Language of document : ECLI:EU:C:2018:293

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 26 aprile 2018 (1)

Causa C176/17

Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej

contro

Mariusz Wawrzosek

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich (tribunale circondariale di Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di credito al consumo – Procedimento inteso all’emissione di un’ingiunzione di pagamento a causa di un pagherò cambiario che garantisce diritti derivanti da un contratto di credito al consumo – Impossibilità per il giudice di accertare l’eventuale abusività di clausole contrattuali se il consumatore non presenta opposizione»






I.      Introduzione

1.        La Corte ha già sottolineato a più riprese che il diritto procedurale nazionale riveste un ruolo determinante ai fini della garanzia effettiva della tutela del consumatore. In tal senso, la Corte ha affermato, in particolare, che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio (2) la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva sulle clausole abusive(3). Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, alla Corte viene chiesto per la prima volta se un siffatto obbligo del giudice nazionale sussista anche qualora esso esamini un’obbligazione cambiaria e la cambiale garantisca diritti risultanti da un contratto di credito al consumo.

2.        La cambiale costituisce un antico istituto giuridico nato nell’Alto Medioevo dalle operazioni di cambio fra commercianti (4). Le grandi codificazioni del diciannovesimo secolo, soprattutto il Code de commerce francese del 1807, hanno liberato la cambiale da siffatti vincoli corporativi (5), ed essa è divenuta lo strumento per antonomasia che ha consentito ai cittadini di tutte le classi sociali l’accesso ai mezzi di pagamento diversi dai contanti (6). La maggior parte degli Stati membri dell’Unione sono parti contraenti della Convenzione di Ginevra del 1930, che stabilisce una legge uniforme sulla cambiale e sul vaglia cambiario, la quale mirava ad un’uniformazione a livello internazionale del diritto in materia di cambiali.

3.        In Polonia – diversamente che, in parte, in altri Stati membri (7) – l’impiego di pagherò cambiari, ossia di cambiali con cui il traente si impegna esso stesso al pagamento di una somma di denaro, quale strumento di garanzia per i contratti di credito al consumo, è consentito e costituisce una prassi diffusa. Il diritto procedurale civile polacco prevede un procedimento di ingiunzione di pagamento rapido fondato su un pagherò cambiario, il quale limita il compito del giudice nazionale ad un esame formale del suddetto pagherò. Qualora la cambiale sia intesa a garantire un contratto di mutuo, il procedimento di ingiunzione di pagamento esclude pertanto l’esame del sotteso contratto di mutuo. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale offre alla Corte l’occasione di esprimersi sulla questione, se tale procedimento sia compatibile con la direttiva sulle clausole abusive e con la direttiva in materia di credito ai consumatori (8).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        La direttiva sulle clausole abusive ha ad oggetto le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Il suo articolo 3, paragrafo 1, così recita:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

5.        L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali (…)».

6.        L’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

7.        La direttiva in materia di credito ai consumatori si applica, ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, ai contratti di credito. L’articolo 3, lettera c), definisce come contratto di credito «un contratto in base al quale il creditore concede o s’impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga».

8.        L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori, stabilisce quanto segue:

«In caso di cessione a terzi dei diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o del contratto, il consumatore può far valere nei confronti del cessionario gli stessi mezzi di difesa di cui poteva avvalersi nei confronti del creditore originario, ivi compreso il diritto all’indennizzo ove questo sia ammesso nello Stato membro in questione».

9.        L’articolo 22 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1. Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite.

2. Gli Stati membri provvedono affinché i consumatori non possano rinunciare ai diritti loro conferiti dalle disposizioni della legislazione nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva.

3. Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione alla presente direttiva non possano essere eluse attraverso l’impiego di forme particolari di contratti, in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l’applicazione della direttiva stessa.

(…)».

B.      Normativa nazionale

10.      Le disposizioni sul procedimento di ingiunzione fondato su una cambiale sono contenute nel Kodeks postępowania cywilnego polacco (codice di procedura civile; in prosieguo: il «KPC»). L’articolo 485, § 2, del KPC, stabilisce quanto segue:

«Il giudice emette un’ingiunzione di pagamento anche nei confronti del soggetto obbligato in forza di una cambiale (…) debitamente compilata, la cui autenticità ed il cui contenuto non diano luogo a dubbi. In caso di trasferimento al ricorrente dei diritti derivanti dalla cambiale (…), ai fini dell’emissione dell’ingiunzione è necessario produrre i documenti a sostegno della pretesa, salvo che il trasferimento di tali diritti al ricorrente risulti direttamente dalla cambiale (…)».

11.      L’articolo 486, § 1, del KPC, prevede quanto segue a titolo integrativo:

«In assenza di condizioni sufficienti per l’adozione di un’ingiunzione di pagamento, il presidente fissa una data per l’udienza dibattimentale, a meno che la causa non possa essere esaminata senza trattazione orale».

12.      L’articolo 491, § 1, del KPC, prevede quanto segue:

«Nell’emettere l’ingiunzione di pagamento il giudice invita il convenuto a soddisfare per intero entro due settimane dalla data di notifica dell’ingiunzione di pagamento la pretesa creditoria, comprese le spese, oppure, entro il medesimo termine, a proporre opposizione (…)».

13.      L’articolo 492 del KPC stabilisce quanto segue:

«§ 1. Con l’emissione, l’ingiunzione di pagamento acquista valore di titolo di garanzia, esecutivo senza apposizione della formula esecutiva (…).

§ 3. L’ingiunzione di pagamento emessa sulla base di una cambiale (…) diventa immediatamente esecutiva alla scadenza del termine fissato per la soddisfazione della pretesa creditoria. In caso di opposizione, il giudice può, su richiesta del convenuto, sospendere l’esecuzione (…)».

