possibile, e la relativa
motivazione». Al riguardo (v. sentenza Climax Paper/Consiglio, citata supra al
punto 39, punto 93), se da un lato certamente emerge, tanto dalla ratio quanto
dall'oggetto di tale disposizione, che l'obbligo di indicare il nome del fornitore nei
regolamenti antidumping implica in linea di principio l'obbligo di fissare un dazio
antidumping specifico per ogni singolo fornitore, dall'altro si deve tuttavia
sottolineare che il tenore di tale disposizione precisa che il nome deve essere
indicato solamente «ove possibile». Il legislatore ha quindi espressamente limitato
l'obbligo di indicare il nome del fornitore e, pertanto, l'obbligo di fissare un dazio
antidumping specifico per ogni singolo fornitore ai soli casi in cui tali precisazioni
siano possibili.
- Attuando la politica contestata, le istituzioni non hanno interpretato erroneamente
la locuzione «ove possibile». Si deve rilevare, infatti, come non sia possibile
indicare che il nome di ogni singolo fornitore quando, per evitare il rischio di un
aggiramento dei dazi antidumping, sia necessario istituire un dazio unico per un
intero paese. Tale ipotesi ricorre in particolare quando, trattandosi di un paese a
commercio controllato dallo Stato, le istituzioni comunitarie, dopo aver esaminato
la situazione degli esportatori interessati, non siano convinte che tali esportatori
agiscano in modo indipendente rispetto allo Stato (v. sentenza Climax
Paper/Consiglio, citata supra al punto 93, punto 94).
- La politica contestata non è nemmeno contraria all'oggetto e alla ratio del
regolamento di base. Come già rilevato dal Tribunale nella sentenza Climax
Paper/Commissione, citata supra al punto 39 (punto 95), lo scopo del regolamento
di base è, segnatamente, di proteggere la Comunità contro le importazioni oggetto
di dumping. Quanto alla ratio del regolamento, emerge dalle varie disposizioni che
il valore normale e i prezzi all'esportazione vanno normalmente determinati
individualmente per ciascun esportatore. Tuttavia, ciò non vuol dire che le
istituzioni comunitarie siano obbligate a farlo in ogni caso, né che esse siano tenute
ad istituire un dazio antidumping individuale per ciascun esportatore. La ratio del
regolamento lascia un ampio margine discrezionale alle istituzioni comunitarie per
decidere quando la soluzione più appropriata sia quella di accordare un
trattamento individuale agli esportatori interessati. Ciò è quanto di evince, in
particolare, dagli artt. 2, n. 14, lett. b), e 13, n. 2, i quali attribuiscono alle istituzioni
comunitarie la facoltà di calcolare una media ponderata dei margini dumping e,
quindi, un margine di dumping unico, per un intero paese, nonché di istituire un
dazio antidumping unico per tale paese.
- Dalle considerazioni che precedono discende che una politica che abbia come esito
l'istituzione di un dazio antidumping unico per un intero paese non è in contrasto
né con la lettera, né con l'oggetto, né infine con la ratio del regolamento base
antidumping, ove essa risulti necessaria per la Comunità al fine di proteggersi
contro un dumping e contro il rischio di elusione delle misure di difesa (v. sentenza
Climax Paper/Consiglio, citata supra al punto 39, punto 96).
