Language of document : ECLI:EU:T:2014:93

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

27 febbraio 2014 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto – Congelamento dei capitali – Base giuridica – Obbligo di motivazione – Errore di fatto – Diritti della difesa – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Diritto di proprietà – Libertà d’impresa»

Nella causa T‑256/11,

Ahmed Abdelaziz Ezz, residente in Giza (Egitto);

Abla Mohammed Fawzi Ali Ahmed, residente in Londra (Regno Unito);

Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin, residente in Londra;

Shahinaz Abdel Azizabdel Wahab Al Naggar, residente in Giza,

rappresentati inizialmente da M. Lester, barrister, e J. Binns, solicitor, successivamente da Binns, J. Lewis, QC, B. Kennelly, barrister, e I. Burton, solicitor,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e I. Gurov, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da F. Erlbacher, M. Konstantinidis e A. Bordes, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento, da un lato, della decisione 2011/172/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU L 76, pag. 63), e, dall’altro, del regolamento (UE) n. 270/2011 del Consiglio, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU L 76, pag. 4), nella parte in cui tali atti riguardano i ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da O. Czúcz, presidente, I. Labucka e D. Gratsias (relatore), giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 marzo 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        A seguito degli accadimenti politici avvenuti in Egitto a partire dal gennaio 2011, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, il 21 marzo 2011, ai sensi dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/172/PESC, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU L 76, pag. 63).

2        Ai sensi dei considerando 1 e 2 della decisione 2011/172:

«(1)      Il 21 febbraio 2011 l’Unione europea ha dichiarato di essere pronta ad accompagnare la transizione pacifica e ordinata verso un governo civile e democratico in Egitto, fondato sullo stato di diritto, nel pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, e ad appoggiare gli sforzi tesi a creare un’economia che rafforzi la coesione sociale e promuova la crescita.

(2)      In tale contesto, dovrebbero essere imposte misure restrittive nei confronti di persone identificate quali responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani e che in tal modo privano il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società e compromettono lo sviluppo della democrazia nel paese».

3        L’articolo 1 della decisione 2011/172 così dispone:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate quali responsabili [«having been identified as responsible», nella versione inglese] di distrazione di fondi pubblici egiziani e da persone fisiche o giuridiche, da entità o organismi ad essi associati, elencati nell’allegato.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente alle, o a beneficio delle, persone fisiche o giuridiche, entità od organismi elencati nell’allegato.

3.      Alle condizioni che [ritiene] appropriate l’autorità competente di uno Stato membro può autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano sbloccati o che taluni fondi o risorse economiche siano messi a disposizione, previa determinazione che i fondi o le risorse economiche in questione sono:

a)      necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone di cui all’allegato e dei loro familiari a loro carico, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, affitti o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e servizi pubblici;

b)      destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli e al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni legali;

c)      destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese di servizio connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati;

d)      necessari per coprire spese straordinarie (...).

4.      In deroga al paragrafo 1, le autorità competenti di uno Stato membro possono autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano sbloccati, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      i fondi o le risorse economiche siano oggetto di un vincolo di natura giudiziaria, amministrativa o arbitrale sorto prima della data in cui la persona fisica o giuridica o l’entità di cui all’articolo 4, paragrafo 1 è stata inserita nell’allegato, o di una decisione di natura giudiziaria, amministrativa o arbitrale pronunciata prima di tale data;

b)      i fondi o le risorse economiche in questione vengano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale vincolo o riconosciuti validi da tale sentenza, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori;

c)      il vincolo o la sentenza non vada a favore di una persona, di un’entità o di un organismo elencati nell’allegato;

d)      il riconoscimento del vincolo o della sentenza non sia contrario all’ordine pubblico dello Stato membro interessato.

(...)

5.      Il paragrafo 1 non osta a che la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo inclusi nell’elenco effettuino il pagamento dovuto nell’ambito di un contratto concluso prima della data dell’inclusione di tale persona, entità o organismo nell’elenco dell’allegato, purché lo Stato membro interessato abbia determinato che il pagamento non è direttamente o indirettamente percepito da una persona, entità o organismo di cui al paragrafo 1.

6.      Il paragrafo 2 non si applica al versamento sui conti congelati di:

a)      interessi o altri profitti relativi a detti conti;

b)      pagamenti dovuti nell’ambito di contratti, accordi od obblighi che sono stati conclusi o sono sorti anteriormente alla data in cui tali conti sono stati assoggettati alle misure previste dai paragrafi 1 e 2,

purché tali interessi, altri profitti e pagamenti continuino ad essere soggetti alle misure previste dal paragrafo 1».

4        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2011/172:

«Il Consiglio, deliberando su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, predispone e modifica l’elenco riportato nell’allegato».

5        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2011/172:

«L’allegato indica i motivi dell’inserimento nell’elenco delle persone fisiche o giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all’articolo 1, paragrafo 1».

6        A termini dell’articolo 4 della decisione 2011/172:

«Per massimizzare l’impatto delle misure stabilite dalla presente decisione, l’Unione incoraggia i paesi terzi ad adottare misure restrittive analoghe a quelle contenute nella presente decisione».

7        Ai sensi dell’articolo 5 della decisione 2011/172:

«La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.

Essa si applica fino al 22 marzo 2012.

La presente decisione è costantemente riesaminata. È prorogata o modificata, a seconda del caso, se il Consiglio ritiene che i suoi obiettivi non siano stati raggiunti».

8        La decisione 2011/172 prevede, in allegato, un «[e]lenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all’articolo 1».

9        La settima riga di tale elenco reca, nella prima colonna, intitolata «Nome», la menzione «Ahmed Abdelaziz Ezz». Nella seconda colonna, intitolata «Informazioni sull’identità», viene precisato: «Ex deputato. Data di nascita: 12.01.1959. Maschio». Infine, nella terza colonna, sono indicati i «[m]otivi».

10      L’ottava riga, nella prima colonna, intitolata «Nome», reca la menzione «Abla Mohamed Fawzi Ali Ahmed». Nella seconda colonna, «Informazioni sull’identità», viene precisato: «Moglie di Ahmed Abdelaziz Ezz. Data di nascita: 31.01.1963. Femmina». Infine, nella terza colonna, sono indicati i «[m]otivi».

11      La nona riga, nella prima colonna, intitolata «Nome», reca la menzione «Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin». Nella seconda colonna, intitolata «Informazioni sull’identità», viene precisato: «Moglie di Ahmed Abdelaziz Ezz. Data di nascita: 25.05.1959. Femmina». Infine, nella terza colonna, sono indicati i «[m]otivi».

12      La decima riga, nella prima colonna, intitolata «Nome», reca la menzione «Shahinaz Abdel Aziz Abdel Wahab Al Naggar». Nella seconda colonna, intitolata «Informazioni sull’identità», viene precisato: «Moglie di Ahmed Abdelaziz Ezz. Data di nascita: 09.10.1969. Femmina». Infine, nella terza colonna, sono indicati i «[m]otivi».

13      Ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e della decisione 2011/172, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 270/2011, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU L 76, pag. 4). L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di questo riprende, in sostanza, le disposizioni dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2011/172. Tale regolamento include un «allegato I», identico all’allegato della decisione 2011/172. Come risulta dal suo considerando 2, tale regolamento è stato adottato in quanto le misure disposte dalla decisione 2011/172 «rientra[va]no nell’ambito del Trattato [FUE] e, pertanto, la loro attuazione richiede[va] un’azione normativa a livello dell’Unione».

14      Il 22 marzo 2011, un avviso all’attenzione delle persone cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU C 90, pag. 3).

15      In corso di giudizio, il Consiglio ha prorogato per due volte l’applicazione delle misure previste dalla decisione 2011/172. Anzitutto, con la sua decisione 2012/159/PESC, del 19 marzo 2012, che modifica la decisione 2011/172 (GU L 80, pag. 18), ha esteso l’applicazione di dette misure fino al 22 marzo 2013. Poi, con la decisione 2013/144/PESC, del 21 marzo 2013, che modifica la decisione 2011/172 (GU L 82, pag. 54), ha prorogato dette misure fino al 22 marzo 2014.

 Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 maggio 2011, il sig. Ahmed Abdelaziz Ezz e le sue mogli, ossia le sig.re Abla Mohammed Fawzi Ali Ahmed, Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin e Shahinaz Abdel Azizabdel Wahab Al Naggar (in prosieguo, rispettivamente, il «primo ricorrente», la «seconda ricorrente», la «terza ricorrente» e la «quarta ricorrente») hanno proposto il presente ricorso, con cui chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 nella parte in cui detti atti li riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

17      Il 29 luglio 2011, il Consiglio ha depositato il proprio controricorso. Esso chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

18      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale l’11 agosto 2011, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

19      La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, dai ricorrenti il 29 settembre 2011 e, dal Consiglio, il 23 novembre 2011.

20      Con ordinanza del 14 ottobre 2011 il presidente della terza sezione del Tribunale ha autorizzato la Commissione a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

21      Con atto registrato presso la cancelleria del Tribunale il 25 novembre 2011, la Commissione ha dichiarato che non intendeva depositare una memoria d’intervento.

22      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento. Per mezzo di una misura di organizzazione del procedimento, esso ha chiesto ai ricorrenti ed al Consiglio di produrre diversi documenti.

23      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 19 ed il 20 febbraio 2013, il Consiglio e i ricorrenti hanno ottemperato a tale richiesta.

24      Con atto registrato presso la cancelleria del Tribunale il 5 marzo 2013, i ricorrenti hanno prodotto nuovi elementi di prova.

25      All’udienza del 12 marzo 2013 le parti hanno svolto le proprie difese e risposto ai quesiti posti dal Tribunale.

 In diritto

26      La decisione 2011/172, adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE, dispone un congelamento dei beni. Essa contempla cinque articoli. L’articolo 1, paragrafo 1, definisce i criteri ai quali una persona deve rispondere per essere assoggettata a tale congelamento dei beni. L’articolo 1, paragrafi 2, 5 e 6, precisa la portata del congelamento dei beni. L’articolo 1, paragrafi 3 e 4, determina i casi in cui è possibile derogarvi. L’articolo 2, da un lato, indica l’autorità competente a designare le persone rispondenti ai criteri fissati all’articolo 1, paragrafo 1, e, dall’altro, pone segnatamente la regole procedurali applicabili al momento di tale designazione. L’articolo 3, poi, dispone i requisiti di forma necessari allorché una persona viene identificata come rispondente ai criteri definiti all’articolo 1, paragrafo 1. L’articolo 4, privo di qualunque portata obbligatoria, incoraggia gli Stati membri ad adottare misure analoghe. Infine, l’articolo 5 definisce il periodo di applicabilità della decisione. In definitiva, gli articoli da 1 a 3 e 5 della decisione 2011/172 si applicano a situazioni determinate obiettivamente ed implicano effetti giuridici obbligatori nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale ed astratto. Quanto all’allegato della decisione 2011/172, esso elenca nominativamente le 19 persone fisiche che, ad avviso del Consiglio, rispondono ai criteri definiti all’articolo 1, paragrafo 1. In tal modo, tale allegato costituisce un insieme di misure individuali dirette all’esecuzione del citato articolo.

27      Il regolamento n. 270/2011 presenta una struttura paragonabile a quella della decisione 2011/172. Va rilevato, in particolare, che il suo allegato I, identico all’allegato della decisione 2011/172, configura una misura d’esecuzione del suo articolo 2, paragrafo 1, articolo la cui redazione è analoga a quella dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172.

28      Nel caso di specie, i ricorrenti chiedono l’annullamento della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 nella parte in cui tali atti li riguardano. Più precisamente, essi chiedono l’annullamento dell’allegato della decisione 2011/172 e dell’allegato I del regolamento n. 270/2011 in quanto in tali allegati figurano i loro nomi. A sostegno del proprio ricorso essi deducono otto motivi.

