Language of document : ECLI:EU:T:2023:20

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

25 gennaio 2023 (*)

«Aiuti di Stato – Trasporto marittimo – Esenzione parziale dalle imposte di registro dovute per il trasferimento di elementi patrimoniali tra imprese – Decisione che dichiara l’aiuto illegittimo e incompatibile con il mercato interno e ne ordina il recupero – Vantaggio – Beneficiario dell’aiuto – Servizio di interesse economico generale – Obbligo di motivazione – Responsabilità extracontrattuale – Durata eccessiva del procedimento»

Nella causa T‑666/21,

Società Navigazione Siciliana SCpA, con sede in Trapani (Italia), rappresentata da R. Nazzini, F. Ruggeri Laderchi, C. Labruna e L. Calini, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Braga da Cruz, C.-M. Carrega e D. Recchia, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto, in sede di deliberazione, da J. Svenningsen, presidente, C. Mac Eochaidh e T. Pynnä (relatrice), giudici,

cancelliere: P. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 25 ottobre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Società Navigazione Siciliana SCpA, ricorrente, chiede, da un lato, sulla base dell’articolo 263 TFUE, l’annullamento parziale della decisione C(2021) 4268 final della Commissione, del 17 giugno 2021, relativa alle misure SA.32014, SA.32015, SA.32016 (2011/C) (ex 2011/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Siremar e della sua acquirente Società Navigazione Siciliana (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui ha dichiarato incompatibili alcune esenzioni fiscali previste dalla legge del 1° ottobre 2010, n. 163, recante conversione del decreto legge del 5 agosto 2010, n. 125 (in prosieguo: la «legge del 2010»), e ne ha ordinato il recupero e, dall’altro, sulla base dell’articolo 268 TFUE, il risarcimento del danno che essa avrebbe subito a causa della durata eccessiva e irragionevole del procedimento di indagine formale.

 Fatti

2        La presente causa trae origine dalla privatizzazione delle società dell’ex gruppo Tirrenia. Detto gruppo apparteneva in origine allo Stato italiano, tramite la Finanziaria per i Settori Industriale e dei Servizi SpA, e comprendeva inizialmente sei società, ossia la Tirrenia di Navigazione SpA (in prosieguo: la «Tirrenia»), l’Adriatica di Navigazione SpA, la Caremar – Campania Regionale Marittima SpA, la Saremar – Sardegna Regionale Marittima SpA, la Siremar – Sicilia Regionale Marittima SpA (in prosieguo: la «Siremar») e la Toremar – Toscana Regionale Marittima SpA. Tali società fornivano servizi di trasporto marittimo sulla base di contratti distinti di servizio pubblico conclusi con lo Stato italiano nel 1991 e rimasti in vigore per vent’anni, tra il gennaio 1989 e il dicembre 2008.

3        I contratti menzionati nel precedente punto 2, ivi compreso quello applicabile alla Siremar, sono stati rinnovati in ultimo dalla legge del 2010, dal 1º ottobre 2010 fino alla data di conclusione delle procedure di privatizzazione della Tirrenia e della Siremar.

4        Nell’ottobre 2010 è stata avviata una procedura di gara per la ricerca di un acquirente per il ramo d’azienda appartenente alla Siremar, limitato ai beni e ai contratti necessari per l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico (in prosieguo: il «ramo d’azienda di Siremar»).

5        Dopo che la Compagnia delle Isole (in prosieguo: la «CdI»), designata in un primo momento quale aggiudicataria, è stata esclusa sulla base della sentenza n. 5172 del 2012 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia), confermata con sentenza n. 592 del 2014 del Consiglio di Stato (Italia), la ricorrente si è aggiudicata la procedura di gara e ha quindi rilevato il ramo d’azienda di Siremar e firmato la nuova convenzione con il governo italiano, l’11 aprile 2016 (in prosieguo: il «contratto di cessione»).

6        Il contratto di cessione è entrato in vigore il 12 aprile 2016 e scadrà l’11 aprile 2028.

7        La cessione del ramo d’azienda di Siremar, avvenuta per l’importo di EUR 55 100 000, sulla base delle conclusioni di una perizia, ha avuto ad oggetto il patrimonio costituito da immobilizzazioni immateriali (diritti su brevetti e di proprietà intellettuale; concessioni, licenze, marchi e altri diritti analoghi; altri beni immateriali) e materiali (sistemi e macchinari; apparecchiature industriali e commerciali; altri beni materiali), rimanenze e contratti, utilizzati dall’impresa nell’adempimento dei suoi obblighi di servizio pubblico.

8        In base al contratto di cessione, la ricorrente si è impegnata a fornire servizi di trasporto passeggeri e merci su venti rotte di cabotaggio suddivise in cinque raggruppamenti, a volte con frequenze e rotte diverse tra l’alta e la bassa stagione.

9        Per quanto riguarda il regime fiscale del contratto di cessione, l’articolo 9 di detto contratto precisa che le tasse e le imposte relative al trasferimento del ramo d’azienda di Siremar sono a carico dell’acquirente. Inoltre, ai fini della registrazione del contratto di cessione, si è preso atto del fatto che un’imposta di registro fissa è stata versata, in applicazione dell’esenzione fiscale prevista dal decreto legge n. 135/2009, al fine di portare a termine la privatizzazione del gruppo Tirrenia.

10      A seguito di numerose denunce ricevute dalla Commissione europea quest’ultima, il 5 ottobre 2011, ha avviato un procedimento d’indagine formale, conformemente all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, riguardante diverse misure adottate dalla Repubblica italiana a favore di varie compagnie dell’ex gruppo Tirrenia, ossia la Tirrenia, l’Adriatica di Navigazione, la Caremar – Campania Regionale Marittima, la Saremar – Sardegna Regionale Marittima, la Siremar e la Toremar – Toscana Regionale Marittima (in prosieguo: la «decisione del 2011»).

