Language of document : ECLI:EU:T:2020:548

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

18 novembre 2020 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Agente nazionale distaccato presso l’EUPM in Bosnia-Erzegovina – Decisione di riassegnazione – Sviamento di potere – Interesse del servizio – Molestie psicologiche – Carattere punitivo della riassegnazione – Responsabilità – Danno morale»

Nella causa T‑271/10 RENV II,

H, rappresentata da L. Levi, avvocatessa,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Vitro e A. de Elera-San Miguel Hurtado, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, in primo luogo, la domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, per un verso, della decisione del 7 aprile 2010, firmata dal capo del personale della Missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) in Bosnia-Erzegovina, con cui la ricorrente è stata riassegnata al posto di Criminal Justice Adviser – Prosecutor presso l’ufficio regionale di Banja Luka (Bosnia-Erzegovina) e, per altro verso, della decisione del 30 aprile 2010, firmata dal capo dell’EUPM di cui all’articolo 6 della decisione 2009/906/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2009, relativa all’EUPM in Bosnia-Erzegovina (GU 2009, L 322, pag. 22), che precisa il motivo operativo della sua riassegnazione, nonché, in secondo luogo, una domanda basata sull’articolo 268 TFUE e diretta a ottenere il risarcimento dei danni che la ricorrente asserisce di aver subito,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, V. Kreuschitz e Z. Csehi (relatore), giudici,

cancelliere: E. Artemiou, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con l’azione comune 2002/210/PESC del Consiglio, dell’11 marzo 2002, relativa alla missione di polizia dell’Unione europea (GU 2002, L 70, pag. 1), è stata istituita una missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) per assicurare il proseguimento delle attività della forza di polizia internazionale delle Nazioni Unite in Bosnia-Erzegovina.

2        L’EUPM, che ha avuto inizio il 1° gennaio 2003, è stata prorogata a più riprese, in particolare con la decisione 2009/906/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2009, relativa all’EUPM in Bosnia-Erzegovina (GU 2009, L 322, pag. 22).

3        La ricorrente, H, è una magistrata italiana che è stata distaccata presso l’EUPM a Sarajevo (Bosnia-Erzegovina) con decreto del Ministro della Giustizia italiano del 16 ottobre 2008, per esercitarvi le funzioni di Criminal Justice Unit Adviser, a partire dal 14 novembre 2008.

4        Con decreti del Ministro della Giustizia italiano del 7 aprile e del 9 dicembre 2009, la ricorrente ha ottenuto la proroga del suo distacco al fine di esercitare le funzioni di Chief of Legal Office fino al 31 dicembre 2009 e, successivamente, fino al 31 dicembre 2010.

5        A seguito della ristrutturazione dell’EUPM il 1º gennaio 2010, il posto di Chief of Legal Office occupato dalla ricorrente è stato rinominato Senior Legal Advisor/Legal Counsel.

6        Con lettera del 17 marzo 2010 la ricorrente, nonché una delle sue colleghe, A, consigliera giuridica presso l’EUPM, hanno informato i loro superiori gerarchici di presunte irregolarità commesse nella gestione dell’EUPM (in prosieguo: la «lettera del 17 marzo 2010»). Tale lettera è stata consegnata, il 17 marzo 2010, al superiore gerarchico della ricorrente, il direttore dell’unità politica dell’EUPM. Il 26 marzo 2010 è stato trasmesso all’ufficio del capo dell’EUPM un elenco delle presunte irregolarità oggetto della lettera del 17 marzo 2010, in vista di una riunione con quest’ultimo.

7        Con decisione del 7 aprile 2010, firmata dal capo del personale dell’EUPM, la ricorrente è stata riassegnata al posto di Criminal Justice Adviser – Prosecutor (ROBL-04) presso l’ufficio regionale di Banja Luka (Bosnia-Erzegovina), «per motivi operativi», a partire dal 19 aprile 2010 (in prosieguo: la «decisione del 7 aprile 2010»).

8        Con messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2010 un funzionario della rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso l’Unione europea ha fatto sapere alla ricorrente che la decisione del 7 aprile 2010 era stata sospesa.

9        Con decisione del 30 aprile 2010, firmata dal capo dell’EUPM di cui all’articolo 6 della decisione 2009/906, quest’ultimo ha confermato la decisione del 7 aprile 2010. In tale occasione, egli ha precisato di aver egli stesso adottato la decisione del 7 aprile 2010 e che il motivo operativo della riassegnazione della ricorrente si fondava sulla necessità di disporre della consulenza di un procuratore presso l’ufficio di Banja Luka (in prosieguo: la «decisione del 30 aprile 2010»).

10      Con lettera del 26 maggio 2010 il capo dell’EUPM ha risolto il contratto di A per perdita di fiducia.

11      Il 4 giugno 2010 la ricorrente ha presentato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia) un ricorso diretto all’annullamento della decisione del 7 aprile 2010 e al risarcimento del danno asseritamente subito. La ricorrente ha inoltre presentato al suddetto giudice italiano una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione del 7 aprile 2010.

12      La ricorrente è stata collocata in congedo per malattia a partire dall’agosto 2010, e ciò fino alla fine del suo distacco presso l’EUPM.

13      Il 31 dicembre 2010 si è concluso il distacco della ricorrente presso l’EUPM.

14      L’EUPM si è conclusa nel corso del 2012.

15      Facendo seguito alla denuncia proposta da A, il Mediatore europeo ha dichiarato, nella sua decisione del 4 giugno 2015, che sussisteva un caso di cattiva amministrazione. Il Mediatore ha segnatamente deplorato l’assenza di un quadro predeterminato per gestire le segnalazioni di disfunzioni da parte di informatori e per garantirne la protezione.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2010 la ricorrente ha proposto un ricorso avverso il Consiglio dell’Unione europea, la Commissione europea e l’EUPM e diretto all’annullamento delle decisioni del 7 e del 30 aprile 2010 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»).

17      Il 17 giugno 2010 la ricorrente ha altresì presentato una domanda di provvedimenti provvisori diretta, in particolare, ad ottenere la sospensione dell’esecuzione delle decisioni impugnate. Con ordinanza del 22 luglio 2010, H/Consiglio e a. (T‑271/10 R, non pubblicata, EU:T:2010:315), il presidente del Tribunale ha respinto tale domanda per difetto di urgenza e ha riservato la decisione sulle spese.

18      Con ordinanza del 10 luglio 2014, H/Consiglio e a. (T‑271/10, non pubblicata; in prosieguo: l’«ordinanza iniziale», EU:T:2014:702), il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile, dichiarando di non essere competente a conoscerne.

19      La ricorrente ha proposto impugnazione avverso l’ordinanza iniziale, affermando, in sostanza, che il Tribunale era incorso in errori di diritto nel dichiararsi incompetente a statuire sul ricorso.

20       Con sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a. (C‑455/14 P; in prosieguo: la «prima sentenza su impugnazione», EU:C:2016:569), la Corte ha annullato l’ordinanza iniziale, ha respinto in quanto irricevibile il ricorso nella parte in cui era diretto contro la Commissione e l’EUPM, ha rinviato la causa al Tribunale affinché statuisse sul merito del ricorso nei limiti in cui esso era diretto contro il Consiglio e si è riservata sulle spese.

21      Con sentenza dell’11 aprile 2018, H/Consiglio (T‑271/10 RENV; in prosieguo: la «sentenza a seguito di rinvio», EU:T:2018:180), il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto infondato.

22      La ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza a seguito di rinvio. Con sentenza del 4 dicembre 2019, H/Consiglio (C‑413/18 P, non pubblicata; in prosieguo: la «seconda sentenza su impugnazione», EU:C:2019:1044), la Corte ha annullato la sentenza a seguito di rinvio, ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisse sui motivi da terzo a quinto della domanda di annullamento nonché sulla domanda di risarcimento danni e si è riservata sulle spese.

23      Con lettere del 9 dicembre 2019 la cancelleria del Tribunale ha invitato le parti a presentare le rispettive osservazioni scritte, conformemente all’articolo 217, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, riguardo al seguito da dare alla seconda sentenza su impugnazione nel presente procedimento. La ricorrente e il Consiglio hanno presentato le loro osservazioni entro il termine impartito.

24      Con decisione del presidente del Tribunale del 27 febbraio 2020 la presente causa è stata attribuita alla Terza Sezione.