- La questione se un esportatore di un paese a commercio di Stato agisca in modo
sufficientemente indipendente rispetto allo Stato stesso affinché possa essergli
riconosciuto un trattamento individuale presuppone valutazioni e situazioni di fatto
complesse che sono al tempo stesso di ordine economico, politico e giuridico. Si
deve ricordare al riguardo che, per quanto attiene alle situazioni economiche
complesse, emerge dalla giurisprudenza che le istituzioni dispongono di un ampio
potere discrezionale (v. sentenza Ferchimex/Consiglio, citata al punto 63, punto
131) e che il sindacato giurisdizionale di tale valutazione dev'essere limitato
all'accertamento del rispetto delle norme procedurali, dell'esattezza materiale dei
fatti considerati nell'operare la scelta contestata dell'assenza di errore di
valutazione manifesto di tali fatti o di sviamento di potere (v. sentenze citate supra
al punto 64, Nachi Fujikoshi/Consiglio, punto 21, e Gestetner Holdings/Consiglio
e Commissione, punto 63). Lo stesso ragionamento deve valere per le situazioni di
fatto, di ordine giuridico e politico, esistenti nel paese considerato, che le istituzioni
comunitarie devono valutare per accertare se un esportatore operi in modo
sufficientemente autonomo rispetto alle autorità di un paese a commercio di Stato
per fruire di un trattamento individuale (v. sentenza Climax Paper/Consiglio, citata
supra al punto 39, punto 98).
- Nella specie, gli argomenti a favore dell'istituzione di un dazio unico dedotti dal
convenuto ai punti 17-21 dei 'considerando del regolamento impugnato nonché
nelle proprie memorie appaiono pertinenti. In particolare, il regolamento di base
non impone il trattamento individuale e sembra peraltro plausibile che la
Commissione non sia in grado, nella situazione attuale, di verificare in loco le
dichiarazioni degli esportatori cinesi.
- Si deve osservare, in particolare, che i motivi esposti al punto 19 dei
'considerando del regolamento impugnato per giustificare che, in un paese quale
la Repubblica popolare cinese, è estremamente difficile stabilire se un'impresa
cinese sia realmente indipendente dallo Stato non sembrano manifestamente
erronei. Inoltre, la ricorrente non è stata in grado di dimostrare l'erroneità della
tesi esposta al detto punto 19, secondo cui la Repubblica popolare cinese si
trovava, nel periodo dell'inchiesta, in una fase di transizione tra un'economia
interamente controllata dallo Stato ed un'economia parzialmente orientata verso
il mercato. La ricorrente non ha nemmeno contestato l'affermazione secondo cui
il controllo dello Stato sussisteva con riguardo a vari profili della vita economica e
secondo cui il diritto e le istituzioni necessarie per il funzionamento di un'economia
di mercato non erano sufficientemente sviluppati e familiari agli operatori
economici ed ai funzionari.
- Inoltre, la ricorrente non ha contestato che un rappresentante del governo cinese,
che affermava rappresentare tutte le imprese di produzione di biciclette in cui lo
Stato cinese detiene una partecipazione, ha dichiarato alla Commissione che lo
Stato coordinava le attività di tutti i produttori di biciclette in Cina (punto 26 dei
'considerando del regolamento impugnato).
- La ricorrente ha peraltro affermato nel ricorso nonché all'udienza che l'economia
della Repubblica popolare cinese non può propriamente definirsi un'economia di
mercato, bensì un'«economia socialista di mercato», riconoscendo così
implicitamente che tale paese resta un paese a commercio di Stato.
- Quanto alla promemoria della Commissione 1° dicembre 1992, è sufficiente rilevare
che si tratta di un promemoria interno e quindi di un documento di lavoro della
stessa Commissione, inidoneo a far sorgere fondate aspettative nella ricorrente (v.
sentenza Climax Paper/Consiglio, citata supra al punto 39, punto 115), né a
vincolare un'altra istituzione comunitaria.
- Dalle considerazioni che precedono emerge che la ricorrente non è stata in grado
di dimostrare di essere realmente indipendente dall'influenza delle autorità cinesi.
Le istituzioni comunitarie non sono quindi incorse in un manifesto errore di
valutazione dei fatti.
- Ne consegue che il terzo motivo dev'essere respinto in quanto infondato.
