Language of document : ECLI:EU:C:2024:212

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 7 marzo 2024 (1)

Causa C652/22

Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret A.Ș.

contro

Državna komisija za kontrolu postupaka javne nabave,

con l’intervento di:

HŽ Infrastruktura d.o.o.,

Strabag AG,

Strabag d.o.o.,

Strabag Rail a.s.

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Corte amministrativa d’appello, Croazia)]

«Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 43 – Accesso degli operatori economici con sede in un paese terzo che non ha concluso un accordo internazionale con l’Unione europea in materia di appalti pubblici – Presentazione delle offerte – Possibilità, per un offerente, di produrre documenti integrativi comprovanti le sue qualifiche tecniche e professionali dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte – Principio della parità di trattamento»






 I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, proposta dal Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Corte amministrativa d’appello, Croazia) offre alla Corte l’opportunità di chiarire le circostanze in presenza delle quali, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere rettifiche o chiarimenti agli offerenti. Prima di cogliere questa opportunità, tuttavia, la Corte è chiamata anzitutto a pronunciarsi su due questioni di diritto che riguardano la ricevibilità del rinvio. Gli operatori economici con sede in paesi terzi con i quali l’Unione europea non ha concluso un accordo internazionale in materia di appalti pubblici (2) sono legittimati a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea? In caso di risposta affermativa, gli Stati membri possono fissare le condizioni di partecipazione di tali operatori o si tratta di una questione rientrante in via esclusiva nella competenza dell’Unione?

 II.      Contesto normativo

 A.      Diritto dell’Unione

 1.      Direttiva 2014/25/UE

2.        Il considerando 27 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (3), così recita:

«La decisione 94/800/CE del Consiglio (4) ha approvato in particolare l’accordo sugli appalti pubblici concluso nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (“AAP”). Scopo dell’AAP è stabilire un quadro multilaterale equilibrato di diritti e doveri in materia di appalti pubblici per liberalizzare ed espandere il commercio mondiale. Per gli appalti contemplati dagli allegati 3, 4 e 5 e dalle note generali relative all’Unione europea dell’appendice I dell’AAP, nonché da altri pertinenti accordi internazionali che l’Unione è tenuta a rispettare, gli enti aggiudicatori dovrebbero soddisfare gli obblighi previsti da questi accordi attraverso l’applicazione della presente direttiva agli operatori economici dei paesi terzi firmatari degli stessi».

3.        L’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25, intitolato «Principi per l’aggiudicazione degli appalti», prevede quanto segue:

«Gli enti aggiudicatori trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata.

(…)».

4.        L’articolo 43 della direttiva 2014/25, intitolato «Condizioni relative all’AAP e ad altri accordi internazionali», così dispone:

«Nella misura in cui sono contemplati dagli allegati 3, 4 e 5 e dalle note generali dell’appendice I dell’Unione europea dell’AAP e dagli altri accordi internazionali ai quali l’Unione è vincolata, gli enti aggiudicatori ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), accordano ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici dei firmatari di tali accordi un trattamento non meno favorevole di quello concesso ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici dell’Unione».

5.        L’articolo 76, paragrafo 4, della direttiva 2014/25 prevede quanto segue:

«Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, gli enti aggiudicatori possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza».

6.        L’articolo 86 della direttiva 2014/25, intitolato «Relazioni con i paesi terzi per quanto riguarda gli appalti di lavori, forniture e servizi», così dispone:

«1.      Gli Stati membri informano la Commissione di ogni difficoltà d’ordine generale, di fatto o di diritto, incontrata dalle proprie imprese nell’ottenere l’aggiudicazione di appalti di servizi in paesi terzi e da esse riferita.

2.      La Commissione riferisce al Consiglio entro il 18 aprile 2019 e successivamente a intervalli periodici, sull’apertura degli appalti di servizi nei paesi terzi e sullo stato di avanzamento dei negoziati condotti in proposito con tali paesi, segnatamente in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

3.      La Commissione, intervenendo presso il paese terzo in oggetto, si adopera per ovviare ad una situazione in cui constata, in base alle relazioni di cui al paragrafo 2 oppure in base ad altre informazioni, che riguardo all’aggiudicazione di appalti di servizi un paese terzo adotta i seguenti comportamenti:

a)      non concede alle imprese dell’Unione un accesso effettivo comparabile a quello accordato dall’Unione alle imprese di tale paese terzo;

b)      non concede alle imprese dell’Unione il trattamento riservato alle imprese nazionali o possibilità di concorrenza identiche a quelle di cui godono le imprese nazionali; oppure

c)      concede alle imprese di altri paesi terzi un trattamento più favorevole di quello riservato alle imprese dell’Unione.

4.      Gli Stati membri informano la Commissione di ogni difficoltà, di fatto o di diritto, incontrata dalle proprie imprese mentre tentavano di ottenere l’aggiudicazione di appalti di servizi in paesi terzi, da esse riferita e dovuta all’inosservanza delle disposizioni internazionali di diritto del lavoro elencate nell’allegato XIV.

5.      Nelle circostanze di cui ai paragrafi 3 e 4, la Commissione può in qualsiasi momento proporre al Consiglio di adottare un atto di esecuzione per sospendere o limitare, per un periodo da determinare in tale atto di esecuzione, l’aggiudicazione di appalti di servizi a:

a)      imprese soggette alla legislazione del paese terzo in questione;

b)      imprese legate alle imprese di cui alla lettera a), la cui sede sociale si trovi nell’Unione ma che non hanno un legame diretto ed effettivo con l’economia di uno Stato membro;

c)      imprese che presentano offerte aventi per oggetto servizi originari del paese terzo in questione.

Il Consiglio delibera quanto prima a maggioranza qualificata.

La Commissione può proporre tali misure di propria iniziativa o dietro richiesta di uno Stato membro.

6.      Il presente articolo fa salvi gli impegni dell’Unione nei confronti dei paesi terzi derivanti da accordi internazionali in materia di appalti pubblici, in particolare nel quadro dell’OMC».

 2.      Direttiva 2014/24/UE

7.        L’articolo 59 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (5), intitolato «Documento di gara unico europeo», prevede quanto segue:

«1.      Al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici accettano il documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico in questione soddisfa le seguenti condizioni:

a)      non si trova in una delle situazioni di cui all’articolo 57, nei quali casi gli operatori economici devono o possono essere esclusi;

b)      soddisfa i pertinenti criteri di selezione definiti a norma dell’articolo 58;

c)      se del caso, soddisfa le norme e i criteri oggettivi fissati a norma dell’articolo 65.

Se l’operatore economico si affida alle capacità di altri soggetti a norma dell’articolo 63, nel DGUE sono comprese altresì le informazioni di cui al presente paragrafo, primo comma, in relazione a tali soggetti.

Il DGUE consiste in una dichiarazione formale da parte dell’operatore economico, in cui si attesta che il pertinente motivo di esclusione non si applica e/o che il pertinente criterio di selezione è soddisfatto, e fornisce le informazioni rilevanti come richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice. Il DGUE indica inoltre l’autorità pubblica o il terzo responsabile per determinare il documento complementare e include una dichiarazione formale secondo cui l’operatore economico sarà in grado, su richiesta e senza indugio, di fornire tali documenti complementari.

(…)

4.      L’amministrazione aggiudicatrice può chiedere a offerenti e candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura.

Prima dell’aggiudicazione dell’appalto, l’amministrazione aggiudicatrice richiede all’offerente cui ha deciso di aggiudicare l’appalto, tranne nel caso di appalti basati su accordi quadro se conclusi ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 3, o dell’articolo 33, paragrafo 4, lettera a), di presentare documenti complementari aggiornati conformemente all’articolo 60 e, se del caso, all’articolo 62. L’amministrazione aggiudicatrice può invitare gli operatori economici a integrare o chiarire i certificati ricevuti ai sensi degli articoli 60 e 62».

 3.      Diritto internazionale

8.        Il 12 settembre 1963 è stato concluso l’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia (in prosieguo: l’«accordo di associazione») (6). Il 23 novembre 1970 la Comunità economica europea e la Turchia hanno firmato un Protocollo addizionale (in prosieguo: il «protocollo addizionale») (7). Sebbene tali accordi non prevedano la partecipazione di operatori economici a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, in forza dell’articolo 41, paragrafo 1, del protocollo addizionale, le parti contraenti hanno concordato di astenersi dall’introdurre tra loro nuove restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

9.        Il 22 dicembre 1995 il consiglio di associazione CE-Turchia, istituito dall’accordo di associazione, ha adottato la decisione n. 1/95 relativa all’attuazione della fase finale dell’unione doganale (8). L’articolo 48 della decisione n. 1/95 prevede che, appena possibile, dopo l’entrata in vigore di quest’ultima, il consiglio di associazione fissa una data per l’avvio dei negoziati volti ad aprire i mercati delle commesse pubbliche di entrambe le parti contraenti e successivamente esamina ogni anno i progressi compiuti in materia.