11      La decisione del 2011 riguardava diverse misure tra le quali, in particolare, quella prevista dall’articolo 1 della legge del 2010, ai sensi del quale gli atti e le operazioni descritti nell’articolo 19 ter, commi da 1 a 15, del decreto legge n. 135/2009 (che riguarda la liberalizzazione del settore del cabotaggio marittimo mediante la privatizzazione del gruppo Tirrenia) erano esenti da qualsiasi tassa normalmente dovuta su tali atti ed operazioni.

12      Nel novembre 2012 la Commissione ha esteso il procedimento d’indagine formale ad altre misure (in prosieguo: la «decisione del 2012»).

13      Numerosi scambi sono avvenuti tra il 2011 e il 2021 (v. punti da 13 a 18 della decisione controversa).

14      Il 2 marzo 2020, la Commissione ha adottato la decisione C(2020) 1108 final relativa all’aiuto di Stato C 64/99 (ex NN 68/99) al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore delle compagnie marittime Adriatica, Caremar, Siremar, Saremar e Toremar (Gruppo Tirrenia) (GU 2020, L 332, pag. 1), nonché la decisione (UE) 2020/1412, relativa alle misure di aiuto SA.32014, SA.32015, SA.32016 (11/C) (ex 11/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Tirrenia di Navigazione e della sua acquirente Compagnia Italiana di Navigazione (GU 2020, L 332, pag. 45).

 Decisione controversa

15      Il 17 giugno 2021 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Con tale decisione, la Commissione ha chiuso il procedimento d’indagine formale riguardo alle misure oggetto delle decisioni del 2011 e del 2012.

16      La presente causa riguarda unicamente la misura di cui al precedente punto 11, vale a dire l’esenzione fiscale prevista dalla legge del 2010, per quanto riguarda le imposte indirette e, in particolare, le imposte di registro versate dalla ricorrente per l’acquisto del ramo d’azienda di Siremar (in prosieguo: la «misura di cui trattasi»).

17      Dopo aver esaminato gli argomenti degli interessati, la Commissione ha considerato, per quanto riguarda in particolare la misura di cui trattasi, che:

«(419)      Come descritto al [punto] 133(b), ai sensi dell’articolo 1 della legge del 2010, gli atti e le operazioni intrapresi per privatizzare il gruppo Tirrenia e descritti nei commi da 1 a 15 dell’articolo 19-ter del decreto-legge [n.] 135/2009, convertito con modifiche nella legge del 2009, sono esenti da qualsiasi tassa normalmente dovuta su tali atti e operazioni.

(420)            (…) Le imposte oggetto di esenzione riguardano in particolare l’imposta di registro, le tasse di iscrizione al registro fondiario e ipotecaria, l’imposta di bollo (in appresso, congiuntamente: le ‟imposte indirette”), l’IVA e l’imposta sul reddito delle società. I beneficiari di questa misura di aiuto sarebbero il venditore, l’acquirente o entrambi. (…)

(421)       (…) Per quanto riguarda le imposte indirette, la Commissione prende atto del fatto che il contratto di vendita del ramo [d’azienda di] Siremar a CdI stabilisce chiaramente che tutte le imposte, i tributi e le spese notarili relative alla transazione sono a carico dell’acquirente. L’Italia ha inoltre fornito prove del fatto che CdI non si è avvalsa di tale esenzione fiscale al momento della registrazione del contratto. Di conseguenza la Commissione riconosce che CdI non ha beneficiato della presente misura. Tuttavia il contratto di vendita per il trasferimento [alla ricorrente], che prevede la stessa disposizione, stabilisce altresì che l’acquirente beneficerà di un importo fisso per l’imposta di registro, conformemente alle esenzioni fiscali previste dalla legge del 2010.

(…)

(426)            Per quanto riguarda le imposte indirette, [la ricorrente] ha beneficiato di un importo fisso per la registrazione del contratto di acquisto del ramo d’azienda di Siremar, ai sensi della legge del 2010, come previsto dall’articolo 9 di tale contratto. Di conseguenza [la ricorrente] ha beneficiato di un vantaggio economico pari alla differenza tra l’importo normalmente dovuto per la registrazione di tali atti ai sensi della legislazione nazionale e l’importo effettivamente versato (…)».

18      La Commissione ha pertanto concluso che «la corresponsione da parte [della ricorrente] di un importo fisso per la registrazione del contratto di acquisto del ramo d’azienda di Siremar ai sensi della legge del 2010, in sostituzione dell’importo normalmente dovuto ai sensi della legislazione nazionale, costitui[va] un aiuto di Stato concesso a favore [della ricorrente]» (punto 430 della decisione controversa).

19      Ai sensi dell’articolo 3 della decisione controversa:

«      (…)

2.      La corresponsione da parte [della ricorrente] di un importo fisso per la registrazione del contratto di acquisto del ramo d’azienda di Siremar ai sensi della legge del 2010, in sostituzione dell’importo normalmente dovuto ai sensi della legislazione nazionale, costituisce un aiuto di Stato concesso a favore [della ricorrente] ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. L’aiuto di Stato è stato illegalmente attuato dall’Italia, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

(…)

4.      L’aiuto di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo è incompatibile con il mercato interno.

(…)».

20      L’articolo 5 della decisione controversa ordina il recupero dell’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile e prevede che gli importi da recuperare producano interessi a decorrere dalla data in cui sono stati posti a disposizione del beneficiario.

21      L’articolo 6 della decisione controversa prevede che il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 5 sia immediato ed effettivo e che la Repubblica italiana sia tenuta a dare attuazione alla decisione controversa entro quattro mesi dalla notifica di tale decisione.

