Language of document : ECLI:EU:T:2015:756

Causa T‑79/13

Alessandro Accorinti e altri

contro

Banca centrale europea (BCE)

«Responsabilità extracontrattuale – Politica economica e monetaria – BCE – Banche centrali nazionali – Ristrutturazione del debito pubblico greco – Programma di acquisto di titoli – Accordo di scambio di titoli a vantaggio delle sole banche centrali dell’Eurosistema – Coinvolgimento del settore privato – Clausole di azione collettiva – Supporto di credito sotto forma di un piano di riacquisto destinato a sostenere l’idoneità dei titoli quali garanzie – Creditori privati – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Legittimo affidamento – Parità di trattamento – Responsabilità da atto normativo lecito – Danno anormale e speciale»

Massime – Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) del 7 ottobre 2015

1.      Procedimento giurisdizionale – Atto introduttivo del giudizio – Requisiti di forma – Individuazione dell’oggetto della controversia – Esposizione sommaria dei motivi dedotti – Ricorso inteso ad ottenere il risarcimento di danni asseritamente causati da un’istituzione dell’Unione

[Statuto della Corte di giustizia, artt. 21, comma 1, e 53, comma 1; regolamento di procedura del Tribunale (1991), art. 44, § 1, c)]

2.      Ricorso per risarcimento danni – Autonomia rispetto al ricorso di annullamento – Limiti – Domande di risarcimento e di annullamento fondate sui medesimi motivi di ricorso, presentate congiuntamente entro il termine prescritto – Ricevibilità

(Artt. 263, comma 6, TFUE, 268 TFUE e 340, comma 3, TFUE)

3.      Responsabilità extracontrattuale – Presupposti – Illegittimità – Danno – Nesso causale – Presupposti cumulativi – Mancanza di uno dei presupposti – Rigetto integrale del ricorso

(Art. 340, comma 2, TFUE)

4.      Responsabilità extracontrattuale – Presupposti – Illegittimità – Violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione – Necessità di un’inosservanza grave e manifesta da parte delle istituzioni dei limiti del loro potere discrezionale – Valutazione nel caso di atti di portata generale adottati dalla Banca centrale europea nell’esercizio delle sue competenze in materia monetaria

(Artt. 127 TFUE, 282 TFUE e 340 TFUE; Protocollo n. 4 allegato ai Trattati UE e FUE, art. 18)

5.      Diritto dell’Unione europea – Principi – Tutela del legittimo affidamento – Limiti – Adozione di misure nel settore della politica monetaria – Potere discrezionale delle istituzioni – Adeguamento delle misure alle variazioni della situazione economica – Impossibilità di invocare la tutela del legittimo affidamento

6.      Diritto dell’Unione europea – Principi – Tutela del legittimo affidamento – Presupposti – Dichiarazioni di membri della Banca centrale europea in merito alla ristrutturazione del debito pubblico greco – Mancanza di competenza della Banca a decidere tale ristrutturazione – Conoscenza, da parte di un operatore prudente e avveduto, del carattere rischioso dei titoli del debito pubblico greci – Assenza di creazione di un legittimo affidamento

(Art. 120 TFUE)

7.      Politica economica e monetaria – Politica monetaria – Attuazione – Ristrutturazione del debito pubblico greco mediante un programma di acquisto di titoli di Stato – Conclusione di un accordo di scambio di titoli a beneficio delle sole banche centrali dell’Eurosistema – Esclusione della partecipazione degli investitori privati detentori di tali titoli – Violazione del principio di parità di trattamento – Insussistenza – Violazione delle competenze della Banca centrale europea – Insussistenza

(Artt. 123 TFUE, 127, §§ 1 e 2, TFUE e 282, § 1, TFUE; Protocollo n. 4 allegato ai Trattati UE e FUE, art. 18, § 1; decisione della Banca centrale europea 2010/281)

8.      Politica economica e monetaria – Politica monetaria – Attuazione – Ristrutturazione del debito pubblico greco mediante un programma di acquisto di titoli di Stato – Supporto di credito a beneficio delle sole banche centrali nazionali dell’Eurosistema destinato a suffragare la qualità dei titoli in questione – Esclusione degli investitori privati detentori di tali titoli dal beneficio del supporto di credito – Violazione del principio di parità di trattamento – Esclusione – Violazione delle competenze della Banca centrale europea – Insussistenza

