Language of document : ECLI:EU:C:2024:231

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

14 marzo 2024 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Procedimento in contumacia – Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica – Articolo 127, paragrafo 1 – Periodo di transizione – Competenza della Corte – Sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) – Esecuzione di un lodo arbitrale che accorda il versamento di un risarcimento danni – Decisione della Commissione europea che dichiara che tale versamento costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Leale cooperazione – Obbligo di sospendere il procedimento – Articolo 351, paragrafo 1, TFUE – Convenzione internazionale conclusa tra Stati membri e Stati terzi prima della data della loro adesione all’Unione – Convenzione per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti fra Stati e soggetti di altri Stati (ICSID) – Applicazione del diritto dell’Unione – Articolo 267 TFUE – Giudice nazionale che si pronuncia in ultima istanza – Obbligo di rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale – Articolo 108, paragrafo 3, TFUE – Sospensione dell’esecuzione dell’aiuto»

Nella causa C‑516/22,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 29 luglio 2022,

Commissione europea, rappresentata da L. Armati, P.-J. Loewenthal e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da S. Fuller, in qualità di agente,

convenuto,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, Z. Csehi, M. Ilešič, I. Jarukaitis e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, con la sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), del 19 febbraio 2020, nella causa Micula v Romania (in prosieguo: la «sentenza controversa»), il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, nonché dell’articolo 108, paragrafo 3, dell’articolo 267, commi primo e terzo, e dell’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (in prosieguo: l’«accordo sul recesso»), adottato il 17 ottobre 2019.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

2        L’accordo sul recesso, approvato a nome dell’Unione europea e della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA) con decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020 (GU 2020, L 29, pag. 1), è entrato in vigore, in forza del suo articolo 185, il 1º febbraio 2020.

3        Ai sensi dell’articolo 2, lettera e), dell’accordo sul recesso:

«Ai fini del presente accordo si applicano le definizioni seguenti:

(...)

e)      “periodo di transizione”: il periodo di cui all’articolo 126».

4        L’articolo 86 di tale accordo, dal titolo «Cause pendenti dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea», al paragrafo 2 prevede quanto segue:

«La Corte di giustizia dell’Unione europea resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione».

5        L’articolo 87 di detto accordo, intitolato «Nuove cause dinanzi alla Corte di giustizia», al paragrafo 1 così dispone:

«La Commissione europea, quando reputi che il Regno Unito abbia mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati o della parte quarta del presente accordo prima della fine del periodo di transizione, può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea entro quattro anni dalla fine del periodo di transizione nelle modalità stabilite all’articolo 258 TFUE o, secondo il caso, all’articolo 108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE. Per tali cause è competente la Corte di giustizia dell’Unione europea».

6        L’articolo 126 del medesimo accordo, intitolato «Periodo di transizione», così dispone:

«È previsto un periodo di transizione o esecuzione che decorre dalla data di entrata in vigore del presente accordo e termina il 31 dicembre 2020».

7        L’articolo 127 dell’accordo sul recesso, dal titolo «Ambito di applicazione della transizione», è così formulato:

«1.      Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, il diritto dell’Unione si applica al Regno Unito e nel Regno Unito durante il periodo di transizione.

(...)

3.      Durante il periodo di transizione il diritto dell’Unione applicabile a norma del paragrafo 1 produce nei confronti del Regno Unito e nel Regno Unito gli stessi effetti giuridici che produce all’interno dell’Unione e degli Stati membri, ed è interpretato e applicato secondo gli stessi metodi e principi generali applicabili all’interno dell’Unione.

(...)

6.      Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, durante il periodo di transizione i riferimenti agli Stati membri nel diritto dell’Unione applicabile a norma del paragrafo 1, anche attuato e applicato dagli Stati membri, si intendono fatti anche al Regno Unito».

 Diritto internazionale

 Convenzione ICSID

8        La Convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, siglata a Washington il 18 marzo 1965 (in prosieguo: la «convenzione ICSID»), entrata in vigore per il Regno Unito il 18 gennaio 1967 e per la Romania il 12 ottobre 1975, al suo articolo 53, paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Il lodo è obbligatorio nei confronti delle parti e non può essere oggetto di alcun appello o altro ricorso, ad eccezione di quelli previsti dalla presente Convenzione. Ciascuna parte deve dare esecuzione al lodo conformemente ai termini di quest’ultimo [...]».

9        L’articolo 54, paragrafo 1, di tale convenzione così recita:

«Ciascuno Stato contraente riconosce come vincolanti i lodi pronunciati secondo la presente Convenzione e assicura, sul proprio territorio, l’esecuzione degli obblighi pecuniari imposti nel lodo come se si trattasse di una sentenza definitiva di un giudice dello Stato in questione. (...)».

10      L’articolo 64 di detta convenzione è formulato nel modo seguente:

«Qualsiasi controversia che possa sorgere tra gli Stati contraenti in merito all’interpretazione o all’applicazione della presente Convenzione e che non sia risolta in via amichevole è deferita alla Corte internazionale di giustizia su richiesta di qualsiasi parte della controversia, salvo che gli Stati interessati concordino un altro metodo di composizione».

11      L’articolo 69 della medesima convenzione così recita:

«Ogni Stato contraente deve adottare le misure legislative o di altro tipo che siano necessarie per dare effetto sul suo territorio alle disposizioni della presente convenzione».

 Il TBI

12      Il Trattato bilaterale di investimento, concluso il 29 maggio 2002 tra il governo del Regno di Svezia e la Romania per la promozione e la reciproca protezione degli investimenti (in prosieguo: il «TBI»), entrato in vigore il 1° aprile 2003, al suo articolo 2, paragrafo 3, prevede quanto segue:

«Ciascuna parte contraente garantisce in qualsiasi momento un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori della controparte e non ostacola, mediante misure arbitrarie o discriminatorie, l’amministrazione, la gestione, il mantenimento, l’utilizzazione, il godimento o la cessione di detti investimenti da parte di tali investitori (…)».

13      L’articolo 7 del TBI stabilisce che le controversie tra gli investitori e i paesi firmatari sono risolte, in particolare, da un tribunale arbitrale che applica la convenzione ICSID.

 Fatti

 Procedimento arbitrale

14      In vista della sua adesione all’Unione europea, il 22 febbraio 2005 la Romania ha abrogato un regime regionale di aiuti agli investimenti sotto forma di incentivi fiscali (in prosieguo: il «regime di aiuti controverso»).

15      Il 28 luglio 2005 i sigg. Ioan e Viorel Micula, cittadini svedesi, nonché la European Food SA, la Starmill SRL e la Multipack SRL (in prosieguo: gli «investitori»), società su cui essi esercitano il controllo, hanno chiesto, conformemente all’articolo 7 del TBI, la costituzione di un tribunale arbitrale ai sensi della convenzione ICSID, al fine di ottenere il risarcimento del danno che avrebbero subìto a causa dell’abrogazione del regime di aiuti controverso di cui avevano beneficiato prima di tale abrogazione.

16      Con lodo dell’11 dicembre 2013 (in prosieguo: il «lodo arbitrale»), emesso dopo l’adesione della Romania all’Unione il 1º gennaio 2007, il tribunale arbitrale ha ritenuto che, con l’abolizione del regime di aiuti in questione, la Romania avesse leso il legittimo affidamento degli investitori, che ritenevano che gli incentivi fiscali in questione sarebbero stati disponibili fino al 31 marzo 2009, non ha agito in modo trasparente non avendo informato gli investitori in tempo utile e non ha garantito un trattamento giusto ed equo degli investimenti da essi effettuati, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del TBI. Il tribunale arbitrale ha, pertanto, condannato la Romania a versare agli investitori, a titolo di risarcimento danni, la somma di 791 882 452 lei rumeni (RON) (circa EUR 178 milioni), somma fissata tenendo principalmente conto dei danni asseritamente subìti da tali ricorrenti nel periodo compreso tra il 22 febbraio 2005 e il 31 marzo 2009.

17      Dal 2014 gli investitori cercano di ottenere il riconoscimento e l’esecuzione del lodo arbitrale in Belgio, in Francia, in Lussemburgo, in Svezia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America. La Commissione è intervenuta in tutti questi procedimenti per opporvisi.

 Procedimento dinanzi alla Commissione

18      Il 26 maggio 2014 la Commissione ha adottato la decisione C(2014) 3192 final [Aiuti di Stato SA.38517 (2014/NN) – Romania  – Lodo arbitrale Micula/Romania dell’11 dicembre 2013 – Ingiunzione di sospensione dell’aiuto] (in prosieguo: l’«ingiunzione di sospensione») con cui si ordinava alla Romania di sospendere immediatamente qualsiasi azione potesse dare luogo all’attuazione o all’esecuzione del lodo arbitrale, sulla base del rilievo che un’azione del genere appariva costitutiva di un aiuto di Stato illegittimo che sarebbe accordato in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, fino a che la Commissione avesse adottato una decisione finale sulla compatibilità di tale misura con il mercato interno.

19      Il 1º ottobre 2014, la Commissione ha adottato la decisione 2014/C 393/03 [Aiuti di Stato – Romania – Aiuto di Stato SA.38517 (2014/C) (ex 2014/NN) – Applicazione del lodo arbitrale Micula/Romania dell’11 dicembre 2013 – Invito a presentare osservazioni a norma dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (GU 2014, C 393, pag. 27] (in prosieguo: la «decisione d’avvio»), con la quale ha informato la Romania dell’avvio del procedimento formale di esame di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE per quanto riguarda l’esecuzione parziale del lodo arbitrale all’inizio del 2014 nonché qualunque attuazione o esecuzione ulteriore di tale lodo.

20      Il 30 marzo 2015 la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2015/1470 della Commissione, del 30 marzo 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38517 (2014/C) (ex 2014/NN) cui la Romania ha dato esecuzione – Lodo nella causa Micula/Romania dell’11 dicembre 2013 (GU 2015, L 232, pag. 43) (in prosieguo: la «decisione finale»).

21      Con il titolo «L’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato non influisce sui diritti e sugli obblighi sanciti dall’articolo 351 del trattato», i considerando da 126 a 129 di tale decisione, che corrispondono, in sostanza, ai punti da 51 a 54 della decisione di avvio, sono così formulati:

«(126)      L’articolo 351 del trattato prevede che “[l]e disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse (…), per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra”. Nel caso in esame, i diritti e gli obblighi su cui si basano i ricorrenti sono quelli derivanti dal TBI.