10.      L’11 aprile 2000 il consiglio di associazione ha adottato la decisione n. 2/2000, relativa all’avvio di negoziati volti alla liberalizzazione dei servizi e alla reciproca apertura dei mercati delle commesse pubbliche tra la Comunità e la Turchia (9). Tali negoziati non si sono ancora conclusi (10). A differenza dell’Unione europea, la Turchia non è parte dell’AAP.

 B.      Diritto croato

11.      L’articolo 3, paragrafo 8, dello Zakon o javnoj nabavi (11) (legge sugli appalti pubblici) prevede quanto segue:

«Per “operatore economico” si intende una persona fisica o giuridica, inclusa una succursale, o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea, che offre sul mercato la realizzazione di lavori o un’opera, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi».

12.      L’articolo 4, paragrafo 1, della legge sugli appalti pubblici così dispone:

«Nell’applicare la presente legge, in relazione a tutti gli operatori economici, l’amministrazione aggiudicatrice rispetta i principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché i principi che ne derivano, quali i principi della concorrenza, della parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza».

13.      L’articolo 84 della legge sugli appalti pubblici prevede quanto segue:

«Nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, l’amministrazione aggiudicatrice accorda agli operatori economici degli Stati firmatari dell’accordo sugli appalti pubblici (AAP) o di altri accordi internazionali ai quali l’Unione europea è vincolata un trattamento non meno favorevole di quello accordato agli operatori economici degli Stati membri».

14.      Ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 2, della legge sugli appalti pubblici, l’amministrazione aggiudicatrice può invitare gli operatori economici a completare o precisare i documenti ricevuti da questi ultimi. L’articolo 293 così dispone:

«1.      Se le informazioni o i documenti che gli operatori economici sono tenuti a presentare sono o sembrano essere incompleti o non corretti, o se mancano taluni documenti, l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere agli operatori economici interessati, nel rispetto dei principi di parità di trattamento e trasparenza, di integrare, chiarire, completare o presentare le informazioni o i documenti necessari entro un termine adeguato pari ad almeno cinque giorni.

2.      Gli atti adottati a norma del paragrafo 1 del presente articolo non possono condurre a negoziazioni concernenti i criteri di aggiudicazione dell’appalto o l’oggetto dell’appalto previsto».

 III.      Controversia nel procedimento principale, domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Il 7 settembre 2020 la HŽ Infrastruktura d.o.o. (in prosieguo: la «HŽ Infrastruktura»), l’ente aggiudicatore, ha indetto una procedura di aggiudicazione di un appalto al fine di modernizzare l’infrastruttura ferroviaria tra due città in Croazia. Il bando di gara fissava il livello minimo di capacità tecniche e professionali richieste agli offerenti. Per soddisfare tale criterio di selezione, gli offerenti erano tenuti a presentare un elenco dei lavori effettuati nel corso dei dieci anni precedenti, accompagnato da una descrizione dettagliata degli stessi.

16.      La HŽ Infrastruktura ha concluso che 6 dei 15 offerenti soddisfacevano i criteri di selezione. La Kolin Insaat Turizm Sanayi ve Ticaret A.Ş. (in prosieguo: la «Kolin»), una società con sede in Turchia, ha presentato una delle offerte selezionate. Il 25 gennaio 2022 la HŽ Infrastruktura ha aggiudicato l’appalto pubblico alla Strabag AG (in prosieguo: la «decisione iniziale di aggiudicazione»).

17.      A seguito di un reclamo della Kolin, il 10 marzo 2022 la Državna komisija za kontrolu postupaka javne nabave (commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici, Croazia), ha annullato la decisione iniziale di aggiudicazione. Essa ha ritenuto che la HŽ Infrastruktura non avesse motivato la sua conclusione secondo cui la Strabag soddisfaceva il requisito delle capacità tecniche e professionali. Gli unici lavori menzionati nell’offerta della Strabag, segnatamente quelli da essa realizzati sulla linea ferroviaria Pragersko-Hodoš (Slovenia), non soddisfacevano le condizioni di cui al bando di gara.

18.      Il 6 aprile 2022 la HŽ Infrastruktura ha chiesto alla Strabag di fornirle un elenco rettificato dei lavori, unitamente alle pertinenti certificazioni attestanti la loro corretta esecuzione. La Strabag ha fornito tale certificazione in riferimento ai lavori realizzati sulla linea ferroviaria Pragersko-Hodoš. Essa ha colto l’occasione per presentare e fornire anche certificazioni relative a lavori da essa svolti sull’autostrada della valle di Steyr (Austria). Dopo aver riesaminato tutti i documenti in questione, il 28 aprile 2022 la HŽ Infrastruktura ha aggiudicato l’appalto pubblico alla Strabag (in prosieguo: la «decisione finale di aggiudicazione»).

19.      La Kolin ha presentato un reclamo dinanzi alla commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici avverso la decisione finale di aggiudicazione, sostenendo che la HŽ Infrastruktura non poteva invitare la Strabag a produrre documenti integrativi comprovanti le sue capacità tecniche e professionali. Il 15 giugno 2022 la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici ha respinto tale reclamo, a motivo del fatto che, sebbene il riferimento ai lavori sulla linea ferroviaria Pragersko-Hodoš non soddisfacesse il requisito in materia di capacità tecniche e professionali di cui al bando di gara, nulla impediva alla HŽ Infrastruktura, in tale contesto, di tener conto dei lavori sull’autostrada della valle di Steyr.

20.      La Kolin ha proposto un ricorso dinanzi al Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Corte amministrativa d’appello) diretto all’annullamento della decisione finale di aggiudicazione. Tale giudice ritiene che, a seguito dell’annullamento della decisione iniziale di aggiudicazione, la HŽ Infrastruktura fosse legittimata, o addirittura tenuta, a chiedere alla Strabag documenti di prova integrativi concernenti i lavori da essa realizzati sulla linea ferroviaria Pragersko-Hodoš. Come correttamente dichiarato dalla commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici, tali lavori non dimostravano che la Strabag soddisfacesse il requisito concernente le capacità tecniche e professionali.

21.      Il Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Corte amministrativa d’appello) dubita, ciò nonostante, che la Strabag fosse legittimata a fare riferimento ai lavori effettuati sull’autostrada della valle di Steyr, poiché non ne aveva fatto menzione nella sua offerta iniziale. Esso chiede se la sentenza della Corte nella causa Esaprojekt (12) possa, per analogia, fornire indicazioni su tale questione (13). Conseguentemente, esso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 76 [della direttiva 2014/25], in combinato disposto con l’articolo 36 della medesima direttiva, consenta all’ente aggiudicatore di prendere in considerazione documenti prodotti dall’offerente per la prima volta dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, documenti che non erano inclusi nell’offerta iniziale e che comprovano circostanze non menzionate dall’offerente nell’offerta iniziale.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 76 [della direttiva 2014/25], in combinato disposto con l’articolo 36 della stessa, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, a seguito dell’annullamento della prima decisione di selezione e dopo il rinvio del caso all’ente aggiudicatore affinché proceda nuovamente all’esame e alla valutazione delle offerte, l’ente aggiudicatore chieda all’operatore economico di produrre documenti integrativi comprovanti il rispetto delle condizioni di partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, documenti che non erano inclusi nell’offerta iniziale, come un elenco dei lavori realizzati, integrato da un riferimento il quale non compariva nell’elenco iniziale dei lavori e che quindi non faceva parte dell’offerta iniziale.

3)      Se l’articolo 76 [della direttiva 2014/25], in combinato disposto con l’articolo 36 della stessa, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, a seguito dell’annullamento della prima decisione di aggiudicazione e dopo il rinvio del caso all’ente aggiudicatore affinché proceda nuovamente all’esame e alla valutazione delle offerte, l’operatore economico fornisca all’ente aggiudicatore documenti comprovanti il rispetto delle condizioni di partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, documenti che non erano inclusi nell’offerta iniziale, come un elenco dei lavori realizzati, integrato da un riferimento il quale non compariva nell’elenco iniziale dei lavori e che quindi non faceva parte dell’offerta iniziale».

