Language of document : ECLI:EU:T:2005:102

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
16 marzo 2005 (1)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di registrazione di marchio denominativo FLEXI AIR – Marchio denominativo anteriore FLEX – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Istanza di prova dell'uso effettivo – Art. 8, n. 1, lett. b), art.  8, n. 2, lett. a), ii), e art. 43, n. 2, del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-112/03,

L'Oréal SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dall'avv. X. Buffet Delmas d'Autane,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalle sig.re B. Filtenborg, S. Laitinen e dal sig. G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

l'altra parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli):

Revlon (Suisse) SA, con sede in Schlieren (Svizzera),

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 15 gennaio 2003 (procedimento R 396/2001-4), relativa ad un procedimento di opposizione tra L'Oréal SA e la Revlon (Suisse) SA,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dal sig. J. Pirrung, presidente, dal sig. A.W.H. Meij e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 marzo 2003,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 luglio 2003,

visto il documento aggiuntivo allegato al ricorso, depositato nella cancelleria del Tribunale l'8 settembre 2003, e cioè una copia della decisione della seconda commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 11 luglio 2003 nel procedimento R 831/2002-2, relativa ad un procedimento di opposizione tra la Revlon (Suisse) SA e la Lancôme Parfums et Beauté & Cie,

vista la replica depositata nella cancelleria del Tribunale il 21 ottobre 2003,

in seguito alla trattazione orale del 28 settembre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti della controversia

1
Il 9 dicembre 1998 la ricorrente ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio») una domanda di marchio comunitario, in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2
Il marchio per il quale è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo FLEXI AIR.

3
I prodotti e i servizi per i quali si chiede la registrazione del marchio rientrano nella classe 3 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «shampoo; gel, schiume e balsami, prodotti in spray per capelli ed acconciature; lacche per capelli; tinture e prodotti per decolorare i capelli; prodotti per ondulare i capelli e per la messa in piega; oli essenziali».

4
Il 30 agosto 1999 la domanda di marchio è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 69/99.

5
Il 30 novembre 1999 la Revlon (Suisse) SA (in prosieguo: l’«opponente») ha presentato opposizione, in forza dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94, contro la registrazione del marchio richiesto.

6
L’opposizione era fondata sul marchio denominativo FLEX (in prosieguo: il «marchio anteriore»), che era stato oggetto delle seguenti registrazioni:

registrazione in Francia per prodotti che rientrano nelle classi 3 e 34, denominati «preparati per la sbianca e altri prodotti per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici; tabacco (grezzo o lavorato); articoli per fumatori; fiammiferi»;

registrazione in Svezia per i prodotti che rientrano nella classe 3, denominati «shampoo; lozioni capillari, schiuma, lacche e gel per capelli»;

registrazione nel Regno Unito per prodotti che rientrano nella classe 3, denominati «shampoo e prodotti per il trattamento dei capelli».

7
A sostegno della sua opposizione, l’opponente ha fatto valere l’impedimento relativo opposto alla registrazione previsto all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

8
Il 7 dicembre 1999 la ricorrente è stata informata del fatto che era stata presentata un’opposizione contro la registrazione del marchio da essa richiesto. Il 23 marzo 2000 la divisione di opposizione ha invitato rispettivamente l’opponente a presentare nuovi elementi di prova a sostegno della sua opposizione entro il 23 luglio 2000 e la ricorrente a presentare le sue osservazioni in risposta all’atto di opposizione entro il 23 settembre 2000.

9
L’Ufficio non ha ricevuto alcuna osservazione delle parti entro tali termini.

10
Il 27 novembre 2000 l’Ufficio ha notificato alle due parti che, in mancanza di nuove osservazioni, avrebbe deciso in base alle prove di cui disponeva.

11
Il 28 e 29 novembre 2000 l’Ufficio ha ricevuto osservazioni della ricorrente la quale affermava che, per ragioni «indipendenti dalla sua volontà», essa era appena stata informata dell’opposizione. La ricorrente ha anche richiesto la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore e ha dichiarato che essa si riservava il diritto di presentare una richiesta di restitutio in integrum. Del resto essa ha allegato una copia delle sue osservazioni presentate in un procedimento di opposizione connesso.

12
Il 26 marzo 2001 la divisione di opposizione ha risposto che essa non avrebbe tenuto conto delle osservazioni di cui al punto precedente, in quanto erano state notificate successivamente alla suddetta notifica del 27 novembre 2000.