(Artt. 123 TFUE, 127, §§ 1 e 2, TFUE e 282, § 1, TFUE; Protocollo n. 4 allegato ai Trattati UE e FUE, art. 18, § 1; decisione della Banca centrale europea 2012/153, art. 1)

9.      Diritto dell’Unione europea – Principi – Principio della parità di trattamento dei creditori – Principio non riconosciuto dal diritto dell’Unione

(Art. 127 TFUE; Protocollo n. 4 allegato ai Trattati UE e FUE, art. 18; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 20 e 21; regolamento del Consiglio n. 1346/2000)

10.    Ricorso di annullamento – Motivi di ricorso – Sviamento di potere – Nozione

(Art. 263 TFUE)

11.    Responsabilità extracontrattuale – Responsabilità da atto lecito – Comportamento rientrante nella competenza normativa dell’Unione – Esclusione – Limiti – Danno risultante dalla diminuzione del valore dei titoli di credito greci in occasione dell’attuazione, da parte della Banca centrale europea, di un’offerta di scambio destinata ai detentori di tali titoli del settore privato – Insussistenza di un danno anormale e speciale – Responsabilità della Banca – Esclusione

(Art. 340, comma 3, TFUE; decisione della Banca centrale europea 2012/153)

1.      V. il testo della decisione.

(v. punti 53, 57)

2.      Soltanto eccezionalmente e allo scopo di evitare l’aggiramento del termine del ricorso di annullamento viene dichiarata irricevibile una domanda di risarcimento, più precisamente quando questa sia stata presentata insieme ad una domanda di annullamento, a motivo del fatto che la domanda di risarcimento mira in realtà ad ottenere la revoca di una decisione individuale rivolta al ricorrente e divenuta definitiva, e che essa avrebbe avuto come effetto, in caso di suo accoglimento, di cancellare gli effetti giuridici di tale decisione. Peraltro, qualora il ricorso di annullamento sia stato proposto entro il termine previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, è senz’altro escluso un aggiramento del termine suddetto mediante un ricorso per risarcimento.

A questo proposito, il ricorso per risarcimento costituisce un rimedio giurisdizionale autonomo, dotato di una sua particolare funzione nel sistema dei mezzi di ricorso e subordinato, quanto al suo esercizio, a presupposti concepiti in vista del suo specifico oggetto. Mentre il ricorso di annullamento e quello per carenza mirano a sanzionare l’illegittimità di un atto giuridicamente vincolante ovvero la sua mancata adozione, il ricorso per risarcimento ha per oggetto la richiesta di riparazione di un danno derivato da un atto oppure da un comportamento illecito imputabile ad un’istituzione o ad un organo dell’Unione. Da un lato, tale autonomia del ricorso per risarcimento non può essere rimessa in discussione per il semplice fatto che un ricorrente decida di presentare un ricorso di annullamento e un ricorso per risarcimento in successione. Dall’altro lato, l’irricevibilità di un ricorso di annullamento non rende irricevibile un ricorso per risarcimento successivamente proposto per il semplice fatto che con tali ricorsi vengano dedotti motivi di illegittimità simili o addirittura identici. Infatti, un’interpretazione siffatta si porrebbe in contrasto con il principio stesso dell’autonomia dei mezzi di ricorso e dunque priverebbe del suo effetto utile l’articolo 268 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 340, terzo comma, TFUE.

(v. punti 60, 61)

3.      V. il testo della decisione.

(v. punti 64‑66, 116)

4.      Quanto alla prima condizione per l’insorgere della responsabilità dell’Unione ai sensi dell’articolo 340 TFUE, relativa al comportamento illegittimo addebitato all’istituzione o all’organo di cui trattasi, occorre che sia dimostrata l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli. Il criterio decisivo per considerare sufficientemente qualificata una violazione è quello del travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione o dell’organo dell’Unione di cui trattasi, dei limiti che si impongono al suo potere discrezionale. Solo quando tale istituzione o tale organo dispongano di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, o addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per affermare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata.