25      Su proposta del giudice relatore e con decisione del presidente di Sezione del 5 marzo 2020 è stato deciso di far beneficiare la causa stessa di un trattamento prioritario.

26      Con lettere del 9 marzo 2020 la cancelleria del Tribunale ha invitato le parti a presentare memorie integrative contenenti osservazioni scritte, conformemente all’articolo 217, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Le parti hanno depositato le loro osservazioni integrative entro il termine impartito, ossia il 25 marzo 2020.

27      A seguito della chiusura della fase scritta del procedimento la ricorrente ha presentato, in data 8 aprile 2020, una domanda di udienza di discussione.

28      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti e ha invitato il Consiglio a produrre un documento. Le parti hanno ottemperato a tali misure di organizzazione del procedimento entro il termine impartito.

29      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 1° luglio 2020.

 Conclusioni delle parti

30      Nel ricorso, la ricorrente chiedeva che il Tribunale volesse:

–        annullare la decisione del 7 aprile 2010 e, se necessario, la decisione del 30 aprile 2010;

–        condannare il Consiglio, la Commissione e l’EUPM a corrisponderle il risarcimento del danno subito, valutato ex aequo et bono in EUR 30 000;

–        condannare il Consiglio, la Commissione e l’EUPM alle spese del procedimento, nonché agli interessi in misura pari all’8%.

31      Nella replica la ricorrente ha modificato le sue conclusioni, aggiungendo all’importo totale del risarcimento richiesto nel ricorso l’importo di EUR 8 000 e rinunciando a proporre ricorso nei confronti dell’EUPM.

32      Nelle sue osservazioni a seguito del primo rinvio la ricorrente ha adeguato le sue conclusioni, in modo tale che il ricorso fosse diretto soltanto contro il Consiglio. Nel contempo essa le ha modificate affinché, per un verso, il ricorso non tendesse più ad ottenere l’annullamento delle decisioni impugnate, bensì unicamente la pronuncia in merito alla loro illegittimità, e, per altro verso, il risarcimento dei danni coprisse altresì il danno subito a causa dell’impossibilità di annullare le decisioni impugnate. Nel corso del procedimento a seguito del primo rinvio la ricorrente ha precisato che le sue conclusioni erano dirette ad ottenere, in via principale, l’annullamento della decisione del 7 aprile 2010 e, se necessario, di quella del 30 aprile 2010, il risarcimento del danno come precisato e, in subordine, la dichiarazione dell’illegittimità di dette decisioni ai soli fini risarcitori.

33      Nelle sue osservazioni a seguito del secondo rinvio, la ricorrente ha ribadito le sue conclusioni dirette ad ottenere, in via principale, l’annullamento delle decisioni impugnate e, in subordine, la dichiarazione dell’illegittimità di dette decisioni ai soli fini risarcitori. Essa ha inoltre reiterato la sua domanda di risarcimento del danno subito, nonché di condanna del Consiglio alle spese maggiorate di un interesse pari all’8%.

34      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla domanda di annullamento

 Sull’oggetto della controversia

35      A sostegno della sua domanda di annullamento delle decisioni impugnate la ricorrente ha dedotto, nel ricorso, cinque motivi, vertenti, rispettivamente, il primo, su una violazione delle disposizioni della decisione 2009/906, il secondo, su un difetto di motivazione, il terzo, su uno sviamento di potere, il quarto, su un errore manifesto di valutazione e, il quinto, su molestie psicologiche.

36      Come risulta dal precedente punto 21, la domanda di annullamento è stata respinta dal Tribunale nella sentenza a seguito di rinvio in quanto totalmente infondata.

37      Con la seconda sentenza su impugnazione la Corte, per un verso, ha annullato la sentenza a seguito di rinvio senza ulteriori precisazioni (v. punto 1 del dispositivo). Per altro verso, essa ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisse, per quanto riguarda la domanda di annullamento, sui motivi da terzo a quinto (v. punto 2 del dispositivo). A titolo di motivazione (seconda sentenza su impugnazione, punti da 102 a 117), la Corte ha dichiarato, in sostanza, che il Tribunale aveva violato il principio del contraddittorio risultante dai requisiti relativi al diritto a un equo processo, in quanto le risposte e i documenti forniti dal Consiglio dopo l’udienza non erano stati oggetto di un dibattito in contraddittorio nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale ed erano decisivi nel ragionamento svolto da quest’ultimo ai fini del suo rigetto dei motivi da terzo a quinto dedotti in primo grado.

38      A tal riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, quando l’impugnazione è accolta e la causa è rinviata al Tribunale affinché statuisca sulla controversia, quest’ultimo è vincolato dalla decisione emessa dalla Corte sui punti di diritto. In tal senso, a seguito dell’annullamento da parte della Corte e del rinvio della causa dinanzi al Tribunale, quest’ultimo, in applicazione dell’articolo 215 del suo regolamento di procedura, è investito della causa con la sentenza della Corte e deve pronunciarsi nuovamente su tutti i motivi di annullamento dedotti dal ricorrente, ad esclusione degli elementi del dispositivo non annullati dalla Corte nonché delle considerazioni che costituiscono il necessario fondamento di detti elementi, essendo questi ultimi passati in giudicato (v. sentenza del 3 luglio 2018, Keramag Keramische Werke e a./Commissione, T‑379/10 RENV e T‑381/10 RENV, non pubblicata, EU:T:2018:400, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

39      Ciò premesso, e alla luce, in particolare, del tenore del punto 2 del dispositivo della seconda sentenza su impugnazione, occorre esaminare anzitutto i motivi da terzo a quinto della domanda di annullamento, prima di stabilire, se del caso, se l’oggetto della controversia verta ancora sui primi due motivi della domanda di annullamento, come sostiene la ricorrente in risposta ad un quesito scritto del Tribunale.

 Nel merito

40      A sostegno del terzo motivo la ricorrente rileva, in sostanza, che la decisione di riassegnarla e di farla «retrocedere» non è stata adottata nell’interesse del servizio e non aveva altro obiettivo se non quello di molestarla moralmente e di offenderla. Essa afferma che la procedura di riassegnazione e di retrocessione è stata quindi esperita per raggiungere finalità diverse da quelle stabilite dalla legge. Al riguardo, essa precisa che non vi era una reale necessità di assegnare con urgenza un Prosecutor a Banja Luka, che era stata immediatamente avviata una procedura per l’assunzione di un nuovo Senior Legal Advisor/Legal Counsel (in precedenza Chief of Legal Office) a Sarajevo al fine di sostituirla e che, al momento della sua riassegnazione a Banja Luka, era ancora in corso un invito a presentare candidature per il posto di Criminal Justice Expert a Banja Luka. Essa afferma inoltre che, con la decisione del 7 aprile 2010, è stata anche «retrocessa», in quanto le funzioni di Criminal Justice Expert in un ufficio regionale, tenuto conto della struttura dell’EUPM nonché dei compiti assunti, erano inferiori alle funzioni di Senior Legal Advisor/Legal Counsel esercitate nel quartiere generale dell’EUPM. Essa fa altresì valere che la riassegnazione e la «retrocessione» sono rappresaglie per l’invio della lettera del 17 marzo 2010. A sostegno del quinto motivo la ricorrente asserisce che la decisione del 7 aprile 2010 è stata adottata al fine di molestarla psicologicamente e professionalmente, in quanto essa non solo è stata riassegnata senza alcun legittimo motivo, ma è stata altresì «retrocessa». Essa aggiunge che la sua riassegnazione e la sua «retrocessione» sono state accompagnate da una serie di atti offensivi, tra i quali restrizioni all’accesso telefonico, un messaggio di posta elettronica «molto aggressivo» che la invitava a svuotare il suo ufficio, talune difficoltà ingiustificate per ottenere un congedo o la sua esclusione dalle attività principali dell’EUPM durante il suo distacco. Nella replica, essa menziona ulteriori atti da essa considerati come configuranti molestie psicologiche.