(127)      Dalla formulazione dell’articolo 351 [TFUE] risulta chiaramente che esso non si applica nel caso di specie, in quanto il TBI è un trattato concluso tra due Stati membri dell’Unione, la Svezia e la Romania, e non un trattato “tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dell’altra”. Di conseguenza, nel caso in esame l’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato non influisce sui diritti e sugli obblighi sanciti dall’articolo 351 [TFUE].

(128)      In questo contesto, la Commissione rammenta che, ai sensi del diritto dell’Unione, i TBI intra-UE e i TBI conclusi tra uno Stato membro dell’Unione e uno Stato terzo sono soggetti a norme diverse. Nel caso dei TBI intra-UE, la Commissione ritiene che tali trattati siano in contrasto con il diritto dell’Unione e incompatibili con le disposizioni dei trattati e pertanto debbano essere considerati nulli. (...)

(129)      La Romania è anche parte contraente della [convenzione ICSID], che è stata ratificata prima della sua adesione all’Unione. Tuttavia, poiché nessuno Stato terzo aderente alla convenzione ICSID è parte del TBI considerato nel presente procedimento, l’articolo 351 è irrilevante nella fattispecie».

22      Ai termini della parte dispositiva la decisione finale stabilisce, all’articolo 1, che il pagamento del risarcimento concesso all’unità economica costituita dagli investitori, la European Drinks, la Rieni Drinks, la Scandic Distilleries, la Transilvania General Import-Export e la West Leasing International mediante lodo costituisce un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, incompatibile con il mercato interno.

23      Conformemente all’articolo 2 di tale decisione, la Romania è tenuta a non corrispondere l’aiuto incompatibile di cui all’articolo 1 di detta decisione e a recuperare ogni aiuto incompatibile di cui all’articolo 1 già versato a ciascuna delle entità che costituiscono l’unità economica, nonché ogni aiuto versato a tali soggetti che non sia stato notificato alla Commissione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE o qualsiasi aiuto versato dopo la data di adozione della medesima decisione.

 Procedimento dinanzi ai giudici dellUnione

24      Con sentenza del 18 giugno 2019, European Food e a./Commissione (T‑624/15, T‑694/15 e T‑704/15, EU:T:2019:423), il Tribunale ha annullato, nella sua interezza, la decisione finale in quanto, in sostanza, la Commissione non era competente ratione temporis ad adottarla ai sensi dell’articolo 108 TFUE (in prosieguo: la «sentenza del Tribunale»).

25      In particolare, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 91 e 92 di tale sentenza, che la Commissione, non avendo operato alcuna distinzione, per quanto riguarda gli importi da recuperare, tra quelli rientranti nel periodo anteriore all’adesione della Romania all’Unione e quelli rientranti nel periodo successivo a tale adesione, aveva ecceduto le sue competenze in materia di controllo degli aiuti di Stato nell’applicare retroattivamente le competenze da essa detenute in forza dell’articolo 108 TFUE a fatti anteriori a detta adesione e che, pertanto, la Commissione non poteva qualificare il versamento del risarcimento danni concesso dal lodo come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

26      Inoltre, il Tribunale ha dichiarato, ai punti da 98 a 111 di detta sentenza, che, poiché il diritto dell’Unione non era applicabile ratione temporis e la Commissione non era competente ai sensi dell’articolo 108 TFUE, la decisione finale, in assenza di una distinzione tra gli importi da recuperare a seconda che essi rientrassero nel periodo precedente o successivo all’adesione in questione, era viziata da illegittimità nella parte in cui qualificava come «vantaggio» e come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, l’attribuzione di detto risarcimento danni, quantomeno per il periodo anteriore alla data di entrata in vigore del diritto dell’Unione in Romania.

27      Il 27 agosto 2019 la Commissione ha proposto alla Corte un’impugnazione diretta ad ottenere l’annullamento della sentenza del Tribunale.

 Procedimento dinanzi ai giudici del Regno Unito

28      Il 17 ottobre 2014, il lodo arbitrale è stato registrato presso la High Court of England and Wales (Alta Corte di giustizia dell’Inghilterra e del Galles, Regno Unito), in forza delle disposizioni dell’Arbitration (International Investment Disputes) Act 1966 (legge del 1966 sull’arbitrato concernente le controversie in materia di investimenti a livello internazionale), che attua la convenzione ICSID nel Regno Unito.

29      Il 20 gennaio 2017, tale giudice ha respinto la domanda della Romania diretta ad ottenere l’annullamento di tale registrazione. Per contro, essa ha sospeso l’esecuzione del lodo fino alla conclusione del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione.

30      Il 27 luglio 2018, la Court of Appeal (Corte d’appello, Regno Unito) ha dichiarato che i giudici del Regno Unito non potevano, in forza del principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, ordinare l’esecuzione immediata del lodo fino a che una decisione della Commissione vietava alla Romania di versare il risarcimento concesso da tale lodo. Su tale base, detto giudice ha respinto l’appello proposto dagli investitori avverso la sospensione dell’esecuzione di detto lodo disposta dal primo giudice.

31      Il 19 febbraio 2020, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha disposto, con la sentenza controversa, l’esecuzione del lodo arbitrale. La Commissione ha partecipato a tale procedimento in qualità di interveniente.

 Sentenza controversa

32      Con la sentenza controversa, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha anzitutto respinto, ai punti da 41 a 57 della stessa sentenza, il motivo con cui gli investitori sostenevano che la sentenza del Tribunale aveva come conseguenza che i giudici del Regno Unito non fossero più tenuti, in forza dell’obbligo di leale cooperazione, a sospendere l’esecuzione del lodo arbitrale. A tal riguardo, detto giudice ha dichiarato, al punto 56 di tale sentenza, di essere preoccupato per il rischio di decisioni confliggenti aventi lo stesso oggetto tra le stesse parti, che le era impossibile concludere che non esistesse alcun rischio di conflitto tra tali decisioni, che se il conflitto tra le diverse decisioni si fosse concretizzato, ciò avrebbe avuto la conseguenza di ostacolare in modo significativo l’applicazione del diritto dell’Unione, e che l’esistenza di un’impugnazione pendente dinanzi alla Corte era sufficiente, in linea di principio, a far sorgere l’obbligo di leale cooperazione.

33      Tuttavia, ai punti da 58 a 118 della sentenza controversa, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha accolto il motivo con cui gli investitori facevano valere che l’articolo 351, primo comma, TFUE era applicabile agli obblighi incombenti al Regno Unito in forza della convenzione ICSID, cosicché questi ultimi non sono soggetti agli effetti cogenti del diritto dell’Unione. Secondo tale giudice, al fine di determinare se tale disposizione si applichi in un caso particolare, è necessario interpretare la convenzione internazionale anteriore di cui trattasi al fine di esaminare se quest’ultima imponga allo Stato membro interessato obblighi la cui esecuzione può essere richiesta dagli Stati terzi che sono parti contraenti della stessa.

34      Orbene, nel caso di specie, sarebbe chiaro che l’obbligo, per il Regno Unito, di dare esecuzione al lodo arbitrale in forza degli articoli 54 e 69 della convenzione ICSID incombe ad esso non solo nei confronti del Regno di Svezia, ma anche di tutti gli altri Stati contraenti di tale convenzione, e ciò, per le ragioni seguenti, esposte ai punti da 104 a 107 della sentenza controversa:

–        in primo luogo, il regime della convenzione ICSID si fonderebbe sulla fiducia reciproca e dipenderebbe dalla partecipazione di tutti gli Stati contraenti nonché dal rispetto da parte di questi ultimi delle norme previste da tale convenzione;

–        in secondo luogo, dagli articoli 53, 54 e 69 della convenzione ICSID risulterebbe che gli obblighi da essa previsti non sono accompagnati da alcuna riserva e che il rimedio previsto all’articolo 64 di tale convenzione è disponibile per ciascuno Stato contraente;

–        in terzo luogo, dall’obiettivo perseguito dalla convenzione ICSID emergerebbe l’esistenza di una rete di obblighi di esecuzione reciproca a cui uno Stato contraente non può espressamente derogare e che, ove vi sia rinuncia, si trasferisce ad un altro Stato contraente l’onere dell’esecuzione;

–        in quarto luogo, dai lavori preparatori emergerebbe che, se uno Stato contraente dovesse non rispettare gli obblighi ad esso incombenti in forza della convenzione ICSID, gli altri Stati contraenti potrebbero adottare le misure appropriate.

35      Secondo la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), poiché l’obbligo di leale cooperazione non era applicabile nel caso di specie, i giudici del Regno Unito non erano tenuti a rinunciare a pronunciarsi sulla questione degli effetti della convenzione ICSID, sospendendo il procedimento nazionale in attesa dell’esito del procedimento pendente dinanzi ai giudici dell’Unione o sottoponendo una questione pregiudiziale alla Corte, e ciò, per le seguenti ragioni, esposte ai punti da 112 a 114 della sentenza controversa:

–        in primo luogo, in forza del diritto dell’Unione, non sarebbero riservate ai giudici dell’Unione le questioni relative all’esistenza e alla portata degli obblighi derivanti da convenzioni anteriori in applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE. Tali questioni non sarebbero disciplinate dal diritto dell’Unione e la Corte non sarebbe in posizione migliore per risolverle rispetto ad un giudice nazionale.

–        in secondo luogo, la questione sollevata dinanzi ad essa dagli investitori sulla base dell’articolo 351 TFUE non sarebbe stata perfettamente identica a quella di cui sarebbero stati investiti i giudici dell’Unione. Dinanzi a questi ultimi, infatti, gli investitori avrebbero sostenuto, in particolare, che l’articolo 351 TFUE conferiva un primato agli obblighi internazionali preesistenti della Romania a cui quest’ultima era tenuta in forza del TBI e dell’articolo 53 della convenzione ICSID. Per contro, nell’ambito del procedimento avviato nel Regno Unito, la questione giuridica che si poneva sarebbe stata quella degli obblighi del Regno Unito di dare attuazione alla convenzione ICSID nonché di riconoscere il lodo arbitrale e dare ad esso esecuzione in applicazione degli articoli 54 e 69 della convenzione ICSID. Essendo propria della controversia sorta nel Regno Unito, tale questione non sarebbe stata sollevata dinanzi ai giudici dell’Unione.

–        in terzo luogo, sarebbe stata molto bassa la probabilità che un giudice dell’Unione si pronunciasse sull’applicazione dell’articolo 351 TFUE agli obblighi anteriori all’adesione della Romania all’Unione derivanti dalla convenzione ICSID per quanto riguarda il lodo arbitrale. Il Tribunale non avrebbe statuito sul motivo vertente su una violazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE e l’impugnazione pendente dinanzi alla Corte sarebbe stata, di conseguenza, limitata ad altre questioni. Pertanto, se l’impugnazione fosse stata respinta, non sarebbe stata esaminata dal giudice dell’Unione la questione dell’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE. Se, invece, l’impugnazione fosse stata accolta, la causa sarebbe stata rinviata dinanzi al Tribunale, cosicché tale questione, per quanto riguarda gli obblighi incombenti alla Romania, avrebbe potuto essere esaminata dal giudice dell’Unione.

