Language of document : ECLI:EU:T:2007:319

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

25 ottobre 2007 (*)

«Intese – Produttori di tondi per cemento armato – Decisione che constata una violazione dell'art. 65 CA – Decisione fondata sul Trattato CECA dopo la sua scadenza – Incompetenza della Commissione»

Nella causa T‑77/03,

Feralpi Siderurgica SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti G.M. Roberti, A. Franchi e I. Perego,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I. Braguglia, in qualità di agente,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra L. Pignataro‑Nolin e dal sig. A. Whelan, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. P. Manzini,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 17 dicembre 2002, C (2002) 5087 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, dai sigg. F. Dehousse e D. Šváby, nonché dalla sig.ra K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disposizioni del Trattato CECA

1        L’art. 36 CA così dispone:

«La Commissione, prima d’infliggere una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità di mora previste del presente trattato, deve mettere l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni.

(…)».

2        L’art. 47 CA recita:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie per l’adempimento della sua missione. Essa può far compiere gli accertamenti necessari.

(…)».

3        L’art. 65 CA prevede quanto segue:

«1. È proibito ogni accordo tra imprese, ogni decisione d’associazioni d’imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza e in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

2. Tuttavia, la Commissione autorizza, per prodotti determinati, accordi di specializzazione o accordi d’acquisto o di vendita in comune, [ove ricorrano talune ipotesi] (…).

3. La Commissione può ottenere, conformemente alle disposizioni dell’articolo 47, ogni informazione necessaria per l’applicazione del presente articolo, sia con richiesta specifica diretta agli interessati, sia con regolamento che definisca la natura degli accordi, delle decisioni o delle pratiche che devono esserle comunicati.

4. Gli accordi o le decisioni vietati per effetto della sezione 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati avanti ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, con riserva dei ricorsi avanti alla Corte, per pronunciarsi sulla conformità di tali accordi o decisioni con le disposizioni del presente articolo.

5. Alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d’eseguire, per mezzo di arbitrato, di penale, boicottaggio, o in qualsiasi altro modo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto, o un accordo la cui approvazione è stata rifiutata o revocata; oppure che abbiano ottenuto il beneficio d’una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o travisate; oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’accordo, della decisione o della pratica contrari alle disposizioni del presente articolo, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, [di] un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d’affari annuo delle imprese in argomento, per quanto concerne l’ammenda, e fino al 20% del volume d’affari giornaliero, per quanto concerne le penalità di mora».

4        Conformemente all’art. 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

 Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

5        Il 18 giugno 2002 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione 18 giugno 2002»).

6        Al suo punto 2 è precisato che la comunicazione 18 giugno 2002 si prefigge:

«−      (…) di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili,

−      (…) di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

7        Il punto 31 della medesima comunicazione, compreso nella sezione dedicata alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime CECA al regime CE, recita quanto segue:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Procedimento amministrativo

8        Da ottobre a dicembre 2000 la Commissione effettuava, conformemente all’art. 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondi per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane e, inoltre, rivolgeva loro richieste di informazioni sempre ai sensi dell’art. 47 CA.

9        Il 26 marzo 2002 la Commissione avviava il procedimento amministrativo e contestava addebiti ai sensi dell’art. 36 CA. La ricorrente era fra le destinatarie della comunicazione degli addebiti.

10      Il 31 maggio 2002 la ricorrente depositava osservazioni scritte in merito alla comunicazione degli addebiti. La sua audizione avveniva il 13 giugno 2002.

11      Il 12 agosto 2002 la Commissione contestava ulteriori addebiti alle destinatarie della prima comunicazione. Nella comunicazione degli addebiti supplementare, fondata sull’art. 19, n. 1, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione precisava la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA.

12      Il 13 settembre 2002 la ricorrente depositava osservazioni scritte relative alla comunicazione degli addebiti supplementare. Una seconda audizione, alla presenza dei rappresentanti degli Stati membri, aveva luogo il 30 settembre 2002.

 La decisione impugnata

13      Il 17 dicembre 2002 la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

14      Il preambolo della decisione impugnata così recita:

«Visto il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare l’articolo 65,

viste le informazioni pervenute alla Commissione e gli accertamenti effettuati a norma dell’articolo 47 del Trattato CECA da agenti della Commissione,

viste le osservazioni scritte e orali presentate ai sensi dell’articolo 36 del Trattato CECA a nome e per conto delle parti,

sentito il Comitato consultivo in materia d’intese e posizioni dominanti,

(…)».

15      Quanto alle conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA, la Commissione si è riferita anzitutto, nel punto 331 della decisione impugnata, al punto 31 della comunicazione 18 giugno 2002.

16      Ai punti 333‑344 della decisione impugnata la Commissione ha esaminato, poi, se l’applicazione dell’art. 65 CA ai comportamenti contestati potesse essere messa in discussione in base al principio della lex mitior.

17      Ha ricordato, al riguardo, al punto 335, che «le due disposizioni del trattato CECA (…) che, in astratto, potrebbero essere qualificate come meno favorevoli [erano, da un lato,] l’articolo 65, paragrafo 1, [CA], nella misura in cui non richiede[va] (a differenza di quanto previsto dall’articolo 81, paragrafo 1 del trattato CE), per il configurarsi dell’infrazione ivi contemplata, che l’intesa restrittiva della concorrenza po[tesse] pregiudicare il commercio tra Stati membri (…) e [, dall’altro,] l’art. 65, paragrafo 5, [CA], nella misura in cui prevede[va] la possibilità di infliggere ammende al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’intesa (detta possibilità non [era] invece prevista, nell’ambito del Trattato CE, dall’articolo 15 del regolamento [n. 17]) (…)».

18      Dopo aver constatato, ai punti 337‑341 della decisione impugnata, che l’intesa oggetto della decisione impugnata poteva pregiudicare il commercio tra Stati membri, la Commissione ha indicato, al successivo punto 343, che aveva «reso formalmente noto alle parti che (…) non intende[va] comminare a ciascuna impresa un’ammenda superiore al 10% del volume d’affari annuo realizzato (…) con i prodotti CECA nel territorio dell’Unione europea» e che «[t]ale limite massimo (comunque previsto dall’articolo 65, paragrafo 5 [CA], per le intese che, come quella in questione, hanno, in particolare, anche lo scopo di limitare la produzione), [era] inoltre più favorevole alle imprese di quello previsto dallo stesso articolo 15 del regolamento n. 17/62 del 6 febbraio 1962, in base al quale il limite massimo è fissato al 10% del volume d’affari annuo realizzato con tutti i prodotti a livello mondiale».