1.     Sul primo motivo, vertente sul fatto che la decisione 2011/172 ed il regolamento n. 270/2011 sono privi di base normativa

29      Nella replica i ricorrenti adducono che la decisione 2011/172 ed il regolamento n. 270/2011 erano privi di base normativa.

30      Infatti, ad avviso dei ricorrenti, il «Trattato non offre alcuna base normativa ad una misura che disponga il congelamento totale e indeterminato dei beni di persone nell’Unione europea con l’unico scopo di assistere le autorità di un paese esterno all’Unione nel recuperare i beni a seguito di una serie di procedimenti giudiziari». Inoltre, essi ritengono che dalla giurisprudenza relativa agli articoli 60 CE e 301 CE risulti che l’articolo 215 TFUE autorizza il Consiglio ad imporre misure restrittive a persone fisiche unicamente nel caso in cui sussista un legame sufficiente tra tali persone e il governo di un paese terzo, vale a dire persone che ricoprono cariche dirigenziali nel governo e le persone ad esse associate. Orbene, nel caso di specie il Consiglio non avrebbe neppure sostenuto che i ricorrenti, al momento dell’adozione degli atti impugnati, ricoprissero alte cariche in Egitto o fossero associati a persone aventi siffatte funzioni.

 In merito alla portata dell’argomentazione dei ricorrenti

31      Come indicato al precedente punto 28, i ricorrenti chiedono esclusivamente l’annullamento dell’allegato della decisione 2011/172 e dell’allegato I del regolamento n. 270/2011. Orbene, tali allegati non sono stati adottati direttamente sul fondamento di una disposizione dei Trattati, bensì in applicazione, rispettivamente, dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011. In tal modo, invocando una violazione dei Trattati, i ricorrenti sollevano, in realtà, due eccezioni d’illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE: essi contestano la legalità dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 alla luce dei Trattati.

32      Da quanto esposto al precedente punto 30 emerge che i ricorrenti hanno presentato un’argomentazione specifica a fondamento di ciascuna delle due eccezioni d’illegittimità suddette. A sostegno dell’eccezione di illegittimità relativa all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, i ricorrenti hanno fatto valere, in sostanza, che tale disposizione non poteva essere adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE, dal momento che il solo scopo del congelamento dei beni da esso disposto era di assistere le autorità egiziane nel recuperare fondi a seguito di diversi procedimenti giudiziari; inoltre, a sostegno dell’eccezione d’illegittimità avente ad oggetto l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011, i ricorrenti hanno fatto riferimento alla giurisprudenza concernente gli articoli 60 CE e 301 CE ed hanno sostenuto che l’articolo 215 TFUE autorizzava il Consiglio a disporre misure restrittive nei confronti di persone fisiche solo in un caso diverso dal loro, vale a dire ove esistesse un legame sufficiente tra tali persone e il governo di un paese terzo.

 Sull’eccezione d’illegittimità relativa all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

33      Prima di analizzare l’eccezione di illegittimità relativa all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, occorre anzitutto determinare il senso e la portata dell’articolo 29 TUE.

 Senso e portata dell’articolo 29 TUE

34      Il titolo V del Trattato UE comprende due capi. Nel primo figurano le «disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione» e nel secondo le «disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune».

35      A termini dell’articolo 23 TUE, che rientra nel capo 2 del titolo V:

«L’azione dell’Unione sulla scena internazionale, ai sensi del presente capo, si fonda sui principi, persegue gli obiettivi ed è condotta in conformità delle disposizioni generali di cui al capo 1».

36      Ai sensi dell’articolo 21 TUE, che rientra nel capo 1 del titolo V:

«1.      L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale.

(...)

2.      L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di:

(...)

b)      consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale;

(...)

d)      favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà (...)

3.      Nell’elaborazione e attuazione dell’azione esterna nei vari settori compresi nel presente titolo e nella parte quinta del trattato sul funzionamento dell’Unione europea [dedicata all’azione esterna dell’Unione] e delle altre politiche nei loro aspetti esterni, l’Unione rispetta i principi e persegue gli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 2 (...)».

37      A termini dell’articolo 24, paragrafo 1, TUE:

«La competenza dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune. (...)».

38      Ai sensi dell’articolo 25 TUE:

«L’Unione conduce la politica estera e di sicurezza comune:

(...)

b)      adottando decisioni che definiscono:

i)      le azioni che l’Unione deve intraprendere,

ii)      le posizioni che l’Unione deve assumere,

iii)      le modalità di attuazione delle decisioni di cui ai punti i) e ii) (...)».

39      Ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, primo comma, TUE:

«Quando una situazione internazionale richiede un intervento operativo dell’Unione, il Consiglio adotta le decisioni necessarie. Esse definiscono gli obiettivi, la portata e i mezzi di cui l’Unione deve disporre, le condizioni di attuazione e, se necessario, la durata.

(...)».

40      Ai sensi dell’articolo 29 TUE:

«Il Consiglio adotta decisioni che definiscono la posizione dell’Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica (...)».

41      Dal combinato disposto delle summenzionate disposizioni deriva che configurano «posizioni dell’Unione» ai sensi dell’articolo 29 TUE le decisioni che, innanzi tutto, si iscrivono nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), come definita dall’articolo 24, paragrafo 1, TUE, in secondo luogo, siano relative ad «una questione particolare di natura geografica o tematica», e, in terzo luogo, non abbiano il carattere di «interventi operativi» ai sensi dell’articolo 28 TUE.

42      La nozione di «posizione dell’Unione» si presta pertanto ad un’interpretazione ampia, di modo che, nel rispetto delle condizioni illustrate al punto precedente, possono essere in particolare adottati sul fondamento dell’articolo 29 TUE non solo atti aventi carattere programmatico o di semplici dichiarazioni di intento, ma anche decisioni che prevedano misure atte a modificare direttamente la situazione giuridica di singoli. Del resto, ciò è confermato dal dettato dell’articolo 275, secondo comma, TFUE.

43      I ricorrenti non contestano direttamente la conclusione di cui ai due precedenti punti. Essi si limitano ad affermare che una decisione che abbia lo scopo di assistere autorità straniere nel recupero di beni a seguito di diversi procedimenti giudiziari non può essere adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE. Tuttavia, e in ogni caso, il Tribunale non può escludere a priori che una decisione di tal genere risponda ai tre criteri illustrati al precedente punto 41 e, in particolare, si iscriva nell’ambito della PESC.

 Rispetto delle previsioni di cui all’articolo 29 TUE

44      Nel caso di specie, anzitutto, come risulta dal suo considerando 1, la decisione 2011/172 mira, da un lato, ad «accompagnare la transizione pacifica e ordinata verso un governo civile e democratico in Egitto, fondato sullo stato di diritto, nel pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali» e, dall’altro, ad appoggiare «gli sforzi tesi a creare un’economia che rafforzi la coesione sociale e promuova la crescita». In tal modo, la decisione in esame si iscrive nell’ambito di una politica di sostegno alle nuove autorità egiziane, destinata a favorire la stabilizzazione tanto politica quanto economica dell’Egitto e, più particolarmente, ad aiutare le autorità di detto paese nella loro lotta contro la distrazione di fondi pubblici. Essa pertanto rientra a pieno titolo nella PESC e risponde agli obiettivi menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE.

45      In secondo luogo, considerato il suo scopo, la decisione 2011/172 è relativa ad una «questione particolare di natura geografica o tematica». Infatti, il suo titolo, al pari dei suoi considerando, indica che essa è stata adottata in considerazione della «situazione» in un paese terzo, vale a dire la Repubblica araba d’Egitto.

46      In terzo luogo, detta decisione non riveste il carattere di un intervento operativo ai sensi dell’articolo 28 TUE, dal momento che non implica un intervento, civile o militare, condotto da uno o più Stati membri fuori dall’Unione.

47      Da tutto quanto precede risulta che l’articolo 1 della decisione 2011/172 risponde ai tre criteri enunciati al precedente punto 41 e, pertanto, poteva essere legittimamente adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE.

 Sull’eccezione d’illegittimità relativa all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011

48      Ai sensi dell’articolo 215 TFUE:

«1.      Quando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del trattato sull’Unione europea prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, adotta le misure necessarie. Esso ne informa il Parlamento europeo.

2.      Quando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del trattato sull’Unione europea lo prevede, il Consiglio può adottare, secondo la procedura di cui al paragrafo 1, misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali.

3.      Gli atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche».

49      Nel caso di specie, il regolamento n. 270/2011 è stato adottato in base all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e alla decisione 2011/172. Orbene, contrariamente a quanto affermano i ricorrenti, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE non circoscrive il proprio ambito di applicazione alle decisioni relative ai dirigenti di Stati terzi o alle persone loro associate. Esso può fungere da base normativa per adottare misure restrittive nei confronti di qualunque persona, indipendentemente dalla qualità che essa ricopre, a condizione che tali misure siano state previste da una decisione adottata nell’ambito della PESC.

50      Orbene, nel caso di specie si deve constatare che il testo dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011, che definisce l’ambito di applicazione del congelamento dei beni disposto da tale regolamento, riprende le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172. Di conseguenza, il congelamento dei beni da esso stabilito è stato previsto da una decisione adottata nell’ambito della PESC e risponde alle condizioni poste dall’articolo 215, paragrafo 2, TFUE.

51      Tale conclusione, del resto, non può essere rimessa in discussione invocando la giurisprudenza relativa agli articoli 60 CE e 301 CE.

52      È vero che, secondo la giurisprudenza, gli articoli 60 CE e 301 CE, applicabili prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, non prevedevano poteri di azione espressi o impliciti per imporre misure restrittive nei confronti di persone o entità prive di qualsiasi legame con il regime dirigente di un paese terzo (sentenza della Corte del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc. pag. I‑6351, punto 216). Pertanto, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, per imporre siffatte misure occorreva fondarsi congiuntamente sugli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE (sentenze della Corte Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 216, e del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio, C‑130/10, punto 53).

53      Tuttavia, il Trattato di Lisbona ha mutato lo stato del diritto introducendo un nuovo articolo 215 TFUE. Infatti, laddove il paragrafo 1 di tale articolo del Trattato FUE copre i settori precedentemente disciplinati dagli articoli 60 CE e 301 CE (sentenza Parlamento/Consiglio, punto 52 supra, punto 52), il suo paragrafo 2, sul quale si fonda il regolamento n. 270/2011, autorizza il Consiglio ad adottare, mediante un atto previsto dall’articolo 288 TFUE, misure restrittive nei confronti di qualunque «persona fisica o giuridica», «entità non statali» o qualunque «gruppo», con l’unica condizione che una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE preveda simili misure. In altri termini, se quest’ultima condizione è soddisfatta, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE consente in particolare al Consiglio di adottare, come rilevato al precedente punto 49, atti che impongano misure restrittive nei confronti di destinatari che non abbiano alcun legame con il regime dirigente di un paese terzo.

54      Pertanto, il primo motivo deve essere in ogni caso respinto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione relativa alla tardività della sua presentazione nella replica (v., per analogia, sentenza della Corte del 28 luglio 2011, Mediaset/Commissione, C‑403/10 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 51; sentenza del Tribunale del 1° dicembre 1999, Boehringer/Consiglio e Commissione, T‑125/96 e T‑152/96, Racc. pag. II‑3427, punto 143).

2.     Sul secondo motivo vertente sul mancato rispetto dei criteri in base ai quali il nome di talune persone può essere iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 e al regolamento n. 270/2011

55      I ricorrenti affermano che il motivo per cui il loro nome è stato incluso nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 non rientra nel novero di quelli previsti dall’articolo 1 di tale decisione. Essi aggiungono che il motivo per cui il loro nome è stato iscritto nell’elenco contenuto nell’allegato I del regolamento n. 270/2011 non rientra tra quelli previsti dall’articolo 2 del medesimo regolamento.