 Procedimento precontenzioso

36      Il 3 dicembre 2020 la Commissione ha inviato al Regno Unito una lettera di diffida riguardante la sentenza controversa, con la quale gli contestava una violazione, rispettivamente, dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 108, paragrafo 3, dell’articolo 267, commi primo e terzo, nonché dell’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

37      Con lettera del 1º aprile 2021 il Regno Unito ha risposto a tale lettera di diffida contestando tutte le violazioni addebitate dalla Commissione.

38      Il 15 luglio 2021, ritenendo che gli argomenti sollevati in tale risposta non fossero sufficienti per modificare la sua analisi, la Commissione ha trasmesso il suo parere motivato al Regno Unito, con il quale concludeva che, per effetto della sentenza controversa, il Regno Unito aveva violato le disposizioni menzionate nella sua lettera di diffida.

39      Con lettera 23 agosto 2021 il Regno Unito ha chiesto alla Commissione una proroga del termine impartito per rispondere a tale parere motivato, proroga che gli è stata concessa. Tuttavia, in definitiva il Regno Unito non ha risposto al detto parere motivato.

 Sviluppi successivi al parere motivato

40      Con sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a. (C‑638/19 P, EU:C:2022:50), la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale di primo grado sulla base del rilievo, risultante dai punti da 115 a 136 di tale sentenza della Corte, che il Tribunale di primo grado aveva commesso un errore di diritto nel ritenere che la Commissione non fosse competente ratione temporis ad adottare la decisione finale ai sensi dell’articolo 108 TFUE, in quanto il diritto all’aiuto di Stato cui si riferisce tale decisione era stato concesso dal lodo arbitrale dopo l’adesione della Romania all’Unione. La Corte ha aggiunto, ai punti da 137 a 145 della medesima sentenza, che il Tribunale era, inoltre, incorso del pari in un errore di diritto nel dichiarare che la sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158) fosse irrilevante nel caso di specie, poiché il sistema dei mezzi di ricorso giurisdizionale previsto dai Trattati UE e FUE ha sostituito il procedimento arbitrale di cui trattasi a partire da tale adesione. La Corte ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca sui motivi e sugli argomenti dedotti dinanzi ad esso sui quali la Corte non si era pronunciata. Tale causa, iscritta a ruolo con i numeri T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV e T‑704/15 RENV, è pendente dinanzi al Tribunale.

41      Con ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a. (C‑333/19, EU:C:2022:749), ai punti 42 e 43 della stessa, la Corte ha dichiarato che dalle sentenze del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158), e del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a. (C‑638/19, EU:C:2022:50), discendeva che il lodo arbitrale era incompatibile con gli articoli 267 e 344 TFUE, cosicché non poteva produrre alcun effetto. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato, al punto 44 di tale ordinanza, che un giudice di uno Stato membro investito dell’esecuzione forzata di tale lodo arbitrale è tenuto a disapplicarlo e, pertanto, non può, in nessun caso, procedere all’esecuzione di quest’ultimo al fine di consentire ai suoi beneficiari di ottenere il risarcimento dei danni che esso concede loro.

42      Con ordinanza del 24 novembre 2022, European Food e a. (C‑333/19 REC, EU:C:2022:936), la Corte ha peraltro respinto la domanda di revoca o di rettifica dell’ordinanza in tale causa e di cancellazione dal ruolo della causa C‑333/19.

 Procedimento dinanzi alla Corte

43      Il 29 luglio 2022 la Commissione ha proposto il presente ricorso.

44      Poiché il ricorso proposto da quest’ultima a tal fine è stato regolarmente notificato al Regno Unito, ma quest’ultimo non ha depositato un controricorso, ai sensi dell’articolo 124, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, alla scadenza del termine impartito per rispondervi, fissato al 14 ottobre 2022 e ha confermato informalmente alla cancelleria di non avere intenzione di partecipare al procedimento in tale fase, la Commissione ha chiesto alla Corte di accogliere le sue conclusioni, conformemente all’articolo 152, paragrafo 1, del regolamento di procedura di quest’ultima.

45      Il 14 febbraio 2023 la Corte ha chiesto alla Commissione se, alla luce del contesto particolare della presente causa, fosse disposta ad accettare che fosse impartito al Regno Unito un nuovo termine per il deposito del suo controricorso, precisando che avrebbe applicato l’articolo 152 del regolamento di procedura solo in assenza di reazione da parte del Regno Unito alla scadenza di tale nuovo termine.

46      Con lettera 3 marzo 2023, la Commissione ha informato la Corte che, tenuto conto delle circostanze particolari del caso di specie, essa non si opponeva a che fosse concesso al Regno Unito un nuovo termine per presentare un controricorso, aggiungendo che tale presa di posizione non doveva in alcun caso costituire un precedente per altre cause.

47      Con lettera dell’8 marzo 2023 la Corte ha pertanto indicato al Regno Unito che, qualora esso intendesse avvalersi dell’opportunità, offerta in accordo con la Commissione, di depositare un controricorso nonostante l’assenza di un siffatto deposito entro il termine iniziale, la suddetta istituzione non avrebbe chiesto alla Corte di statuire nella presente causa in contumacia, ai sensi dell’articolo 152 del regolamento di procedura. Di conseguenza, la Corte ha informato il Regno Unito che esso poteva depositare un controricorso entro un termine di due mesi a decorrere dalla notifica di tale lettera, aumentato del termine in ragione della distanza di dieci giorni previsto all’articolo 51 di tale regolamento di procedura, chiedendo nel contempo al Regno Unito, nel caso in cui avesse deciso di non avvalersi di tale opportunità, di informarlo il più rapidamente possibile, nel qual caso la fase scritta del procedimento sarebbe stata nuovamente chiusa e il procedimento in contumacia avrebbe seguito il suo corso normale.

48      Con lettera del 20 aprile 2023 il Regno Unito ha comunicato alla Corte che esso confermava di non avere intenzione di depositare un controricorso nella presente causa, nonostante il nuovo termine concessogli.

49      Incombe pertanto alla Corte statuire in contumacia, in applicazione dell’articolo 41 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 152 del regolamento di procedura. Essendo fuor di dubbio la ricevibilità del ricorso, la Corte deve, conformemente al paragrafo 3 di tale articolo 152, verificare se le conclusioni della Commissione appaiano fondate.

 Sulla competenza della Corte

50      In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 87, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso, la Corte è competente a conoscere dei ricorsi di cui è investita da parte della Commissione in forza dell’articolo 258 TFUE nel corso del periodo di quattro anni successivi alla fine del periodo di transizione, il quale, in forza dell’articolo 2, lettera e), di tale accordo, in combinato disposto con gli articoli 126 e 185 di detto accordo, si estendeva dal 1º febbraio al 31 dicembre 2020 (in prosieguo: il «periodo di transizione»), qualora essa ritenga che il Regno Unito sia venuto meno a un obbligo ad esso incombente in forza dei Trattati prima della fine di tale periodo di transizione.

51      Di conseguenza, dal momento che l’inadempimento contestato al Regno Unito con il presente ricorso deriva, come risulta dal punto 1 della presente sentenza, dalla sentenza controversa, pronunciata il 19 febbraio 2020, durante il periodo di transizione, e che tale ricorso è stato proposto dalla Commissione il 29 luglio 2022, nel corso del periodo di quattro anni successivo alla fine di tale periodo di transizione, la Corte è competente a conoscere di detto ricorso.

 Nel merito

52      A sostegno del suo ricorso, la Commissione solleva quattro censure, vertenti sulla violazione, da parte del Regno Unito, per la prima censura, dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, per la seconda, dell’articolo 351, primo comma, TFUE, per la terza, dell’articolo 267, commi primo e terzo, TFUE, nonché, per la quarta, dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso, ciascuna di tali violazioni essendo, secondo tale istituzione, risultante dalla sentenza controversa.

53      Ai fini dell’esame di tali censure, occorre anzitutto rilevare che, conformemente all’articolo 127, paragrafo 6, dell’accordo sul recesso, il Regno Unito, pur se l’inadempimento contestatogli è successivo, come rilevato al punto 51 della presente sentenza, al suo recesso dall’Unione, e nel contempo anteriore alla scadenza del periodo di transizione, deve essere considerato, ai fini dell’esame delle censure sollevate dalla Commissione a sostegno del proprio ricorso, come uno «Stato membro», e non come uno Stato terzo, in quanto, peraltro, il paragrafo 1 di tale articolo 127 precisa che il diritto dell’Unione era applicabile al Regno Unito durante tale periodo di transizione.

54      Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’obbligo degli Stati membri di rispettare le disposizioni del Trattato FUE si impone a tutte le loro autorità, ivi comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali. Pertanto, l’inadempimento di uno Stato membro può, in linea di principio, essere dichiarato ai sensi dell’articolo 258 TFUE indipendentemente dall’organo di tale Stato la cui azione o inerzia abbia dato luogo all’inadempimento, anche se si tratti di un’istituzione costituzionalmente indipendente [sentenza del 28 gennaio 2020, Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C‑122/18, EU:C:2020:41, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

55      Occorre valutare la fondatezza delle censure sollevate dalla Commissione alla luce di tali considerazioni, esaminando, in primo luogo, la seconda di tali censure.

 Sulla seconda censura, vertente su una violazione dellarticolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con larticolo 127, paragrafo 1, dellaccordo sul recesso

 Argomenti della ricorrente

56      La Commissione contesta al Regno Unito di aver violato l’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso, in quanto, interpretando ed applicando erroneamente le espressioni di «diritti [di] uno o più Stati terzi» e di «le disposizioni dei trattati non pregiudicano», la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha dichiarato, nella sentenza controversa, che il diritto dell’Unione non si applicava all’obbligo incombente al Regno Unito di dare esecuzione al lodo arbitrale, in forza dell’articolo 54 della convenzione ICSID.

57      Infatti, da un lato, tale obbligo non implicherebbe alcun diritto di uno o più Stati terzi, dal momento che la presente causa riguarderebbe unicamente Stati membri e loro cittadini. Dall’altro lato, i trattati dell’Unione non pregiudicherebbero alcun obbligo incombente al Regno Unito in forza della convenzione ICSID, in quanto tutte le disposizioni pertinenti di tale convenzione potrebbero essere interpretate in modo da garantire l’assenza di conflitti con le norme pertinenti del diritto dell’Unione.