22.      La Kolin, la Strabag, la HŽ Infrastruktura, la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici, i governi croato, ceco, estone, francese e polacco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

23.      Sebbene nessuna delle parti, nelle osservazioni scritte, abbia eccepito l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, secondo una giurisprudenza costante la Corte è tenuta a esaminare d’ufficio se essa sia competente a rispondere a una domanda di pronuncia pregiudiziale o se tale domanda sia ricevibile (14). Nutrendo dubbi sulla questione se gli operatori economici di paesi terzi non contemplati siano legittimati a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici disciplinate dalla direttiva 2014/25, la Corte ha invitato le parti di cui all’articolo 23, paragrafo 1, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea a rispondere per iscritto a due quesiti. La Kolin, la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici, i governi estone, francese, croato, austriaco e polacco, nonché la Commissione hanno risposto a tali quesiti.

24.      All’udienza del 21 novembre 2023, la Kolin, la HŽ Infrastruktura, la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici, i governi croato, ceco, danese e francese, nonché la Commissione, hanno svolto difese orali e risposto ai quesiti della Corte.

 IV.      Valutazione

 A.      Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

25.      La ricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale dipende dalla questione se una risposta della Corte alle questioni proposte sia necessaria ai fini della soluzione della controversia che il giudice del rinvio è chiamato a dirimere. Ne consegue che le risposte a questioni concernenti l’interpretazione o la validità di disposizioni del diritto dell’Unione devono, in qualche modo, poter essere applicate all’esito di tale controversia (15).

 1.      Partecipazione di operatori economici di paesi terzi non contemplati a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea

–       Osservazioni presentate

26.      La commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e il governo croato sembrano suggerire che l’applicazione ratione personae della direttiva 2014/25 interessi tutti gli operatori economici, indipendentemente dal paese in cui hanno sede. Il governo austriaco sostiene che, sebbene, in linea di principio, la direttiva 2014/25 non si applichi agli operatori economici di paesi terzi non contemplati, siffatti operatori possono invocare tale direttiva allorché un’amministrazione aggiudicatrice abbia acconsentito alla loro partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

27.      I governi estone, francese e polacco sostengono che gli operatori economici di paesi terzi non contemplati non rientrano nell’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2014/25. Ciò risulterebbe, in particolare, dall’articolo 43 della direttiva 2014/25, che, altrimenti, sarebbe privo di effetto.

28.      La Commissione ritiene che, fatti salvi gli operatori economici di cui all’articolo 43 della direttiva 2014/25, gli operatori economici di paesi terzi non siano legittimati a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea e possano, di conseguenza, esserne esclusi (16). La Kolin e la Commissione sono dell’avviso che, sebbene non vi sia alcun accordo internazionale tra l’Unione europea e la Turchia che disciplini le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, gli operatori economici con sede in tale Stato possano invocare tale legittimazione sulla base della clausola di standstill concernente l’introduzione di nuove restrizioni alla libera prestazione dei servizi contenuta nell’articolo 41 del protocollo addizionale.

–       Analisi

29.      Per quanto riguarda gli operatori economici di paesi terzi, l’articolo 43 della direttiva 2014/25 stabilisce che quest’ultima si applica agli operatori economici con sede in un paese parte dell’AAP o di un altro accordo internazionale sull’aggiudicazione di appalti pubblici al quale l’Unione è vincolata. Il testo di tale disposizione sembra quindi suggerire che la direttiva 2014/25 non si applica agli operatori economici di paesi terzi non contemplati.

30.      L’unica altra disposizione della direttiva 2014/25 che si applica ai prestatori di servizi di paesi terzi non contemplati è l’articolo 86 (17), riprodotto al paragrafo 6 delle presenti conclusioni (18). Poiché tale articolo menziona la partecipazione di operatori economici di paesi terzi non contemplati alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea, se ne può dedurre che siffatta partecipazione è prevista, quantomeno in determinate circostanze (19). Letto in combinato disposto con l’articolo 43 della direttiva 2014/25, l’articolo 86 della stessa direttiva suggerisce altresì che la partecipazione di operatori economici di paesi terzi non contemplati a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici possa essere decisa caso per caso (20).

31.      Dal paragrafo 10 delle presenti conclusioni risulta che nessuna disposizione del diritto dell’Unione, né alcun accordo internazionale di cui l’Unione e la Turchia sono parti, disciplina la partecipazione degli operatori economici con sede in Turchia alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione. La Commissione e la Kolin sostengono tuttavia che, in tale contesto, detti operatori possono invocare la clausola di standstill contenuta nell’articolo 41, paragrafo 1, del protocollo addizionale.

32.      La Corte ha costantemente statuito che, essendo redatto in modo chiaro, preciso e incondizionato, l’articolo 41, paragrafo 1, del protocollo addizionale è dotato di effetto diretto (21). Tale disposizione, tuttavia, non è tale da conferire agli operatori economici con sede in Turchia un diritto di prestare servizi nell’Unione europea. Essa contiene un divieto di introdurre qualsiasi nuova misura che abbia per oggetto o per effetto di sottoporre detti operatori a condizioni più rigorose rispetto a quelle applicabili al momento dell’entrata in vigore del protocollo addizionale in uno Stato membro (22). Una clausola di standstill come quella contenuta nell’articolo 41, paragrafo 1, del protocollo addizionale è una norma di natura quasi procedurale che stabilisce, ratione temporis, le disposizioni della normativa di uno Stato membro alla luce delle quali è possibile valutare se un’impresa con sede in Turchia possa esercitare la libertà di stabilimento in tale Stato membro. Essa si sostituisce, quindi, a qualsiasi norma giuridica posteriore diretta a introdurre una nuova restrizione (23). Quando tale questione si è posta in udienza, la Commissione non è stata in grado di individuare alcuna disposizione giuridica vigente, al tempo dell’adesione della Croazia all’Unione europea, che garantisse agli operatori economici con sede in Turchia accesso alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici in tale Stato membro.

33.      Ne consegue che gli operatori economici di paesi terzi non contemplati non rientrano nell’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2014/25 (24). Sebbene si tratti di una questione che spetta al giudice del rinvio verificare, dalle informazioni a disposizione della Corte sembra risultare che la ricorrente si trovi in siffatta posizione. Poiché essa non è legittimata a partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalla direttiva 2014/25, essa non può invocare le disposizioni di tale direttiva dinanzi a un giudice di uno Stato membro. Il giudice del rinvio non può quindi ottenere una risposta a una questione pregiudiziale concernente l’interpretazione di tali disposizioni, dal momento che un’eventuale risposta della Corte alla sua domanda sarebbe priva di effetto vincolante. Tale motivo è sufficiente per giustificare una decisione di irricevibilità del rinvio pregiudiziale in esame.

34.      Si potrebbe tuttavia sostenere che, se la competenza a disciplinare la partecipazione di operatori economici di paesi terzi non contemplati a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici spetta agli Stati membri, detti operatori economici possono invocare i diritti conferiti dal diritto nazionale, anche qualora le misure nazionali applicabili siano state adottate al fine di recepire disposizioni del diritto dell’Unione. Al fine di affrontare tale questione, esaminerò la seconda questione sollevata d’ufficio dalla Corte.

 2.      Competenza a disciplinare la partecipazione di operatori economici di paesi terzi a procedure di aggiudicazione di appalti nell’Unione europea

–       Osservazioni presentate

35.      Quasi tutte le parti del procedimento dinanzi alla Corte sono dell’avviso che gli Stati membri possano disciplinare la partecipazione di operatori economici di paesi terzi alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. A sostegno di tale tesi sono stati addotti due argomenti principali. Alcune parti ritengono che siffatta partecipazione rientri nelle competenze concorrenti dell’Unione europea e degli Stati membri (25). Altre parti, pur riconoscendo che la disciplina di detta partecipazione rientra nella competenza esclusiva dell’Unione, hanno sostenuto che gli Stati membri possono nondimeno agire in tale settore (26).

36.      Senza affermare espressamente se la materia rientri nella competenza esclusiva dell’Unione o in una competenza condivisa con quest’ultima, il governo croato sostiene che il diritto dell’Unione non contiene alcun divieto generale di partecipazione degli operatori economici di paesi terzi a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea (27). Esso sostiene che le linee guida della Commissione sulla partecipazione di offerenti di paesi terzi (28) confermano tale tesi nella parte in cui dichiarano che gli operatori economici di paesi terzi possono essere esclusi da tali procedure, senza imporre la loro esclusione. La commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici sostiene che gli stessi principi si applicano a tutti gli operatori economici che partecipano a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici in Croazia, indipendentemente dal paese in cui hanno sede.