13
Con decisione 27 marzo 2001 la divisione di opposizione ha respinto la domanda di registrazione del marchio, a causa di un rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore registrato nel Regno Unito.

14
Il 20 aprile 2001 la ricorrente ha proposto un ricorso contro tale decisione ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94.

15
Con decisione 15 gennaio 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso ha respinto il ricorso e ha condannato la ricorrente alle spese.


Conclusioni delle parti

16
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’Ufficio alle spese del presente procedimento e di quello dinanzi alla commissione di ricorso.

17
L’Ufficio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

18
A sostegno del suo ricorso la ricorrente adduce tre motivi, vertenti rispettivamente su una violazione delle forme sostanziali riguardante l’istanza di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, su una violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e su una violazione dell’art. 8, n. 2, lett. a), ii), dello stesso regolamento.

Sul primo motivo, vertente su una violazione delle forme sostanziali riguardante l’istanza di prova dell’uso effettivo

Argomenti delle parti

19
La ricorrente sostiene, da un lato, che la commissione di ricorso, confermando la decisione della divisione di opposizione che respingeva l’istanza di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, ha violato l’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 e la regola 22, n. 1, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU L 303, pag. 1). Essa precisa che, poiché nessuna di tali disposizioni stabilisce un termine per richiedere la prova dell’uso effettivo, una simile richiesta può essere presentata fino alla chiusura del procedimento di opposizione, che, nel caso di specie, non sarebbe avvenuta prima del 27 marzo 2001, data della decisione della divisione di opposizione.

20
D’altro lato, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso, confermando la decisione della divisione di opposizione di rigetto dell’istanza di prova dell’uso effettivo, ha violato il principio di continuità funzionale come è stato enunciato dalle sentenze del Tribunale 8 luglio 1999, causa T‑163/98, Procter & Gamble/UAMI (BABY DRY) (Racc. pag. II‑2383); 16 febbraio 2000, causa T‑122/99, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone) (Racc. pag. II‑265); 5 giugno 2002, causa T‑198/00, Hershey Foods/UAMI (Kiss Device with plume) (Racc. pag. II‑2567); 12 dicembre 2002, causa T‑63/01, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone) (Racc. pag. II‑5255), e 23 settembre 2003, causa T‑308/01, Henkel/UAMI – LHS (UK) (KLEENCARE) (Racc.pag. II‑3253).

21
L’Ufficio contesta la fondatezza di tale motivo.

Giudizio del Tribunale

22
Occorre rilevare, in via preliminare, che la regola 22, n. 1, del regolamento n. 2868/95 è priva di pertinenza nel caso di specie. Infatti, essa prevede che, se l’opponente deve fornire la prova dell’uso del marchio anteriore, l’Ufficio lo invita a farlo entro il termine che stabilisce. Orbene, nell’ambito della presente controversia non si pone la questione di accertare fino a quando può essere fornita la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, bensì quella di accertare fino a quando tale prova può essere richiesta.

23
Inoltre, occorre constatare che, al punto 16 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha deciso che la domanda della ricorrente riguardante la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore non era stata presentata entro il termine assegnato e non doveva essere presa in considerazione per decidere sull’opposizione.

24
Per esaminare la fondatezza di tale considerazione, occorre ricordare, anzitutto, che, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, ai fini dell’esame di un’opposizione proposta ex art. 42 del regolamento medesimo, si presume che il marchio anteriore sia stato oggetto di seria utilizzazione fintanto che il richiedente non presenti un’istanza avente ad oggetto la prova di tale utilizzazione. La presentazione di tale istanza produce quindi l’effetto di accollare all’opponente l’onere della prova dell’effettiva utilizzazione (ovvero della sussistenza di legittime ragioni per la mancata utilizzazione), pena il rigetto dell’opposizione. Perché tale effetto possa prodursi, l’istanza dev’essere proposta dinanzi all’Ufficio espressamente e tempestivamente [sentenza del Tribunale 17 marzo 2004, cause riunite T‑183/02 e T‑184/02, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), Racc. pag. II‑965, punto 38].

25
Sul punto occorre rilevare che, certamente, il nono ‘considerando’ del regolamento n. 40/94 stabilisce «che è giustificato tutelare i marchi comunitari, nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati». In tale prospettiva, non si devono limitare indebitamente le possibilità, per chi chiede la registrazione di un marchio di richiedere la prova dell’uso del marchio invocato contro la registrazione del marchio richiesto.

