Language of document : ECLI:EU:T:2018:718

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

25 ottobre 2018 (*)

«Ricorso d’annullamento e per risarcimento danni – Personale del SATCEN – Agenti contrattuali – Competenza dei giudici dell’Unione – Politica estera e di sicurezza comune – Articolo 24 TUE – Articoli 263, 268, 270 e 275 TFUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali – Parità di trattamento – Decisioni 2014/401/PESC e 2009/747/PESC – Commissione di ricorso del SATCEN – Eccezione di illegittimità – Domanda di assistenza – Modalità dell’indagine amministrativa – Sospensione – Procedimento disciplinare – Destituzione – Principio di buona amministrazione – Requisito d’imparzialità – Diritto di essere ascoltato – Accesso al fascicolo – Responsabilità extracontrattuale – Domanda di risarcimento prematura – Danno morale»

Nella causa T‑286/15,

KF, rappresentata da A. Kunst, avvocato, e N. Macaulay, barrister,

ricorrente,

contro

Centro satellitare dell’Unione europea (SATCEN), rappresentato da L. Defalque e A. Guillerme, avvocati,

convenuto,

sostenuto da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da F. Naert e M. Bauer, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento delle decisioni del direttore del SATCEN del 5 luglio 2013 riguardanti l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti della ricorrente, la sospensione della ricorrente e il rigetto della sua domanda di assistenza, e del 28 febbraio 2014, recante destituzione della ricorrente, nonché della decisione della commissione di ricorso del SATCEN del 26 gennaio 2015, che conferma tali decisioni e, dall’altro, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e volta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, R. da Silva Passos (relatore), K. Kowalik-Bańczyk e C. Mac Eochaidh, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 ottobre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Sul Centro satellitare dell’Unione europea

1        Il Centro satellitare dell’Unione europea (SATCEN) ha origine con la decisione del Consiglio dei ministri dell’Unione dell’Europa occidentale (in prosieguo: l’«UEO»), del 27 giugno 1991, che istituisce un centro per il trattamento di dati satellitari e adottata sulla base della decisione di detto Consiglio del 10 dicembre 1990, concernente la cooperazione spaziale all’interno dell’UEO. Secondo la decisione del Consiglio dei ministri dell’UEO del 27 giugno 1991, il centro satellitare dell’UEO è stato istituito quale organo sussidiario dell’UEO e non aveva una personalità giuridica distinta da quest’ultima.

2        Con la dichiarazione di Marsiglia (Francia) del 13 novembre 2000, il Consiglio dei ministri dell’UEO ha preso atto dell’accordo di principio del Consiglio dell’Unione europea, del 10 novembre 2000, sull’istituzione, nella forma di un’agenzia all’interno dell’Unione europea, di un centro satellitare che incorpori gli elementi rilevanti di quello creato in seno all’UEO.

3        Pertanto con l’azione comune 2001/555/PESC del Consiglio, del 20 luglio 2001 (GU 2001, L 200, pag. 5), è stato istituito il SATCEN che è diventato operativo dal 1o gennaio 2002. Il quarto considerando di detta azione comune dispone che «il centro satellitare dell’Unione europea dovrebbe avere personalità giuridica, pur mantenendo stretti legami con il Consiglio e nel dovuto rispetto delle responsabilità politiche generali dell’Unione europea e delle sue istituzioni».

4        Il 30 marzo 2010, gli Stati membri dell’UEO, con una dichiarazione comune, hanno preso atto dello scioglimento di tale organizzazione a far data dal 30 giugno 2011, in ragione del fatto, segnatamente, che «[l]’entrata in vigore del trattato di Lisbona segna[va] l’inizio di una nuova fase per la sicurezza e la difesa europee».

5        Successivamente il Consiglio ha adottato la decisione 2014/401/PESC, del 26 giugno 2014, sul SATCEN e che abroga l’azione comune 2001/555 che istituisce un centro satellitare dell’Unione europea (GU 2014, L 188, pag. 73), che costituisce oramai il quadro giuridico applicabile al SATCEN.

6        Emerge dal secondo considerando e dall’articolo 5 di tale decisione che il SATCEN funziona in qualità di «capacità europea autonoma» e che ha la personalità giuridica necessaria a svolgere le sue funzioni e a raggiungere i suoi obiettivi.

7        A norma dell’articolo 2, paragrafi 1 e 3, di tale decisione, i compiti essenziali del SATCEN consistono nel sostenere il processo decisionale e le azioni dell’Unione nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC), e, in particolare, della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), anche per quanto riguarda le missioni e le operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi, fornendo, su richiesta del Consiglio o dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, i prodotti e i servizi risultanti dallo sfruttamento di pertinenti risorse spaziali e dati collaterali, comprese immagini satellitari e aeree, e servizi connessi.

8        L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/401 dispone che il comitato politico e di sicurezza (CPS), sotto la responsabilità del Consiglio, esercita una supervisione politica sulle attività del SATCEN e definisce gli orientamenti politici sulle priorità del SATCEN, mentre l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dà al SATCEN l’indirizzo operativo.

9        Il SATCEN è composto di tre divisioni operative, vale a dire, una divisione delle operazioni, una divisione di sviluppo delle capacità e una divisione delle tecnologie dell’informazione. Inoltre, il SATCEN comprende una divisione amministrativa e una sezione finanziaria.

10      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della decisione 2014/401, il direttore del SATCEN è il legale rappresentante di tale organismo. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, e paragrafo 6, secondo comma, lettera e), della decisione 2014/401, il medesimo direttore è responsabile, da un lato, dell’assunzione del resto del personale del SATCEN e, dall’altro, della gestione di tutte le questioni relative al personale.

11      Per quanto riguarda il personale del SATCEN, ai sensi dell’articolo 8, paragrafi 1 e 3, della decisione 2014/401, esso è costituito da agenti a contratto, nominati dal direttore del SATCEN, e da esperti distaccati. L’articolo 8, paragrafo 5, di tale decisione autorizza il consiglio di amministrazione a redigere, su proposta del direttore, lo statuto del personale del SATCEN che è adottato dal Consiglio. È sulla base di una disposizione identica che il Consiglio, nel quadro dell’azione comune 2001/555, ha adottato la decisione 2009/747/PESC, del 14 settembre 2009, relativa allo statuto del personale del SATCEN (GU 2009, L 276, pag. 1, in prosieguo: lo «statuto del personale del SATCEN»).

12      Per quanto riguarda le controversie tra il SATCEN e i suoi agenti per questioni che rientrano nel campo di applicazione dello statuto del personale del SATCEN, l’articolo 28, paragrafo 5, dello statuto del personale del SATCEN dispone quanto segue:

«Esperito il primo mezzo di ricorso (ricorso amministrativo interno), l’agente ha facoltà di presentare ricorso dinanzi alla commissione di ricorso del [SATCEN].

La composizione, il funzionamento e la procedura specifica di tale istanza figurano nell’allegato X».

13      L’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN, prevede quanto segue:

«Le decisioni della commissione di ricorso sono vincolanti per entrambe le parti. Non è possibile presentare ricorso contro di esse. La commissione di ricorso può:

a)      annullare la decisione contestata o confermarla;

b)      condannare altresì incidentalmente il [SATCEN] a risarcire i danni materiali subiti dall’agente dal giorno in cui la decisione annullata ha cominciato a produrre effetti;

c)      decidere inoltre che il [SATCEN] rimborsi, entro i limiti fissati dalla commissione di ricorso, le spese giustificate sostenute dal richiedente (…)».

14      L’allegato X, punto 1, dello statuto del personale del SATCEN dispone quanto segue:

«La commissione di ricorso è competente a decidere le controversie che potrebbero insorgere dalla violazione del presente statuto o dei contratti previsti all’articolo 7 dello statuto del personale. A tal fine è competente a conoscere dei ricorsi presentati dagli agenti o ex agenti, o dagli aventi diritto e/o relativi rappresentanti, avverso una decisione del direttore».

15      L’allegato X, numero 4, lettera b), dello statuto del personale del SATCEN stabilisce inoltre che il ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso del SATCEN (in prosieguo: la «commissione di ricorso») «dispone di venti giorni a decorrere dalla data di notifica della decisione che gli arreca pregiudizio [...] per presentare per iscritto una domanda volta a ottenere la revoca o la modifica della decisione in questione da parte della commissione di ricorso[; t]ale domanda è rivolta al capo dell’amministrazione e del personale del [SATCEN], che ne notifica la ricezione all’agente e avvia la procedura per riunire la commissione di ricorso».

16      Infine, per quanto riguarda la composizione della commissione di ricorso del SATCEN, dall’allegato X, numero 2, lettere a), b) ed e) dello statuto del personale del SATCEN risulta che essa è composta da un presidente e da due membri, designati dal consiglio di amministrazione del SATCEN, per un periodo di due anni, al di fuori del personale del SATCEN, e che gli emolumenti del presidente e dei membri della commissione di ricorso sono stabiliti dal consiglio di amministrazione del SATCEN.

B.      Fatti all’origine della controversia e decisioni impugnate

17      La sig.ra KF, ricorrente, è stata assunta dal SATCEN in qualità di agente contrattuale dal 1o agosto 2009 per un periodo di tre anni, al fine di esercitare le funzioni di capo della divisione amministrativa. Al termine del periodo di prova, il 31 gennaio 2010, la ricorrente è stata confermata nelle sue funzioni dal direttore del SATCEN, il quale rilevava a tale proposito che la ricorrente «lavora[va] con tatto e diplomazia, usando al contempo fermezza nella comunicazione delle sue decisioni».

18      Nell’ambito dell’esercizio annuale di valutazione per l’anno 2010, la ricorrente era stata oggetto, il 28 marzo 2011, di una relazione di valutazione da parte del vicedirettore del SATCEN, ai sensi della quale le sue prestazioni complessive erano state giudicate insufficienti e le era stato attribuito il punteggio più basso. Il vicedirettore aveva ritenuto, in particolare, che, «data la vastità della materia amministrativa, [era] assolutamente essenziale che [KF] (…) avesse fiducia nel suo personale per eseguire i lavori per i quali [era] pienamente competente» e che occorreva «tenere particolarmente conto dei rapporti umani, soprattutto in un contesto multinazionale molto sensibile, e al fine di evitare inutili tensioni tra le persone». La ricorrente ha contestato tali conclusioni e il modo in cui la valutazione è stata effettuata.

19      Il 27 marzo 2012, nel contesto della valutazione annuale per il 2011, il vicedirettore del SATCEN ha osservato un’evoluzione positiva della ricorrente rispetto all’anno precedente, e ha ritenuto che il suo rendimento globale fosse buono, in considerazione degli sforzi che essa aveva compiuto. Egli ha inoltre precisato che tali sforzi «per dirigere il suo personale amministrativo in modo migliore d[ovevano] essere intensificati», e che «la [sua] maniera di gestire genera[va], ancora regolarmente denunce generali, con la percezione, in alcuni casi, di una pressione professionale permanente». Per quanto riguarda la parte della relazione di valutazione dedicata alla correzione e ai rapporti umani, il vicedirettore ha ritenuto che la ricorrente dovesse effettuare sforzi effettivi nella gestione del suo personale, evitando pressioni indebite e dando maggiore fiducia ai suoi colleghi. La ricorrente ha altresì comunicato le proprie osservazioni a margine di tale relazione di valutazione, indicando che i rapporti umani all’interno della sua divisione erano, a suo parere, di qualità molto buona, mentre la comunicazione con gli altri capi divisione era spesso «più difficile, basata su equivoci, talvolta esagerati da messaggi di posta elettronica ambigui, che portavano a sospetti e accuse e che avvelenavano in tal modo i rapporti».

20      Il 24 maggio 2012, il contratto della ricorrente è stato prorogato per un periodo di quattro anni, fino al 31 luglio 2016.

21      Nel contesto dell’esercizio di valutazione annuale per il 2012, il direttore del SATCEN, con nota interna del 17 ottobre 2012, ha incaricato il vicedirettore di raccogliere informazioni presso il personale in merito alla correzione e ai rapporti umani nell’ambito del SATCEN. In tale nota interna, il direttore del SATCEN specificava che un’attenzione particolare doveva essere rivolta alla situazione degli agenti aventi responsabilità di gestione, in particolare i capi divisione, identificando, se del caso, potenziali situazioni di pressioni psicologiche o di molestie, che potevano indurre, tra i loro sottoposti, ansia, perdita di autostima, perdita di motivazione e addirittura crisi di pianto.

22      Il 14 novembre 2012, dodici agenti del SATCEN hanno presentato un reclamo al direttore e al vicedirettore, volto a denunciare «la difficile situazione alla quale [erano] confrontati da più di tre anni per poter svolgere la [loro] attività professionale in un modo normale» precisando che tale situazione «deriva[va] dal comportamento e dalla condotta del capo della divisione amministrativa, [KF]».

23      All’inizio del 2013, il vicedirettore del SATCEN ha risposto alla sopracitata nota interna del 17 ottobre 2012 in merito alla correzione e ai rapporti umani, inviando, a 40 agenti del SATCEN appartenenti a diverse divisioni, un questionario che chiedeva loro, per mezzo di domande a risposta multipla, di valutare i rapporti umani con il loro capo divisione. Con nota interna del 7 marzo 2013, il vicedirettore del SATCEN ha informato il direttore del SATCEN che, alla luce delle risposte a tale questionario, «risulta[va] chiaramente che vi [era] un problema reale di rapporti umani con il capo della divisione amministrativa, [KF], viste le generali risposte negative del personale della divisione amministrativa».

24      Con nota interna dell’8 marzo 2013 il direttore del SATCEN ha chiesto al vicedirettore del SATCEN, sulla base dell’articolo 27 dello statuto del personale del SATCEN, di avviare un’indagine amministrativa nei confronti della ricorrente.

25      L’indagine amministrativa è consistita nell’inviare, il 12 giugno 2013, un questionario a risposta multipla a 24 agenti del SATCEN, inteso a determinare se essi si fossero o meno confrontati con taluni tipi di comportamenti da parte della ricorrente (indicando il suo nome) e se avessero riscontrato talune conseguenze per sé stessi o altri agenti, derivanti dai comportamenti in questione. I questionari invitavano altresì gli agenti a fornire tutte le testimonianze o elementi di prova a sostegno delle proprie risposte. Gli agenti dovevano rispondere entro il 20 giugno 2013 e, su 24 interrogati, 6 non hanno risposto.

26      Nel frattempo, in risposta alla sua relazione annuale per l’anno 2012, ai sensi della quale il suo rendimento globale era di nuovo stato considerato insufficiente, la ricorrente, con lettera del 20 marzo 2013, aveva da un lato contestato detta valutazione e, dall’altro, chiesto al direttore del SATCEN di adottare le misure necessarie per porre fine alla situazione di molestie nei suoi confronti.

27      Il 2 luglio 2013 il vicedirettore del SATCEN ha terminato la sua indagine concludendo che i fatti contestati alla ricorrente erano dimostrati. Secondo il rapporto d’indagine, la ricorrente ha adottato un comportamento «intenzionale, ripetitivo, durevole o sistematico (…) inteso a screditare o sminuire gli interessati», «tali comportamenti attribuiti a [KF] [erano] confermati e, considerata la loro natura, la loro frequenza e i loro effetti su alcuni dipendenti, concretizza[va]no molestie psicologiche».

28      Con messaggio di posta elettronica del direttore del SATCEN del 3 luglio 2013, alla quale era allegato il rapporto d’indagine, la ricorrente è stata informata delle conclusioni del rapporto d’indagine amministrativa. Nel medesimo messaggio di posta elettronica, il direttore del SATCEN ha convocato la ricorrente a un colloquio il 5 luglio 2013, al fine di continuare la procedura, come prevista all’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN.

29      Con decisione del 5 luglio 2013, il direttore del SATCEN ha preso atto del fatto che, a seguito della sua indagine, il vicedirettore del SATCEN era giunto alla conclusione che i comportamenti addebitati alla ricorrente erano confermati e costituivano molestie psicologiche, alla luce della loro natura, della loro frequenza e dei loro effetti su taluni membri del personale del SATCEN. Sulla base di tali motivi e dopo aver ascoltato la ricorrente lo stesso giorno, ha deciso, da un lato, di avviare un procedimento disciplinare dinanzi alla commissione di disciplina nei confronti della ricorrente (in prosieguo: la «decisione di avviare un procedimento disciplinare») e, dall’altro, di sospendere quest’ultima dalle sue funzioni concedendole il mantenimento della retribuzione (in prosieguo: la «decisione di sospensione»).

