Language of document : ECLI:EU:C:2023:678

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 14 settembre 2023 (1)

Causa C359/22

AHY

contro

Minister for Justice

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Articolo 17, paragrafo 1 – Clausole di sovranità – Articolo 27 – Ricorso effettivo – Effetto sospensivo»






1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la High Court (Alta Corte, Irlanda) chiede l’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, e dell’articolo 27, paragrafi 1 e 3, del regolamento (UE) n. 604/2013 (in prosieguo: il «regolamento Dublino III») (2), nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2.        Le questioni sottoposte si collocano nel contesto del particolare regime giuridico attualmente vigente in Irlanda, che traspone il regolamento Dublino III. In forza di detto regime, la decisione di uno Stato membro di avvalersi o di non avvalersi della clausola di sovranità di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III è rimessa a un’autorità amministrativa diversa da quella incaricata di applicare i criteri di determinazione dello Stato membro competente fissati da detto regolamento e di adottare la decisione di trasferimento. Parimenti, i ricorsi giurisdizionali previsti avverso la prima e la seconda decisione rientrano nella competenza di due autorità giurisdizionali nazionali differenti.

3.        La coesistenza di queste due procedure, associata alla mancanza di un coordinamento tra di esse, solleva questioni giuridiche complesse nel contesto del regolamento Dublino III. Nella sua emananda sentenza, la Corte avrà così l’occasione di fornire chiarimenti circa la portata del diritto a un ricorso effettivo come sancito all’articolo 27 di detto regolamento e, in particolare, sulla questione se una delle due succitate disposizioni imponga agli Stati membri di prevedere la possibilità di contestare in sede giudiziale, mediante un ricorso distinto da quello avverso la decisione di trasferimento, l’esercizio del potere discrezionale scaturente dalla clausola di sovranità. Inoltre, essa è chiamata a pronunciarsi sulla questione se la proposizione di un siffatto ricorso implichi necessariamente la sospensione della decisione di trasferimento.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III:

«Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III».

5.        L’articolo 17 del regolamento in parola, recante il titolo «Clausole discrezionali», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«1.      In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento.

Lo Stato membro che decide di esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi del presente paragrafo diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Se applicabile, esso ne informa, utilizzando la rete telematica “DubliNet” istituita a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1560/2003 [della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 22, pag. 3)], lo Stato membro precedentemente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente.

Lo Stato membro che diventa competente ai sensi del presente paragrafo lo indica immediatamente nell’Eurodac ai sensi del regolamento (UE) n. 603/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’“Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU 2013, L 180, pag. 1)], aggiungendo la data in cui è stata adottata la decisione di esaminare la domanda».

6.        L’articolo 27 del suddetto regolamento, intitolato «Mezzi di impugnazione», è così formulato:

«1.      Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

2.      Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l’interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1.

3.      Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale:

a)      che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o

b)      che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o

c)      che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il trasferimento fino all’adozione della decisione sulla prima richiesta di sospensione. La decisione sulla sospensione dell’attuazione della decisione di trasferimento è adottata entro un termine ragionevole, permettendo nel contempo un esame attento e rigoroso della richiesta di sospensione. La decisione di non sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento deve essere motivata.

4.      Gli Stati membri possono disporre che le autorità competenti possano decidere d’ufficio di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione».

7.        L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento così dispone:

«1.      Il trasferimento del richiedente o di altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi dall’accettazione della richiesta da parte di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato o dalla decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

Se i trasferimenti verso lo Stato membro competente avvengono sotto forma di partenza controllata o sotto scorta, gli Stati membri garantiscono che siano svolti in modo umano e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana.

Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente un lasciapassare. La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, il modello del lasciapassare. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell’arrivo a destinazione dell’interessato o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti.

2.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito».

B.      Diritto irlandese

1.      European Union (Dublin System) Regulations 2018

8.        L’articolo 3 dello European Union (Dublin System) Regulations 2018 (S.I. No. 62 of 2018) [regolamento del 2018 sull’Unione europea (sistema di Dublino) (S.I. n. 62 del 2018); in prosieguo: il «regolamento del 2018»], intitolato «Esercizio delle funzioni in forza del regolamento dell’[Unione]», conferisce ai funzionari per la protezione internazionale [funzionari che fanno parte dell’International Protection Office (Ufficio per la protezione internazionale, Irlanda; in prosieguo: l’«IPO»)], il compito di determinare lo Stato membro competente per una domanda di protezione internazionale in forza dei criteri enunciati nel capo III del regolamento Dublino III e di adottare le decisioni di trasferimento. L’articolo 6 del regolamento del 2018, intitolato «Ricorso avverso una decisione di trasferimento», prevede che l’International Protection Appeals Tribunal (Tribunale d’appello per la protezione internazionale, Irlanda; in prosieguo: l’«IPAT») è competente ad esaminare un ricorso avverso una decisione di trasferimento.

9.        L’articolo 8 del regolamento del 2018, intitolato «Sospensione dell’esecuzione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso», dà attuazione all’effetto sospensivo previsto all’articolo 27, paragrafo 3, lettera a), del regolamento Dublino III, e riconosce, in sostanza, al richiedente protezione internazionale, che presenti un ricorso in forza dell’articolo 6 del regolamento del 2018, il diritto di rimanere nello Stato in attesa dell’esito del ricorso.

10.      L’esercizio del potere discrezionale previsto all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III rientra nella competenza del Ministro della Giustizia (in prosieguo: il «Ministro»). Il procedimento che sfocia nell’adozione di una decisione di trasferimento da parte dell’IPO in forza del regolamento del 2018 non prevede in alcun modo che si tenga conto dell’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, e la competenza dell’IPAT sulla base dell’articolo 6 del medesimo è circoscritta ai ricorsi avverso tali decisioni di trasferimento. Detto giudice non è competente a pronunciarsi su un ricorso proposto avverso una decisione del Ministro sotto il profilo dell’esercizio del potere discrezionale previsto all’articolo 17, paragrafo 1, di tale medesimo regolamento, posto che l’unico ricorso possibile avverso una siffatta decisione è il ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review»).

2.      Order 84, Superior Courts  Rules

11.      L’Order 84, Rules of the Superior Courts [Ordinanza 84, regolamento di procedura degli organi giurisdizionali superiori; gli articoli dell’ordinanza 84 sono denominati «rules» (regole)] enuncia, in particolare al suo titolo V, le regole procedurali applicabili nel contesto di un ricorso per controllo giurisdizionale. La High Court (Alta Corte) è il giudice di primo grado competente a trattare detti ricorsi. Pertanto, qualsiasi riferimento all’organo giurisdizionale contenuto nell’Ordinanza 84 è inteso come riferimento alla High Court (Alta Corte) in quanto giudice di primo grado.