I comportamenti addebitati alla Banca centrale europea hanno avuto luogo nell’ambito dei compiti ad essa conferiti ai fini della definizione e dell’attuazione della politica monetaria dell’Unione, ai sensi degli articoli 127 TFUE e 282 TFUE e dell’articolo 18 del Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, segnatamente mediante il suo intervento sui mercati dei capitali e la sua gestione delle operazioni di credito. Tali disposizioni conferiscono alla Banca un ampio potere discrezionale, il cui esercizio implica analisi complesse di ordine economico e sociale nonché la valutazione di situazioni suscettibili di rapida evoluzione, che devono essere effettuate nel contesto dell’Eurosistema, o addirittura dell’Unione nel suo insieme. Pertanto, un’eventuale violazione sufficientemente qualificata delle norme giuridiche in questione deve integrare un travalicamento manifesto e grave dei limiti dell’ampio potere discrezionale di cui la Banca dispone nell’esercizio delle sue competenze in materia di politica monetaria. Ciò è tanto più vero per il fatto che l’esercizio di tale potere discrezionale implica per la Banca, da un lato, la necessità di prevedere e valutare sviluppi economici di natura complessa e incerta, come l’evoluzione dei mercati dei capitali, della massa monetaria e del tasso di inflazione, che incidono sul buon funzionamento dell’Eurosistema e dei sistemi di pagamento e di credito, e, dall’altro, quella di procedere a scelte di ordine politico, economico e sociale che esigono il bilanciamento e il contemperamento dei vari obiettivi contemplati dall’articolo 127, paragrafo 1, TFUE, tra cui quello principale è il mantenimento della stabilità dei prezzi.

Inoltre, per quanto riguarda l’attività normativa delle istituzioni, ivi compresa l’adozione da parte della Banca di atti di portata generale, la concezione restrittiva della responsabilità dell’Unione per l’esercizio delle suddette attività normative si spiega tenendo conto del fatto che, da un lato, l’esercizio della funzione legislativa, anche nei casi in cui esiste un controllo giurisdizionale della legittimità degli atti, non deve essere ostacolato dalla prospettiva di azioni risarcitorie ogniqualvolta l’interesse generale dell’Unione imponga di adottare provvedimenti normativi che possono ledere gli interessi dei singoli e che, dall’altro lato, in un contesto normativo caratterizzato dall’esistenza di un ampio potere discrezionale, indispensabile per l’attuazione di una politica dell’Unione, la responsabilità di quest’ultima può sussistere solo se l’istituzione di cui trattasi ha travalicato, in modo manifesto e grave, i limiti che si impongono all’esercizio dei suoi poteri.

(v. punti 67‑69)

5.      Il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Il diritto di avvalersi di tale principio presuppone tuttavia il soddisfacimento di tre condizioni cumulative. In primo luogo, gli organi amministrativi dell’Unione devono aver fornito all’interessato assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, promananti da fonti autorizzate ed affidabili. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare una legittima aspettativa in capo al soggetto al quale esse sono rivolte. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili. Inoltre, se certo la possibilità di far valere la tutela del legittimo affidamento, in quanto principio fondamentale del diritto dell’Unione, sussiste per qualsiasi operatore economico nel quale un’istituzione abbia fatto nascere fondate aspettative, ciò non toglie che, quando un operatore economico prudente ed avveduto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare il suddetto principio nel caso in cui tale provvedimento venga adottato. Oltre a ciò, gli operatori economici non possono riporre il loro legittimo affidamento nel mantenimento di una situazione esistente suscettibile di essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione, e ciò specialmente in un settore come quello della politica monetaria, la cui finalità comporta un costante adeguamento in funzione delle variazioni della situazione economica.