 Conclusioni delle parti

22      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare parzialmente la decisione controversa, nella parte in cui la Commissione ha considerato che essa fosse beneficiaria di un aiuto illegittimo derivante dalla misura di cui trattasi e ne ha ordinato il recupero allo Stato italiano;

–        condannare la Commissione al risarcimento dei danni da essa subiti a causa dell’eccessiva durata del procedimento amministrativo;

–        condannare la Commissione alle spese.

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso di annullamento;

–        respingere il ricorso per risarcimento danni;

–        condannare la ricorrente alle spese di giudizio.

 In diritto

24      La ricorrente deduce, in sostanza, due motivi distinti a sostegno della sua domanda di annullamento vertenti, il primo, sull’erronea determinazione del beneficiario dell’aiuto e, il secondo, su un difetto di motivazione e su un’analisi erronea della compatibilità dell’aiuto alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

25      Inoltre, con la sua domanda di risarcimento, la ricorrente sostiene che la durata eccessiva e irragionevole del procedimento di indagine formale condotto dalla Commissione le avrebbe causato un danno, di cui chiede il risarcimento.

26      In via preliminare, occorre esaminare la ricevibilità delle domande di produzione di documenti nuovi presentate dalla ricorrente nel corso del presente procedimento.

 Sulle domande di produzione di documenti nuovi

27      Con lettera del 1º febbraio 2022 la ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, che fossero versati agli atti i seguenti documenti:

–        l’offerta vincolante di acquisto del ramo d’azienda di Siremar, presentata dalla ricorrente il 23 maggio 2011 (in prosieguo: il «documento 1»);

–        il decreto ministeriale del 16 novembre 2021, n. 451, relativo al recupero degli aiuti di Stato concessi alla ricorrente in esecuzione della decisione controversa (in prosieguo: il «documento 2»).

28      La ricorrente giustifica essenzialmente la produzione di tali documenti con la necessità, vista la mancanza di un secondo scambio di memorie, di rispondere agli argomenti della Commissione relativi al primo e al secondo motivo.

29      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento di procedura, «quando decide che un secondo scambio non è necessario, il Tribunale può ancora autorizzare le parti principali a completare il fascicolo se il ricorrente presenta una domanda motivata in tal senso entro due settimane dalla notifica di detta decisione».

30      Tale articolo, tuttavia, dev’essere letto in combinato disposto con l’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il quale stabilisce che: «Le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie». Inoltre, benché l’articolo 85, paragrafo 3, del medesimo regolamento preveda che: «In via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale», ciò può avvenire solo «a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

31      Orbene, per quanto riguarda il documento 1, che reca la data del 23 maggio 2011 ed era quindi a disposizione della ricorrente fin dalla presentazione del ricorso, quest’ultima non ha per nulla spiegato le ragioni per le quali esso è stato depositato tardivamente.

32      La domanda della ricorrente diretta a versare il documento 1 nel fascicolo dev’essere pertanto respinta in quanto irricevibile.

33      Per quanto riguarda il documento 2, esso è datato 16 novembre 2021, ossia è successivo al deposito del ricorso. Come riconosciuto dalla Commissione in udienza, non si può quindi ritenere che esso sia stato presentato tardivamente.

34      Da tale documento risulta che il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità durevoli ha ordinato il recupero di un importo pari a EUR 1 652 800, corrispondente all’importo dell’aiuto, maggiorato di EUR 78 713,75 a titolo di interessi maturati tra il 18 aprile 2016 e il 30 novembre 2021. Tale documento è quindi rilevante, in quanto consente di calcolare l’importo esatto dell’aiuto da recuperare al fine di stimare il danno asseritamente subito dalla ricorrente, nell’ambito della sua domanda di risarcimento.

35      Pertanto, indipendentemente dalla fondatezza della domanda risarcitoria della ricorrente, non si può giudicare che, presentando un siffatto documento, la ricorrente abusi della facoltà riconosciutale dal Tribunale in forza dell’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

36      Pertanto occorre accogliere la domanda della ricorrente diretta a che il documento 2 sia versato nel fascicolo di causa.

 Sulla domanda dannullamento

 Sul primo motivo, vertente su un’erronea determinazione del beneficiario dell’aiuto

37      Con il suo primo motivo la ricorrente afferma, in sostanza, che la decisione controversa violerebbe l’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), nella parte in cui le impone di rimborsare l’importo corrispondente a un aiuto di cui non sarebbe beneficiaria. Secondo la ricorrente, il versamento di un’imposta di registro di importo inferiore, al pari degli altri benefici fiscali previsti dalla legge del 2010, avrebbe mirato a favorire la vendita del ramo d’azienda di Siremar e la privatizzazione delle società del vecchio gruppo Tirrenia. Tali vantaggi, ivi compresa la misura di cui trattasi, si inserirebbero in un contesto difficile risultante, in primo luogo, dalla difficoltà di trovare un acquirente interessato dal ramo d’azienda di Siremar e, in secondo luogo, dalle difficoltà finanziarie dovute all’insolvenza della Siremar. Il beneficiario dell’aiuto sarebbe quindi la Siremar, tenuto conto anche del fatto che, senza tali benefici, le offerte per il ramo d’azienda di Siremar sarebbero state inferiori di circa EUR 1,7 milione, il che corrisponderebbe al costo dell’imposta. La ricorrente ricorda che la Commissione avrebbe concluso nel senso dell’inesistenza di una continuità economica tra essa e la Siremar, cosicché la ricorrente non potrebbe neppure essere considerata beneficiaria in qualità di successore della Siremar.

38      La Commissione contesta tali argomenti.

39      In via preliminare, occorre esaminare l’obiezione della Commissione riguardante la mancanza di chiarezza del presente motivo.