56      Per rispondere al presente motivo, occorre anzitutto determinare i criteri che il Consiglio deve rispettare allorché decide di iscrivere il nome di persone o di entità sull’elenco allegato alla decisione 2011/172 e di individuare le ragioni per cui il nome dei ricorrenti è stato incluso in detto elenco.

 Relativamente ai criteri di inclusione nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

57      L’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, nella sua versione in lingua inglese, lingua di procedura, prevede l’imposizione di un congelamento dei beni nei confronti delle persone seguenti: «persons having been identified as responsible for misappropriation of Egyptian State funds, and natural or legal persons, entities or bodies associated with them, as listed in the Annex». In altri termini, in questa versione linguistica della decisione 2011/172 si fa riferimento, da una parte, alle persone che siano state «identificate» quali responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani e, dall’altra, ai loro associati.

58      Tuttavia, come rilevato dai ricorrenti in una lettera datata 13 maggio 2011 e indirizzata al Consiglio, nella versione francese della decisione 2011/172 viene fatto riferimento alle persone «reconnues» [«riconosciute»] responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani, e non, come nella versione inglese, alle persone «identificate» (identified) quali responsabili di simili fatti.

59      Si tratta di una notevole divergenza tra le suddette versioni linguistiche.

60      Infatti, la versione francese sembra imporre un’interpretazione restrittiva dei termini dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172. L’impiego del verbo «riconoscere», impiegato correntemente nel linguaggio giuridico in associazione con l’aggettivo «colpevole», tende di indicare che le persone di cui all’articolo 1, paragrafo 1, siano state «riconosciute» formalmente colpevoli di distrazione di fondi pubblici egiziani o di complicità in tali distrazioni, dovendo essere tale riconoscimento di colpevolezza riservato, in linea di principio, ad un giudice penale.

61      Viceversa, la versione inglese consente un’interpretazione ampia delle prescrizioni dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172. Difatti, in tale versione linguistica l’utilizzo del verbo «identificare», più vago rispetto al verbo «riconoscere», permette di ritenere che, sulla base di informazioni concordanti, lo stesso Consiglio proceda all’«identificazione» delle persone suscettibili di essere qualificate come «responsabili» della distrazione di fondi pubblici egiziani nonché a quella del loro associati.

 Quanto alla necessità di procedere ad un’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

62      Secondo una giurisprudenza costante, la necessità di un’interpretazione uniforme degli atti dell’Unione esclude che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione sia considerato isolatamente e richiede, invece, che sia interpretato e applicato alla luce delle versioni redatte nelle altre lingue ufficiali (v. sentenza della Corte del 17 novembre 2011, Homawoo, C‑412/10, Racc. pag. I‑11603, punto 28, e giurisprudenza ivi citata).

63      Inoltre, in caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo del diritto dell’Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte (v. sentenza della Corte del 26 aprile 2012, DR e TV2 Danmark, C‑510/10, punto 45, e giurisprudenza ivi citata).

64      Nel caso di specie, anche solo a motivo delle disparità sussistenti tra le versioni linguistiche inglese e francese, si pone la necessità d’interpretare l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 alla luce di tutte le sue versioni linguistiche. Tale interpretazione dovrà tener conto del contesto e della finalità della regolamentazione nell’ambito della quale tale disposizione si colloca.

 Relativamente all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

65      Innanzi tutto, si deve necessariamente constatare che, nella maggior parte delle lingue dell’Unione diverse dall’inglese e dal francese, la redazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 è analoga a quella della versione inglese.

66      Poi, come rilevato al precedente punto 44, la decisione 2011/172 è segnatamente preordinata ad assistere le autorità egiziane nella lotta contro la distrazione di fondi pubblici, congelando i beni di persone che possono essere, secondo la versione inglese, «identificate» (identified) o, secondo la versione francese, «riconosciute» [«reconnues»] quali «responsabili» di simili fatti. Orbene, se il Consiglio dovesse attendere che siano state pronunciate condanne penali nei confronti di dette persone ad opera dei giudici egiziani, l’effetto utile della decisione 2011/172 sarebbe seriamente compromesso. Infatti, in una simile ipotesi, le persone interessate disporrebbero, nel corso del procedimento penale, del tempo necessario per trasferire i loro beni in Stati che non pratichino alcuna forma di cooperazione con le autorità egiziane.

67      In tali circostanze, all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 deve conferirsi un’interpretazione ampia. Tale disposizione deve pertanto essere interpretata nel senso che essa contempla cinque gruppi di persone distinte. Il primo è costituito dalle persone che, a seguito di un procedimento giudiziario, sono state giudicate colpevoli di «distrazione di fondi pubblici egiziani». Il secondo è formato dai loro «associati» in senso stretto, vale a dire persone che siano state riconosciute, da un giudice penale, quali complici delle prime. Il terzo gruppo comprende le persone perseguite penalmente per fatti di «distrazione di fondi pubblici egiziani». Il quarto raccoglie le persone perseguite penalmente in quanto associate (vale a dire in quanto complici) di quelle a cui simili fatti sono addebitati. Il quinto corrisponde all’insieme delle persone oggetto di procedimenti giudiziari connessi ad indagini penali per fatti di «distrazione di fondi pubblici egiziani», che, a tale titolo, possono essere qualificate quali persone associate agli individui sottoposti a simili indagini penali. Detto quinto gruppo di persone raggruppa in particolare quelle che hanno potuto beneficiare, eventualmente a loro insaputa, del risultato di una «distrazione di fondi pubblici egiziani» ed oggetto, a tale titolo, di provvedimenti conservativi, emanati in un ambito giudiziario e destinati a preservare i beni originati da dette distrazioni di fondi.

 Quanto alla compatibilità dell’interpretazione della decisione 2011/172 con principi o norme giuridiche di rango ad essa superiore

68      Risulta da costante giurisprudenza che una norma di diritto derivato deve essere interpretata, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con le disposizioni del Trattato e con le altre norme aventi il medesimo valore giuridico di questi (sentenza della Corte del 10 settembre 1996, Commissione/Germania, C‑61/94, Racc. pag. I‑3989, punto 52; sentenza del Tribunale del 13 aprile 2011, Germania/Commissione, T‑576/08, Racc. pag. II‑1578, punto 103).

69      Nel caso specifico, occorre verificare se l’interpretazione ampia fornita all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 al precedente punto 67 sia compatibile con il principio secondo cui le disposizioni che prevedono sanzioni amministrative sono oggetto di interpretazione restrittiva nonché con il principio della presunzione d’innocenza.

–       Relativamente al principio secondo cui le disposizioni che prevedono sanzioni amministrative sono da interpretarsi restrittivamente

70      Secondo la giurisprudenza il principio di legalità dei delitti e delle pene, consacrato all’articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ordina di non applicare la legge penale in modo estensivo a discapito dell’imputato (sentenza della Corte del 12 dicembre 1996, X, C‑74/95 e C‑129/95, Racc. pag. I‑6609, punto 25).

71      Orbene, tale principio può essere invocato non solo nei confronti di decisioni che irrogano sanzioni penali in senso stretto ma anche rispetto a quelle che impongono sanzioni amministrative (v., in tale senso, sentenza della Corte del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 80).

72      Di conseguenza, il principio di legalità dei delitti e delle pene impone di non applicare disposizioni che prevedano sanzioni amministrative in modo estensivo a discapito della persona interessata.

73      In tali circostanze, ove la decisione 2011/172 avesse previsto sanzioni amministrative e, pertanto, fosse rientrata nell’ambito di applicazione dell’articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali, essa dovrebbe essere assoggettata ad un’interpretazione restrittiva.

74      Tuttavia, così non è.

75      Infatti, le previsioni dell’articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali sono identiche a quelle dell’articolo 7, paragrafo 1, prima frase, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali, quindi, esse devono essere interpretate alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»).

76      Orbene, secondo tale giurisprudenza, l’articolo 7 di detta Convenzione può essere utilmente invocato soltanto a sostegno della contestazione di una «pena». Ora, il punto di partenza di qualunque valutazione circa la sussistenza di una «pena» consiste nel determinare se la misura in questione sia inflitta a seguito di una condanna per una «infrazione». A questo fine sono parimenti rilevanti altri elementi, ossia la qualificazione della misura di cui trattasi da parte del diritto applicabile, la sua natura e il suo obiettivo, i procedimenti collegati alla sua adozione e alla sua esecuzione, nonché la sua gravità. Tuttavia, la gravità della misura non è decisiva, giacché numerose misure non penali a carattere preventivo possono avere un impatto sostanziale sulla persona interessata (Corte eur. D.U., sentenza M. c. Germania, del 17 dicembre 2009, n. 19359/04, § 120).

77      Nel caso di specie, innanzi tutto, nessuna disposizione del diritto dell’Unione conferisce una connotazione penale al congelamento dei beni disposto dall’articolo 1 della decisione 2011/172.

78      In secondo luogo, le disposizioni che instaurano il regime di detto congelamento dei beni non mirano né a punire, né a impedire la reiterazione di un qualunque comportamento. Esse hanno l’unico scopo di preservare gli attivi detenuti dalle persone, entità o organismi di cui all’articolo 1 della decisione 2011/172, conformemente agli obiettivi menzionati dall’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE (v. punto 44 supra) (v., in tale senso e per analogia, sentenze del Tribunale dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 101, e del 7 dicembre 2010, Fahas/Consiglio, T‑49/07, Racc. pag. II‑5555, punto 67).

79      In terzo luogo, gli effetti delle citate disposizioni sono limitati nel tempo e reversibili: il congelamento dei beni da esse previsto deve applicarsi, ai sensi dell’articolo 5 della decisione 2011/172, per un periodo determinato e il Consiglio, che ne assicura un riesame continuo, può decidere in ogni momento di porvi fine.

80      Conseguentemente, il congelamento dei beni di cui trattasi non configura una sanzione amministrativa né rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali.

81      Ne deriva che il principio secondo cui le disposizioni che prevedono sanzioni amministrative vanno interpretate in modo restrittivo non impedisce al Tribunale di adottare un’interpretazione ampia dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 come quella fornita al precedente punto 67.

–       Relativamente al principio della presunzione d’innocenza

82      È certamente vero che il principio della presunzione d’innocenza è consacrato, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Orbene, tale principio che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, di detta Carta, deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte EDU, impone che nessun rappresentante di un’autorità pubblica dichiari una persona colpevole di un’infrazione prima che la sua colpevolezza sia stata accertata da un giudice (v. Corte eur. D.U., sentenze Allenet de Ribemont del 10 febbraio 1995, serie A, n. 308, §§ da 35 a 36, e Lizaso Azconobieta c. Espagne del 28 giugno 2011, n. 28834/08, § 37). Inoltre, il suddetto principio è leso da dichiarazioni o decisioni che riflettano la sensazione che l’imputato sia colpevole e inducano il pubblico a credere alla sua colpevolezza, o anticipino la valutazione dei fatti da parte del giudice competente (v. Cour eur. D.U., sentenze Pandy c. Belgique del 21 settembre 2006, n. 13583/02, § 42, e Păvălache c. Roumanie del 18 ottobre 2011, n. 38746/03, § 116).

83      Tuttavia, adottando la decisione 2011/172, il Consiglio non ha esso stesso riconosciuto le persone di cui all’articolo 1, paragrafo 1, colpevoli dei fatti perseguiti dal diritto penale egiziano o dal diritto di uno Stato membro dell’Unione. Inoltre, esso non ha indotto il «pubblico» a credere erroneamente nella colpevolezza di tali persone. Infine, esso non ha anticipato la valutazione dei fatti da parte del giudice competente in Egitto. Il Consiglio si è limitato a precisare che diverse categorie di persone indicate al precedente punto 67 erano sottoposte ad un congelamento dei loro beni, il quale, come rilevato al precedente punto 77, era di per sé privo di carattere penale.

84      Ne consegue che il principio della presunzione d’innocenza non osta all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 fornita al precedente punto 67 (v., in tale senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 2 settembre 2009, El Morabit/Consiglio, T‑37/07 e T‑323/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 40).