37.      La Kolin sostiene che la partecipazione di operatori economici di paesi terzi a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici rientra in una competenza concorrente dell’Unione europea e degli Stati membri. Fino a quanto la prima non abbia adottato disposizioni specifiche per la disciplina di siffatta partecipazione, gli Stati membri restano liberi di agire. Nello stesso ordine di idee, il governo polacco ritiene che l’applicazione della direttiva 2014/25 ad operatori economici di paesi terzi non rientri nell’ambito della politica commerciale comune, una competenza esclusiva dell’Unione, bensì del mercato interno, una competenza concorrente. Ne consegue che il diritto dell’Unione non osta a che gli Stati membri decidano di applicare il principio della parità di trattamento a operatori economici di paesi terzi diversi da quelli menzionati all’articolo 43 della direttiva 2014/25.

38.      Il governo estone sostiene che, poiché le disposizioni del TFUE relative al mercato interno costituiscono la base giuridica della direttiva 2014/25, gli Stati membri possono stabilire norme che disciplinano la partecipazione degli operatori economici con sede in paesi terzi alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. Gli Stati membri possono limitare la partecipazione di detti operatori a tali procedure, ma non sono tenuti a farlo.

39.      Sebbene i governi danese, francese e austriaco ritengano che la partecipazione di operatori economici di paesi terzi alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici rientri nella competenza esclusiva dell’Unione europea, essi sostengono, per ragioni differenti, che gli Stati membri possono agire in tale settore.

40.      Il governo austriaco riconosce che la disciplina della partecipazione di operatori economici di paesi terzi a siffatte procedure rientra nell’ambito della politica commerciale comune. In assenza di disposizioni in tal senso nella direttiva 2014/25, gli Stati membri restano liberi di adottare misure a tal fine. Il governo danese sostiene che, qualora l’Unione non eserciti la sua competenza esclusiva a concludere accordi internazionali in materia di procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, gli Stati membri possono determinare le modalità secondo le quali gli operatori di paesi terzi possono partecipare a siffatte procedure. Il governo francese ritiene altresì che le misure dirette a escludere gli operatori economici di paesi terzi dalle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea rientrino nell’ambito della politica commerciale comune. Agli Stati membri è quindi impedito di adottare misure generali in materia di partecipazione di operatori economici di paesi terzi a procedure di tal genere, ma essi possono adottare misure in singoli casi.

41.      La Commissione sostiene che le modalità di partecipazione degli operatori economici di paesi terzi a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici organizzate all’interno dell’Unione europea rientrano nella competenza esclusiva di quest’ultima, sicché soltanto l’Unione può adottare atti giuridicamente vincolanti che garantiscano la parità di trattamento degli operatori economici di paesi terzi (29).

–       Analisi

42.      L’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE stabilisce che la politica commerciale comune è una competenza esclusiva dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, tale politica è fondata su principi uniformi e concerne gli scambi di beni e di servizi (30). Poiché i Trattati non menzionano l’aggiudicazione di appalti pubblici, si pone la questione se le procedure che disciplinano siffatta aggiudicazione rientrino nel mercato interno, una competenza concorrente dell’Unione e dei suoi Stati membri (31), o nella politica commerciale comune. In tale contesto, è utile ricordare che il mercato interno disciplina gli scambi tra gli Stati membri, mentre la politica commerciale comune riguarda gli scambi tra gli Stati membri e paesi terzi (32). L’aggiudicazione di appalti pubblici può quindi avere una dimensione sia interna che esterna.

43.      L’articolo 53 TFUE, in materia di libertà di stabilimento, l’articolo 62 TFUE, sulla libera prestazione di servizi, e l’articolo 114 TFUE, in materia di adozione di misure aventi per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, costituiscono le basi giuridiche della direttiva 2014/25 (33). Da ciò sembra discendere che la dimensione interna all’Unione delle norme che disciplinano l’aggiudicazione di appalti pubblici, ivi compresa la direttiva 2014/25, rientri nella portata del mercato interno.

44.      Una misura diretta a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi commerciali internazionali e dotata di effetti diretti ed immediati sugli scambi commerciali rientra nell’ambito della politica commerciale comune (34). Una misura che abbia mere implicazioni accessorie per gli scambi internazionali non rientra in tale politica (35). Ci si chiede se le misure dirette a permettere la partecipazione di operatori economici di paesi terzi a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici all’interno dell’Unione europea rientrino nella prima o nella seconda di tali categorie.

45.      Nel parere 2/15 (Accordo di libero scambio UE-Singapore), la Corte ha esaminato la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri nel contesto della conclusione di un accordo commerciale previsto con la Repubblica di Singapore. Tale accordo internazionale conteneva un capo dedicato agli appalti pubblici, che stabiliva le modalità secondo le quali gli operatori economici di ciascuna parte potevano partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici organizzate dalle amministrazioni dell’altra parte. Poiché tale capo aveva effetti diretti e immediati sugli scambi di merci e di servizi tra le parti dell’accordo internazionale in parola, esso rientrava nella politica commerciale comune (36). Tale pronuncia sembra quindi avvalorare la tesi secondo cui la dimensione esterna dell’aggiudicazione di appalti pubblici rientra nella competenza esclusiva dell’Unione. Ne consegue che l’Unione deve stabilire se e a quali condizioni gli operatori economici di paesi terzi possano partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione (37). L’articolo 207 TFUE indica che tale competenza include l’adozione di misure unilaterali secondo la procedura legislativa ordinaria e, se del caso, la negoziazione di accordi internazionali. È in questo contesto che l’Unione europea ha annunciato la sua intenzione di creare opportunità commerciali per le imprese in essa stabilite, mirando ad aprire i mercati degli appalti pubblici di paesi terzi su una base di reciprocità (38).

46.      A norma dell’articolo 2, paragrafo 2, TFUE, quando i Trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri possono esercitare la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria. Di conseguenza, gli Stati membri possono esercitare la loro competenza i) nella misura in cui l’Unione non l’abbia ancora esercitata e ii) nella misura in cui l’Unione abbia deciso di cessare di esercitare la propria (39).

47.      Quando i Trattati attribuiscono all’Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore (40), mentre gli Stati membri possono farlo solo se autorizzati dall’Unione oppure al fine di dare attuazione agli atti dell’Unione (41). Anche nell’ipotesi in cui l’Unione non abbia esercitato la propria competenza esclusiva in un determinato settore, uno Stato membro non può fondarsi sull’omesso esercizio di competenza da parte dell’Unione al fine di giustificare l’adozione di una disposizione in tale settore (42). Quando all’Unione è attribuita una competenza esclusiva, la perdita di competenza degli Stati membri è immediata e tale attribuzione produce effetti indipendentemente dal fatto che l’Unione abbia esercitato o meno tale competenza (43). Poiché l’attribuzione di competenza esclusiva all’Unione sottrae agli Stati membri qualunque competenza nel settore in questione, ne discende che qualunque attività degli Stati membri è a priori in conflitto con i Trattati (44).

48.      Data la natura eccezionale dell’autorizzazione degli Stati membri ad agire in un settore rientrante nella competenza esclusiva dell’Unione (45), e dato che le eccezioni sono di regola interpretate ed applicate in modo restrittivo, qualsiasi autorizzazione concessa a uno Stato membro deve essere specifica (46), di carattere limitato e temporanea (47).

49.      La sentenza della Corte nella causa Commissione/Regno Unito (48) verteva su una situazione in cui uno Stato membro aveva adottato provvedimenti in ragione dell’inazione della Comunità economica europea nel settore della politica comune della pesca (49). La Corte non ha escluso che, a causa dell’evoluzione delle condizioni biologiche e tecnologiche, gli Stati membri possano essere tenuti a modificare provvedimenti di conservazione (50) e che, in tali circostanze, gli Stati membri possano agire come gestori degli interessi comuni dell’Unione (51). Tuttavia, prima di adottare siffatte misure, lo Stato membro in questione deve chiedere lealmente l’approvazione dell’Unione e astenersi dall’adottare provvedimenti in relazione ai quali quest’ultima abbia sollevato obiezioni o posto condizioni (52). Tale sentenza suggerisce che uno Stato membro può, in via eccezionale, adottare misure in un settore rientrante nella competenza esclusiva dell’Unione qualora quest’ultima non abbia agito, purché sussista una necessità oggettiva di tali misure, lo Stato membro abbia notificato all’Unione le sue intenzioni e quest’ultima non abbia sollevato alcuna obiezione.