40      Vero è che, nei limiti in cui la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 16 del regolamento 2015/1589, occorre constatare che il motivo non è suffragato da nessun argomento specifico, vertente in particolare sull’eventuale violazione di un principio generale del diritto dell’Unione, come sostiene correttamente la Commissione. Di conseguenza, sotto tale profilo occorre respingerlo in quanto irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, Athletic Club/Commissione, T‑679/16, non pubblicata, EU:T:2019:112, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

41      Viceversa, dal testo del ricorso risulta in modo sufficientemente comprensibile che la ricorrente invoca, in sostanza, una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la decisione impugnata la identificherebbe erroneamente come beneficiaria della misura di cui trattasi. Entro questi limiti, il primo motivo dev’essere dichiarato pertanto ricevibile.

42      Di conseguenza, occorre esaminare se la Commissione abbia correttamente individuato la ricorrente come beneficiaria della misura di cui trattasi nella decisione controversa.

43      A tal riguardo, occorre anzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza, la nozione di aiuto di Stato, quale definita nel Trattato FUE, ha carattere giuridico e dev’essere interpretata sulla base di elementi obiettivi. Per tale ragione il giudice dell’Unione deve esercitare, in linea di principio e tenuto conto sia degli elementi concreti della controversia sottopostagli sia del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, un controllo completo per quanto riguarda la questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 111 e giurisprudenza ivi citata).

44      Inoltre, secondo la giurisprudenza, la nozione di aiuto è più ampia di quella di sovvenzione. Essa designa non soltanto prestazioni positive, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, sono della stessa natura e producono identici effetti (v. sentenza dell’8 novembre 2001, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke, C‑143/99, EU:C:2001:598, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

45      Pertanto, al fine di valutare se una misura statale costituisca un aiuto occorre determinare, in particolare, se l’impresa beneficiaria riceva un vantaggio che essa non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenza del 22 maggio 2019, Real Madrid Club de Fútbol/Commissione, T‑791/16, EU:T:2019:346, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

46      Nel caso di specie, dal punto 419 della decisione controversa risulta che l’articolo 1 della legge del 2010 dispone che gli atti e le operazioni diretti alla privatizzazione del Gruppo Tirrenia sono esenti da qualsiasi imposta normalmente dovuta su tali atti e operazioni.

47      La Commissione ha esaminato quindi, nei punti 420 e seguenti della decisione controversa, in che misura le summenzionate esenzioni fiscali abbiano potuto procurare un vantaggio alla Siremar o alla ricorrente. Per quanto riguarda le imposte indirette la Commissione ha osservato, nel punto 421 della decisione controversa, che il contratto di cessione prevedeva, nel suo articolo 9, che «le tasse ed imposte relative al trasferimento del ramo d’azienda nonché le relative spese notarili [fossero] a carico della cessionaria». Inoltre, lo stesso contratto prevedeva che, ai fini della registrazione dell’atto, l’acquirente godesse di un’imposta di registro fissa, conformemente alle disposizioni fiscali previste dalla legge del 2010.

48      Pertanto, come correttamente constatato dalla Commissione nel punto 426 della decisione controversa, la ricorrente ha beneficiato di un importo fisso per la registrazione del contratto di vendita, in applicazione della legge del 2010, come previsto dall’articolo 9 di tale contratto. Come chiarito dalle parti in udienza, la misura di cui trattasi ha consentito quindi alla ricorrente di versare l’imposta di registro per un importo fisso pari a EUR 200 invece dell’importo indicato nel precedente punto 34, che sarebbe stato normalmente dovuto in assenza di tale misura.

49      Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza citata nei precedenti punti da 43 a 45, la ricorrente ha beneficiato di un alleggerimento degli oneri che avrebbe dovuto normalmente sostenere, e tale vantaggio è pari alla differenza tra l’importo normalmente dovuto per la registrazione degli atti in forza del diritto nazionale e l’importo effettivamente pagato.

50      Del resto, come risulta dal punto 20 del ricorso, la ricorrente non nega di aver pagato un’imposta di registro mediante versamento di un importo fisso, previa conferma ricevuta dall’amministrazione tributaria italiana.

51      La ricorrente ritiene tuttavia di essere stata erroneamente identificata come beneficiaria di tale aiuto, in quanto l’insieme dei benefici fiscali previsti dalla legge del 2010, tra i quali figura la misura di cui trattasi, avevano come obiettivo quello di favorire la vendita del ramo d’azienda di Siremar e la sua privatizzazione, di modo che quest’ultima sarebbe la beneficiaria effettiva di tale aiuto.

52      A tal riguardo occorre tuttavia ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non distingue gli interventi di cui trattasi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti (sentenze del 2 luglio 1974, Italia/Commissione, 173/73, EU:C:1974:71, punto 27; del 30 giugno 2016, Belgio/Commissione, C‑270/15 P, EU:C:2016:489, punto 40, e del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a., C‑638/19 P, EU:C:2022:50, punto 122).

53      Pertanto, l’obiettivo perseguito dallo Stato italiano nel caso di specie non è rilevante ai fini dell’esame dell’esistenza di un aiuto di Stato a favore della ricorrente, esame che dev’essere effettuato unicamente sulla base delle condizioni oggettive fissate dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

54      Infine, la ricorrente afferma che, in assenza della misura di cui trattasi, le offerte per il ramo d’azienda di Siremar sarebbero state inferiori per un importo corrispondente al costo di tale misura. Con tale argomento, essa mira in sostanza ad affermare che il vantaggio di cui essa avrebbe asseritamente beneficiato sarebbe stato interamente trasferito sulla Siremar, che sarebbe la vera beneficiaria dell’aiuto, dal momento che le offerte per il ramo d’azienda di Siremar avrebbero integrato il valore economico di tale vantaggio.