 Relativamente al motivo per cui il nome dei ricorrenti è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

 Sulla necessità di procedere ad un’interpretazione del motivo per cui il nome dei ricorrenti è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

85      Va ricordato che l’iscrizione del nome dei ricorrenti sull’elenco allegato alla decisione 2011/172 ha avuto l’effetto di assoggettare gli stessi al congelamento dei beni il cui regime è definito dagli articoli 1, 2, 3 e 5 della medesima decisione. Inoltre, occorre osservare che l’allegato della decisione 2011/172 è stato pubblicato in tutte le lingue ufficiali dell’Unione.

86      La versione inglese di tale allegato precisa che i beni dei ricorrenti sono stati congelati in quanto essi erano, ciascuno singolarmente, interessati da procedimenti giudiziari avviati dalle autorità egiziane e relativi all’appropriazione indebita di fondi pubblici sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione («judicial proceedings by the Egyptian authorities in respect of the misappropriation of State Funds on the basis of the United Nations Convention against corruption»). Detta versione linguistica fa quindi riferimento a semplici «procedimenti» giudiziari riguardanti i ricorrenti. In difetto di qualunque precisazione a questo proposito, occorre ritenere che siffatti procedimenti possano essere unicamente connessi a procedimenti penali per fatti di «appropriazione indebita di fondi pubblici egiziani».

87      Per contro, la versione francese dell’allegato della decisione 2011/172, che, come rilevato al precedente punto 58, è stata fatta valere dai ricorrenti in una lettera del 13 maggio 2011 indirizzata al Consiglio, indica che i ricorrenti erano sottoposti a «poursuites judiciaires par les autorités égyptiennes pour détournement de fonds publics, sur la base della convention des Nations unies contre la corruption» [nella versione in lingua italiana: «dalle autorità egiziane a procedimento giudiziario per appropriazione indebita di fondi pubblici in base alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione»]. Sulla scorta della lettura di tale versione sembra che i ricorrenti siano stati sottoposti ad un congelamento dei loro beni a causa della sussistenza di «procedimenti» di natura penale, esperiti nei loro confronti per fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici.

88      Pertanto, emergono differenze rilevanti tra le versioni francese e inglese dell’allegato della decisione 2011/172.

89      Orbene, in presenza di divergenze tra talune versioni linguistiche di un atto individuale destinato ad una persona soggetta alla giurisdizione di uno Stato terzo, deve procedersi ad un’interpretazione dello stesso tenendo conto, da un lato, delle altre versioni linguistiche e, dall’altro, del contesto e della finalità della normativa in base alla quale esso è stato adottato.

90      Inoltre, da costante giurisprudenza risulta che un atto di esecuzione deve essere interpretato, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con le disposizioni dell’atto di base (v., in tale senso, sentenza Commissione/Germania, punto 68 supra, punto 52, e giurisprudenza ivi citata).

91      Nel caso di specie, come osservato al precedente punto 26, l’allegato della decisione 2011/172 costituisce un insieme di decisioni individuali di esecuzione dell’articolo 1, paragrafo 1, della medesima decisione. Il motivo per cui i ricorrenti sono stati sottoposti ad un congelamento dei loro beni, che figura in tale allegato, deve pertanto essere oggetto di interpretazione, in conformità dei principi risultanti dai due punti precedenti.

 Quanto all’interpretazione del motivo per cui il nome dei ricorrenti è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

92      Anzitutto, occorre rilevare che le diverse versioni linguistiche dell’allegato della decisione 2011/172 possono essere raggruppate in due gruppi di pari importanza: in talune lingue ufficiali dell’Unione tale allegato presenta una redazione analoga alla versione inglese, mentre in altre lingue ufficiali il suo testo si avvicina alla versione francese. Il raffronto delle versioni linguistiche di detto allegato pertanto non è di alcun ausilio: esso non rileva l’intenzione dell’autore dell’atto né ne mette in luce un eventuale lapsus calami che vizi una o più versioni linguistiche.

93      È poi evidente che, a prescindere dalla variante linguistica prescelta, il motivo per cui i ricorrenti sono stati sottoposti a un congelamento dei loro beni, e che figura nell’allegato della decisione 2011/172, è conforme all’articolo 1, paragrafo 1, della stessa decisione nell’interpretazione datane al precedente punto 67. Infatti, tale articolo prevede il congelamento non solo dei beni delle persone sottoposte a titolo personale a «procedimenti» penali, in Egitto, per fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici, ma anche, segnatamente, quelli delle persone interessate, nel medesimo paese, da semplici «procedimenti giudiziari» (judicial proceedings) connessi a procedimenti penali per fatti di «appropriazione indebita di fondi pubblici egiziani».

94      Infine, deve rilevarsi che l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 consente il congelamento dei beni di cinque categorie di persone (v. punto 67 supra). Orbene, la versione francese del suo allegato consente di considerare una soltanto di dette categorie, vale a dire quella delle persone perseguite penalmente per fatti di «appropriazione indebita di fondi pubblici egiziani» (v. punto 87 supra). Quanto alla versione inglese dell’allegato in esame, essa copre tre categorie di persone, vale a dire, oltre alle persone perseguite penalmente per fatti di «appropriazione indebita di fondi pubblici egiziani» quelle perseguite in quanto complici di simili fatti e quelle sottoposte a procedimenti giudiziari connessi a procedimenti penali per fatti di «appropriazione indebita di fondi pubblici egiziani» (v. punto 86 supra). Quindi, quest’ultima versione linguistica attribuisce al motivo d’iscrizione dei ricorrenti nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 un senso e una portata tali da coprire più ampiamente il campo di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta decisione. Essa, pertanto, meglio corrisponde all’obiettivo perseguito da tale articolo.

95      Conformemente alla formulazione della versione inglese, quindi, occorre ritenere che il Consiglio abbia inteso congelare i beni dei ricorrenti in quanto sottoposti ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame, qualunque esso fosse, con indagini aventi ad oggetto appropriazioni indebite di fondi pubblici.

 Relativamente al rispetto dei criteri stabiliti all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

96      In base ai criteri stabiliti dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, potevano essere inclusi nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 i nomi delle persone sussumibili nelle cinque categorie enunciate al precedente punto 67.

97      Nel caso di specie, come precisato al precedente punto 95, il Consiglio ha iscritto il nome dei ricorrenti nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 per il solo motivo che essi erano sottoposti ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame con indagini aventi ad oggetto appropriazioni indebite di fondi pubblici.

98      Orbene, come rilevato ai precedenti punti 94 e 95, un simile motivo rientra tra quelli enunciati all’articolo 1, paragrafo 1, della medesima decisione. Infatti, esso rinvia a tre dei cinque casi contemplati da detto articolo.

99      Ne consegue che, iscrivendo il nome dei ricorrenti nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 il Consiglio non ha disatteso i criteri che esso stesso aveva enunciato all’articolo 1, paragrafo 1, della stessa decisione.

 Relativamente al rispetto dei criteri stabiliti dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n 270/2011

100    Occorre anzitutto rammentare che la struttura del regolamento n. 270/2011 è analoga a quella della decisione 2011/172, di modo che, come rilevato al precedente punto 27, le considerazioni svolte al precedente punto 26 trovano applicazione mutatis mutandis per quanto riguarda il regolamento n. 270/2011 e il suo allegato I. Pertanto, le persone interessate da tale allegato I devono rispondere ai criteri stabiliti dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011.

101    Va poi rilevato che tali criteri sono identici a quelli previsti dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172. A questo proposito, l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 presenta una redazione simile all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, al quale esso peraltro rinvia.

102    Infine, i motivi d’iscrizione del nome dei ricorrenti nell’elenco figurante nell’allegato I del regolamento n. 270/2011 sono identici a quelli per cui il loro nome è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172.

103    Conseguentemente, per i motivi sopra illustrati, si deve concludere che, nel caso di specie, i criteri stabiliti all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 sono stati rispettati.

104    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il secondo motivo deve essere respinto.

3.     Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

105    A termini dell’articolo 296, secondo comma, TFUE: «[g]li atti giuridici sono motivati (...)».

106    In virtù dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali, il diritto ad una buona amministrazione include in particolare «l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni».

107    Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dev’essere adeguata alla natura dell’atto impugnato e al contesto nel quale è stato adottato. Essa deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire all’interessato di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso (v. sentenza della Corte del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, punti 50 e 53, e giurisprudenza ivi citata).

108    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento della sussistenza, in capo alla motivazione di un atto, dei requisiti di cui all’articolo 296 TFUE e all’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. Pertanto, da un lato, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (v. sentenza Consiglio/Bamba, punto 107 supra, punti 53 e 54, e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro, il grado di precisione della motivazione di un atto dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, Racc. pag. II‑4665, punto 141, e giurisprudenza ivi citata).

109    In particolare, la motivazione di una misura di congelamento dei beni non può, in linea di principio, consistere soltanto in una formulazione generica e stereotipata (v., in tale senso, sentenza Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, punto 108 supra, punto 143). Con le riserve evidenziate al punto precedente, una tale misura deve, al contrario, indicare le ragioni specifiche e concrete per cui il Consiglio ritiene applicabile all’interessato la normativa pertinente (v., in tal senso, sentenza Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, punto 108 supra, punto 143, e giurisprudenza ivi citata; v., in tale senso, sentenza Consiglio/Bamba, punto 107 supra, punto 52).

110    Nel caso di specie, i ricorrenti affermano che la motivazione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 è insufficiente.

111    A sostegno di tale motivo i ricorrenti affermano, in primo luogo, che il Consiglio non ha indicato chiaramente le ragioni per cui considerava che essi rispondessero al criterio stabilito dall’articolo 1 della decisione 2011/172.

112    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che la motivazione fornita nell’allegato alla decisione 2011/172 non è sufficientemente circostanziata. Infatti, tale allegato darebbe atto di una «affermazione vaga in rapporto a procedimenti giudiziari in base ad una convenzione sconosciuta ai ricorrenti». In ogni caso, le affermazioni contenute nell’allegato di cui trattasi non consentirebbero, a loro avviso, di conoscere le ragioni per cui il Consiglio ritiene che le misure restrittive continuino ad essere giustificate.

113    Tuttavia, è evidente che la decisione 2011/172 menziona chiaramente l’articolo 29 TUE, in base al quale essa è stata adottata. Poi, dal titolo dell’allegato alla decisione 2011/172 risulta che essa consiste in un «[e]lenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all’articolo 1». Da ultimo, il regolamento n. 270/2011 fa riferimento all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE. Quanto all’allegato I di tale regolamento, esso indica chiaramente che quest’ultimo consiste in un «[e]lenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all’articolo 2, paragrafo 1». Pertanto, il Consiglio ha indicato in modo inequivoco quale fosse, secondo lui, il fondamento giuridico della decisione 2011/172, del regolamento n. 270/2011 e degli allegati di tali atti.

114    Dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011 risulta inoltre che i ricorrenti sono stati sottoposti a misure restrittive «in considerazione della situazione in Egitto», in quanto sottoposti a un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame con indagini aventi ad oggetto appropriazioni indebite di fondi pubblici (v. punto 86 supra). Le considerazioni di fatto sul cui fondamento il Consiglio ha ritenuto che i ricorrenti dovessero essere sottoposti al congelamento dei beni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, quindi, sono abbastanza circostanziate da consentire che questi ultimi ne possano contestare l’esattezza dinanzi al Consiglio e poi dinanzi al giudice dell’Unione. Per di più, in inglese, la lingua impiegata dai ricorrenti nelle loro comunicazioni con il Consiglio e nel corso del presente procedimento, tali considerazioni sono univoche.

115    In aggiunta, le suddette considerazioni non presentano carattere stereotipato. Infatti, essi non ricalcano la redazione di una disposizione di portata generale. Inoltre, anche se è vero che esse sono le stesse sul cui fondamento le altre persone fisiche menzionate nell’allegato della decisione 2011/172 e nell’allegato I del regolamento n. 270/2011 sono state sottoposte ad un congelamento dei beni, tuttavia, sono volte a descrivere la situazione concreta dei ricorrenti che, al pari di altri, secondo il Consiglio sono stati oggetto di procedimenti giudiziari che presentavano un legame con indagini vertenti su distrazioni di fondi pubblici.