12.      La regola 20 dell’Ordinanza 84 stabilisce, in sostanza, che, per introdurre un ricorso per controllo giurisdizionale, è necessario ottenere l’autorizzazione della corte («application for leave») e che, ai fini della concessione di tale autorizzazione, il richiedente deve possedere un interesse sufficiente. La regola 21 dell’Ordinanza 84 prevede un termine di tre mesi per adire la corte, ma tale termine può essere prorogato, in particolare in presenza di validi e sufficienti motivi in tal senso.

13.      L’Ordinanza 84 non prevede alcun effetto sospensivo. La regola 20, punto 8, lettera b), dell’Ordinanza 84 dispone che, quando è concessa l’autorizzazione a chiedere un controllo giurisdizionale, la corte, se reputa giusto e opportuno provvedere in tal senso, può emanare un’ordinanza che sospende, fino alla pronuncia sulla domanda di controllo giurisdizionale o fino a una diversa pronuncia della corte, una decisione oggetto della domanda, qualora sia chiesta l’adozione di un’ordinanza di interdizione o di «certiorari» (un’ordinanza volta ad annullare una decisione amministrativa).

II.    Fatti all’origine della controversia, procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

14.      Il ricorrente nel procedimento principale, AHY, è un cittadino somalo nato il 21 ottobre 1987.

15.      Il 21 gennaio 2020 egli ha presentato una domanda di protezione internazionale in Irlanda, sostenendo di essere stato vittima di un attentato dinamitardo in Somalia che aveva distrutto il suo negozio e ucciso uno dei suoi dipendenti e che gli aveva lasciato cicatrici su mani e braccia.

16.      Da una ricerca Eurodac è emerso che egli aveva già presentato due domande di protezione internazionale in Svezia, il 5 novembre 2012 e il 2 ottobre 2017, entrambe respinte.

17.      Pertanto, sulla base dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III, le autorità irlandesi hanno inoltrato una richiesta di ripresa in carico al Regno di Svezia, che la accoglieva il 19 febbraio 2020.

18.      Il 23 luglio 2020 una decisione di trasferimento verso la Svezia veniva notificata ad AHY, il quale contestava detta decisione dinanzi all’IPAT chiedendo l’applicazione della clausola di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e dichiarando, segnatamente, di soffrire di depressione.

19.      L’IPAT respingeva tale ricorso il 5 ottobre 2021 e confermava la decisione di trasferimento.

20.      L’8 novembre 2021 AHY veniva informato che doveva presentarsi al Garda National Immigration Bureau (ufficio nazionale dell’immigrazione, Irlanda) il 16 dicembre dello stesso anno al fine di predisporre il suo trasferimento in Svezia, che doveva avvenire entro il 6 aprile 2022 al più tardi.

21.      Il 15 novembre 2021 egli presentava al Ministro una richiesta affinché quest’ultimo esercitasse il potere discrezionale di cui all’articolo 17 del regolamento Dublino III sulla base, segnatamente, del rischio di suicidio in caso di trasferimento. A tal fine, AHY produceva una perizia medico-legale che indicava un rischio elevato di autolesionismo e di suicidio in caso di trasferimento in Svezia. Nel corso del procedimento, egli forniva una seconda perizia medico-legale secondo cui il rischio di suicidio era più elevato rispetto a quanto indicato nella prima perizia.

22.      Il 16 febbraio 2022 la richiesta rivolta al Ministro di esercitare il potere discrezionale di cui all’articolo 17 del regolamento Dublino III veniva respinta.

23.      A seguito della seconda perizia medico-legale, il Ministro inseriva un addendum alla decisione di rifiuto dell’esercizio del potere discrezionale, precisando che tale seconda perizia non aveva condotto a una modifica della sua posizione come espressa in detta decisione.

24.      AHY presentava al giudice del rinvio un ricorso giurisdizionale avverso detta decisione. Egli sostiene, in particolare, che, in forza dell’articolo 27 del regolamento Dublino III, il ricorso avverso le decisioni recanti rifiuto di esercitare il potere discrezionale previsto all’articolo 17 di detto regolamento ha automaticamente effetto sospensivo.

25.      Il giudice del rinvio ha confermato ed esteso i provvedimenti provvisori ottenuti da AHY nel dicembre 2021 vietando il suo trasferimento verso la Svezia e ha deciso di proporre alla Corte il presente rinvio pregiudiziale.

26.      In tale contesto, il giudice del rinvio si interroga, segnatamente, sull’effetto sospensivo che un ricorso proposto avverso una decisione del Ministro recante rifiuto di esercitare il potere discrezionale a lui conferito dall’articolo 17 del regolamento Dublino III può avere su una decisione di trasferimento, in particolare quando quest’ultima è già stata oggetto di un ricorso ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, di detto regolamento.

27.      In tali circostanze, la High Court (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto a un ricorso effettivo avverso una “decisione di trasferimento”, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III] includa il diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione adottata dallo Stato membro ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III in ordine all’esercizio o meno, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del suo potere discrezionale di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata ad esso da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel regolamento Dublino III.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

a)      se ne consegua che lo Stato membro richiedente non può dare esecuzione a una decisione di trasferimento in attesa della decisione sulla domanda di un richiedente concernente l’esercizio del potere discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

b)      Se le disposizioni dell’articolo 27, paragrafo 3, [del regolamento Dublino III] che impongono agli Stati membri di prevedere, nel loro diritto nazionale, una delle tre forme di effetto sospensivo ai fini del ricorso avverso una decisione di trasferimento o della revisione della medesima includano l’impugnazione avverso una decisione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, [di detto regolamento] recante rifiuto di esercitare la facoltà di assumere la competenza a esaminare una domanda di protezione internazionale (…).

c)      Qualora nessuna disposizione nazionale specifica preveda una delle tre forme di effetto sospensivo di cui all’articolo 27, paragrafo 3, in caso di impugnazione avverso una decisione di diniego dell’applicazione dell’articolo 17, se il giudice investito dell’impugnazione sia tenuto a riconoscere un effetto sospensivo, in una di tali tre forme, nel suo diritto nazionale e, in caso affermativo, quale.

d)      Se tutti i mezzi di impugnazione sospensivi di cui all’articolo 27, paragrafo 3, debbano essere interpretati nel senso che operano come una sospensione del termine per l’esecuzione di una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

3.      In caso di risposta negativa alla prima questione:

a)      se il diritto a un ricorso effettivo di cui all’articolo 47 della [Carta] osti a che uno Stato membro richiedente dia esecuzione a una decisione di trasferimento in attesa della decisione sulla domanda con cui il richiedente ha chiesto che sia esercitato il potere discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

b)      Se il diritto a un ricorso effettivo di cui all’articolo 47 della [Carta] osti a che uno Stato membro richiedente dia esecuzione a una decisione di trasferimento in attesa della decisione sull’impugnazione per controllo giurisdizionale (“judicial review”) proposta ai sensi delle disposizioni di diritto nazionale avverso una decisione di diniego dell’applicazione dell’articolo 17 [del regolamento Dublino III].

c)      In subordine, se un’impugnazione per controllo giurisdizionale (“judicial review”) proposta ai sensi delle disposizioni di diritto nazionale avverso una decisione di diniego dell’applicazione dell’articolo 17 [del regolamento Dublino III] operi come una sospensione del termine per l’esecuzione di una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III o produca altrimenti un effetto sospensivo sulla decisione di trasferimento».