30      Il 23 agosto 2013, il direttore del SATCEN ha deciso la composizione della commissione di disciplina e ne ha informato la ricorrente.

31      Il 28 agosto 2013 la ricorrente ha adito il direttore del SATCEN con un reclamo amministrativo contro le decisioni di avvio di un procedimento disciplinare e di sospensione del 5 luglio 2013, contro la decisione sulla composizione della commissione di disciplina del 23 agosto 2013 e contro la decisione con cui il direttore del SATCEN avrebbe implicitamente respinto la sua domanda di assistenza per asserite molestie psicologiche.

32      L’11 settembre 2013, la composizione della commissione di disciplina è stata stabilita definitivamente, dal momento che era stato constatato che la ricorrente non aveva contestato nessuno dei membri inizialmente designati.

33      Con lettera del 4 ottobre 2013 il direttore del SATCEN ha respinto il reclamo amministrativo proposto dalla ricorrente il 28 agosto 2013. Egli ha ritenuto che le decisioni di avviare un procedimento disciplinare e di sospensione erano giustificate dalle informazioni contenute nel rapporto di indagine amministrativa. Per quanto riguarda la richiesta di assistenza per asserite molestie, il direttore del SATCEN ha considerato che, dopo un’indagine preliminare svolta in risposta a tale domanda, nessun comportamento imputabile agli agenti del SATCEN poteva costituire molestie nei confronti della ricorrente.

34      Il 25 ottobre 2013, il direttore del SATCEN ha sottoposto alla commissione di disciplina un rapporto, che ha altresì trasmesso alla ricorrente, conformemente all’articolo 10 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN.

35      Il 1o novembre 2013 la ricorrente ha trasmesso una lettera al presidente della commissione di disciplina, chiedendogli di beneficiare di un termine di almeno 45 giorni al fine di preparare la sua difesa. Essa ha inoltre chiesto una copia di tutti i documenti usati durante l’indagine amministrativa, la convocazione dinanzi alla commissione di disciplina dei 12 agenti che avevano firmato la denuncia contro di lei il 14 novembre 2012 e dei 18 agenti che avevano riempito il questionario a risposta multipla nell’ambito dell’indagine amministrativa e, in ultimo, l’identità dei 6 agenti che avevano rifiutato di compilare tale questionario.

36      Con lettera del 21 novembre 2013, il capo dell’amministrazione del SATCEN ha negato alla ricorrente l’accesso ai suoi messaggi di posta elettronica ed a altri documenti archiviati nel suo computer, nonché al suo cellulare professionale.

37      Con lettera del 28 novembre 2013, il presidente della commissione di disciplina ha informato la ricorrente che un’audizione avrebbe avuto luogo dinanzi alla medesima commissione il 13 o il 14 gennaio 2014. Nella stessa lettera, la invitava a far pervenire le sue osservazioni scritte alla commissione di disciplina almeno una settimana prima dello svolgimento dell’audizione. La ricorrente ha comunicato le proprie osservazioni scritte il 21 dicembre 2013.

38      Il 2 dicembre 2013, la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, da un lato, contro la decisione del direttore del SATCEN del 4 ottobre 2013, recante rigetto del suo reclamo contro le decisioni di sospensione, di avvio di un procedimento disciplinare e di rigetto della domanda di assistenza e, dall’altro, contro la decisione del 21 novembre 2013, di cui al precedente punto 36.

39      Con lettera del 9 dicembre 2013 la ricorrente ha richiesto al presidente della commissione di disciplina il rinvio dell’audizione. Ha anche indicato il nome di tredici testimoni dei quali chiedeva la convocazione.

40      Con lettera del 16 dicembre 2013, il presidente della commissione di disciplina ha mantenuto la data dell’audizione fissata al 13 o al 14 gennaio 2014 e ha informato la ricorrente della sua decisione di ascoltare due dei testimoni da essa richiesti.

41      Con messaggio di posta elettronica del 17 dicembre 2013, la ricorrente ha chiesto al presidente della commissione di disciplina di dimettersi dalla sua funzione di membro di detta commissione, alla luce del suo coinvolgimento nel procedimento nei suoi confronti. La ricorrente ha inoltre reiterato la sua richiesta di audizione di testimoni e ha sottolineato di non aver ricevuto alcuna spiegazione sui criteri seguiti per respingere tale richiesta.

42      Il medesimo giorno la ricorrente ha indirizzato un reclamo al direttore del SATCEN contro la decisione della commissione di disciplina del 16 dicembre 2013 ricordata al precedente punto 40.

43      In seguito all’audizione tenutasi il 13 gennaio 2014, la commissione di disciplina ha espresso un parere motivato in data 4 febbraio 2014, con il quale, da un lato, all’unanimità, ha considerato che la ricorrente non si era conformata ai suoi obblighi professionali e, dall’altro, ha raccomandato che fosse retrocessa di almeno due gradi, affinché non occupasse più posti con responsabilità dirigenziali.

44      Dopo aver ascoltato la ricorrente il 25 febbraio 2014, il direttore del SATCEN, il 28 febbraio 2014, l’ha rimossa dal posto per motivi disciplinari (in prosieguo: la «decisione di destituzione»), tale decisione produceva effetto dopo un mese da tale data. In tale decisione, il direttore del SATCEN ha considerato quanto segue:

«Tenuto conto della gravità dell’inadempimento, come risulta dal rapporto del direttore al consiglio di disciplina, confermato dal parere motivato della commissione di disciplina, dell’impossibilità di riclassificarla a un livello e a una responsabilità proposti nel parere della commissione di disciplina, e del suo rifiuto di riconoscere che il suo comportamento era inappropriato, ho deciso, in conformità dell’articolo 7 dell’allegato IX, [dello statuto del personale del SATCEN] di infliggerle la seguente sanzione:

–        rimozione dal posto, che comporta la rescissione del suo contratto con il SATCEN,

[Il suo]contratto sarà rescisso a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, lettera a), vii) dello [statuto del personale del SATCEN], entro un mese dalla notifica della presente decisione».

45      La decisione di destituzione è stata oggetto di un reclamo amministrativo da parte della ricorrente il 17 aprile 2014, respinto con decisione del direttore del SATCEN del 4 giugno 2014. Il 12 giugno 2014 la ricorrente ha contestato la decisione di destituzione dinanzi alla commissione di ricorso.

46      Con decisione del 26 gennaio 2015 (in prosieguo: la «decisione della commissione di ricorso»), notificata alla ricorrente il 23 marzo 2015, la commissione di ricorso ha respinto le conclusioni della ricorrente dirette ad ottenere l’annullamento della decisione di avviare un procedimento disciplinare e della decisione di sospensione. Inoltre, dopo aver respinto tutti i motivi dedotti dalla ricorrente contro la decisione di destituzione, la commissione di ricorso ha parzialmente annullato tale decisione solo in quanto la sua data di entrata in vigore era stata fissata al 31 marzo e non al 4 aprile 2014.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

47      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 maggio 2015, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

48      Con atto separato, depositato il 4 giugno 2015, la ricorrente ha presentato una richiesta di anonimato, che è stata accolta con decisione del Tribunale del 29 luglio 2015.

49      Con decisione del 13 gennaio 2016, adottata ai sensi dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura, e dopo aver consentito alle parti di presentare osservazioni, il Tribunale ha sospeso il presente procedimento in attesa della decisione conclusiva del giudizio nella causa C‑455/14 P, H/Consiglio e Commissione. Dopo la pronuncia della sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569), il procedimento è stato ripreso.

50      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 aprile 2016, il Consiglio ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del SATCEN.

51      In seguito alla partenza del giudice relatore designato inizialmente, la presente causa è stata attribuita ad un nuovo giudice relatore, assegnato alla Nona Sezione, alla quale è stata di conseguenza attribuita.

52      Con ordinanza del 27 ottobre 2016, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento del Consiglio.

53      Il 17 luglio 2017 il Tribunale ha rinviato la causa dinanzi alla Nona Sezione ampliata.

54      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di rigetto della sua domanda di assistenza, la decisione di avviare un procedimento disciplinare, la decisione di sospensione, la decisione di destituzione e la decisione della commissione di ricorso (in prosieguo: le «decisioni impugnate»);

–        se del caso, annullare, da un lato, la decisione del direttore del SATCEN del 4 ottobre 2013, recante rigetto del suo reclamo contro la decisione di rigetto della sua domanda di assistenza, la decisione di avviare un procedimento disciplinare e la decisione di sospensione, nonché, dall’altro, la decisione del direttore del SATCEN del 4 giugno 2014 recante rigetto del suo reclamo contro la decisione di destituzione;

–        condannare il SATCEN a versare alla ricorrente un importo equivalente alle retribuzioni non percepite a titolo di danno materiale e la somma di EUR 500 000 per il danno morale subito;

–        condannare il SATCEN alle spese, maggiorate di interessi al tasso dell’8%.

55      Il SATCEN chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso di annullamento e il ricorso per risarcimento danni proposti dalla ricorrente, «in considerazione del difetto di giurisdizione del Tribunale dell’Unione europea;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

56      Nel corso dell’udienza il Consiglio ha sostenuto, in sostanza, il primo capo delle conclusioni del SATCEN.

III. In diritto

57      Il presente ricorso è composto da una domanda di annullamento e da una domanda di risarcimento danni.

58      Senza sollevare formalmente un’eccezione ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il SATCEN invoca, in primo luogo, l’incompetenza del Tribunale e, in secondo luogo, in sostanza, l’irricevibilità del ricorso.

A.      Sulla competenza del Tribunale

59      Nel suo ricorso, la ricorrente sostiene che il Tribunale è competente a pronunciarsi sul suo ricorso, sottolineando che, se è pur vero che il SATCEN è stato istituito con un’azione comune del Consiglio, il contenzioso relativo a tale organo non rientra nell’ambito dell’esclusione di competenza del giudice dell’Unione in materia di disposizioni relative alla PESC, prevista dall’articolo 24, paragrafo 1, TUE e dall’articolo 275 TFUE.

60      In tal senso, la ricorrente osserva, innanzitutto, che le decisioni impugnate sono puramente amministrative o disciplinari e riguardano la gestione del personale. Di conseguenza, tali decisioni si differenzierebbero chiaramente dalle misure politiche o strategiche adottate nell’ambito della PESC, e l’esclusione della competenza dei giudici dell’Unione riguarda solo queste ultime.

61      Inoltre, la ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione che agiscono nell’ambito della PESC devono rispettare i principi costituzionali e i diritti fondamentali, il cui rispetto la Corte di giustizia dell’Unione europea ha la missione di garantire. Poiché la presente controversia riguarda i diritti fondamentali della ricorrente, i giudici dell’Unione sarebbero competenti.

62      A tal fine, la competenza che la Corte di giustizia dell’Unione europea deriva dall’articolo 275, secondo comma, TFUE, per controllare la legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive dovrebbe essere interpretata nel senso che essa riguarda qualsiasi decisione nella quale sia dedotta una violazione di un diritto fondamentale di una persona fisica e, pertanto, che essa si applica alla situazione della ricorrente.

63      Infine, la ricorrente sottolinea che essa non aveva a disposizione alcun mezzo di ricorso dinanzi a un giudice nazionale e che, poiché i trattati hanno istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedure, non si può ammettere che decisioni come quelle di cui trattasi nella presente controversia, sfuggano ad ogni controllo giurisdizionale.

64      A tale riguardo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la possibilità di adire la commissione di ricorso competente a esaminare le sue richieste, ai sensi dello statuto del personale del SATCEN, non può essere assimilata a un ricorso giurisdizionale, ai sensi delle pertinenti disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

65      Il SATCEN sostiene, dal canto suo, che la Corte di giustizia dell’Unione europea, in quanto istituzione dell’Unione, deve rispettare il principio di attribuzione. Pertanto, dal momento in cui nessuna disposizione dei Trattati attribuisce al Tribunale la competenza a statuire sulle controversie tra il SATCEN e i suoi agenti, il Tribunale dovrebbe dichiararsi incompetente, incorrendo altrimenti nella violazione del principio di attribuzione nell’ampliare le proprie competenze al di là di quelle stabilite nei Trattati.

66      A sostegno della sua tesi, il SATCEN sottolinea che, conformemente al quinto comma dell’articolo 263 TFUE, un’istituzione dell’Unione può, laddove istituisca un organo o organismo, affidare il controllo della legittimità degli atti adottati da tale organo o organismo a un giudice diverso dal giudice dell’Unione.

67      Pertanto, tale disposizione di diritto primario consentirebbe al Consiglio di prevedere, all’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN, la competenza della commissione di ricorso a statuire sulle controversie tra il SATCEN e i membri del suo personale.

68      In tal modo, la commissione di ricorso costituirebbe un tribunale speciale la cui competenza esclusiva, autorizzata dall’articolo 263, quinto comma, TFUE, osterebbe a che il giudice dell’Unione sia competente a pronunciarsi nella presente controversia.

69      L’esclusione della competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea a giudicare le controversie tra il SATCEN e i suoi agenti sarebbe avvalorata dalla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dell’Unione, riuniti in sede di Consiglio, del 15 ottobre 2001, sui privilegi e sulle immunità accordati all’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza e al SATCEN, nonché ai loro organi e al loro personale, il cui articolo 6 prevede che i membri del personale del SATCEN godano di un’immunità di giurisdizione per quanto riguarda gli atti adottati nell’ambito delle loro funzioni.

70      Tale decisione rispecchierebbe la volontà espressa dagli Stati membri di sottrarre alla competenza tanto dei giudici nazionali quanto di quelli dell’Unione, le controversie relative all’esercizio delle funzioni da parte del personale del SATCEN. Il SATCEN sottolinea che, contrariamente al protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 266), che prevede l’immunità di giurisdizione dei funzionari e degli agenti dell’Unione assoggettando al contempo alla competenza della Corte le controversie che li oppongono alle istituzioni dell’Unione, la decisione di cui al punto 69 supra non prevede una siffatta competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea per quanto riguarda il SATCEN.

71      Il SATCEN aggiunge, basandosi sulla sentenza del 12 novembre 2015, Elitaliana/Eulex Kosovo (C‑439/13 P, EU:C:2015:753), che le decisioni adottate nell’ambito della PESC, ma legate alle spese amministrative, rientrano tra le competenze della Corte di giustizia dell’Unione europea unicamente in presenza di decisioni imputabili al bilancio dell’Unione. Pertanto, nel caso di specie, poiché le decisioni impugnate non rientrano nel bilancio dell’Unione, ma nei contributi degli Stati membri ad eccezione della Danimarca, la competenza del Tribunale dovrebbe essere esclusa.

72      Il SATCEN osserva, inoltre, nella controreplica, che i giudici dell’Unione sono, in linea di principio, incompetenti a controllare gli atti adottati dalle istituzioni, dagli organi, o dagli organismi dell’Unione che rientrano nell’ambito della PESC. Diverso sarebbe soltanto qualora la decisione che istituisce un organo o organismo che agisce nel settore della PESC, o il suo statuto del personale, preveda espressamente la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea per le controversie che vedono opposti detto organo e i suoi agenti.

73      Orbene, nel contesto del SATCEN, né l’atto che l’ha istituito, né il suo statuto del personale conferirebbero alla Corte di giustizia dell’Unione europea la competenza a controllare la legittimità degli atti adottati da tale organismo nei confronti dei suoi agenti.

74      Nella replica, la ricorrente sostiene che l’argomento del SATCEN è rimesso in discussione dalla sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569).

75      Secondo la ricorrente, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che l’incompetenza del Tribunale, sulla base dell’articolo 24 TUE e dell’articolo 275 TFUE non poteva essere estesa alle decisioni adottate in materia di conflitti sul lavoro. Pertanto, gli atti di gestione del personale, pur essendo stati adottati nel contesto della PESC, non esulerebbero dalla competenza degli organi giurisdizionali dell’Unione.

76      La ricorrente aggiunge, riferendosi al punto 55 della sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569), che la mancanza di competenza dei giudici dell’Unione nel caso di specie comporterebbe, in violazione del principio della parità di trattamento, una differenza di trattamento tra gli agenti del SATCEN e gli agenti di altri organi della PESC, quali l’Agenzia europea per la difesa e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Essa fa quindi valere che gli agenti legati a tali organismi hanno la possibilità di adire la Corte.

77      Il SATCEN sostiene, per contro, che dalla sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569) risulta che, in mancanza di una espressa competenza dei giudici dell’Unione, come quella menzionata al punto 72 supra, la Corte di giustizia dell’Unione europea è unicamente competente, in materia di PESC, per controllare la legittimità di atti di gestione del personale relativi ad agenti distaccati dagli Stati membri, al fine di evitare qualsiasi violazione del principio di uguaglianza rispetto agli esperti distaccati dalle istituzioni dell’Unione, nei confronti dei quali la Corte di giustizia dell’Unione europea resterebbe competente ai sensi dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»).