41      Il Consiglio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente. Esso rileva che l’affermazione della ricorrente secondo cui essa sarebbe stata «retrocessa» in ragione della sua riassegnazione non è fondata né in fatto, né in diritto. La riassegnazione di quest’ultima, nell’aprile 2010, da Sarajevo a Banja Luka non avrebbe modificato né il suo status amministrativo né il versamento della sua retribuzione e delle sue indennità. Esso precisa che la ricorrente non godeva di alcun diritto ad un posto particolare nella missione e che essa non ha fornito alcuna indicazione fattuale più dettagliata che consenta di ritenere che sia stata retrocessa in ragione della sua riassegnazione. Il Consiglio asserisce inoltre che la ricorrente non presenta alcun elemento che provi che la decisione di riassegnazione sia stata adottata allo scopo unico o principale di molestarla moralmente e di offenderla. Peraltro, esso contesta il fatto che non vi fosse un interesse oggettivo a disporre di un Prosecutor a Banja Luka e che la riassegnazione abbia avuto luogo quando era ancora in corso una procedura di selezione per il posto di Criminal Justice Expert. Esso sostiene altresì che il Tribunale non può essere competente a pronunciarsi sulla questione se l’assegnazione di un procuratore all’ufficio regionale di Banja Luka rispondesse ad una necessità operativa. Il Consiglio rileva che non esiste alcun elemento che dimostri che la ricorrente sia stata oggetto di molestie psicologiche.

42      In limine, per un verso, si deve rilevare che, sebbene sia vero che le decisioni adottate dalle autorità competenti dell’EUPM relative all’allocazione delle risorse umane ad essa assegnate dagli Stati membri e dalle istituzioni dell’Unione per il compimento delle attività condotte a livello di teatro delle operazioni presentino aspetti operativi ricadenti nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), esse configurano altresì, per loro stessa natura, atti di gestione del personale, al pari di qualunque decisione simile adottata dalle istituzioni dell’Unione nell’ambito dell’esercizio delle loro competenze (prima sentenza su impugnazione, punto 54).

43      Inoltre, le decisioni impugnate si inseriscono in un contesto in cui le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale (prima sentenza su impugnazione, punto 69).

44      Per altro verso, occorre ricordare che, nella giurisprudenza in materia di funzione pubblica dell’Unione, è stata riconosciuta la possibilità di invocare l’esistenza di molestie psicologiche a sostegno di conclusioni di annullamento che non sono dirette contro il rigetto di una domanda di assistenza presentata da un agente per il motivo che egli ritiene di essere vittima di molestie psicologiche, ma che sono dirette contro altre decisioni adottate dall’amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2010, Menghi/ENISA, F‑2/09, EU:F:2010:12, punti 67 e da 70 a 72). Poiché i membri del personale distaccati dalle istituzioni dell’Unione, il cui statuto è disciplinato dallo Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), e quelli distaccati dagli Stati membri, come la ricorrente, sono soggetti alle medesime norme per quanto riguarda l’esercizio delle loro funzioni nel «teatro delle operazioni» (v., in tal senso, prima sentenza su impugnazione, punto 50), occorre applicare per analogia tale giurisprudenza alle conclusioni dirette contro le decisioni del capo dell’EUPM che decidono in merito alla riassegnazione di un membro del personale distaccato da uno Stato membro.

45      Emerge inoltre dalla giurisprudenza che l’esistenza di un contesto di molestie psicologiche può altresì essere preso in considerazione, anche qualora l’autore di tali molestie sia il firmatario della decisione contestata, per dimostrare che tale decisione è stata adottata allo scopo di nuocere al membro del personale e che essa è, di conseguenza, viziata da sviamento di potere. Pertanto, per quanto riguarda la deduzione di molestie psicologiche invocate a sostegno di conclusioni dirette avverso una decisione di riassegnazione, detta decisione potrà essere viziata da sviamento di potere qualora sia stata adottata allo scopo di nuocere alla personalità, alla dignità o all’integrità fisica e psichica del membro del personale (v., per analogia, sentenza del 24 febbraio 2010, Menghi/ENISA, F‑2/09, EU:F:2010:12, punti 71 e 72).

46      Nel caso di specie, è giocoforza constatare che ciò che la ricorrente indica come quinto motivo, vertente su molestie psicologiche, rappresenta, almeno in parte, il fondamento fattuale del terzo motivo, vertente su uno sviamento di potere, nel cui ambito essa afferma che il capo dell’EUPM avrebbe posto in essere uno sviamento di potere all’unico scopo di molestarla e offenderla.

47      Di conseguenza, il terzo e il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente.

48      Secondo una costante giurisprudenza, la nozione di sviamento di potere ha una portata ben precisa e fa riferimento al fatto che un’autorità amministrativa ha esercitato i suoi poteri per uno scopo diverso da quello per cui le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo quando, in base a indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, essa appaia adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati. Al riguardo, non basta invocare talune circostanze a sostegno delle proprie asserzioni, ma occorre inoltre fornire indizi sufficientemente precisi, obiettivi e concordanti in grado di suffragare la loro veridicità o, quanto meno, la loro verosimiglianza; in mancanza di ciò non può essere messa in discussione l’esattezza materiale delle affermazioni dell’istituzione interessata (v. ordinanza del 19 dicembre 2013, da Silva Tenreiro/Commissione, T‑32/13 P, EU:T:2013:721, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata).

49      Si deve altresì rammentare che la giurisprudenza ha riconosciuto alle istituzioni dell’Unione un ampio potere discrezionale nell’organizzazione dei loro servizi, in funzione dei compiti loro affidati, e nell’assegnazione a determinati posti, in considerazione dello svolgimento di detti compiti, del personale disponibile, a condizione tuttavia che tale assegnazione venga effettuata nell’interesse del servizio e nel rispetto dell’equivalenza degli impieghi (v. sentenza del 25 luglio 2006, Fries Guggenheim/Cedefop, T‑373/04, EU:T:2006:224, punto 67 e giurisprudenza ivi citata). In tale contesto, il sindacato del Tribunale deve limitarsi alla questione se l’istituzione implicata si sia mantenuta entro limiti non censurabili e non abbia fatto uso del suo potere discrezionale in maniera manifestamente erronea (v. sentenza del 25 luglio 2006, Fries Guggenheim/Cedefop, T‑373/04, EU:T:2006:224, punto 68 e giurisprudenza citata).

50      Inoltre, qualora una decisione non sia stata giudicata in contrasto con l’interesse del servizio, non può parlarsi di sviamento di potere (v. sentenza del 7 febbraio 2007, Clotuche/Commissione, T‑339/03, EU:T:2007:36, punto 126 e giurisprudenza ivi citata).

51      Nel caso di specie, nella decisione del 7 aprile 2010 la riassegnazione della ricorrente, a partire dal 19 aprile 2010, dal posto di Senior Legal Advisor/Legal Counsel, che essa occupava presso il quartier generale dell’EUPM a Sarajevo, al posto di Criminal Justice Adviser – Prosecutor presso l’ufficio regionale dell’EUPM di Banja Luka è stata motivata da «motivi operativi». Tale motivazione è stata integrata nell’ambito della decisione del 30 aprile 2010, da cui risulta che il motivo operativo della riassegnazione della ricorrente si fondava sulla necessità di disporre della consulenza di un procuratore nell’ufficio di Banja Luka.

52      È alla luce di tale motivazione e dei principi sopra enunciati che occorre verificare se il capo dell’EUPM abbia operato uno sviamento dei propri poteri procedendo alla riassegnazione della ricorrente nell’ambito dell’EUPM.

53      La ricorrente deduce, in sostanza, tre ordini di argomenti volti a dimostrare che le decisioni impugnate sono viziate da uno sviamento di potere. In primo luogo, la sua riassegnazione non sarebbe stata decisa nell’interesse del servizio, in secondo luogo, la sua riassegnazione sarebbe stata effettuata allo scopo di molestarla e, in terzo luogo, la sua riassegnazione sarebbe stata decisa quale reazione alle critiche mosse alla gestione dell’EUPM e avrebbe quindi carattere punitivo.

54      Si deve anzitutto verificare se l’argomento della ricorrente relativo al carattere punitivo della sua riassegnazione consenta di accertare l’esistenza di uno sviamento di potere.

55      A tal proposito occorre ricordare che, in forza della giurisprudenza citata al precedente punto 45, la decisione di riassegnazione sarebbe viziata da sviamento di potere se fosse stata adottata in un contesto di molestie psicologiche e allo scopo di nuocere alla personalità, alla dignità o all’integrità fisica o psichica del soggetto interessato dal provvedimento di riassegnazione. Ciò vale altresì per il caso in cui la riassegnazione equivalga, in realtà, ad una sanzione nei confronti della ricorrente per le sue critiche relative alla gestione dell’EUPM. Simili circostanze, ove dimostrate, costituirebbero uno sviamento di potere, in quanto il capo dell’EUPM avrebbe fatto uso dei suoi poteri per uno scopo diverso da quello per cui tali poteri gli sono stati conferiti e, peraltro, la riassegnazione non potrebbe essere considerata come effettuata nell’interesse del servizio. Si deve pertanto verificare se la ragione determinante per la riassegnazione della ricorrente siano stati i motivi invocati nelle decisioni impugnate e attinenti all’interesse del servizio, o se dette decisioni siano state adottate per raggiungere fini diversi, e non legittimi, rispetto a quelli dichiarati.