28.      Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia trattato con il procedimento d’urgenza di cui all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

29.      A fondamento della sua domanda, tale giudice si è richiamato allo stato di salute di AHY, precisando, in particolare, di temere, alla luce delle prove mediche a sua disposizione, che il tempo di trattazione di un procedimento pregiudiziale ordinario potrebbe comportare un rischio reale per la sua salute, se non addirittura per la sua vita, posto che, a seguito della decisione relativa al suo trasferimento in Svezia, egli avrebbe sviluppato pensieri suicidi. Il giudice del rinvio ha altresì indicato che l’urgenza era rafforzata dal fatto che le questioni giuridiche sollevate nella presente causa si pongono anche in un’altra serie di cause in corso. L’incertezza giuridica quanto al controllo delle decisioni recanti rifiuto di avvalersi della clausola di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e quanto all’effetto sospensivo dei ricorsi avverso tali decisioni avrebbe un impatto sistemico sul funzionamento del sistema istituito da detto regolamento in Irlanda e comporterebbe ritardi.

30.      In occasione della riunione amministrativa del 21 giugno 2022, la Seconda Sezione ha deciso che detta richiesta del giudice del rinvio non doveva essere accolta.

31.      Nell’ambito del procedimento pregiudiziale ordinario hanno presentato osservazioni scritte AHY, il Ministro, i governi irlandese e greco e la Commissione europea.

III. Analisi

32.      In via preliminare, va osservato che le questioni pregiudiziali oggetto della presente causa, vertenti sul controllo giurisdizionale di una decisione adottata dalle autorità degli Stati membri ai sensi della clausola contenuta nell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e sull’eventuale carattere sospensivo nei confronti della decisione di trasferimento di un ricorso giurisdizionale proposto avverso detta decisione, sono motivate, a parere del giudice del rinvio, da due ordini di considerazioni.

33.      Il primo riguarda le peculiarità del sistema irlandese, in cui la decisione di procedere o meno al trasferimento di un richiedente protezione internazionale e quella di esercitare o meno il potere discrezionale risultante dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non ricadono nella competenza di una medesima autorità. Mentre la prima decisione è adottata dall’IPO, la seconda rientra nelle prerogative del Ministro. Inoltre, i ricorsi avverso le decisioni di trasferimento devono essere presentati dinanzi all’IPAT, ma detta autorità giurisdizionale non è per contro competente a pronunciarsi su un ricorso avverso una decisione del Ministro vertente sull’esercizio di detto potere discrezionale. Quest’ultima decisione può, infatti, essere contestata unicamente mediante un ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review») dinanzi alla High Court (Alta Corte).

34.      Dalla decisione di rinvio risulta inoltre che, allo stato attuale del diritto irlandese, questi due procedimenti distinti possono essere avviati in momenti diversi, senza che vi sia alcun coordinamento, segnatamente, sotto il profilo dei termini. Così, nulla impedisce a un richiedente protezione internazionale oggetto di una decisione di trasferimento in Irlanda di presentare una domanda ai sensi dell’articolo 17 del regolamento Dublino III in un momento successivo al rigetto del suo ricorso avverso una siffatta decisione di trasferimento da parte dell’IPAT. Ciò è avvenuto nel caso di specie e, in base alle fonti disponibili, in numerosi altri casi.

35.      Il secondo ordine di considerazioni concerne gli interrogativi sollevati dalla sentenza M.A. e a. (3), in cui la Corte si è pronunciata sulle peculiarità del sistema irlandese in un contesto di fatto diverso da quello qui in esame. Il giudice del rinvio si trova in difficoltà nel determinare la portata esatta del ragionamento seguito e della decisione adottata dalla Corte in detta sentenza.

A.      Sulla prima questione pregiudiziale

36.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che impone agli Stati membri di prevedere un ricorso effettivo avverso una decisione di uno Stato membro di esercitare, o di non esercitare, il suo potere discrezionale al fine di assumersi, in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, la competenza ad esaminare una domanda di protezione internazionale che non gli competerebbe in base ai criteri stabiliti in detto regolamento.

37.      A parere del giudice del rinvio, la risposta della Corte consentirà di stabilire se la questione dell’effetto sospensivo del ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review») previsto dal diritto irlandese e pendente nel procedimento principale debba essere valutata dal punto di vista dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III (seconda serie di questioni) o dell’articolo 47 della Carta (terza serie di questioni).

38.      Nell’esporre la mia posizione, procederò come segue. Illustrerò, anzitutto, gli elementi che definiscono il contenuto della clausola di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III (sottosezione 1). Esaminerò poi la giurisprudenza sul diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 27, paragrafo 1, di detto regolamento, al fine di stabilire se tale diritto comprenda quello di disporre di un ricorso avverso la decisione di avvalersi, o non avvalersi, della clausola di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del medesimo regolamento (sottosezione 2). Infine, l’interpretazione così sviluppata sarà verificata alla luce degli insegnamenti tratti dalla sentenza M.A. e a. (sottosezione 3), per pervenire alla proposta di risposta alla presente questione pregiudiziale (sottosezione 4).

1.      Clausola di cui allarticolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III

39.      Occorre anzitutto ricordare che il regolamento Dublino III ha lo scopo di stabilire i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

40.      Il sistema istituito da detto regolamento si fonda sul principio, enunciato nel suo articolo 3, paragrafo 1, secondo cui un solo Stato membro è competente ad esaminare le esigenze di protezione internazionale di un richiedente.

41.      A tal fine, il capo III di detto regolamento prevede una gerarchia di criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate (4). Tali criteri, che figurano agli articoli da 8 a 15 del medesimo regolamento, mirano a fornire un meccanismo che consenta di determinare con rapidità, con chiarezza e praticità, lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale (5).

42.      Il capo IV del regolamento Dublino III contiene, oltre all’articolo 16, vertente sulle persone a carico, l’articolo 17, dal titolo «Clausole discrezionali». Il paragrafo 1 di quest’ultimo articolo prevede che, in deroga all’articolo 3, paragrafo 1, del suddetto regolamento, uno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel regolamento Dublino III.