14.      L’articolo 493, § 1, del KPC, così recita:

«L’opposizione deve essere proposta dinanzi al giudice che ha emesso l’ingiunzione. Nell’opposizione, il convenuto deve indicare se contesta l’ingiunzione nella sua integralità o in parte, formulare le eccezioni che, a pena di inammissibilità, devono essere sollevate prima di comparire all’udienza di trattazione del merito della causa, nonché dedurre fatti e mezzi di prova (…)».

15.      L’articolo 19, § 4, dell’Ustawa o kosztach sądowych w sprawach cywilnych (legge sulle spese giudiziarie in materia civile) prevede che il convenuto, il quale presenti opposizione avverso un’ingiunzione di pagamento, debba sostenere tre quarti delle spese giudiziarie.

16.      In relazione alle clausole contenute in contratti stipulati con i consumatori, l’articolo 385 del Kodeks cywilny polacco (codice civile; in prosieguo: il «KC») prevede quanto segue:

«§ 1. Le clausole di un contratto di credito al consumo, che non sono state oggetto di negoziato individuale, non sono vincolanti per il consumatore qualora configurino i suoi diritti ed obblighi in modo contrario al buon costume, integrando una grave violazione dei suoi interessi (clausole abusive inammissibili). Ciò non vale per le clausole che riguardano le prestazioni principali delle parti, compreso il prezzo o la remunerazione, purché siano formulate in modo chiaro.

§ 2. Qualora una clausola contrattuale non sia vincolante per il consumatore ai sensi del § 1, la restante parte del contratto rimane vincolante tra le parti».

17.      In relazione al pagherò cambiario, l’articolo 101 dell’Ustawa prawo wekslowe (legge sulle cambiali), così recita:

«Il pagherò cambiario deve contenere: 1) il termine “cambiale” nel testo del documento, nella lingua in cui è stato emesso; 2) la promessa incondizionata di pagare una determinata somma di denaro; 3) l’indicazione della scadenza del pagamento; 4) l’indicazione del luogo di pagamento; 5) il cognome della persona alla quale, o all’ordine della quale, il pagamento deve essere effettuato; 6) l’indicazione del luogo e della data di emissione della cambiale; 7) la firma dell’emittente della cambiale».

18.      Le disposizioni della direttiva in materia di credito ai consumatori sono state recepite nell’ordinamento giuridico polacco dall’Ustawa o kredycie konsumenckim (legge sul credito al consumo; in prosieguo: l’«UKK»), del 12 maggio 2011. L’articolo 41 dell’UKK prevede quanto segue:

«l. La cambiale (…) del consumatore, consegnata al creditore al fine di soddisfare o garantire una prestazione risultante da un contratto di credito al consumo, deve contenere la clausola “non all’ordine” o una clausola equivalente.

2. Nel caso in cui il creditore accetti una cambiale (…) non contenente la clausola “non all’ordine” e giri tale cambiale (…) a un terzo, il creditore è tenuto a risarcire il danno subito dal consumatore a seguito del pagamento della cambiale. (…)

3. Il paragrafo 2 si applica anche nel caso in cui un terzo sia giunto in possesso della cambiale (…) contro la volontà del creditore».

III. Fatti e procedimento principale

19.      Il 3 dicembre 2015 la Profi Credit Polska S.A., ricorrente nel procedimento principale, con sede a Bielsko-Biała (in prosieguo: la «banca»), ha stipulato un contratto di mutuo con il sig. Mariusz Wawrzosek, convenuto nel procedimento principale. Come è noto al giudice del rinvio a causa di altri procedimenti avviati dinanzi al medesimo dalla ricorrente, si tratta di un contratto per adesione contenente una clausola con la quale il mutuatario si impegna ad emettere un pagherò cambiario a garanzia delle pretese creditorie della mutuante derivanti dal contratto di mutuo. In ossequio a tale obbligo, il convenuto ha consegnato alla ricorrente una cambiale in bianco sottoscritta.

20.      Successivamente, il convenuto non restituiva il prestito. Di conseguenza, la ricorrente risolveva il contratto di mutuo e inseriva nella cambiale in bianco l’importo di 3 268,38 sloti polacchi (PLN).

21.      La ricorrente ha chiesto al giudice del rinvio l’emissione di un’ingiunzione di pagamento nei confronti del convenuto sulla base del pagherò cambiario per un importo di PLN 3 268,38. Essa ha allegato alla domanda la cambiale, debitamente compilata e firmata, nonché l’atto di risoluzione del contratto di mutuo, ma non il contratto stesso.

22.      Come esposto dal giudice del rinvio, secondo il diritto nazionale, il procedimento di ingiunzione sulla base di una cambiale è articolato in due fasi. La prima fase viene avviata con la domanda di emissione dell’ingiunzione di pagamento. Essa ha luogo senza che il convenuto ne sia a conoscenza. Ai sensi dell’articolo 485, § 2, del KPC, il giudice emette l’ingiunzione di pagamento in presenza di una cambiale debitamente compilata, «la cui autenticità ed il cui contenuto non diano luogo a dubbi». Secondo il giudice del rinvio, la giurisprudenza nazionale interpreta tale disposizione nel senso che, nella prima fase del procedimento, ci si limita a verificare d’ufficio se il documento cambiario prodotto dal ricorrente sia autentico e rivesta la forma prevista dalla legge. Se tali requisiti sono soddisfatti, il giudice è obbligato ad emettere l’ingiunzione di pagamento, mentre il contenuto del rapporto principale è irrilevante. Qualora la cambiale garantisca un diritto risultante da un contratto di mutuo, il ricorrente può limitarsi a produrre come mezzo di prova, nella prima fase del procedimento, unicamente il documento cambiario. Lo stesso non deve dimostrare l’esistenza e la validità del diritto garantito risultante dal contratto di mutuo.