19      Ha concluso, al punto 344 della decisione impugnata, che «l’applicazione del diritto CE non sarebbe in concreto più favorevole (…) e che, quindi, anche qualora si ritenesse possibile applicare il principio della lex mitior, detto principio non potrebbe essere comunque addotto per contestare l’applicazione del diritto sostanziale CECA ai comportamenti imputati ai destinatari della presente decisione».

20      Quanto alla sua competenza ad applicare le norme sulla concorrenza del Trattato CECA dopo la sua scadenza, la Commissione ha precisato, ai punti 348‑352 della decisione impugnata, quanto segue:

«348      (…) il Trattato CE e quello CECA fanno parte di uno stesso ordinamento giuridico, l’ordinamento giuridico comunitario, al cui interno quest’ultimo trattato ha costituito, fino al 23 luglio 2002, una lex specialis. Ciò significa che, in linea di principio, a partire dal 24 luglio 2002, i settori che precedentemente rientravano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA, delle sue norme procedurali e della restante legislazione secondaria sono soggetti alle rispettive norme derivanti dal Trattato CE che costituisce infatti il regime generale.

349      Si ricorda infatti che l’8 aprile 1965, gli Stati membri hanno firmato un Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee. Si ricorda inoltre che l’articolo 3 [UE] afferma che: “l’Unione dispone di un quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi, rispettando e sviluppando nel contempo l’‘acquis’ comunitario”. Si ricorda infine che l’articolo 305, primo comma, [CE] stabilisce che: “[l]e disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio”.

350      Le conseguenze del venir meno della lex specialis vanno tuttavia precisate in relazione all’applicazione di norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni. In tale caso, appare giustificato applicare la norma sostanziale in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti, ferma restando l’applicazione delle regole di procedura subentrate nel tempo.

351      Con la Comunicazione del 18 giugno 2002, la Commissione non ha in alcun modo preteso, né avrebbe potuto, stabilire delle regole transitorie. Essa si è semplicemente limitata a spiegare ex ante, in uno spirito di trasparenza, in che modo, in base ai principi generali del diritto, sarebbe intervenuta la transizione tra i due trattati.

352      In tale ottica, l’applicazione del regolamento 17/62 al seguito della procedura risponde al principio secondo cui le regole di procedura applicabili sono quelle in vigore al momento in cui viene adottata la misura in questione. Nella stessa ottica, non è apparso necessario ripetere la prima audizione cui non avevano partecipato i rappresentanti degli Stati membri giacché le regole di procedura CECA, in vigore in quel momento, non prevedevano una tale partecipazione e, come ricordato nella Comunicazione [18 giugno 2002] (punto 26), va ritenuto che le misure procedurali prese in maniera valida sulla base delle norme CECA soddisfino, una volta scaduto il trattato CECA, i requisiti delle corrispondenti misure procedurali previste dalle norme CE. Si ricorda infine che non vi è alcun legame formale tra le disposizioni in merito alla partecipazione degli Stati membri ad un’audizione (articolo 11 del regolamento 2842/98 relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma degli articoli [81 CE] e [82 CE]) (…) e quelle relative alla consultazione del Comitato consultivo (articolo 10 del regolamento 17/62)».

21      Dopo aver esaminato, ai punti 358‑513 della decisione impugnata, l’applicabilità dell’art. 65, n. 1, CA ai comportamenti delle imprese e dell’associazione d’imprese ivi menzionate, la Commissione ha affermato al punto 514:

«In virtù dell’articolo 65, paragrafo 2 del trattato CECA, la Commissione autorizza accordi di specializzazione, accordi di acquisto o di vendita in comune o accordi che sono strettamente analoghi, per natura ed effetti, se soddisfano determinate condizioni. L’intesa restrittiva descritta nella presente decisione non può beneficiare di un’autorizzazione perché non rientra tra i tipi di accordo per i quali tale autorizzazione può essere concessa. Si tratta, infatti, di un’intesa riguardante la fissazione o determinazione dei prezzi, la limitazione o controllo della produzione e la ripartizione dei mercati. Inoltre, non è stata presentata nessuna domanda per ottenere l’autorizzazione prevista dal citato articolo del trattato CECA».

22      Quanto all’applicabilità dell’art. 65, n. 5, CA, la Commissione ha esposto, ai punti 515‑518 della decisione impugnata, le seguenti considerazioni:

«515      Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 5, la Commissione può infliggere ammende alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato di eseguire un accordo o una decisione di associazione di imprese nulli di pieno diritto, o che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1. La Commissione può infliggere ammende al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’accordo, della decisione o della pratica concordata contrari alle disposizioni dell’articolo 65, paragrafo 1, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d’affari annuo delle imprese in questione.

516      La questione del coinvolgimento di un’associazione in un procedimento riguardante una violazione delle regole di concorrenza del Trattato CECA è già stata affrontata dalla giurisprudenza nella causa “Eurofer”: “L’art. 65, n. 1, del Trattato vieta ‘ogni accordo tra imprese, ogni decisione d’associazioni d’imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza’. Secondo l’art. 65, n. 4, del Trattato: ‘Gli accordi o le decisioni vietati per effetto della sezione 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati avanti ad alcuna giurisdizione degli Stati membri. La Commissione ha competenza esclusiva, con riserva dei ricorsi avanti alla Corte, per pronunciarsi sulla conformità di tali accordi o decisioni con le disposizioni del presente articolo’. A norma dell’art. 65, n. 5, del Trattato, ‘alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d’eseguire (...) un accordo o una decisione nulli di pieno diritto (...) oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora (...)’. Se è vero che dall’art. 65, n. 5, del Trattato risulta che un’associazione d’imprese non può vedersi infliggere ammende o penalità di mora, niente nel testo dell’art. 65, n. 1, consente di ritenere che il divieto sancito da tale disposizione non si applichi anche ad un’associazione che ha adottato una decisione tendente a impedire, restringere o falsare il gioco normale della concorrenza. Questa interpretazione è confermata tanto dalla disposizione dell’art. 65, n. 4, del Trattato, che fa riferimento anche a tali decisioni, quanto dalla citata sentenza Sorema/Alta Autorità, ove la Corte ha statuito che l’art. 65, n. 1, del Trattato si applica[va] pure alle associazioni, nella misura in cui la loro attività ovvero quella delle imprese ad esse associate è diretta ad ottenere gli effetti da esso vietati (Racc. pag. 317). Secondo la Corte, tale constatazione trova conferma anche nell’articolo 48 del Trattato, il quale consente alle associazioni di esercitare qualsiasi attività che non sia in contrasto con le disposizioni del Trattato stesso. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dalla citata sentenza Sorema/Alta Autorità risulta anche che un’associazione d’imprese ai sensi dell’art. 65, n. 1, del Trattato può essere destinataria di una decisione che autorizza un accordo a norma dell’art. 65, n. 2, del Trattato (v. Racc. pagg. 317-322). Occorre dunque respingere l’argomento della ricorrente secondo cui un’associazione d’imprese ai sensi dell’art. 65, n. 1, del Trattato non può contravvenire al divieto previsto da tale disposizione”.