50.      Per quanto riguarda la presente causa, mediante l’adozione dell’articolo 43 della direttiva 2014/25, l’Unione ha esercitato la propria competenza per quanto concerne gli operatori economici con sede in un paese parte dell’AAP o di un altro accordo internazionale in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici al quale l’Unione è vincolata. Come precisato al paragrafo 10 delle presenti conclusioni, gli operatori economici con sede in Turchia non rientrano in tale categoria. Sebbene l’Unione europea non abbia esercitato la sua competenza esclusiva al fine di stabilire se operatori economici di Stati terzi non contemplati possano partecipare a procedure di tal genere, gli Stati membri non possono fondarsi su tale circostanza per riconquistare una competenza ad agire in tale settore.

51.      Come indicato dalla commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e dalla Kolin, le autorità croate ritengono che l’articolo 3, paragrafo 8, della legge sugli appalti pubblici, che risulta recepire la nozione di «operatore economico» di cui all’articolo 2, punto 6, della direttiva 2014/25 nel diritto croato, debba essere interpretato nel senso che le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici in Croazia sono aperte a tutti gli operatori economici, indipendentemente dal luogo in cui hanno sede, alle stesse condizioni applicabili agli operatori economici di altri Stati membri.

52.      Tale approccio dà adito ad almeno tre problemi. In primo luogo, gli Stati membri non possono adottare normative in un settore rientrante nella competenza esclusiva dell’Unione, salvo che siano dirette ad attuare il diritto dell’Unione o salvo che l’Unione li abbia autorizzati a procedere in tal senso. Poiché non risulta che l’Unione abbia esercitato la sua competenza esclusiva a disciplinare l’accesso degli operatori economici di paesi terzi non contemplati a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, gli Stati membri che intendano adottare misure in tale direzione possono informare le istituzioni dell’Unione competenti della linea di azione proposta al fine di ottenere l’autorizzazione necessaria. Nulla nel fascicolo della Corte indica che la Croazia abbia agito in tal senso. In secondo luogo, un’azione unilaterale degli Stati membri potrebbe minare la posizione negoziale dell’Unione nel contesto dei suoi sforzi di apertura, su una base di reciprocità, dei mercati degli appalti pubblici di paesi terzi. In terzo luogo, essa potrebbe pregiudicare l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, poiché, in circostanze di tal genere, l’applicazione ratione personae della direttiva 2014/25 potrebbe variare da uno Stato membro all’altro.

53.      Sebbene la direttiva 2014/25 non trovi applicazione nei confronti degli operatori economici stabiliti in Turchia, valuterò ora se il diritto degli Stati membri possa, ciò nonostante, trovare applicazione in situazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Nella sua sentenza nella causa Dzodzi, la Corte ha esaminato una situazione in cui il diritto nazionale aveva esteso l’applicazione delle norme dell’Unione in materia di mercato interno a situazioni puramente interne, al fine di evitare una discriminazione alla rovescia (53). Sebbene il diritto dell’Unione non si applichi a situazioni puramente interne (54), la Corte ha statuito che ciò non impedisce agli Stati membri di disporne l’applicazione. In tali circostanze, la Corte ha risposto alle questioni proposte al fine di garantire l’uniforme interpretazione del diritto dell’Unione (55).

54.      A differenza della situazione che ha condotto a tale sentenza, la fattispecie dinanzi al giudice del rinvio non è puramente interna e non concerne una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri. Poiché le questioni proposte nella presente causa riguardano una competenza esclusiva dell’Unione, gli Stati membri non possono decidere unilateralmente di estendere l’ambito di applicazione delle pertinenti norme dell’Unione. Ritengo pertanto che la Corte non possa rispondere alle questioni del giudice del rinvio basandosi sulla sentenza Dzodzi.

55.      Dato che tutte le questioni del giudice del rinvio vertono sull’interpretazione della direttiva 2014/25, che, per le ragioni esposte dettagliatamente ai paragrafi da 29 a 33 e da 42 a 54 delle presenti conclusioni, non può trovare applicazione nel contesto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, suggerisco alla Corte di dichiarare interamente irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.

56.      Qualora la Corte decida che il rinvio è ricevibile, mi accingo a esaminare ciascuna delle questioni del giudice del rinvio.

 B.      Merito

 1.      Prima e seconda questione

–       Osservazioni delle parti

57.      La Kolin, il governo estone e la Commissione ritengono che gli articoli 36 e 76 della direttiva 2014/25 debbano essere interpretati nel senso che, dopo la scadenza del termine per la ricezione delle offerte, l’amministrazione aggiudicatrice non può chiedere documenti o informazioni relativi a elementi non contenuti nell’offerta iniziale. Sebbene il principio della parità di trattamento non osti, in linea di massima, a che gli offerenti correggano o completino i dettagli delle loro offerte, siffatte informazioni non possono modificare la sostanza di un’offerta. Ogni richiesta di chiarimenti, inoltre, deve essere rivolta a tutti gli offerenti che si trovano in una situazione analoga. La Kolin, il governo estone e la Commissione sostengono che i fatti della presente causa non soddisfano tali requisiti.

58.      Il governo estone aggiunge che, a suo avviso, la HŽ Infrastruktura ha violato l’articolo 59 della direttiva 2014/24. Poiché tale disposizione è limitata al chiarimento di informazioni contenute nel DGUE e alla presentazione di documenti giustificativi, essa non prevede la presentazione di informazioni nuove (56). Poiché il DGUE della Strabag menzionava, nell’offerta, soltanto i lavori sulla linea ferroviaria Pragersko-Hodoš, qualsiasi richiesta di chiarimenti e di documenti giustificativi da parte della HŽ Infrastruktura doveva essere limitata a tali lavori.

59.      Le altre parti del procedimento dinanzi alla Corte sostengono che, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, un’amministrazione aggiudicatrice può chiedere a un offerente di produrre documenti relativi a circostanze non menzionate nell’offerta iniziale.

60.      Il governo croato, sostenuto dalla commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e dai governi ceco, francese e polacco, asserisce che le amministrazioni aggiudicatrici possono invitare gli offerenti a chiarire o a completare informazioni o documenti, purché tale invito non equivalga a una modifica sostanziale dell’offerta. In tale contesto, è opportuno distinguere fra criteri di selezione e criteri di aggiudicazione. Se gli offerenti non possono modificare le loro offerte per quanto concerne i criteri di aggiudicazione, poiché ciò costituirebbe una modifica sostanziale, essi possono integrare informazioni o documenti relativi ai criteri di selezione. Secondo la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e il governo ceco, un confronto tra l’articolo 51 della direttiva 2004/18, l’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 e l’articolo 76, paragrafo 4, della direttiva 2014/25 (57) rivela che queste due ultime disposizioni sono state adottate allo scopo di garantire alle amministrazioni aggiudicatrici un margine di manovra più ampio per richiedere informazioni o documenti aggiuntivi al fine di facilitare la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

61.      Il governo croato e la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici sostengono inoltre che le norme che disciplinano il DGUE autorizzano l’amministrazione aggiudicatrice, in qualsiasi fase della procedura, a chiedere agli offerenti di presentare documenti giustificativi e di integrare o chiarire i documenti già ricevuti. L’elemento determinante per quanto concerne la questione se un’amministrazione aggiudicatrice possa ricevere siffatti documenti e prenderli in considerazione è se le informazioni integrative richieste riguardino fatti verificatisi prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Poiché la Strabag ha fatto riferimento a lavori che aveva ultimato prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, essa era legittimata a menzionarli, anche per la prima volta, dopo la scadenza di tale termine.

62.      La commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici, sostenuta dal governo ceco, sostiene inoltre che, essendo stato selezionato dall’amministrazione aggiudicatrice, l’aggiudicatario non si trova nella stessa situazione degli offerenti esclusi. Ne consegue che un invito a fornire informazioni integrative rivolto a detto offerente non viola il principio della parità di trattamento.