26
Tuttavia l’uso effettivo del marchio anteriore costituisce una questione che, una volta sollevata dal richiedente del marchio, deve essere risolta prima di decidere sull’opposizione vera e propria.

27
A tale proposito, poiché sia la procedura di opposizione sia la procedura di ricorso sono due procedure in contraddittorio, l’Ufficio invita le parti, ogni qualvolta sia necessario, a presentare le loro osservazioni sulle notifiche che ha loro indirizzato o sulle comunicazioni che provengono dalle altre parti (v., in tal senso, art. 43, n. 1, e art. 61, n. 2, del regolamento n. 40/94). Al fine di una migliore organizzazione del procedimento, tali osservazioni, in linea di principio, devono essere presentate entro il termine assegnato dall’Ufficio.

28
Nel caso di specie, la divisione di opposizione, con lettera in data 23 marzo 2000, e in conformità dell’art. 43, n. 1, del regolamento n. 40/94, ha invitato rispettivamente l’opponente a presentare nuovi elementi di prova a sostegno della sua opposizione entro il 23 luglio 2000 e la ricorrente a presentare le sue osservazioni in risposta all’atto di opposizione entro il 23 settembre 2000. Quindi la ricorrente, in linea di principio, avrebbe dovuto richiedere la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore entro il termine assegnato e cioè prima del 23 settembre 2000.

29
Il fascicolo non presenta alcun elemento idoneo a giustificare una deroga a tale principio. In particolare non costituiscono un elemento di tal genere le ragioni «indipendenti dalla sua volontà» invocate dalla ricorrente e indicate al punto 11 supra. Infatti, in risposta ad un quesito orale del Tribunale, la ricorrente ha affermato che in quel caso si era verificato un errore amministrativo a lei imputabile.

30
Pertanto la divisione di opposizione ha giustamente considerato che l’istanza di prova dell’uso effettivo proposta dalla ricorrente con comunicazioni del 28 e 29 novembre 2000 non era stata presentata in tempo utile e, di conseguenza, l’ha respinta.

31
Ne consegue che la commissione di ricorso non ha violato l’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 nel giudicare, al punto 16 della decisione impugnata, che tale istanza non era stata presentata entro il termine assegnato.

32
Inoltre, per quanto riguarda l’argomento vertente sul principio di continuità funzionale, occorre constatare che i punti pertinenti dell’atto di ricorso presentato dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso sono formulati nel modo seguente (v. punti 2.2.9 e 3.10 dell’atto di ricorso):

«(…) la ricorrente chiede, a titolo subordinato, che, in conformità dell’art. 62 del [regolamento n. 40/94], la commissione di ricorso eserciti la competenza della divisione di opposizione e accolga la domanda di prova della ricorrente riguardante l’uso del marchio anteriore registrato nel Regno Unito, o rinvii il procedimento dinanzi alla divisione di opposizione per nuova decisione sulla domanda della ricorrente». [«(…) the appellant asks, subsidiarily, that, in accordance with Article 62 CTMR, the Board exercise the power within the competence of the Opposition Division and accept the appellant’s request for evidence of use of the earlier opposing U.K. trademark or remit the case to the Opposition Division for compliance with the applicant’s request for said evidence of use»].

33
Ne consegue che, dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente ha, in via subordinata, reiterato la sua istanza di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore.

34
Orbene, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non ha menzionato tale domanda subordinata, mentre ha respinto la domanda principale riguardante il rischio di confusione.

35
Tale errore non giustifica tuttavia l’annullamento della decisione impugnata in quanto la commissione di ricorso poteva legittimamente respingere tale domanda subordinata di prova dell’uso effettivo, senza violare il principio di continuità funzionale.