56      Nel caso di specie, occorre rilevare che l’obiettivo perseguito mediante la riassegnazione della ricorrente, vale a dire la necessità di disporre della consulenza di un procuratore nell’ufficio regionale dell’EUPM a Banja Luka, corrispondeva, sul piano formale, alla missione dell’EUPM quale risultante dall’articolo 2 della decisione 2009/906, ossia il sostegno ai pertinenti servizi di contrasto della Bosnia-Erzegovina nella lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione. Si deve inoltre precisare che il posto di Banja Luka, al quale la ricorrente è stata riassegnata (Criminal Justice Adviser – Prosecutor), identificato come posto ROBL-04, era vacante al momento dell’adozione della decisione del 7 aprile 2010 con la denominazione di Criminal Justice Expert e, secondo l’invito a presentare candidature, doveva essere coperto «non appena possibile». Inoltre, è pacifico che le qualifiche e l’esperienza professionale della ricorrente corrispondevano al profilo ricercato. Peraltro, risulta esplicitamente dall’atto di candidatura della ricorrente al posto di Chief of Legal Office che quest’ultima si era dichiarata disposta a servire l’EUPM in un posto diverso da quello indicato nella sua candidatura, come sostiene il Consiglio.

57      Tuttavia, è giocoforza constatare che gli indizi forniti dalla ricorrente, nonché gli elementi contenuti nel fascicolo sono sufficientemente precisi, oggettivi e concordanti da consentire di concludere che è verosimile che le decisioni impugnate siano state adottate in ragione di circostanze diverse dalla necessità di disporre dei servizi della ricorrente in qualità di procuratore a Banja Luka e che il capo dell’EUPM, mediante la sua riassegnazione, perseguisse principalmente uno scopo diverso da quello di sostenere i pertinenti servizi di contrasto della Bosnia-Erzegovina nella lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione.

58      A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che, con lettera del 17 marzo 2010, la ricorrente nonché una delle sue colleghe, A, hanno informato i loro superiori gerarchici in merito alle presunte irregolarità commesse nella gestione dell’EUPM. Tale lettera è stata consegnata, il 17 marzo 2010, al superiore gerarchico della ricorrente, il direttore dell’unità politica dell’EUPM, circostanza questa non contestata dal Consiglio. Il 26 marzo 2010 un elenco di irregolarità, che erano state oggetto della lettera del 17 marzo 2010, è stato trasmesso dall’assistente della ricorrente all’ufficio del capo dell’EUPM, nella prospettiva di una riunione tra la ricorrente, A e quest’ultimo. Neppure tale elemento è contestato dal Consiglio. Pertanto, la decisione del 7 aprile 2010 è stata adottata solo tre settimane dopo la consegna della lettera del 17 marzo 2010 al superiore gerarchico della ricorrente e dodici giorni dopo la trasmissione di un elenco di irregolarità al capo dell’EUPM.

59      In secondo luogo, va rilevato che la decisione del 7 aprile 2010 è stata adottata prima che fosse svolta un’indagine sulle questioni sollevate dalla ricorrente e da A nella lettera del 17 marzo 2010.

60      In terzo luogo, dal fascicolo risulta che la riunione tra la ricorrente, A e il capo dell’EUPM è stata programmata per il 14 aprile 2010. Secondo la ricorrente, tale riunione non ha avuto luogo, il che non è contestato dal Consiglio.

61      In quarto luogo, si deve rilevare che il capo dell’EUPM ha deciso soltanto il 22 aprile 2010, a seguito di uno scambio di corrispondenza tra lui stesso e A, di avviare un’indagine interna su talune affermazioni formulate da quest’ultima nei suoi messaggi di posta elettronica del 5 e del 21 aprile 2010. In tale contesto va precisato che nell’ambito della decisione stessa, che è stata prodotta dalla ricorrente in allegato alle sue osservazioni sulla seconda sentenza su impugnazione, il capo dell’EUPM ha fatto riferimento a un elenco trasmesso dal dipartimento giuridico (Legal Office). È ragionevole ritenere che egli si riferisse all’elenco trasmesso il 26 marzo 2010 dall’assistente della ricorrente all’ufficio del capo dell’EUPM (v. precedente punto 58). Si deve inoltre rilevare che il capo dell’EUPM ha ricordato, in tale decisione di avvio di un’indagine, i termini della sua lettera del 19 aprile 2010, secondo i quali A, nel suo messaggio di posta elettronica del 5 aprile 2010, aveva formulato affermazioni gravi e non suffragate nei confronti del gruppo dirigente dell’EUPM. Peraltro, dalla suddetta lettera del 19 aprile 2010, prodotta dal Consiglio in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, risulta che il messaggio di posta elettronica di A del 5 aprile 2010 e l’assenza di reazione manageriale della ricorrente, in qualità di superiore gerarchico di A, in ordine a detto messaggio, hanno nuovamente compromesso in modo serio i rapporti tra il dipartimento giuridico e il dipartimento di amministrazione e di supporto.

62      In quinto luogo, è giocoforza rilevare che il capo dell’EUPM ha confermato, mediante decisione del 30 aprile 2010, la riassegnazione della ricorrente a Banja Luka prima che fosse noto l’esito dell’indagine interna menzionata al precedente punto 61 e che fosse condotta un’indagine specifica sulle questioni sollevate dalla ricorrente e da A nella lettera del 17 marzo 2010.

63      In sesto luogo, dal fascicolo risulta che, con lettera del 26 maggio 2010, il capo dell’EUPM ha risolto il contratto di A per perdita di fiducia. A tal riguardo si deve precisare che il Mediatore, facendo seguito alla denuncia di A, ha dichiarato nella sua decisione del 4 giugno 2015 che sussisteva un caso di cattiva amministrazione. Il Mediatore ha criticato il fatto che il contratto di A fosse stato risolto otto giorni dopo la trasmissione, da parte di quest’ultima, di una lettera al direttore della capacità civile di pianificazione e di condotta, che esercitava le sue funzioni in seno al segretariato generale del Consiglio, quale comandante delle operazioni civili dell’EUPM, in merito alle presunte irregolarità commesse in seno all’EUPM. Esso ha inoltre deplorato l’assenza di un quadro predeterminato per il trattamento delle segnalazioni di disfunzione da parte di informatori e per garantire la protezione di questi ultimi. In tale contesto, esso ha formulato critiche riguardo al fatto che, nel caso in esame, l’inchiesta fosse stata condotta su base ad hoc.

64      In settimo luogo, i documenti contenuti nel fascicolo non consentono di concludere che, alla data di adozione della decisione del 7 aprile 2010, la procedura di selezione avviata al fine di assegnare il posto di Criminal Justice Expert non fosse andata a buon fine e che la decisione di riassegnazione della ricorrente fosse stata adottata in un contesto di assenza di candidati ammissibili per tale posto.

65      Risulta infatti da una tabella, non datata, fornita dal Consiglio dopo l’udienza organizzata nel corso del procedimento svolto dopo il primo rinvio ad opera della Corte che, tra i due candidati che avevano presentato domanda per il posto di Criminal Justice Expert, un solo candidato, di nazionalità italiana, era ammissibile, ma era stato escluso in quanto un altro candidato corrispondeva maggiormente al profilo richiesto. Dalla tabella citata non emerge, tuttavia, che esistesse un altro candidato che potesse essere considerato ammissibile al posto in questione. Peraltro, il Consiglio afferma, nelle sue osservazioni sulla seconda sentenza su impugnazione, che nessuno dei profili dei candidati partecipanti alla procedura di selezione corrispondeva quanto il profilo della ricorrente al posto in questione.

66      Inoltre, la relazione del 23 aprile 2010 inviata dal capo dell’EUPM al comandante delle operazioni civili dell’EUPM sul risultato di vari inviti a presentare candidature per l’EUPM, oltre ad essere posteriore alla decisione del 7 aprile 2010, si limita a precisare che sei posti non avevano potuto essere assegnati e tre erano stati oggetto di proroga o di «altre decisioni operative».