63.      Il governo croato, sostenuto dalla HŽ Infrastruktura, dalla commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e dai governi ceco e polacco, sostiene inoltre che non può trovare applicazione in via analogica la sentenza Esaprojekt. In tale sentenza è stata esaminata la questione se, tenuto conto delle riserve circa le sue capacità tecniche, un aggiudicatario potesse presentare un nuovo documento al fine di fondarsi su un contratto eseguito da un altro operatore, il quale si era impegnato a mettere a disposizione dell’aggiudicatario le risorse necessarie per l’esecuzione dell’appalto pubblico di cui si trattava. A differenza dei chiarimenti richiesti nella causa dinanzi al giudice del rinvio, che riguardavano lavori svolti dall’offerente stesso, la menzione del contratto in parola aveva avuto un impatto su un elemento essenziale dell’offerta, segnatamente l’identità dell’offerente e le sue capacità tecniche.

64.      La commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici aggiunge che, nella sentenza Manova, la Corte ha statuito che un offerente poteva presentare, posteriormente, un documento non incluso nella sua offerta iniziale, segnatamente il suo bilancio, purché l’esistenza di tale documento fosse anteriore alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte (58).

–       Analisi

65.      Con la sua prima e seconda questione, alle quali si può rispondere congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 76 della direttiva 2014/25, in combinato disposto con il principio della parità di trattamento sancito all’articolo 36 di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che permette a un’amministrazione aggiudicatrice di chiedere a un offerente nuovi documenti relativi alle sue capacità tecniche e professionali con riferimento a lavori non menzionati nell’offerta iniziale, qualora la decisione iniziale di aggiudicazione sia stata annullata e la questione sia stata oggetto di rinvio ai fini di una rivalutazione.

66.      In via preliminare, osservo che il testo dell’articolo 76, paragrafo 4, della direttiva 2014/25, la direttiva settoriale applicabile, è redatto in termini identici a quelli dell’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, la direttiva generale. Non sembra esservi alcuna ragione per cui queste due disposizioni non debbano essere interpretate allo stesso modo. Poiché il considerando 6 della direttiva 2014/25 indica che è opportuno che la nozione di appalto sia interpretata, nel contesto di tale direttiva, nel modo più simile possibile a quella applicata nella direttiva 2014/24, tenendo debitamente conto delle specificità dei settori contemplati dalla direttiva settoriale, esso corrobora tale tesi. Inoltre, è stato statuito che la giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’articolo 51 della direttiva 2004/18 si applica per analogia all’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 (59).

67.      L’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di rispettare il principio della parità di trattamento degli offerenti e il principio di trasparenza ha lo scopo di favorire una concorrenza sana ed efficace tra le imprese che partecipano alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici e, quindi, di garantire la libera circolazione dei servizi (60). I principi di parità di trattamento e di trasparenza ostano a qualsiasi negoziazione tra un’amministrazione aggiudicatrice e un offerente nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. Una volta presentata l’offerta, essa non può essere modificata, né su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice, né dell’offerente. Di conseguenza, qualora l’amministrazione aggiudicatrice ritenga che un’offerta sia imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche, essa non può chiedere all’offerente di chiarirla o precisarla (61). Consentire all’amministrazione aggiudicatrice di chiedere a un offerente di chiarire un’offerta che essa considera imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche rischia di dare l’impressione che l’amministrazione aggiudicatrice stia negoziando l’offerta in via riservata, in violazione del principio della parità di trattamento (62).

68.      Il principio della parità di trattamento non osta a che un’offerta sia corretta o completata su singoli punti, qualora sia evidente che ciò è necessario per correggere errori materiali manifesti. Affinché ciò sia possibile, devono essere soddisfatte due condizioni. In primo luogo, una richiesta di chiarimenti non può condurre a una modifica sostanziale dell’offerta tale per cui, in realtà, essa potrebbe essere considerata una nuova offerta (63). Una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione richiesti dal bando di gara (64) pena l’esclusione dell’offerente (65). In secondo luogo, siffatta richiesta deve essere rivolta a tutti gli offerenti che si trovano in circostanze analoghe (66).

69.      È alla luce di tali principi che occorre esaminare la prima e la seconda questione del giudice del rinvio.

70.      La presentazione di nuovi documenti relativi alle capacità tecniche e professionali di un offerente con riferimento a lavori non menzionati nell’offerta iniziale non equivale a una correzione, un chiarimento o una precisazione. Si tratta, invece, di una modifica significativa di tale offerta, in assenza della quale detta offerta sarebbe stata respinta. Dai documenti contenuti nel fascicolo della Corte risulta che la decisione iniziale di aggiudicazione è stata annullata proprio perché l’offerente non era stato in grado di dimostrare, sulla base delle informazioni e dei documenti contenuti nella sua offerta iniziale, che soddisfaceva i requisiti tecnici e professionali della gara d’appalto.

71.      Ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, il DGUE è una dichiarazione mediante la quale l’offerente attesta di soddisfare, in particolare, i criteri di selezione applicabili. Tale autodichiarazione costituisce una prova documentale preliminare in tal senso, e sostituisce, pertanto, il requisito di presentare certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi (67). Lo scopo del DGUE è fornire all’amministrazione aggiudicatrice un’immagine precisa e fedele della situazione di ciascun operatore economico che intende presentare un’offerta (68). La conseguente riduzione degli oneri amministrativi che gravano sulle amministrazioni aggiudicatrici e sugli operatori economici deve tuttavia essere conciliata con l’obiettivo della promozione di una concorrenza sana ed efficace e con l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza (69).

72.      La parte IV dell’allegato 2 del regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione, del 5 gennaio 2016, che stabilisce il modello di formulario per il documento di gara unico europeo (70), è intitolata «Criteri di selezione». Ai sensi della sezione C, intitolata «Capacità tecniche e professionali», un offerente è tenuto a redigere l’elenco e fornire una serie di dettagli concernenti i lavori pertinenti che ha eseguito. Se tale disposizione permette quindi a un offerente di fornire, su richiesta, certificati e documenti giustificativi appropriati, essa non gli consente, dopo la scadenza del termine di presentazione della sua offerta, di modificare gli elementi essenziali sulla base dei quali ha dichiarato di soddisfare i criteri di selezione applicabili, segnatamente l’esecuzione di specifici lavori.

73.      Per quanto riguarda l’applicazione del principio della parità di trattamento nel caso di specie, la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e la HŽ Infrastruktura hanno dichiarato, in udienza, che delle nove offerte respinte per omesso soddisfacimento dei criteri di selezione quattro contenevano prove insufficienti delle capacità tecniche e professionali, presentando asseritamente altre carenze.

74.      Fatte salve le limitazioni alla possibilità di apportare chiarimenti successivi, il principio della parità di trattamento esige che l’amministrazione aggiudicatrice rivolga richieste di chiarimenti a tutti i partecipanti le cui offerte suscitino dubbi quanto al soddisfacimento dei criteri di selezione, e non limiti tali richieste all’offerente al quale essa abbia scelto di aggiudicare l’offerta. In udienza, la commissione statale di vigilanza sugli appalti pubblici e la HŽ Infrastruktura hanno dichiarato che, dopo aver riesaminato le offerte e averne respinto nove per mancato soddisfacimento dei criteri di selezione, la HŽ Infrastruktura ha esaminato le sei offerte restanti alla luce dei criteri di aggiudicazione. Non si può quindi escludere che, se ai nove offerenti inizialmente esclusi a motivo del mancato soddisfacimento dei criteri di selezione fosse stata concessa l’opportunità di prestare chiarimenti sulle loro offerte, si sarebbe potuto ritenere che uno di tali offerenti avesse presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Si tratta di una questione che, in ultima analisi, spetta al giudice del rinvio verificare.

75.      Come correttamente osservato da diverse parti, i fatti in relazione ai quali è stata resa la sentenza Esaprojekt sono diversi da quelli sottoposti al giudice del rinvio. Da tale sentenza risulta che, avendo ritenuto che l’esperienza dell’offerente non soddisfacesse i requisiti del bando di gara, l’amministrazione aggiudicatrice aveva chiesto chiarimenti su tale offerta. L’offerente aveva fornito un documento basato sull’esperienza di un subappaltatore che esso aveva menzionato nell’offerta iniziale (71). La sentenza della Corte suggerisce che, avendo inciso sull’identità e sulle capacità dell’offerente, la risposta alla richiesta costituiva una modifica sostanziale dell’offerta iniziale (72). Siffatte differenze fattuali fra le circostanze in cui è stata pronunciata la sentenza Esaprojekt e quelle che caratterizzano la presente causa non incidono sui principi giuridici applicabili, esposti ai paragrafi 67 e 68 delle presenti conclusioni.