116    Ne consegue che gli atti impugnati includono l’enunciazione degli elementi di diritto e di fatto che ne costituiscono, secondo il loro autore, il fondamento. Pertanto, dal loro tenore letterale emerge chiaramente l’iter logico seguito dal Consiglio.

117    Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto.

4.     Sul quarto motivo, vertente su errori di fatto e di qualificazione giuridica dei fatti

118    Come osservato sopra, dall’allegato della decisione 2011/172 e dall’allegato I del regolamento n. 270/2011 risulta che i ricorrenti sono stati tutti sottoposti ad un congelamento dei beni per il solo motivo che essi erano oggetto di un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame con indagini vertenti su appropriazioni indebite di fondi pubblici.

119    I ricorrenti, in sostanza, fanno valere che detta motivazione è viziata di errori di fatto e di qualificazione giuridica dei fatti. Tale motivo si articola in due parti.

120    Con la prima parte, i ricorrenti sostengono che la seconda, la terza e la quarta ricorrente non sono sottoposte a procedimenti giudiziari in Egitto.

121    Con la seconda parte, i ricorrenti affermano che, sebbene il primo ricorrente «sia attualmente sottoposto a procedimenti giudiziari», resta nondimeno il fatto che tali procedimenti non vertono su fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici come quelli menzionati nell’allegato della decisione 2011/172.

 Relativamente alla prima parte del motivo

122    Con lettera del 1º aprile 2011, i ricorrenti hanno comunicato al Consiglio che essi supponevano che il nome del primo ricorrente fosse stato iscritto sugli elenchi figuranti nell’allegato della decisione 2011/172 e nell’allegato I del regolamento n. 270/2011 a seguito di una richiesta presentata in tal senso da una persona o da un organismo egiziano. Essi hanno inoltre chiesto al Consiglio, da un lato, di indicare quale fosse tale persona o tale organismo e, dall’altro, di fornire una copia della sua richiesta e degli elementi che l’accompagnavano.

123    Con lettera del 7 giugno 2011 il Consiglio ha precisato allo studio legale dei ricorrenti che aveva ricevuto una «lettera del 13 febbraio 2011 del Ministro egiziano degli Affari esteri che includeva una richiesta del procuratore generale egiziano diretta al congelamento dei beni di taluni ex ministri e ufficiali», tra i quali figurava il primo ricorrente. Unitamente a tale lettera del Consiglio veniva trasmessa una copia di un documento del 13 febbraio 2011 recante l’intestazione dell’Ufficio del Ministro degli Affari esteri egiziano. In tale documento non sottoscritto, era menzionata la richiesta del procuratore generale egiziano volta ad ottenere che i beni di «ex ministri, ufficiali e cittadini» egiziani fossero congelati. Tra le persone indicate in tale richiesta figurava il primo ricorrente, ma non la seconda, la terza e la quarta ricorrente.

124    Frattanto, lo studio legale dei ricorrenti ha chiesto al Consiglio, mediante lettera datata 13 maggio 2011, che gli fornisse, in particolare, tutti gli elementi di prova sui quali esso si era fondato per imporre un congelamento dei beni nei confronti dei suoi clienti. Detto studio legale ha quindi trasmesso altre due lettere al Consiglio, il 9 giugno e il 15 luglio 2011.

125    Con lettera del 29 luglio 2011, il Consiglio ha risposto alle lettere dello studio legale dei ricorrenti del 13 maggio, del 9 giugno e del 15 luglio 2011. In tale risposta non viene fatto riferimento ad eventuali procedimenti giudiziari nei riguardi della seconda, della terza e della quarta ricorrente, ma vi si afferma unicamente quanto segue:

«[Queste] figurano sull’elenco delle persone oggetto della summenzionata richiesta di assistenza giudiziaria da parte delle autorità egiziane (esse compaiono ai numeri 2, 3 e 4 sull’elenco allegato). La richiesta indica che il procuratore generale egiziano aveva adottato ordinanze dirette al sequestro dei beni di tutte le persone indicate nell’elenco e che tali ordinanze sono state confermate dal giudice penale».

126    Alla suddetta lettera del Consiglio del 29 luglio 2011 era allegata una nota recante il numero di riferimento NV93/11/ms, del 24 febbraio 2011, con cui l’ambasciata della Repubblica araba di Egitto a Bruxelles (Belgio) chiedeva all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di trasmettere alle «autorità giudiziarie competenti» una richiesta di assistenza giudiziaria proveniente dall’ufficio del procuratore generale egiziano.

127    Alla suddetta nota erano allegati tre documenti.

128    Il primo di essi era il testo, non datato e non firmato, della richiesta di assistenza giudiziaria. Tale richiesta, formulata in inglese, era diretta ad ottenere il «congelamento, la confisca e il recupero dei beni di taluni ex ministri e ufficiali». Essa faceva riferimento all’«indagine condotta dal Ministero pubblico egiziano nei procedimenti numeri 162 e 234 del 2010 (...); 34, 36, 38, 39, 55 e 70 del 2011 (...) nonché [nel] procedimento numero 137/2011 (...) aventi ad oggetto reati di corruzione, usurpazione di beni pubblici e reati di riciclaggio di denaro commessi da ex ministri e ufficiali» ed elencava 15 persone, tra le quali figuravano i quattro ricorrenti. Poi essa indicava, da un lato, che il procuratore generale egiziano aveva deciso di confiscare i beni delle persone elencate e, dall’altro, che tale confisca era stata «approvata dal giudice penale».

129    Il secondo documento allegato alla nota del 24 febbraio 2011 corrispondeva ad un «elenco di ex ufficiali, [delle loro] mogli e dei figli», in cui la seconda, la terza e la quarta ricorrente comparivano rispettivamente, alla seconda, terza e quarta posizione.

130    Il terzo documento allegato alla nota del 24 febbraio 2011 si presentava come una sintesi delle accuse mosse al primo ricorrente nel «procedimento numero 38 del 2011», procedimento menzionato nella richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128. Tale documento non era datato. Esso era inoltre privo d’intestazione e di firma. Ma, al pari della nota del 24 febbraio 2011 e di tutti gli altri documenti ad essa allegati, recava il timbro dell’ambasciata della Repubblica araba d’Egitto a Bruxelles.

131    In definitiva, nessuno dei documenti summenzionati suggerisce che la seconda, la terza e la quarta ricorrente fossero state sottoposte a procedimenti penali in Egitto per fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici.

132    Invece, la richiesta di assistenza giudiziaria menzionata al precedente punto 128 indica, in modo inequivocabile, che il 24 febbraio 2011, vale a dire meno di un mese prima dell’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, l’insieme dei ricorrenti erano oggetto di un’ordinanza del procuratore generale egiziano diretta al sequestro dei loro beni, la quale era stata approvata da un giudice penale ed era connessa a indagini relative ad appropriazioni indebite di fondi pubblici.

133    I ricorrenti, del resto, non hanno prodotto alcun elemento atto a far sorgere dubbi circa l’esattezza delle indicazioni di fatto figuranti in tale richiesta di assistenza giudiziaria. Al contrario, una decisione giurisdizionale egiziana, di cui essi hanno depositato una traduzione presso la cancelleria del Tribunale in data 5 marzo 2013, conferma che la seconda ricorrente era tuttora sottoposta ad un congelamento dei beni il 30 gennaio 2013. Oltretutto, i ricorrenti non hanno contestato, in sede d’udienza, l’esistenza della suddetta ordinanza di sequestro.

134    Orbene, in quanto destinatarie dell’ordinanza summenzionata del procuratore generale egiziano, la seconda, la terza e la quarta ricorrente costituivano persone sottoposte ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame con indagini vertenti su appropriazioni indebite di fondi pubblici. Qualificandole in tal modo nell’allegato della decisione 2011/172, pertanto, il Consiglio non è incorso né in un errore di fatto né in un errore di qualificazione giuridica dei fatti.

135    La prima parte del motivo, quindi, deve essere respinta.

 Relativamente alla seconda parte del motivo

136    A sostegno della seconda parte del motivo, i ricorrenti affermano che il primo ricorrente è accusato unicamente di essere stato complice di fatti qualificabili come rilascio illecito di licenze.

137    Tuttavia, dal documento menzionato al precedente punto 130 risulta che, nel «procedimento numero 38 del 2011», il primo ricorrente era «accusato», da un lato, di essersi «indebitamente appropriato degli attivi» di una «impresa del settore pubblico le cui azioni [erano] detenute dallo Stato» e, dall’altro, di avere «commesso reati consistenti nell’approfittare di attivi pubblici e nel comprometterli, nonché nell’appropriarsi indebitamente e (...) nell’agevolare l’appropriazione indebita [di tali attivi]».

138    In tale documento, più specificamente, al primo ricorrente veniva addebitato di:

–        aver fatto uso della sua influenza in quanto presidente-direttore generale di un’«impresa del settore pubblico le cui azioni [erano] detenute dallo Stato», per, in primo luogo, effettuare uno scambio di azioni a vantaggio di una «società privata» da esso controllata; in secondo luogo, consentire a tale società privata di realizzare risultati commerciali positivi a spese della suddetta «impresa del settore pubblico» e, in terzo luogo, aumentare illegittimamente la partecipazione della «società privata» in questione nel capitale dell’«impresa del settore pubblico» sopra menzionata; e

–        aver omesso di pagare i propri debiti nei confronti di quest’ultima impresa e delle banche.

139    In tal modo, il primo ricorrente era sottoposto a procedimenti penali in Egitto per fatti qualificati dal Ministero pubblico egiziano come «usurpazione di beni pubblici».

140    Orbene, il Tribunale rileva che tale qualificazione corrisponde sostanzialmente a quella di «appropriazione indebita di fondi pubblici», impiegata nella decisione 2011/172 e nel regolamento n. 270/2011.

141    Ciò premesso, il Consiglio non è incorso in un errore di fatto o in un errore di qualificazione dei fatti iscrivendo il primo ricorrente nell’elenco allegato agli atti controversi.

142    Nel loro tentativo di mettere in discussione tale conclusione, nella replica i ricorrenti hanno affermato che né la richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 né i documenti ad essa allegati consentivano di identificarli come persone «responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani», le quali, in tal modo, privassero il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società e compromettessero lo sviluppo della democrazia nel paese o come individui associati a tali persone.

143    Tuttavia, in ogni caso, una simile circostanza non può rendere illegittimi gli atti impugnati. A questo proposito occorre ricordare che l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, che definisce i criteri di inclusione nell’elenco allegato alla medesima decisione, riguarda unicamente le categorie di persone menzionate al precedente punto 67. È vero che il considerando 2 della decisione 2011/172 indica che tali persone «privano il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società e compromettono lo sviluppo della democrazia nel paese». Tuttavia, detta indicazione non configura una condizione supplementare, che deve essere rispettata al momento dell’inclusione del nome di una nuova persona nell’elenco allegato la decisione 2011/172. Essa rappresenta esclusivamente un’esplicitazione dell’obiettivo finale perseguito da tale decisione. Infatti, il considerando in esame si limita a precisare che le persone di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 possono privare «il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società e [di impedire] lo sviluppo della democrazia nel paese».

144    Va inoltre rilevato che nessuno dei cinque argomenti addotti dai ricorrenti a sostegno della censura menzionata al precedente punto 142 è fondato.

145    In primo luogo, i ricorrenti hanno asserito che i documenti allegati alla richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 non facevano «riferimento alla minima condanna per il minimo reato» ne si riferivano ad un’imputazione. Tali documenti si limitavano, a parer loro, «a riassumere alcune denunce depositate contro il primo ricorrente» e, in definitiva, non fornirebbero «alcuna indicazione sulla questione se una o tutte le censure [da essi menzionate] dia origine a procedimenti giudiziari (...) per appropriazione indebita di fondi pubblici».