 Giudizio della Corte

58      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 351, primo comma, TFUE, le disposizioni dei Trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da accordi internazionali conclusi prima della loro adesione all’Unione tra uno o più Stati membri, da un lato, e uno o più Stati terzi, dall’altro.

59      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’articolo 351, primo comma, TFUE ha lo scopo di precisare, conformemente ai principi del diritto internazionale, che l’applicazione dei trattati non pregiudica l’impegno assunto dallo Stato membro interessato di rispettare i diritti degli Stati terzi risultanti da una convenzione internazionale anteriore e di osservare i relativi obblighi (v., in particolare, sentenze del 14 ottobre 1980, Burgoa, 812/79, EU:C:1980:231, punto 8, e del 9 febbraio 2012, Luksan, C‑277/10, EU:C:2012:65, punto 61). Tale disposizione ha portata generale, nel senso che si applica a qualsiasi convenzione internazionale, indipendentemente dal suo oggetto, che può avere un’incidenza sui trattati dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 11).

60      L’articolo 351, primo comma, TFUE ha quindi lo scopo di salvaguardare i diritti degli Stati terzi (sentenza del 13 luglio 1966, Consten e Grundig/Commissione, 56/64 e 58/64, EU:C:1966:41, pag. 500), consentendo agli Stati membri interessati di rispettare gli impegni ad essi incombenti in forza di una convenzione internazionale anteriore (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 61).

61      Tale disposizione non autorizza, per contro, gli Stati membri a far valere diritti derivanti da tali convenzioni nei loro rapporti interni all’Unione (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1996, Commissione/Lussemburgo, C‑473/93, EU:C:1996:263, punto 40, e del 7 luglio 2005, Commissione/Austria, C‑147/03, EU:C:2005:427, punto 58).

62      Ne consegue che, all’articolo 351, primo comma, TFUE, i termini «diritti ed obblighi» si riferiscono, per quanto riguarda i «diritti», ai diritti degli Stati terzi e, per quanto riguarda gli «obblighi», agli obblighi degli Stati membri (sentenze del 27 febbraio 1962, Commissione/Italia, 10/61, EU:C:1962:2, pag. 20, e del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 12).

63      Di conseguenza, al fine di stabilire se, in applicazione di tale disposizione, una norma di diritto dell’Unione possa essere resa inoperante da una convenzione internazionale anteriore, occorre esaminare se essa imponga allo Stato membro interessato obblighi il cui adempimento può ancora essere preteso dagli Stati terzi che sono parti di tale convenzione (v., in particolare, sentenze del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 13, e del 15 settembre 2011, Commissione/Slovacchia, C‑264/09, EU:C:2011:580, punto 42).

64      Se, pertanto, una norma di diritto dell’Unione può essere resa inoperante da una convenzione internazionale, in forza dell’articolo 351, primo comma, TFUE, ciò avviene alla duplice condizione che si tratti di una convenzione conclusa anteriormente all’entrata in vigore dei trattati dell’Unione nello Stato membro interessato e che lo Stato terzo interessato ne tragga diritti di cui può esigere il rispetto da parte di tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 1998, T. Port, C‑364/95 e C‑365/95, EU:C:1998:95, punto 61).

65      Tale disposizione non può quindi essere invocata dagli Stati membri quando, nel caso di specie considerato, non sono in discussione i diritti degli Stati terzi (v., in tal senso, sentenze del 22 settembre 1988, Deserbais, 286/86, EU:C:1988:434, punto 18, nonché del 6 aprile 1995, RTE e ITP/Commissione, C‑241/91 P e C‑242/91 P, EU:C:1995:98, punto 84).

66      È alla luce di tali principi che occorre esaminare la fondatezza della seconda censura, con la quale la Commissione contesta al Regno Unito di aver violato l’articolo 351, primo comma, TFUE in quanto, nella sentenza controversa, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha interpretato e applicato erroneamente tale disposizione.

67      A tal riguardo, occorre ricordare che, con tale sentenza, detto giudice ha dichiarato, in sostanza, che l'articolo 351, primo comma, TFUE era applicabile all'obbligo incombente al Regno Unito, in forza della convenzione ICSID, in particolare dell'articolo 54 di quest'ultima, di dare esecuzione al lodo arbitrale, cosicché, essendo inapplicabile, il diritto dell'Unione, in particolare, gli articoli 107 e 108 TFUE, applicati dalla Commissione nei confronti del medesimo lodo nell'ingiunzione di sospensione, nella decisione di avvio e nella decisione finale, non poteva ostare a che i giudici nazionali degli Stati membri dessero esecuzione a detto lodo arbitrale.

68      Al fine di valutare se, come sostiene la Commissione, siffatte interpretazione e applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE siano erronee, occorre, in primo luogo, constatare che è pacifico che la convenzione ICSID, di cui l’Unione non è parte e che non fa quindi parte del diritto dell’Unione, è un trattato multilaterale che è stato concluso dal Regno Unito prima della sua adesione all’Unione sia con Stati membri sia con Stati terzi e che, pertanto, tale convenzione internazionale può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, il quale è una disposizione del diritto dell’Unione rispetto alla quale la Corte ha competenza esclusiva a fornire un’interpretazione definitiva (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Repubblica di Moldova, C‑741/19, EU:C:2021:655, punto 45).

69      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, ricordata ai punti da 59 a 65 della presente sentenza, il solo fatto che una convenzione internazionale anteriore sia stata conclusa da uno Stato membro con Stati terzi non è tuttavia sufficiente a determinare l’applicazione di tale disposizione, dato che siffatte convenzioni internazionali possono essere invocate nei rapporti tra gli Stati membri solo quando tali Stati terzi ne traggono, nelle circostanze del caso di specie, diritti di cui possono esigere il rispetto da parte dello Stato membro interessato.

70      Occorre pertanto esaminare, in secondo luogo, se la convenzione ICSID, per quanto riguarda l’esecuzione del lodo arbitrale, imponga al Regno Unito obblighi ai quali quest’ultimo è tenuto nei confronti degli Stati terzi e che questi ultimi hanno il diritto di far valere nei confronti del Regno Unito, ai sensi dell’articolo 351, primo comma, TFUE.

71      A tal riguardo, occorre ricordare che, con il lodo arbitrale, un tribunale arbitrale istituito nell’ambito della convenzione ICSID, in applicazione della clausola compromissoria prevista dal TBI concluso tra il Regno di Svezia e la Romania prima dell’adesione di quest’ultima all’Unione, ha condannato la Romania a risarcire gli investitori, cittadini svedesi e società da essi controllate, a titolo di risarcimento del danno asseritamente subìto da questi ultimi a causa dell’abrogazione da parte della Romania, in presunta violazione di tale TBI, di un regime regionale di aiuti, prima dell’adesione di quest’ultima all’Unione.

72      Orbene, conformemente alla giurisprudenza della Corte, siffatto trattato bilaterale dev’essere considerato, dopo l’adesione della Romania all’Unione, come un trattato riguardante due Stati membri (v., per analogia, sentenza dell’8 settembre 2009, Budějovický Budvar, C‑478/07, EU:C:2009:521, punti 97 e 98).

73      Ne consegue che la controversia sottoposta nel caso di specie alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) dagli investitori mirava ad imporre a uno Stato membro, ossia il Regno Unito, l’obbligo di dare esecuzione, in applicazione della convenzione ICSID, a un lodo arbitrale per garantire il rispetto da parte di un altro Stato membro, nella fattispecie la Romania, degli obblighi ad esso incombenti in forza del TBI nei confronti di un ulteriore Stato membro, ossia il Regno di Svezia.

74      Ne risulta quindi che tale controversia riguardava l’asserito obbligo, per il Regno Unito, di conformarsi alle disposizioni della convenzione ICSID, nei confronti del Regno di Svezia e dei suoi cittadini e, correlativamente, l’asserito diritto di questi ultimi di esigere dal Regno Unito il rispetto di tali disposizioni.

75      Per contro, uno Stato terzo non appare legittimato ad esigere dal Regno Unito, ai sensi della convenzione ICSID, l’esecuzione del lodo arbitrale. Infatti, per i motivi esposti dall’avvocato generale ai paragrafi da 133 a 137 delle sue conclusioni, e come sostenuto dalla Commissione a sostegno della presente censura, tale convenzione internazionale, nonostante il suo carattere multilaterale, ha lo scopo di disciplinare relazioni bilaterali tra le parti contraenti in modo analogo ad un trattato bilaterale (v., per analogia, sentenza del 2 settembre 2021, Repubblica di Moldova, C‑741/19, EU:C:2021:655, punto 64).

76      A tal riguardo, occorre osservare, in particolare, che, sebbene la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) abbia concluso, ai punti da 104 a 108 della sentenza controversa, nel senso dell’esistenza di un diritto siffatto di cui potrebbero avvalersi Stati terzi nei confronti del Regno Unito, resta il fatto che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 147 a 149 delle sue conclusioni, tale giudice nazionale si limita essenzialmente a far emergere che gli Stati terzi che hanno concluso la convenzione ICSID potrebbero avere un interesse a che uno Stato membro, quale il Regno Unito, rispetti i suoi obblighi nei confronti di un altro Stato membro procedendo, conformemente alle disposizioni di tale convenzione, all’esecuzione di un lodo arbitrale rientrante nell’ambito di applicazione di quest’ultima. Orbene, un siffatto interesse puramente fattuale non può essere assimilato a un «diritto», ai sensi dell’articolo 351, primo comma, TFUE, idoneo a giustificare l’applicazione di tale disposizione.

77      Per contro, occorre constatare che, nella sentenza controversa, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) non ha esaminato la questione fondamentale della misura in cui uno Stato terzo possa, in particolare, a norma dell’articolo 64 della convenzione ICSID, far sorgere la responsabilità internazionale del Regno Unito per inosservanza degli obblighi ad esso incombenti in forza di tale convenzione nell’ambito dell’esecuzione di un lodo arbitrale emesso in esito ad una controversia tra gli Stati membri.

78      Orbene, occorre sottolineare che l’articolo 351, primo comma, TFUE è una norma che, ove siano soddisfatte le sue condizioni di applicazione, può consentire deroghe all’applicazione del diritto dell’Unione, ivi compreso il diritto primario [sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem), C‑435/22 PPU, EU:C:2022:852, punto 119 e giurisprudenza ivi citata].