36
Infatti, la competenza delle commissioni di ricorso dell’Ufficio implica un riesame delle decisioni adottate dalle unità dell’Ufficio che statuiscono in prima istanza. Nell’ambito di tale riesame, l’esito del ricorso dipende dalla questione se una nuova decisione con il medesimo dispositivo della decisione che costituisce oggetto del ricorso possa o meno essere legittimamente adottata al momento in cui si decide sul ricorso. Così, le commissioni di ricorso, con la sola eccezione di cui all’art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94, possono accogliere il ricorso, sulla base di fatti nuovi invocati dalla parte che ha proposto il ricorso o ancora sulla base di nuove prove prodotte da quest’ultima (sentenza KLEENCARE, cit., punto 26). D’altronde, la portata dell’esame che la commissione di ricorso è tenuta ad effettuare per quanto riguarda la decisione che costituisce oggetto del ricorso non è determinata, in linea di principio, dai motivi invocati dalla parte che ha proposto il ricorso. Pertanto, anche se la parte che ha proposto il ricorso non ha sollevato un motivo specifico, la commissione di ricorso è tuttavia obbligata ad esaminare, alla luce di tutti gli elementi rilevanti di fatto e di diritto, se una nuova decisione con lo stesso dispositivo della decisione che costituisce oggetto del ricorso possa essere o meno legittimamente adottata al momento in cui si decide sul ricorso (sentenza KLEENCARE, cit., punto 29).

37
Orbene, nel caso di specie, la questione se la commissione di ricorso, al momento della decisione, potesse legittimamente adottare una decisione che, come quella della divisione di opposizione, respingeva l’istanza di prova dell’uso effettivo deve essere risolta in senso affermativo. Infatti, dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente non ha presentato alcun elemento nuovo che giustificasse la mancata presentazione di tale istanza entro il termine assegnato dalla divisione di opposizione. Pertanto, poiché la situazione di fatto è rimasta, sotto questo aspetto, identica a quella che la divisione di opposizione doveva esaminare, la commissione di ricorso poteva legittimamente ritenere, come rilevato ai punti 28-31 supra in merito al procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, che la domanda presentata a titolo subordinato dinanzi ad essa non era stata presentata in tempo utile.

38
Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento no 40/94

Argomenti delle parti

39
La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso, nell’accertare l’esistenza di un rischio di confusione, ha violato l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

40
A tale proposito essa afferma anzitutto che, poiché la decisione impugnata era fondata sulla registrazione del marchio anteriore effettuata nel Regno Unito, il rischio di confusione deve essere valutato con riguardo a tale paese.

41
D’altronde, essa condivide la conclusione della commissione di ricorso relativa al carattere debolmente distintivo del marchio anteriore.

42
Inoltre, essa sostiene che la commissione ha erroneamente concluso che i segni di cui si tratta sono simili al punto da essere confusi.

43
Da un lato, il debole carattere distintivo del marchio anteriore avrebbe dovuto indurre la commissione di ricorso a ritenere che solo una riproduzione completa di tale marchio avrebbe potuto determinare un rischio di confusione.

44
D’altro lato, i segni in conflitto non sarebbero sufficientemente simili per determinare un rischio di confusione.

45
Infatti, sul piano visivo, la ricorrente afferma, in primo luogo, che un segno composto dalla combinazione di due termini non può essere considerato come visivamente paragonabile ad un segno composto da un unico termine, e ciò tanto più che nessuno dei due termini è identico al segno anteriore che è più corto. A tale proposito, la ricorrente fa valere la sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑110/01, VEDIAL/UAMI – France Distribution (HUBERT) (Racc. pag. II‑5275), la quale sarebbe tanto più significativa in quanto, contrariamente al verbo «flex», l’elemento comune dei segni considerati nella causa definita con tale sentenza è compitato nello stesso modo ed ha un carattere estremamente distintivo. Inoltre, essa si richiama alle decisioni delle commissioni di ricorso nei procedimenti SIMPLELIFE/SIMPLE LIFE, FREEZOMINT/FREEZE, MILES/MILESTONE, TAPAS/TAPARICA, GIRA/GIRALDA e DRIVE/DRIVEWAY.

46
In secondo luogo, la considerazione della commissione di ricorso secondo cui l’attenzione del consumatore sarà automaticamente attirata dalla prima parte, comune, dei segni non sarebbe giustificata da alcun motivo particolare e sarebbe incompatibile con la decisione della commissione di ricorso nel procedimento ORANGEX/ORANGE X-PRESS.

47
Sul piano fonetico, la ricorrente sostiene che l’aggiunta della lettera «i» al termine «flex» crea una sillaba supplementare. Inoltre il segno anteriore sarebbe principalmente composto di consonanti, mentre il segno richiesto comporterebbe soprattutto vocali e sarebbe pronunciato, nel Regno Unito, in modo cantante.