43.      La norma di cui trattasi si fonda, essenzialmente, su tre caratteristiche.

44.      In primo luogo, si tratta di un elemento di flessibilità del regime giuridico in esame. L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III riproduce la clausola «di sovranità» che era contenuta nell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 343/2003 (in prosieguo: il «regolamento Dublino II») (6) e, prima di esso, nell’articolo 3, paragrafo 4, della convenzione di Dublino (7). La clausola di cui trattasi ha superato tutte le riforme legislative introdotte dall’Unione in questo settore poiché si tratta dell’espressione del principio, tratto dal diritto internazionale e, segnatamente, dalla convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati (8), secondo cui il riconoscimento del diritto di asilo è una prerogativa dello Stato (9). In altre parole, in base a detto principio, gli Stati devono avere il diritto di esaminare nel merito tutte le domande di asilo che vengono loro presentate.

45.      In secondo luogo, la collocazione della clausola di sovranità in seno al capo IV del regolamento Dublino III suggerisce il suo carattere autonomo rispetto ai criteri enunciati nel capo III di detto regolamento.

46.      In terzo luogo, e soprattutto, detta clausola comporta il riconoscimento agli Stati membri di un ampio potere discrezionale. Come ripetutamente riconosciuto dalla giurisprudenza, si tratta di una facoltà («[uno] Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (...)») (10) che non è soggetta a nessuna condizione particolare. Secondo la Corte, compete a ciascuno Stato membro determinare le circostanze in cui intende avvalersi di detta facoltà e decidere di esaminare esso stesso una domanda di protezione internazionale per la quale non è competente in forza dei criteri definiti dal regolamento Dublino III (11).

47.      Infatti, come testimonia la proposta della Commissione che ha condotto all’adozione del regolamento Dublino II (12), la clausola di cui trattasi è stata introdotta al fine di consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico, di accettare l’esame di una domanda di asilo, anche se non gli è riconosciuta una siffatta competenza (13).

48.      Tutti gli argomenti dedotti per sostenere che le circostanze specifiche della causa avevano l’effetto di circoscrivere il potere discrezionale dello Stato membro interessato al punto da comportare l’insorgenza a suo carico di un obbligo di attivare la clausola di sovranità sono stati ad oggi respinti dalla Corte (14).

49.      In particolare, dalla giurisprudenza della Corte emerge che detta clausola non è concepita come una salvaguardia contro i malfunzionamenti del sistema di Dublino che potrebbero portare a violazioni dei diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale (15).

50.      A tal riguardo, occorre ricordare che il sistema in esame si fonda sulla fiducia reciproca, ivi compresa una presunzione di osservanza, da parte degli altri Stati membri, dei diritti fondamentali. Una siffatta fiducia è compromessa in due casi.

51.      In un primo caso, quando vi sono fondate ragioni per ritenere che nello Stato membro inizialmente designato come competente sussistano carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo tali da implicare un rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta. È vero che una siffatta ipotesi comporta che, quando sia impossibile identificare un altro Stato membro competente, lo Stato membro che procede alla determinazione dello Stato membro competente diviene esso stesso competente; tuttavia, un siffatto obbligo deriva dall’articolo 3, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del regolamento Dublino III, e non dall’esercizio della clausola di sovranità. Nel secondo caso, quando esiste un rischio effettivo di esporre un richiedente protezione internazionale, in ragione delle sue condizioni di salute, a un trattamento inumano e degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta. Nella sentenza C.K. e a. (16), la Corte ha dichiarato che, benché detto rischio possa giustificare la sospensione dell’esecuzione del trasferimento, esso non implica che lo Stato membro al quale sia stata presentata la domanda sia tenuto a dichiararsi competente per l’esame di quest’ultima in applicazione della clausola di sovranità.

52.      In sintesi, se l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali può obbligare lo Stato membro in cui la domanda è stata presentata ad escludere, quantomeno in via provvisoria, l’applicazione dei criteri di cui al capo III del regolamento Dublino III, tale condizione non può però costringere gli Stati membri a esercitare il potere di avocazione loro conferito dall’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento. Ne consegue che il caso in cui la tutela dei diritti fondamentali giustifica la disapplicazione dei criteri fissati dal regolamento Dublino III si differenzia dall’esercizio della clausola di sovranità. Più di recente, nella sentenza M.A. e a., la Corte ha ribadito la propria posizione indicando che nemmeno la presa in considerazione dell ’interesse superiore del minore può obbligare uno Stato membro a far uso di detta facoltà e ad esaminare direttamente una domanda per la quale non è competente.

53.      Occorre, infine, aggiungere che dalla giurisprudenza risulta che nemmeno situazioni di crisi umanitarie in taluni Stati membri, come quella verificatasi nei Balcani occidentali tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, possono comportare un obbligo, a carico degli altri Stati membri, di ricorrere alla clausola di sovranità rispetto alle domande di protezione internazionale loro presentate, fermo restando che la Corte ha voluto, tuttavia, sottolineare che l’esercizio della facoltà di attivare tale clausola sarebbe, in un siffatto caso, in linea con il principio di solidarietà sancito dall’articolo 80 TFUE e sotteso al regolamento Dublino III (17).

2.      Diritto a un ricorso effettivo nel regolamento Dublino III

54.      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III prevede che il richiedente protezione internazionale ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

55.      La portata del diritto di ricorso conferito al richiedente protezione internazionale avverso una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti è precisata al considerando 19 del regolamento Dublino III, il quale indica che, al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale, il ricorso effettivo istituito dal regolamento in parola deve avere a oggetto, da una parte, l’esame dell’applicazione del citato regolamento e, dall’altra, l’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro verso il quale il richiedente è trasferito (18).

56.      Per quanto attiene all’oggetto dell’esame dell’applicazione del regolamento di cui trattasi, la Corte ha costantemente ribadito l’interpretazione estensiva risultante dal ragionamento seguito nella sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash ( C‑63/15; in prosieguo: la «sentenza Ghezelbash», EU:C:2016:409).

57.      Detto ragionamento si fondava su due considerazioni essenziali. In primo luogo, con l’adozione del regolamento Dublino III, il legislatore dell’Unione ha coinvolto i richiedenti asilo nella procedura di determinazione dello Stato membro competente, obbligando gli Stati membri a informarli dei criteri di competenza e a offrire loro l’opportunità di presentare le informazioni che consentano la corretta applicazione di tali criteri, nonché garantendo loro un diritto di ricorso effettivo avverso la decisione di trasferimento eventualmente adottata in esito al procedimento. In secondo luogo, il regolamento Dublino III è diretto a migliorare la protezione offerta ai suddetti richiedenti, garantita in particolare dalla tutela giurisdizionale di cui essi godono.

58.      Un’interpretazione restrittiva della portata del ricorso di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III potrebbe, secondo la Corte, ostacolare la realizzazione di tale obiettivo, privando della loro efficacia pratica gli altri diritti del richiedente asilo sanciti da detto regolamento (19).

59.      Nella sentenza Ghezelbash, la Corte ha così concluso, anzitutto, che un richiedente asilo ha diritto di invocare, nell’ambito di un ricorso proposto avverso la decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’errata applicazione di un criterio di competenza di cui al capo III del regolamento Dublino III. In sentenze successive, la Corte ha riconosciuto che tale richiedente può avvalersi anche della violazione di disposizioni rientranti in altri capi del regolamento Dublino III e che conferiscono al richiedente asilo garanzie procedurali.