23.      L’ingiunzione di pagamento viene notificata al convenuto congiuntamente all’atto introduttivo del giudizio del ricorrente e ad una nota informativa sulla possibilità di proporre opposizione. Il termine per proporre opposizione è di due settimane a partire dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento. Su istanza del convenuto, il giudice, ai sensi dell’articolo 492, § 3, del KPC, può sospendere l’esecuzione dell’ingiunzione di pagamento. Stando al giudice del rinvio, in questa seconda fase del procedimento il convenuto può sollevare non solo le eccezioni difensive contro l’obbligazione cambiaria, ma anche le eccezioni avverso i diritti risultanti dal rapporto principale, ad esempio il carattere abusivo di una clausola del contratto di credito al consumo sotteso a tale rapporto. Per contro, qualora il convenuto non proponga opposizione, l’ingiunzione di pagamento, ai sensi dell’articolo 492, § 1, del KPC, acquista valore di titolo di garanzia, esecutivo senza apposizione della formula esecutiva. Esso è munito dell’autorità di cosa giudicata con riferimento all’obbligazione cambiaria, ma non con riferimento al diritto risultante dal rapporto principale.

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

24.      Con decisione del 17 febbraio 2017, pervenuta il 6 aprile 2017, il Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich (tribunale circondariale di Siemianowice Śląskie, Polonia), ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ha proposto la seguente questione pregiudiziale:

Se le disposizioni della direttiva sulle clausole abusive, in particolare gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, nonché le disposizioni della direttiva in materia di credito ai consumatori, in particolare gli articoli 17, paragrafo 1, e 22, paragrafo 1, debbano essere interpretate nel senso che ostano a che un professionista (mutuante) proceda, nei confronti di un consumatore (mutuatario), al recupero del credito accertato in una cambiale debitamente compilata, nell’ambito di un procedimento di ingiunzione di cui alle disposizioni degli articoli 485, §§ 2 e segg., del KPC, in combinato disposto con l’articolo 41 della UKK, le quali limitano il giudice nazionale ad effettuare il solo esame della validità dell’obbligazione cambiaria dal punto di vista del rispetto dei requisiti formali della cambiale, tralasciando il rapporto principale.

25.      Nel procedimento dinanzi alla Corte, hanno presentato osservazioni scritte e hanno partecipato all’udienza di discussione del 1o marzo 2018 la Repubblica di Polonia e la Commissione europea.

V.      Analisi

26.      Nel prosieguo esaminerò, anzitutto, l’interpretazione e la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale e, successivamente, analizzerò la direttiva in materia di credito ai consumatori e quindi la direttiva sulle clausole abusive.

A.      Sull’interpretazione della questione proposta e sulla ricevibilità del rinvio

27.      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva sulle clausole abusive e la direttiva in materia di credito ai consumatori debbano essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale la quale, nell’ambito di un procedimento di ingiunzione avviato sulla base di un pagherò cambiario, limiti il compito del giudice del rinvio all’esame del rispetto dei requisiti di forma della cambiale, escludendo un esame del contratto di mutuo garantito dal pagherò cambiario.

28.      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio chiarisce che tale esame del rapporto principale ha luogo solo se il consumatore propone opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento. A mio avviso, la valutazione deve avere ad oggetto il procedimento in questione nel suo complesso, vale a dire sia la prima fase, antecedente la proposizione dell’opposizione, sia la successiva seconda fase.

29.      Inoltre, intendo la questione pregiudiziale nel senso che il giudice nazionale, con tale questione, fa riferimento alla possibilità di un esame del rapporto principale, ossia del contratto di mutuo. È pertanto irrilevante se il pagherò bancario, considerato isolatamente, costituisca un contratto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva sulle clausole abusive.

30.      È vero che oggetto della controversia dinanzi al giudice nazionale è, nella prima fase, unicamente il pagherò bancario. Il rapporto principale diviene oggetto della controversia soltanto nella seconda fase, a seguito dell’opposizione del consumatore. Da ciò non risulta, tuttavia, che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non abbia manifestamente alcun rapporto con l’oggetto della controversia nel procedimento principale e sia pertanto irricevibile (9). Con la questione sollevata, infatti, si chiede, sostanzialmente, se sia compatibile con il diritto dell’Unione il fatto che il diritto polacco esiga un intervento del consumatore al fine di rendere il contratto di mutuo oggetto della controversia e consentirne l’esame al giudice nazionale, oppure se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che tale esame debba avvenire già nella prima fase.

B.      Sulla direttiva in materia di credito ai consumatori

31.      La direttiva in materia di credito ai consumatori mira ad armonizzare completamente taluni aspetti delle disposizioni degli Stati membri concernenti i contratti di credito ai consumatori. A tutela del consumatore, essa prevede, inter alia, diversi obblighi di informazione del creditore.

32.      Per quanto riguarda le garanzie del credito, la direttiva in materia di credito ai consumatori prevede che le informazioni precontrattuali debbano riguardare, se del caso, le garanzie richieste (10). Le garanzie richieste fanno parimenti parte delle informazioni da inserire obbligatoriamente nel contratto di credito (11). La direttiva in materia di credito ai consumatori non contiene altrimenti alcuna disposizione sulle garanzie, in particolare sul pagherò cambiario, le quali garantiscano un diritto risultante da un contratto di credito al consumo.

33.      Per contro, la disposizione antecedente della direttiva in materia di credito ai consumatori menzionava la cambiale. Essa prevedeva che gli Stati membri che permettevano al consumatore di offrire garanzie mediante titoli cambiari, compresi i vaglia cambiari ed assegni bancari, dovessero provvedere affinché il consumatore fosse adeguatamente protetto nell’uso di tali strumenti di garanzia (12).