48
Sul piano concettuale, la ricorrente sostiene, anzitutto, che l’opponente stessa è consapevole del carattere distintivo del termine «flex», dal momento che il marchio FLEX è stato registrato nelle parti dei registri del Regno Unito e dell’Irlanda riservate ai marchi dotati di minore forza distintiva e che essa non ha fondato la presente opposizione sul carattere notorio del marchio anteriore nel Regno Unito. La ricorrente conclude che, nei paesi anglofoni, il termine «flex» non potrebbe costituire l’elemento dominante del segno FLEXI AIR. Al contrario, da un punto di vista grammaticale, il termine «air» sarebbe l’elemento più importante di esso, potendo il termine «flexi» essere il diminutivo dell’aggettivo «flexible», che qualifica il sostantivo «air».

49
La ricorrente precisa che il termine «flexi» non esiste nella lingua inglese e che il segno richiesto è una denominazione di fantasia. Rinviando a un passo di un dizionario inglese, essa afferma anche che, tra i numerosi significati del termine «air», la commissione di ricorso ha scelto uno dei meno frequenti. Per contro, il termine «flex» avrebbe un significato proprio in inglese e, pertanto, non avrebbe alcun carattere distintivo.

50
La ricorrente aggiunge che, per quanto riguarda il confronto dei segni, il ragionamento della decisione impugnata è contrario alla sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN) (Racc. pag. II‑4335), in quanto l’elemento «flex» non è dominante nel segno richiesto e gli altri elementi non sono trascurabili.

51
Per quanto riguarda la valutazione complessiva del rischio di confusione, la ricorrente rileva che è pacifico che, a differenza dei prodotti di cui si trattava nella causa decisa con la sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karsberg Brauerei (MYSTERY) (Racc. pag. II‑43), i prodotti in esame non sono ordinati oralmente, ma esposti su scaffali, il che rende trascurabile qualsiasi potenziale somiglianza fonetica e, di conseguenza, il rischio di confusione.

52
D’altronde, rinviando a copie di registrazioni effettuate nel Regno Unito, la ricorrente sostiene che il consumatore medio in tale paese non rischierebbe di confondere i marchi controversi, poiché è già confrontato a numerosi altri marchi che contengono il termine «flex» per prodotti simili o identici.

53
La ricorrente sostiene anche che il ragionamento adottato dalla seconda commissione di ricorso nella sopra menzionata decisione 11 luglio 2003, depositata dalla ricorrente nella cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2003, per escludere l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi FLEX e FLEXIUM è direttamente applicabile nel caso di specie. Così, un termine generico come «flex» non dovrebbe essere monopolizzato. Secondo la ricorrente, tale decisione è tanto più significativa in quanto riguarda due segni composti ciascuno da un unico termine, mentre il segno richiesto, nel caso di specie, è composto di due termini e nessuno di essi, né nessuna delle loro sillabe, è identico al segno anteriore («fle-xi-air»).

54
L’Ufficio contesta la fondatezza di tale motivo.

Giudizio del Tribunale

55
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza del detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

56
Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro.

57
Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere quindi valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico pertinente ha dei segni e dei prodotti o servizi in esame, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31-33, e la giurisprudenza citata].

    Sul pubblico pertinente

58
La ricorrente non ha criticato il fatto che la commissione di ricorso abbia proceduto alla valutazione del rischio di confusione nel Regno Unito. Essa non ha neppure contestato la constatazione della commissione di ricorso secondo cui il pubblico pertinente è costituito dal consumatore medio, il cui grado di attenzione non è particolarmente elevato. Pertanto, ai fini dell’esame del presente motivo, il Tribunale ritiene che occorra partire da tali premesse.

    Sul carattere distintivo del marchio anteriore

59
È pacifico tra le parti, come ha rilevato la commissione di ricorso, che il marchio anteriore presenta un debole carattere distintivo.

60
La ricorrente sostiene tuttavia che tale debole carattere distintivo avrebbe dovuto indurre la commissione di ricorso a ritenere che solo la riproduzione completa del marchio precedente potesse far sorgere un rischio di confusione.

61
Tale tesi deve essere respinta. Infatti, se il carattere distintivo del marchio anteriore va preso in considerazione per valutare il rischio di confusione (v., per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 24), esso è solo uno degli elementi considerati in tale valutazione. Così, anche in presenza, da un lato, di un marchio anteriore a debole carattere distintivo e, dall’altro, di un marchio richiesto che non ne è la riproduzione completa, può esistere un rischio di confusione, in particolare, a causa di una somiglianza dei segni e dei prodotti o servizi considerati.