79      Tale disposizione può quindi incidere notevolmente sull’ordinamento giuridico dell’Unione, in quanto consente, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 140 e 175 delle sue conclusioni, di derogare al principio del primato del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 1995, Evans Medical e Macfarlan Smith, C‑324/93, EU:C:1995:84, punti da 26 a 28), che è una delle caratteristiche essenziali di quest’ultimo (v., in particolare, sentenza del 2 settembre 2021, Repubblica di Moldova, C‑741/19, EU:C:2021:655, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

80      In tale contesto, occorre rilevare che, secondo la sentenza controversa, tutti gli Stati membri che hanno concluso la convenzione ICSID prima della loro adesione all’Unione, come avviene per la maggior parte di essi, potrebbero, basandosi sull’articolo 351, primo comma, TFUE, essere in grado di sottrarre controversie riguardanti il diritto dell’Unione al sistema giurisdizionale dell’Unione affidandole ai tribunali arbitrali istituiti nell’ambito di tale convenzione. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte, come sancita dalla sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158), risulta che il sistema dei mezzi di ricorso giurisdizionale previsto dai Trattati UE e FUE si è sostituito alle procedure di arbitrato stabilite tra gli Stati membri (sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a., C‑638/19 P, EU:C:2022:50, punto 145).

81      L’articolo 351, primo comma, del TFUE deve pertanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, essere interpretato restrittivamente, affinché le norme generali stabilite dai Trattati dell’Unione non siano svuotate del loro contenuto [v., in tal senso, sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem), C‑435/22 PPU, EU:C:2022:852, punto 120].

82      In tali circostanze, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), in ogni caso, prima di giungere alla conclusione secondo la quale il diritto dell’Unione, per effetto dell’articolo 351, primo comma, TFUE, non è applicabile all’obbligo incombente al Regno Unito, in forza della convenzione ICSID, di eseguire il lodo arbitrale, era tenuta ad esaminare in modo approfondito se siffatto obbligo, nonostante il fatto che riguardi un lodo che accerta la violazione, da parte di uno Stato membro, di un trattato bilaterale concluso con un altro Stato membro, implichi parimenti diritti di cui Stati terzi potrebbero avvalersi nei loro confronti.

83      Orbene, siffatto esame approfondito, tenuto conto del principio secondo cui qualsiasi eccezione al primato del diritto dell’Unione deve essere interpretata restrittivamente, non è presente nella sentenza controversa, la quale non può, pertanto, mettere in discussione le considerazioni derivanti dai punti da 73 a 75 della presente sentenza.

84      Occorre, pertanto, considerare – senza che sia necessario esaminare gli argomenti della Commissione relativi alla portata dell’espressione «le disposizioni dei trattati non pregiudicano», di cui all’articolo 351, primo comma, TFUE – che la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), con la sentenza controversa, ha interpretato e applicato erroneamente detta disposizione, conferendole una portata ampia, nel senso che essa fosse applicabile all’obbligo incombente al Regno Unito, in forza della convenzione ICSID, di dare esecuzione al lodo arbitrale, cosicché il diritto dell’Unione, essendo inapplicabile, non poteva ostare a tale esecuzione.

85      Orbene, non si può ammettere che un giudice di uno Stato membro, tanto meno un giudice avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, come, nel caso di specie, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), possa accogliere un’interpretazione errata del diritto dell’Unione il cui oggetto e effetto è escludere deliberatamente l’applicazione del complesso del diritto dell’Unione.

86      Infatti, una interpretazione siffatta, che, come risulta già dai punti 78 e 79 della presente sentenza, porta a escludere il principio del primato del diritto dell’Unione, che è una delle caratteristiche essenziali di quest’ultimo, è tale da mettere in discussione la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia del diritto dell’Unione nonché, in ultima analisi, il carattere proprio dell’ordinamento istituito dai Trattati (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Repubblica di Moldova, C‑741/19, EU:C:2021:655, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

87      Ne consegue quindi che, con la sentenza controversa, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha gravemente leso l’ordinamento giuridico dell’Unione.

88      Di conseguenza, occorre accogliere la seconda censura, vertente sulla violazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

 Sulla prima censura, vertente su una violazione dellarticolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con larticolo 127, paragrafo 1, dellaccordo sul recesso

 Argomenti della ricorrente

89      Con la sua prima censura, la Commissione contesta al Regno Unito di aver violato l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso, in quanto la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), con la sentenza controversa, si è pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE e sull’applicazione di tale disposizione all’esecuzione del lodo arbitrale, pur se la questione vertente su tale interpretazione era stata decisa da una decisione della Commissione ed era pendente dinanzi ai giudici dell’Unione.

90      Quando un giudice nazionale è investito di una causa che è già oggetto di un’indagine da parte della Commissione o di un procedimento giurisdizionale dinanzi ai giudici dell’Unione, l’obbligo di leale cooperazione imporrebbe a tale giudice nazionale di sospendere il procedimento, a meno che non vi sia alcun rischio di conflitto tra la sua futura sentenza e il futuro atto della Commissione o la futura sentenza dei giudici dell’Unione.

91      Orbene, con il procedimento di esecuzione avviato, nel caso di specie, dagli investitori nel Regno Unito, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) sarebbe stata investita di un ricorso che richiedeva un’interpretazione della stessa disposizione del diritto dell’Unione riguardo alla medesima misura sulla quale la Commissione si era già pronunciata e sulla quale i giudici dell’Unione erano chiamati a pronunciarsi.

92      Benché, in un primo tempo, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) abbia ammesso che, tenuto conto dell’impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale, l’obbligo di leale cooperazione continuava ad applicarsi in attesa della sentenza definitiva dei giudici dell’Unione, essa avrebbe infine concluso che tale obbligo non è applicabile nel caso di specie basandosi su motivi erronei, dando così luogo a un rischio di conflitto tra la sua sentenza e le decisioni della Commissione e/o della Corte sulla medesima questione.

 Giudizio della Corte

93      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, commi secondo e terzo, TUE, gli Stati membri, da un lato, adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione e, dall’altro, facilitano l’adempimento da parte dell’Unione dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi perseguiti dall’Unione.

94      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, dal principio di leale cooperazione, sancito da tale disposizione, risulta che gli Stati membri, e segnatamente i giudici nazionali, sono tenuti ad adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l’efficacia del diritto dell’Unione [v., in particolare, sentenza dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta contro la frode da sottovalutazione), C‑213/19, EU:C:2022:167, punto 584].

95      In particolare, l’applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato, previste agli articoli 107 e 108 TFUE, si fonda su un obbligo di leale cooperazione tra, da un lato, i giudici nazionali e, dall’altro, la Commissione e i giudici dell’Unione, nell’ambito della quale ciascuno agisce in funzione del ruolo assegnatogli dal Trattato (sentenza del 4 marzo 2020, Buonotourist/Commissione, C‑586/18 P, EU:C:2020:152, punto 89).

96      A tal riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che ai giudici nazionali possono essere sottoposte, in materia di aiuti di Stato, controversie nelle quali essi siano tenuti a interpretare e ad applicare la nozione di «aiuto», di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in particolare al fine di determinare se una misura statale sia stata adottata in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Per contro, i giudici nazionali non sono competenti a pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato interno. La valutazione della compatibilità delle misure di aiuto o di un regime di aiuti con il mercato interno rientra, infatti, nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo del giudice dell’Unione (sentenza del 4 marzo 2020, Buonotourist/Commissione, C‑586/18 P, EU:C:2020:152, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

97      Nell’ambito della necessaria cooperazione sulla quale riposa l’applicazione di tali disposizioni, i giudici nazionali devono adottare tutte le misure generali o particolari idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione e astenersi da quelle che possono compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal Trattato, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE (sentenza del 12 gennaio 2023, DOBELES HES, C‑702/20 e C‑17/21, EU:C:2023:1, punto 77). In particolare, essi devono astenersi dall’adottare decisioni contrarie a una decisione della Commissione, anche se tale decisione ha carattere provvisorio (sentenza del 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa, C‑284/12, EU:C:2013:755, punto 41).

98      Di conseguenza, quando la soluzione della controversia pendente dinanzi al giudice nazionale dipende dalla validità della decisione della Commissione, dall’obbligo di leale cooperazione risulta che il giudice nazionale, al fine di evitare di emettere una decisione incompatibile con quella della Commissione, dovrebbe sospendere il procedimento fino alla pronuncia della sentenza definitiva sul ricorso di annullamento da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione, a meno che detto giudice ritenga che, nelle circostanze del caso di specie, sia giustificato sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sulla validità della decisione della Commissione (sentenza del 25 luglio 2018, Georgsmarienhütte e a., C‑135/16, EU:C:2018:582, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

99      In detto contesto, occorre ricordare che gli atti di istituzioni dell’Unione godono, in linea di principio, di una presunzione di legittimità finché non sono stati annullati o ritirati [v., in particolare, sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale), C‑715/17, C‑718/17 e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 139].

100    Nel caso di specie, occorre ricordare che, con la decisione finale, adottata nell’ambito del procedimento previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE a seguito dell’ingiunzione di sospensione e della decisione di avvio, la Commissione ha ritenuto che il versamento del risarcimento concesso dal lodo arbitrale costituisse un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, incompatibile con il mercato interno.

101    A tal fine, tanto ai considerando da 51 a 54 della decisione di avvio del procedimento quanto ai considerando da 126 a 129 della decisione finale, la Commissione ha ritenuto, come risulta dal punto 21 della presente sentenza, che l’articolo 351, primo comma, del TFUE non ostasse all’applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE all’esecuzione del lodo arbitrale. In particolare, la Commissione ha considerato, a tal riguardo, che l’applicazione delle norme del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato al risarcimento concesso da tale lodo arbitrale non può incidere sui diritti e sugli obblighi previsti all’articolo 351, primo comma, TFUE, dal momento che, da un lato, il TBI è un trattato concluso tra due Stati membri e, dall’altro, nessuno Stato terzo che ha firmato e ratificato la convenzione ICSID è parte del TBI che è oggetto del procedimento in questione.

102    A sostegno del loro ricorso diretto all’annullamento della decisione finale di cui hanno investito il Tribunale ai sensi dell’articolo 263 TFUE, gli investitori, con i loro primi motivi nelle cause T‑624/15 e T‑694/15 e con il loro terzo motivo nella causa T‑704/15, hanno fatto valere che tale ragionamento della Commissione è errato. La sentenza del Tribunale ha tuttavia annullato tale decisione sulla base di un motivo diverso, vale a dire che la Commissione non era competente ratione temporis ai sensi dell’articolo 108 TFUE, senza pronunciarsi su tali motivi.

103    È in tale contesto che la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) è stata adita dagli investitori con una domanda diretta ad ottenere l’esecuzione, nel Regno Unito, del lodo arbitrale nei confronti della Romania e, pertanto, il versamento del risarcimento concesso da tale lodo, facendo valere a sostegno di tale domanda che né i procedimenti in corso dinanzi alle istituzioni dell’Unione ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE né l’articolo 351, primo comma, TFUE, ostavano a una siffatta esecuzione.