60.      Nella sentenza Karim (20), è stato dichiarato che una di queste disposizioni è l’articolo 19, paragrafo 2, secondo comma, del suddetto regolamento, ai sensi del quale, quando un cittadino di un paese terzo, dopo aver presentato una prima domanda di asilo in uno Stato membro, si è allontanato dal territorio degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi prima di presentare una nuova domanda di asilo in un altro Stato membro, quest’ultimo Stato membro è tenuto a espletare la procedura di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di tale nuova domanda.

61.      Nella sentenza Mengesteab (21), si è considerato che un’altra di tali disposizioni sia l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, a norma del quale, se una richiesta di presa in carico non è formulata entro i termini ivi previsti, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro al quale essa è stata presentata. Nella sentenza Shiri (22), la Corte ha altresì inserito nella categoria di cui trattasi l’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, ai sensi del quale, se il trasferimento dallo Stato membro richiedente allo Stato membro competente non avviene entro il termine previsto in detto articolo, quest’ultimo Stato è liberato dal suo obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente.

62.      In tale giurisprudenza, mi sembra che la Corte abbia attribuito un peso determinante al fatto che ciascuna delle disposizioni esaminate stabilisce il quadro in cui la procedura di determinazione dello Stato membro competente deve avere luogo e contribuisce parimenti, alla stessa stregua dei criteri enunciati nel capo III, a determinare lo Stato membro competente (23).

63.      Ne consegue, a mio avviso, che la portata del ricorso effettivo, previsto all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, avverso una decisione di trasferimento comprende l’esame dell’applicazione di dette disposizioni poiché queste sanciscono regole che, in ragione del loro carattere obbligatorio per lo Stato membro interessato, sono idonee a conferire al richiedente protezione internazionale un diritto a che la sua domanda sia esaminata dallo Stato membro competente.

64.      Così non è nel caso dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, poiché l’attivazione della clausola di sovranità ivi prevista presenta, come spiegato in precedenza, un carattere puramente facoltativo (24).

65.      Occorre pertanto concludere che il diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 27, paragrafo 1, di detto regolamento non comprende il diritto di contestare il rifiuto, da parte dello Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale, di avvalersi della clausola di sovranità.

66.      A mio avviso, questa analisi non è rimessa in discussione dalla sentenza del 1º agosto 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Rifiuto di presa in carico di un minore egiziano non accompagnato) (C‑19/21, EU:C:2022:605).

67.      È sì vero che la Corte ha ivi dichiarato che il richiedente protezione internazionale deve poter proporre un ricorso giurisdizionale, in forza dell’articolo 27 del regolamento Dublino III, non solo nell’ipotesi in cui lo Stato membro richiedente adotti una decisione di trasferimento, ma anche in quella in cui lo Stato membro richiesto rifiuti la presa in carico dell’interessato. Tuttavia, questa interpretazione estensiva della Corte è resa possibile dal fatto che la legittimità della decisione di diniego della presa in carico del richiedente interessato era stata contestata alla luce di uno dei criteri di competenza sanciti nel capo III di detto regolamento. Ciò risulta esplicitamente dal punto della sentenza così formulato: «(…) la tutela giurisdizionale di un richiedente minore non accompagnato non può variare, per quanto riguarda il rispetto del criterio obbligatorio di competenza di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, a seconda che tale richiedente sia destinatario di una decisione di trasferimento, adottata dallo Stato membro richiedente, o di una decisione con la quale lo Stato membro richiesto respinge la richiesta di presa in carico dello stesso richiedente» (25). Ne deduco che la decisione recante diniego di avvalersi della clausola di sovranità non fa parte delle decisioni rientranti nel diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo previsto all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

3.      Portata della sentenza M.A. e a.

68.      L’interpretazione appena proposta mi sembra pienamente compatibile con la sentenza M.A. e a.

69.      Il giudice del rinvio richiama, in particolare, due parti della sentenza.

70.      In primo luogo, la Corte ha dichiarato che il potere discrezionale che la clausola di sovranità conferisce agli Stati membri fa parte integrante dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente elaborati dal legislatore dell’Unione (26).

71.      In secondo luogo, la Corte si è pronunciata su una problematica identica a quella oggetto della presente questione pregiudiziale. A questo proposito, essa ha riconosciuto, anzitutto, che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non prevede espressamente un ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, e che l’obiettivo di celerità nella determinazione dello Stato membro competente, sotteso alla procedura attuata dal regolamento Dublino III, invita a non moltiplicare i mezzi di impugnazione (27). La Corte ha poi osservato che, certamente, l’articolo 47 della Carta dispone che ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste dallo stesso articolo (28). Tuttavia, secondo la Corte, il fatto che uno Stato membro rifiuti di far uso della clausola di sovranità si risolve necessariamente, per questo Stato membro, nell’adozione di una decisione di trasferimento e tale rifiuto potrà, eventualmente, essere contestato in sede di ricorso avverso una siffatta decisione (29). La Corte ha così concluso che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che «non impone di prevedere un ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo, fermo restando che detta decisione potrà essere contestata in sede di ricorso avverso la decisione di trasferimento» (30).

72.      Occorre riconoscere che il ragionamento seguito dalla Corte non è di facile comprensione e che, pertanto, i dubbi nutriti dal giudice del rinvio non sorprendono. Detto giudice sembra privilegiare una lettura, sostenuta anche da AHY e dalla Commissione nelle loro rispettive osservazioni scritte, secondo cui, nella misura in cui l’articolo 17 del regolamento Dublino III fa parte integrante dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente, il diritto a un ricorso effettivo contro una decisione di trasferimento previsto all’articolo 27, paragrafo 1, di detto regolamento deve parimenti comprendere il diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione adottata ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento.

73.      L’erroneità di questa interpretazione è, a mio avviso, indubbia.

74.      Occorre, anzitutto, osservare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza M.A. e a., i ricorrenti non avevano chiesto al Ministro di applicare la clausola di sovranità a loro favore a seguito dell’adozione della decisione di trasferimento. Al contrario, l’Office of the Refugee Applications Commission (Ufficio del commissario incaricato dei ricorsi dei rifugiati, Irlanda) aveva raccomandato il loro trasferimento nel Regno Unito dopo essersi rifiutato di far uso di detta clausola. Ne consegue che la risposta della Corte si fonda necessariamente sulla premessa secondo cui una siffatta decisione di diniego sia adottata prima dell’adozione della decisione di trasferimento (31). Con riferimento a questa ipotesi, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che i requisiti inerenti al principio della tutela giurisdizionale effettiva sono soddisfatti dalla possibilità di contestare detto diniego nell’ambito del ricorso avverso la decisione di trasferimento.