55      A tal riguardo occorre tuttavia osservare che, a fronte di argomenti analoghi, la Corte ha già dichiarato che il recupero di un aiuto di Stato implica la restituzione del vantaggio procurato dal medesimo al suo beneficiario e non la restituzione dell’eventuale beneficio economico realizzato da quest’ultimo mediante lo sfruttamento di tale vantaggio. Un tale beneficio può non essere identico al vantaggio che costituisce detto aiuto, o addirittura risultare inesistente, senza che tale circostanza possa giustificare il mancato recupero di questo stesso aiuto, o il recupero di una somma diversa da quella che costituisce il vantaggio procurato dall’aiuto illegittimo derivante dalla misura di cui trattasi (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 92).

56      Inoltre, per quanto riguarda, in particolare, un aiuto concesso sotto forma di vantaggio fiscale, emerge parimenti dalla giurisprudenza che il recupero dell’aiuto implica l’assoggettamento delle operazioni effettivamente realizzate dai beneficiari dell’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi al trattamento fiscale che, in assenza dell’aiuto illegittimo, sarebbe stato loro applicabile (sentenza del 15 dicembre 2005, Unicredito Italiano, C‑148/04, EU:C:2005:774, punto 119).

57      Infine, il recupero di un aiuto illegittimo ai fini del ripristino della situazione anteriore non implica una differente ricostruzione del passato in funzione di elementi ipotetici quali le scelte, spesso molteplici, che gli operatori interessati avrebbero potuto compiere, tanto più che le scelte realmente effettuate con il beneficio dell’aiuto possono risultare irreversibili (sentenza del 15 dicembre 2005, Unicredito Italiano, C‑148/04, EU:C:2005:774, punto 118).

58      Pertanto, alla luce di quanto precede, il fatto che, nel caso di specie, la ricorrente abbia asseritamente presentato un’offerta, per l’acquisto del ramo d’azienda di Siremar, di importo superiore a quello che avrebbe fatto in assenza della misura di cui trattasi non può rimettere in discussione la constatazione, contenuta nel punto 425 della decisione controversa, secondo cui essa ha beneficiato di un vantaggio economico corrispondente alle imposte normalmente dovute, in forza del diritto italiano, per questo tipo di operazioni. Infatti, nulla impediva alla ricorrente di formulare un’offerta di importo inferiore, che non comprendesse l’importo corrispondente al beneficio economico della misura di cui trattasi, o di non presentarne affatto (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 104).

59      Del resto, occorre constatare che, allo stato attuale della giurisprudenza, non esiste nessun obbligo per la Commissione di ordinare, anche solo parzialmente, il recupero di un aiuto al livello di un eventuale beneficiario indiretto (ossia, nella fattispecie, la Siremar), oltre al beneficiario diretto (ossia, nella fattispecie, la ricorrente), tanto più quando, come nel caso di specie, tale beneficiario diretto è un’impresa chiaramente identificabile che soddisfa tutte le condizioni previste dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, ordinanza del 17 maggio 2019, Deutsche Lufthansa/Commissione, T‑764/15, non pubblicata, EU:T:2019:349, punto 106 e giurisprudenza ivi citata).

60      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere il primo motivo in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, vertente su un difetto di motivazione e su un’analisi erronea della compatibilità dell’aiuto alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE

61      Con il suo secondo motivo la ricorrente sostiene, in subordine, che la decisione controversa sarebbe viziata da un «manifesto errore di interpretazione ed applicazione della normativa europea» nonché da una violazione dell’obbligo di motivazione incombente alla Commissione, in quanto quest’ultima avrebbe escluso la possibilità, senza effettuare nessuna analisi al riguardo, che l’aiuto in suo favore sia compatibile con la deroga prevista per i servizi di interesse economico generale (SIEG) dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

62      A tal riguardo la ricorrente ricorda che l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE introduce, a determinate condizioni, una deroga alle norme in materia di concorrenza a favore delle imprese incaricate della gestione di SIEG. Tuttavia, nel caso di specie la Commissione avrebbe ritenuto che non si sarebbe dovuto procedere ad un’analisi dell’aiuto concesso alla luce di tale deroga in quanto, a suo avviso, l’aiuto non sarebbe stato indissolubilmente collegato al SIEG da essa garantito. Secondo la ricorrente, tale ragionamento sarebbe contraddittorio. Infatti, la vendita dei beni del ramo d’azienda di Siremar sarebbe stata proprio limitata agli elementi patrimoniali destinati all’esecuzione degli obblighi di servizio pubblico, al fine di garantire la continuità del servizio di trasporto marittimo. Pertanto la Commissione avrebbe dovuto analizzare la compatibilità dell’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi con la deroga prevista dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. Solo qualora la Commissione avesse ammesso che il beneficiario dell’aiuto fosse la Siremar, e non essa, al fine di agevolare il processo della sua privatizzazione, tale analisi avrebbe potuto effettivamente essere omessa.

63      Secondo la ricorrente, una siffatta analisi avrebbe sicuramente condotto ad una valutazione positiva per quanto riguarda la compatibilità dell’aiuto con la deroga prevista dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE per i SIEG, tenuto conto della natura di SIEG degli obblighi di servizio pubblico affidati alla Siremar e, successivamente, ad essa. Di conseguenza, la mancata analisi della compatibilità della misura di aiuto concessa alla ricorrente alla luce di tale deroga costituirebbe una violazione manifesta della normativa dell’Unione in materia di protezione dei SIEG.

64      Inoltre, l’assenza di analisi relativa alla compatibilità della misura di aiuto alla luce della deroga prevista dal Trattato FUE per i SIEG costituirebbe parimenti una violazione manifesta dell’obbligo di motivazione incombente alla Commissione.