517      Se ne deduce che se un’associazione d’imprese non può vedersi infliggere ammende, può invece essere destinataria di una decisione qualora il suo coinvolgimento nell’infrazione sia accertato (…).

518      Per quanto riguarda le imprese, invece, gli elementi da prendere in considerazione al fine del calcolo delle ammende sono in particolare la gravità dell’infrazione, la sua durata nonché le circostanze aggravanti ed attenuanti».

23      L’art. 1, n. 1, della decisione impugnata dispone quanto segue:

«[Le undici imprese e l’associazione di imprese tra cui figura la ricorrente] hanno posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale è stata anche concordata la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite.

Detta intesa, avendo per oggetto di limitare e falsare il gioco normale della concorrenza sul mercato comune, è contraria all’articolo 65, paragrafo 1, del trattato CECA».

24      A termini dell’art. 1, n. 2, della decisione impugnata, la partecipazione della ricorrente all’intesa è durata dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000.

25      Nell’art. 2 della decisione impugnata è stata inflitta alla ricorrente un’ammenda di EUR 10,25 milioni per l’infrazione constatata all’art. 1.

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 4 marzo 2003 la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

27      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2004 la Repubblica italiana ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente.

28      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale 27 luglio 2004 la Repubblica italiana è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Essa ha presentato osservazioni nel corso della fase orale sulla base della relazione d’udienza, conformemente all’art. 116, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale.

29      In applicazione dell’art. 14, n. 1, del regolamento di procedura e su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale ha deciso, sentite le parti conformemente all’art. 51, n. 1, del regolamento, di rimettere la causa a una sezione ampliata.

30      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso anzitutto di sentire le parti sul motivo relativo all’incompetenza della Commissione ad emanare la decisione impugnata. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura, esso ha posto un quesito scritto alla Commissione che ha risposto nel termine impartito.

31      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 19 settembre 2006.

32      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare totalmente o parzialmente la decisione impugnata;

–        annullare o ridurre l’ammenda inflitta all’art. 2 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese del presente giudizio.

33      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        porre le spese a carico della ricorrente.

 In diritto

34      A sostegno delle sue conclusioni, la ricorrente deduce un motivo relativo all’incompetenza della Commissione a constatare una violazione dell'art. 65 CA al momento dell’adozione della decisione impugnata.

35      Tale motivo si articola in due capi. Il primo capo si fonda sull’incompetenza della Commissione ad applicare le regole di concorrenza del Trattato CECA dopo la scadenza dello stesso; il secondo riguarda l’illegittimità della prosecuzione del procedimento a norma del regolamento n. 17 dopo la scadenza del Trattato CECA. Occorre esaminare anzitutto il primo capo del presente motivo.

 Argomenti delle parti

36      La ricorrente ricorda che il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Poiché il trattato stesso non conteneva alcuna disposizione transitoria diretta a regolare le conseguenze della sua scadenza, né gli Stati membri avevano adottato disposizioni di tale natura, la Commissione, al momento di adottare la decisione impugnata, il 17 dicembre 2002, sarebbe stata priva di qualsiasi competenza a fondarla sull’art. 65 CA.

37      La ricorrente spiega che la scadenza del Trattato CECA ha comportato l’estinzione dell’organizzazione internazionale che in esso trovava il proprio fondamento sollevando, così, un problema di successione tra organizzazioni internazionali e di trasferimento delle funzioni svolte fino a quel momento dalla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Il diritto internazionale non conterrebbe norme giuridiche che prevedano una sorta di successione automatica tra organizzazioni internazionali. Riferendosi agli artt. 54 e 70 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (Raccolta dei trattati delle Nazioni Unite, vol. 788, pag. 354), la ricorrente sostiene che solo gli Stati firmatari del Trattato CECA avrebbero potuto decidere sovranamente se ed a quali condizioni la Comunità europea potesse essere surrogata nei diritti, negli obblighi e nelle prerogative della CECA.

38      A sostegno dell’argomento secondo cui il trasferimento alla Comunità europea delle competenze in precedenza esercitate dalla CECA avrebbe richiesto un atto degli Stati membri, la ricorrente rimanda al Protocollo relativo alle conseguenze finanziarie della scadenza del Trattato CECA e al Fondo di ricerca carbone e acciaio, allegato al Trattato di Nizza, nonché alla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio 27 febbraio 2002, 2002/234/CECA, in merito alle conseguenze finanziarie della scadenza del Trattato CECA e al Fondo di ricerca del carbone e dell’acciaio (GU L 79, pag. 42), alla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio 19 luglio 2002, 2002/595/CE, in merito alle conseguenze della scadenza del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) sugli accordi internazionali conclusi dalla CECA (GU L 194, pag. 35), e al regolamento (CE) del Consiglio 3 giugno 2002, n. 963, che stabilisce le disposizioni transitorie relative alle misure antidumping e antisovvenzioni adottate ai sensi delle decisioni n. 2277/96/CECA e n. 1889/98/CECA della Commissione, nonché alle inchieste, alle denunce e alle domande antidumping e antisovvenzioni presentate ai sensi di dette decisioni ed ancora pendenti (GU L 149, pag. 3). La ricorrente aggiunge che la Commissione non spiega perché, nel settore del diritto della concorrenza, la vis expansiva del Trattato CE sarebbe stata sufficiente a regolare la transizione fra il Trattato CECA e il Trattato CE, mentre questa stessa vis expansiva non sarebbe bastata nei settori summenzionati.

39      Nell’adottare la decisione impugnata la Commissione avrebbe prorogato la validità dell’art. 65 CA, che non era più in vigore, sebbene nessun atto giuridico l'abilitasse espressamente ad agire in tal modo. Ora, secondo la giurisprudenza della Corte, esigenze di certezza del diritto imporrebbero che qualsiasi atto volto a produrre effetti giuridici tragga la propria forza vincolante da una norma del diritto comunitario vigente al momento della sua adozione, tenuto conto segnatamente del fatto che le competenze della Comunità si ispirano al criterio dell’attribuzione specifica operata dal trattato (sentenza della Corte 4 aprile 2000, causa C‑269/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2257, punto 45).