76.      Diverse parti del procedimento dinanzi alla Corte hanno sostenuto che la sentenza Manova corrobora la tesi secondo cui l’articolo 76, paragrafo 4, della direttiva 2014/25 autorizza un’amministrazione aggiudicatrice a richiedere documenti o informazioni non contenuti nell’offerta iniziale in circostanze analoghe a quelle della causa pendente dinanzi al giudice del rinvio. Mi permetto di osservare che tale argomento si basa su una lettura erronea di tale sentenza. È vero che la Corte ha statuito che un’amministrazione aggiudicatrice può chiedere una correzione limitata o puntuale oppure un completamento dei dettagli di un’offerta, ad esempio richiedendo la copia di un bilancio pubblicato prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Tuttavia, essa ha limitato tale possibilità, dichiarando che siffatta richiesta è vietata se il bando di gara esigeva la presentazione del documento o delle informazioni mancanti a pena di esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto (73). Nella presente causa, il giudice del rinvio indica che, in assenza del riferimento ai lavori sull’autostrada della valle di Steyr, l’offerta iniziale della Strabag non avrebbe soddisfatto i criteri di selezione e sarebbe quindi stata respinta, rientrando pertanto nella limitazione enunciata dalla Corte nella sentenza Manova.

77.      Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 76 della direttiva 2014/25, in combinato disposto con il principio della parità di trattamento sancito all’articolo 36 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che osta a che un’amministrazione aggiudicatrice chieda a un offerente nuovi documenti relativi alle sue capacità tecniche e professionali con riferimento a lavori non menzionati nell’offerta iniziale, qualora la decisione iniziale di aggiudicazione sia stata annullata e la questione sia stata oggetto di rinvio ai fini di una rivalutazione.

 2.      Terza questione

78.      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 76 della direttiva 2014/25, in combinato disposto con il principio della parità di trattamento sancito all’articolo 36 di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che consente a un offerente di fornire, di propria iniziativa, nuovi documenti relativi alle sue capacità tecniche e professionali con riferimento a lavori non menzionati nell’offerta iniziale, qualora la decisione iniziale di aggiudicazione dell’appalto sia stata annullata e la questione sia stata oggetto di rinvio ai fini di una rivalutazione.

79.      La maggior parte delle osservazioni presentate alla Corte non affronta separatamente la terza questione. Il governo francese sostiene che se un’amministrazione aggiudicatrice può invitare gli offerenti a fornire chiarimenti dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, gli offerenti non godono del diritto di fornire chiarimenti di propria iniziativa. La Commissione sostiene, per contro, che la direttiva 2014/25 osta a qualsiasi modifica sostanziale di un’offerta dopo la scadenza del termine per la ricezione delle offerte. È quindi irrilevante che l’amministrazione aggiudicatrice abbia chiesto chiarimenti o che l’offerente li abbia forniti di propria iniziativa.

80.      In forza di una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità che la rilevanza delle questioni da esso sottoposte alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. Infatti, nell’ambito della procedura di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, istituita dall’articolo 267 TFUE, le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. La Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sottoposta da un giudice nazionale soltanto qualora, segnatamente, non siano rispettati i requisiti relativi al contenuto della domanda di pronuncia pregiudiziale riportati all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, o qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, o qualora il problema sia di natura teorica (74).

81.      Nella presente causa, dai documenti contenuti nel fascicolo della Corte risulta che la Strabag ha fornito i documenti e le informazioni integrative su richiesta dell’amministrazione aggiudicatrice. Ne consegue che la terza questione si fonda su un’ipotesi e, per tale ragione, deve essere dichiarata irricevibile. Qualora la Corte non condivida tale punto di vista, per le ragioni esposte ai paragrafi da 67 a 76 delle presenti conclusioni, suggerisco di rispondere alla terza questione nel senso che l’articolo 76 della direttiva 2014/25, in combinato disposto con il principio della parità di trattamento sancito all’articolo 36 di tale direttiva, non consente a un offerente di fornire, di propria iniziativa, nuovi documenti relativi alle sue capacità tecniche e professionali con riferimento a lavori non menzionati nell’offerta iniziale, qualora la decisione iniziale di aggiudicazione sia stata annullata e la questione sia stata oggetto di rinvio ai fini di una rivalutazione.

 V.      Conclusione

82.      Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di dichiarare irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Corte amministrativa d’appello, Croazia), con decisione del 10 ottobre 2022.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      In prosieguo: gli «operatori economici di paesi terzi non contemplati».


3      GU 2014, L 94, pag. 243.


4      Decisione del 22 dicembre 1994 relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1).


5      GU 2014, L 94, pag. 65.


6      GU 1977, L 361, pag. 29.


7      GU 1977, L 361, pag. 60.


8      GU 1996, L 35, pag. 1.


9      GU 2000, L 138, pag. 27.


10      La decisione n. 1/2006 del Comitato di cooperazione doganale CE-Turchia, del 26 settembre 2006, recante modalità di applicazione della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE-Turchia (GU 2006, L 265, pag. 18) non contiene disposizioni in materia di procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.


11      Narodne novine n. 120/2016.


12      Sentenza del 4 maggio 2017 (C‑387/14, EU:C:2017:338; in prosieguo: la «sentenza Esaprojekt»).


13      Il giudice del rinvio osserva che, nella sentenza Esaprojekt, è stato interpretato l’articolo 51 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114), per quanto concerne la possibilità di invitare gli offerenti a fornire documenti integrativi delle loro offerte. Poiché la direttiva 2014/24 ha abrogato detta direttiva, tale giudice nutre dubbi in ordine al fatto che la giurisprudenza della Corte sulla direttiva 2004/18 e sulla direttiva 2014/24 possa essere applicata, in via analogica, alle situazioni disciplinate dalla direttiva 2014/25.


14      Sentenza del 22 marzo 2022, Prokurator Generalny (Sezione disciplinare della Corte suprema – Nomina) (C‑508/19, EU:C:2022:201, punto 59).


15      Sentenza del 27 aprile 2023, Viagogo (C‑70/22, EU:C:2023:350, punto 23).


16      La Commissione si basa, per analogia, sulle conclusioni dell’avvocato generale Rantos nella causa CRRC Qingdao Sifang e Astra Vagoane Călători (C‑266/22, EU:C:2023:399). Essa rinvia inoltre al considerando 10 del regolamento (UE) 2022/1031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2022, relativo all’accesso di operatori economici, beni e servizi di paesi terzi ai mercati degli appalti pubblici e delle concessioni dell’Unione e alle procedure a sostegno dei negoziati sull’accesso di operatori economici, beni e servizi dell’Unione ai mercati degli appalti pubblici e delle concessioni dei paesi terzi (strumento per gli appalti internazionali – IPI) (GU 2022, L 173, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento IPI») e alla sezione 1 della comunicazione della Commissione – Linee guida sulla partecipazione di offerenti e beni di paesi terzi al mercato degli appalti dell’UE (GU 2019, C 271, pag. 43; in prosieguo: le «linee guida sulla partecipazione di offerenti di paesi terzi»).


17      Per una questione di completezza, osservo che l’articolo 85 della direttiva 2014/25 riguarda prodotti originari di paesi terzi con i quali l’Unione europea non ha concluso un accordo multilaterale o bilaterale diretto a garantire l’accesso degli operatori dell’Unione ai mercati di tali paesi. In forza di tale disposizione, gli Stati membri possono respingere un’offerta qualora la parte di prodotti originari di paesi terzi non contemplati superi il 50% del valore totale dell’offerta.


18      In virtù di tale disposizione, l’Unione può sospendere o limitare l’aggiudicazione di appalti di servizi a operatori economici di paesi terzi non contemplati se il paese in cui hanno sede non concede agli operatori dell’Unione un accesso effettivo alle stesse condizioni applicabili agli operatori nazionali. L’articolo 86, paragrafo 6, della direttiva 2014/25 sembra suggerire che tale disposizione si applica agli operatori di paesi terzi non contemplati, poiché l’adozione di misure unilaterali da parte dell’Unione potrebbe confliggere con gli obblighi delle parti dell’Organizzazione mondiale del commercio in materia di risoluzione delle controversie. Wang e Arrowsmith sostengono tale interpretazione dell’articolo 86 della direttiva 2014/25; v. Wang, P., e Arrowsmith, S., «Trade Relations with Third Countries in Public Procurement», in Arrowsmith, S., The Law of Public and Utilities Procurement – Regulation in the EU and UK, Volume 2, Sweet & Maxwell, 2018, pagg. da 881 a 895.