78      Pertanto, la soluzione adottata nella sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569), non sarebbe applicabile alla situazione della ricorrente, che è un agente contrattuale del SATCEN e non un esperto nazionale distaccato da uno Stato membro o da un’istituzione dell’Unione.

79      Il SATCEN aggiunge che, in ogni caso, la Corte di giustizia dell’Unione europea non sarebbe stata competente neppure in presenza di un esperto nazionale distaccato presso il SATCEN, nella misura in cui una tale competenza non è prevista dalla decisione del 18 luglio 2007 del suo consiglio di amministrazione relativa agli esperti nazionali distaccati.

80      In limine, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, ultima frase, TUE, e dell’articolo 275, primo comma, TFUE, i giudici dell’Unione non sono, in linea di principio, competenti per quanto riguarda le disposizioni relative alle PESC nonché gli atti adottati sulla base di queste ultime (v. sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569), punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

81      A tale proposito, ai sensi della definizione di cui all’articolo 24, paragrafo 1, primo comma, TUE, la PESC copre tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune.

82      Nel caso di specie, le decisioni impugnate sono state adottate dal direttore e dalla commissione di ricorso del SATCEN, organismo disciplinato dalla decisione 2014/401, adottata sul fondamento, segnatamente, dell’articolo 28 TUE, per quanto riguarda le attività operative dell’Unione e che rientra nel capo 2, titolo V, del Trattato sull’Unione europea, relativo alla PESC. A tale riguardo, come risulta dal secondo considerando e all’articolo 2 di tale decisione, la missione del SATCEN consiste, in sostanza, nel fornire agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione europea prodotti e servizi risultanti dallo sfruttamento di risorse per l’osservazione aerea e spaziale, al fine di sostenere il processo decisionale e le azioni dell’Unione nel settore della PESC.

83      Di conseguenza, la circostanza che le decisioni impugnate rientrino nell’ambito del funzionamento di un organismo che agisce nel quadro della PESC, non può, di per sé, comportare che i giudici dell’Unione siano incompetenti a giudicare la presente controversia (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione, C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

84      Infatti, l’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, ultima frase, TUE, e l’articolo 275, primo comma, TFUE, introducono una deroga alla regola della competenza generale che l’articolo 19 TUE conferisce alla Corte di giustizia dell’Unione europea per assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione dei Trattati, e devono dunque essere interpretati restrittivamente (v. sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione, C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

85      Parimenti, sebbene, certamente, l’articolo 47 della Carta non possa creare una competenza per la Corte di giustizia dell’Unione europea, qualora i Trattati la escludano, il principio della tutela giurisdizionale effettiva implica tuttavia che l’esclusione della competenza dei giudici dell’Unione in materia di PESC sia interpretata restrittivamente (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 74).

86      Peraltro, come risulta tanto dall’articolo 2 TUE, che figura tra le disposizioni comuni di tale trattato, quanto dall’articolo 21 TUE, relativo all’azione esterna dell’Unione, al quale rinvia l’articolo 23 TUE, relativo alla PESC, l’Unione si fonda, in particolare, sui valori di uguaglianza e dello Stato di diritto. Orbene, la stessa esistenza di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione è inerente all’esistenza di un siffatto Stato di diritto (v. sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione, C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

87      Nella specie, la ricorrente, ai sensi del suo contratto di lavoro, è stata assunta al fine di esercitare le funzioni di capo della divisione amministrativa del SATCEN.

88      Con il presente ricorso, essa mira, innanzitutto, ad ottenere l’annullamento delle decisioni di sospensione, di avvio di un procedimento disciplinare e di destituzione, con le quali il direttore del SATCEN, rispettivamente, l’ha sospesa dalle funzioni, ha avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti e ha risolto il suo contratto per motivi disciplinari. Inoltre, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione della commissione di ricorso che ha confermato, in sostanza, le tre decisioni summenzionate. La ricorrente chiede anche, al Tribunale, l’annullamento della decisione con la quale il direttore del SATCEN avrebbe implicitamente respinto la sua domanda di assistenza, presentata in ragione di asserite molestie psicologiche nei suoi confronti. Infine, la ricorrente chiede il risarcimento dei danni materiali e morali che avrebbe subito a causa dell’adozione delle decisioni impugnate.

89      Le decisioni di sospensione e di avvio di un procedimento disciplinare fanno seguito a un’indagine amministrativa, conseguente a una denuncia con la quale dodici agenti del SATCEN lamentavano il clima deleterio all’interno della divisione amministrativa e della sezione finanziaria, dovuto, secondo i denuncianti, alla ricorrente e al fatto che quest’ultima si poneva quotidianamente in conflitto con i suoi colleghi criticandoli costantemente, a tal punto che alcuni di essi sarebbero stati vittime di molestie psicologiche da parte sua. Nell’ambito dell’indagine e del procedimento dinanzi alla commissione di disciplina, diversi agenti appartenenti alla divisione amministrativa e alla sezione finanziaria del SATCEN hanno infatti presentato risposte al questionario e testimonianze che corroboravano tali critiche. Nello stesso senso, i superiori gerarchici della ricorrente hanno, nelle relazioni di valutazione di quest’ultima per gli anni da 2010 a 2012, messo in dubbio le sue capacità dirigenziali e la sua gestione dei rapporti umani al lavoro, fonte regolare di conflitti.

90      Per quanto riguarda la decisione di destituzione della ricorrente, essa è stata motivata, come risulta dal parere della commissione di disciplina, al quale è fatto riferimento in tale decisione, dall’addebito mosso nei confronti della ricorrente, in sostanza, di avere adottato comportamenti inappropriati, consistenti in particolare in urla, commenti denigranti e offensivi, nonché osservazioni intimidatorie nei confronti di altri agenti della divisione amministrativa e della sezione finanziaria del SATCEN.

91      Ne consegue che le suddette decisioni di sospensione, di avvio di un procedimento disciplinare e di destituzione costituiscono atti di mera gestione del personale, i quali, alla luce della loro motivazione e dei loro obiettivi, nonché del contesto della loro adozione, non erano intesi a contribuire alla definizione o all’attuazione della PESC ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, TUE, né, più in particolare, a rispondere alle missioni del SATCEN nell’ambito della PESC, richiamate ai punti 7 e 82 supra. La medesima conclusione deve essere applicata alla decisione della commissione di ricorso che ha adottato una decisione giuridicamente vincolante che conferma, in sostanza, le tre decisioni sopracitate, conformemente alle prerogative ad essa conferite dallo statuto del personale del SATCEN (v. punti 13 e 14 supra).

92      Lo stesso vale per la decisione implicita di rigetto della domanda di assistenza. Infatti, tale domanda di assistenza rientrava nel contesto del procedimento disciplinare nei confronti della ricorrente, poiché in essa la ricorrente sosteneva, in sostanza, che le accuse contro il suo comportamento rientravano in una situazione di molestie psicologiche nei suoi confronti, e per la quale aveva chiesto l’assistenza del SATCEN.

93      Inoltre, da un lato, si deve ricordare che lo statuto del personale del SATCEN prevede, nel capitolo VII e nell’allegato IX, un regime disciplinare analogo a quello di cui al titolo VI e all’allegato IX dello Statuto, per quanto riguarda tanto l’indagine amministrativa e il procedimento dinanzi alla commissione di disciplina, quanto le categorie di sanzioni e gli elementi da prendere in considerazione al fine di determinare la sanzione appropriata. Parimenti, la sezione 6 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, prevede, in termini sostanzialmente identici a quelli della sezione 6 dell’allegato IX dello Statuto, la possibilità di sospendere un agente accusato di colpa grave.

94      Dall’altro lato, l’articolo 28, paragrafi da 1 a 3 dello statuto del personale del SATCEN, prevede un procedimento di reclamo amministrativo dinanzi al direttore del SATCEN, cui dev’essere ricondotto un obiettivo analogo a quello del procedimento precontenzioso previsto dall’articolo 90 dello Statuto, vale a dire consentire alle parti interessate una composizione amichevole della controversia.

95      Di conseguenza, si deve considerare che la presente controversia è analoga alle controversie tra un’istituzione, organo od organismo dell’Unione che non rientrano nella PESC, e uno dei suoi funzionari o agenti, le quali possono essere sottoposte ai giudici dell’Unione ai sensi dell’articolo 270 TFUE, che attribuisce alla Corte di giustizia dell’Unione europea la competenza a decidere qualsiasi controversia tra l’Unione e i suoi agenti (v., per analogia, sentenza del 6 marzo 2001, Dunnett e a./BEI, T‑192/99, EU:T:2001:72, punto 54).

96      Orbene, non si può ritenere che la deroga alla competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea prevista all’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, ultima frase, TUE, e all’articolo 275, primo comma TFUE, che deve essere interpretata in modo restrittivo, si estenda fino ad escludere la competenza dei giudici dell’Unione per controllare la legittimità di atti come quelli di cui trattasi nel presente procedimento, che emanano da un organismo dell’Unione, quando i giudici dell’Unione sono competenti per controllare la legittimità di atti identici quanto al contenuto, agli obiettivi che perseguono, al procedimento che conduce alla loro adozione e al contesto in cui essa avviene, qualora tali atti riguardino un’istituzione, organo od organismo dell’Unione la cui missione sia estranea alla PESC (v., per analogia, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione, C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 55).

97      Qualsiasi diversa interpretazione porterebbe a escludere l’agente di un organismo dell’Unione che rientra nella PESC dal sistema di tutela giurisdizionale offerto agli agenti dell’Unione, in violazione dei principio della parità di trattamento (v., per analogia, sentenza del 18 ottobre 2001, X/BCE, T‑333/99, EU:T:2001:25, punti da 38 a 40).

98      L’interpretazione sostenuta al precedente punto 96 è avvalorata, da un lato, dalla possibilità, per il SATCEN, prevista dall’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2014/401, di accogliere funzionari distaccati dalle istituzioni dell’Unione, i quali, come il SATCEN ha riconosciuto in udienza, possono, durante il loro di distacco, adire gli organi giurisdizionali dell’Unione sul fondamento dell’articolo 270 TFUE. Dall’altro lato, tale interpretazione è altresì corroborata dalla competenza dei giudici dell’Unione a statuire in forza dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), e paragrafo 6, della decisione (PESC) 2015/1835 del Consiglio, del 12 ottobre 2015, che fissa lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento dell’Agenzia europea per la difesa (GU 2015, L 266, pag. 55), sui ricorsi presentati dagli agenti contrattuali di tale Agenzia e, in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, ultimo comma, della decisione 2010/427/UE, del Consiglio del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del [SEAE] (GU 2010, L 201, pag. 30), sui ricorsi presentati dagli agenti contrattuali del SEAE (v., per analogia, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione, C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 56).

99      In tali circostanze, il Tribunale è competente a pronunciarsi sulla presente controversia. Tale competenza discende, rispettivamente, per quanto riguarda il controllo della legittimità delle decisioni impugnate, dall’articolo 263 TFUE e, per quanto riguarda le conclusioni dirette all’esecuzione della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, dall’articolo 268 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta (v., per analogia, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione, C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 58).

100    Siffatta conclusione non può essere messa in discussione dagli altri argomenti avanzati dal SATCEN.

101    In primo luogo, deve essere respinto l’argomento del SATCEN basato sulle disposizioni dello statuto del personale del SATCEN che prevedono la competenza della commissione di ricorso a pronunciarsi sulle controversie tra il SATCEN e i suoi agenti, senza possibilità di impugnazione.

102    Vero è che, come ha sottolineato il Consiglio in udienza, il meccanismo della commissione di ricorso in quanto organo di definizione delle controversie tra il SATCEN e il suo personale, si spiega in ragione della specificità del SATCEN, inizialmente collegato all’UEO, organizzazione internazionale intergovernativa, poi, dal 1o gennaio 2002, all’Unione, quale istituita prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (v., supra, punti da 1 a 3). In tali circostanze, la situazione del personale del SATCEN non poteva essere assimilata a quella degli agenti della Comunità europea, gli unici autorizzati ad adire il Tribunale ai sensi dell’articolo 236 CE (divenuto articolo 270 TFUE), il che poteva giustificare, nel SATCEN, l’istituzione di un organo come la commissione di ricorso competente per la risoluzione delle controversie in materia di lavoro. Tuttavia, una siffatta differenza di trattamento non risulta più giustificata dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009, dal quale emergerebbe che l’Unione sostituisce e succede alla Comunità (articolo 1 TUE) e, pertanto, che tutti gli agenti dell’Unione, facenti parte della preesistente Comunità o dell’Unione come istituita prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, possono essere posti in una situazione analoga. Le controversie tra il SATCEN e i suoi agenti possono, quindi, ormai, essere assimilate alle controversie tra qualsiasi agente dell’Unione e il suo datore di lavoro (v., punti da 91 a 99 supra).

103    A tal riguardo, contrariamente a quanto ha sostenuto il Consiglio durante l’udienza, è utile ricordare che il Consiglio ha scelto, in fase di adozione della decisione 2011/411/PESC, del 12 luglio 2011, che fissa lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento dell’Agenzia europea per la difesa e che abroga l’azione comune 2004/551/PESC (GU 2011, L 183, pag. 16), di porre fine alla competenza di una «commissione dei ricorsi» a pronunciarsi sulle controversie tra l’Agenzia europea per la difesa e i suoi agenti contrattuali, precedentemente prevista al titolo VII, della decisione 2004/676/CE del Consiglio, del 24 settembre 2004, relativa allo statuto degli agenti dell’Agenzia europea per la difesa (GU 2004, L 310, pag. 9). Infatti, la decisione 2011/411, il cui quarto considerando precisava che essa intendeva «tenere conto delle modifiche al trattato sull’Unione europea (TUE), introdotte dal trattato di Lisbona», ha stabilito, al suo articolo 11, paragrafo 4, la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea per quanto riguarda tali controversie.

104    In secondo luogo, non può essere accolto l’argomento del SATCEN, secondo il quale l’articolo 263, quinto comma, TFUE legittimerebbe la facoltà per il Consiglio di attribuire alla commissione di ricorso una competenza esclusiva, che escluda quella del Tribunale, a statuire sulle controversie tra il SATCEN e i suoi agenti.

105    A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 19 TUE, la Corte di giustizia dell’Unione europea assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati. Inoltre, ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, primo periodo, TFUE, il Tribunale è competente a conoscere in primo grado dei ricorsi di cui agli articoli 263, 265, 268, 270 e 272 TFUE, ad eccezione di quelli attribuiti a un tribunale specializzato istituito in applicazione dell’articolo 257 del medesimo trattato e di quelli che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea riserva alla Corte di giustizia. Nella specie, gli articoli 263 e 268 TFUE fondano la competenza del Tribunale a statuire sulla presente controversia (v. punto 99 supra).

106    Vero è che, ai termini dell’articolo 263, quinto comma, TFUE, gli atti che istituiscono gli organi e organismi dell’Unione possono prevedere condizioni e modalità specifiche relative ai ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti di detti organi o organismi destinati a produrre effetti giuridici nei loro confronti.

107    Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene il SATCEN, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che concede al Consiglio, nella sua decisione relativa allo statuto del personale del SATCEN, il diritto di sottrarre a qualsiasi controllo giurisdizionale da parte del giudice dell’Unione gli atti adottati dal direttore del SATCEN e destinati a produrre effetti giuridici nell’ambito del suo funzionamento interno, attribuendo alla commissione di ricorso la competenza esclusiva per decidere «[senza che sia] possibile presentare ricorso» le controversie tra il SATCEN e il suo personale, come è indicato all’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN. Ammettere una siffatta interpretazione pregiudicherebbe la competenza del giudice dell’Unione di assicurare «il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati», come richiesto dall’articolo 19, paragrafo 1, primo comma, seconda frase, TUE. Come ha ammesso il Consiglio durante l’udienza, le «condizioni e modalità specifiche» ai sensi dell’articolo 263, quinto comma, TFUE, devono essere interpretate nel senso che si riferiscono alla fissazione, da parte di un organo o organismo dell’Unione, di condizioni e modalità meramente interni, precedenti a un ricorso giurisdizionale, che disciplinano, segnatamente, il funzionamento di un meccanismo di autosorveglianza o lo svolgimento di un procedimento di composizione amichevole al fine di evitare un contenzioso dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione (v., in tal senso, ordinanza del 12 settembre 2013, European Dynamics Luxembourg e a./UAMI, T‑556/11, EU:T:2013:514, punti 59 e 60).