67      In tali circostanze non si può ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio nelle sue memorie difensive, che la procedura non fosse andata a buon fine per mancanza di candidati idonei. In realtà è più plausibile ritenere, sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo, che detta procedura non abbia avuto esito positivo in quanto è stato deciso di riassegnare la ricorrente al posto in questione.

68      Le circostanze evocate dal Consiglio, ossia che il posto di Criminal Justice Expert non era la priorità dei due candidati a detto posto e che essi sono stati scelti per altri posti presso l’EUPM conformemente alle loro preferenze, non valgono a dimostrare che la procedura di selezione relativa al posto suddetto non fosse più in corso al momento dell’adozione della decisione del 7 aprile 2010. Sebbene sia innegabile, sulla base dei documenti contenuti nel fascicolo, che i due candidati in questione non hanno scelto il posto di Criminal Justice Expert come loro priorità massima, non è dimostrato, in mancanza di elementi di prova a sostegno di tale asserzione, che l’assunzione di detti candidati ad altri posti sia stata decisa prima dell’adozione della decisione del 7 aprile 2010. Inoltre, e in ogni caso, per quanto riguarda il candidato giudicato ammissibile per il posto di Criminal Justice Expert, le sue preferenze personali non avrebbero dovuto essere determinanti al fine di concludere che non esisteva, alla data di riassegnazione della ricorrente, alcun candidato idoneo ad occupare tale posto.

69      Il Consiglio ha peraltro ammesso, in udienza, che la procedura di selezione per il posto di Criminal Justice Expert non era stata chiusa alla data di adozione della decisione di riassegnazione della ricorrente a Banja Luka. Quanto all’argomento del Consiglio secondo cui, il 7 aprile 2010, le candidature a detto posto erano già note, in quanto il termine ultimo per il loro deposito era il 23 marzo 2010, è sufficiente constatare che dal fascicolo non risulta che tali informazioni siano state portate a conoscenza del capo dell’EUPM prima che questi adottasse la decisione del 7 aprile 2010.

70      È certo vero che possono verificarsi casi in cui la riassegnazione di un agente a un altro posto si rivela necessaria prima di attendere l’esito di una procedura di selezione. Tuttavia, il Consiglio non ha dedotto elementi che consentano di comprendere le ragioni per le quali il capo dell’EUPM aveva proceduto in tal senso nel caso di specie. Inoltre, l’invito a presentare candidature per il posto di Criminal Justice Expert è stato inviato agli Stati membri solo poco più di un mese prima della data della decisione di riassegnazione di cui trattasi, vale a dire il 2 marzo 2010, con un termine ultimo per la presentazione delle candidature fissato al 23 marzo 2010. Peraltro, dal fascicolo non risulta che la procedura di selezione sia stata annullata prima dell’adozione della decisione del 7 aprile 2010.

71      Pertanto, nel caso di specie, il capo dell’EUPM avrebbe dovuto attendere l’esito formale della procedura di selezione avviata per il posto di Criminal Justice Expert prima di adottare, se del caso, la decisione del 7 aprile 2010.

72      In ottavo luogo, l’affermazione della ricorrente secondo cui il capo dell’EUPM avrebbe preso la decisione di riassegnarla a qualsiasi altro posto nell’ambito dell’EUPM è suffragata, quantomeno indirettamente, dal contenuto di uno scambio di messaggi di posta elettronica con il direttore dell’unità politica dell’EUPM, che era il suo superiore gerarchico, e con il capo dell’ufficio regionale di Banja Luka. Invero, dalla risposta del citato direttore al messaggio di posta elettronica della ricorrente del 7 aprile 2010 risulta che i posti disponibili in Bosnia-Erzegovina per la riassegnazione erano a Banja Luka, Mostar e Tuzla. Dalla risposta del capo dell’ufficio regionale di Banja Luka al messaggio di posta elettronica della ricorrente dell’8 aprile 2010 risulta inoltre che quest’ultimo non aveva chiesto di far ricorso a un altro procuratore e che non aveva urgentemente bisogno della sua presenza a Banja Luka.

73      In nono luogo, occorre constatare che la riassegnazione della ricorrente a Banja Luka è stata effettuata contro la sua volontà. Inoltre, dal fascicolo non risulta che le sia stata data la possibilità di presentare le sue osservazioni prima dell’adozione della decisione del 7 aprile 2010.

74      In decimo luogo, benché la riassegnazione della ricorrente da Sarajevo a Banja Luka non abbia modificato né il suo status amministrativo, né la sua retribuzione, né le sue indennità, ciò non toglie che tale riassegnazione, decisa il 7 aprile 2010, formalmente a partire dal 19 aprile 2010 e nei fatti a partire dal 26 aprile 2010, e quindi a breve termine, in un altro luogo, implicante, peraltro, un cambiamento delle mansioni da svolgere, e senza che tale decisione sia stata accompagnata da spiegazioni dettagliate, dev’essere stata percepita dalla ricorrente come una sanzione.

75      Tale impressione doveva imporsi alla ricorrente a maggior ragione in considerazione del fatto che il posto al quale era stata riassegnata equivaleva a una riassegnazione da un posto «senior» ad un posto «non senior». Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, dagli atti di causa risulta che nell’ambito dell’EUPM esistevano posti di vari livelli, tra i quali, per un verso, posti qualificati come «senior», come «Senior Legal Advisor/Legal Counsel», «Senior Criminal Justice Expert» o «Senior Economic Crime Expert» e, per altro verso, quelli corrispondenti a un livello inferiore e implicanti inferiori responsabilità, segnatamente di gestione e di coordinamento, quali «Criminal Justice Expert» o «Economic Crime Expert». Ne consegue che la ricorrente ha potuto effettivamente percepire la sua riassegnazione dal posto di Senior Legal Advisor/Legal Counsel nel quartier generale dell’EUPM a Sarajevo, per il quale essa aveva specificamente presentato la propria candidatura nel momento in cui esercitava le funzioni di Criminal Justice Unit Adviser, pure a Sarajevo, al posto di Criminal Justice Adviser – Prosecutor presso l’ufficio regionale dell’EUPM di Banja Luka, come un’assegnazione ad un posto di livello inferiore che presentava per lei un minore interesse sul piano professionale e, pertanto, come una sanzione.

76      Del resto, occorre rilevare che ogni funzionario che, anche prima dell’entrata in vigore dell’articolo 22 bis dello Statuto, avesse preso l’iniziativa di avvisare la sua gerarchia in ordine all’esistenza di illeciti o di inadempimenti agli obblighi statutari di cui fosse venuto a conoscenza, idonei a ledere gli interessi finanziari dell’Unione, avrebbe già avuto diritto a beneficiare della tutela dell’istituzione al cui servizio lavorava contro qualsiasi eventuale atto di rappresaglia a motivo di tale divulgazione e a non essere penalizzato da detta istituzione a condizione di aver agito ragionevolmente e onestamente (sentenza del 4 aprile 2019, Rodriguez Prieto/Commissione, T‑61/18, EU:T:2019:217, punto 71). Lo stesso deve valere per un membro del personale dell’EUPM, quale la ricorrente, cui tali principi si applicano mutatis mutandis (v. la giurisprudenza citata supra al punto 44).

77      In tali circostanze, gli elementi summenzionati, la loro cronologia, nonché il contesto in cui essi si inseriscono consentono di ritenere che la ragione determinante ai fini dell’adozione delle decisioni impugnate non sia stato l’interesse del servizio, consistente nella necessità di disporre dei servizi della ricorrente a Banja Luka al posto di Criminal Justice Adviser – Prosecutor, bensì il fatto che quest’ultima avesse denunciato, insieme ad A, presunte irregolarità in ordine alla gestione dell’EUPM. Pertanto, si deve dichiarare che le decisioni impugnate sono viziate da uno sviamento di potere in quanto adottate per perseguire fini diversi, e non legittimi, rispetto a quelli dichiarati, e che il capo dell’EUPM ha pertanto fatto uso dei propri poteri per uno scopo diverso da quello per il quale tali poteri gli sono stati conferiti.

78      La circostanza evocata dal Consiglio, secondo cui l’indagine svolta su decisione del direttore della capacità civile di pianificazione e di condotta a seguito di una lettera di A (v. punto 63 supra) non ha consentito di rilevare l’esistenza di irregolarità, non può inficiare la conclusione di cui al precedente punto 77. Infatti, il risultato di tale indagine è privo di incidenza in ordine alla questione se la riassegnazione della ricorrente fosse connessa alla lettera del 17 marzo 2010 e se presentasse un carattere punitivo dovuto al fatto che essa aveva menzionato presunte irregolarità nella gestione dell’EUPM. Peraltro, il Consiglio non ha mai sostenuto che la ricorrente non avesse agito in buona fede nel consegnare la lettera in questione al suo superiore gerarchico.