(v. punti 75, 76)

6.      Non possono costituire assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, promananti da fonti autorizzate ed affidabili, che avrebbero potuto creare legittime aspettative in creditori privati detentori di titoli di Stato greci, le dichiarazioni pubbliche di alcuni membri della Banca centrale europea effettuate negli anni 2010 e 2011, intese ad escludere un’eventuale ristrutturazione del debito pubblico greco. Infatti, tenuto conto, in primo luogo, del loro carattere generico, in secondo luogo, della mancanza di competenza della Banca a decidere in merito a un’eventuale ristrutturazione del debito pubblico di uno Stato membro coinvolto in un default di pagamento selettivo, e, in terzo luogo, dell’incertezza imperante sui mercati finanziari dell’epoca, soprattutto in ordine all’evoluzione futura della situazione finanziaria della Repubblica ellenica, tali dichiarazioni non potevano essere qualificate come assicurazioni precise e incondizionate promananti da fonti autorizzate e affidabili, e ciò ancor meno riguardo all’eventuale non adozione, da parte di tale Stato membro, di una decisione vertente su una ristrutturazione del genere.

Infatti, la Banca, pur essendo coinvolta nella sorveglianza dell’evoluzione della situazione finanziaria della Repubblica ellenica nell’ambito della troika, formata da essa stessa, dal Fondo monetario internazionale (FMI) e dalla Commissione, non era competente a decidere una misura siffatta, la quale rientra, in via principale, se non esclusiva, nei compiti del potere sovrano e dell’autorità di bilancio dello Stato membro interessato, e segnatamente del potere legislativo di tale Stato, e, in una certa misura, nel coordinamento della politica economica da parte degli Stati membri ai sensi degli articoli 120 TFUE e seguenti. Date tali circostanze, l’opposizione a tale ristrutturazione, quale ripetutamente espressa in pubblico da diversi presidenti succedutisi alla guida della Banca, in un clima di incertezza crescente tra gli operatori dei mercati finanziari, deve essere interpretata come avente una portata puramente politico‑economica. In particolare, così facendo, gli autori di dette dichiarazioni miravano a mettere in guardia tali operatori, da un lato, dinanzi ad un ulteriore deterioramento della situazione economica dell’epoca, o addirittura ad un’eventuale insolvenza della Repubblica ellenica, i cui titoli sovrani potenzialmente in default non avrebbero più potuto essere accettati nell’ambito di operazioni di credito dell’Eurosistema, e, dall’altro, dinanzi ai rischi che una siffatta evoluzione avrebbe potuto comportare per la stabilità del sistema finanziario e per il funzionamento dell’Eurosistema nel suo insieme. Inoltre, l’opposizione dei diversi presidenti della Banca succedutisi nel tempo era accompagnata dalla precisazione secondo cui, qualora un simile default si fosse nondimeno prodotto e gli Stati membri interessati avessero deciso una ristrutturazione del debito pubblico, la Banca avrebbe preteso che tale ristrutturazione fosse sostenuta da garanzie sufficienti al fine di proteggere la sua integrità e di mantenere la stabilità e la fiducia dei mercati finanziari. Ne consegue che, così facendo, la Banca non ha alimentato fondate aspettative neppure riguardo al mantenimento della propria opposizione in caso di decisione contraria degli Stati membri interessati di procedere a tale ristrutturazione, o addirittura riguardo alla propria eventuale capacità giuridica – inesistente – di prevenire un passo in tal senso.

Inoltre, l’acquisto, da parte di un investitore, di titoli di Stato costituisce, per definizione, una transazione comportante un certo rischio finanziario, in quanto soggiacente all’alea delle evoluzioni del mercato dei capitali. Orbene, alla luce della situazione economica della Repubblica ellenica e delle incertezze che all’epoca gravavano su tale Stato, gli investitori che avevano acquistato titoli di Stato greci durante il periodo in cui la crisi finanziaria della Repubblica ellenica aveva toccato il culmine non possono asserire di aver agito quali operatori economici prudenti e avveduti, che possano far valere l’esistenza di legittime aspettative. Al contrario, viste le dichiarazioni pubbliche della Banca, i suddetti investitori dovevano presumersi a conoscenza della situazione economica altamente instabile che determinava la fluttuazione del valore dei titoli di Stato greci da essi acquistati, nonché del rischio non trascurabile di un default, fosse pure selettivo, della Repubblica ellenica. Inoltre, un operatore economico prudente e avveduto che fosse stato a conoscenza di tali dichiarazioni pubbliche non avrebbe potuto escludere il rischio di una ristrutturazione del debito pubblico greco, tenuto conto delle divergenze di opinioni regnanti al riguardo tra gli Stati membri della zona euro e gli altri soggetti implicati, come la Commissione, il FMI e la Banca.