34.      Tale disposizione non è stata ripresa nella nuova direttiva in materia di credito ai consumatori. Sebbene la prima proposta della Commissione intesa a novellare la direttiva precedente prevedesse persino un rigoroso divieto per il creditore di esigere dal consumatore o di proporre al medesimo una cambiale quale garanzia per il credito al consumo (13), nel testo definitivo della direttiva in materia di credito ai consumatori difetta qualsivoglia disposizione sulle cambiali.

35.      Da ciò non può che desumersi che il legislatore dell’Unione abbia inteso rimettere agli Stati membri la facoltà di decidere se sia consentito ricorrere ad una cambiale per garantire un credito al consumo. Il potere discrezionale degli Stati membri è stato persino esteso rispetto alla direttiva precedente. Mentre nella vigenza della direttiva precedente gli Stati membri dovevano ancora provvedere affinché il consumatore fosse adeguatamente protetto nell’uso di una cambiale (14), la direttiva in materia di credito ai consumatori non contiene più alcuna disposizione che preveda un siffatto obbligo degli Stati membri.

 Assenza di violazione dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori

36.      Il giudice del rinvio chiede, tuttavia, se la normativa polacca violi l’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori. Tale disposizione vieta agli Stati membri di mantenere o introdurre nel proprio ordinamento nazionale disposizioni diverse da quelle della direttiva, nella misura in cui quest’ultima contiene disposizioni armonizzate. In relazione al pagherò cambiario, tale questione è tuttavia inconferente, in quanto la direttiva, come appena illustrato, non ha introdotto appunto alcuna armonizzazione nel settore della cambiale quale strumento di garanzia di un credito al consumo. Del resto, dalle circostanze che caratterizzano il procedimento principale non è neanche dato desumere se, nelle materie specificamente incluse nell’armonizzazione (15), siano state mantenute o introdotte disposizioni nazionali divergenti. Non è pertanto ravvisabile una violazione dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva.

 Assenza di violazione dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori

37.      La Commissione ritiene peraltro che sussista una violazione dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori. Quest’ultimo obbliga gli Stati membri a provvedere affinché i consumatori non possano rinunciare ai diritti loro conferiti dalle disposizioni della legislazione nazionale che danno esecuzione a tale direttiva.

38.      Non risulta, tuttavia, che il sig. Wawrzosek, emettendo una cambiale, abbia rinunciato ai diritti conferitigli dalle disposizioni della legislazione polacca. Una rinuncia ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori, infatti, presuppone che il consumatore, attraverso una dichiarazione espressa o un comportamento concludente, estingua in tutto o in parte un diritto esistente di cui è titolare in forza delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva. La domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene tuttavia alcuna indicazione nel senso della sussistenza di siffatti diritti, ai quali il sig. Wawrzosek abbia rinunciato correlativamente al pagherò cambiario o in altra forma.

 Assenza di elusione ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva in materia di credito ai consumatori

39.      Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del rinvio e dalla Commissione, la garanzia, attraverso un pagherò cambiario, dei diritti nei confronti del consumatore risultanti da un contratto di credito al consumo, non costituisce neanche un’elusione delle disposizioni nazionali intese ad attuare la direttiva, elusione che, ai sensi del suo articolo 22, paragrafo 3, sarebbe inammissibile.

40.      È vero che un vantaggio del pagherò cambiario per il creditore risiede nel fatto che questi, nella prima fase del procedimento di ingiunzione, beneficia di un alleggerimento dell’onere della prova, in quanto è tenuto unicamente a dimostrare l’autenticità e la validità formale della cambiale. Tuttavia, ciò non comporta un’inversione dell’onere della prova per quanto riguarda l’adempimento degli obblighi di informazione del creditore, inversione che costituirebbe un’elusione ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva in materia di credito ai consumatori.

41.      Come già rilevato dalla Corte, la direttiva in materia di credito ai consumatori non contiene alcuna disposizione espressa sull’onere della prova riguardante l’osservanza, da parte del creditore, dei suoi obblighi di informazione ai sensi di tale direttiva (16). Peraltro, la Corte ha desunto dall’articolo 22, paragrafo 3, che una clausola contrattuale non può determinare un’inversione dell’onere della prova dell’esecuzione degli obblighi di informazione del creditore (17).

42.      L’esclusione, nella prima fase del procedimento nazionale, dell’esame del rapporto principale, non costituisce una disposizione in materia di ripartizione dell’onere della prova, bensì unicamente una delimitazione della materia del processo. Per contro, in relazione all’autenticità e alla validità formale della cambiale, il creditore è soggetto ad un onere probatorio illimitato.

43.      Non appena il consumatore, attraverso la sua opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, avvii la seconda fase del procedimento, anche il rapporto principale viene incluso nell’oggetto del processo. A partire da questo momento, sul creditore incombe l’onere di dimostrare di avere adempiuto ai propri obblighi di informazione.

44.      Di conseguenza, la normativa in questione del diritto polacco non comporta una modifica nella ripartizione dell’onere della prova. La clausola del contratto di mutuo che obbliga il sig. Wawrzosek ad emettere il pagherò cambiario non costituisce pertanto un artificio contrattuale che contravvenga al divieto di elusione di cui all’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva in materia di credito ai consumatori.

45.      Deve inoltre essere respinto anche l’argomento della Commissione, secondo il quale la pattuizione di un pagherò cambiario configurerebbe un’elusione della direttiva in materia di credito ai consumatori, in quanto essa genererebbe il rischio che il rispetto degli obblighi di informazione da parte del creditore non sia oggetto di sindacato giurisdizionale. Tale tesi, infatti, comporterebbe di fatto un’inammissibilità del pagherò cambiario quale mezzo di garanzia nel caso di contratti di credito ai consumatori. Ciò sarebbe tuttavia contrario alla volontà del legislatore dell’Unione, il quale rimette agli Stati membri la decisione di autorizzare o meno tale strumento quale mezzo di garanzia nel caso di contratti di credito ai consumatori (18).