104    Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, i procedimenti pendenti dinanzi alle istituzioni dell’Unione e alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) vertevano sulla stessa questione, ossia, in sostanza, l’esecuzione del lodo arbitrale nell’Unione, riguardavano l’interpretazione delle medesime disposizioni, in particolare, gli articoli 107 e 108 TFUE nonché l’articolo 351, primo comma, TFUE, e vertevano sulla validità o sull’efficacia delle decisioni adottate dalla Commissione ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE al fine di impedire siffatta esecuzione.

105    Infatti, la stessa Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) rileva, al punto 51 della sentenza controversa, che la sentenza del Tribunale «non incide sull’indagine esistente della Commissione in materia di aiuti di Stato», cosicché «gli effetti della decisione di avvio sussistono», e che essa «non può essere certa» che la sentenza del Tribunale escluda la possibilità che la Commissione «riconfiguri la sua indagine nella presente causa al fine di evitare gli errori che hanno condotto all’annullamento della decisione finale».

106    In tali circostanze, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) sottolinea, al punto 56 della sentenza controversa, come già indicato al punto 32 della presente sentenza, di essere «preoccupata per il rischio di decisioni confliggenti aventi il medesimo oggetto tra le stesse parti», in quanto le «è impossibile concludere che non esiste alcun rischio di conflitto» e che, se tale rischio si concretizzasse, ciò avrebbe la conseguenza di «ostacolare in modo significativo l’applicazione del diritto dell’Unione», cosicché «l’esistenza di un’impugnazione pendente dinanzi alla Corte con effettive possibilità di successo è di per sé sufficiente per far sorgere l’obbligo di leale cooperazione».

107    Appare quindi che la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) fosse pienamente consapevole del fatto che, se essa avesse autorizzato l’esecuzione del lodo arbitrale nel Regno Unito, siffatta decisione avrebbe avuto l’effetto di ostacolare tanto il procedimento amministrativo avviato dinanzi alla Commissione in applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE, quanto il procedimento giurisdizionale avviato dinanzi ai giudici dell’Unione ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

108    È vero che, al momento in cui la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) si è pronunciata nella sentenza controversa, la decisione finale era stata annullata dalla sentenza del Tribunale.

109    Tuttavia, un annullamento del genere non ha alcuna incidenza sull’obbligo di leale cooperazione che incombeva alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

110    Da un lato, come giustamente rilevato dalla Commissione, l’annullamento della decisione finale non ha avuto l’effetto di mettere in discussione né l’ingiunzione di sospensione né la decisione di avvio. Secondo la giurisprudenza della Corte, infatti, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché la procedura di sostituzione dell’atto annullato può, in linea di principio, essere ripresa nel punto preciso in cui si è verificata l’illegittimità (sentenza del 21 settembre 2017, Riva Fire/Commissione, C‑89/15 P, EU:C:2017:713, punto 34 e giurisprudenza citata).

111    Orbene, nel caso di specie, se è vero che la sentenza del Tribunale aveva annullato la decisione finale per incompetenza ratione temporis della Commissione ai sensi dell’articolo 108 TFUE, lo ha fatto dopo aver rilevato, al punto 108 di tale sentenza, come già menzionato al punto 25 della presente sentenza, che la Commissione non aveva operato alcuna distinzione, per quanto riguarda gli importi del risarcimento danni da recuperare, tra quelli relativi al periodo precedente l’adesione della Romania all’Unione e quelli relativi al periodo successivo a tale adesione.

112    Ne consegue che la sentenza del Tribunale non impediva, come la stessa Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha rilevato, – come già indicato al punto 105 della presente sentenza – al punto 51 della sentenza controversa, alla Commissione di riprendere il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, limitandosi a prendere in considerazione il risarcimento dei danni relativo al periodo successivo a detta adesione.

113    In tale prospettiva, la decisione di avvio, che esclude la rilevanza dell’articolo 351, primo comma, TFUE, continuava quindi a produrre i suoi effetti, circostanza parimenti ammessa dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) a detto punto 51.

114    Dall’altro lato, poiché la Commissione aveva proposto, prima della pronuncia della sentenza controversa, un’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale e, pur se un’impugnazione non ha, conformemente all’articolo 278 TFUE, effetto sospensivo, nessuna decisione finale sulla validità della decisione finale era stata ancora pronunciata dal giudice dell’Unione al momento in cui la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) si è pronunciata nella sentenza controversa.

115    Non si poteva, infatti, escludere che la Corte avrebbe, a sua volta, annullato la sentenza del Tribunale e rinviato a quest’ultimo l’esame degli altri motivi di annullamento della decisione finale, tra cui quelli vertenti sulla violazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE. Tale è peraltro la situazione verificatasi a seguito della sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a. (C‑638/19 P, EU:C:2022:50), pronunciata successivamente alla sentenza controversa e al parere motivato.

116    Da quanto precede risulta quindi che, alla data in cui la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha pronunciato la sentenza controversa, la questione dell’incidenza dell’articolo 351, primo comma, TFUE sull’applicazione del diritto dell’Unione, in particolare degli articoli 107 e 108 TFUE, all’esecuzione del lodo arbitrale era oggetto di esame provvisorio da parte della Commissione nella sua decisione di avvio del procedimento, nell’ambito della quale, come rilevato al punto 101 della presente sentenza, la Commissione aveva escluso l’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, e poteva ancora essere valutata dal giudice dell’Unione nell’ambito del procedimento giudiziario, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, volto all’annullamento della decisione finale.

117    In tali circostanze, si deve constatare che, al momento in cui la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) si è pronunciata nella sentenza controversa, esisteva un rischio di decisioni confliggenti, rischio che peraltro si è materializzato, giacché tale sentenza ha concluso per l’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE e per l’obbligo di procedere, in forza della convenzione ICSID, all’esecuzione del lodo arbitrale, mentre la decisione di avvio aveva concluso in modo del tutto opposto, al pari della decisione finale, la cui legittimità era soggetta ad impugnazione alla data in cui tale sentenza è stata pronunciata.

118    Tale conclusione non può essere messa in discussione da nessuna delle ragioni addotte dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) per escludere l’applicazione dell’obbligo di leale cooperazione nel caso di specie, come indicato al punto 35 della presente sentenza.

119    In primo luogo, per quanto riguarda la motivazione secondo cui le questioni relative all’esistenza e alla portata, ai fini dell’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, degli obblighi derivanti da convenzioni internazionali anteriori, di cui l’Unione non è parte, non sono riservate ai giudici dell’Unione, o addirittura esulano dalla loro competenza, occorre anzitutto precisare che l’obbligo di leale cooperazione che incombe ai giudici nazionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE non si basa affatto sulla premessa secondo cui talune questioni rientrino nella competenza esclusiva dei giudici dell’Unione o dei giudici nazionali, ma presuppone, al contrario, che una stessa questione possa rientrare nella competenza concorrente di ciascuno di essi, cosicché esiste un rischio di decisioni confliggenti.

120    Orbene, la questione che, nel caso di specie, era sottoposta al contempo, da un lato, alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) e, dall’altro, alla Commissione nonché ai giudici dell’Unione, riguardava la portata dell’articolo 351, primo comma, TFUE, il quale è una disposizione del diritto dell’Unione, la cui interpretazione definitiva rientra, come già indicato al punto 68 della presente sentenza, nella competenza esclusiva della Corte, in quanto la sentenza pronunciata da quest’ultima ai sensi dell’articolo 267 TFUE vincola i giudici nazionali ai fini della soluzione della controversia ad essi sottoposta (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 33).

121    In particolare, occorre, al riguardo, sottolineare che l’articolo 351, primo comma, TFUE non contiene alcun rinvio al diritto degli Stati membri o al diritto internazionale, cosicché le espressioni contenute in tale disposizione devono essere considerate nozioni autonome del diritto dell’Unione che devono essere interpretate in modo uniforme nel territorio di quest’ultima [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su uno Stato terzo), C‑872/19 P, EU:C:2021:507, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

122    Ne consegue che i giudici dell’Unione sono competenti a stabilire se una convenzione internazionale anteriore conclusa da Stati membri con Stati terzi, come la convenzione ICSID, imponga allo Stato membro interessato, nel caso di specie, il Regno Unito, obblighi di cui uno Stato terzo ha il diritto di esigere il rispetto e se tali diritti e tali obblighi siano pregiudicati dai trattati dell’Unione, ai sensi dell’articolo 351, primo comma, TFUE.

123    Ciò avviene, come riconosciuto dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) al punto 99 della sentenza controversa, nell’ambito di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE o di un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE. Infatti, salvo violare il principio della tutela giurisdizionale effettiva, il giudice dell’Unione, per pronunciarsi sulla fondatezza di un argomento vertente su una violazione, a seconda dei casi, da parte di un’istituzione dell’Unione o di uno Stato membro, dell’articolo 351, primo comma, TFUE di una convenzione internazionale anteriore, deve necessariamente esaminare la portata di tale convenzione al fine di risolvere il ricorso di cui è investito (v., in tal senso, sentenze del 6 aprile 1995, RTE e ITP/Commissione, C‑241/91 P e C‑242/91 P, EU:C:1995:98, punto 84, nonché del 15 settembre 2011, Commissione/Slovacchia, C‑264/09, EU:C:2011:580, punti 40 e 42).

124    Lo stesso vale, contrariamente a quanto suggerito dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) allo stesso punto 99 della sentenza controversa, quando la Corte è adita nell’ambito del procedimento di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

125    È vero che, in tale contesto, la Corte ha dichiarato che spetta al giudice nazionale verificare quali siano gli obblighi imposti, in forza di una convenzione internazionale anteriore, allo Stato membro interessato e definirne i limiti in modo da determinare in che misura tali obblighi ostino all’applicazione del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 21, e del 14 gennaio 1997, Centro-Com, C‑124/95, EU:C:1997:8, punto 58).

126    Tuttavia, tale giurisprudenza, che riflette i distinti ruoli attribuiti, in linea di principio, alla Corte e ai giudici nazionali nell’ambito del procedimento di rinvio pregiudiziale, non può essere intesa nel senso che la Corte sia, per tale motivo, priva di qualsiasi competenza ad esaminare, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la portata delle disposizioni di una convenzione internazionale, quale la convenzione ICSID, al fine di determinare se quest’ultima possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE.