19      Sebbene il regolamento IPI non sia applicabile ai fatti della presente causa ratione temporis, esso prevede l’adozione di misure dirette a limitare l’accesso di operatori economici di paesi terzi, diversi da quelli coperti dall’AAP o da un altro accordo internazionale, alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea. Se gli operatori economici di paesi terzi non contemplati fossero autorizzati ad accedere alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici in qualsiasi circostanza, il regolamento IPI non potrebbe mai trovare applicazione nella pratica. Ne consegue che il regolamento IPI corrobora la conclusione raggiunta in questa sede.


20      I paragrafi da 42 a 54 delle presenti conclusioni concernono l’esercizio di tale competenza.


21      Sentenze dell’11 maggio 2000, Savas (C‑37/98, EU:C:2000:224, punto 46); del 20 settembre 2007, Tum e Dari (C‑16/05, EU:C:2007:530, punto 46); e del 24 settembre 2013, Demirkan (C‑221/11, EU:C:2013:583, punti 37 e 38).


22      Sentenze dell’11 maggio 2000, Savas (C‑37/98, EU:C:2000:224, punti 64 e 69); del 21 ottobre 2003, Abatay e a. (C‑317/01 e C‑369/01, EU:C:2003:572, punto 66); e del 19 febbraio 2009, Soysal e Savatli (C‑228/06, EU:C:2009:101, punto 47).


23      V., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2007, Tum e Dari (C‑16/05, EU:C:2007:530, punto 55).


24      Nelle sue conclusioni nella causa CRRC Qingdao Sifang e Astra Vagoane Călători (C‑266/22, EU:C:2023:399), l’avvocato generale Rantos è giunto alla medesima conclusione per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2014/14 a un operatore economico con sede in Cina che era stato escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nell’Unione.


25      La Kolin e i governi estone e polacco.


26      I governi danese, francese e austriaco.


27      Poiché non contiene un divieto generale di partecipazione degli operatori economici con sede in paesi terzi nei confronti dei quali l’Unione europea ha assunto impegni in materia di accesso al mercato nell’ambito di un accordo internazionale, il regolamento IPI sembra confermare tale tesi.


28      Pag. 43.


29      Parere 2/15 (Accordo di libero scambio UE-Singapore), del 16 maggio 2017 [EU:C:2017:376; in prosieguo: «parere 2/15 (Accordo di libero scambio UE-Singapore)»] e considerando 3 del regolamento IPI.


30      Il Trattato di Lisbona ha modificato l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE allo scopo di precisare che gli scambi di servizi rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione, poiché si trattava, in precedenza, di una competenza concorrente con quella degli Stati membri. Una descrizione dell’evoluzione di tale disposizione e un’analisi dell’attuale ambito di applicazione della politica commerciale comune sono contenute in Wouters, J., Hoffmeister, F., De Baere, G., e Ramopoulos, T., The Law of EU External Relations: Cases, Materials, and Commentary on the EU as an International Legal Actor, Oxford University Press, 2021, pagg. da 230 a 288.


31      Articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE.


32      V., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 50), e del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 56).


33      Nel considerando 2 della direttiva 2014/25 si dichiara che quest’ultima mira ad assicurare, in particolare, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. Le stesse considerazioni discendono dal preambolo e dal considerando 1 della direttiva 2014/24.


34      Sentenze del 12 maggio 2005, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA (C‑347/03, EU:C:2005:285, punto 75) e del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 51).


35      V., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 57 e 76).


36      Parere 2/15 (Accordo di libero scambio UE-Singapore) del 16 maggio 2017 (EU:C:2017:376), punti da 75 a 77.


37      A sostegno di tale tesi v., ad esempio, Wouters, J., Hoffmeister, F., De Baere, G. e Ramopoulos, T., The Law of EU External Relations: Cases, Materials, and Commentary on the EU as an International Legal Actor, Oxford University Press, 2021, pag. 255.


38      Linee guida sulla partecipazione di offerenti di paesi terzi, sezione 1.


39      Conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nelle cause riunite Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2020:756, paragrafo 37).


40      La Corte ha statuito, nella sua giurisprudenza, che persino l’adozione di misure non vincolanti da parte di uno Stato membro può confliggere con la competenza esclusiva dell’Unione. V., in tal senso, sentenza del 18 febbraio 1986, Bulk Oil (Zug) (174/84, EU:C:1986:60, punto 9).


41      Articolo 2, paragrafo 1, TFUE.


42      V., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2021, Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2021:63, punto 53). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nelle cause riunite Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2020:756, paragrafo 44).


43      Sentenza del 26 gennaio 2021, Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2021:63, punto 54).


44      Conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nelle cause riunite Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2020:756, paragrafo 38).


45      Conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Commissione/Consiglio (Adesione all’atto di Ginevra) (C‑24/20, EU:C:2022:404, paragrafo 81).


46      Sentenze del 15 dicembre 1976, Donckerwolcke e Schou (41/76, EU:C:1976:182, punti 29 e 32); del 17 ottobre 1995, Werner (C‑70/94, EU:C:1995:328, punto 12); e del 17 ottobre 1995, Leifer e a. (C‑83/94, EU:C:1995:329, punto 12). Un esempio di autorizzazione specifica concessa dalla normativa dell’Unione figura nella sentenza del 18 febbraio 1986, Bulk Oil (Zug) (174/84, EU:C:1986:60, punti da 31 a 33).


47      Conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nelle cause riunite Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2020:756, paragrafo 43).


48      Sentenza del 5 maggio 1981, Commissione/Regno Unito (804/79, EU:C:1981:93).


49      L’inazione era dovuta al fatto che lo stesso Stato membro che aveva adottato misure unilaterali, il Regno Unito, aveva ostacolato il processo decisionale in seno al Consiglio (ibidem, punto 9).


50      Ibidem, punto 22.


51      Ibidem, punto 30.


52      Ibidem, punti 27 e 31.


53      Sentenza del 18 ottobre 1990, Dzodzi (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 13; in prosieguo: la «sentenza Dzodzi»).


54      Ibidem, punto 28.


55      Ibidem, punti da 34 a 37.


56      Il governo estone sostiene che, in forza dell’articolo 80, paragrafo 3, della direttiva 2014/25, l’articolo 59 della direttiva 2014/24 si applica alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/25, come quella di cui trattasi nel procedimento dinanzi al giudice del rinvio.


57      L’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 ha sostituito l’articolo 51 della direttiva 2004/18. L’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 e l’articolo 76, paragrafo 4, della direttiva 2014/25 sono redatti in termini identici.


58      Sentenza del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647; in prosieguo: la «sentenza Manova»).


59      Sentenza del 7 settembre 2021, Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras (C‑927/19, EU:C:2021:700, punto 93).


60      V., in tal senso, sentenze del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647, punto 28) e dell’11 maggio 2017, Archus e Gama (C‑131/16, EU:C:2017:358, punto 25).


61      Sentenze del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647, punto 31) e del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz (C‑324/14, EU:C:2016:214, punto 62).


62      Sentenza dell’11 maggio 2017, Archus e Gama (C‑131/16, EU:C:2017:358, punto 28).


63      Ibidem, punti 29, 31 e 37. V. anche, in tal senso, sentenze del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz (C‑324/14, EU:C:2016:214, punto 64) e del 28 febbraio 2018, MA.T.I.  SUD e Deumme SGR (C‑523/16 e C‑536/16, EU:C:2018:122, punto 52).


64      Sentenze dell’11 maggio 2017, Archus e Gama (C‑131/16, EU:C:2017:358, punto 33) e del 7 settembre 2021, Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras (C‑927/19, EU:C:2021:700, punto 93).


65      V., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2018, MA.T.I.  SUD e Deumme SGR (C‑523/16 e C‑536/16, EU:C:2018:122, punto 49).


66      Sentenza dell’11 maggio 2017, Archus e Gama (C‑131/16, EU:C:2017:358, punto 30).


67      Sentenza del 10 novembre 2022, Taxi Horn Tours (C‑631/21, EU:C:2022:869, punto 48).


68      Ibidem, punto 49.


69      Ibidem, punti 56 e 57.


70      GU 2016, L 3, pag. 16.


71      Sentenza del 4 maggio 2017, Esaprojekt (C‑387/14, EU:C:2017:338, punti da 26 a 30 e 34).


72      Ibidem, punti da 41 a 43.


73      Sentenza del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647, punti 39 e 40).


74      Sentenza del 25 ottobre 2018, Roche Lietuva (C‑413/17, EU:C:2018:865, punto 23 e giurisprudenza citata).