108    Orbene, si evince dall’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN che la commissione di ricorso esercita, a titolo obbligatorio ed esclusivo, il controllo della legittimità delle decisioni del direttore del SATCEN e che essa può anche decidere sulle domande di risarcimento presentate dagli agenti del SATCEN.

109    Ne deriva che l’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN è incompatibile con i trattati e, in particolare, con l’articolo 19 TUE e con l’articolo 256 TFUE, in quanto prevede che la commissione di ricorso dispone della competenza obbligatoria ed esclusiva a risolvere le controversie tra il SATCEN e il suo personale, anche se il Tribunale è competente a conoscere in primo grado di tale tipologia di ricorsi.

110    In tale contesto, l’argomentazione avanzata dal SATCEN, secondo la quale la commissione di ricorso risponderebbe ai criteri di un tribunale indipendente e imparziale enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, non è pertinente. Infatti, poiché il Tribunale è competente a controllare la legittimità di decisioni come quelle del direttore del SATCEN e statuire sulla domanda di risarcimento della ricorrente, non si può ammettere che un tale organo, seppure indipendente e imparziale, possa esercitare tali funzioni al posto del giudice dell’Unione.

111    In terzo luogo, deve essere respinto l’argomento del SATCEN secondo il quale, in sostanza, per effetto della decisione del 15 ottobre 2001 sui privilegi e le immunità del SATCEN, i rappresentanti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, hanno voluto escludere senza riserve la competenza della Corte.

112    Infatti, tale decisione riguarda solo i privilegi e le immunità accordati al SATCEN ai membri del suo personale da parte degli Stati membri, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti giuridici interni e, pertanto, non ha alcun nesso con la competenza degli organi giurisdizionali dell’Unione. Pertanto, il fatto che una tale decisione non riservi la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nelle controversie tra il SATCEN e i suoi agenti, contrariamente all’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione, per quanto riguarda le controversie tra l’Unione e i suoi agenti, non può implicare che il Tribunale non possa conoscere delle controversie tra il SATCEN e il suo personale.

113    In quarto luogo, l’argomento del SATCEN basato sulla sentenza del 12 novembre 2015, Elitaliana/Eulex Kosovo (C‑439/13 P, EU:C:2015:753), e vertente sul fatto che le decisioni impugnate non sono imputabili al bilancio dell’Unione, dev’essere anch’esso respinto. Infatti, in quest’ultimo caso, la Corte ha confermato la propria competenza in una situazione specifica, ovvero quella di misure adottate in materia di appalti pubblici in un contesto rientrante nella PESC, e che ha generato spese a carico del bilancio dell’Unione. Orbene, la circostanza che la presente controversia sia estranea a tale situazione non consente di escludere la competenza del Tribunale nel caso di specie, dal momento che tale competenza deriva dalle considerazioni di cui ai precedenti punti da 88 a 99.

114    Il Tribunale è pertanto competente a pronunciarsi su tutti i capi delle conclusioni presentati dalla ricorrente.

B.      Sulla ricevibilità

115    In via preliminare, occorre rilevare che le conclusioni della ricorrente volte all’annullamento delle decisioni con le quali il direttore del SATCEN ha respinto i suoi reclami contro le decisioni di rigetto della domanda di assistenza, di avvio di un procedimento disciplinare, di sospensione e di destituzione, devono essere considerate come dirette contro queste quattro ultime decisioni. Infatti, secondo una costante giurisprudenza relativa al procedimento precontenzioso di cui all’articolo 90 dello Statuto, che persegue il medesimo obiettivo dell’articolo 28, paragrafi da 1 a 3, dello statuto del personale del SATCEN (v. punto 94, supra), il reclamo di un agente e il suo rigetto da parte dell’autorità competente sono parte integrante di un procedimento complesso, con la conseguenza che il ricorso, anche se formalmente rivolto contro il rigetto del reclamo dell’agente, ha l’effetto di sottoporre al Tribunale l’atto lesivo contro il quale è stato presentato il reclamo (v., per analogia, sentenza del 20 settembre 2000, De Palma e a./Commissione, T‑203/99, EU:T:2000:213, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

116    Inoltre, nel suo controricorso, il SATCEN fa valere, in sostanza, l’irricevibilità di tutte le conclusioni delle domande di annullamento e di risarcimento, sollevando due motivi di irricevibilità fondati, rispettivamente, sul rapporto di lavoro tra la ricorrente e il SATCEN e sulla natura contrattuale della controversia.

117    Infine, in subordine, il SATCEN eccepisce l’irricevibilità, in primo luogo, delle conclusioni dirette contro la decisione di rigetto della domanda di assistenza, in secondo luogo, delle conclusioni dirette contro la decisione di avviare un procedimento disciplinare e, in terzo luogo, contro gli argomenti diretti contro il procedimento dinanzi alla commissione di disciplina.

1.      Sull’eccezione di irricevibilità vertente sul rapporto di lavoro tra la ricorrente e il SATCEN

118    Il SATCEN sostiene che il rapporto di impiego che unisce la ricorrente al SATCEN osta, da un lato, a che essa sia qualificata come terzo ai sensi dell’articolo 263 TFUE e, in secondo luogo, alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

119    Secondo il SATCEN, è necessario distinguere tra i mezzi di ricorso aperti a qualsiasi persona fisica o giuridica, in base agli articoli 263, 268 e 340 TFUE, e la competenza del Tribunale per quanto riguarda le controversie tra l’Unione e i suoi agenti, ai sensi dell’articolo 270 TFUE e dell’articolo 91 dello statuto. Tale distinzione sarebbe giustificata dal rapporto di lavoro esistente tra l’Unione e i suoi agenti e dovrebbe pertanto essere applicata, per analogia, alla situazione della ricorrente. Quest’ultima, non può, quindi, adire la Corte sulla base degli articoli 263, 268 e 340 TFUE, e ciò sebbene nemmeno possa usufruire del mezzo di ricorso di cui all’articolo 270 TFUE, poiché lo Statuto non è applicabile agli agenti del SATCEN.

120    Tuttavia, occorre anzitutto rilevare che l’argomento del SATCEN è basato su una premessa erronea, dato che, come è stato rilevato supra al punto 99, la competenza del Tribunale a statuire sulla presente controversia si basa sugli articoli 263 e 268 TFUE.

121    Vero è che, come sottolinea il SATCEN, il rapporto di lavoro tra la ricorrente e quest’ultimo conferisce un carattere particolare alla presente controversia. In linea di principio, un collegamento del genere implicherebbe che la controversia tra l’agente di un organismo dell’Unione e il suo datore di lavoro non rientri nell’ambito di applicazione degli articoli 263, 268 e 340 TFUE, bensì dell’articolo 270 TFUE.

122    Resta il fatto che, come sottolineato dalle parti, l’articolo 270 TFUE non è applicabile alla situazione della ricorrente. Infatti, ai sensi di tale disposizione, la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi su qualsiasi controversia tra l’Unione e i suoi agenti, nei limiti e alle condizioni fissati dallo Statuto e dal regime applicabile agli altri agenti dell’Unione (in prosieguo: il «RAA»). A tale proposito, da una lettura combinata dell’articolo 1, e dell’articolo 1 bis, paragrafo 2, dello Statuto e dell’articolo 3 bis, paragrafo 1, lettera b), del RAA, risulta che tali normative sono applicabili agli agenti contrattuali di un organo o organismo dell’Unione unicamente ove l’atto che istituisce detto organo o organismo lo preveda. Orbene, per quanto riguarda gli agenti contrattuali del SATCEN, né la decisione 2014/401, né lo statuto del personale del SATCEN prevedono l’applicabilità dello Statuto e del RAA.

123    Ne consegue che, contrariamente alle affermazioni del SATCEN, il ricorso di annullamento della ricorrente rientra nel campo di applicazione dell’articolo 263 TFUE, e la sua domanda volta a far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, in quello dell’articolo 268 TFUE.

2.      Sull’eccezione di irricevibilità vertente sulla natura contrattuale della presente controversia

124    Il SATCEN sostiene che il presente ricorso è irricevibile in quanto è di natura puramente contrattuale, poiché le decisioni impugnate hanno origine dal contratto di lavoro della ricorrente.

125    A tale riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione esercita solo un controllo di legittimità sugli atti adottati dalle istituzioni destinati a produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi, modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica, e che tale competenza riguarda unicamente gli atti di cui all’articolo 288 TFUE, che le istituzioni possono adottare alle condizioni previste dal Trattato nell’esercizio delle loro prerogative di pubbliche autorità. Per contro, gli atti adottati dalle istituzioni che rientrano in un ambito meramente contrattuale dal quale sono indissociabili non figurano, in ragione della loro stessa natura, nel novero degli atti di cui all’articolo 288 TFUE, il cui annullamento può essere chiesto ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v. sentenza del 10 aprile 2013, GRP Security/Corte dei conti, T‑87/11, non pubblicata, EU:T:2013:161, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

126    A norma dell’articolo 8, paragrafo 1, della decisione 2014/401, il personale del SATCEN è costituito, segnatamente, da agenti contrattuali. È in tale qualità che la ricorrente è stata assunta con un contratto di lavoro che è il risultato di un accordo delle volontà delle parti. Il rapporto di lavoro tra il ricorrente e il SATCEN è pertanto di natura contrattuale.

127    Tuttavia, il contratto di lavoro della ricorrente è stato concluso con un organismo dell’Unione, che è incaricato di una missione d’interesse generale e per il quale il Consiglio è autorizzato dall’articolo 8, paragrafo 5, della decisione 2014/401, ad adottare lo «statuto del personale». È sulla base di una disposizione identica che il Consiglio, nel quadro dell’azione comune 2001/555, con decisione 2009/747, ha adottato lo statuto del personale del SATCEN (v. punto 11 supra). Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, lo statuto del personale del SATCEN si applica a tutti gli agenti assunti con contratto dal SATCEN.

128    Pertanto, anche se il rapporto di lavoro tra il SATCEN e i suoi agenti ha natura contrattuale, resta il fatto che essi si trovano in una situazione giuridica determinata dallo statuto del personale del SATCEN.

129    Infatti, le disposizioni generali dello statuto del personale del SATCEN, adottato unilateralmente dal Consiglio, che non era parte del contratto di lavoro della ricorrente, si applicano obbligatoriamente ad essa e a tutti gli altri agenti contrattuali del SATCEN e sono parte integrante del loro contratto di lavoro (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 ottobre 2004, Pflugradt/BCE, C‑409/02 P, EU:C:2004:625, punti 34 e 35). A tale proposito, si deve rilevare che, nel caso di specie, il punto 14 dell’offerta di assunzione proposta alla ricorrente, e controfirmata da quest’ultima, precisava che «tale offerta di assunzione, al pari delle condizioni di lavoro, [era] disciplinata dallo [statuto del personale del SATCEN] (…) e ogni successiva modifica dello stesso, il quale [era] parte integrante di tale offerta».

130    Orbene, la presente controversia nasce dai presunti inadempimenti della ricorrente ai suoi obblighi professionali, quali previsti nello statuto del personale del SATCEN. Inoltre, è in base allo statuto del personale del SATCEN, che il direttore dello stesso ha esercitato i suoi poteri disciplinari nei confronti della ricorrente. Tali poteri rientrano nella competenza del direttore del SATCEN per tutte le questioni relative al personale, come risulta dall’articolo 7, paragrafo 6, secondo comma, lettera e), della decisione 2014/401.

131    Ne deriva che, adottando la decisione di rigetto della domanda di assistenza, la decisione di avviare un procedimento disciplinare, la decisione di sospensione e la decisione di destituzione, il direttore del SATCEN si è limitato ad applicare lo statuto del personale del SATCEN, che va al di là del rapporto contrattuale della ricorrente con il SATCEN. Orbene, la presente controversia riguarda la legittimità anche di tali decisioni del direttore del SATCEN nonché della decisione della commissione di ricorso che, in sostanza, ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente contro la decisione di avviare un procedimento disciplinare, la decisione di sospensione e la decisione di destituzione.

132    L’eccezione di irricevibilità fondata sulla natura contrattuale della presente controversia deve pertanto essere respinta.

3.      Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal SATCEN contro le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di rigetto della domanda di assistenza

133    Il SATCEN ritiene che le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di rigetto della domanda di assistenza siano irricevibili, poiché, in sostanza, la ricorrente non ha rispettato il previo procedimento amministrativo previsto dallo statuto del personale del SATCEN.

134    Ai sensi dell’articolo 28, paragrafi da 1 a 3, dello statuto del personale del SATCEN, la mancata risposta del direttore del SATCEN a una domanda che lo invita a prendere una decisione nelle materie disciplinate da tale statuto, entro un termine di due mesi, equivale a una decisione implicita di rigetto, che può essere oggetto di un reclamo entro tre mesi dalla data di scadenza del termine per la risposta.

135    Di conseguenza, qualora il direttore del SATCEN non fornisca alcuna risposta a una domanda di assistenza ex articolo 2, paragrafo 6 dello statuto del personale del SATCEN, entro il termine di due mesi previsto all’articolo 28, paragrafo 1, di detto statuto, può considerarsi intervenuta una decisione implicita di rigetto della domanda di assistenza. In una tale ipotesi, si deve presumere che il direttore del SATCEN non abbia ritenuto che gli elementi forniti a sostegno della domanda di assistenza costituissero un principio di prova sufficiente della sussistenza dei fatti dedotti dai quali derivasse l’obbligo di assistenza, che può condurre all’avvio di un’indagine amministrativa se i fatti contestati sono descritti come molestie psicologiche (v., per analogia, sentenze del 25 ottobre 2007, Lo Giudice/Commissione, T‑154/05, EU:T:2007:322, punto 41, e del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑570/16, EU:T:2017:283, punti da 53 a 57).

136    Nella specie, la ricorrente ha rivolto una domanda di assistenza al direttore del SATCEN il 20 marzo 2013. Il 22 marzo 2013 il direttore del SATCEN ha chiesto al suo vicedirettore di verificare le informazioni figuranti in tale domanda, in margine all’indagine amministrativa di cui la ricorrente era oggetto. Orbene, il direttore del SATCEN non ha ritenuto che tale verifica di informazioni avesse rivelato un principio di prova sufficiente della sussistenza dei fatti dedotti che giustificasse l’avvio di un’indagine amministrativa, come confermano la lettera a lui inviata dal vicedirettore del SATCEN il 26 agosto 2013 e il rigetto da esso opposto al reclamo della ricorrente il 7 ottobre 2013.

137    Di conseguenza, si deve considerare che la domanda di assistenza della ricorrente, notificata il 21 marzo 2013, sia stata respinta con decisione implicita entro un termine di due mesi a decorrere da tale data, conformemente all’articolo 28, paragrafo 1, dello statuto del personale del SATCEN, vale a dire il 21 maggio 2013 e non, come sostiene la ricorrente, il 5 luglio 2013. Come giustamente sottolineato dal SATCEN, tale decisione implicita di rigetto avrebbe dovuto, conformemente all’articolo 28, paragrafo 2, dello statuto del personale del SATCEN, costituire l’oggetto di un reclamo entro tre mesi a far data dalla scadenza del termine per la risposta, ossia entro il 21 agosto 2013. Orbene, non risulta dai documenti del fascicolo che la ricorrente abbia presentato un tale reclamo entro i termini summenzionati.

138    Risulta da quanto precede che, nella parte in cui sono dirette all’annullamento della decisione di rigetto della domanda di assistenza, le conclusioni della ricorrente devono essere respinte in quanto irricevibili.

4.      Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal SATCEN contro le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di avviare un procedimento disciplinare

139    Il SATCEN sostiene che il ricorso contro una decisione di avviare un procedimento disciplinare non possa essere esaminato in quanto tale, poiché la decisione impugnabile può essere solo quella adottata all’esito di un procedimento disciplinare. Pertanto, le conclusioni della ricorrente dirette all’annullamento della decisione di avviare un procedimento disciplinare dovrebbero essere respinte in quanto irricevibili.

140    La ricorrente contesta tale argomento e chiede, in subordine, che la legittimità della decisione di avviare un procedimento disciplinare sia esaminata al fine di verificare la legittimità della decisione di destituzione.

141    A tale proposito, si deve rilevare che, nei casi in cui una sanzione è stata irrogata a un membro del personale di un organismo dell’Unione, la decisione di avviare un procedimento disciplinare nei suoi confronti è solo un atto preparatorio che non pregiudica la posizione definitiva dell’amministrazione e non può quindi essere considerata come un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v., per analogia, sentenza dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, EU:T:2008:257, punto 340 e giurisprudenza ivi citata).