Sul quarto motivo, relativo al diniego di comunicare il metodo di calcolo [violazione
dell'art. 7, n. 4, lett. b) e c), del regolamento di base]
Argomenti delle parti
- La ricorrente contesta alla Commissione di essere venuta meno al proprio obbligo
di informazione di cui all'art. 7, n. 4, lett. b), del regolamento di base, atteso chele informazioni trasmessele sarebbero insufficienti. La Commissione si sarebbe
infatti limitata a comunicarle, in primo luogo, dati relativi alla società Guanghzou
Five Rams Bicycle Group, ad esclusione di qualsiasi informazione riguardante la
ricorrente, in secondo luogo, informazioni insufficienti sui modelli dei prezzi dei
modelli delle biciclette taiwanesi assunte a base del calcolo del valore normale e,
in terzo luogo, cifre globali relative al dumping totale e al margine di dumping,
invece di fornire informazioni transazione per transazione.
- Il convenuto ritiene che le istituzioni comunitarie si siano attenute ai criteri
elaborati dalla Corte nella sentenza 27 giugno 1991, causa C-49/88, Al-Jubail
Fertilizer e Saudi Arabian Fertilizer/Consiglio (Racc. pag. I-3187, punto 17). La
Commissione avrebbe notificato il metodo di calcolo del dazio antidumping alla
ricorrente nel proprio documento informativo. Essa avrebbe anche fornito ai sei
esportatori oggetto di campionatura informazioni circa tutti gli elementi di calcolo
loro afferenti. Tali informazioni non avrebbero potuto essere divulgate alle altre
imprese, tra cui la ricorrente, per ragioni di riservatezza. Del resto, tali informazioni
non avrebbero affatto permesso a queste altre imprese di formulare osservazioni
pertinenti. Inoltre, la ricorrente avrebbe avuto in ogni caso accesso ai fascicoli non
riservati, che potevano essere consultati nei locali della Commissione. Le istituzioni
comunitarie non avrebbero potuto fornire dettagli più ampi in ordine al margine
di dumping, atteso che non è stato calcolato nessun margine di dumping
individuale. La ricorrente non potrebbe contestare alle istituzioni di non averle
fornito informazioni riguardanti essa stessa. Tali informazioni non sarebbero state
infatti utilizzate ai sensi della disposizione controversa, in quanto la ricorrente non
era stata ricompresa nella campionatura.
Giudizio del Tribunale
- L'art. 7, n. 4, lett. b), del regolamento di base dispone che «gli esportatori (...) del
prodotto per cui viene effettuata l'inchiesta (...) possono chiedere di essere
informati dei principali fatti e considerazioni sulla cui base si prevede di
raccomandare l'imposizione di dazi definitivi (...)». Le richieste devono essere
presentate alla Commissione per iscritto (art. 7, n. 4, lett. c), b), aa), del
regolamento medesimo. Tali richieste di informazioni devono essere ricevute, in
caso di imposizione di un dazio provvisorio, non oltre un mese dopo la
pubblicazione dell'imposizione del dazio medesimo (art. 7, n. 4, lett. c), i), cc).
L'art. 7, n. 4, lett. c), ii) e iii), precisa le modalità con cui la Commissione può
fornire le informazioni richieste e il termine entro cui provvedere a tale
incombente.
- Secondo giurisprudenza costante, la salvaguardia del diritto di difesa esige che
l'impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento
amministrativo, di far conoscere il proprio punto di vista sulla realtà e sulla
pertinenza dei fatti e delle circostanze allegate nonché, se del caso, sui documenti
di cui si è tenuto conto (v., ad esempio, sentenze della Corte 13 febbraio 1979,
causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 11,
Nakajima/Consiglio, citata supra al punto 59, punto 108, e Al Jubail Fertilizer e
Saudi Arabian Fertilizer/Consiglio, citata supra al punto 118, punto 17; sentenze
del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1847, punto 69, e Sinochem Heilongjiang/Consiglio, citata supra al punto 26, punto
75).