 Sulla questione di una violazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori

46.      La domanda di pronuncia pregiudiziale solleva inoltre la questione se l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori, osti all’invocazione di un pagherò cambiario emesso a garanzia del credito in forza del diritto polacco.

47.      L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori, riguarda tuttavia una fattispecie nella quale un terzo, diverso dalle parti originarie del contratto di credito al consumo, sia divenuto titolare dei diritti vantati nei confronti del consumatore. Per contro, il sig. Wawrzosek ha concluso il contratto di mutuo originario con la ricorrente. La beneficiaria della cambiale coincide pertanto con la mutuante. La banca non ha ceduto a terzi i propri diritti risultanti dal contratto di mutuo né ha girato la cambiale. Di conseguenza, l’articolo 17, paragrafo 1, non è rilevante ai fini della decisione del procedimento principale e la Corte non è tenuta ad esaminare tale disposizione.

48.      A mero titolo integrativo, occorre ricordare che l’articolo 41 della legge polacca in materia di credito al consumo prevede che la cambiale, emessa da un consumatore a garanzia del diritto del creditore risultante da un contratto di credito al consumo, debba contenere obbligatoriamente una clausola che impedisca un trasferimento mediante girata. Qualora il creditore accetti una cambiale del consumatore senza tale clausola e la cambiale pervenga ad un terzo – fermo restando che è irrilevante se ciò avvenga in accordo con o contro la volontà del creditore –, il creditore deve risarcire al consumatore i danni che ne siano derivati.

 Conclusione parziale

49.      Di conseguenza, si può giudicare che le disposizioni della direttiva in materia di credito ai consumatori non ostano ad una normativa come quella in questione.

C.      Sulla direttiva sulle clausole abusive

 Principi fondamentali della direttiva sulle clausole abusive

50.      La direttiva sulle clausole abusive è volta ad inibire l’impiego di clausole abusive nei contratti stipulati tra professionisti e consumatori.

51.      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sulle clausole abusive, prevede che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolino il consumatore. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, devono provvedere a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori.

52.      Tale disciplina si fonda sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di trattativa sia il livello di informazione, più limitato, situazione che lo induca ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse (19).

53.      Pertanto, l’ordinamento giuridico nazionale deve garantire al consumatore una tutela giurisdizionale effettiva, offrendo al medesimo la possibilità di impugnare il contratto controverso a condizioni processuali ragionevoli, in modo che l’esercizio dei suoi diritti non sia soggetto a condizioni, in particolare relative a termini o costi, che rendano eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio dei diritti garantiti dalla direttiva sulle clausole abusive (20).

54.      La Corte ha dichiarato a più riprese che, in mancanza di armonizzazione del diritto processuale civile, la disciplina dell’attuazione di diritti di natura civile rientra nella competenza dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio di autonomia processuale. Essi devono provvedere, al riguardo, affinché le disposizioni nazionali non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe soggette al diritto nazionale (principio di equivalenza) e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti ai consumatori dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (21).

55.      Poiché, nel caso di specie, non sussistono elementi che possano far sorgere un dubbio quanto alla compatibilità con il principio di equivalenza, occorre verificare unicamente se la normativa di diritto polacco violi il principio di effettività. Al riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, occorre tenere conto del ruolo della rispettiva disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso (22).

56.      Secondo la giurisprudenza costante della Corte – emessa inter alia in relazione al procedimento di ingiunzione – il principio di effettività impone che il giudice nazionale esamini d’ufficio l’abusività di una clausola contrattuale, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (23).

 Applicazione all’esecuzione di un pagherò cambiario in osservanza del diritto polacco

57.      Secondo questo criterio, la normativa polacca è compatibile con l’articolo 6, paragrafo 1, e con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva sulle clausole abusive. Infatti, nella prima fase del procedimento di ingiunzione di pagamento, il giudice dispone unicamente della cambiale, della quale esamina l’autenticità e la validità formale. Al giudice non viene fornito il contratto di mutuo alla base della cambiale. Quest’ultimo non dispone pertanto degli elementi di diritto e di fatto necessari al fine di verificare se il contratto di mutuo contenga una clausola abusiva.

58.      Nella seconda fase del procedimento, avviata con l’opposizione del consumatore avverso l’ingiunzione di pagamento, il giudice esamina, per contro, le eccezioni relative al rapporto principale. Solo in tale fase processuale il giudice dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine in quanto, ai sensi dell’articolo 493, § 1, del KPC, al medesimo vengono esposti i fatti e indicati i mezzi di prova necessari al fine di verificare l’abusività del contratto di mutuo.

59.      Occorre ricordare che il diritto procedurale polacco subordina la prima fase del procedimento a requisiti più rigorosi, per quanto attiene all’emissione di un’ingiunzione di pagamento, rispetto a quanto richiesto dal regolamento n. 1896/2006, sul procedimento europeo di ingiunzione di pagamento (24), per l’emissione di un’ingiunzione di pagamento europea, la quale può essere utilizzata per l’attuazione di pretese creditorie nei confronti dei consumatori. Ai sensi del diritto polacco, infatti, il ricorrente, nella prima fase del procedimento, deve produrre il documento cambiario e quindi un mezzo di prova. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 1896/2006, per contro, i mezzi di prova a sostegno del credito fatto valere devono unicamente essere descritti, ma non devono essere presentati al giudice.