65      La ricorrente ricorda che, tenuto conto della finalità dell’obbligo di motivazione, quando un’istituzione dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale, essa deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento del suo autore, poiché solo in tal modo il giudice dell’Unione è in grado di verificare la sussistenza degli elementi di fatto e di diritto da cui dipende l’esercizio del potere discrezionale. Nel caso di specie la ricorrente ritiene che, poiché la decisione controversa sarebbe priva di qualsiasi analisi quanto alla compatibilità della misura di aiuto con la deroga prevista nel Trattato FUE per i SIEG, essa non soddisferebbe lo «standard informativo minimo» che la Commissione era tenuta ad assicurare.

66      La Commissione contesta tali argomenti.

67      In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione relativa al fatto che la ricorrente non avrebbe formalmente preso in considerazione, nelle sue conclusioni, l’articolo 3, paragrafo 4, della decisione controversa, che dichiara incompatibile con il mercato interno l’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi.

68      A tal proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, primo comma, lettera d), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti, e detta indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa onde consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di decidere sul ricorso. Lo stesso deve ritenersi valido per le conclusioni, che devono essere integrate con i mezzi e gli argomenti che consentano, sia al convenuto sia al giudice, di valutarne la fondatezza (sentenza del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, EU:T:1994:79, punto 183; v. altresì, in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2017, Commissione/Frieberger e Vallin, T‑232/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:15, punto 34).

69      Nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto, nella sua domanda di annullamento, che il Tribunale voglia «annullare parzialmente la decisione [controversa], nella parte in cui la Commissione ha considerato [che essa fosse] beneficiaria di un aiuto illegittimo derivante dalle esenzioni fiscali previste dalla legge del 2010 e ne ha ordinato il recupero allo Stato italiano».

70      Vero è che, come sostiene la Commissione, la ricorrente non ha espressamente menzionato, nelle sue conclusioni, l’articolo 3, paragrafo 4, della decisione controversa, che dichiara incompatibile con il mercato interno l’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi. Occorre constatare, tuttavia, che tale domanda si ricava in modo sufficientemente chiaro dal secondo motivo di annullamento nonché dagli argomenti sviluppati a sostegno di quest’ultimo e che la Commissione è stata in grado di preparare la sua difesa al riguardo.

71      Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il secondo motivo è dedotto a sostegno delle conclusioni formulate nel ricorso in quanto, se l’aiuto derivante dalla misura in questione fosse stato dichiarato compatibile sulla base dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, la Commissione non avrebbe potuto esigere il recupero di tale aiuto presso la ricorrente.

72      Pertanto, l’eccezione di irricevibilità della Commissione dev’essere respinta e occorre esaminare il secondo motivo.

73      In primo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione un difetto di motivazione, nella decisione controversa, per quanto riguarda l’esame della compatibilità dell’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

74      A tal proposito occorre ricordare che, in virtù di una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Il requisito della motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone, da questo interessate direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve specificare necessariamente tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto l’accertamento che la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi [sentenze del 19 ottobre 2000, Italia e Sardegna Lines/Commissione, C‑15/98 e C‑105/99, EU:C:2000:570, punto 65; del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C‑57/19 P, EU:C:2021:663, punto 198, e del 6 aprile 2017, Saremar/Commissione, T‑220/14, EU:T:2017:267, punto 75 (non pubblicata)].

75      Occorre parimenti ricordare che, in forza di una giurisprudenza consolidata, l’obbligo di motivazione costituisce un requisito di forma sostanziale, che va distinto dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale riguarda la legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenza del 13 dicembre 2018, Stena Line Scandinavia/Commissione, T‑631/15, non pubblicata, EU:T:2018:944, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

76      Nel caso di specie, dal punto 503 della decisione controversa risulta quanto segue:

«(…) [Le] esenzioni fiscali relative alla vendita del ramo d’azienda di Siremar sono misure una tantum relative a un trasferimento di attivi che faceva parte del processo più ampio di riorganizzazione e privatizzazione del gruppo Tirrenia. Pertanto la Commissione ritiene che questo aiuto non sia indissolubilmente connesso al SIEG svolto da Siremar e, successivamente, [dalla ricorrente] e che non debba pertanto essere valutato facendo riferimento alla stessa base di compatibilità. In effetti, tali esenzioni non riguardano la gestione dei servizi di interesse economico generale, così come definiti nella convenzione iniziale o nella nuova convenzione. Di conseguenza, non possono essere invocati i motivi di compatibilità di cui all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE».

77      Orbene, a prescindere dalla fondatezza dei motivi esposti, che sarà esaminato nel prosieguo, è giocoforza constatare che tale motivazione consente alla ricorrente di comprendere perché la Commissione non ha esaminato la compatibilità dell’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, così come essa consente al Tribunale di esercitare il suo controllo.

78      In secondo luogo, per quanto riguarda la fondatezza dei motivi esposti, la ricorrente afferma che il rifiuto di esaminare l’aiuto derivante dalla misura di cui trattasi alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE sarebbe errato e contraddittorio, in quanto la vendita del ramo d’azienda di Siremar avrebbe riguardato esclusivamente gli elementi patrimoniali destinati all’esecuzione degli obblighi di servizio pubblico, al fine di garantire la continuità del servizio di trasporto marittimo.

79      Occorre rilevare, tuttavia, che il semplice fatto che la vendita del ramo d’azienda di Siremar abbia riguardato beni destinati ad assicurare la continuità del servizio marittimo, che costituisce un SIEG, non è sufficiente per ritenere che qualsiasi vantaggio fiscale concesso nell’ambito di tale operazione, quale la misura di cui trattasi, sia «necessario» per il funzionamento di detto SIEG, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

80      Infatti, come sostiene giustamente la Commissione, la misura in questione consiste in un vantaggio fiscale specifico, connesso alla vendita del ramo d’azienda di Siremar alla ricorrente, mentre la prestazione del SIEG è stata effettuata quotidianamente lungo un periodo di dodici anni, dapprima dalla Siremar, poi dalla ricorrente, e ha dato luogo a compensazioni importanti, che peraltro sono state dichiarate compatibili con il mercato interno (v. punti 489 e 490 della decisione controversa).