146    Tuttavia, è certamente vero che i documenti allegati alla richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 non menzionano alcuna condanna da parte di un giudice penale. Tuttavia, tale circostanza è priva di incidenza. Infatti, le persone di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 non sono esclusivamente quelle che sono state assoggettate ad una condanna penale per distrazione di fondi pubblici, ma anche, in particolare, quelle sottoposte a procedimenti giudiziari legati a indagini vertenti su simili fatti (v. punto 67 supra).

147    Inoltre non è esatto affermare che nessuno dei documenti allegati alla richiesta di assistenza giudiziaria riguardasse un’imputazione per fatti di distrazione di fondi pubblici. Invero, come rilevato ai precedenti punti 139 e 140, il documento menzionato al punto 130 supra menzionava procedimenti penali, condotti in Egitto, nei confronti del primo ricorrente per fatti qualificabili come appropriazione indebita di fondi pubblici.

148    In secondo luogo, i ricorrenti hanno sottolineato che la richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 «non forni[va] alcuna indicazione sul quantum dei beni congelati o sul tipo di assistenza giudiziaria richiesta, sul giudice adito o sui motivi per cui tale assistenza [era] necessaria».

149    Malgrado ciò, la circostanza che gli elementi di prova su cui il Consiglio si è fondato non contengano simili indicazioni è priva di influenza sulla soluzione della controversia. In ogni caso essa non consente di dimostrare che il Consiglio sia incorso in un errore di fatto ritenendo che i ricorrenti fossero sottoposti a procedimenti giudiziari che presentavano un legame con indagini vertenti su appropriazioni indebite di fondi pubblici.

150    In terzo luogo, i ricorrenti hanno asserito che la richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 «non sugger[iva] neanche un’azione legislativa dell’Unione europea».

151    Tuttavia, tale argomento muove dalla premessa errata secondo cui il Consiglio poteva congelare i beni del ricorrente soltanto a condizione di aver ricevuto una richiesta in tal senso da parte delle autorità egiziane. Al contrario, esso poteva congelare i fondi di tutte le persone rispondenti ai criteri enunciati all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, indipendentemente dal fatto che la situazione di tali persone gli fosse stata rivelata dalle autorità egiziane o da altre fonti.

152    In quarto luogo, i ricorrenti hanno sostenuto che la richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 era viziata in quanto inesatta. Anzitutto, nei documenti allegati a tale richiesta si farebbe riferimento a debiti per 7 miliardi di lire egiziane, mentre invece tale elemento di fatto si riferisce ad una denuncia alla quale le autorità egiziane non hanno dato seguito. Poi, le «altre denunce» non sarebbero relative a fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici, ma a fatti concernenti una società nella quale lo Stato egiziano aveva detenuto soltanto una partecipazione minoritaria. Le altre denunce in questione sarebbero state inoltre depositate in difetto di qualunque elemento di prova a loro sostegno. Infine, esse sarebbero relative a fatti commessi non dal primo ricorrente, ma da società in cui questi deteneva partecipazioni maggioritarie.

153    È certamente vero che, nel documento menzionato al precedente punto 130 veniva indicato, nella descrizione del solo procedimento concernente il primo ricorrente, vale a dire «il procedimento numero 38 del 2011», che questi aveva omesso di pagare debiti per un importo di 7 miliardi di lire egiziane. Tuttavia, i ricorrenti non producono alcun elemento atto a dimostrare che tale affermazione non sia esatta. In ogni caso, un’eventuale inesattezza che vizi detta indicazione non può avere alcuna incidenza sulla soluzione della controversia. Infatti, alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti da 137 a 140, essa non sarebbe sufficiente, di per sé, a dimostrare che, sulla base del documento menzionato al precedente punto 130, il Consiglio non potesse qualificare il primo ricorrente come persona sottoposta a procedimenti giudiziari relativi ad indagini per appropriazione indebita di fondi pubblici.

154    Per quanto riguarda le altre affermazioni ricordate al precedente punto 152, esse sono relative a «denunce» che, secondo i ricorrenti, sono diverse da quella afferente al debito di 7 miliardi di lire egiziane menzionata al precedente punto 153. Esse vertono quindi su procedimenti differenti rispetto al «procedimento numero 38 del 2011» citato nel documento menzionato al precedente punto 130, sui quali il Consiglio non si è fondato per adottare gli atti impugnati.

155    In quinto luogo, i ricorrenti hanno addotto che la richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128 era suffragata da documenti lacunosi. Essi hanno fatto valere che le autorità del Regno Unito avevano rifiutato di accogliere una richiesta diretta al congelamento dei loro beni in quanto le autorità egiziane non avevano fornito loro informazioni sufficienti per giustificare siffatta misura.

156    Tuttavia, come si è rilevato, si deve necessariamente constatare che le informazioni fornite dalla richiesta di assistenza giudiziaria e dai suoi allegati consentono di concludere che i ricorrenti fossero sottoposti a procedimenti giudiziari che presentavano un legame con indagini vertenti su appropriazioni indebite di fondi pubblici. Inoltre, occorre rilevare che l’allegazione relativa al comportamento delle autorità del Regno Unito riguarda fatti estranei alla presente controversia. Simili fatti, pertanto, sono privi d’influenza ai fini della soluzione di questa, tanto più che i ricorrenti non precisano quali fossero i documenti trasmessi dalle autorità egiziane alle autorità del Regno Unito.

157    La seconda parte deve essere quindi respinta nella sua interezza e, pertanto, il motivo non può essere accolto.

5.     Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

158    I ricorrenti sostengono che i diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sono stati violati. Tale motivo si articola in tre parti.

 Sulla prima parte

159    I ricorrenti affermano che gli elementi di prova sul cui fondamento i loro beni sono stati congelati non sono stati loro comunicati.

160    Tale argomento è infondato in punto di fatto.

161    Secondo la giurisprudenza, soltanto su richiesta della parte interessata il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso agli elementi di prova su cui si è fondato per disporre un congelamento dei beni. La comunicazione spontanea di tali elementi di prova costituirebbe infatti una condizione eccessiva (v., in tale senso, sentenza del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc. pag. II‑3967, punto 97).

162    Nel caso di specie, i ricorrenti hanno effettivamente chiesto al Consiglio di presentare loro gli elementi di prova sul cui fondamento erano stati adottati la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011. Infatti, come ricordato al precedente punto 122, lo studio legale dei ricorrenti ha indicato, con lettera del 1º aprile 2011, che esso supponeva che la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 fossero stati adottati a seguito di una «richiesta presentata [in tal senso] da una persona o da un autorità egiziana» ed ha pregato il Consiglio di «fornire una copia di tale richiesta e della documentazione relativa». Inoltre, dal precedente punto 124 risulta che, con lettera del 13 maggio 2011, il medesimo studio legale ha ricordato che i ricorrenti avevano «bisogno di prove e di informazioni, [per essere in grado di] confutare gli elementi addotti a [loro] carico, che asseritamente giustificavano [l’iscrizione del loro nome sull’elenco allegato alla decisione 2011/172]».

163    Si deve tuttavia rilevare che il Consiglio ha pienamente ottemperato alle richieste dei ricorrenti.

164    Infatti, da una parte, dai documenti del fascicolo risulta che, con lettera del 7 giugno 2011 menzionata al precedente punto 123, il Consiglio ha risposto alla richiesta del 1º aprile 2011, rimandando i ricorrenti ad un documento «del 13 febbraio 2011 del Ministro egiziano degli Affari esteri contenente una richiesta del procuratore generale egiziano diretta al congelamento dei beni di taluni ex ministri e ufficiali, fondata sulla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, e che include [il primo ricorrente] nell’elenco delle persone interessate». Tale documento del 13 febbraio 2011 era allegato alla lettera del Consiglio.

165    Dall’altra, con lettera del 29 luglio 2011 menzionata al precedente punto 125, il Consiglio ha risposto in particolare alla lettera del 13 maggio 2011. Esso ha invitato lo studio legale dei ricorrenti a fare riferimento non solo alle «informazioni già comunicate nella precedente lettera del Consiglio del 7 giugno 2011», ma altresì ad una «nota (...) della missione egiziana presso l’U[nione] E[uropea] del 24 febbraio 2011, contenente una richiesta di assistenza giudiziaria del procuratore generale egiziano». La suddetta nota e la richiesta di assistenza giudiziaria, descritte rispettivamente ai precedenti punti 126 e 128, erano allegate alla summenzionata lettera del Consiglio.

166    Pertanto, la prima parte del motivo deve essere respinta.

 Sulla seconda parte

167    Nel loro ricorso i ricorrenti affermano che le ragioni per cui sono stati sottoposti ad un congelamento dei beni sono eccessivamente vaghe. Inoltre, essi sostengono nella replica che il Consiglio ha rivelato i veri motivi di tale congelamento dei beni solo al momento del controricorso. Pertanto, essi non avrebbero avuto la possibilità di contestare in modo utile tali motivi al momento in cui la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 sono stati adottati.

168    Tuttavia, tali argomenti si fondano in ogni caso su una premessa errata.

169    Infatti, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 sono motivati in modo sufficiente (v. punto 116 supra). La loro motivazione è stata peraltro riprodotta dai ricorrenti nella loro lettera del 13 maggio 2011 indirizzata al Consiglio.

170    La seconda parte del motivo deve essere quindi respinta.

 Sulla terza parte

171    Innanzitutto, i ricorrenti affermano che hanno trasmesso al Consiglio diverse osservazioni con lettera del 13 maggio 2011, ma che, nella sua lettera del 29 luglio 2011, il Consiglio non ha risposto a tutti gli argomenti presentati in tale occasione. A loro avviso, il Consiglio non avrebbe risposto in particolare né alle osservazioni concernenti la motivazione politica dei procedimenti condotti in Egitto nei confronti del primo ricorrente né a quelle relative alla violazione dei diritti della difesa nel corso di tali procedimenti.

172    In secondo luogo, i ricorrenti fanno valere che né la decisione 2011/172 né il regolamento n. 270/2011 precisano che i motivi delle misure individuali di congelamento dei beni che li riguardano nonché gli elementi di prova su cui tali misure si fondano debbano essere loro comunicati. Essi aggiungono che tali atti omettono di indicare che le persone sottoposte ad un congelamento dei beni debbano essere sentite e che la loro posizione debba essere presa in considerazione. Infine, essi sostengono che la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 non «prevedono una procedura di comunicazione degli elementi di prova su cui è fondata la decisione di iscrivere i ricorrenti nell’elenco, né prevedono di sentire la loro risposta e di verificare correttamente le allegazioni e gli elementi di prova alla base della decisione d’iscrizione dei ricorrenti nell’elenco e del suo mantenimento».

173    In terzo luogo, i ricorrenti fanno valere che i motivi delle misure di congelamento dei beni adottate nei loro confronti non sono stati loro comunicati prima della pubblicazione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011. Essi sottolineano altresì che non sono stati previamente informati del loro assoggettamento a misure di congelamento dei beni.

174    Tali argomenti non possono essere accolti.

175    Infatti, in primo luogo, né la decisione 2011/172 né il regolamento n. 270/2011 né alcun altro testo o principio impone al Consiglio di rispondere a ciascuna delle osservazioni dinanzi ad esso formulate dai ricorrenti successivamente all’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, a pena dell’illegittimità delle misure individuali di congelamento dei beni adottate sul fondamento delle disposizioni di portata generale di tali atti. Pertanto, la mera circostanza che il Consiglio non abbia risposto specificamente alle allegazioni dei ricorrenti secondo cui i procedimenti condotti, in Egitto, nei confronti del primo ricorrente avevano un motivo politico e violavano i diritti della difesa non può incidere sulla legittimità del procedimento successivo all’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, e ciò a prescindere dalla fondatezza di siffatte allegazioni.