 Puntualizzazione rispetto all’attuale giurisprudenza in materia di incompatibilità con la direttiva sulle clausole abusive

60.      La fattispecie alla base del procedimento principale si distingue al riguardo da quelle in cui la Corte ha rilevato l’incompatibilità con la direttiva sulle clausole abusive. Nella causa Banco Español de Crédito, il giudice nazionale disponeva fin dall’inizio del procedimento di ingiunzione degli elementi di diritto e di fatto necessari ad esaminare l’abusività di una clausola contrattuale. Allo stesso era tuttavia preclusa la possibilità di verificare d’ufficio l’abusività della clausola da una disposizione del diritto procedurale nazionale, ragion per cui la Corte ha dichiarato l’incompatibilità di tale disposizione con la direttiva sulle clausole abusive (25). Nella causa Finanmadrid EFC, sia il procedimento d’ingiunzione sia il successivo procedimento di esecuzione terminavano senza che fosse stata esaminata d’ufficio l’abusività di una clausola del contratto, alla cui esecuzione il procedimento era inteso, sebbene sia il «Secretario judicial» investito del procedimento di ingiunzione sia il giudice adito nel procedimento di esecuzione disponessero degli elementi di diritto e di fatto necessari ai fini della verifica dell’abusività (26).

61.      La normativa rilevante nel procedimento principale non è neanche contraria ai principi elaborati dalla Corte nella causa Aziz. Nella misura in cui sussista il rischio che vengano adottate misure esecutive intese all’espulsione del consumatore e della famiglia dall’abitazione che costituisce la loro residenza principale oppure simili misure siano già state adottate, la Corte ha dichiarato che il giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi sull’abusività di una clausola di un contratto concluso con un consumatore, deve avere il potere di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere un procedimento illegittimo di esecuzione su un bene immobile o a bloccarlo, al fine di garantire l’effettività piena della tutela voluta dalla direttiva sulle clausole abusive (27). Accordare al consumatore soltanto un diritto al risarcimento del danno causato dai provvedimenti esecutivi intesi all’espulsione dall’abitazione comporta un livello di tutela inferiore a quello offerto dalla direttiva sulle clausole abusive (28).

62.      Occorre anzitutto rilevare che la Corte ha elaborato tali principi in relazione alla tutela giuridica nei confronti di provvedimenti esecutivi diretti avverso un bene immobile che funge da abitazione familiare per il consumatore. Come specificato dalla Corte nella causa Kušionová, depone nel senso dell’incompatibilità con la direttiva sulle clausole abusive in particolare il diritto al rispetto del domicilio, tutelato all’articolo 8, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali (29). Il procedimento inteso all’emissione di un’ingiunzione di pagamento sulla base di un pagherò cambiario è, per contro, nettamente meno delicato.

63.      Inoltre, è vero che l’ingiunzione di pagamento costituisce, ai sensi del diritto polacco, un titolo di garanzia, esecutivo senza che sia necessaria l’apposizione della formula esecutiva. Tuttavia, l’articolo 492, § 3, secondo periodo, del KPC, prevede che il giudice, qualora venga proposta opposizione, possa, su richiesta, sospendere l’esecuzione. Esso può dunque adottare provvedimenti provvisori atti a sospendere un procedimento illegittimo di esecuzione o a bloccarlo, cosicché il diritto del consumatore non è limitato al risarcimento del danno.

64.      A titolo meramente integrativo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1896/2006, l’esecuzione sulla base di un’ingiunzione di pagamento europea può essere sospesa o limitata soltanto su istanza del convenuto. Al riguardo, la normativa polacca non impone requisiti più rigorosi rispetto al procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento.

65.      Come affermato in definitiva dal governo polacco, la proposizione dell’opposizione impedisce il passaggio in giudicato dell’ingiunzione di pagamento. Nella causa Finanmadrid EFC, la Corte ha dichiarato che sussiste un’incompatibilità con la direttiva sulle clausole abusive se il passaggio in giudicato di una decisione renda impossibile al consumatore opporre l’abusività di una clausola del contratto di mutuo ad un’azione del professionista, avviata sulla base del contratto di mutuo (30). Qualora il consumatore proponga opposizione, lo stesso impedisce, secondo il diritto procedurale nazionale, il passaggio in giudicato dell’ingiunzione di pagamento. Egli può inoltre invocare, nella seconda fase del procedimento, l’abusività di una clausola del contratto di mutuo. Qualora il consumatore proponga opposizione, non sussiste un conflitto con i principi elaborati dalla Corte nella causa Finanmadrid EFC.

66.      I principi della causa Finanmadrid EFC non sono applicabili neanche qualora il consumatore non proponga opposizione e l’ingiunzione di pagamento acquisti forza di giudicato. Poiché il fondamento per l’emissione dell’ingiunzione di pagamento è stato unicamente il pagherò cambiario, l’autorità di cosa giudicata dell’ingiunzione di pagamento copre soltanto l’obbligazione cambiaria, ma non il contratto di mutuo.

67.      Sul punto, la fattispecie alla base del procedimento principale si distingue da quella di cui alla causa Finanmadrid EFC. Come illustrato dal governo polacco, il consumatore può infatti far valere anche in un processo successivo con il professionista l’abusività di una clausola del contratto di mutuo, la quale deve essere esaminata d’ufficio dal giudice nazionale.

68.      Qualora il professionista abbia proceduto all’esecuzione forzata sulla base dell’ingiunzione di pagamento, il consumatore, in particolare in forza dei principi dell’indebito arricchimento o del risarcimento del danno, può esigere dal professionista la restituzione di quanto da      questi ottenuto attraverso i provvedimenti esecutivi. Il consumatore può motivare la sua domanda per indebito arricchimento o di risarcimento del danno adducendo che il contratto di mutuo contiene una clausola abusiva. La forza di giudicato dell’ingiunzione di pagamento non osta ad una siffatta azione del consumatore, in quanto essa non comprende le eccezioni relative al contratto di mutuo.