    Sul confronto dei prodotti in esame

62
La ricorrente non ha contestato la constatazione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti in esame sono in parte identici e in parte molto simili. Pertanto, ai fini dell’esame del presente motivo, il Tribunale ritiene che occorra prendere le mosse da tale considerazione.

    Sui segni in esame

63
Come risulta da una giurisprudenza constante, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o logica dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47, e la giurisprudenza citata].

64
Sul piano visivo, la commissione di ricorso ha considerato che il segno FLEXI AIR è essenzialmente composto dal termine «flex». Inoltre, essendo posto all’inizio, l’elemento «flex» sarebbe idoneo ad esercitare un impatto più importante del resto del segno richiesto. Il vocabolo «air» si troverebbe in posizione secondaria e sarebbe più breve. I consumatori ricorderebbero generalmente piuttosto l’inizio di un segno che la sua fine. Il carattere dominante dell’elemento «flex» non sarebbe modificato in modo significativo dall’aggiunta della lettera «i». La commissione di ricorso ne ha dedotto che i segni sono visivamente simili.

65
Tali considerazioni non sono viziate da alcun errore e gli argomenti addotti dalla ricorrente a tale proposito, indicati ai punti 45 e 46 supra, non possono essere accolti.

66
Per quanto riguarda la prima serie di argomenti, occorre rilevare, da un lato, che non v’è alcuna ragione per cui un segno composto di due termini e un segno composto di un solo termine non possano essere visivamente simili. D’altro lato, nel caso di specie, né il fatto che nessuno dei due termini del segno richiesto sia identico al segno precedente né il fatto che quest’ultimo sia corto sono idonei a escludere la somiglianza visiva creata dalla coincidenza di quattro lettere del segno richiesto su otto, poste nello stesso ordine e all’inizio dei due segni.

67
Per quanto riguarda l’argomento risultante dalla citata sentenza HUBERT, è sufficiente rilevare che la conclusione tratta da tale sentenza, secondo cui l’impressione visiva globale dei segni in esame è diversa, è fondata, in particolare, sull’elemento figurativo di uno di questi segni (punto 54), mentre i segni del caso di specie sono entrambi denominativi.

68
Per quanto riguarda le decisioni precedenti delle commissioni di ricorso, previste ai punti 45 e 46 supra, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle stesse commissioni [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 66, non rimessa in discussione dall’ordinanza della Corte 5 febbraio 2004, causa C‑150/02 P, Streamserve/UAMI, Racc. pag. I‑1461]. Inoltre, se motivi di fatto o di diritto esposti in una decisione precedente possono, certamente, costituire argomenti a sostegno di un motivo vertente sulla violazione di una disposione del regolamento n. 40/94 [sentenza del Tribunale 20 novembre 2002, cause riunite T‑79/01 e T‑86/01, Bosch/UAMI (Kit pro e Kit Super Pro), Racc. pag. II‑4881, punto 33], è giocoforza constatare che le decisioni precedenti, menzionate ai punti 45 e 46 supra, riguardano ognuna segni il cui rapporto visivo non è paragonabile a quello del caso di specie.

69
Infine, per quanto riguarda l’asserita carenza di motivazione di cui al punto 46 supra, occorre constatare che la commissione di ricorso ha ritenuto che i consumatori ricordino generalmente piuttosto l’inizio di un segno che la sua fine (punto 33 della decisione impugnata). A tale proposito non può esserle rimproverato di non aver illustrato maggiormente tale punto.

70
Per quanto riguarda il confronto fonetico, la commissione di ricorso ha ritenuto che l’inizio di un segno giochi un ruolo essenziale anche sotto questo aspetto. La differenza di pronuncia è esclusivamente creata dalla fine del segno richiesto ed è leggera. Il suono dolce della lettera «i» e la pronuncia aperta, in inglese, del termine «air» conducono alla corrispondenza fonetica dell’elemento «flex» e, in particolare, alla prevalenza nella pronuncia della lettera «x». Secondo la commissione di ricorso, i segni sono quindi foneticamente simili.