- L'obbligo d'informazione incombente alla Commissione deve essere tuttavia
conciliato con il divieto di divulgare informazioni riservate. L'art. 8, n. 2, del
regolamento di base dispone al riguardo che le istituzioni comunitarie e gli Stati
membri, nonché i loro agenti, sono tenuti a non divulgare salvo esplicita
autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione
del medesimo regolamento per le quali sia stato chiesto il trattamento riservato. In
assenza di richiesta di trattamento riservato, le istituzioni comunitarie possono
nondimeno ritenere riservate talune informazioni quando la loro divulgazione possa
produrre conseguenze negative per colui che le abbia fornite o ne sia la fonte (v.
art. 214 del Trattato e art. 8, n. 3, del regolamento di base).
- Nella specie, la ricorrente non può legittimamente lamentare il carattere
insufficiente delle informazioni non riservate fornite dalla Commissione. In primo
luogo, la Commissione ha prodotto, nel documento informativo, informazioni
relative al prodotto de quo, all'industria comunitaria, alla tecnica di campionatura,
al valore normale, al prezzo di esportazione, al margine di dumping e al pregiudizio
per la Comunità. In secondo luogo, si deve riconoscere non solo che le istituzioni
comunitarie non sono tenute a calcolare il margine di dumping delle singole
imprese interessate e ad istituire un dazio antidumping distinto per ognuna di esse
(v. supra la motivazione relativa al terzo motivo), bensì anche che le istituzioni
comunitarie dispongono di un ampio potere discrezionale nella scelta delle imprese
considerate nel campione ai fini della determinazione del margine di dumping e del
diritto all'istituzione del relativo dazio. Conseguentemente, deve essere riconosciuto
alle istituzioni comunitarie il diritto di non raccogliere ed utilizzare informazioni
relative a talune imprese. Ne deriva che esse non possono essere nemmeno tenute
a comunicare tali informazioni che, per definizione, ed a fortiori nel caso di specie,
non sono state richieste e, pertanto, non sono state nemmeno utilizzate. In terzo
luogo, la ricorrente non contesta di aver avuto accesso, nei locali della
Commissione, ai fascicoli non riservati.
- Dalle considerazioni che precedono emerge che il quarto motivo deve essere
parimenti respinto.
Sul quinto motivo, relativo al metodo erroneo del calcolo dei margini di dumping
(violazione dell'art. 13, n. 3, del regolamento di base), nonché all'abuso di potere con
riguardo al tasso del dazio antidumping istituito
Argomenti delle parti
- La ricorrente sostiene che il convenuto, aumentando in modo irragionevole ed
errone il margine di dumping, sia incorso in un abuso del proprio potere
discrezionale. Il convenuto, utilizzando il margine di dumping della società
compresa nel campione che presentava il margine più elevato, avrebbe fatto
artificialmente lievitare il margine di dumping globale ed il tasso del dazio della
maggior parte delle altre società che aveva risposto al questionario. Pertanto, per
tali società, l'importo del dazio risulterebbe superiore al margine reale di dumping,
in violazione dell'art. 13, n. 3, del regolamento di base. Il convenuto non potrebbe
legittimamente ricomprendere il 27% delle esportazioni imputabili a società di cui
si sostiene che non abbiano cooperato nel calcolo del margine di dumping, in
quanto le informazioni fornite dagli esportatori cinesi sarebbero sufficienti per
costituire un campione rappresentativo. Tale percentuale del 27%, di cui si ignora
la fonte, sarebbe peraltro priva di qualsiasi fondamento. Qualora tale percentuale
provenisse dall'Ufficio statistico delle Comunità europee (Eurostat), occorrerebbe
rilevare che la Commissione si sarebbe spesso lamentata dell'inesattezza dei dati
forniti da tale servizio.
- Il convenuto precisa che il volume totale delle esportazioni di biciclette della
Repubblica popolare cinese verso la Comunità durante il periodo d'inchiesta è
stato fornito dall'Eurostat, che costituisce l'unica fonte di informazioni attendibili.