40      La Commissione sostiene che il Trattato CE e il Trattato CECA fanno parte di un solo ed unico ordinamento giuridico, che è quello comunitario (parere della Corte 14 dicembre 1991, 1/91, Racc. pag. I‑6079, punto 21). Essa spiega che, in ragione dell’unicità di tale ordinamento, il giudice comunitario ha interpretato norme dei Trattati CECA e CEEA con riferimento a norme del Trattato CE, sulla base dei principi comuni che informano tutti i trattati comunitari (sentenza della Corte 22 febbraio 1990, causa C‑221/88, Busseni, Racc. pag. I-495, punti 16 e 21). Così, l’art. 65 CA avrebbe ricevuto un’interpretazione coerente con l’art. 81 CE (sentenza della Corte 18 maggio 1962, causa 13/60, Geitling Ruhrkohlen-Verkaufsgesellschaft e a./Alta Autorità, Racc. pag. 167, e sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punti 262, 266 e 277).

41      L’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario sarebbe inoltre corroborata dall’unicità dal punto di vista istituzionale. La Commissione fa riferimento a tale riguardo al Trattato 8 aprile 1965 che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee (in prosieguo: il «Trattato di fusione»), nonché all’art. 1, terzo comma, UE, all’art. 3, n. 1, UE e agli artt. 48 UE e 49 UE.

42      La Commissione fa osservare che, nell’ambito dell’ordinamento giuridico comunitario, il Trattato CECA costituiva una lex specialis in deroga alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE e cita a tale proposito l’art. 305, n. 1, CE e la giurisprudenza (sentenza della Corte 24 ottobre 1985, causa 239/84, Gerlach, Racc. pag. 3507, punti 9‑11; parere della Corte 15 novembre 1994, 1/94, Racc. pag. I‑5267, punti 25‑27; conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven per la sentenza 13 aprile 1994, causa C‑128/92, Banks, Racc. pagg. I‑1209, I‑1212, paragrafo 8; sentenze del Tribunale 5 giugno 2001, causa T‑6/99, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, Racc. pag. II‑1523, punto 102, e 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, Racc. pag. II‑2275, punto 68). Secondo la Commissione, una volta venuta meno la lex specialis, il 23 luglio 2002, la lex generalis costituita dal Trattato CE avrebbe ritrovato pienamente la vis expansiva che l’art. 305 CE aveva limitato per tutto il periodo di vigenza del Trattato CECA, di modo che i settori prima disciplinati dal Trattato CECA sarebbero stati assoggettati, dopo la scadenza dello stesso, alle corrispondenti disposizioni del Trattato CE. La Commissione fa riferimento, al riguardo, al punto 348 della decisione impugnata.

43      Il rinvio al diritto internazionale, segnatamente agli artt. 54 e 70 della Convenzione di Vienna, non terrebbe conto del fatto che l’ordinamento giuridico comunitario è sui generis (sentenze della Corte 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa/E.N.E.L., Racc. pag. 1129, e 13 novembre 1964, cause riunite 90/63 e 91/63, Commissione CEE/Lussemburgo e Belgio, Racc. pag. 1201). In ragione dell’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario e del rapporto di lex specialis/lex generalis esistente tra i Trattati CECA e CE, le conseguenze dell’estinzione del Trattato CECA non sarebbero disciplinate da norme di diritto internazionale, bensì andrebbero valutate alla luce delle disposizioni dell’ordinamento comunitario stesso.

44      Alla scadenza del Trattato CECA la transizione dal regime CECA al regime CE in materia di concorrenza sarebbe avvenuta automaticamente, in base al principio della successione delle norme nel tempo all’interno del medesimo ordinamento giuridico. Al riguardo la Commissione ricorda che le norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie pendenti all’atto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano rapporti giuridici definiti anteriormente a tale momento [sentenze della Corte 12 novembre 1981, cause riunite da 212/80 a 217/80, Salumi, Racc. pag. 2735, punto 9; 6 luglio 1993, cause riunite C‑121/91 e C‑122/91, CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, Racc. pag. I‑3873, punto 22, e 7 settembre 1999, causa C 61/98, De Haan, Racc. pag. I‑5003, punto 13].

45      Conformemente a tali principi la Commissione avrebbe applicato, in seguito alla scadenza del Trattato CECA, le norme di procedura del regolamento n. 17. Quanto alle norme sostanziali, la decisione impugnata concernerebbe un’intesa in atto fino al 2000. L’unica disposizione violata dalle imprese destinatarie della decisione impugnata sarebbe stata, perciò, quella dell’art. 65, n. 1, CA. In altri termini, l’art. 81 CE non sarebbe menzionato nella detta decisione perché era l’art. 65 CA la norma sostanziale in vigore all’epoca in cui i comportamenti anticoncorrenziali sono stati posti in essere. Sempre secondo la Commissione, inoltre, il fatto che un procedimento amministrativo volto ad applicare l’art. 65 CA a fatti accaduti sotto la vigenza del Trattato CECA abbia richiesto tempi tecnici che hanno ecceduto la durata di quest’ultimo non potrebbe avere come conseguenza di privare la detta disposizione del suo effetto utile ben prima della data di scadenza di tale trattato, rendendo inefficace l’obbligo di non alterare la dinamica concorrenziale che il detto articolo imponeva direttamente ad ogni operatore economico.

46      Quanto alla decisione 2002/234, la Commissione sostiene che la successione della Comunità europea nel patrimonio CECA non poteva avvenire in maniera automatica, visto che il Trattato CE non contiene alcuna disposizione che possa consentire di surrogare ipso iure la Comunità europea nei diritti e negli obblighi patrimoniali della CECA. In mancanza di una decisione specifica, la proprietà dei fondi CECA sarebbe tornata agli Stati membri all’estinzione del Trattato CECA [v. primo ‘considerando’ della decisione 2002/234 e comunicazione della Commissione 6 settembre 2000, COM (2000) 518 def.]. L’adozione di un atto ad hoc degli Stati membri, che si è poi concretizzata nel Protocollo C del Trattato di Nizza, sarebbe stata quindi necessaria per realizzare il trasferimento dei fondi della CECA alla CE. Al contrario, la tutela della concorrenza nel settore carbosiderurgico sarebbe passata automaticamente sotto il regime della Comunità europea allo scadere del Trattato CECA per il venir meno del limite alla vis expansiva della lex generalis posto dall’art. 305 CE.