71
Tale considerazioni non sono neppure esse erronee.

72
Gli argomenti che la ricorrente ricava dalla presenza della lettera «i» e dal termine «air» nel segno FLEXI AIR, menzionati al punto 47 supra, devono essere respinti. Infatti, è pur sempre vero che le prime quattro lettere delle otto che compongono il segno sono pronunciate nello stesso modo che il segno FLEX, che la lettera «i» rappresenta solo un’aggiunta foneticamente trascurabile a queste quattro prime lettere e che nemmeno l’aggiunta del vocabolo «air» è idonea a escludere tale identità parziale di pronuncia.

73
Infine, sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha giudicato che i termini «flex» e «flexi» sono strettamente collegati, alludendo entrambi alla flessibilità, e quindi alla vitalità dei capelli. L’aggiunta del termine «air» non modifica questa identità concettuale. Pertanto, secondo la commissione di ricorso, i segni presentano, in inglese, un significato comune.

74
Neppure tali constatazioni sono viziate da errore e gli argomenti presentati dalla ricorrente a tale proposito, esposti ai punti 48 e 49 supra, non possono essere accolti.

75
Per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’opponente è lei stessa cosciente del carattere descrittivo del termine «flex», è sufficiente ricordare che tale circostanza, supponendo che essa sia vera, è priva di pertinenza per la valutazione concettuale dei segni in esame.

76
Lo stesso vale per l’argomento secondo cui, grammaticalmente, il termine «air» è l’elemento più importante del segno richiesto, in quanto il consumatore medio, non particolarmente attento, non effettuerà un esame grammaticale dei segni in esame.

77
In relazione all’argomento riguardante il significato del termine «air», è sufficiente ricordare che, qualunque esso sia, non è idoneo ad escludere quello dell’elemento «flexi» e quindi neppure la somiglianza concettuale creata da tale elemento.

78
Gli argomenti vertenti, rispettivamente, sull’assenza di carattere distintivo del segno anteriore, sulla circostanza che il termine «flexi» non esiste nella lingua inglese e su quella che il segno FLEXI AIR è una denominazione di fantasia devono essere anch’essi respinti, in quanto non sono idonei ad escludere che i termini «flex» e «flexi» facciano ciascuno riferimento, in inglese, alla flessibilità [v., per quanto riguarda la lingua spagnola, sentenza del Tribunale 18 febbraio 2004, causa T‑10/03, Koubi/UAMI – Flabesa (CONFORFLEX), Racc. pag. II‑719, punto 48].

79
Inoltre, per quanto attiene all’argomento esposto al punto 50 supra, occorre rilevare che la citata sentenza MATRATZEN certamente enuncia che un marchio complesso può essere considerato simile ad un altro marchio, identico o simile ad una delle componenti del marchio complesso, solo se quest’ultima costituisce l’elemento dominante nell’impressione complessiva prodotta dal marchio complesso. Tuttavia, il marchio a cui tale considerazione si riferisce è difficilmente comparabile al marchio richiesto nel caso di specie, segnatamente, giacché comporta un elemento figurativo.

80
Occorre quindi concludere che la commissione di ricorso ha giustamente considerato che i segni in esame sono simili sul piano visivo, fonetico e concettuale.

    Sul rischio di confusione

81
Secondo la commissione di ricorso, esiste un rischio che i consumatori suppongano che la leggera differenza tra i segni rifletta una variazione nella natura dei prodotti o dipenda da considerazioni di marketing, e non che tale differenza indichi un’origine commerciale diversa. La commissione di ricorso ha quindi concluso che esiste un rischio di confusione nel Regno Unito.

82
A tale proposito occorre rilevare che il carattere debolmente distintivo del marchio anteriore non è contestato, che i segni in esame sono simili sul piano visivo, fonetico e concettuale, e che i prodotti sono in parte identici e in parte molto simili.

83
Pertanto, occorre concludere che esiste un rischio di confusione.

84
L’argomento della ricorrente, esposto al punto 51 supra, secondo cui la somiglianza fonetica dei segni è trascurabile deve essere respinto. Infatti, dal momento che i segni sono simili e i prodotti parzialmente identici e parzialmente molto simili, non è rilevante stabilire in quale misura la somiglianza fonetica dei segni contribuisca al rischio di confusione.

85
L’argomento esposto al punto 52 supra e vertente sull’esistenza di altri marchi contenenti il termine «flex» nel Regno Unito deve essere anch’esso respinto. Infatti, occorre ricordare che è proprio tale circostanza che ha indotto la commissione di ricorso a giudicare, al punto 27 della decisione impugnata, che il marchio anteriore presenta un debole carattere distintivo e a concludere, successivamente, che esiste un rischio di confusione nel Regno Unito (v. punto 81 supra). Orbene, tale conclusione è stata approvata (v. punto 83 supra). D’altra parte, la ricorrente ha aderito alla considerazione secondo cui il marchio precedente presenta un carattere distintivo debole (v. punti 41 e 59 supra).