176    In secondo luogo, una prima misura di congelamento dei beni, come quella adottata a carico dei ricorrenti per mezzo dell’allegato della decisione 2011/172 e dell’allegato I del regolamento n. 270/2011, deve poter giovarsi dell’effetto sorpresa. Per tale motivo il Consiglio non è tenuto, prima dell’adozione di una simile misura, a comunicare i motivi di tale misura alla persona interessata (sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punto 338). Allo stesso modo, esso non ha l’obbligo di avvertire le persone destinataria di una misura di questo genere della sua imminente adozione.

177    In terzo luogo, come risulta dai due punti precedenti, nessuna disposizione né alcun principio dispongono che gli atti dell’Unione che definiscono il regime cui debbono sottostare le misure individuali di congelamento dei beni contengano prescrizioni o prevedano essi stessi procedure come quelle descritte al precedente punto 172.

178    Oltretutto, anche supponendo che i ricorrenti, mediante gli argomenti illustrati ai precedenti punti da 171 a 173, abbiano altresì inteso far valere, in primo luogo, che né gli elementi di prova sul cui fondamento un congelamento dei beni è stato loro imposto, né i motivi di tale congelamento dei beni sono stati loro comunicati successivamente all’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 e, in secondo luogo, che il Consiglio non li ha sentiti, è giocoforza constatare che una simile argomentazione deve essere respinta.

179    Infatti, innanzi tutto, l’argomento secondo cui il Consiglio non avrebbe comunicato gli elementi di prova su cui si è fondato deve essere respinto per i motivi illustrati ai precedenti punti da 161 a 165.

180    In secondo luogo, il principio del rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali impongono, in linea di principio, che l’autorità dell’Unione che adotta un atto che comporti misure restrittive a carico di una persona o di un’entità comunichi i motivi su cui tale atto è fondato, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo la sua adozione, in modo da consentire a tali persone o entità di difendere i propri interessi e di esercitare il proprio diritto di ricorso (v., in tale senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punti 335 e 336, e sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 161 supra, punto 92). Di norma, il Consiglio deve adempiere tale obbligo mediante una comunicazione individuale (sentenza della Corte del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, Racc. pag. I‑11381, punti 52 e 55).

181    Pertanto, la circostanza che il Consiglio abbia omesso di comunicare, esso stesso, i motivi di un atto comportante misure restrittive non è idonea a inficiare la validità di tale atto, allorché una simile omissione non abbia avuto come conseguenza di privare la persona o l’entità interessata della possibilità di conoscere in tempo utile la motivazione di detto atto e di valutarne la fondatezza (v., in tale senso, sentenza del 6 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, punto 180 supra, punto 55).

182    Nel caso di specie, comunque, dagli stessi termini utilizzati nella lettera summenzionata, trasmessa il 13 maggio 2011 dallo studio legale dei ricorrenti al Consiglio e dal ricorso risulta che i ricorrenti hanno potuto accedere ai motivi della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 in tempo utile per essere in grado di contestare tali atti. Alla terza pagina della lettera in parola, in particolare, essi hanno riprodotto una parte dei motivi di tali atti.

183    In terzo luogo, le persone fisiche o giuridiche interessate da una decisione iniziale di congelamento dei loro beni hanno il diritto di essere ascoltate dal Consiglio dopo l’adozione della decisione di cui trattasi. Tuttavia, quest’ultimo non è tenuto a procedere d’ufficio ad un’audizione di tali persone (sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punto 341; sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, punto 161 supra, punto 98).

184    Nel caso di specie, da nessuno dei documenti del fascicolo risulta che i ricorrenti, i quali hanno presentato segnatamente con lettere del 1º aprile e del 13 maggio 2011 le loro osservazioni scritte in merito alla decisione 2011/172 e al regolamento n. 270/2011, abbiano chiesto al Consiglio di essere ascoltati dopo l’adozione degli atti in discorso. In tali circostanze, dette persone, che comunque non avevano alcun diritto di essere ascoltate prima dell’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 (sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punto 341), non possono fondatamente lamentare di non essere state sentite dal Consiglio.

185    La terza parte deve quindi essere respinta e, pertanto, il motivo non può essere accolto.

6.     Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

186    I ricorrenti invocano una violazione del diritto di proprietà. A sostegno di tale motivo essi adducono quattro serie di argomenti.

187    In primo luogo, essi affermano che il Consiglio non ha dimostrato che un congelamento totale dei loro beni configurasse la misura meno restrittiva possibile per garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011. Secondo essi, il congelamento dei beni a cui sono stati sottoposti ad opera del Consiglio, pertanto, sarebbe sproporzionato. A sostegno di una simile affermazione essi aggiungono, innanzi tutto, che non è stata fornita alcuna indicazione circa il quantum dei beni di cui essi si sarebbero indebitamente appropriati. Poi, essi affermano che il congelamento dei beni cui sono stati sottoposti in Egitto è sufficiente, dal momento che riguarda beni per un valore assai superiore rispetto a quello dei beni di cui si presume che essi si sarebbero indebitamente appropriati.

188    In secondo luogo, nella replica i ricorrenti precisano che il divieto fatto a terzi, in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2011/172, di mettere risorse economiche a loro disposizione è illogico, sproporzionato e controproducente rispetto all’obiettivo perseguito dal Consiglio, vale a dire il recupero, in seguito al procedimento giudiziario condotto in Egitto, dei fondi pubblici che possono essere stati oggetto di appropriazione indebita.

189    In terzo luogo, i ricorrenti fanno valere che la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 ledono in modo sensibile e duraturo la loro reputazione, dal momento che non hanno solo l’effetto di congelare tutti i loro beni nell’Unione, ma anche di «etichettarli» come persone che hanno rubato beni egiziani e che rappresentano pertanto dei nemici del popolo egiziano.

190    In quarto luogo, i ricorrenti sostengono che il Consiglio non ha dimostrato che un «divieto di viaggiare» fosse giustificato e proporzionato.

191    In proposito, il Tribunale constata anzitutto che la terza serie di argomenti, illustrata al precedente punto 189, deve essere in ogni caso respinta. Infatti, va sottolineato che l’importanza degli obiettivi perseguiti dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011 è tale da giustificare che tali atti possano aver avuto eventuali conseguenze negative, anche di un certo peso, per i ricorrenti, senza che ciò ne infici la legittimità (v., in tale senso, sentenza della Corte del 30 luglio 1996, Bosphorus, C‑84/95, Racc. pag. I‑3953, punto 26; sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, punto 161 supra, punto 70).

192    Inoltre, la quarta serie di argomenti, illustrata al precedente punto 190, è priva di qualunque portata. Infatti, né la decisione 2011/172 né il regolamento n. 270/2011 dispongono un divieto di viaggiare a carico dei ricorrenti.

193    In definitiva, solo le prime due serie di argomenti, enunciate ai precedenti punti 187 e 188, sono idonei a sostenere utilmente il motivo vertente sulla violazione del diritto di proprietà. Esse verranno pertanto esaminate d’appresso.

 Sulla prima serie di argomenti

194    A termini dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

195    Nel caso di specie, con la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 il Consiglio ha congelato per un periodo determinato i beni detenuti, tra l’altro, dai ricorrenti. Pertanto, occorre ritenere che il Consiglio abbia limitato l’esercizio da parte dei ricorrenti del diritto contemplato dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali (v., in tale senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punto 358). Tuttavia, il diritto di proprietà tutelato dal suddetto articolo non configura una prerogativa assoluta (v., in tale senso, sentenze della Corte del 14 maggio 1974, Nold/Commissione, 4/73, Racc. pag. 491, punto 14, e Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punto 355) e può conseguentemente essere sottoposto a limitazioni, nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali.

196    Quest’ultimo articolo dispone, da un lato, che «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta [dei diritti fondamentali] devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà» e, dall’altro, che «[n]el rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

197    In tal modo, per essere conforme al diritto dell’Unione, una limitazione all’esercizio del diritto di proprietà deve in ogni caso rispondere ad una triplice condizione.

198    In primo luogo, la limitazione deve essere «prevista dalla legge» (v., in tal senso, sentenza della Corte del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, Racc. pag. I‑6375, punto 91). In altri termini, la misura in questione deve avere un fondamento normativo.

199    In secondo luogo, la limitazione deve perseguire un obiettivo di interesse generale, riconosciuto come tale dall’Unione. Nel novero di tali obiettivi rientrano quelli perseguiti nell’ambito della PESC, e menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE, vale a dire il sostegno alla democrazia, allo Stato di diritto e ai diritti dell’uomo, nonché allo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo con l’obiettivo primo di eliminare la povertà.

200    In terzo luogo, la limitazione non deve essere eccessiva. Da un lato, essa deve essere necessaria e proporzionale allo scopo perseguito (v., in tal senso, sentenze, Bosphorus, punto 191 supra, punto 26, e Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punti 355 e 360). Dall’altro, il «contenuto essenziale», ossia la sostanza, del diritto o della libertà in questione, non deve essere leso (v., in tal senso, sentenze Nold/Commissione, punto 195 supra, punto 14, e Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, punto 52 supra, punto 355).

201    Nel presente caso ciascuna delle condizioni sopra indicate è soddisfatta.

202    Infatti, in primo luogo, la limitazione all’esercizio del diritto di proprietà di cui trattasi deve essere considerata «prevista dalla legge», ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, dal momento che i criteri enunciati dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 sono stati rispettati (v. punti 99 e 103 supra).

203    In secondo luogo, come si è constatato al precedente punto 44, la decisione 2011/172 e il suo allegato contribuiscono effettivamente alla realizzazione degli obiettivi di interesse generale menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE. Lo stesso dicasi per quanto riguarda il regolamento n. 270/2011 e il suo allegato, dal momento che essi riflettono le prescrizioni della decisione 2011/172.

204    In terzo luogo, contrariamente a quanto asseriscono i ricorrenti (v. punto 187 supra), la restrizione all’esercizio da parte loro del diritto di proprietà non risulta sproporzionata.

205    Infatti, il principio di proporzionalità, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Pertanto, qualora debba scegliere tra più misure appropriate, l’istituzione deve ricorrere a quella meno restrittiva e gli inconvenienti cagionati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze della Corte del 12 luglio 2001, Jippes e a., C‑189/01, Racc. pag. I‑5689, punto 81, e del Tribunale del 6 maggio 2010, Comune di Napoli/Commissione, T‑388/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 143).

206    Orbene, le misure che il Consiglio ha adottato sul fondamento dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 sono adeguate rispetto al conseguimento degli obiettivi ricordati al precedente punto 203. Infatti, tali misure contribuiscono in modo efficace a facilitare l’accertamento di appropriazioni indebite di fondi pubblici commesse a danno delle autorità egiziane e consentono che tali autorità ottengano in modo più agevole la restituzione del prodotto di siffatte appropriazioni indebite. Orbene, come emerge dai precedenti punti da 139 a 141, dai documenti del fascicolo risulta che il primo ricorrente è stato perseguito in Egitto per fatti qualificabili come «appropriazione indebita di fondi pubblici».

207    Inoltre, i ricorrenti non dimostrano che il Consiglio potesse prevedere l’adozione di misure meno restrittive, ma al contempo adeguate, rispetto a quelle stabilite dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011.

208    Infatti, in difetto di una decisione giurisdizionale sulla fondatezza dei procedimenti giudiziari condotti in Egitto, al momento dell’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 il Consiglio non poteva né conoscere la natura né indicare esso stesso il quantum delle eventuali appropriazioni indebite di fondi pubblici egiziani commesse dal primo ricorrente. Esso non era pertanto in grado di operare una distinzione tra, da un lato, i beni che potevano essere entrati a far parte del patrimonio dei ricorrenti in conseguenza di tali appropriazioni indebite e, dall’altro, il resto dei beni componenti il patrimonio dei ricorrenti. In tali condizioni, non vi erano elementi che consentissero al Consiglio di supporre che il sequestro dei beni dei ricorrenti al quale avevano proceduto le autorità egiziane (v. punto 132 supra) fosse sufficiente a coprire le eventuali condanne future del primo ricorrente.