Le informazioni fornite dagli esportatori avrebbero coperto il 73% di tale volume
totale nel corso del periodo d'inchiesta. Il margine di dumping relativo al 27%
restante sarebbe stato determinato sulla base dei migliori dati disponibili, ai sensi
dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base. Secondo una prassi costante, i dati
pertinenti sarebbero quelli della società che, tra quelle che abbiano operato,
presenti il margine di dumping più elevato.
Giudizio del Tribunale
- Ai sensi dell'art. 13, n. 3, del regolamento di base l'importo dei dazi antidumping
non può superare il margine del dumping provvisoriamente stimato o
definitivamente accertato, e deve essere inferiore se tale minor dazio risulti
sufficiente ad eliminare il pregiudizio.
- Nella specie, emerge dal regolamento provvisorio (v. punto 37 dei 'considerando)
nonché dal regolamento impugnato (v. punto 50 dei 'considerando) che le
esportazioni delle società che avevano risposto al questionario della Commissione
rappesentavano il 73% delle esportazioni totali della Repubblica popolare cinese.
Il margine di dumping per tali società è stato accertato sulla base della media
ponderata dei margini relativi ai vari modelli delle sei società assunte nel campione.
Per quanto attiene agli esportatori che non avevano risposto al questionario e
rappresentavano il 27% restante delle esportazioni, il margine di dumping è stato
determinato sulla base dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base. Secondo
tale disposizione, le conclusioni preliminari o finali, positive o negative, possono
essere elaborate sulla base dei dati disponibili, quando una parte interessata o un
paese terzo rifiuti l'accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi
entro un ragionevole arco di tempo ovvero ostacoli gravemente l'indagine. La
Commissione ha ritenuto al riguardo che i migliori dati disponibili fossero quelli
relativi alla società, compresa nel campione, il cui margine di dumping era il più
elevato. Il margine di dumping per la Repubblica popolare cinese, espresso in
percentuale del valore caf (costo, assicurazione e trasporto), così calcolato,
ammontava al 30,6%.
- Dalla sopraesposto esame del terzo motivo relativo al diniego di riconoscere
trattamento individuale ai singoli esportatori interessati emerge, da un lato, che la
politica seguita dalle istituzioni comunitarie non era contraria al tenore, all'oggetto
ed alla ratio del regolamento di base e, dall'altro, che il ricorrente non rispondeva
ai requisiti necessari per beneficiare di un trattamento individuale e che,
conseguentemente, le istituzioni non sono incorse in un manifesto errore di
valutazione dei fatti.
- Inoltre, nell'ambito di tale politica, si presume che, come regola generale, nei paesi
a commercio o di Stato gli esportatori non siano autonomi dall'ingerenza dello
Stato e che uno degli scopi di tale politica sia quello di evitare l'elusione dei dazi
antidumping. Infatti, se fosse vietato alle istituzioni calcolare il margine di dumping
tenendo conto delle esportazioni delle società che non abbiano cooperato
all'inchiesta, le autorità dei paesi a commercio di Stato potrebbero, in caso di avvio
di un'inchiesta antidumping, ordinare all'esportatore che abbia i prezzi
all'esportazione più elevati di collaborare con le istituzioni comunitarie e vietare
agli altri esportatori di farlo. Esse potrebbero in tal modo garantire l'applicazione
a tutti gli esportatori coinvolti nel dumping di un dazio antidumping pari al margine
di dumping accertato per l'esportatore con il margine più basso (v. sentenza Climax
Paper/Consiglio, citata supra al punto 39, punto 130).
- Infine, come già ritenuto supra al punto 107, emerge dall'art. 2, n. 14, lett. b), del
regolamento di base che le istituzioni comunitarie possono fissare una media
ponderata dei margini di dumping e, quindi, un margine di dumping unico per un
paese intero.