142    Le conclusioni dirette contro la decisione di avviare un procedimento disciplinare sono, quindi, in quanto tali, irricevibili poiché solo la decisione disciplinare definitiva, vale a dire la decisione di destituzione, costituisce un atto che arreca pregiudizio.

143    Tuttavia, l’irricevibilità di una domanda di annullamento diretta contro un atto che non arreca pregiudizio, non impedisce di dedurre, a sostegno delle conclusioni dirette contro una decisione impugnabile, l’eventuale illegittimità di tale atto (v., per analogia, sentenze del 13 marzo 2003, Pessoa e Costa/Commissione, T‑166/02, EU:T:2003:73, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, se le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di avviare un procedimento disciplinare sono irricevibili, i motivi dedotti a sostegno di tali conclusioni devono essere considerati come diretti contro la decisione di destituzione, adottata al termine di tale procedimento.

5.      Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal SATCEN nei confronti degli argomenti diretti contro il procedimento dinanzi alla commissione di disciplina

144    A sostegno del primo e del secondo motivo di annullamento della decisione di destituzione, la ricorrente contesta le condizioni nelle quali si è svolto il procedimento disciplinare dinanzi alla commissione di disciplina.

145    Secondo il SATCEN, le censure rivolte contro il parere della commissione di disciplina devono essere respinte in quanto irricevibili, dal momento che tali censure dovrebbero essere considerate come rivolte contro il parere stesso della commissione di disciplina, il quale costituisce un atto che arreca pregiudizio e che non è stato oggetto di un previo reclamo amministrativo.

146    A tale riguardo, si deve rilevare, tuttavia, che la sentenza dell’11 luglio 1968, Van Eick/Commissione (35/67, EU:C:1968:39) sulla quale si basa il SATCEN, non è pertinente, in quanto, in tale causa, la Corte ha respinto come irricevibili le conclusioni nella parte relativa all’annullamento del «procedimento dinanzi alla commissione di disciplina», oltre che all’annullamento del parere stesso della commissione di disciplina.

147    Analogamente, nella sentenza del 29 gennaio 1985, F./Commissione (228/83, EU:C:1985:28, punto 16), citata dal SATCEN, la Corte ha dichiarato che sarebbe contrario al principio del contraddittorio e ai diritti della difesa della persona destinataria di un procedimento disciplinare, considerare che essa non possa impugnare separatamente il parere della commissione di disciplina e ottenerne l’annullamento, al fine di far riavviare il procedimento disciplinare.

148    Pertanto, non deriva affatto da tali sentenze, che un ricorrente non possa, a sostegno delle sue conclusioni volte all’annullamento di un provvedimento disciplinare adottato previo parere della commissione di disciplina, sostenere l’irregolarità del procedimento dinanzi a detta commissione di disciplina, procedimento che è stato, nella situazione della ricorrente, il presupposto necessario per la sanzione della destituzione contestata, come risulta dalla lettura combinata degli articoli 7, 9 e 10 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN.

149    Pertanto, gli argomenti relativi all’illegittimità del procedimento dinanzi alla commissione di disciplina sono ricevibili.

150    Alla luce di quanto precede, in primo luogo, le eccezioni di irricevibilità sollevate dal SATCEN nei confronti dell’integralità delle conclusioni dirette all’annullamento e al risarcimento dei danni, devono essere respinte. In secondo luogo, il presente ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione di avviare un procedimento disciplinare e la decisione di rigetto della domanda di assistenza. In terzo luogo, detto ricorso è ricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione di sospensione, la decisione di destituzione e la decisione della commissione di ricorso, con la conseguenza che occorre esaminare la legittimità di tali tre decisioni, iniziando dalla decisione della commissione di ricorso.

C.      Nel merito

1.      Sulla domanda di annullamento

a)      Sulla legittimità della decisione della commissione di ricorso

151    La ricorrente chiede l’annullamento della decisione della commissione di ricorso, per due serie di motivi. In primo luogo, la commissione di ricorso avrebbe violato il diritto della ricorrente a un ricorso effettivo, in ragione, da un lato, della sua composizione, la quale non sarebbe conforme ai criteri di un tribunale indipendente e imparziale e, dall’altro, nella parte in cui avrebbe ignorato la maggior parte degli argomenti di fatto e di diritto da essa avanzati. In secondo luogo, la commissione di ricorso avrebbe, in sostanza, commesso diversi errori di diritto respingendo il ricorso proposto dalla ricorrente.

152    La ricorrente fa anche valere, inoltre, sulla base dell’articolo 277 TFUE, un’eccezione di illegittimità dell’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN per il motivo, in sostanza, che tale disposizione rende la commissione di ricorso la sola istanza di controllo della legittimità delle decisioni del direttore del SATCEN.

153    Il SATCEN conclude nel senso del rigetto della domanda di annullamento della decisione della commissione di ricorso, poiché quest’ultima fornirebbe garanzie sufficienti ad assicurare il rispetto del diritto della ricorrente a un ricorso effettivo. Le sue decisioni possono pertanto essere definitive e vincolanti, come disposto dall’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN.

154    Occorre anzitutto esaminare l’eccezione di illegittimità dell’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN, sollevata dalla ricorrente.

155    Secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 277 TFUE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare in via incidentale, al fine di ottenere l’annullamento di una decisione individuale, la validità di precedenti atti delle istituzioni, che costituiscono il fondamento giuridico di tale decisione individuale (v. sentenza del 19 giugno 2015, Italia/Commissione, T‑358/11, EU:T:2015:394, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

156    Poiché l’articolo 277 TFUE non è diretto a consentire ad una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di carattere generale a sostegno di qualsivoglia ricorso, la portata di un’eccezione di illegittimità dev’essere limitata a quanto è indispensabile per la definizione della lite. Ne consegue che l’atto generale la cui illegittimità è fatta valere dev’essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie che forma oggetto del ricorso e che deve esistere un nesso giuridico diretto tra la decisione individuale impugnata e l’atto generale in questione. A tale riguardo, l’esistenza di un siffatto nesso può desumersi, in particolare, dalla constatazione che l’atto impugnato in via principale poggia essenzialmente su una disposizione dell’atto la cui legittimità è contestata (v. sentenza del 27 ottobre 2016, BCE/Cerafogli, T‑787/14 P, EU:T:2016:633, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

157    L’accertamento di illegittimità da parte del giudice non ha effetto erga omnes, ma comporta l’illegittimità della decisione individuale impugnata, lasciando sussistere l’atto di portata generale nell’ordinamento giuridico senza pregiudicare la legittimità di altri atti che siano stati adottati sul suo fondamento e che non siano stati impugnati entro il termine di ricorso (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 1974, Kortner e a./Consiglio e a., da 15/73 a 33/73, 52/73, 53/73, da 57/73 a 109/73, 116/73, 117/73, 123/73, 132/73 e da 135/73 a 137/73, EU:C:1974:16, punti 37 e 38).

158    Nel caso di specie, l’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN, del quale la ricorrente deduce l’illegittimità, prevede, segnatamente, che la commissione di ricorso è competente ad annullare o confermare le decisioni del direttore del SATCEN adottate sulla base di tale statuto, nonché a risarcire taluni pregiudizi subiti dall’agente a causa della decisione illegittima da parte del direttore del SATCEN (v. supra, punto 13). Tale disposizione precisa inoltre che le decisioni della commissione di ricorso sono «esecutive per le due parti» e che «[n]on è possibile presentare ricorso contro di esse».

159    Orbene, si evince dall’esame della competenza del Tribunale a pronunciarsi sulla presente controversia che il Consiglio non poteva, senza violare le disposizioni dell’articolo 19 del TUE e dell’articolo 256 del TFUE, conferire alla commissione di ricorso una competenza obbligatoria ed esclusiva a controllare la legittimità delle decisioni del direttore del SATCEN, e a pronunciarsi sulla richiesta di risarcimento dei suoi agenti, nel caso in cui, come nel caso di specie, è il Tribunale ad essere competente a conoscere, in primo grado, tale tipo di controversie (v. punti da 101 a 110 supra).

160    Di conseguenza, avendo istituto, con la decisione 2009/747, una commissione di ricorso la cui competenza è esclusiva e alternativa a quella del Tribunale, e avendo mantenuto detta commissione anche dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio ha violato i Trattati, in particolare i summenzionati articoli 19 TUE e 256 TFUE. Si deve pertanto accogliere l’eccezione di illegittimità e dichiarare inapplicabile al caso di specie l’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN.

161    Di conseguenza, la decisione della commissione di ricorso, adottata sulla base dei poteri che le conferisce tale disposizione, risulta priva di una base giuridica, con la conseguenza che deve essere annullata, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi sollevati dalla ricorrente contro la decisione della commissione di ricorso.

162    L’illegittimità della decisione della commissione di ricorso è peraltro irrilevante ai fini dell’osservanza del termine di ricorso da parte della ricorrente, per quanto riguarda le decisioni di sospensione e destituzione.

163    Vero è che, per effetto della presente sentenza, la decisione della commissione di ricorso è esclusa retroattivamente dall’ordinamento giuridico, ponendo il Tribunale di fronte a un ricorso proposto dopo il termine di due mesi previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, aumentato in ragione della distanza di dieci giorni, come previsto dall’articolo 60 del regolamento di procedura. Infatti, mentre la decisione di sospensione e la decisione di destituzione sono state notificate alla ricorrente rispettivamente il 5 luglio 2013 e il 4 marzo 2014, il presente ricorso è stato proposto il 28 maggio 2015.

164    Tuttavia, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito dell’articolo 263 TFUE, la ricevibilità di un ricorso deve essere valutata con riferimento alla situazione del momento in cui è depositato il ricorso (sentenze del 27 novembre 1984, Bensider e a./Commissione, 50/84, EU:C:1984:365, punto 8, e del 18 aprile 2002, Spagna/Consiglio, C‑61/96, C‑132/97, C‑45/98, C‑27/99, C‑81/00 e C‑22/01, EU:C:2002:230, punto 23).

165    Orbene, al momento della proposizione del presente ricorso, l’illegittimità dell’articolo 28, paragrafo 6, dello statuto del personale del SATCEN non era stata rilevata dal Tribunale. Di conseguenza, l’adizione della commissione di ricorso, che statuisce in conformità con i poteri conferitile da tale disposizione, era fondata su una base giuridica e costituiva un rimedio giurisdizionale che, in linea di principio, offriva alla ricorrente un modo per risolvere la sua situazione, in quanto non si poteva escludere a priori che la commissione di ricorso annullasse le decisioni del direttore del SATCEN impugnate. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, gli atti delle istituzioni dell’Unione si presumono, in linea di principio, legittimi e producono pertanto effetti giuridici, finché non siano stati revocati o annullati nel contesto di un ricorso per annullamento ovvero dichiarati invalidi a seguito di un rinvio pregiudiziale o di un’eccezione di illegittimità (v. sentenza del 6 ottobre 2015, Schrems,C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

166    Di conseguenza, non si può ritenere, alla luce del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta, che la consultazione della commissione di ricorso per quanto riguarda le decisioni di sospensione e di destituzione possa comportare una preclusione per la ricorrente a contestare dinanzi al Tribunale le medesime decisioni, che sono state, in sostanza, confermate dalla decisione della commissione di ricorso (v., per analogia, sentenza del 21 febbraio 2018, LL/Parlamento, C‑326/16 P, EU:C:2018:83, punto 35).

167    In tali circostanze, il termine di ricorso avverso le decisioni di sospensione e di destituzione ha iniziato a decorrere nei confronti della ricorrente solo il 23 marzo 2015, data in cui la decisione della commissione di ricorso le è stata notificata. Pertanto, avendo proposto il presente ricorso contro le decisioni di sospensione e di destituzione in data 28 maggio 2015, la ricorrente ha rispettato il termine di due mesi previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, aumentato di dieci giorni in ragione della distanza, come previsto dall’articolo 60 del regolamento di procedura.

b)      Sulla legittimità della decisione di destituzione

168    A sostegno della sua domanda di annullamento della decisione di destituzione, la ricorrente deduce cinque motivi. Il primo motivo verte sulla violazione del principio di buona amministrazione e dell’obbligo d’imparzialità nel corso dell’indagine amministrativa (prima parte) e nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di disciplina (seconda parte). Il secondo motivo verte sulla violazione delle norme di procedura e dei diritti della difesa nel corso dell’indagine amministrativa (prima parte) e nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di disciplina (seconda parte). Il terzo motivo, concerne la violazione del principio della presunzione di innocenza. Il quarto motivo verte sul mancato accertamento della sussistenza dei fatti asseriti. Il quinto motivo verte su uno sviamento di potere.

169    Con la prima parte del suo primo motivo e la prima parte del secondo motivo, la ricorrente mira a rimettere in discussione il procedimento di indagine amministrativa. Pertanto, il Tribunale ritiene opportuno esaminare congiuntamente queste due parti, vertenti, rispettivamente, sulla violazione del principio di buona amministrazione e dell’obbligo d’imparzialità nel corso dell’indagine amministrativa, e sulla violazione delle norme di procedura e dei diritti della difesa nel corso di tale indagine.

1)      Sulla regolarità dell’indagine amministrativa

170    In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, dello statuto del personale del SATCEN, il direttore del SATCEN può avviare un’indagine amministrativa al fine di verificare l’eventuale inadempimento, da parte di un agente, degli obblighi di cui al presente statuto del personale, qualora siano portati a sua conoscenza elementi di prova che fanno presumere l’esistenza di una siffatta violazione.

171    A norma dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN:

«Qualora da un’indagine interna risulti la possibilità del coinvolgimento personale di un agente o di un ex agente, l’interessato è informato rapidamente, sempreché ciò non pregiudichi lo svolgimento dell’indagine. In ogni caso, al termine dell’indagine non si può trarre alcuna conclusione che faccia nominativamente riferimento a un agente senza che quest’ultimo abbia avuto la possibilità di formulare osservazioni sui fatti che lo riguardano. Le conclusioni fanno riferimento a tali osservazioni».

172    A norma dell’articolo 2, dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN:

«Sulla base del rapporto d’indagine, dopo aver notificato all’agente interessato tutti gli elementi di prova dei fascicoli e dopo averlo sentito, il direttore può: (…) c) in caso di inosservanza degli obblighi ai sensi dell’articolo 27 dello statuto: 1) decidere l’avvio del procedimento disciplinare previsto alla sezione 4 del presente allegato; oppure ii) decidere l’avvio di un procedimento disciplinare dinanzi alla commissione di disciplina».

173    Qualora il procedimento disciplinare sia avviato dinanzi alla commissione di disciplina, il direttore sottopone a quest’ultima, ai sensi dell’articolo 10 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, un rapporto in cui sono chiaramente specificati i fatti addebitati ed eventualmente le circostanze nelle quali sono stati commessi, comprese le circostanze aggravanti o attenuanti. Il rapporto sottoposto alla commissione di disciplina è adottato alla fine dell’indagine, dopo aver sentito l’agente interessato, e mira unicamente ad accertare i fatti, alla luce in particolare dell’esito dell’audizione, e a metterli in correlazione con gli obblighi o con le disposizioni dello statuto la cui violazione è contestata all’agente (v., per analogia, sentenza del 10 giugno 2016, HI/Commissione, F‑133/15, EU:F:2016:127, punto 131).

174    L’indagine amministrativa mira dunque a stabilire i fatti addebitati alla persona interessata e le relative circostanze, nonché a consentire al direttore del SATCEN di valutarne, prima facie, l’esistenza e la gravità, al fine di formarsi un’opinione in merito all’opportunità di adire la commissione di disciplina per l’adozione, se del caso, di una sanzione disciplinare.

175    L’autorità incaricata di un’indagine amministrativa, come risulta dalla giurisprudenza, dispone di un ampio potere discrezionale nello svolgimento dell’inchiesta (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 16 maggio 2012, Skareby/Commissione, F‑42/10, EU:F:2012:64, punto 38; dell’11 luglio 2013, Tzirani/Commissione, F‑46/11, EU:F:2013:115, punto 124, e del 18 settembre 2014, CV/CESE, F‑54/13, EU:F:2014:216, punto 43).

176    A tale proposito, va ricordato che il diritto dell’Unione impone che le procedure amministrative siano condotte nel rispetto delle garanzie derivanti dal principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta. Tra tali garanzie figura, in particolare, l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Il diritto di ogni individuo a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale include, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno degli agenti dell’istituzione interessata incaricati della questione deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta a offrire garanzie sufficienti ad escludere qualsiasi legittimo dubbio sulla sua imparzialità (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 155 e giurisprudenza ivi citata; v., altresì, in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2010, Nanopoulos/Commissione, F‑30/08, EU:F:2010:43, punto 189).