47      Quanto alla decisione 2002/595, la Commissione spiega che la necessità di disciplinare le conseguenze della scadenza del Trattato CECA sugli accordi internazionali con una decisione specifica degli Stati membri è nata, in primo luogo, dalla volontà politica di mantenere il regime «specifico» previsto dai detti accordi per i prodotti rientranti nell’ambito del Trattato CECA anche dopo l’estinzione del relativo trattato e, in secondo luogo, dall’impossibilità per la Comunità europea di proclamarsi automaticamente successore della CECA nei rapporti con gli Stati terzi in base alle norme del Trattato CE, in quanto tali Stati non possono essere vincolati da una norma «interna» dell’ordinamento comunitario qual è l’art. 305 CE. La decisione 2002/595 avrebbe così trasferito esplicitamente alla Comunità europea i diritti e gli obblighi della CECA nei rapporti con gli Stati terzi. L’art. 1 della decisione del Consiglio 19 luglio 2002, 2002/596/CE, relativa alle conseguenze della scadenza del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) sugli accordi internazionali conclusi dalla CECA (GU L 194, pag. 36), avrebbe ratificato tale trasferimento. La Commissione aggiunge che, conformemente all’art. 2 della medesima decisione, essa era tenuta ad informare gli Stati terzi del detto trasferimento e a negoziare, se necessario, modifiche degli accordi.

48      Quanto all’argomento relativo al regolamento n. 963/2002, la Commissione fa valere che l’adozione di tale regolamento è stata resa necessaria dal fatto che la gestione della politica commerciale della Comunità europea è caratterizzata da un iter decisionale diverso da quello previsto dal Trattato CECA. Nel primo caso, la competenza spetterebbe al Consiglio, nel secondo, invece, alla Commissione. Così, conformemente all’art. 74 CA e all’art. 14 della decisione della Commissione 28 novembre 1996, 2277/96/CECA, relativa alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU L 308, pag. 11), i dazi antidumping provvisori e definitivi sarebbero stati imposti dalla Commissione. L’adozione del regolamento n. 963/2002 troverebbe inoltre la sua ragion d’essere negli obblighi della Comunità in sede di applicazione dell’art. VI dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT). I soggetti interessati nei paesi terzi avrebbero interesse a sapere se il termine massimo di diciotto mesi per una procedura antidumping sia stato interrotto dalla scadenza del Trattato CECA. Ritenendo che gli Stati terzi non potessero essere pienamente consapevoli della portata dell’art. 305 CE, né degli effetti dell’applicazione del principio della successione delle leggi nel tempo, tenuto conto in particolare della differenza istituzionale tra i due trattati, il Consiglio avrebbe adottato il regolamento n. 963/2002. Per contro, l’identità, nei Trattati CECA e CE, dell’organo competente ad emanare le misure necessarie alla tutela della concorrenza, ovvero la Commissione, avrebbe consentito di procedere alla transizione tra i due trattati in base ai principi generali del diritto. L’adozione del regolamento n. 963/2002 sarebbe, infine, legata al fatto che, diversamente dalle decisioni di accertamento delle infrazioni alle regole di concorrenza, le misure antidumping previste dal Trattato CECA fissavano il regime relativo ai prodotti oggetto di dumping per il futuro e sortivano, quindi, effetti che avrebbero potuto eventualmente manifestarsi anche dopo la scadenza di tale trattato.

 Giudizio del Tribunale

 Osservazioni preliminari

49      Va ricordato innanzi tutto che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (parere della Corte 1/91, punto 40 supra, punto 21).

50      Nell’ambito dell’ordinamento giuridico comunitario le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione (parere della Corte 6 dicembre 2001, 2/00, Racc. pag. I‑9713, punto 5, e sentenza della Corte 13 dicembre 2001, causa C‑93/00, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑10119, punto 39). Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicato il fondamento giuridico che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta del fondamento giuridico riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (parere della Corte 2/00, cit., punto 5).

51      Nella fattispecie, la decisione impugnata, che è stata adottata quando il Trattato CECA era già scaduto, constata una violazione dell'art. 65, n. 1, CA e irroga alle imprese che l’avrebbero commessa una sanzione pecuniaria. Alla luce degli argomenti dedotti nell’ambito del presente motivo occorre per prima cosa individuare il fondamento giuridico della decisione impugnata. Successivamente, il Tribunale esaminerà se tale fondamento giuridico legittimasse la Commissione a constatare e a sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA al momento dell'adozione della decisione impugnata.

 Sul fondamento giuridico della decisione impugnata

52      Si deve constatare che il preambolo della decisione impugnata fa riferimento unicamente a disposizioni del Trattato CECA, segnatamente agli artt. 65 CA, 47 CA e 36 CA.

53      Occorre ricordare, da un lato, che l’art. 47 CA legittima la Commissione a raccogliere le informazioni necessarie a svolgere i suoi compiti e a procedere a verifiche e, dall’altro, che l’art. 36 CA fa obbligo alla medesima istituzione di sentire gli interessati prima di irrogare sanzioni pecuniarie o di fissare penalità di mora. Il riferimento a tali disposizioni nel preambolo della decisione impugnata concerne, quindi, gli atti di procedura anteriori all’adozione della stessa.

54      Quanto all’art. 65 CA, si osservi che esso non solo contiene una disposizione sostanziale diretta alle imprese e alle associazioni d’imprese, alle quali vieta certi comportamenti contrari alla concorrenza (n. 1), ma altresì offre un fondamento giuridico all’azione della Commissione. L’art. 65, n. 4, CA legittima, infatti, la Commissione a constatare violazione dell'art. 65, n. 1, CA, mentre l’art. 65, n. 5, CA l’autorizza ad imporre ammende alle imprese che hanno violato il n. 1 dello stesso articolo.

55      In base alle disposizioni menzionate nel preambolo si deve considerare che la decisione impugnata, che constata la violazione dell'art. 65, n. 1, CA e infligge ammende alle imprese che avrebbero violato tale disposizione, è fondata in diritto sull’art. 65, n. 4, CA relativamente alla constatazione della violazione stessa e sull’art. 65, n. 5, CA relativamente all’imposizione dell’ammenda. La Commissione ha peraltro riconosciuto all’udienza che il riferimento all’art. 65 CA nel preambolo della decisione impugnata si riferiva ai nn. 4 e 5 di tale disposizione.

56      All’udienza la Commissione ha tuttavia sostenuto che la decisione impugnata era fondata altresì sul regolamento n. 17.