79      Inoltre, riguardo all’argomento del Consiglio secondo cui la ricorrente si è dichiarata disposta a servire l’EUPM in un posto diverso da quello indicato nella sua candidatura al posto di Chief of Legal Office, è sufficiente rilevare che una siffatta dichiarazione, che effettivamente risulta dal fascicolo, non può giustificare una riassegnazione decisa in un contesto di denuncia di asserite irregolarità commesse nell’ambito dell’EUPM. Neppure il fatto che la ricorrente avrebbe potuto chiedere alle autorità italiane di porre fine al suo distacco è idoneo a confermare la legittimità della riassegnazione. Oltre al fatto che una simile facoltà sarebbe venuta in essere solo a seguito della riassegnazione, essa non può legittimare un provvedimento di riassegnazione avente carattere punitivo, se non addirittura abusivo.

80      Inoltre, il fatto, menzionato dal Consiglio, che il posto di Chief of Legal Office, occupato dalla ricorrente a Sarajevo, fosse stato rinominato Senior Legal Advisor/Legal Counsel a partire dal 1º gennaio 2010, a seguito della ristrutturazione dell’EUPM, non consente di dimostrare che non vi fosse più bisogno dei suoi servizi nel quartier generale dell’EUPM a Sarajevo o che le decisioni impugnate siano state adottate nel solo interesse del servizio.

81      Peraltro, riguardo all’argomento del Consiglio secondo cui, in sostanza, gli asseriti scambi verbali tra la ricorrente e il capo aggiunto dell’EUPM nell’aprile 2010, menzionati nelle osservazioni della ricorrente del 17 febbraio 2020, costituiscono fatti nuovi e sono, pertanto, irricevibili, è sufficiente rilevare che siffatte conversazioni sono già state invocate, in sostanza, nell’ambito del ricorso.

82      Dall’insieme delle suesposte considerazioni deriva che il motivo vertente su uno sviamento di potere dev’essere accolto. Occorre, pertanto, annullare le decisioni impugnate, senza che sia necessario pronunciarsi sulle altre censure sollevate nell’ambito del terzo e del quinto motivo, nonché sugli altri motivi della ricorrente.

 Sulla domanda di risarcimento

 Sulla ricevibilità

83      Il Consiglio, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, sostiene nella controreplica che, per quanto riguarda la domanda di risarcimento per un importo di EUR 8 000, formulata dalla ricorrente per la prima volta in sede di replica e diretta al risarcimento del danno materiale da essa asseritamente subito per il fatto di non aver potuto beneficiare dell’indennità di missione a causa del congedo di malattia, quest’ultima non ha chiesto né ottenuto l’autorizzazione ad ampliare l’ambito del suo ricorso al riguardo.

84      A tal proposito occorre ricordare che, conformemente all’articolo 76, lettera e), del regolamento di procedura, la parte ricorrente è tenuta ad indicare le sue conclusioni nel ricorso. Pertanto, in linea di principio, possono essere prese in considerazione solo le conclusioni esposte nell’atto introduttivo del giudizio e la fondatezza del ricorso deve essere valutata unicamente alla luce delle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio (sentenza del 24 ottobre 2018, Epsilon International/Commissione, T‑477/16, non pubblicata, EU:T:2018:714, punto 45; v. altresì, in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1965, Krawczynski/Commissione, 83/63, EU:C:1965:70, pag. 785, e del 25 settembre 1979, Commissione/Francia, 232/78, EU:C:1979:215, punto 3).

85      L’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura autorizza la produzione di motivi nuovi, a condizione che questi ultimi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Dalla giurisprudenza risulta che tale condizione vale a fortiori per qualsiasi modifica delle conclusioni e che, in mancanza di elementi di diritto e di fatto emersi durante la fase scritta del procedimento, possono essere prese in considerazione solo le conclusioni dell’atto introduttivo del ricorso (sentenze del 13 settembre 2013, Berliner Institut für Vergleichende Sozialforschung/Commissione, T‑73/08, non pubblicata, EU:T:2013:433, punto 43, e del 24 ottobre 2018, Epsilon International/Commissione, T‑477/16, non pubblicata, EU:T:2018:714, punto 46).

86      Inoltre, secondo costante giurisprudenza, dev’essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisca l’ampliamento di un motivo enunciato precedentemente, direttamente o implicitamente, nel ricorso e che presenti uno stretto collegamento con quest’ultimo (v. sentenza dell’8 novembre 2018, “Pro NGO!”/Commissione, T‑454/17, EU:T:2018:755, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

87      Nel caso di specie, è certamente vero che, come sostiene il Consiglio, la domanda di risarcimento di cui trattasi non è stata formulata nel ricorso. Tuttavia, il danno materiale asseritamente subito dalla ricorrente si colloca in un contesto di fatto intervenuto dopo la presentazione del ricorso, ossia il 16 giugno 2010, pur presentando, ad avviso della ricorrente, un nesso con gli atti di molestie psicologiche asseritamente subiti da quest’ultima nell’ambito dell’EUPM ed esposti nel ricorso. Per un verso, la ricorrente fa riferimento a taluni certificati medici che sono successivi alla data di proposizione del ricorso per dimostrare di essere stata in congedo di malattia a partire dall’agosto 2010, e ciò fino alla fine del suo distacco presso l’EUPM, e che tale congedo di malattia doveva essere attribuito a episodi di molestie asseritamente subiti al suo interno. Per altro verso, essa si basa su taluni messaggi di posta elettronica del febbraio e del marzo 2011 al fine di dimostrare di non aver potuto beneficiare di una parte dell’indennità di missione per l’anno 2010 a causa della sua assenza dal lavoro connessa al suo congedo per malattia. Detti elementi sono emersi durante la fase scritta del procedimento nella causa T‑271/10, tra il deposito del ricorso e la replica, e sono stati invocati dalla ricorrente nella replica, nel cui ambito è stata formulata anche la domanda risarcitoria in questione.

88      In tali circostanze, sarebbe contrario ad una buona amministrazione della giustizia e a un’esigenza di economia processuale obbligare la ricorrente a proporre un nuovo ricorso per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno materiale che essa asserisce di aver subito a causa delle presunte molestie psicologiche. Pertanto, tale domanda è ricevibile.

89      Inoltre, riguardo all’argomento del Consiglio secondo cui talune circostanze menzionate nelle osservazioni della ricorrente sulla seconda sentenza su impugnazione sarebbero nuove e, pertanto, irricevibili, occorre rilevare che, nel punto considerato dal Consiglio, la ricorrente espone, in sostanza, un argomento vertente su un’ordinanza di un giudice italiano del 21 gennaio 2020 e tenta di dimostrare l’esistenza di un danno morale che le decisioni impugnate avrebbero arrecato, in sostanza, alla sua reputazione professionale. Essa produce, a tal fine, la decisione di cui trattasi, che, a fronte della sua denuncia, dispone l’avvio di un procedimento nei confronti dell’autore di un articolo pubblicato nell’aprile 2011. Essa produce altresì l’articolo stesso, che verte, a suo avviso, sui fatti di cui alla presente causa e che è diffamatorio nei suoi confronti.

90      In forza dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. Tali principi sono applicabili nel corso del presente procedimento successivo all’annullamento e al rinvio, poiché quest’ultimo costituisce il prolungamento parziale della medesima controversia che era iniziata con il deposito del ricorso (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Kakol/Commissione, T‑641/16 RENV e T‑137/17, non pubblicata, EU:T:2018:958, punto 70).

91      Nel caso di specie, è pacifico che l’ordinanza prodotta dalla ricorrente in allegato alle sue osservazioni del 17 febbraio 2020 non ha potuto essere presentata in precedenza, in quanto tale ordinanza è datata gennaio 2020. Pertanto, tenuto conto del carattere recente di tale ordinanza, la sua produzione è ricevibile (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2018, Verein Deutsche Sprache/Commissione, T‑468/16, non pubblicata, EU:T:2018:207, punto 20).