177    Inoltre, il diritto ad una buona amministrazione comprende, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di un provvedimento individuale che le arrechi pregiudizio, nonché il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda. Per quanto riguarda lo svolgimento di indagini amministrative presso il SATCEN, tali norme sono riprese all’articolo 1, paragrafo 1 e all’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, rispettivamente citate ai punti 171 e 172 supra.

178    È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare congiuntamente la prima parte del primo motivo e la prima parte del secondo motivo, con le quali la ricorrente mette in discussione i) la scelta del suo superiore gerarchico quale incaricato della conduzione dell’indagine amministrativa; ii) l’uso, come modalità dell’indagine amministrativa, di un questionario a risposta multipla che la cita nominativamente; iii) il fatto che essa non sia stata coinvolta nell’indagine amministrativa e iv) il rifiuto di accesso in tempo utile ai documenti dell’indagine amministrativa.

i)      Sulla scelta dell’inquirente

179    La ricorrente contesta la designazione del suo superiore, il vicedirettore del SATCEN, quale incaricato della conduzione dell’indagine amministrativa nei suoi confronti. A suo parere, costui mancava di imparzialità sotto il profilo oggettivo per eseguire l’indagine diligentemente, in quanto avrebbe costantemente mostrato pregiudizi, parzialità e ostilità nei suoi scambi professionali con la stessa.

180    In tal senso la ricorrente sostiene che aveva messo in discussione il vicedirettore del SATCEN nell’ambito di due domande di assistenza per fatti di molestie psicologiche di cui sarebbe stata vittima. La ricorrente sostiene inoltre aver subito insulti e attacchi nell’ambito di riunioni in presenza del direttore del SATCEN e del suo vicedirettore, nonché nelle tre relazioni di valutazione annuale redatte da quest’ultimo. L’ostilità del vicedirettore del SATCEN nei confronti della ricorrente sarebbe ulteriormente dimostrata dal fatto che esso, con il direttore del SATCEN, le avrebbe arbitrariamente tolto responsabilità, «nonostante le sue incontestate competenze professionali».

181    A tale proposito, si deve rilevare, innanzitutto, che non risulta dal fascicolo che il vicedirettore del SATCEN abbia arbitrariamente tolto responsabilità alla ricorrente, né che quest’ultima sia stata oggetto di insulti in sua presenza, dal momento che tali affermazioni sono suffragate soltanto da note redatte dalla ricorrente stessa. Inoltre, anche supponendo che si debba concedere valore probatorio a tali dichiarazioni, resta il fatto che il vicedirettore del SATCEN non vi è messo in discussione direttamente, né come colui che ha tolto responsabilità alla ricorrente, né come testimone degli insulti nei suoi confronti, che egli avrebbe tollerato.

182    Per quanto riguarda, poi, le sue relazioni di valutazione annuali, la ricorrente non dimostra in che modo esse siano riempite di insulti e dimostrino la parzialità e l’ostilità del vice direttore del SATCEN. Contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, la valutazione delle prestazioni di un agente valutato da un superiore gerarchico, seppure critica, non può essere paragonata a dichiarazioni insultanti e non può dimostrare, di per sé, la parzialità del superiore gerarchico in questione.

183    Infine, sebbene la ricorrente sostenga che fosse inappropriato designare in qualità di inquirente il vicedirettore del SATCEN, poiché quest’ultimo era l’oggetto di due domande di assistenza da parte sua, occorre respingere tale argomento.

184    Infatti, si deve rilevare, da un lato, che la ricorrente non ha contestato il vicedirettore del SATCEN nelle sue osservazioni sulla sua valutazione annuale, redatte in data 30 maggio 2011. La ricorrente ha peraltro, successivamente precisato, il 7 marzo 2013, che non era stato dato seguito alla sua denuncia del 2012, secondo cui si sentiva vittima di molestie psicologiche da parte del direttore delle finanze, e non del vicedirettore del SATCEN.

185    Dall’altro lato, il vicedirettore del SATCEN è stato designato dal direttore del SATCEN per condurre l’indagine amministrativa l’8 marzo 2013, ovvero anteriormente all’invio, il 20 marzo 2013, della seconda domanda di assistenza della ricorrente, con la quale quest’ultima avrebbe contestato il comportamento del vicedirettore del SATCEN.

186    In ogni caso, vanno ricordati i termini della seconda domanda di assistenza della ricorrente, nella quale figura il nome dell’inquirente:

«Con la presente, le chiedo formalmente di prendere misure per porre fine alle molestie contro di me e la mia funzione (…)

In particolare, le chiedo che [il direttore delle finanze] cessi di controllare e interrogare gli agenti della mia divisione riguardo a questioni interne alla divisione (…) e cessi di diffondere la sua opinione tendenziosa. Se ho imputato solamente a lui la situazione di umiliazioni nel settembre 2012, posso ormai vedere un’alleanza di taluni collaboratori che sembra influenzare altri colleghi, tra i quali il vicedirettore, attraverso voci e pettegolezzi che mi discreditano».

187    Contrariamente a quanto indica la ricorrente, una tale formulazione non intende mettere in discussione direttamente il vicedirettore del SATCEN nella situazione della quale la ricorrente pretende essere vittima, bensì il direttore delle finanze. Infatti, per quanto riguarda il vicedirettore del SATCEN, designato a condurre l’indagine, la ricorrente si è limitata ad affermare che avrebbe potuto essere influenzato dall’opinione del direttore delle finanze. Pertanto, la domanda di assistenza della ricorrente non è sufficiente a dimostrare la parzialità dell’inquirente.

188    Di conseguenza, non risulta a sufficienza dagli elementi del fascicolo che la designazione della persona incaricata delle indagini poteva destare nella ricorrente legittime preoccupazioni quanto alla sua imparzialità oggettiva al riguardo.

ii)    Sull’uso di un questionario a risposta multipla riguardante la ricorrente nell’ambito dell’indagine amministrativa

189    La ricorrente mette in discussione le modalità dell’indagine amministrativa e sostiene che, durante il suo svolgimento, il SATCEN ha violato il principio di buona amministrazione e il requisito di imparzialità che esso implica.

190    La ricorrente contesta il fatto che la persona incaricata delle indagini abbia chiesto a diversi agenti del SATCEN di riempire un questionario a risposta multipla, il cui titolo la citava nominativamente collegandola al concetto di intimidazione. La ricorrente aggiunge che le domande a risposta multipla incluse in tale questionario erano orientate e molto suggestive. In tal senso, a suo parere, l’invio del questionario costituiva, in quanto tale, uno strumento inadeguato all’accertamento dei fatti.

191    A tale proposito, secondo la ricorrente, l’obiettivo di un’indagine amministrativa relativa a possibili violazioni disciplinari comporta la raccolta di tutti gli elementi precisi e pertinenti. Orbene, nel caso di specie, il rapporto di indagine amministrativa non menzionerebbe alcun incidente preciso e dimostrerebbe che la persona incaricata delle indagini si è limitata a raccogliere le risposte al questionario e a riprodurre le accuse generali in esse contenute.

192    Ne deriverebbe che l’indagine amministrativa era parziale e prevenuta e, di conseguenza, avrebbe violato il principio di buona amministrazione e il requisito d’imparzialità.

193    Il SATCEN contesta gli argomenti della ricorrente e sottolinea che il questionario conteneva due domande aperte le cui risposte devono essere lette in combinazione con quelle del questionario a risposta multipla.

194    Nel caso di specie, occorre ricordare che, il 14 novembre 2012, il direttore del SATCEN ha ricevuto una denuncia, firmata da dodici agenti e redatta nei seguente termini:

«Abbiamo tutti, in un modo o nell’altro, rilevato a che punto [KF] si era comportata in modo inopportuno, adottando decisioni in funzione dell’identità della persona che ne faceva domanda, applicando le norme a suo piacimento; abbiamo osservato una situazione di molestie e abusi nei confronti di taluni membri del personale. Siamo stati inoltre oggetto di un’intrusione nelle nostre attività professionali, riguardo a problematiche di cui non era esperta. Tutto ciò rende le nostre attività quotidiane difficili e meno efficaci di quanto dovrebbero essere. Non è normale che tale agente del SATCEN cerchi quotidianamente lo scontro con uno di noi e che noi ci rallegriamo delle sue assenze dall’ufficio. La critica nei confronti di noi colleghi è permanente e l’ambiente di lavoro è disastroso, o addirittura nocivo. Sappiamo che altri membri del personale del SATCEN sono a conoscenza della situazione e potrebbero, se del caso, fornirvi ulteriori prove a sostegno della nostra denuncia. Il nostro obiettivo, una volta verificate tutte le prove, è che adottiate le misure necessarie per garantire che tale tipo di comportamento, così lontano dallo spirito dell’[Unione], non si riproduca mai più».

195    L’8 marzo 2013 il direttore del SATCEN ha, quindi, avviato un’indagine amministrativa. Secondo il rapporto d’indagine essa è stata giustificata dall’«estrema gravità della situazione portata a conoscenza del direttore del SATCEN, che dimostrava un inadempimento [della ricorrente] agli obblighi derivanti dallo statuto del personale del SATCEN», e intendeva «raccogliere i fatti che consentano di individuare una possibile situazione di molestie psicologiche e intimidazioni [da parte della ricorrente] nei confronti del personale posto sotto la sua diretta autorità».

196    L’indagine amministrativa è consistita nell’inviare, il 12 giugno 2013, a 24 agenti del SATCEN, un questionario a risposta multipla intitolato «Questionario sulle molestie» e che indicava: «[S]i prega di rispondere alle seguenti domande intese a verificare l’esistenza di eventuali comportamenti intimidatori di [KF] nei vostri confronti» Il questionario si presentava sotto forma della seguente tabella, contenente delle caselle da spuntare corrispondenti a categorie di comportamenti che la ricorrente avrebbe tenuto nei loro confronti:


Domanda

Risposta



No

Occasionalmente

Spesso

1

Mancato o scarso riconoscimento, mancanza di fiducia negli altri




2

Scarsa partecipazione alle decisioni




3

Poca o scarsa comunicazione/informazione




4

Mancanza di informazioni sul rendimento




5

Commenti degradanti, o offensivi, pressioni, comportamenti aggressivi, reazioni inadeguate




6

Insulti relativi alla persona o alla competenza professionale




7

Commenti insultanti o minacciosi, tanto scritti quanto orali




8

Intimidazioni, pressioni




9

Minacce di ritorsioni




10

Svilimento dei contributi e dei risultati




11

Degradazione dei rapporti sociali




12

Sentimento di essere isolato, separato, escluso respinto, ignorato, denigrato o umiliato




13

Fissazione di obiettivi o compiti manifestamente irrealizzabili




14

Mancanza di attività o attività non corrispondenti al profilo del posto occupato





197    I destinatari del questionario erano anche interrogati sulla questione se, nell’ipotesi in cui avessero dovuto far fronte a uno di tali comportamenti, questi avessero avuto una delle seguenti conseguenze, presentate anch’esse sotto forma di tabella con caselle da spuntare:


Domanda

Risposta



No

Parzialmente

15

Isolamento e tendenza alla degradazione dei rapporti sociali




16

Commissione di errori sempre più numerosi, incapacità di concentrazione, diminuzione della produzione, perdita di motivazione




17

Sviluppo professionale ostacolato e compromissione della carriera




18

Problemi di salute mentale e fisica come lo stress, l’ansia, il sentimento di vergogna e la perdita di motivazione




19

Umiliazione, disorientamento, disturbi del sonno, depressione o aumento di problemi di salute fisici o psicologici seri




20

Degradazione delle norme sul luogo di lavoro




21

Aumento dei conflitti




22

Amplificazione di problemi secondari





198    Come risulta dalle disposizioni e dalla giurisprudenza ricordati ai paragrafi da 170 a 177 supra, l’indagine amministrativa conseguente ad accuse di violazione dei doveri professionali relative a un agente del SATCEN ha per oggetto l’accertamento dell’esistenza dei fatti contestati e deve, pertanto, consistere nella ricerca diligente e imparziale di tutti gli elementi precisi e pertinenti relativi al caso in questione. Alla luce dei termini della denuncia presentata dinanzi al direttore del SATCEN, che mettono in discussione l’atteggiamento generale della ricorrente, qualificandolo, tra l’altro, come «molestie», la persona incaricata delle indagini doveva invitare i denuncianti a dimostrare i fatti allegati e valutarne il carattere coerente e dettagliato, prima, eventualmente, di qualificarli giuridicamente.

199    Orbene, la persona incaricata delle indagini ha inviato ai denuncianti, e ad altri agenti del SATCEN, un «questionario sulle molestie» contenente domande a risposta multipla corrispondenti, in sostanza, alle categorie generali di comportamenti che possono costituire «molestie psicologiche».

200    Una tale iniziativa non aveva pertanto lo scopo di accertare la sussistenza dei fatti precisi allegati, ma quello di chiedere ai destinatari del questionario di esprimere le loro opinioni, in modo generale e astratto, su categorie di comportamenti che essi ritenevano aver constatato nella ricorrente.

201    È vero che il SATCEN godeva di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda l’avvio di un’indagine e la determinazione delle modalità pratiche della stessa. Tuttavia, rivolgendo a coloro che lavorano quotidianamente con la ricorrente un questionario a risposta multipla, che la riguarda e ne indica il nome, il SATCEN non ha agito con la prudenza e la diligenza necessarie in una controversia tra un organismo dell’UE e uno dei suoi agenti. Una tale iniziativa poteva solo peggiorare i rapporti di lavoro tra la ricorrente e i suoi colleghi, superiori o subordinati, prima ancora che l’esistenza di fatti specifici avesse potuto essere dimostrata in modo obiettivo. Altri strumenti sarebbero stati più appropriati affinché il vicedirettore fosse in grado di valutare il comportamento della ricorrente, segnatamente attraverso colloqui bilaterali con le persone che avevano presentato la denuncia al fine di ascoltare con calma e obiettivamente i motivi che esse deducevano, nonché colloqui diretti con la ricorrente. Se del caso, è all’esito di tali colloqui che il vicedirettore avrebbe dovuto determinare se sussistessero taluni tipi di comportamenti idonei, alla luce del loro carattere durevole, ripetitivo o sistematico, e dei loro effetti, a costituire molestie psicologiche o, quantomeno, una violazione, da parte della ricorrente, dei suoi obblighi professionali.

202    L’uso di un tale questionario a risposta multipla al fine di stabilire la veridicità delle accuse di molestie, indirizzato dall’inquirente a 24 agenti del SATCEN, deve, pertanto, essere considerato come manifestamente inadeguato e, di conseguenza, in contrasto con il dovere di diligenza che deve presiedere lo svolgimento di un’indagine amministrativa.

203    Vero è che, come sottolinea il SATCEN, gli agenti interrogati erano altresì invitati a rispondere a due domande aperte in margine al questionario a risposta multipla. Tuttavia, deriva dalla formulazione stessa di tali due questioni che esse non sono idonee a rimettere in questione la manifesta inadeguatezza di detto questionario. Da un lato, con la prima domanda aperta, era chiesto agli agenti interrogati di segnalare qualsiasi fatto o evento relativo alle caselle del questionario che avevano spuntato. Le risposte che potevano essere date a tale domanda erano quindi indissolubilmente legate alle categorie generali di comportamenti censurabili che comparivano nel questionario. Dall’altro lato, con la seconda domanda aperta, gli agenti interrogati erano invitati a indicare se erano stati testimoni di un comportamento che configurava molestie psicologiche da parte della ricorrente nei confronti degli altri agenti del SATCEN. Rivolgendo tale domanda, il SATCEN è, dunque, partito dal principio che i comportamenti descritti nella risposta alla stessa potessero, ancor prima di essere oggetto di un esame oggettivo, essere qualificati come molestie psicologiche da parte degli agenti interrogati stessi.

204    In ogni caso, risulta dal fascicolo che le conclusioni del rapporto d’indagine, secondo le quali era dimostrata la sussistenza delle condotte addebitate alla ricorrente, si fondano unicamente su categorie generali di comportamenti imputati alla ricorrente, senza citare elementi precisi provenienti dalle risposte degli agenti alle due domande aperte.