57      Va in proposito ricordato che il regolamento n. 17, nel frattempo abrogato dall’art. 43 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), all’art. 3 riconosce alla Commissione la competenza a constatare violazioni degli artt. 81 CE e 82 CE e, dell’art. 15, n. 2, l’autorizza ad imporre ammende alle imprese e alle associazioni di imprese che hanno partecipato a tali violazioni.

58      Ebbene, né il preambolo, né la motivazione della decisione impugnata fanno riferimento ad un fondamento giuridico costituito dall’art. 3 o dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Gli unici riferimenti all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, contenuti nei punti 335 e 343 della decisione impugnata, riguardano la discussione sulla lex mitior per giustificare, nella fattispecie, l’applicazione dell’art. 65, n. 5, CA e non dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

59      All’udienza la Commissione ha definito l’omessa menzione del regolamento n. 17 nel preambolo della decisione impugnata dapprima errore materiale, poi errore di forma o ancora refuso. Ha inoltre spiegato che la decisione impugnata andava letta alla luce della seconda comunicazione di addebiti del 12 agosto 2002, che sarebbe stata appunto fondata sul regolamento n. 17. Infine, rispondendo a un quesito del Tribunale, la Commissione ha indicato i passi della decisione impugnata che, a suo avviso, dimostrerebbero che la stessa si fonda sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Si tratterebbe, da un lato, della menzione del comitato consultivo nel preambolo e, dall’altro, dei punti 335, 342, 343, 345, 346, 348‑350, 352 e 353 della decisione impugnata.

60      Occorre, dunque, verificare se gli elementi indicati al punto precedente siano giuridicamente sufficienti a dimostrare che la Commissione ha fondato la decisione impugnata altresì sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nonostante manchino nella stessa riferimenti espliciti in tal senso.

61      Per prima cosa va ricordato che, interrogata in proposito all’udienza, la Commissione ha riconosciuto che le affermazioni contenute nei diversi punti della decisione sopra citati, al punto 59, si riferivano al diritto sostanziale (punti 335, 342 e 343) o processuale (punti 352 e 353) da applicare e non riguardavano specificamente la sua competenza a constatare e sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Ha poi riconosciuto che i punti 345 e 346 non facevano che riprodurre l’argomentazione sviluppata dalla ricorrente e dalle altre partecipanti all’asserita intesa nel corso del procedimento precontenzioso.

62      In secondo luogo, quanto ai punti 348 e 349 della decisione impugnata, si deve constatare che essi contengono riferimenti generali alla lex specialis, al Trattato di fusione e all’art. 305 CE, ma nessuna indicazione che la decisione impugnata sarebbe fondata sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

63      In terzo luogo, il riferimento al comitato consultivo nel preambolo allude a una fase della procedura prevista dall’art. 10, n. 3, del regolamento n. 17 e conferma, dunque, che, dopo la scadenza del Trattato CECA, la Commissione ha applicato le regole di procedura del regolamento n. 17, mentre i riferimenti agli artt. 36 CA e 47 CA nello stesso preambolo comprovano che, prima di tale scadenza, hanno trovato applicazione le regole di procedura del Trattato CECA.

64      Nondimeno, tale riferimento al comitato consultivo non indica affatto che la Commissione abbia fondato, nella fattispecie, la sua competenza anche sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. In effetti, l’unica indicazione nel preambolo circa il fondamento giuridico sul quale la Commissione avrebbe constatato e sanzionato la violazione in oggetto è costituita dal richiamo all’art. 65 CA. Si deve ricordare in proposito che all’udienza la Commissione ha riconosciuto che il riferimento all’art. 65 CA nel preambolo riguardava il n. 4 per la constatazione della violazione e il n. 5 per l’imposizione dell’ammenda.

65      In quarto luogo, all’udienza, la Commissione ha insistito in particolare sulla prima frase del punto 350, che dimostrerebbe, implicitamente, ma fuori di ogni dubbio, che la decisione impugnata è fondata sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

66      Il punto 350 della decisione impugnata è formulato, invero, come segue:

«Le conseguenze del venir meno della lex specialis vanno tuttavia precisate in relazione all’applicazione di norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni. In tale caso, appare giustificato applicare la norma sostanziale in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti, ferma restando l’applicazione delle regole di procedura subentrate nel tempo».

67      Va anzitutto rilevato che il punto 350 della decisione impugnata riguarda solo la competenza della Commissione ad infliggere sanzioni. La sua prima frase si riferisce unicamente a «norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni». La seconda frase, che dovrebbe chiarire la competenza della Commissione alla luce della scadenza della lex specialis, non precisa quali siano queste «norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni». Essa parla solo di diritto sostanziale e di regole di procedura da applicare, mentre tace sulla questione della competenza della Commissione a «comminare sanzioni».

68      La decisione impugnata non precisa dunque, al punto 350, quali siano le «norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni». Isolatamente presa, la prima frase del punto 350 potrebbe riferirsi tanto all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, quanto all’art. 65, n. 5, CA.

69      Se, però, si legge detto punto 350 insieme con la Sezione 8 della decisione impugnata, che riguarda l’imposizione delle ammende ed è intitolata «Applicabilità dell’articolo 65, paragrafo 5», appare chiaro che nella fattispecie la Commissione ha fondato la propria competenza ad imporre ammende sull’art. 65, n. 5, CA. Come ricorda il punto 515, infatti, «[a]i sensi dell’articolo 65, paragrafo 5, la Commissione può infliggere ammende alle imprese [interessate]».

70      Che la decisione impugnata sia fondata esclusivamente sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA risulta con altrettanta chiarezza anche dai suoi punti 515‑518. In particolare, il punto 516 riproduce testualmente l’art. 65, n. 4, CA per spiegare che la Commissione è sì competente a constatare che Federacciai, un’associazione d’imprese, ha commesso un’infrazione, ma non è competente, in conformità con l’art. 65, n. 5, CA, a infliggerle un’ammenda. L’art. 65, n. 5, CA, infatti, legittima la Commissione a sanzionare unicamente imprese e non associazioni di imprese. Se la decisione impugnata fosse fondata sul regolamento n. 17, come asserisce la Commissione, tale valutazione giuridica sarebbe inconferente, dal momento che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non distingue tra imprese e associazioni di imprese in ordine alla competenza della Commissione a imporre ammende.

71      Anche la sezione 7 della decisione impugnata, recante il titolo «Inapplicabilità dell’articolo 65, paragrafo 2», contiene un’indicazione nel senso che la Commissione ha fondato la decisione impugnata sull’art. 65 CA e non sulle disposizioni del regolamento n. 17. Al punto 514 della decisione impugnata, infatti, affrontando la questione se l’intesa considerata dalla decisione impugnata potesse beneficiare di un’autorizzazione, la Commissione non si è riferita affatto all’art. 9, n. 1, del regolamento n. 17, che le consente di concedere deroghe, ma ha fondato la propria competenza unicamente sull’art. 65, n. 2, CA.