92      Per contro, per quanto riguarda l’articolo pubblicato nell’aprile 2011, la ricorrente non invoca circostanze particolari che giustifichino la sua produzione in allegato alle sue osservazioni sulla seconda sentenza su impugnazione e quindi diversi anni dopo la pubblicazione del detto articolo. Pertanto, detto elemento di prova dev’essere dichiarato irricevibile.

 Nel merito

93      La ricorrente sostiene che la condotta illegittima dell’EUPM le ha cagionato un danno. Per un verso, essa avrebbe subito un danno morale derivante dal pregiudizio che la sua riassegnazione e la sua «retrocessione» avrebbero arrecato alla sua salute, alla sua integrità, alla sua dignità e alla sua reputazione professionale. Per altro verso, essa avrebbe subito un danno morale in conseguenza degli atti di molestia di cui sarebbe stata oggetto in seno all’EUPM. In tale contesto, essa lamenta il danno arrecato alla sua salute. Essa ritiene che l’importo del risarcimento debba essere valutato ex aequo et bono e che esso ammonti a EUR 30 000. Essa precisa che la concessione di un risarcimento resta l’unico modo di porre rimedio all’illegittimità delle decisioni impugnate. Essa chiede inoltre, in sede di replica, il risarcimento del danno subito per non aver potuto beneficiare dell’indennità di missione a causa del congedo di malattia. Tale danno ammonterebbe ad EUR 8 000.

94      Il Consiglio osserva che il ricorso non contiene alcun elemento di fatto relativo all’esistenza di un danno cagionato all’integrità della ricorrente. Per quanto riguarda l’esistenza di un danno alla sua salute, esso rileva che la ricorrente non dimostra che vi sia stato un nesso di causalità tra la sua riassegnazione e il suo stato di salute. Esso sostiene, inoltre, che la ricorrente ha introdotto nella replica nuovi elementi, basati su eventi verificatisi dopo la sua riassegnazione e che non possono, pertanto, servire a dimostrare il necessario nesso di causalità con le decisioni impugnate. Per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni per un importo di EUR 8 000, esso sostiene che la ricorrente non ha dimostrato un nesso di causalità diretto e certo tra il danno di cui trattasi e la decisione di riassegnazione. Esso aggiunge che l’importo delle indennità di missione non è cambiato con la riassegnazione della ricorrente a Banja Luka. Peraltro, esso contesta il fatto che la mancanza di effetto utile di un eventuale annullamento delle decisioni impugnate comporti il diritto al risarcimento di un danno ulteriore.

95      In limine, occorre rilevare che la domanda risarcitoria della ricorrente si basa sul regime della responsabilità extracontrattuale dell’Unione in ragione di un asserito comportamento illecito dei suoi organi.

96      In conformità a una costante giurisprudenza, l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subìto dai soggetti lesi (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

97      Nel caso di specie, in primo luogo, per quanto riguarda la domanda della ricorrente diretta al risarcimento del danno morale cagionato dalla sua riassegnazione, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, qualora la domanda risarcitoria trovi il suo fondamento nell’illegittimità dell’atto annullato, l’annullamento pronunciato dal Tribunale costituisce, di per se stesso, un risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente per qualsiasi danno morale che il ricorrente possa aver subito (v. sentenza del 18 settembre 2015, Wahlström/Frontex, T‑653/13 P, EU:T:2015:652, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

98      Tuttavia, è stato dichiarato che l’annullamento di un atto, quando è privato di ogni effetto utile, non può costituire di per se stesso il risarcimento adeguato e sufficiente di ogni danno morale causato dall’atto annullato (sentenza del 18 settembre 2015, Wahlström/Frontex, T‑653/13 P, EU:T:2015:652, punto 83).

99      Orbene, nel caso di specie, poiché il distacco della ricorrente si è concluso alla fine del 2010 e il mandato dell’EUPM è scaduto nel 2012, l’annullamento delle decisioni impugnate sarà privo di qualsiasi effetto utile e non costituirà un risarcimento adeguato e sufficiente del danno morale subito dalla ricorrente.

100    Occorre quindi stabilire se l’illegittimità delle decisioni impugnate, come constatata ai precedenti punti da 48 a 82, corrisponda ad una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli e se la ricorrente abbia dimostrato l’esistenza di un danno connesso a tale illegittimità.

101    Per quanto attiene alla condizione relativa all’esistenza di un comportamento illegittimo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’accertamento dell’illegittimità di un atto giuridico, per quanto censurabile sia tale illegittimità, non è sufficiente per considerare soddisfatta la condizione per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione per l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni (v. sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, T‑384/11, EU:T:2014:986, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Tale condizione presuppone la violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli. Una violazione siffatta si concretizza allorquando essa implica un travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti imposti al suo potere discrezionale, tenendo presente che gli elementi da prendere in considerazione al riguardo sono, in particolare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, nonché l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva all’autorità dell’Unione (v. sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punti 29 e 30 e giurisprudenza ivi citata).

102    Nel caso di specie è dimostrato che le decisioni impugnate sono viziate da uno sviamento di potere, in quanto adottate per perseguire fini diversi e, non legittimi, rispetto a quelli dichiarati, vale a dire al fine di sanzionare la ricorrente per aver denunciato, con una delle sue colleghe, presunte irregolarità in ordine alla gestione dell’EUPM.

103    Una siffatta illegittimità, commessa in un contesto in cui le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale e il controllo esercitato dal Tribunale è limitato (v. punti 43 e 49 supra) dev’essere considerata particolarmente grave e costitutiva di una violazione sufficientemente qualificata, tale da far sorgere la responsabilità dell’Unione.

104    In ogni caso, nella specie, la mera constatazione di un’illegittimità è sufficiente per ritenere soddisfatta la prima delle tre condizioni necessarie per il sorgere della responsabilità dell’Unione per i danni cagionati a un membro del personale nazionale distaccato.

105    Invero, il contenzioso in materia di funzione pubblica ai sensi dell’articolo 270 TFUE e degli articoli 90 e 91 dello Statuto, compreso quello diretto al risarcimento di un danno causato ad un funzionario o ad un agente, risponde a regole particolari e speciali rispetto a quelle derivanti dai principi generali che disciplinano la responsabilità extracontrattuale dell’Unione nell’ambito dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. Risulta segnatamente dallo Statuto che, a differenza di qualsiasi altro soggetto, il funzionario o l’agente dell’Unione è legato all’istituzione o all’organismo presso cui presta servizio da un rapporto giuridico d’impiego che implica un equilibrio di diritti ed obblighi reciproci specifici, che si manifesta nel dovere di sollecitudine dell’istituzione nei confronti dell’interessato (v. sentenza del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, EU:T:2010:531, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che la mera constatazione di un’illegittimità è sufficiente per ritenere soddisfatta la prima delle tre condizioni necessarie affinché sorga la responsabilità dell’Unione per i danni causati ai propri funzionari e agenti a causa di una violazione del diritto della funzione pubblica dell’Unione (sentenza del 12 luglio 2011, Commissione/Q, T‑80/09, EU:T:2011:347, punto 45). Per i motivi esposti al precedente punto 44, tali principi sono applicabili mutatis mutandis in un caso come quello di specie.

106    Ne consegue che occorre esaminare, in un secondo tempo, se l’illegittimità constatata abbia provocato alla ricorrente un danno morale reale e certo, assicurandosi nel contempo, al riguardo, che tale danno costituisca la conseguenza diretta dell’illegittimità suddetta (v., in tal senso, sentenza del 4 aprile 2017, Mediatore/Staelen, C‑337/15 P, EU:C:2017:256, punto 127 e giurisprudenza ivi citata). A tal proposito occorre precisare che, se è pur vero che la presentazione di un’offerta di prova non è necessariamente considerata quale condizione ai fini del riconoscimento di un danno morale, incombe quantomeno alla parte ricorrente dimostrare che il comportamento contestato all’istituzione interessata era idoneo a procurarle un siffatto danno (sentenza del 16 luglio 2009, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, C‑481/07 P, non pubblicata, EU:C:2009:461, punto 38).

107    La ricorrente lamenta di aver subito un danno morale derivante dal pregiudizio che la sua riassegnazione avrebbe cagionato alla sua salute, alla sua integrità, alla sua dignità e alla sua reputazione professionale. Essa invoca altresì i sentimenti di ingiustizia e di ansia generati dalla necessità di ricorrere alla via giudiziaria per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Essa ricorda inoltre che la sua riassegnazione e la sua «retrocessione» rappresentavano la conseguenza diretta della sua denuncia di asserite disfunzioni nell’ambito dell’EUPM.