(v. punti 78, 79, 81, 82)

7.      Il principio generale della parità di trattamento esige che situazioni paragonabili non siano trattate in modo differente e che situazioni differenti non siano trattate in modo identico, a meno che un trattamento siffatto non sia oggettivamente giustificato. Il carattere paragonabile o meno di situazioni differenti deve essere valutato tenendo conto dell’insieme degli elementi che caratterizzano queste ultime. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Devono, inoltre, essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore nel quale rientra l’atto in parola.

A questo proposito, degli investitori privati che abbiano acquistato titoli di Stato greci unicamente nel loro interesse patrimoniale privato, quale che sia la motivazione precisa delle loro decisioni di investimento, si trovano in una situazione differente da quella delle banche centrali dell’Eurosistema che abbiano del pari acquistato titoli siffatti nell’esercizio dei loro compiti fondamentali, a norma dell’articolo 127, paragrafi 1 e 2, TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 282, paragrafo 1, TFUE, nonché, in particolare, dell’articolo 18, paragrafo 1, primo trattino, del Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, nell’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi e della buona gestione della politica monetaria, nonché nei limiti stabiliti dalle disposizioni della decisione 2010/281, che istituisce un programma per il mercato dei titoli finanziari. Dunque, stante la non comparabilità delle situazioni a confronto, la conclusione e l’attuazione di un accordo di scambio avente ad oggetto lo scambio dei titoli di Stato greci detenuti dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali dell’Eurosistema al fine di evitare che queste ultime partecipino alla ristrutturazione del debito pubblico greco, non possono costituire una violazione del principio di parità di trattamento.

Allo stesso modo, neppure gli investitori privati e le banche centrali dell’Eurosistema si trovano in situazioni paragonabili sotto il profilo dell’incidenza sull’economia europea degli effetti della riduzione di valore dei loro crediti. Infatti, alla luce dell’importo complessivo del valore dei titoli di Stato greci acquistati e detenuti dalle suddette banche centrali, l’eventuale partecipazione di tali banche alla ristrutturazione del debito pubblico di uno Stato membro della zona euro, indipendentemente dal suo carattere lecito o meno in rapporto all’articolo 123 TFUE, avrebbe rischiato di pregiudicare l’integrità finanziaria dell’Eurosistema nel suo insieme e, in particolare, la sua capacità di intervenire sui mercati dei capitali e di rifinanziare gli istituti di credito a norma dell’articolo 18, paragrafo 1, primo e secondo trattino, del Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. A questo proposito, occorre precisare che i titoli di Stato greci costituiscono allo stesso tempo delle garanzie che tali banche centrali di norma accettano ai fini delle operazioni di credito in seno all’Eurosistema e per mantenere l’accesso degli istituti di credito nazionali alla liquidità. Ne consegue che deve essere respinta anche una censura secondo cui la Banca e le banche centrali nazionali dell’Eurosistema si sarebbero riservate uno status di creditore privilegiato a discapito del settore privato, adducendo a copertura la loro attività di politica monetaria.

Inoltre, la creazione, mediante la conclusione e l’attuazione dell’accordo di scambio di cui sopra, del presunto status di creditore privilegiato a favore delle banche centrali dell’Eurosistema per sfuggire alla ristrutturazione del debito pubblico greco non può essere considerata abusiva o eccedente i limiti delle competenze della Banca. Al contrario, tali misure si inserivano nel contesto dell’esercizio delle competenze e dei compiti fondamentali di quest’ultima, in quanto miravano proprio a preservare il margine di manovra delle suddette banche centrali e a garantire la continuità del buon funzionamento dell’Eurosistema. A questo proposito, la conclusione dell’accordo suddetto mirava ad evitare che le banche centrali dell’Eurosistema partecipassero alla ristrutturazione del debito pubblico greco sacrificando una parte del valore dei titoli di Stato greci detenuti nei loro rispettivi portafogli. Orbene, una partecipazione incondizionata delle suddette banche centrali nella ristrutturazione di cui sopra avrebbe corso il rischio di essere qualificata come intervento avente effetti equivalenti a quelli dell’acquisizione diretta di titoli di Stato da parte delle suddette banche centrali, vietata dall’articolo 123 TFUE.