69.      È vero che la Corte, nella causa Aziz, ha dichiarato, in relazione ai provvedimenti esecutivi intesi all’espulsione dall’abitazione, che è incompatibile con la direttiva sulle clausole abusive accordare al consumatore unicamente il diritto al risarcimento del danno sorto a causa dell’espulsione dall’abitazione (31). Come già osservato, per tale decisione era tuttavia essenziale il fatto che il provvedimento esecutivo avesse comportato la perdita dell’appartamento del consumatore e della sua famiglia (32).

70.      La domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice del rinvio non contiene tuttavia alcun indizio nel senso che, nel procedimento principale, sussista il rischio dello sgombero dell’abitazione familiare del sig. Wawrzosek o di un danno analogo.

71.      È pertanto compatibile con la direttiva sulle clausole abusive una situazione in cui il consumatore possa impedire il passaggio in giudicato dell’ingiunzione di pagamento tramite la proposizione dell’opposizione, e possa altrimenti far valere l’abusività del contratto di mutuo nell’ambito di un’azione per indebito arricchimento o di risarcimento del danno.

 Sull’importanza dell’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento

72.      Dalle considerazioni svolte finora emerge che l’opposizione del consumatore avverso l’ingiunzione di pagamento è di importanza fondamentale ai fini dell’efficacia concreta della tutela del consumatore in forza della direttiva sulle clausole abusive. Ci si può ragionevolmente aspettare dal consumatore che questi intraprenda tale passo al fine di far valere i propri diritti.

73.      È vero che la direttiva sulle clausole abusive impone, nelle controversie che coinvolgono un professionista e un consumatore, un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale, del giudice nazionale investito di tali controversie (33). Tuttavia, il rispetto del principio di effettività non può giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato, come dichiarato a più riprese dalla Corte (34). Il fatto che il consumatore debba proporre opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento al fine di avviare la seconda fase del procedimento, nella quale il giudice esamina d’ufficio l’abusività della clausola, non è pertanto pregiudizievole.

74.      Ciò risulta in particolare dal fatto che il legislatore europeo ha stabilito obblighi analoghi nel disciplinare il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento. In linea di principio, infatti, il convenuto deve presentare opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento europea affinché la fondatezza del diritto fatto valere venga esaminata in un procedimento giudiziario ai sensi dell’articolo 17 del regolamento n. 1896/2006.

75.      La Commissione ricorda tuttavia che, ai sensi dell’articolo 493, § 1, secondo periodo, del KPC, il consumatore, in sede di opposizione, deve dedurre le proprie censure, nonché dedurre i fatti e i mezzi di prova. Inoltre, egli deve sostenere le spese del procedimento.

76.      Contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, ciò non comporta, tuttavia, l’incompatibilità in quanto tale del procedimento di ingiunzione di pagamento fondato su una cambiale con la direttiva sulle clausole abusive. Infatti, in primo luogo, una siffatta interpretazione della direttiva sarebbe contraria alla volontà del legislatore dell’Unione, il quale ha lasciato agli Stati membri un potere discrezionale per quanto riguarda l’impiego del pagherò cambiario quale strumento di garanzia nel caso di contratti di credito al consumo (35). In secondo luogo, essa configurerebbe un’ingerenza eccessiva nell’autonomia procedurale degli Stati membri.

77.      Tuttavia, come già dichiarato dalla Corte, la configurazione generale, lo svolgimento e le peculiarità del procedimento non possono far sorgere il rischio non trascurabile che il consumatore non proponga il mezzo di ricorso richiesto (36).

78.      La Commissione critica pertanto a ragione il fatto che il consumatore, ai sensi dell’articolo 493, § 1, secondo periodo, del KPC, debba formulare tutte le censure e dedurre i fatti e i mezzi di prova già al momento della presentazione dell’opposizione. In udienza, le parti erano in disaccordo sulla questione, se il diritto processuale polacco consenta al giudice un esame del sotteso contratto di mutuo nella seconda fase del procedimento di ingiunzione di pagamento soltanto qualora il consumatore formuli tale censura al momento della presentazione dell’opposizione e deduca a tal fine fatti e mezzi di prova. Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale deve esaminare d’ufficio l’abusività di una clausola contrattuale. Una limitazione della portata dell’esame alle censure dedotte dal consumatore è pertanto incompatibile con la direttiva sulle clausole abusive. Spetta al giudice del rinvio assicurare, attraverso un’interpretazione adeguata della direttiva, che il diritto procedurale nazionale non contenga una siffatta limitazione, oppure disapplicarla, qualora un’interpretazione conforme non sia possibile.

79.      In tale contesto, occorre tenere conto anche della critica della Commissione, secondo la quale il termine di opposizione di due settimane farebbe sorgere il rischio non trascurabile che il consumatore non proponga il mezzo di ricorso richiesto. Tale argomento sembra corretto con riferimento ai fatti e ai mezzi di prova che il consumatore deve produrre entro tale termine. Tuttavia, un termine di due settimane non è eccessivamente breve, in quanto il consumatore deve in generale attivarsi entro tale termine. Di conseguenza, la disposizione polacca secondo la quale il consumatore deve presentare l’opposizione entro due settimane dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento, è compatibile con il principio di effettività solo se lo stesso non è obbligato a dedurre entro tale termine i fatti e i mezzi di prova che costituiscono il fondamento per l’esame dell’abusività delle clausole del contratto di mutuo.