- Si deve peraltro rilevare che, ai sensi dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di
base, le istituzioni comunitarie si sono correttamente basate sulle statistiche
dell'Eurostat e sulle informazioni fornite dalle società che avevano risposto al
questionario della Commissione, atteso che tali informazioni costituivano i migliori
dati disponibili nella specie, ai sensi della menzionata disposizione.
- Si deve rilevare, inoltre, che tanto il calcolo dei prezzi all'esportazione degli
esportatori che non hanno collaborato all'inchiesta quanto il calcolo del margine
di dumping unico in base ai dati disponibili presuppongono la valutazione di
situazioni economiche complesse. Orbene, il sindacato giurisdizionale di una
valutazione di tal genere deve limitarsi alla verifica del rispetto delle norme
procedurali, dell'esattezza materiale dei fatti considerati nell'operare la scelta
contestata e dell'assenza di errore di valutazione manifesto o di sviamento di potere
(v. sentenze Nachi Fujikoshi/Consiglio e Commissione, citata supra al punto 64,
punto 63, e Climax Paper/Consiglio, citata supra al punto 39, punto 135).
- Emerge in proposito dal regolamento provvisorio (v. punto 37 dei 'considerando)
nonché dal regolamento impugnato (v. punto 50 dei 'considerando) che le
informazioni fornite dalla società che avevano risposto al questionario dalla
Commissione non riguardavano tutte le esportazioni cinesi del prodotto di cui
trattasi, bensì solamente il 73% delle esportazioni totali della Repubblica popolare
cinese. Si deve necessariamente rilevare che, ai fini del calcolo della parte delle
esportazioni da attribuire agli esportatori che non avevano fornito informazioni, le
istituzioni comunitarie si sono basate, ai sensi dell'art. 7, n. 7, lett. b), del
regolamento di base, sulle statistiche dell'Eurostat relative al volume totale delle
importazioni di biciclette della Repubblica popolare cinese verso la Comunità e
sulle informazioni fornite dalla società che avevano risposto al questionario della
Commissione.
- La ricorrente si è limitata a porre in discussione il calcolo effettuato dalle istituzioni
comunitarie, senza tuttavia fornire il minimo elemento di prova della pretesa
inesattezza. In ogni caso, le istituzioni comunitarie si sono basate sulle migliori
informazioni disponibili.
- Per quanto attiene al metodo di calcolo dei prezzi all'esportazione dei produttori
che non avevano collaborato all'inchiesta, non si può rimproverare alle istituzioni
comunitarie il fatto di essersi basate sui prezzi più bassi considerati nel campione,
atteso che ogni altra soluzione sarebbe equivalsa a incentivare la non
collaborazione degli esportatori (v. sentenza Climax Paper/Consiglio, citata supra
al punto 39, punto 140). Del resto, nessun elemento lascia presupporre che il
calcolo sia di per sé erroneo o che il convenuto sia incorso in un manifesto errore
di valutazione dei fatti.
- Per tali motivi, il quinto motivo deve essere respinto in quanto infondato.
- Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto
in toto.
Sulle spese
- A termini dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Atteso che il convenuto nonché
l'interveniente EBMA hanno chiesto la condanna della ricorrente alle spese e che
questa è rimasta soccombente, la medesima deve essere condannata a sopportare,
oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal convenuto e dall'interveniente EBMA.
- L'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura prevede che le istituzioni intervenute
nella causa sopportino le proprie spese; le spese sostenute dalla Commissione
restano quindi a suo carico.
Per questi motivi,IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
- Il ricorso è respinto.
- La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle del convenuto e
dell'interveniente EBMA.
- La Commissione sopporterà le proprie spese.
García-Valdecasas Tiili Azizi Moura Ramos Jaeger
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 1997.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
R. García-Valdecasas
1: Lingua processuale: l'inglese.
Racc.