(v. punti 87, 88, 92, 93, 108, 114)

8.      Non può costituire una disparità di trattamento imputabile alla Banca centrale europea in danno degli investitori privati il fatto che l’articolo 1 della sua decisione 2012/153, sull’idoneità degli strumenti di debito negoziabili emessi o integralmente garantiti dalla Repubblica ellenica nell’ambito dell’offerta di scambio del debito della Repubblica ellenica, prevedesse un obbligo per quest’ultima di fornire un supporto di garanzie a vantaggio delle banche centrali nazionali sotto forma di un programma di acquisto destinato a suffragare la qualità dei titoli di Stato greci. Infatti, detto obbligo, mirando unicamente a garantire il mantenimento della possibilità per le suddette banche centrali di accettare i titoli di Stato greci quali garanzie appropriate ai fini delle operazioni di credito dell’Eurosistema ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, secondo trattino, del Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, assicurava dunque il mantenimento del margine di manovra delle banche centrali dell’Eurosistema a titolo delle disposizioni di cui all’articolo 127, paragrafi 1 e 2, TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 282, paragrafo 1, TFUE, e all’articolo 18, paragrafo 1, primo e secondo trattino, del Protocollo su detto Statuto, ed aveva dunque ad oggetto una situazione che non era paragonabile con quella in cui si trovavano gli investitori privati. Infatti, questi ultimi, poiché avevano acquistato e detenevano titoli di Stato greci a scopi esclusivamente privati, si trovavano in una situazione differente rispetto alle banche centrali dell’Eurosistema investite dei poteri e dei doveri ai sensi delle disposizioni sopra citate. Ne consegue che i ricorrenti non potevano reclamare, in virtù del principio di parità di trattamento, l’analogo beneficio di un piano di riacquisto dei loro titoli di Stato da parte dello Stato greco.

A questo proposito, tale misura non può essere considerata abusiva o eccedente i limiti delle competenze della Banca, bensì come inserentesi nel contesto dell’esercizio delle competenze e dei compiti fondamentali di quest’ultima, in quanto mirava proprio a preservare il margine di manovra delle suddette banche centrali e a garantire la continuità del buon funzionamento dell’Eurosistema.

(v. punti 94, 108)

9.      La clausola cosiddetta della par condicio creditorum o pari passu, la quale presuppone che i creditori ricevano un identico trattamento nei pagamenti, non esiste nell’ordinamento giuridico dell’Unione. A questo proposito, il regolamento n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, ha constatato l’esistenza di divergenze notevoli sul punto tra i vari ordinamenti giuridici nazionali, anche per quanto riguarda il trattamento preferenziale dei creditori, e si è limitato a stabilire regole uniformi sui conflitti di leggi allo scopo, in particolare, di coordinare la ripartizione degli attivi realizzati per preservare al massimo la parità di trattamento tra i creditori.

Del resto, dal momento che una regola che imponesse il pari passu implicherebbe un trattamento paritario dei creditori senza tener conto delle distinte situazioni in cui si trovano, in particolare, gli investitori privati, da un lato, e le banche centrali dell’Eurosistema operanti nell’esercizio dei loro compiti ai sensi dell’articolo 127 TFUE e dell’articolo 18 del Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, dall’altro, il riconoscimento di una regola siffatta nell’ordinamento giuridico dell’Unione potrebbe entrare in conflitto con il principio della parità di trattamento, come sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Di conseguenza, soltanto il suo inserimento nel quadro di clausole contrattuali – ivi comprese quelle relative all’emissione e alla vendita di titoli di Stato – disciplinanti i rapporti tra emittente e debitore e detentore e creditore di un’obbligazione è idoneo, se del caso, ad attribuire carattere giuridicamente vincolante ad una clausola pari passu.