81      Inoltre, non risulta da nessun elemento del fascicolo che la ricorrente abbia dimostrato, nel corso del procedimento amministrativo o nell’ambito del presente ricorso, che il vantaggio fiscale derivante dalla misura di cui trattasi costituisca una compensazione che sarebbe necessaria per l’adempimento, da parte della ricorrente, del SIEG di cui trattasi. A tal riguardo occorre in particolare ricordare, al pari della Commissione, che, secondo il punto 21 della sua comunicazione relativa alla disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (GU 2012, C 8, pag. 15), «l’importo della compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi netti determinati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, compreso un margine di utile ragionevole».

82      Orbene, nel caso di specie il beneficio fiscale relativo al versamento di un importo fisso a titolo d’imposta di registro non risulta indissolubilmente collegato al SIEG garantito dalla ricorrente, né necessario al funzionamento di detto servizio. Infatti, da nessun elemento del fascicolo risulta che non sarebbe stato possibile assicurare il SIEG allo stesso modo in assenza di tale beneficio fiscale, vale a dire se la ricorrente avesse dovuto pagare un importo ordinario per la cessione del ramo d’azienda di Siremar.

83      Alla luce di quanto precede, si deve constatare che la Commissione ha giustamente rifiutato di esaminare in modo più approfondito la compatibilità della misura di cui trattasi sotto il profilo dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

84      Di conseguenza, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sulla domanda relativa al risarcimento dei danni

85      Con la sua domanda di risarcimento, la ricorrente afferma che la durata eccessiva e irragionevole del procedimento d’indagine formale avviato dalla Commissione, pari a dieci anni circa (dal 5 ottobre 2011 al 17 giugno 2021), costituirebbe una violazione manifesta dei principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione, nonché del regolamento 2015/1589. Ciò le avrebbe causato gravi danni tanto sul piano economico quanto sul piano dell’immagine.

86      Essa ricorda che la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione per i danni causati dalle sue istituzioni è subordinata alla compresenza di tre condizioni, che sarebbero soddisfatte nel caso di specie.

87      In primo luogo, per quanto riguarda l’illiceità del comportamento addebitato alla Commissione, la ricorrente ritiene che essa abbia commesso gravi violazioni del diritto dell’Unione, tali da dimostrare una violazione sufficientemente qualificata ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. In particolare, una durata complessiva di dieci anni sarebbe in manifesta contraddizione con l’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento 2015/1589, il quale stabilisce che la Commissione si adopera per quanto possibile per adottare una decisione entro diciotto mesi dall’avvio del procedimento d’indagine formale. Inoltre, tale durata eccessiva e irragionevole del procedimento d’indagine formale violerebbe manifestamente i principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione.

88      In secondo luogo, per quanto riguarda l’effettività del danno, la ricorrente sostiene che, benché quest’ultimo non possa essere ancora determinato con certezza, in quanto dipenderà dall’importo dell’aiuto da restituire nonché dall’importo degli interessi da recuperare, si tratterebbe nondimeno di un danno imminente e sufficientemente prevedibile. A sostegno delle sue argomentazioni, la ricorrente produce il documento 2, da cui risulterebbe che le autorità italiane hanno ordinato il recupero di un importo pari a EUR 1 652 800, corrispondente all’importo dell’aiuto, più EUR 78 713,75 a titolo di interessi dovuti per il periodo compreso tra il 18 aprile 2016 e il 30 novembre 2021. Inoltre, essa chiede il risarcimento del danno morale subito, derivante dal danno alla sua immagine e alla sua reputazione a causa del suo coinvolgimento nel procedimento d’indagine formale, che essa stima pari a un importo forfettario di EUR 50 000.

89      In terzo luogo, il nesso di causalità tra il comportamento illecito della Commissione e il danno subito dalla ricorrente sarebbe evidente dal momento che, se la Commissione si fosse conformata al rispetto delle disposizioni e dei principi summenzionati o si fosse adoperata per adottare una decisione entro diciotto mesi dall’avvio del procedimento d’indagine formale, essa avrebbe potuto evitare il danno subito dalla ricorrente.

90      La Commissione contesta tali argomenti.

91      Secondo una giurisprudenza costante, dall’articolo 340, secondo comma, TFUE risulta che la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione e il soddisfacimento del diritto al risarcimento del danno subito dipendono dalla compresenza di un insieme di condizioni, che riguardano l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenze del 29 settembre 1982, Oleifici Mediterranei/CEE, 26/81, EU:C:1982:318, punto 16; del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 106, e dell’8 novembre 2011, Idromacchine e a./Commissione, T‑88/09, EU:T:2011:641, punto 23).

92      Parimenti, la Corte ha ripetutamente ricordato che detta responsabilità non può sussistere se non ricorrono tutti i presupposti ai quali è subordinato l’obbligo di risarcimento di cui all’articolo 340, secondo comma, TFUE (v. sentenza 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

93      In primo luogo, per quanto riguarda la condizione relativa all’illiceità del comportamento addebitato alla Commissione, occorre anzitutto ricordare che, per ammettere che tale condizione sia soddisfatta, la giurisprudenza richiede che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai soggetti di diritto (sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42; del 3 marzo 2010, Artegodan/Commissione, T‑429/05, EU:T:2010:60, punto 52, e dell’8 novembre 2011, Idromacchine e a./Commissione, T‑88/09, EU:T:2011:641, punto 24).