75.      A mio avviso, sarebbe errato dedurne, a contrario, in linea con AHY e la Commissione, che, se la decisione di non avvalersi della clausola di sovranità si situasse in un momento successivo all’adozione della decisione di trasferimento, detti medesimi requisiti renderebbero indispensabile l’esistenza di un ricorso distinto avverso la prima decisione. Sarebbe, infatti, difficile conciliare questa lettura con le considerazioni di carattere letterale e teleologico presenti nei primi punti della risposta della Corte a detta questione pregiudiziale, secondo cui, rispettivamente, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non prevede espressamente un ricorso avverso la decisione di non far uso della clausola di sovranità, e l’obiettivo di celerità con riferimento, segnatamente, alla determinazione dello Stato membro competente invita a non moltiplicare i mezzi di impugnazione.

76.      Inoltre, il testo del punto 79 della sentenza di cui trattasi, come riportato in precedenza, deve essere inteso nel senso che un ricorso specifico avverso la decisione di uno Stato membro recante rifiuto di esercitare il potere ad esso conferito dalla clausola di sovranità non è imposto, in termini generali, dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e che la mera constatazione circa la possibilità di contestare detta decisione nell’ambito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento dipende dal fatto che la prima decisione sia adottata anteriormente alla seconda.

77.      Le considerazioni appena esposte mi sembrano fornire la chiave di lettura per interpretare il punto della sentenza, citato in precedenza, secondo cui il potere discrezionale conferito agli Stati membri dalla clausola di sovranità fa parte integrante dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente previsti dal regolamento Dublino III.

78.      Occorre anzitutto osservare che, in un filone giurisprudenziale risalente alla sentenza N.S. e a., la Corte si è fondata su questa constatazione per concludere che la decisione adottata da uno Stato membro sulla base della clausola di sovranità attuava il diritto dell’Unione e doveva, quindi, rispettare i diritti sanciti nella Carta (32).

79.      A mio avviso, tale constatazione non può essere validamente invocata per sostenere che un ricorso specifico avverso la decisione recante diniego di far uso della clausola di sovranità deve essere necessariamente riconosciuto ai richiedenti protezione internazionale dal diritto dello Stato membro interessato.

80.      Dichiarando che il potere discrezionale degli Stati membri risultante dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III rientra nei «meccanismi»  di determinazione dello Stato membro competente, la Corte mi sembra, infatti, aver utilizzato un’espressione indicante che detto articolo non rientra nell’insieme delle disposizioni del regolamento Dublino III che prevedono un obbligo a carico degli Stati membri e che conferiscono, correlativamente, un diritto a favore dei richiedenti protezione internazionale.

81.      L’esercizio di detto potere discrezionale attua il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, nella misura in cui sfocia nell’adozione di una decisione di trasferimento. Di conseguenza, tutti i motivi di ricorso fondati su una violazione della Carta possono essere sollevati nell’ambito del ricorso avverso quest’ultima decisione, come previsto dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Per contro, qualora un richiedente protezione internazionale contesti la legittimità della decisione di trasferimento con riferimento a un vizio relativo alla decisione recante diniego di avvalersi della clausola di sovranità, i motivi di ricorso dedotti dovrebbero necessariamente fondarsi sul diritto nazionale.

4.      Conclusione sulla prima questione pregiudiziale

82.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che non impone agli Stati membri di prevedere un ricorso effettivo avverso una decisione di uno Stato membro di esercitare, o di non esercitare, il suo potere discrezionale al fine di assumersi, in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, la competenza ad esaminare una domanda di protezione internazionale.

83.      Tenuto conto delle osservazioni formulate in precedenza in merito alla natura della clausola di sovranità, il fatto che, a fondamento della sua domanda di attivazione di detta clausola, il ricorrente nel procedimento principale abbia invocato un elemento volto a dimostrare il rischio di violazione di uno di questi diritti fondamentali, vale a dire una perizia medica sul suo stato di salute psicologica, non inficia l’interpretazione proposta. In mancanza di restrizioni imposte dal diritto dell’Unione, la decisione del Ministro di astenersi dal fare uso di detta clausola può essere sottoposta unicamente a un controllo giurisdizionale vertente sulla sua legittimità esterna come previsto dal diritto irlandese.

84.      Parimenti, non è ravvisabile alcuna incompatibilità con l’affermazione della Corte nella sentenza M.A. e a. secondo cui il regolamento Dublino III non richiede che la determinazione dello Stato membro competente in forza dei criteri definiti da detto regolamento e l’esercizio del potere discrezionale risultante dalla clausola di sovranità siano garantiti dalla medesima autorità nazionale.

85.      Orbene, non mi sfugge che l’interpretazione da me proposta equivarrebbe non soltanto ad imporre agli Stati membri di prevedere che l’adozione della decisione emanata in forza della clausola di sovranità sia immancabilmente anteriore all’adozione della decisione di trasferimento, ma anche ad obbligare taluni Stati membri, come l’Irlanda, a rivedere la ripartizione delle competenze tra le autorità giudiziarie al fine di garantire che l’autorità adita mediante il ricorso avverso la decisione di trasferimento sia competente a valutare il rifiuto di far uso della clausola di cui trattasi. Infatti, anche se fosse previsto che ogni decisione relativa all’uso della clausola di sovranità intervenga prima dell’adozione di una decisione di trasferimento da parte dell’IPO, resterebbe il fatto che l’IPAT non è competente ad esaminare gli argomenti volti a contestare la legittimità di una siffatta decisione.

86.      Tuttavia, occorre constatare che ciò non giustifica l’adozione di un’interpretazione differente poiché, come noto, uno Stato membro non può eccepire l’esistenza di disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno al fine di giustificare il mancato rispetto degli obblighi che gli incombono in forza del diritto dell’Unione (33).

87.      Posto che la seconda questione pregiudiziale va affrontata unicamente in caso di risposta positiva alla presente questione, occorre rispondere soltanto alla terza questione sollevata dal giudice del rinvio.

B.      Sulla terza questione pregiudiziale

88.      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede essenzialmente, in via principale, se il diritto a un ricorso effettivo previsto dall’articolo 47 della Carta osti a che uno Stato membro dia esecuzione a una decisione di trasferimento fintantoché non sia stata adottata una decisione sulla richiesta rivolta a detto Stato di esercitare il suo potere discrezionale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III o su un ricorso giurisdizionale specifico, proposto in forza delle disposizioni del diritto nazionale, avverso la risposta data a una richiesta in tal senso.

89.      In altre parole, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla questione se un richiedente protezione internazionale che non ha ottenuto l’annullamento di una decisione di trasferimento invocando i criteri di cui al capo III del regolamento Dublino III, e sul cui ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review») avverso una decisione recante rifiuto di fare uso della clausola di sovranità non si sia ancora statuito, possa essere trasferito prima dell’adozione di una decisione su detto ricorso. A parere del giudice del rinvio, infatti, una qualche forma di effetto sospensivo dell’esecuzione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso avverso detta decisione sarebbe appropriata per evitare che sia constatata una violazione dell’articolo 47 della Carta.