(v. punti 98‑101)

10.    V. il testo della decisione.

(v. punto 106)

11.    Per quanto riguarda la responsabilità extracontrattuale della Banca centrale europea ai sensi dell’articolo 340, terzo comma, TFUE, derivante da un atto lecito rientrante nella sfera di competenza normativa dell’Unione, allo stato attuale del diritto di quest’ultima, l’esame comparativo degli ordinamenti giuridici degli Stati membri non consente di affermare l’esistenza di un regime di responsabilità extracontrattuale dell’Unione per l’esercizio lecito, da parte di quest’ultima, delle sue attività rientranti nella sfera normativa. Pertanto, per quanto riguarda gli atti di portata generale adottati dalla Banca nell’esercizio dei suoi poteri decisionali normativi, come la decisione 2012/153, sull’idoneità degli strumenti di debito negoziabili emessi o integralmente garantiti dalla Repubblica ellenica nell’ambito dell’offerta di scambio del debito della Repubblica ellenica, ovvero il rifiuto di detta Banca di adottare un atto di questo tipo, una domanda di risarcimento deve, per questo solo motivo, essere respinta.

Per di più, nell’ipotesi in cui il principio di una siffatta responsabilità venisse riconosciuto, l’insorgere della responsabilità della Banca presupporrebbe l’esistenza di un danno anormale e speciale. Un danno presenta carattere anormale qualora vada al di là dei limiti dei rischi economici inerenti alle attività nel settore economico in questione e deve essere qualificato speciale qualora l’atto in questione colpisca una particolare categoria di operatori economici in modo sproporzionato rispetto ad altri operatori. Tale ipotesi non sussiste nel caso di un danno consistente nella riduzione del valore di titoli di Stato greci in occasione dell’attuazione della suddetta offerta di scambio di titoli greci in virtù del coinvolgimento degli investitori privati e di una procedura prevista dal diritto greco che rende obbligatorio lo scambio di titoli per tutti gli investitori privati in questione. Infatti, tale danno non eccede i limiti dei rischi economici inerenti alle attività commerciali nel settore finanziario, e inerenti in particolare alle transazioni aventi ad oggetto strumenti di debito negoziabili emessi da uno Stato, soprattutto quando tale Stato abbia un basso rating. Al contrario, indipendentemente dal principio generale secondo cui ogni creditore deve sopportare il rischio d’insolvenza del suo debitore, anche quando quest’ultimo sia un’entità statale, simili transazioni si effettuano su mercati particolarmente volatili, spesso esposti ad alee e a rischi non controllabili per quanto riguarda la diminuzione o l’aumento del valore di tali titoli, ciò che può invitare alla speculazione per ottenere rendimenti elevati in un lasso di tempo molto breve. Pertanto, anche a supporre che non tutti gli operatori richiedenti un risarcimento del danno non siano dediti a transazioni di natura speculativa, essi dovevano essere consapevoli delle alee e dei rischi suddetti quanto ad un’eventuale consistente perdita di valore dei titoli acquistati. Ciò è tanto più vero per il fatto che, anche prima dell’inizio della crisi finanziaria nel 2009, lo Stato membro emittente di cui trattasi si trovava già di fronte ad un indebitamento e a un deficit elevati. Pertanto, il pregiudizio subìto non può essere qualificato come anormale.

Neppure è possibile qualificare tale pregiudizio come speciale, dal momento che gli operatori in questione si vedevano assoggettati, allo stesso titolo di tutti gli altri investitori privati, e certo con l’eccezione delle banche centrali dell’Eurosistema, all’operazione di scambio volontario di titoli di Stato coinvolgente gli investitori privati e al meccanismo di taglio del valore nominale fondato sul diritto nazionale. Date tali circostanze e tenuto conto del gran numero di investitori interessati, identificati dal suddetto diritto nazionale in modo generale e oggettivo sulla base, in particolare, dei numeri di serie dei titoli in questione, gli operatori richiedenti il risarcimento del danno suddetto non possono essere considerati come appartenenti ad una categoria particolare di operatori economici che sono stati colpiti in maniera sproporzionata rispetto ad altri operatori.

(v. punti 119‑122)