108    A tal riguardo, è giocoforza constatare che una riassegnazione da un posto «senior» ad un posto «non senior», avvenuta in un contesto di denuncia di asserite disfunzioni e giudicata illegittima in quanto viziata da sviamento di potere, è idonea a provocare nella persona interessata, in particolare, sentimenti di lesione dell’integrità e della dignità, di ingiustizia nonché di ansia, cagionando un danno morale che dà luogo ad un risarcimento. Inoltre, un danno siffatto presenta un nesso diretto con l’illegittimità da cui sono viziate le decisioni impugnate e tale illegittimità rappresenta la causa determinante del danno stesso. Tale constatazione è peraltro suffragata da un certificato medico del 23 agosto 2010, prodotto dalla ricorrente, da cui emerge, segnatamente, che la sua riassegnazione e le circostanze in cui essa è intervenuta hanno avuto un impatto sulla sua salute psichica.

109    Pertanto, alla luce delle circostanze del caso di specie, si deve ritenere che il versamento di un importo di EUR 30 000, valutato ex aequo et bono, rappresenta un risarcimento adeguato del danno morale subito dalla ricorrente a causa della sua riassegnazione a Banja Luka in forza delle decisioni impugnate.

110    In secondo luogo, per quanto riguarda la domanda della ricorrente diretta al risarcimento del danno morale derivante dalle molestie psicologiche subite, essa si riferisce, oltre alla riassegnazione e alla «retrocessione», previste dalle decisioni impugnate, anche ad altri atti sia anteriori sia posteriori alle decisioni stesse. La ricorrente cita, quale indizio di un contesto di molestie precedente alle decisioni impugnate, la sua esclusione dalle attività principali dell’EUPM durante il suo distacco e, quali indizi ad esse successivi, talune restrizioni all’accesso telefonico al quartier generale dell’EUPM, un messaggio di posta elettronica «molto aggressivo» che la invitava a svuotare il suo ufficio e difficoltà ingiustificate ad ottenere un congedo. Nella replica essa menziona ulteriori atti considerati dalla stessa come configuranti molestie psicologiche, quali l’annullamento parziale di una missione, la riduzione del suo saldo di congedi, la sua esclusione dal consiglio di coordinamento tra gli uomini e le donne e la mancata proroga delle sue funzioni di presidente del tribunale arbitrale.

111    Anche a voler supporre che l’adozione delle decisioni impugnate possa essere qualificata, di per se stessa, come molestia psicologica, è sufficiente constatare che un risarcimento adeguato del danno morale complessivo subito dalla ricorrente a causa della sua riassegnazione a Banja Luka in forza delle decisioni impugnate è già stato riconosciuto (v. supra, punti da 97 a 109). In tale contesto, sono stati presi in considerazione anche gli effetti negativi di dette decisioni sulla salute psichica della ricorrente. Le altre circostanze invocate dalla ricorrente non consentono, sulla base degli elementi forniti, di dimostrare che le decisioni impugnate si inserissero in una serie di atti configuranti molestie psicologiche. Di conseguenza, non può essere concesso un risarcimento supplementare del danno morale derivante dalle molestie psicologiche subite dalla ricorrente.

112    In terzo luogo, per quanto riguarda la domanda diretta al risarcimento del danno materiale dell’importo di EUR 8 000 asseritamente subito dalla ricorrente per il fatto che, a causa del congedo di malattia risultante dalle molestie psicologiche, essa non ha potuto beneficiare dell’indennità di missione, occorre constatare che la responsabilità extracontrattuale del Consiglio non può sorgere a tale titolo.

113    Infatti, gli argomenti formulati dalla ricorrente non sono sufficientemente precisi e chiari per poter constatare che, nel caso di specie, ricorrono le condizioni alle quali è subordinato il sorgere della responsabilità extracontrattuale. Più precisamente, gli elementi di prova forniti dalla ricorrente non consentono di dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra le molestie psicologiche asseritamente subite e i problemi di salute all’origine del congedo di malattia verificatosi durante il periodo nel corso del quale essa non avrebbe beneficiato dell’indennità di missione. Laddove la ricorrente fa riferimento a un certificato medico, occorre constatare che, sebbene esso metta in evidenza l’esistenza di un «disturbo depressivo» della ricorrente causato dalle molestie psicologiche sul luogo di lavoro, esso non consente tuttavia di dimostrare che detto disturbo derivi da molestie psicologiche, atteso che, per concludere nel senso dell’esistenza di siffatte molestie, l’autore del certificato si è necessariamente basato esclusivamente sulla descrizione che la ricorrente gli aveva fatto delle sue condizioni di lavoro in seno all’EUPM (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2014, CQ/Parlamento, F‑12/13, EU:F:2014:214, punto 127 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, come già constatato al precedente punto 111, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di circostanze che possano essere considerate rivelatrici di un contesto di molestie psicologiche. Peraltro, la ricorrente afferma di essersi rifiutata di firmare una dichiarazione sulla continuità dell’esercizio del servizio durante il suo distacco, rinunciando in tal modo all’indennità di missione, senza dimostrare di non aver potuto beneficiare dell’indennità di cui trattasi durante il suo congedo di malattia.

114    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la domanda di risarcimento danni deve essere accolta nei limiti in cui essa riguarda il risarcimento del danno morale cagionato dalle decisioni impugnate e respinta quanto al resto.

 Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento

115    La ricorrente ha chiesto l’adozione delle misure di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991. Con tali domande, la ricorrente ha preso in considerazione la produzione di una lettera asseritamente indirizzata dal comandante delle operazioni civili dell’EUPM alle autorità italiane riguardante la sua assenza ingiustificata presso l’EUPM, nonché la produzione dei documenti relativi alla politica dell’EUPM in materia di vaccinazione vigente nel novembre 2009.

116    Atteso che tali domande non contengono alcuna indicazione pertinente che consenta di valutarne l’utilità ai fini della soluzione della presente controversia, occorre respingerle.

 Sulle spese

117    Conformemente all’articolo 219 del regolamento di procedura, nelle decisioni del Tribunale pronunciate dopo l’annullamento e il rinvio, il medesimo provvede sulle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi ad esso e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte. Poiché, nella seconda sentenza su impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza a seguito di rinvio e si è riservata sulle spese, spetta al Tribunale provvedere, nella presente sentenza, sull’insieme delle spese relative ai procedimenti instaurati dinanzi ad esso, ivi compreso il procedimento relativo alla domanda di provvedimenti provvisori e il procedimento a seguito del primo rinvio, nonché sulle spese relative ai procedimenti di impugnazione nelle cause C‑455/14 P e C‑413/18 P.

118    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

119    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte. Peraltro, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sostenga, oltre alle proprie spese, soltanto una quota delle spese dell’altra parte, oppure che non debba essere condannata a tale titolo.

120    Nel caso di specie, tenuto conto dell’insieme delle circostanze di causa e in particolare del fatto che il Consiglio è rimasto soccombente, dopo vari gradi di giudizio, nella parte essenziale delle sue conclusioni, esso deve essere condannato a sopportare le spese sostenute dalla ricorrente e da esso stesso relative al presente procedimento nonché ai procedimenti nelle cause T‑271/10, T‑271/10 R, T‑271/10 RENV, C‑455/14 P e C‑413/18 P. Per quanto riguarda la domanda della ricorrente diretta ad ottenere che le spese siano maggiorate di un interesse pari all’8%, è sufficiente constatare che una siffatta domanda è prematura e sulla stessa si dovrebbe statuire, se del caso, nell’ambito di un procedimento di liquidazione delle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del 7 aprile 2010, firmata dal capo del personale della Missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) in Bosnia-Erzegovina, con cui H è stata riassegnata al posto di Criminal Justice Adviser – Prosecutor presso l’ufficio regionale di Banja Luka (Bosnia-Erzegovina), e la decisione del 30 aprile 2010, firmata dal capo dell’EUPM di cui all’articolo 6 della decisione 2009/906/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2009, relativa all’EUPM in Bosnia-Erzegovina, che precisa il motivo operativo della sua riassegnazione, sono annullate.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a versare a H la somma di EUR 30 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      Il Consiglio sopporterà le proprie spese e quelle sostenute da H nella presente causa nonché nelle cause T271/10, T271/10 R, T271/10 RENV, C455/14 P e C413/18 P.

Collins

Kreuschitz

Csehi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 novembre 2020.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.