205    Del resto, come giustamente fa valere la ricorrente, la persona incaricata delle indagini, il vicedirettore del SATCEN, ha mancato di prudenza associando il nome della ricorrente a un «questionario sulle molestie». Un siffatto modo di procedere è idoneo a rimettere in discussione l’imparzialità soggettiva del vicedirettore del SATCEN, in quanto, quest’ultimo, così agendo, ha fatto riferimento alla responsabilità della ricorrente in ragione di violazioni disciplinari giuridicamente qualificate, quando la stessa, in questa fase, non era stata ascoltata, e l’avvio di un procedimento disciplinare non era stato ancora deciso.

206    Alla luce di quanto sopra, non si può ritenere che l’indagine amministrativa intendesse seriamente accertare i fatti precisi ricercando con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. In tali circostanze, si deve concludere che il SATCEN non ha agito con tutta la diligenza richiesta che un organismo dell’Unione deve ai membri del suo personale adottando le misure proporzionate e adeguate alle circostanze del caso di specie.

207    Alla luce di quanto precede, il Tribunale conclude che il SATCEN ha violato il principio di buona amministrazione, il dovere di diligenza e il requisito dell’imparzialità nello svolgimento dell’indagine amministrativa.

iii) Sul mancato coinvolgimento della ricorrente all’indagine amministrativa

208    La ricorrente censura inoltre il fatto che il SATCEN non l’abbia coinvolta nell’indagine amministrativa, in violazione del suo diritto ad essere ascoltata e dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN.

209    In tal senso, la ricorrente sostiene che essa non ha ricevuto alcuna informazione concernente l’indagine amministrativa tra il marzo 2013, quando l’indagine è iniziata, e il luglio 2013, nel corso del quale è stata informata, per la prima volta, delle modalità di detta indagine. Inoltre, se la ricorrente è stata convocata dalla persona incaricata delle indagini per la prima volta il 2 luglio 2013, essa sottolinea che, a tale data, le conclusioni dell’indagine erano già state finalizzate.

210    Orbene, secondo la ricorrente, essa avrebbe dovuto essere ascoltata, conoscere i dettagli degli incidenti che le erano contestati e disporre di tempo sufficiente ad esaminarli.

211    Nel caso di specie, dagli atti di causa emerge che il direttore del SATCEN ha informato la ricorrente dell’avvio di un’indagine amministrativa, con una nota datata 4 aprile 2013, facendo riferimento all’articolo 27 dello statuto del personale del SATCEN.

212    Il direttore del SATCEN ha comunicato alla ricorrente le conclusioni del rapporto di indagine con messaggio di posta elettronica del 3 luglio 2013, ore 16h56. In tale messaggio, il direttore del SATCEN ha invitato la ricorrente a partecipare a un’audizione il 5 luglio 2013 alle ore 10, e a presentare le sue osservazioni sulle conclusioni del rapporto d’indagine.

213    Ai sensi di tali conclusioni, il vicedirettore del SATCEN ha ritenuto che gli agenti che lavoravano nelle immediate vicinanze della ricorrente avevano «chiaramente conferma[to] diversi aspetti che caratterizzano le molestie psicologiche», poiché, per quanto riguarda varie categorie generali di comportamenti elencati nel questionario a risposta multipla, diversi agenti avevano spuntano la casella «spesso» (si tratta delle seguenti categorie: «mancato o scarso riconoscimento, mancanza di fiducia negli altri», spuntata sei volte; «commenti degradanti, o offensivi, pressioni, comportamenti aggressivi, reazioni inadeguate», spuntata sette volte; «insulti relativi alla persona o alla competenza professionale», spuntata tre volte; «commenti insultanti o minacciosi», spuntata tre volte; «intimidazioni, pressioni», spuntata sette volte; «denigrazione dei contributi», spuntata tre volte; «sentimento di umiliazione», spuntata quattro volte).

214    Inoltre, per quanto riguarda agenti che non lavoravano direttamente con la ricorrente, il vicedirettore del SATCEN ha indicato, nel rapporto d’indagine, che «[erano] state riferite le seguenti dichiarazioni: micro gestione permanente non corrispondente ad un [agente di] grado A 4; mancanza di fiducia che porta a continue verifiche; critiche pubbliche nei confronti dei funzionari a prescindere dalle loro funzioni; diffusione di notizie incontrollate sull’inattività di alcuni attori interni; amplificazione di problemi secondari; iniziative inadeguate e talvolta mancato rispetto delle decisioni del direttore e del vicedirettore».

215    Secondo il rapporto d’indagine, il vicedirettore del SATCEN ha dedotto da tali elementi che era «assodato che il comportamento di [KF] [era] abusivo, intenzionale, ripetitivo, durevole o sistematico, diretto a screditare o sminuire gli interessati», e che «tali comportamenti attribuiti a [KF] [erano] confermati e, considerata la loro natura, la loro frequenza e i loro effetti su taluni membri del personale, costitui[va]no molestie psicologiche».

216    Orbene, si deve rilevare, da un lato, che le conclusioni del rapporto d’indagine, che considerano accertata l’esistenza di fatti costitutivi di molestie psicologiche, sono redatte in termini particolarmente generali e imprecisi, facendo riferimento unicamente a categorie generali di comportamenti imputati alla ricorrente, senza citare alcun incidente preciso, il che rendeva difficile per la ricorrente esercitare i propri diritti di difesa. Dall’altro lato, alla ricorrente è stato concesso un termine inferiore alle 48 ore per presentare le sue osservazioni su tale rapporto, relativo a fatti particolarmente gravi di cui era accusata e che concludeva una indagine iniziata diversi mesi prima. In tali circostanze, non si può ritenere che il SATCEN abbia debitamente ascoltato la ricorrente prima che fossero tratte conclusioni dal direttore del SATCEN, alla luce del rapporto d’indagine.

217    È quindi fondata la censura della ricorrente relativa alla violazione da parte del SATCEN della norma secondo la quale il direttore del SATCEN può trarre conclusioni da una indagine amministrativa solo dopo che l’agente interessato sia stato previamente e debitamente ascoltato, come previsto all’articolo 1, paragrafo 1 e all’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN (v. punti 171 e 172 supra), regola che costituisce una specifica applicazione del principio generale della tutela dei diritti della difesa, sancito, peraltro, dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta (v. punto 177 supra).

iv)    Sull’accesso tempestivo della ricorrente ai documenti dell’indagine amministrativa

218    Secondo la ricorrente, i documenti contenuti nel fascicolo di indagine sui quali il direttore del SATCEN si è basato per adottare la decisione di avviare il procedimento disciplinare le sono stati comunicati solo nell’ottobre 2013, vale a dire dopo l’effettiva adozione di tale decisione, il 5 luglio 2013. Pertanto, la ricorrente non avrebbe disposto di informazioni sufficienti per individuare le accuse di cui era oggetto, né per rispondervi in maniera efficace, con la conseguenza che la decisione di avviare un procedimento disciplinare avrebbe violato l’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN.

219    Nella specie, si deve constatare che, come risulta dal verbale della riunione del 5 luglio 2013, e come il SATCEN ha riconosciuto in udienza, i documenti ai quali si riferisce il rapporto di indagine amministrativa non sono stati comunicati alla ricorrente prima dell’adozione, lo stesso giorno, della decisione di avviare un procedimento disciplinare che concludeva l’indagine amministrativa.

220    Infatti, ai termini di tale verbale, il direttore del SATCEN ha considerato che la ricorrente non poteva, in questa fase, avere accesso ai questionari compilati e firmati dagli agenti del SATCEN in ragione delle norme relative alla tutela dei dati personali, e dei timori di ritorsioni che potevano dirigersi contro gli agenti che avevano testimoniato.

221    A tale proposito, vero è che è stato giudicato che l’amministrazione era tenuta, nell’ambito di un’indagine amministrativa condotta a seguito di una denuncia, a conciliare due diritti che potevano essere contraddittori, vale a dire il diritto della persona denunciata di esercitare i propri diritti di difesa, e il diritto del denunciante a che la sua denuncia sia esaminata correttamente, ove tale diritto del denunciante si traduce in un obbligo di riservatezza che incombe all’amministrazione, in forza del quale essa è tenuta ad evitare ogni comportamento idoneo a compromettere i risultati dell’indagine (v., per analogia, sentenza del 13 dicembre 2012, Donati/BCE, F‑63/09, EU:F:2012:193, punto171).

222    Tuttavia, una siffatta ponderazione di diritti in conflitto non doveva essere effettuata nel caso di specie, poiché i risultati dell’indagine amministrativa erano già stati ottenuti, di modo che il buon andamento dell’operazione non avrebbe potuto essere compromesso dalla divulgazione delle testimonianze alla ricorrente. Questo è anche il motivo per cui l’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del SATCEN prevede, in termini chiari ed incondizionati, che il direttore del SATCEN è tenuto a comunicare a qualsiasi persona sottoposta a indagine tutti i documenti tra la fine di tale indagine e l’adozione della decisione di avviare un procedimento disciplinare (v. punto 172 supra).

223    In ogni caso, anche supponendo che l’obbligo di riservatezza dell’amministrazione avesse potuto giustificare una limitazione dei diritti della difesa della ricorrente, il direttore del SATCEN non ha nemmeno preso in considerazione di concederle un accesso alle testimonianze di cui trattasi, dopo averle rese anonime. Orbene, una possibilità del genere era stata espressamente prevista dal vicedirettore del SATCEN, il quale, rivolgendo il questionario agli agenti del SATCEN destinatari nell’ambito dell’indagine, si era preoccupato di precisare: «La prima pagina contiene il vostro nome, la data e la firma (della persona incaricata delle indagini e di chi testimonia) e può essere totalmente separata dal questionario stesso (…) ove sia necessario per tutelare la persona che testimonia».

224    Alla luce di quanto precede, la ricorrente fondatamente sostiene che, omettendo di comunicarle i documenti del fascicolo prima di adottare la decisione di avviare un procedimento disciplinare, il direttore del SATCEN ha violato il suo diritto di accesso al fascicolo, come previsto dall’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, e ricordato all’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN (v. punti 172 e 177 supra).

2)      Sulle conseguenze dell’irregolarità dell’indagine amministrativa

225    Secondo una costante giurisprudenza, affinché un’irregolarità procedurale possa giustificare l’annullamento di un atto, è necessario che, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso (v. sentenza del 18 settembre 2015, Wahlström/Frontex, T‑653/13 P, EU:T:2015:652, punto 21 e giurisprudenza ivi citata). Nel contesto di detto esame, è stato dichiarato che doveva tenersi conto del complesso delle circostanze del caso di specie e, segnatamente, della natura delle censure e dell’entità delle irregolarità procedurali commesse con riguardo alle garanzie di cui l’agente ha potuto beneficiare (v. sentenza del 15 aprile.2015, Pipiliagkas/Commissione, F‑96/13, EU:F:2015:29, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

226    Nella specie, è stato accertato, nell’ambito dell’esame della fondatezza della prima parte del primo motivo e della prima parte del secondo motivo, che, nello svolgimento dell’indagine amministrativa di cui la ricorrente è stata oggetto, il SATCEN ha, da un lato, violato il suo obbligo di condurre un’indagine amministrativa con cura e imparzialità e, dall’altro, violato il diritto della ricorrente di essere ascoltata, nonché il suo diritto di accesso al fascicolo.

227    Come è stato rilevato ai punti da 171 a 173 supra, il procedimento disciplinare di cui all’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN prevede due fasi distinte. La prima fase consiste nello svolgimento di un’indagine amministrativa diligente e imparziale, avviata con decisione del direttore del SATCEN, seguita dall’elaborazione di un rapporto d’indagine e chiusa, dopo che l’interessato è stato ascoltato sui fatti che gli vengono addebitati, dalle conclusioni tratte da tale rapporto. La seconda fase è costituita dal procedimento disciplinare propriamente detto, avviato dal direttore stesso sulla base di tale rapporto d’indagine, e consistente, sia nell’avviare un procedimento disciplinare senza consultazione della commissione di disciplina, sia nell’adire detta commissione, sulla base del rapporto redatto dal direttore del SATCEN in base all’esito dell’indagine e delle osservazioni presentate dalla persona interessata riguardo alla stessa.

228    Ne deriva che l’indagine amministrativa condiziona l’esercizio, da parte del direttore del SATCEN, del suo potere di valutare quali conseguenze attribuire a tale indagine e che tali conseguenze possono condurre, in fine, all’irrogazione di una sanzione disciplinare. Infatti, è sulla base di tale indagine e dell’audizione dell’agente interessato che il direttore del SATCEN valuta, innanzitutto, se occorra o meno avviare un procedimento disciplinare, in seguito, se esso debba, eventualmente, comportare l’adizione della commissione di disciplina e, infine, allorché avvia un procedimento dinanzi alla commissione di disciplina, i fatti sottoposti a detta commissione.

229    Di conseguenza, poiché la competenza del direttore del SATCEN non è vincolata, non può escludersi, ove l’indagine amministrativa fosse stata condotta con cura e imparzialità, che essa avrebbe potuto comportare un’altra valutazione iniziale dei fatti e sfociare, quindi, in conseguenze diverse, cosicché avrebbe potuto essere adottata una decisione meno grave di quella di destituzione della ricorrente (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione, T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74, punto 82).

230    Inoltre, non consentendo alla ricorrente di difendere utilmente il suo punto di vista al termine dell’indagine amministrativa, il SATCEN l’ha privata della possibilità di convincere il direttore del SATCEN che un’altra valutazione iniziale dei fatti, determinante per il proseguimento del procedimento, era possibile. Orbene, non si può ammettere che, nelle circostanze del caso di specie, il direttore del SATCEN avrebbe adottato la decisione di avviare un procedimento disciplinare, che ha condotto all’adozione della decisione di destituzione, se la ricorrente avesse potuto far valere utilmente le sue osservazioni sul rapporto d’indagine e sui documenti del fascicolo istruttorio. Infatti, una tale soluzione avrebbe la conseguenza di privare di sostanza il diritto fondamentale di essere ascoltato e il diritto fondamentale di accesso al fascicolo, sanciti rispettivamente dall’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta, poiché il contenuto stesso di tali diritti implica che la persona interessata abbia la possibilità d’influenzare l’iter decisionale di cui trattasi (v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2011, Marcuccio/Commissione, T‑236/02, EU:T:2011:465, punto 115).

231    Alla luce di quanto precede, le conclusioni della ricorrente dirette all’annullamento della decisione di destituzione devono essere accolte, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti a loro sostegno.

c)      Sulla legittimità della decisione di sospensione

232    La ricorrente contesta la legittimità della decisione di sospensione, sulla base, sostanzialmente, di tre motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione del principio di buona amministrazione e dell’obbligo di imparzialità, dei suoi diritti della difesa e del suo diritto alla presunzione di innocenza.

233    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto il secondo motivo, con il quale la ricorrente contesta il fatto che la decisione di sospensione è stata adottata nonostante non le sia stata notificata la documentazione sui cui erano basate le conclusioni dell’indagine amministrativa. Tale omessa comunicazione dei documenti del fascicolo prima dell’adozione della decisione di sospensione violerebbe i diritti della difesa della ricorrente e l’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN.

234    A tale proposito, si deve rilevare che l’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, la cui violazione è dedotta dalla ricorrente, riguarda le conclusioni che il direttore del SATCEN può trarre da un’indagine amministrativa, tra le quali non rientra la sospensione di un agente, prevista all’articolo 18 del medesimo allegato. Pertanto, l’argomento relativo alla omessa comunicazione dei documenti del fascicolo, in violazione dell’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, nella parte in cui è diretto avverso la decisione di sospensione, deve essere respinto.

235    Resta il fatto che la decisione di sospensione di un agente fondata sull’articolo 18 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, la quale è adottata in presenza di un addebito di colpa grave, costituisce un provvedimento individuale sfavorevole, il quale deve, pertanto, essere adottato nel rispetto dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltato. Di conseguenza, salvo circostanze particolari debitamente dimostrate, una decisione di sospensione può essere adottata solo dopo che l’agente interessato sia stato messo in grado di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi posti a suo carico e sui quali l’autorità competente prevede di fondare tale decisione (v., per analogia, sentenze del 16 dicembre 2004, De Nicola/BEI, T‑120/01 e T‑300/01, EU:T:2004:367, punto 123, e del 16 dicembre 2015, DE/EMA, F‑135/14, EU:F:2015:152, punto 57).