90.      Per quanto attiene all’articolo 47 della Carta, va osservato, anzitutto, che il preambolo del regolamento Dublino III rimanda in alcuni passaggi a detta disposizione. Ai sensi del suo considerando 19, il regolamento di cui trattasi mira a stabilire il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della Carta. Secondo il suo considerando 39, detto regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della medesima.

91.      L’articolo 47 della Carta così recita: «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo».

92.      Dalla giurisprudenza risulta che il carattere effettivo di detto ricorso esige, in casi eccezionali, che gli sia riconosciuto un effetto sospensivo. Più precisamente, con riferimento alla direttiva 2008/115/CE (34), la Corte ha dichiarato che, quando vi sono seri motivi di temere che l’allontanamento di un cittadino di un paese terzo comporterebbe una violazione del suo diritto a non essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, il cittadino interessato deve beneficiare di un ricorso con pieno effetto sospensivo contro l’esecuzione della decisione che consente tale allontanamento, al fine di evitare il verificarsi di un danno grave e irreparabile in attesa dell’esito di tale ricorso (35).

93.      Inoltre, per quanto attiene al regolamento Dublino III, la Corte non ha escluso che l’esecuzione di una decisione di trasferimento possa implicare, in via eccezionale, un danno di tale ordine (36), e che l’effettività di un ricorso avverso una siffatta decisione possa, quindi, rendere indispensabile un effetto sospensivo.

94.      Tuttavia, è evidente che la problematica relativa all’esigenza di garantire una siffatta effettività non si pone in una situazione come quella di cui al caso di specie.

95.      L’articolo 47 della Carta impone, infatti, l’esistenza di un ricorso effettivo unicamente quando si tratta di proteggere un diritto (o una libertà) garantito dal diritto dell’Unione. Per contro, come spiegato in precedenza, il richiedente protezione internazionale non vanta alcun diritto garantito dal diritto dell’Unione a che lo Stato membro in cui è stata presentata la sua domanda ne prenda in carico l’esame ai sensi dell’articolo 17 del regolamento Dublino III. In mancanza di un siffatto diritto, il diritto a un ricorso effettivo quale sancito all’articolo 47 della Carta non trova applicazione.

96.      Di conseguenza, la questione se il ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review») previsto dal diritto irlandese abbia effetto sospensivo dipende unicamente dalle disposizioni di quest’ultimo diritto.

97.      In via subordinata, il giudice del rinvio solleva un quesito concernente l’interpretazione dell’articolo 29, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Dublino III.

98.      Va ricordato che questo articolo dispone che il trasferimento dell’interessato avviene non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi dall’accettazione da parte di un altro Stato membro della richiesta di prendere o riprendere in carico l’interessato o dalla decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo accordato ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, di tale regolamento.

99.      Il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se un ricorso giurisdizionale specifico avverso una decisione recante rifiuto di fare uso della clausola di sovranità abbia per effetto di sospendere il termine di esecuzione di una decisione di trasferimento previsto all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III oppure abbia, in altro modo, un effetto sospensivo rispetto alla decisione di trasferimento. Ancora più nello specifico, mi sembra che si voglia sapere se l’articolo 29, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Dublino III debba essere letto nel senso che il termine di sei mesi ivi previsto inizia a decorrere dalla data della decisione definitiva su un ricorso proposto avverso una decisione di uno Stato membro di non avvalersi della clausola di sovranità, adottata posteriormente all’adozione della decisione di trasferimento, come il ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review») previsto dal diritto irlandese.

100. La risposta mi sembra dover essere necessariamente negativa.

101. Come dimostrato in precedenza, l’articolo 47 della Carta non esige che gli Stati membri conferiscano effetto sospensivo a un ricorso proposto in forza delle disposizioni del diritto nazionale, come il ricorso per controllo giurisdizionale («judicial review»). Ne è logica conseguenza che il termine di sei mesi per procedere al trasferimento del richiedente protezione internazionale inizia a decorrere, nel caso di specie, dalla data di rigetto del ricorso proposto avverso una decisione di trasferimento.

102. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 47 della Carta non osta a che uno Stato membro dia esecuzione a una decisione di trasferimento prima che sia stata adottata una decisione sulla richiesta volta ad ottenere che detto Stato eserciti il suo potere discrezionale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III o su un ricorso giurisdizionale specifico, proposto in forza delle disposizioni del diritto nazionale, avverso la risposta data a una richiesta in tal senso.  In tale caso, il termine di sei mesi per procedere al trasferimento del richiedente protezione internazionale, come previsto all’articolo 29, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Dublino III, inizia a decorrere dalla data di rigetto di un ricorso proposto avverso una decisione di trasferimento.

C.      Osservazioni finali

103. Da uno studio svolto dalla Commissione e pubblicato nel 2016 emerge che, già all’epoca, le autorità irlandesi avevano manifestato la propria frustrazione per l’incremento considerevole del contenzioso generato dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Secondo dette autorità, la disposizione di cui trattasi veniva interpretata a livello nazionale nel senso che instaurava «quasi una nuova procedura», con conseguente insorgenza di un ingente carico amministrativo per i giudici nazionali (37).

104. A mio avviso, l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non può essere letto nel senso che consenta di avviare una procedura amministrativa distinta da quella che si conclude con l’adozione della decisione di trasferimento. Al contrario, sono convinto che il regolamento Dublino III abbia delineato un regime giuridico in cui nessun atto amministrativo posteriore alla decisione di trasferimento può pregiudicare la validità di quest’ultima.

105. In quest’ottica, disposizioni nazionali che sganciano l’esercizio del potere discrezionale risultante dalla clausola di sovranità dalla decisione di trasferimento adottata ai sensi del regolamento Dublino III e che consentono che una richiesta di esercitare detto potere discrezionale sia presentata e valutata indipendentemente dall’adozione di una decisione di trasferimento e dopo detta adozione, appaiono tali da ostacolare nel complesso il buon funzionamento del regolamento Dublino III, come ammette la Commissione nelle sue osservazioni scritte.

106. Oltre a fondarsi su una lettura errata delle disposizioni pertinenti di diritto derivato, ritengo che una conclusione in base alla quale gli Stati membri sono tenuti a prevedere un mezzo di impugnazione distinto avverso la decisione di ricorrere o non ricorrere alla clausola di sovranità finirebbe per confermare, agli occhi degli Stati membri, scelte legislative nazionali idonee a determinare la conseguenza ricordata nella parte finale del punto che precede.