72      In quinto luogo, quanto alla lettura della decisione impugnata alla luce della seconda comunicazione di addebiti del 12 agosto 2002, si deve riconoscere che in tale comunicazione supplementare (punto 2) la Commissione afferma di aver avviato un nuovo procedimento ai sensi del regolamento n. 17 e fa, inoltre, riferimento esplicito all’art. 3 di quest’ultimo.

73      Ciò non basta, tuttavia, per concludere che il fondamento giuridico della decisione impugnata sia costituito dall’art. 3 e dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Al contrario, occorre considerare che la totale assenza di riferimenti all’art. 3 e all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 tanto nel preambolo quanto nella motivazione della decisione impugnata dipende piuttosto da una precisa scelta della Commissione. Non si può credere, invero, nelle circostanze del caso di specie, che la Commissione, dopo aver intavolato con la ricorrente e con le altre partecipanti all’asserita intesa una discussione sul controverso ricorso al regolamento n. 17 come fondamento giuridico, inviando loro un'ulteriore comunicazione di addebiti, abbia poi semplicemente dimenticato di menzionare tale fondamento giuridico nella decisione impugnata.

74      In sesto luogo, questa lettura della decisione impugnata pare corroborata dal fatto che la ricorrente è chiaramente partita proprio dalla premessa che la decisione impugnata si fondasse solo sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA.

75      Tuttavia, né nel controricorso né nella controreplica la Commissione ha mai sostenuto che l’argomentazione della ricorrente poggiasse su una premessa errata. Né l’uno, né l’altra contengono, infatti, un esplicito riferimento all’art. 3 o all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 quale fondamento giuridico della decisione impugnata. Al contrario, riguardo al fondamento giuridico, la Commissione ha condiviso la premessa della ricorrente, sostenendo tuttavia che quest’ultima «erra[va] quando [ha] afferma[to] che l’art. 65 CECA non poteva costituire la base giuridica appropriata per l’adozione della decisione».

76      È dunque solo all’udienza che la Commissione ha indicato per la prima volta con chiarezza di ritenere la decisione impugnata fondata altresì sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

77      Alla luce delle osservazioni sopra formulate, nonché dei diversi riferimenti espliciti all’art. 65, nn. 4 e 5 quale fondamento giuridico, CA contenuti nella decisione impugnata (preambolo e punti 515‑518) e dell’assenza totale di riferimenti come fondamento giuridico all’art. 3 e all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, si deve pertanto constatare che la decisione impugnata è stata basata unicamente sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA.

 Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare una violazione dell'art. 65, n. 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA

–        Sui rapporti fra i Trattati CECA e CE

78      Si deve ricordare che l’ambito di applicazione del Trattato CECA era materialmente circoscritto. Tale trattato non concerneva, infatti, che due prodotti, il carbone e l’acciaio, quali definiti all’art. 81 CA e all’allegato I del Trattato CECA. Dato che il Trattato CEE (divenuto CE) è redatto in termini generali validi per ogni ambito economico, dunque – in linea di principio – anche per i prodotti rientranti nell’ambito del Trattato CECA (v., in tal senso, parere 1/94, punto 42 supra, punto 27), gli autori del Trattato CE hanno espressamente previsto una clausola di salvaguardia diretta ad evitare il primato delle disposizioni CE su quelle CECA.

79      L’art. 305, n. 1, CE precisa, infatti, che:

«Le disposizioni del (...) trattato [CE] non modificano quelle del trattato [CECA], in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni [della CECA] e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

80      Ne consegue che, per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune, continuano ad essere applicate le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione, nonostante sia entrato in vigore il Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, punto 42 supra, punto 9, e 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I‑7869, punto 100).

81      Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo trattato (sentenze della Corte 15 dicembre 1987, causa 328/85, Deutsche Babcock, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, punto 80 supra, punto 100; parere 1/94, punto 42 supra, punto 27).

82      Occorre ricordare anche che, conformemente all’art. 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Poiché il Trattato CE ha una portata generale, i settori prima disciplinati dal Trattato CECA rientrano ora, dal 24 luglio 2002, nell’ambito CE.

–       Sulla legittimazione della Commissione ad emanare la decisione impugnata in virtù dell’art. 65, nn. 4 e 5

83      La decisione impugnata è stata adottata, il 17 dicembre 2002, sul fondamento dell’art. 65, n. 4, CA, per la constatazione della violazione dell'art. 65, n. 1, CA, e dell’art. 65, n. 5, CA, per l'imposizione delle ammende alle imprese accusate di avervi preso parte.

84      Riguardo alla propria competenza ad emanare la decisione impugnata ai sensi dell’art. 65, nn. 4 e 5, CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, la Commissione spiega, al punto 348 della decisione medesima, che «il Trattato CE e quello CECA fanno parte di uno stesso ordinamento giuridico, l’ordinamento giuridico comunitario, all'interno del quale il secondo trattato ha costituito, fino al 23 luglio 2002, una lex specialis». Nel successivo punto 349, essa cita l’art. 305, n. 1, CE e il quadro istituzionale unico (Trattato di fusione e art. 3 UE). Per ribadire l’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario, la Commissione ricorda, nelle sue memorie, che il giudice comunitario ha interpretato le norme dei Trattati CECA e CEEA con riferimento alle norme del Trattato CE, sulla base dei principi comuni che informano tutti i trattati comunitari (sentenza Busseni, punto 40 supra, punti 16 e 21).

85      Alla scadenza del Trattato CECA, la transizione dal regime CECA al regime CE in materia di concorrenza sarebbe avvenuta automaticamente, in base al principio della successione delle norme nel tempo all’interno del medesimo ordinamento giuridico [sentenze, citate al punto 44 supra, Salumi, punto 9; CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, punto 22, e De Haan, punto 13]. Al punto 331 della decisione impugnata, che contiene un rinvio al punto 31 della comunicazione 18 giugno 2002, la Commissione spiega che «il diritto sostanziale applicabile» è «quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione» e che, «per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del trattato CECA, si applic[a] il diritto CE». Al punto 350 della decisione impugnata la Commissione aggiunge che «appare giustificato applicare la norma sostanziale in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti» e, al successivo punto 352, afferma che «le regole di procedura applicabili sono quelle in vigore al momento in cui viene adottata la misura in questione».