127    Ciò vale a maggior ragione quando, come nelle circostanze della presente causa, l’applicazione di quest’ultima disposizione a una siffatta convenzione internazionale può avere un’incidenza determinante sull’esito di un ricorso diretto parallelo, di cui sono stati investiti i giudici dell’Unione ai sensi dell’articolo 263 TFUE, diretto ad ottenere l’annullamento di una decisione della Commissione, quale la decisione finale, che, al pari della decisione di avvio, ha concluso che l’articolo 351, primo comma, TFUE non era applicabile all’obbligo incombente al Regno Unito di dare esecuzione al lodo arbitrale in forza della convenzione ICSID.

128    Infatti, dal momento che, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione è chiamato a pronunciarsi sulla validità di un atto di diritto dell’Unione, è conforme alla ripartizione dei ruoli tra i giudici nazionali e il giudice dell’Unione che solo la Corte sia competente ad interpretare la convenzione internazionale anteriore pertinente al fine di stabilire se l’articolo 351, primo comma, TFUE osti o meno all’applicazione del diritto dell’Unione mediante detto atto, essendo la Corte esclusivamente competente, secondo una giurisprudenza costante, a dichiarare l’invalidità di un atto dell’Unione [sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una Corte costituzionale), C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 71 e giurisprudenza ivi citata].

129    In secondo luogo, per quanto riguarda la motivazione secondo cui le questioni sollevate nel caso di specie dinanzi ai giudici nazionali e ai giudici dell’Unione non coincidono per quanto riguarda le disposizioni in questione della convenzione ICSID e gli Stati membri coinvolti, occorre constatare che, da un lato, tanto il procedimento condotto dalla Commissione ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE e il procedimento avviato dinanzi ai giudici dell’Unione, quanto, d’altro lato, il procedimento di cui erano investiti i giudici del Regno Unito riguardavano l’esecuzione da parte di uno Stato membro, in forza di tale convenzione, del lodo arbitrale emesso nei confronti di un altro Stato membro e ponevano la stessa questione riguardo alla misura in cui l’articolo 351, primo comma, TFUE potesse, in un contesto del genere, escludere l’applicazione del diritto dell’Unione, dal momento che tutti detti Stati membri hanno concluso tale convenzione prima della loro adesione all’Unione.

130    A tal riguardo, è irrilevante che siano state invocate dinanzi ai giudici nazionali e alle istituzioni dell’Unione disposizioni diverse della convenzione ICSID, vale a dire l’articolo 53 o l’articolo 54 di quest’ultima, o che si tratti di uno Stato membro diverso, vale a dire, a seconda dei casi, il Regno Unito o la Romania, i quali sono Stati contraenti della convenzione ICSID, dal momento che tali procedimenti potevano giungere a decisioni confliggenti.

131    In ogni caso, la sentenza controversa suggerisce erroneamente che l’articolo 54 della convenzione ICSID non fosse in considerazione dinanzi ai giudici dell’Unione. Infatti, dai considerando 31 e 32 della decisione finale risulta che gli investitori hanno chiesto l’esecuzione forzata del lodo arbitrale in Romania sulla base di tale articolo, cosicché non solo l’articolo 53 di tale convenzione, ma anche l’articolo 54 di quest’ultima è invocato dinanzi al Tribunale, circostanza che, per di più, è menzionata dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) al punto 113 della sentenza controversa.

132    In terzo luogo, per quanto riguarda la motivazione secondo cui la probabilità che un giudice dell’Unione si pronunci sull’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE agli obblighi, anteriori all’adesione, derivanti dalla convenzione ICSID per quanto riguarda il lodo arbitrale è molto bassa, è sufficiente osservare che, in caso di accoglimento dell’impugnazione proposta dalla Commissione avverso la sentenza del Tribunale, la Corte poteva, in forza dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, o statuire essa stessa definitivamente sulla controversia, o rinviare la causa al Tribunale affinché fosse decisa da quest’ultimo, il che implica, in entrambi i casi, che i giudici dell’Unione debbano esaminare i motivi dedotti in primo grado relativi ad una violazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE. Nel caso di specie, poiché la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale e rinviato la causa dinanzi a quest’ultimo, tali motivi sono quindi pendenti dinanzi al Tribunale.

133    Di converso, in caso di rigetto di tale impugnazione, la Commissione sarebbe stata tenuta a riprendere il procedimento relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE al risarcimento del danno fissato dal lodo arbitrale e, in tale contesto, a valutare nuovamente la questione dell’incidenza dell’articolo 351, primo comma, TFUE e, pertanto, della convenzione ICSID, su tale procedimento, fatta salva la successiva proposizione di un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE dinanzi al giudice dell’Unione.

134    Ne consegue quindi che, indipendentemente dall’esito dell’impugnazione proposta dalla Commissione avverso la sentenza del Tribunale, alla data in cui la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha pronunciato la sentenza controversa, non si poteva ritenere che fosse debole la probabilità che un giudice dell’Unione esaminasse la questione dell’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE all’esecuzione del lodo arbitrale in forza della convenzione ICSID.

135    Di conseguenza, occorre accogliere la prima censura, vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

 Sulla terza censura, vertente su una violazione dellarticolo 267, commi primo e terzo, TFUE, in combinato disposto con larticolo 127, paragrafo 1, dellaccordo sul recesso

 Argomenti della ricorrente

136    La Commissione contesta al Regno Unito di aver violato l’articolo 267, commi primo e terzo, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso, in quanto la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha pronunciato la sentenza controversa senza aver previamente sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale vertente, da un lato, sulla validità dell’ingiunzione di sospensione nonché della decisione di avvio e, dall’altro, sull’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, che non è né un acte clair né un acte éclairé.

137    Per quanto riguarda, in primo luogo, il mancato rinvio pregiudiziale per accertamento della validità, la Commissione fa valere che la sentenza controversa ha avuto l’effetto di rendere inefficaci tanto l’ingiunzione di sospensione quanto la decisione di avvio. Infatti, rifiutandosi di dare effetto a tali decisioni, che richiedevano, in forza dell’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE, la sospensione del versamento dell’aiuto di cui trattasi, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) avrebbe agito come se tali decisioni fossero invalide. Orbene, solo la Corte sarebbe competente ad invalidare atti di diritto dell’Unione.

138    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’assenza di un rinvio pregiudiziale per interpretazione, la Commissione sostiene che la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) era investita, in quanto giudice nazionale di ultima istanza, di due questioni che avrebbero dovuto indurla a ritenere di essere tenuta a sottoporre alla Corte, vale a dire, da un lato, la questione dell’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE alla luce degli obblighi previsti da convenzioni multilaterali di cui sono parti contraenti tanto gli Stati membri quanto gli Stati terzi e, dall’altro, la questione della competenza dei giudici nazionali e dei giudici dell’Unione a interpretare tale disposizione.

 Giudizio della Corte

139    Occorre anzitutto rilevare che, in forza dell’articolo 86 dell’accordo sul recesso, la Corte rimaneva competente a statuire in via pregiudiziale sulle domande dei giudici del Regno Unito presentate prima della fine del periodo di transizione. Orbene, come già indicato al punto 51 della presente sentenza, la sentenza controversa è stata pronunciata nel corso di tale periodo.

140    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, quando una questione di interpretazione è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, come nel caso della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte.

141    Tuttavia, l’autorità dell’interpretazione data dalla Corte in forza dell’articolo 267 TFUE può far cadere la causa dell’obbligo previsto da tale disposizione e renderlo senza contenuto, segnatamente, qualora la questione sollevata sia materialmente identica ad un’altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale o, a maggior ragione, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, o qualora una giurisprudenza consolidata della Corte risolva il punto di diritto di cui trattasi, quale che sia la natura dei procedimenti che hanno dato luogo a tale giurisprudenza, anche in mancanza di una stretta identità delle questioni controverse (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 36).

142    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità qualora l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione s’imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi. Prima di concludere nel senso dell’esistenza di una situazione di tal genere, il giudice nazionale di ultima istanza deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe altresì ai giudici di ultima istanza degli altri Stati membri e alla Corte, tenuto conto delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punti da 39 a 41).

143    In particolare, la Corte ha sottolineato al riguardo che, quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 49).

144    Orbene, nel caso di specie, occorre constatare, in primo luogo, che la questione se l’esecuzione, da parte di uno Stato membro, di un lodo arbitrale emesso nei confronti di un altro Stato membro in forza delle disposizioni della convenzione ICSID, la quale è stata conclusa dalla maggior parte degli Stati membri che erano parte di essa prima della loro adesione all’Unione e costituisce quindi per questi ultimi una convenzione internazionale anteriore, ai sensi dell’articolo 351, primo comma, TFUE, implichi che tali Stati membri sono tenuti a «obblighi» nei confronti degli Stati terzi che hanno concluso tale convenzione, cosicché questi ultimi traggono da essa «diritti» correlati che sarebbero «pregiudicati» dalle disposizioni dei trattati, ai sensi della medesima disposizione, è una questione inedita nella giurisprudenza della Corte.

145    Infatti, sebbene, come risulta dai punti da 58 a 65 della presente sentenza, la Corte abbia già avuto modo di precisare la portata dell’articolo 351, primo comma, TFUE, resta il fatto che la questione se, nell’ambito del regime istituito dalla convenzione ICSID, l’esecuzione di un lodo arbitrale da parte di uno Stato contraente di tale convenzione possa essere richiesta non solo dagli Stati contraenti direttamente coinvolti nella controversia di cui trattasi, ma anche da tutti gli altri Stati contraenti di detta convenzione è una questione di una certa complessità che non era stata ancora affrontata dalla Corte quando la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) si è pronunciata nella sentenza controversa.

146    Occorre, inoltre, osservare che la portata dell’espressione «le disposizioni dei trattati non pregiudicano», di cui all’articolo 351, primo comma, TFUE, non è stata ancora precisata dalla Corte.

147    Orbene, come rilevato ai punti 78 e 79 della presente sentenza, l’articolo 351, primo comma, TFUE, consentendo agli Stati membri di escludere l’applicazione del diritto dell’Unione e, pertanto, di derogare al principio del primato di quest’ultimo, che è una delle caratteristiche essenziali del diritto dell’Unione, può avere una notevole incidenza sull’ordinamento giuridico dell’Unione minando l’effettività del diritto dell’Unione.

148    In secondo luogo, occorre ricordare che, come risulta dai punti 21 e 101 della presente sentenza, nella decisione di avvio e nella decisione finale la Commissione ha accolto un’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE che è in contraddizione con quella adottata dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) nella sentenza controversa.