107. A tal riguardo, invito ad esaminare, a titolo esemplificativo, l’articolo 26 del regolamento di cui trattasi.

108. In forza di detto articolo, che fa parte delle garanzie procedurali previste dal regolamento Dublino III, la notifica della decisione di trasferimento all’interessato comprende, se del caso, una decisione di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale, come, a mio avviso, una decisione recante rifiuto di avvalersi della clausola di sovranità. Orbene, mi sembra che questa decisione non potrebbe essere notificata nell’ambito della decisione di trasferimento se fosse stata assunta solo dopo l’adozione di quest’ultima decisione. Inoltre, in una siffatta ipotesi, ritengo che le informazioni sui mezzi di impugnazione che devono figurare nella decisione notificata ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, del regolamento Dublino III sarebbero necessariamente parziali, non potendo ricomprendere i mezzi di impugnazione disponibili contro la decisione recante rifiuto di avvalersi della clausola di sovranità.

IV.    Conclusione

109. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla High Court (Alta Corte, Irlanda) nei seguenti termini:

1)      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide

deve essere interpretato nel senso che:

esso non impone agli Stati membri di prevedere un ricorso effettivo avverso una decisione di uno Stato membro di esercitare, o di non esercitare, il suo potere discrezionale al fine di assumersi, in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, la competenza ad esaminare una domanda di protezione internazionale che non gli competerebbe in base ai criteri stabiliti in detto regolamento.

2)      L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non osta a che uno Stato membro dia esecuzione a una decisione di trasferimento prima che sia stata adottata una decisione sulla richiesta volta ad ottenere che detto Stato eserciti il suo potere discrezionale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 o su un ricorso giurisdizionale specifico, proposto, in forza delle disposizioni del diritto nazionale, avverso la risposta data a una richiesta in tal senso. In tale caso, il termine di sei mesi per procedere al trasferimento del richiedente protezione internazionale, come previsto all’articolo 29, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 604/2013, inizia a decorrere dalla data di rigetto di un ricorso proposto avverso una decisione di trasferimento.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31).


3      Sentenza del 23 gennaio 2019 (C‑661/17; in prosieguo: la «sentenza M.A. e a.», EU:C:2019:53).


4      V. considerando 5 del regolamento Dublino III.


5      V. considerando 4 del regolamento Dublino III.


6      Regolamento del Consiglio del 18 febbraio 2003 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1).


7      Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee – Convenzione di Dublino (GU 1997, C 254, pag. 1).


8      Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, United Nations Treaty Series, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954).


9      V. sentenza del 5 luglio 2018, X (C‑213/17, EU:C:2018:538, punto 61 e giurisprudenza citata).


10      Il corsivo è mio.


11      V. sentenza del 16 febbraio 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Figlio in gestazione al momento della domanda di asilo) (C‑745/21, EU:C:2023:113, punto 50 e giurisprudenza citata).


12      Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo [COM(2001) 447 definitivo - 2001/0182(CNS)] (GU 2001, C 304 E, pag. 192).


13      V. sentenza del 4 ottobre 2018, Fathi (C‑56/17, EU:C:2018:803, punto 53 e giurisprudenza citata).


14      V., segnatamente, sentenze del 14 novembre 2013, Puid (C‑4/11, EU:C:2013:740); del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127), e M.A. e a.


15      V., a questo proposito, analisi di Petralia, V., «Clausola di sovranità e tutela dei diritti umani nel sistema di Dublino», Studi sull’integrazione europea, XII (2017), pagg. da 553 a 568.


16      Sentenza del 16 febbraio 2017 (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127).


17      V. sentenza del 26 luglio 2017, Jafari (C‑646/16, EU:C:2017:586, punto 100). V., altresì, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni – Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final], in cui la Commissione indica il suo desiderio che gli Stati membri «fa[cciano] un uso più ampio e regolare delle clausole discrezionali che consentono di esaminare direttamente una domanda di asilo allentando la pressione sui paesi in prima linea».


18      V. sentenza del 2 aprile 2019, H. e R. (C‑582/17 e C‑583/17, EU:C:2019:280, punto 39 e giurisprudenza citata).


19      V. sentenza Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punti da 51 a 53).


20      Sentenza del 7 giugno 2016 (C‑155/15, EU:C:2016:410).


21      Sentenza del 26 luglio 2017 (C‑670/16, EU:C:2017:587).


22      Sentenza del 25 ottobre 2017 (C‑201/16, EU:C:2017:805).


23      V. sentenze del 7 giugno 2016, Karim (C‑155/15, EU:C:2016:410, punti da 23 a 25); del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 53), e del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805, punto 39).


24      A tale riguardo, va osservato che la necessaria correlazione tra l’esistenza di un ampio potere discrezionale in capo alle autorità pubbliche e l’assenza di un diritto in capo ai destinatari è stata espressa anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») nel quadro dell’esame diretto a verificare il soddisfacimento delle condizioni di applicabilità dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») (diritto a un equo processo). Infatti, benché la Corte EDU abbia ripetutamente dichiarato che la mera presenza di un elemento discrezionale nella formulazione di una disposizione di legge non esclude, di per sé, l’esistenza di un diritto (v. Corte EDU, 18 ottobre 2016, Miessen c. Belgio, CE:ECHR:2016:1018JUD003151712, § 48), essa ha altresì concluso, nei casi in cui l’autorità competente disponeva di un ampio potere discrezionale, che un diritto non era ravvisabile e che l’articolo 6 della CEDU era pertanto inapplicabile (Corte EDU, 28 settembre 1995, Masson e Van Zon c. Paesi Bassi, CE:ECHR:1995:0928JUD001534689, § 51, serie A n. 327-A, §§ da 48 a 52, e 3 aprile 2012, Boulois c. Lussemburgo, CE:ECHR:2012:0403JUD003757504, in particolare § 102).


25      Sentenza del 1º agosto 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Rifiuto di presa in carico di un minore egiziano non accompagnato) (C‑19/21, EU:C:2022:605, punto 41) (il corsivo è mio).


26      Sentenza M.A. e a., punto 64.


27      Sentenza M.A. e a., punti 75 e 76.


28      Sentenza M.A. e a., punto 77.


29      Sentenza M.A. e a., punto 78.


30      Sentenza M.A. e a., punto 79.


31      Ciò emerge con maggiore evidenza dal punto 78 della versione in lingua inglese, lingua processuale della sentenza M.A. e a. («if a Member State refuses to use the discretionary clause set out in Article 17(1) of the Dublin III Regulation, that necessarily means that that Member State must adopt a transfer decision») (il corsivo è mio).


32      Sentenza del 21 dicembre 2011 (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 68 e 69). V., altresì, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 53).


33      V. sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 82 e giurisprudenza citata).


34      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).


35      V., segnatamente, sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 50).


36      V. sentenza del 30 marzo 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Termine di trasferimento – Tratta di esseri umani) (C‑338/21, EU:C:2023:269, punti 45 e 46).


37      V. studio del 18 marzo 2016 elaborato per la Commissione dall’Information and Cooperation Forum, «Evaluation of the Implementation of the Dublin III Regulation – Final Report» (Valutazione dell’attuazione del regolamento Dublino III – Relazione finale), pag. 35.