86
Infine, per quanto riguarda gli argomenti vertenti sulla decisione della seconda commissione di ricorso 11 luglio 2003, menzionata al punto 53 supra, occorre ricordare anche che la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso riguardanti la registrazione di un segno come marchio comunitario dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle stesse commissioni, pur potendo motivi di fatto o di diritto esposti in una decisione precedente costituire argomenti a sostegno di un motivo vertente sulla violazione di una disposizione di tale regolamento (v. punto 68 supra). Orbene, occorre ricordare che il rapporto tra i segni che costituiscono oggetto della suddetta decisione della seconda commissione di ricorso non è paragonabile a quello tra i segni del caso di specie. Infatti il segno FLEXIUM consiste in una sola parola da cui non è possibile isolare il termine «flex», mentre i termini «flex» e «flexi» possono facilmente essere staccati dal segno FLEXI AIR. D’altronde, occorre rilevare che la conclusione secondo la quale esiste un rischio di confusione tra i marchi di cui al caso di specie non può essere considerata come risultante in una monopolizzazione del termine «flex».

87
Alla luce di quanto precede, occorre concludere che la commissione di ricorso, nel decidere che esiste un rischio di confusione tra i marchi in esame, non ha violato l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

88
Pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto.

Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’art. 8, n. 2, lett. a), ii, del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

89
La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso, avendo omesso di esaminare se il marchio precedente potesse essere validamente opposto in forza del diritto del Regno Unito e di valutare il rischio di confusione in base ad esso, ha violato l’art. 8, n. 2, lett. a), ii), del regolamento n. 40/94. Essa precisa che tale disposizione non deve attribuire al titolare di un marchio nazionale diritti più ampi in merito alla richiesta di un marchio comunitario di quelli di cui gode in forza di una normativa nazionale. Orbene, l’omissione della commissione di ricorso sarebbe idonea ad attribuire al marchio anteriore una tutela più estesa a livello comunitario che a livello nazionale.

90
L’Ufficio contesta la fondatezza del presente motivo.

Giudizio del Tribunale

91
Occorre osservare che una domanda di marchio comunitario è soggetta alle procedure previste dal regolamento n. 40/94. Così, in forza dell’art. 8, n. 1, lett. b), e dell’art. 8, n. 2, lett. a), ii), dello stesso regolamento, deve essere obbligatoriamente respinta la registrazione del marchio richiesto quando esiste un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), con un marchio registrato anteriormente in uno Stato membro. Orbene, l’esame preliminare della questione se tale marchio nazionale anteriore possa essere validamente opposto in forza della normativa nazionale a cui è assoggettato nonché la valutazione del rischio di confusione tra i due marchi interessati secondo tale normativa nazionale non sono previsti dal regolamento n. 40/94.

92
Inoltre, occorre rilevare che il presente motivo si fonda sull’ipotesi secondo cui il regolamento n. 40/94 attribuisce al titolare di un marchio nazionale anteriore diritti più ampi in merito ad una domanda di marchio comunitario di quelli che gli sono conferiti dalla normativa nazionale a cui tale marchio anteriore è assoggettato. Orbene, in forza dell’art. 4, n. 1, lett. b), e dell’art. 4, n. 2, lett. a), ii), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), le normative nazionali degli Stati membri riguardanti la questione del rischio di confusione tra un marchio richiesto e un marchio nazionale anteriore sono state completamente armonizzate. Il contenuto normativo di tali disposizioni della direttiva 89/104 è identico a quello dell’art. 8, n. 1, lett. b), e dell’art. 8, n. 2, lett. a), ii), del regolamento n. 40/94. In tale contesto, l’ipotesi avanzata dalla ricorrente non si verifica.

93
Il terzo motivo deve quindi essere respinto.

94
Poiché tutti i motivi devono essere respinti, anche il ricorso dev’essere respinto.


Sulle spese

95
Ai termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie la ricorrente è rimasta soccombente e l’Ufficio ha chiesto che fosse condannata alle spese. La ricorrente dev’essere quindi condannata alle spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Meij

Pelikánová

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 marzo 2005.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: l'inglese.