86      Si deve quindi valutare se gli elementi suddetti permettano di concludere che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’art. 65, nn. 4 e 5, CA conferiva alla Commissione la competenza per tale adozione.

87      Al riguardo va ricordato che, ai sensi dell’art. 305, n. 1, CE, il Trattato CECA costituiva una lex specialis in deroga alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven nella causa Banks, punto 42 supra, paragrafo 8; e sentenze, citate anch’esse supra al punto 42, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, punto 102, e Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, punto 68).

88      Il fatto che il Trattato CECA costituisse una lex specialis ha comportato che, alla sua scadenza, la lex generalis sia divenuta automaticamente applicabile. Al punto 348 della decisione impugnata la Commissione ha a buon diritto constatato che, «a partire dal 24 luglio 2002, i settori che precedentemente rientravano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA, delle sue norme procedurali e della restante legislazione derivata sono soggetti alle rispettive norme derivanti dal Trattato CE». Nel settore della concorrenza ciò implica che dal 24 luglio 2002 i comportamenti delle imprese e delle associazioni d’imprese cui prima si applicava il Trattato CECA possono rientrare nell’ambito degli artt. 81 CE e 82 CE.

89      Il presente motivo, tuttavia, non verte affatto sull’applicazione dell’art. 81 CE a un’intesa nel settore siderurgico dopo la scadenza del Trattato CECA. Verte invece sulla competenza della Commissione a constatare e sanzionare una violazione dell'art. 65, n. 1, CA sulla base dell’art. 65, nn. 4 e 5, CA.

90      La natura di lex specialis del Trattato CECA rispetto al Trattato CE non giova alla tesi della Commissione secondo cui essa sarebbe competente a fondare una decisione sulla lex specialis anche dopo la scadenza della stessa. Si ricordi, al riguardo, che l’art. 305, n. 1, CE, da cui il giudice comunitario ha dedotto la natura di lex specialis del Trattato CECA rispetto al Trattato CE, conferma solo e semplicemente la scadenza del Trattato CECA al 23 luglio 2002 allorché prevede che le disposizioni del Trattato CE non modificano quelle del Trattato CECA, e che l’art. 97 CA stabilisce esplicitamente la scadenza del detto trattato a tale data.

91      Allo stesso modo, l’unitarietà dell’ordinamento giuridico comunitario, che la Commissione menziona al punto 349 della decisione impugnata facendola derivare dall’unicità istituzionale e dalla necessità di un’interpretazione coerente delle disposizioni contenute nei diversi trattati comunitari, non è atta a conferire alla Commissione la competenza a constatare una violazione dell'art. 65, n. 1, CA e ad imporre un’ammenda alle imprese interessate sulla base dell’art. 65, nn. 4 e 5, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Si osservi al riguardo che, nonostante il Trattato di fusione prevedesse un quadro istituzionale unico, la fusione delle Comunità non è mai avvenuta. Inoltre, l’interpretazione coerente delle disposizioni di diritto sostanziale dei diversi trattati non influisce minimamente sulle competenze attribuite dagli stessi alle diverse istituzioni: nell’ambito di ciascun trattato le istituzioni sono competenti ad esercitare solo i poteri riconosciuti loro da tale trattato (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑7879, punti 38‑53).

92      Quanto all’argomento relativo ai principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo, è giurisprudenza costante che le norme comunitarie di diritto sostanziale vanno interpretate, perché sia assicurata l’osservanza dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nel senso che esse non riguardano, di massima, situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore, mentre le norme di procedura trovano applicazione diretta [sentenze, citate supra al punto 44, Salumi, punto 9; CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, punto 22, e De Haan, punto 13; nonché sentenze del Tribunale 19 febbraio 1998, causa T‑42/96, Eyckeler & Malt/Commissione, Racc. pag. II‑401, punto 55, e 28 gennaio 2004, causa T‑180/01, Euroagri/Commissione, Racc. pag. II‑369, punto 36].

93      Si deve rilevare, nondimeno, che accertare la competenza di un’istituzione è questione preliminare rispetto a quella di stabilire quali siano le norme sostanziali e procedurali applicabili. Infatti, dopo aver stabilito che un’istituzione è competente ad emanare un atto in base ad una specifica disposizione del trattato o del diritto derivato, occorre individuare le norme sostanziali e procedurali applicabili, in conformità dei principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo.

94      È necessario ricordare, in proposito, che la disposizione su cui si fonda giuridicamente un atto e che legittima l’istituzione comunitaria ad emanarlo deve essere in vigore al momento dell’adozione dell’atto stesso (sentenza Commissione/Consiglio, punto 39 supra, punto 45; v. anche, nello stesso senso, sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punti 78‑114). Al contrario, i principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo possono condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali che non sono più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione comunitaria.

95      Riferendosi, nei punti 331 e 350‑352 della decisione impugnata, ai principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo per giustificare la sua competenza ad emanare detta decisione, la Commissione ha fatto confusione tra la disposizione sostanziale diretta alle imprese, vale a dire l’art. 65, n. 1, CA, e il fondamento giuridico della propria azione, cioè l’art. 65, nn. 4 e 5, CA. Essa ha dedotto automaticamente dalla disposizione sostanziale applicabile la propria competenza ad emanare una decisione ai sensi di una disposizione intanto decaduta.

96      Tuttavia, visto che, da un lato, come risulta dalla giurisprudenza, cit. supra al punto 94, la disposizione su cui si fonda giuridicamente un atto deve essere in vigore al momento in cui esso viene emanato e che, dall’altro, conformemente all’art. 97 CA, l’art. 65, nn. 4 e 5, CA era decaduto il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da tali disposizioni, ormai scadute alla data dell’adozione della decisione impugnata, la competenza a constatare una violazione dell'art. 65, n. 1, CA e ad imporre ammende alle imprese che vi avrebbero preso parte.

97      Risulta da quanto precede che il primo capo del primo motivo deve essere accolto e che la decisione impugnata è illegittima.

98      La decisione impugnata deve, pertanto, essere annullata nei confronti della ricorrente.

 Sulle spese

99      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

100    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. La Repubblica italiana sopporterà, dunque, le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione 17 dicembre 2002, C (2002) 5087 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato), è annullata nei confronti di Feralpi Siderurgica SpA.

2)      La Commissione è condannata alle proprie spese e a quelle sostenute da Feralpi Siderurgica SpA.

3)      La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.



Vilaras

Martins Ribeiro

Dehousse

Šváby

 

       Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 ottobre 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras


* Lingua processuale: l’italiano.