149    L’interpretazione adottata dalla Commissione è, inoltre, messa in discussione dagli investitori a sostegno del loro ricorso dinanzi al Tribunale diretto ad ottenere l’annullamento della decisione finale, ma la sentenza del Tribunale ha annullato tale decisione non in base al rilievo che l’articolo 351, primo comma, TFUE escludeva l’applicazione del diritto dell’Unione, bensì per il fatto che detta decisione violava l’articolo 108 TFUE. Tenuto conto dell’impugnazione proposta avverso tale sentenza dinanzi alla Corte, la questione dell’incidenza dell’articolo 351, primo comma, TFUE sull’esecuzione del lodo arbitrale rimane quindi pendente dinanzi ai giudici dell’Unione.

150    In terzo luogo, occorre osservare che, come rilevato dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ai punti 29, 32, 91 e 94 della sentenza controversa, tanto la High Court of England and Wales [Alta Corte (Inghilterra e Galles)], quanto la Court of Appeal (Corte d’appello), precedentemente adite dagli investitori, si erano rifiutate, nella presente causa, di pronunciarsi sulla questione dell’applicazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE sulla base del rilievo che tale questione era pendente dinanzi ai giudici dell’Unione e che sussisteva quindi un rischio di decisioni confliggenti.

151    In quarto luogo, occorre rilevare che il Nacka tingsrätt (Tribunale di primo grado di Nacka, Svezia), con sentenza del 23 gennaio 2019, invocata dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte nell’ambito del procedimento dinanzi alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), ha dichiarato che l’articolo 351, primo comma, TFUE non si applicava all’esecuzione del lodo arbitrale e, pertanto, si è rifiutata di dare esecuzione a tale lodo in Svezia, sulla base del rilievo che, allo stesso modo in cui essa non avrebbe potuto, senza violare l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dare esecuzione ad una decisione giudiziaria nazionale che concedesse agli investitori il risarcimento dei danni, essa non poteva neppure dare esecuzione ad un lodo arbitrale che accordasse a detti investitori tale risarcimento.

152    Inoltre, la questione dell’esecuzione del lodo arbitrale, come risulta dall’ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a. (C‑333/19, EU:C:2022:749), era pendente dinanzi ai giudici belgi al momento in cui si è pronunciata la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), circostanza che la Commissione aveva altresì sottolineato nelle sue osservazioni scritte presentate dinanzi a quest’ultimo giudice.

153    Da quanto precede risulta quindi che, nel caso di specie, esistevano elementi sufficienti per suscitare dubbi quanto all’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, i quali, tenuto conto dell’incidenza di tale disposizione su una delle caratteristiche essenziali del diritto dell’Unione e del rischio di decisioni confliggenti all’interno dell’Unione, avrebbero dovuto indurre la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) a ritenere che l’interpretazione di detta disposizione non si imponesse con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi.

154    In tali circostanze, senza che sia necessario statuire sulla fondatezza degli altri argomenti dedotti dalla Commissione a sostegno della presente censura, si deve constatare che incombeva alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), in quanto giudice nazionale le cui decisioni non possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale di diritto interno, interrogare la Corte, a norma dell’articolo 267 TFUE, in merito all’interpretazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE, per escludere il rischio di un’interpretazione errata del diritto dell’Unione, interpretazione errata alla quale, come risulta dai punti da 71 a 84 della presente sentenza, essa è effettivamente pervenuta nella sentenza di cui trattasi [v., per analogia, sentenza del 4 ottobre 2018, Commissione/Francia (Anticipo d’imposta), C‑416/17, EU:C:2018:811, punto 113].

155    Di conseguenza, per questo solo motivo, occorre accogliere la terza censura, vertente su una violazione dell’articolo 267, commi primo e terzo, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

 Sulla quarta censura, vertente sulla violazione dellarticolo 108, paragrafo 3, TFUE, in combinato disposto con larticolo 127, paragrafo 1, dellaccordo sul recesso

 Argomenti della ricorrente

156    La Commissione contesta alla sentenza controversa di aver violato l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso, ordinando alla Romania di violare gli obblighi ad essa incombenti ai sensi del diritto dell’Unione derivanti dall’ingiunzione di sospensione e dalla decisione di avvio.

157    Infatti, con la revoca della sospensione dell’esecuzione del lodo arbitrale, disposta dai giudici di grado inferiore del Regno Unito che avevano statuito sulla causa in questione, tale lodo sarebbe diventato esecutivo. La decisione della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) avrebbe quindi avuto l’effetto di rendere possibile il pagamento del risarcimento dei danni fissato in detto lodo. Tale effetto sarebbe in diretta contraddizione con l’obbligo di sospensione previsto all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, come sancito nell’ingiunzione di sospensione e nella decisione di avvio.

158    La Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) avrebbe altresì disatteso la giurisprudenza della Corte, quale risultante dalla sentenza del 18 luglio 2007, Lucchini (C‑119/05, EU:C:2007:434, punti 62 e 63), secondo la quale il divieto di concedere un aiuto di Stato che non sia stato debitamente autorizzato può essere invocato per impedire l’esecuzione di sentenze definitive di giudici nazionali che violino tale divieto.

 Giudizio della Corte

159    Secondo la giurisprudenza della Corte, come ricordata ai punti 95 e 97 della presente sentenza, poiché l’applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato si fonda su un obbligo di leale cooperazione tra, da un lato, i giudici nazionali e, dall’altro, la Commissione e il giudice dell’Unione, tali giudici devono astenersi dall’adottare decisioni che siano in contrasto con una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, anche se detta decisione abbia carattere provvisorio.

160    In tale contesto, occorre ricordare che gli Stati membri hanno l’obbligo, da un lato, di notificare alla Commissione ogni misura diretta ad istituire o modificare un aiuto, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e, dall’altro, di non dare esecuzione a una misura siffatta, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE, fintantoché la Commissione non abbia adottato una decisione finale in merito a detta misura (sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 56).

161    Secondo la giurisprudenza della Corte, una misura di aiuto attuata in violazione degli obblighi derivanti da tale disposizione è illegittima (sentenza del 19 marzo 2015, OTP Bank, C‑672/13, EU:C:2015:185, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

162    A questo proposito, la Corte ha precisato che il divieto di messa in esecuzione dei progetti di aiuto enunciato all’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE è provvisto di effetto diretto e che l’immediata applicabilità di detto divieto di messa in esecuzione stabilito da tale disposizione si estende a qualsiasi aiuto che sia stato portato ad esecuzione senza essere notificato (sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 88).

163    Di conseguenza, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 96 della presente sentenza, è compito dei giudici nazionali trarre le conseguenze della violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, conformemente al loro diritto nazionale, sia per quanto riguarda la validità degli atti che comportano l’attuazione delle misure d’aiuto, sia per quanto riguarda il recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale disposizione (sentenza del 19 marzo 2015, OTP Bank, C‑672/13, EU:C:2015:185, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

164    I giudici nazionali sono quindi competenti ad imporre il recupero di un aiuto illegittimo presso i suoi beneficiari (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

165    Inoltre, i giudici nazionali, nel caso in cui venga sottoposta loro una domanda intesa ad ottenere il versamento di un aiuto illegittimo, devono, in linea di principio, respingere tale domanda (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, DOBELES HES, C‑702/20 e C‑17/21, EU:C:2023:1, punto 121).

166    Nel caso di specie, occorre ricordare che, nella decisione finale, la Commissione ha ritenuto che il versamento del risarcimento concesso dal lodo arbitrale, che non le era stato notificato, costituisse un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno. Se è vero che tale decisione è stata annullata dalla sentenza del Tribunale, resta il fatto che un’impugnazione avverso tale sentenza era pendente dinanzi alla Corte nel momento in cui la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha emesso la sentenza controversa.

167    Inoltre, come già rilevato ai punti da 110 a 113 della presente sentenza, la sentenza del Tribunale non ha inficiato la legittimità dell’ingiunzione di sospensione e della decisione di avvio, con le quali la Commissione aveva del pari ritenuto che il versamento del risarcimento concesso dal lodo arbitrale costituisse un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno e aveva ingiunto alla Romania di non dare esecuzione a tale lodo prima dell’adozione della sua decisione finale.

168    Orbene, si deve constatare che, disponendo l’esecuzione del lodo arbitrale, la sentenza controversa esige che la Romania proceda al versamento del risarcimento concesso da tale lodo arbitrale in violazione dell’obbligo enunciato all’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE.

169    Ne consegue che la Romania si trova così di fronte a decisioni confliggenti per quanto riguarda l’esecuzione di detto lodo. Pertanto, lungi dall’assicurare il rispetto di tale disposizione, conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti da 163 a 165 della presente sentenza, la sentenza controversa viola detta disposizione ordinando ad un altro Stato membro di violarla.

170    È irrilevante, al riguardo, che l’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE preveda un obbligo a carico dello «Stato membro interessato», ossia, in linea di principio, quello che procede al versamento dell’aiuto, nel caso di specie la Romania.

171    Infatti, come giustamente sostenuto dalla Commissione, l’obbligo di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, sotteso all’applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato, imponeva al Regno Unito e, segnatamente, ai suoi giudici nazionali, di facilitare il rispetto da parte della Romania degli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, a pena di privare tale disposizione del suo effetto utile (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 1988, Matteucci, 235/87, EU:C:1988:460, punto 19).

172    Tale conclusione non può essere inficiata neppure dal fatto che il lodo arbitrale sia divenuto definitivo. Infatti, la regola della competenza esclusiva della Commissione per valutare la compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato interno s’impone nell’ordinamento giuridico interno in conseguenza del principio del primato del diritto dell’Unione. Orbene, il diritto dell’Unione osta a che l’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata impedisca ai giudici nazionali di trarre tutte le conseguenze dalla violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, EU:C:2007:434, punti 62 e 63, nonché del 4 marzo 2020, Buonotourist/Commissione, C‑586/18 P, EU:C:2020:152, punti 94 e 95).

173    Quanto all’articolo 351, primo comma, TFUE, neppure esso è atto ad ostare all’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, dal momento che, come risulta dai punti da 71 a 84 della presente sentenza, tale articolo 351, primo comma, non era applicabile alla controversia di cui era investita la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), cosicché le norme del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato non potevano essere disapplicate per effetto di quest’ultima disposizione.

174    Di conseguenza, occorre accogliere la quarta censura, vertente sulla violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

175    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre dichiarare che il Regno Unito, con la sentenza controversa, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, nonché dell’articolo 108, paragrafo 3, dell’articolo 267, commi primo e terzo, e dell’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.

 Sulle spese

176    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Regno Unito, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, con la sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), del 19 febbraio 2020, nella causa Micula v Romania, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, nonché dell’articolo 108, paragrafo 3, dell’articolo 267, commi primo e terzo, e dell’articolo 351, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, adottato il 17 ottobre 2019.

2)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.