80.      Infine, risulta fondata la censura della Commissione secondo cui le spese giudiziarie riscosse svantaggiano il consumatore. L’articolo 19, § 4, della legge sulle spese giudiziarie in materia civile, prevede che il convenuto, al momento della presentazione dell’opposizione, debba versare tre quarti delle spese giudiziarie previste dalla legge. Da parte sua, il richiedente deve corrispondere soltanto un quarto delle spese giudiziarie allorché chiede l’emissione di un’ingiunzione di pagamento. Il consumatore deve dunque pagare il triplo delle spese giudiziarie quando presenta opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento al fine di far valere i propri diritti risultanti dalla direttiva sulle clausole abusive. Parto dal presupposto che si tratti di anticipi delle spese giudiziarie, e che solo dopo la conclusione del procedimento verrà adottata una decisione definitiva sulla ripartizione di tali spese. Già la riscossione di un siffatto anticipo sulle spese giudiziarie è peraltro idoneo a dissuadere un consumatore dal presentare opposizione. Il consumatore subirebbe infatti a maggior ragione un pregiudizio qualora lo stesso fosse tenuto a versare in ogni caso, a prescindere dall’esito del procedimento, spese giudiziarie tre volte più elevate.

81.      Questi tre requisiti dell’opposizione previsti nel diritto polacco sono idonei, di per sé, a rendere eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti garantiti al consumatore dalla direttiva sulle clausole abusive, e violano pertanto il principio di effettività.

 Conclusione parziale

82.      È pertanto certo che un procedimento come quello polacco è incompatibile con la direttiva sulle clausole abusive nella misura in cui renda eccessivamente difficile per il consumatore la proposizione di un’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento emessa sulla base del pagherò cambiario, consentendo al giudice un esame dell’abusività solo in presenza di una corrispondente censura del consumatore, imponendo a quest’ultimo di indicare i fatti e i mezzi di prova che consentano al giudice tale esame entro due settimane a decorrere dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento, e svantaggiando il consumatore con riferimento all’accollo delle spese giudiziarie.

VI.    Conclusione

83.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alla domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dal Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich (tribunale circondariale di Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich, Polonia):

Le disposizioni della direttiva sulle clausole abusive devono essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, nella misura in cui quest’ultima preveda che un’ingiunzione di pagamento basata su un pagherò cambiario valido sotto il profilo formale, il quale garantisca i diritti di un professionista nei confronti di un consumatore risultanti da un contratto di mutuo, venga emessa senza un esame dell’abusività delle clausole di tale contratto e renda eccessivamente difficile per il consumatore presentare opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, consentendo al giudice un esame dell’abusività solo in presenza di una corrispondente censura del consumatore, imponendo a quest’ultimo di indicare i fatti e i mezzi di prova che consentano al giudice tale esame entro due settimane a decorrere dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento, e svantaggiando il consumatore con riferimento all’accollo delle spese giudiziarie.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      V., ad es., sentenze del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing (C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 49); del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 42), e del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 52).


3      Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).


4      V.H. Coing, Europäisches Privatrecht I, Monaco di Baviera, 1985, pag. 543.


5      H. Coing, Europäisches Privatrecht II, Monaco di Baviera, 1989, pag. 570.


6      Ch. Bergfeld, «Preußen und das Allgemeine Deutsche Handelsgesetzbuch», Ius Commune 14 (1987), 105 e seg.


7      Si tratta del Belgio, della Bulgaria, della Danimarca, della Germania, dell’Estonia, della Finlandia, della Francia, della Lettonia, del Lussemburgo, dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Slovenia, della Svezia, della Repubblica ceca e del Regno Unito.


8      Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66).


9      V. sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25).


10      Articolo 5, paragrafo 1, secondo comma, lettera n).


11      Articolo 10, paragrafo 2, lettera o).


12      Articolo 10 della direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48).


13      Articolo 18 della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito ai consumatori, COM(2002) 443 definitivo (GU 2002, C 331 E, pag. 200). Nessuna modifica sostanziale da parte di COM(2004) 747 definitivo.


14      V. supra, paragrafo 33.


15      V. sentenza del 12 luglio 2012, SC Volksbank România (C‑602/10, EU:C:2012:443, punto 38), e ordinanza del 12 ottobre 2016, Horžić e Pušić (C‑511/15 e C‑512/15, EU:C:2016:787, punto 26).


16      Sentenza del 18 dicembre 2014, CA Consumer Finance (C‑449/13, EU:C:2014:2464, punto 22).


17      Sentenza del 18 dicembre 2014, CA Consumer Finance (C‑449/13, EU:C:2014:2464, punti 30 e seg.)


18      V. supra, paragrafo 35.


19      Sentenze del 7 dicembre 2017, Banco Santander (C‑598/15, EU:C:2017:945, punto 36 e giurisprudenza ivi citata); del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 39), e del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 25).


20      Sentenze del 7 dicembre 2017, Banco Santander (C‑598/15, EU:C:2017:945, punto 38), e del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 59).


21      Sentenze del 7 dicembre 2017, Banco Santander (C‑598/15, EU:C:2017:945, punto 38); del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 40), e del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 46).


22      Sentenze del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 43), e del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 49).


23      Sentenze del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 36); del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 57), e del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 35).


24      Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (GU 2006, L 399, pag. 1).


25      Sentenza del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punti 52 e seg.).


26      Sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98, punti 45, 46, 50).


27      Sentenze del 7 dicembre 2017, Banco Santander (C‑598/15, EU:C:2017:945, punto 49); del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 66), e del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 59).


28      Sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 60).


29      Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punti 64 e seg.).


30      Sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98, punti 47, 51); v., anche, ordinanza del 21 giugno 2016, Aktiv Kapital Portfolio (C‑122/14, non pubblicata, EU:C:2016:486, punti 29, 36).


31      Sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 60).


32      Sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 61).


33      Sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 41), e del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 27).


34      Sentenze del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 62); del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 56), e del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 47); v. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2015:746, paragrafo 43) e le mie conclusioni nella causa Aziz (C‑415/11, EU:C:2012:700, paragrafo 55).


35      V. supra, paragrafo 34.


36      Sentenze del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 52); del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 58), e del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 54).