209    Infine, gli inconvenienti generati dalle misure di congelamento dei beni controverse non sono sproporzionate rispetto agli obiettivi perseguiti. In proposito, si deve in particolare osservare, da un lato, che per loro natura tali misure presentano un carattere temporaneo e reversibile (v. punto 79 supra) e, pertanto, non arrecano un pregiudizio al «contenuto sostanziale» del diritto di proprietà, e, dall’altro, che, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione 2011/172 può derogarvisi allo scopo di coprire le «esigenze di base», le spese di giustizia ovvero le «spese straordinarie» delle persone interessate.

 Sulla seconda serie di argomenti

210    Con l’argomento ricordato al precedente punto 188, esposto per la prima volta nella replica, i ricorrenti hanno sostanzialmente addotto un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE, relativo al fatto che il divieto posto a carico di terzi, in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2011/172, di mettere a loro disposizione risorse economiche supplementari configura una lesione sproporzionata al diritto di proprietà.

211    Orbene, da un lato, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali, l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta stessa, che sancisce il diritto di proprietà, deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte EDU relativa all’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il quale garantisce il diritto al rispetto dei «beni».

212    Dall’altro, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, l’articolo 1 del protocollo n. 1 non garantisce un diritto ad acquisire «beni». Un ricorrente può lamentare una violazione di tale articolo solo qualora gli atti da esso incriminati siano relativi ai suoi «beni» ai sensi di tale disposizione. La nozione di «beni» può ricomprendere tanto «beni attuali» quanto «valori patrimoniali», compresi i crediti, in virtù dei quali il ricorrente possa affermare di avere quanto meno un «legittimo affidamento» di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà. Quando l’interesse patrimoniale interessato rientra nella tipologia del credito, esso può essere considerato quale «valore patrimoniale» unicamente qualora si basi su un fondamento giuridico sufficiente (v. Corte eur. D.U., sentenza Kopecký c. Slovacchia, del 28 settembre 2004, n. 44912/98, §§ 35 e 52, e giurisprudenza ivi citata).

213    Nel caso di specie, dall’articolo 1, paragrafo 6, della decisione 2011/172 risulta che il paragrafo 2 dello stesso articolo non osta al versamento sui conti congelati di interessi o di altri profitti relativi a tali conti né impedisce di procedere ai pagamenti dovuti nell’ambito di contratti, accordi od obblighi anteriori alla data in cui tali conti sono stati assoggettati al congelamento. Pertanto, l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2011/172 vieta unicamente i nuovi versamenti di fondi effettuati da terzi e che non siano previsti, alla data di entrata in vigore della decisione in discorso, da alcun atto giuridico.

214    Qualora tuttavia, eccependo l’illegittimità della suddetta disposizione, i ricorrenti abbiano inteso far valere che essa vietava a terzi di procedere a pagamenti dovuti in forza di atti giuridici anteriori all’entrata in vigore del congelamento dei loro beni, deve necessariamente rilevarsi che, in tal caso, l’eccezione di illegittimità da essi sollevata si fonda su una premessa errata.

215    Quanto ai pagamenti futuri che, al momento dell’entrata in vigore del congelamento dei beni, non erano previsti da alcun atto giuridico, i ricorrenti ritengono erroneamente che essi ricadano nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Infatti, proibendo a terzi di effettuarli, il Consiglio non ha privato i ricorrenti di alcun «bene», ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU menzionata al precedente punto 212.

216    Senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione se la presentazione nella replica dell’argomento ricordato al precedente punto 188 fosse tardiva (v. punto 54 supra), pertanto, tale argomento deve essere respinto.

217    Di conseguenza, dopo aver rilevato che il quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva doveva essere respinto, il Tribunale non può che concludere che anche il sesto motivo deve essere respinto nella sua interezza.

7.     Sul settimo motivo, vertente sulla violazione della libertà d’impresa

218    Ai sensi dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, «[è] riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali».

219    Nel caso di specie i ricorrenti invocano implicitamente una violazione di tale disposizione. A sostegno del motivo in esame essi affermano che la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 vietano loro totalmente di esercitare attività economiche a fini di lucro nell’Unione.

220    Orbene, è giocoforza constatare che tali atti non hanno l’obiettivo immediato di opporsi a che i ricorrenti esercitino siffatte attività.

221    In tali circostanze, si deve ritenere che, con gli argomenti menzionati al precedente punto 218, i ricorrenti sostengano che, congelando i beni di cui essi dispongono nel territorio dell’Unione e vietando ai terzi di mettere a loro disposizione risorse economiche supplementari all’interno dell’Unione, la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 comportano l’effetto indiretto di impedir loro, in pratica, di intraprendere qualunque attività economica a fini di lucro nell’Unione.

222    Anche interpretato in tal modo, il suddetto motivo non può essere accolto.

223    Infatti, come appena ricordato, a sostegno del presente motivo i ricorrenti non hanno fatto valere che i diversi divieti posti dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011 impediscano loro di intrattenere attività commerciali con persone fisiche e giuridiche situate nel territorio dell’Unione, pur risiedendo, per quanto li riguarda, al di fuori di tale territorio.

224    Essi si sono limitati ad affermare che gli atti di cui trattasi impediscono loro, in pratica, di svolgere qualunque attività economica a fini di lucro all’interno dell’Unione.

225    Tuttavia, i ricorrenti, che sono tutti cittadini egiziani, non sostengono neppure di essere stati autorizzati, prima dell’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, a svolgere nel territorio di uno Stato membro, quali cittadini di un paese terzo, un’attività economica a fini di lucro.

226    Pertanto, essi non possono fondatamente sostenere che la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 abbiano avuto l’effetto di impedire loro l’esercizio di un’attività economica a fini di lucro dell’Unione.

227    Quand’anche i ricorrenti avessero inteso addurre l’argomento enunciato al precedente punto 223, il motivo avrebbe dovuto comunque essere respinto.

228    È certamente vero che, in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2011/172, è stato fatto divieto ai terzi di mettere risorse economiche supplementari a disposizione dei ricorrenti e che tale divieto ha indirettamente ridotto la loro capacità di avviare rapporti d’affari con persone fisiche o giuridiche domiciliate o aventi la loro sede all’interno dell’Unione.

229    Tuttavia, in primo luogo tale restrizione, prevista da una disposizione di portata generale della decisione 2011/172, è, come rilevato al precedente punto 202, contemplata dalla legge.

230    In secondo luogo, tale restrizione risponde allo stesso obiettivo di interesse generale perseguito mediante il congelamento dei beni preesistenti dei ricorrenti (v. punto 203 supra).

231    In terzo luogo, la restrizione in esame non è sproporzionata.

232    Da un lato, detto divieto è adeguato allo scopo degli atti impugnati, che è quello di assistere le autorità egiziane ad accertare e a recuperare i beni riconducibili ad eventuali appropriazioni indebite di fondi pubblici egiziani. Difatti, ogni modifica della situazione patrimoniale dei ricorrenti conseguente ad atti giuridici successivi alla decisione 2011/172 è atta a rendere più complessa, se non addirittura ad impedire, la differenziazione tra, da una parte, i beni che possono risultare da appropriazioni indebite di fondi pubblici egiziani, e dall’altra, il resto dei beni componenti il patrimonio dei ricorrenti. In tal modo, il fatto che il patrimonio detenuto dai ricorrenti non possa essere aumentato mediante versamenti la cui causa è successiva alla decisione 2011/172 è idoneo ad agevolare l’identificazione e la restituzione alle autorità egiziane dei fondi pubblici egiziani che possono essere stati distratti a vantaggio dei ricorrenti.

233    Dall’altro, non esiste una misura meno restrittiva rispetto al divieto posto dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2011/172, associato al congelamento dei beni previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, della medesima decisione, per bloccare il patrimonio detenuto dai ricorrenti all’interno dell’Unione e così agevolare l’accertamento e la restituzione alle autorità egiziane del prodotto delle eventuali appropriazioni indebite di fondi pubblici commesse a vantaggio dei ricorrenti.

8.     Sull’ottavo motivo, vertente su un «errore manifesto di valutazione»

234    I ricorrenti eccepiscono un «errore manifesto di valutazione». A sostegno di tale motivo essi adducono due argomenti.

235    Con un primo argomento essi fanno valere che, iscrivendo il loro nome nell’elenco allegato alla decisione 2011/172, il Consiglio non ha rispettato i criteri stabiliti dall’articolo 1 di tale decisione, incorrendo pertanto in un «errore manifesto di valutazione».

236    Tuttavia, si deve necessariamente rilevare che tale argomento, nonostante sia fatto valere a sostegno del presente motivo, è identico al secondo motivo, vertente segnatamente sul mancato rispetto dei criteri posti dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172. Esso deve essere pertanto respinto per i motivi indicati ai precedenti punti da 57 a 99.

237    Mediante un secondo argomento i ricorrenti affermano che il Consiglio, apparentemente, non ha tentato di «valutare» se essi fossero «effettivamente» «responsabili» di distrazione di fondi pubblici egiziani. In tal modo, essi postulano che il Consiglio fosse tenuto a verificare se fossero penalmente responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani.

238    Orbene, come risulta dal precedente punto 67, un simile argomento si fonda sulla premessa errata secondo cui solo persone condannate per fatti di tal genere potessero essere sottoposte al congelamento dei beni di cui trattasi.

239    L’ottavo motivo, pertanto, deve essere disatteso.

240    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.

 Sulle spese

241    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

242    Conformemente all’articolo 87, paragrafo 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopporteranno le proprie spese.

243    Nel caso di specie i ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese. Inoltre, in quanto istituzione interveniente, la Commissione sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Ahmed Abdelaziz Ezz nonché le sig.re Abla Mohammed Fawzi Ali Ahmed, Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin e Shahinaz Abdel Azizabdel Wahab Al Naggar sono condannate a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 febbraio 2014.

Firme

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sul primo motivo, vertente sul fatto che la decisione 2011/172 ed il regolamento n. 270/2011 sono privi di base normativa

In merito alla portata dell’argomentazione dei ricorrenti

Sull’eccezione d’illegittimità relativa all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

Senso e portata dell’articolo 29 TUE

Rispetto delle previsioni di cui all’articolo 29 TUE

Sull’eccezione d’illegittimità relativa all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011

2.  Sul secondo motivo vertente sul mancato rispetto dei criteri in base ai quali il nome di talune persone può essere iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172 e al regolamento n. 270/2011

Relativamente ai criteri di inclusione nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

Quanto alla necessità di procedere ad un’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

Relativamente all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

Quanto alla compatibilità dell’interpretazione della decisione 2011/172 con principi o norme giuridiche di rango ad essa superiore

–  Relativamente al principio secondo cui le disposizioni che prevedono sanzioni amministrative sono da interpretarsi restrittivamente

–  Relativamente al principio della presunzione d’innocenza

Relativamente al motivo per cui il nome dei ricorrenti è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

Sulla necessità di procedere ad un’interpretazione del motivo per cui il nome dei ricorrenti è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

Quanto all’interpretazione del motivo per cui il nome dei ricorrenti è stato iscritto nell’elenco allegato alla decisione 2011/172

Relativamente al rispetto dei criteri stabiliti all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172

Relativamente al rispetto dei criteri stabiliti dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n 270/2011

3.  Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

4.  Sul quarto motivo, vertente su errori di fatto e di qualificazione giuridica dei fatti

Relativamente alla prima parte del motivo

Relativamente alla seconda parte del motivo

5.  Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

Sulla prima parte

Sulla seconda parte

Sulla terza parte

6.  Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

Sulla prima serie di argomenti

Sulla seconda serie di argomenti

7.  Sul settimo motivo, vertente sulla violazione della libertà d’impresa

8.  Sull’ottavo motivo, vertente su un «errore manifesto di valutazione»

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.