236    A tale proposito, risulta, da un lato, dalle disposizioni dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta che ogni persona ha il diritto di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale. Ne deriva che un agente del SATCEN ha un diritto di accesso alle informazioni detenute dal suo datore di lavoro che possono consentirgli di comprendere il tenore delle asserzioni che giustificano la sospensione, e ciò al fine di dimostrare, in particolare, che i comportamenti de qua non rientrano nella sua responsabilità, che non sono di una gravità tale da giustificare una decisione di sospensione, che non presentano un carattere di verosimiglianza sufficiente o che sono manifestamente privi di fondamento, di modo che la sospensione dell’agente di cui trattasi sarebbe illegittima (v., per analogia, sentenza del 13 dicembre 2012, AX/BCE, F‑7/11 e F‑60/11, EU:F:2012:195, punto 101). Dall’altro lato, per rispettare il diritto di essere ascoltato, garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, è altresì necessario che l’amministrazione informi l’agente interessato con sufficiente precisione delle conseguenze che essa può far discendere dalle informazioni in questione, nella fase in cui è chiesto alla parte interessata di presentare le proprie osservazioni (sentenza del 5 ottobre 2016,ECDC/CJ, T‑395/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:598, punto 60).

237    Nel caso di specie, in primo luogo, come è stato rilevato al punto 219 supra, la decisione di sospensione, adottata contestualmente alla decisione di avviare un procedimento disciplinare, e per gli stessi fatti, non è stata preceduta dalla comunicazione alla ricorrente delle informazioni pertinenti detenute dal direttore del SATCEN, vale a dire gli allegati del rapporto d’indagine. A differenza delle circostanze della causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 dicembre 2012, AX/BCE (F‑7/11 e F‑60/11, EU:F:2012:195), fatta valere dal SATCEN, la mancata divulgazione di tali elementi non può, nella presente fattispecie, essere giustificata dalla necessità di tutelare l’efficacia dell’indagine amministrativa, dato che, al momento dell’adozione della decisione di sospensione, il vicedirettore del SATCEN aveva terminato le proprie indagini e presentato il proprio rapporto d’indagine al direttore del SATCEN.

238    D’altro lato, non risulta dai documenti dal fascicolo che il direttore abbia comunicato alla ricorrente, prima dell’adozione della decisione di sospensione, la sua intenzione di adottare un tale provvedimento nei suoi confronti. Infatti, il messaggio di posta elettronica del 3 luglio 2013, con cui tale direttore ha invitato la ricorrente a un’audizione, riguardava unicamente l’articolo 2 dell’allegato IX dello statuto del personale del SATCEN, relativo alle conseguenze disciplinari legate all’esito di un’indagine amministrativa riguardante un agente, e non la sospensione di quest’ultimo.

239    Ne consegue che, omettendo di informare la ricorrente in merito alla misura di sospensione prevista e omettendo di comunicarle elementi ai quali rinviava il rapporto di indagine, il SATCEN ha violato il suo diritto di essere ascoltata e il diritto di accesso al fascicolo, come sanciti dall’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta.

240    Come è stato rilevato al punto 230 supra, il diritto di essere ascoltati e il diritto di accedere al fascicolo, secondo quanto stabilito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta, richiedono che l’interessato abbia la possibilità di influenzare il processo decisionale in questione. Pertanto, salvo svuotare di contenuto tali diritti fondamentali, non si può escludere che, se la ricorrente avesse avuto accesso ai documenti sui quali si basava la decisione, e se fosse stata informata in tempo utile del fatto che il direttore del SATCEN intendeva adottare una tale decisione, essa avrebbe avuto la possibilità di influenzare il contenuto della decisione del direttore del SATCEN.

241    Di conseguenza, il motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa della ricorrente, con l’adozione della decisione di sospensione deve essere accolto e, comportare, secondo la giurisprudenza menzionata al punto 225 supra, l’annullamento della decisione di sospensione, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

2.      Sulla domanda di risarcimento

242    A sostegno della sua domanda di risarcimento, la ricorrente fa valere l’illegittimità delle decisioni impugnate. Da un lato, dette decisioni le avrebbero arrecato un danno materiale corrispondente alla perdita delle retribuzioni, emolumenti e diritti che essa avrebbe percepito nel periodo compreso tra la data di efficacia della sua destituzione e la data di scadenza del contratto. Dall’altro lato, tali decisioni le avrebbero arrecato un danno morale, consistente, in sostanza, in problemi psicologici e in una violazione della sua integrità professionale, danno del quale essa valuta l’importo complessivo in EUR 500 000.

243    Secondo una giurisprudenza ben consolidata, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per comportamento illecito dei suoi organi è subordinata al ricorrere di un insieme di condizioni, vale a dire l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra detto comportamento e il danno lamentato (sentenza del 28 aprile 1971, Lütticke/Commissione, 4/69, EU:C:1971:40, punto 10; v. anche sentenze del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 106 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

244    Si deve pertanto verificare se, nel caso di specie, siano riunite tali condizioni di sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

a)      Sull’illegittimità del comportamento contestato al SATCEN

245    Per quanto attiene alla condizione relativa al comportamento illegittimo di un’istituzione, risulta da una costante giurisprudenza che, quando agisce in qualità di datore di lavoro, l’Unione è soggetta ad una maggiore responsabilità, che si manifesta con l’obbligo di risarcire i danni causati al suo personale da qualsiasi atto illegittimo commesso nella sua qualità di datore di lavoro. Infatti, a differenza di ogni altro privato, il funzionario o l’agente dell’Unione è legato all’istituzione, organo od organismo dal quale dipende, da una relazione giuridica che comporta un equilibrio di diritti e obblighi reciproci specifici, essenzialmente destinato a preservare il rapporto di fiducia che deve esistere tra l’amministrazione e i suoi funzionari o agenti al fine di garantire ai cittadini la corretta esecuzione dei compiti di interesse generale spettanti alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, EU:T:2010:531, punto 46, e del 12 luglio 2012, Commissione/Nanopoulos, T‑308/10 P, EU:T:2012:370, punto 103).

246    Anche se la giurisprudenza citata al precedente punto 245 è stata sviluppata nell’ambito di ricorsi proposti sulla base dell’articolo 270 TFUE e degli articoli 90 e 91 dello Statuto, essa deve essere applicata, mutatis mutandis, al caso di specie. Infatti, come lo statuto dei funzionari, le disposizioni dello statuto del personale del SATCEN comportano un equilibrio di diritti e obblighi reciproci specifici concernenti gli agenti a contratto del SATCEN, destinato a garantire la corretta esecuzione dei compiti di interesse generale assegnati al SATCEN.

247    Pertanto, nel caso di specie, la mera constatazione di un illecito commesso dal SATCEN è sufficiente per considerare soddisfatta la prima delle tre condizioni necessarie per il sorgere della responsabilità dell’Unione.

248    A tale riguardo, risulta dall’esame della domanda di annullamento della ricorrente, che è alla base della sua domanda di risarcimento dei danni, che la decisione di sospensione, la decisione di destituzione e la decisione della commissione di ricorso sono tutte viziate da illegittimità idonee a comportare il loro annullamento. Di conseguenza, con l’adozione di tali decisioni, il SATCEN ha commesso un illecito tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, a condizione che siano dimostrati l’esistenza di un danno reale e certo e un nesso di causalità sufficientemente diretto tra tale danno e detto illecito.

b)      Sul danno e sul nesso di causalità

1)      Sul danno materiale e sul nesso di causalità

249    La ricorrente chiede il risarcimento del danno materiale che le avrebbero causato le decisioni impugnate, corrispondente all’importo della retribuzione alla quale avrebbe avuto diritto se fosse rimasta in servizio presso il SATCEN tra la data della sua destituzione e la data di fine del suo contratto di lavoro.

250    A tale riguardo, è pur vero che il Tribunale, con la presente sentenza, pronuncia l’annullamento della decisione di destituzione, con la quale è stato risolto il contratto della ricorrente. Tuttavia, a norma dell’articolo 266 TFUE, spetta al SATCEN adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza emessa nei suoi confronti. Pertanto, salvo pregiudicare tali misure di esecuzione, il Tribunale non può concludere nel senso che l’annullamento della decisione di destituzione comporta necessariamente il diritto della ricorrente al versamento delle somme da essa richieste, con la conseguenza che la domanda di risarcimento deve essere in questo momento respinta in quanto prematura (v., per analogia, sentenze del 17 ottobre 2013, BF/Corte dei conti, F‑69/11, EU:F:2013:151, punto 75 e giurisprudenza ivi citata, e del 22 maggio 2014, CU/CESE, F‑42/13, EU:F:2014:106, punto 56).

251    Si deve ricordare a tale proposito che, secondo una giurisprudenza costante, per conformarsi alla sentenza di annullamento e darle piena esecuzione, l’istituzione dalla quale emana l’atto annullato è tenuta ad adottare le misure necessarie ad eliminare gli effetti dell’illegittimità constatata, il che implica, per un atto che è già stato eseguito, di riposizionare la ricorrente nella situazione giuridica nella quale si trovava anteriormente a tale atto (v., in tal senso, sentenza del 31 marzo 2004, Girardot/Commissione, T‑10/02, EU:T:2004:94, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

252    L’articolo 266 TFUE impone altresì all’istituzione interessata di evitare che qualsiasi atto destinato a sostituire l’atto annullato sia viziato dalle medesime irregolarità individuate nella sentenza di annullamento (v. sentenza del 13 settembre 2005, Recalde Langarica/Commissione, T‑283/03, EU:T:2005:315, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

253    Infine, solo quando l’esecuzione della sentenza di annullamento presenta particolari difficoltà, l’istituzione di cui trattasi può adottare qualsiasi decisione atta a compensare equitativamente gli svantaggi causati agli interessati dalla decisione annullata e può, in tale contesto, instaurare un dialogo con questi ultimi per cercare di pervenire a un accordo che offra loro un’equa compensazione per l’illegittimità di cui sono stati vittime (v. sentenza del 24 giugno 2008, Andres e a./BCE, F‑15/05, EU:F:2008:81, punto 132 e giurisprudenza ivi citata).

254    Risulta da tutto quanto precede che il Tribunale non può concedere un risarcimento alla ricorrente senza conoscere le misure adottate dal SATCEN in esecuzione della presente sentenza (v., in tal senso, sentenze dell’8 giugno 2006, Pérez-Díaz/Commissione, T‑156/03, EU:T:2006:153, punto 76 e giurisprudenza citata, e del 5 febbraio 2016, GV/SEAE, F‑137/14, EU:F:2016:14, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

2)      Sul danno morale e sul nesso di causalità

255    La ricorrente chiede il risarcimento del danno morale che essa avrebbe subito a causa dell’adozione delle decisioni impugnate, le quali avrebbero causato problemi psicologici e un pregiudizio alla reputazione, alle sue prospettive di avanzamento professionale nonché alla sua capacità professionale.

256    A tale proposito, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità può costituire di per sé il risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di qualsiasi danno morale tale atto possa aver causato, a meno che la parte ricorrente non dimostri di aver subito un danno morale separabile dall’illecito che fonda l’annullamento e non integralmente risarcibile attraverso l’annullamento medesimo (v. sentenza del 19 luglio 2017, DD/FRA, T‑742/15 P, non pubblicata, EU:T:2017:528, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

257    Nella specie, si deve constatare che l’annullamento della decisione di sospensione e della decisione di destituzione non è idoneo a risarcire il danno morale subito dalla ricorrente e causato dall’illegittimità della quale sono viziate tali decisioni.

258    Infatti, in primo luogo, la ricorrente è stata oggetto di un’indagine amministrativa il cui esito ha giustificato sia la decisione di sospensione, sia la decisione di avviare un procedimento disciplinare, avendo poi quest’ultima portato all’adozione della decisione di destituzione. Orbene, da un lato, il rapporto di indagine amministrativa metteva in discussione il comportamento della ricorrente in termini molto generali. Dall’altro lato, alla ricorrente è stato concesso un termine eccessivamente breve per presentare le proprie osservazioni su tale rapporto e i documenti che costituivano il nucleo di tale indagine le sono stati comunicati vari mesi dopo la decisione di avviare un procedimento disciplinare. Così, la ricorrente ha dovuto soffrire di disturbi psicologici legati al suo stato di incertezza in merito ai fatti precisi che le erano contestati, nonostante la presunta gravità di questi ultimi, che erano stati esplicitamente qualificati come molestie psicologiche.

259    In secondo luogo, avendo trasmesso ad altri agenti del SATCEN un «questionario sulle molestie» che si riferiva nominatamente alla ricorrente e l’associava a categorie di comportamenti idonei a caratterizzare molestie psicologiche, anche se la stessa non era stata ascoltata in seguito all’indagine amministrativa e prima che il direttore ne decidesse la sospensione, il SATCEN ha leso in modo particolarmente grave l’onorabilità e la reputazione professionale della ricorrente.

260    Per contro, le pretese della ricorrente dirette ad ottenere il risarcimento del danno causato da una situazione di molestie psicologiche nei suoi confronti, devono essere respinte. Infatti, da un lato, con una tale domanda la ricorrente intende ottenere un risultato che è identico a quello che le avrebbe procurato l’accoglimento della sua domanda di annullamento contro la decisione implicita di rigetto della domanda di assistenza dovuta a una situazione di molestie psicologiche nei suoi confronti, che è stata respinta in quanto irricevibile (v. punto 138 supra). A tale proposito, secondo costante giurisprudenza, la domanda diretta a ottenere il risarcimento di un danno dev’essere respinta quando presenti uno stretto collegamento con la domanda di annullamento che sia stata, a sua volta, respinta (v. sentenza del 9 settembre 2010, Carpent Languages/Commissione, T‑582/08, non pubblicata, EU:T:2010:379, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

261    Risulta da quanto precede che la ricorrente ha subito un danno morale derivante da uno stato di incertezza quanto ai fatti che le venivano contestati e da una lesione della sua onorabilità e reputazione professionale. Occorre statuire ex aequo et bono che un’indennità di EUR 10 000 costituisce un risarcimento adeguato di tale danno e, di conseguenza, condannare il SATCEN a versare tale somma alla ricorrente.

 Sulle spese

262    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

263    Dalla motivazione sopra esposta risulta che il SATCEN è rimasto essenzialmente soccombente e deve, quindi, essere condannato alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.

264    Per contro, occorre respingere la domanda della ricorrente affinché la condanna alle spese del SATCEN includa un obbligo di pagamento degli interessi di mora. Infatti, una tale domanda è prematura e su di essa è possibile decidere, se del caso, solo nell’ambito del procedimento di liquidazione delle spese.

265    Peraltro, a termini dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nel giudizio sopportano le proprie spese. Di conseguenza, in quanto istituzione interveniente, il Consiglio deve sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della commissione di ricorso del Centro satellitare dell’Unione europea (SATCEN) del 26 gennaio 2015 è annullata.

2)      La decisione del direttore del SATCEN del 5 luglio 2013 recante sospensione di KF è annullata.

3)      La decisione del direttore del SATCEN del 28 febbraio 2014 recante destituzione di KF è annullata.

4)      Il SATCEN è condannato a versare a KF la somma di EUR 10 000 a titolo di risarcimento del danno morale da essa subito.

5)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

6)      Il SATCEN è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute da KF.

7)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

Gervasoni

Madise

da Silva Passos

Kowalik-Bańczyk

 

      Mac Eochaidh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 ottobre 2018.

Firme

Indice


I. Fatti

A. Sul Centro satellitare dell’Unione europea

B. Fatti all’origine della controversia e decisioni impugnate

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla competenza del Tribunale

B. Sulla ricevibilità

1. Sull’eccezione di irricevibilità vertente sul rapporto di lavoro tra la ricorrente e il SATCEN

2. Sull’eccezione di irricevibilità vertente sulla natura contrattuale della presente controversia

3. Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal SATCEN contro le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di rigetto della domanda di assistenza

4. Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal SATCEN contro le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di avviare un procedimento disciplinare

5. Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal SATCEN nei confronti degli argomenti diretti contro il procedimento dinanzi alla commissione di disciplina

C. Nel merito

1. Sulla domanda di annullamento

a) Sulla legittimità della decisione della commissione di ricorso

b) Sulla legittimità della decisione di destituzione

1) Sulla regolarità dell’indagine amministrativa

i) Sulla scelta dell’inquirente

ii) Sull’uso di un questionario a risposta multipla riguardante la ricorrente nell’ambito dell’indagine amministrativa

iii) Sul mancato coinvolgimento della ricorrente all’indagine amministrativa

iv) Sull’accesso tempestivo della ricorrente ai documenti dell’indagine amministrativa

2) Sulle conseguenze dell’irregolarità dell’indagine amministrativa

c) Sulla legittimità della decisione di sospensione

2. Sulla domanda di risarcimento

a) Sull’illegittimità del comportamento contestato al SATCEN

b) Sul danno e sul nesso di causalità

1) Sul danno materiale e sul nesso di causalità

2) Sul danno morale e sul nesso di causalità

Sulle spese



* Lingua processuale: l’inglese.