94      Per quanto riguarda la condizione per cui la violazione dev’essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo che consente di ritenerla soddisfatta è quello della violazione grave e manifesta, commessa dall’istituzione o dall’organo dell’Unione in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando detta istituzione o detto organo dispongono solamente di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per dimostrare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (v. sentenza dell’8 novembre 2011, Idromacchine e a./Commissione, T‑88/09, EU:T:2011:641, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

95      Pertanto, la giurisprudenza riconosce un diritto al risarcimento dei danni derivanti dal comportamento di un’istituzione quando questo si traduce in un atto manifestamente contrario a una norma giuridica e gravemente lesivo degli interessi di soggetti terzi rispetto all’istituzione, che non può trovare né giustificazioni né spiegazioni nei particolari vincoli che si impongono oggettivamente al servizio nel suo normale funzionamento (sentenza dell’11 luglio 2007, Schneider Electric/Commissione, T‑351/03, EU:T:2007:212, punto 124).

96      Anzitutto, nei limiti in cui la ricorrente deduce una violazione del termine di diciotto mesi previsto dall’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento 2015/1589, occorre osservare che tale articolo si inserisce nel capo 2 di detto regolamento, che riguarda la procedura applicabile agli aiuti notificati. Orbene, la ricorrente non nega che la misura di cui trattasi non sia stata notificata e costituisca quindi un aiuto illegittimo. A tal riguardo, l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589 prevede che, nel caso di un eventuale aiuto illegittimo, la Commissione non è vincolata al rispetto dei termini applicabili in materia di aiuti notificati.

97      Al riguardo non può quindi essere constatata nessuna violazione sufficientemente qualificata di una norma del diritto dell’Unione da parte della Commissione.

98      Tuttavia, occorre ricordare che l’osservanza di un termine ragionevole nello svolgimento di un procedimento amministrativo costituisce un principio generale del diritto dell’Unione. Inoltre, il principio fondamentale della certezza del diritto, il quale osta a che la Commissione possa ritardare indefinitamente l’esercizio dei suoi poteri, porta il giudice ad esaminare se lo svolgimento del procedimento amministrativo riveli l’esistenza di un’azione eccessivamente tardiva da parte di tale istituzione (v. sentenze del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, EU:T:2005:219, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, e del 22 aprile 2016, Italia e Eurallumina/Commissione, T‑60/06 RENV II e T‑62/06 RENV II, EU:T:2016:233, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

99      Occorre aggiungere che la ragionevolezza della durata del procedimento dev’essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, quali la complessità dello stesso e il comportamento delle parti (v. sentenze del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 116 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

100    Nel caso di specie, occorre constatare che il procedimento amministrativo è durato quasi dieci anni (dall’ottobre 2011, data di adozione della prima decisione di avvio del procedimento di indagine formale, al giugno 2021, data di adozione della decisione controversa), il che può apparire, a prima vista, eccessivo.

101    Nondimeno occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza menzionata nel precedente punto 96, la ragionevolezza della durata del procedimento dev’essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie.

102    A tal riguardo, anzitutto, occorre sottolineare la complessità materiale e giuridica del procedimento che ha preceduto l’adozione della decisione controversa, evidenziata dalla lunghezza di detta decisione nonché dal gran numero di misure attuate dalle autorità italiane a favore del gruppo Tirrenia.

103    Infatti, gli aiuti derivanti dalle diverse misure esaminate si inseriscono in un contesto particolare, in quanto la concessione di queste ultime al gruppo Tirrenia è stata oggetto di diverse decisioni della Commissione, oltre alla decisione controversa.

104    In primo luogo, risulta in particolare dal punto 15 della decisione controversa che, in seguito all’adozione delle decisioni del 2011 e del 2012 di avvio del procedimento di indagine formale, la Commissione ha anzitutto adottato la decisione (UE) 2018/261, del 22 gennaio 2014, sulle misure di aiuto SA.32014 (2011/C), SA.32015 (2011/C), SA.32016 (2011/C) cui la Regione Sardegna ha dato esecuzione a favore di Saremar (GU 2018, L 49, pag. 22). Tale decisione è stata contestata dinanzi al Tribunale, che ha respinto il ricorso con sentenza del 6 aprile 2017, Regione autonoma della Sardegna/Commissione (T‑219/14, EU:T:2017:266).

105    In secondo luogo, sempre nello stesso contesto, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2020/1412, del 2 marzo 2020, relativa alle misure SA.32014, SA.32015, SA.32016 (11/C) (ex 11/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Tirrenia di Navigazione e della sua acquirente Compagnia Italiana di Navigazione (GU 2020, L 332, pag. 45). Tale decisione è stata parimenti oggetto di un ricorso dinanzi al Tribunale, che è stato respinto con sentenza del 18 maggio 2022, Tirrenia di navigazione/Commissione (T‑593/20, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2022:300).

106    In terzo luogo, il 17 giugno 2021, vale a dire alla stessa data in cui la decisione controversa è stata adottata, la Commissione ha adottato altresì la decisione relativa alle misure di aiuto attuate dalla Repubblica italiana a favore della Toremar.

107    Inoltre, dallo svolgimento del procedimento d’indagine, come richiamato ai punti da 1 a 21 della decisione controversa e sintetizzato nei precedenti punti da 10 a 14, risulta che la Commissione ha concluso un procedimento relativo a sei diverse misure di aiuto e che, a tal riguardo, non si può constatare nessun periodo di inattività da parte sua per quanto riguarda l’istruttoria di tale caso, che ha richiesto numerose domande di informazioni e di chiarimenti inoltrate presso le autorità italiane. La ricorrente non invoca, del resto, nessun periodo di inattività specifico né nessun ritardo imputabile alla Commissione.

108    Peraltro, nel corso del procedimento la Commissione ha dovuto estendere il procedimento d’indagine formale a nuove misure ed è stata adottata una nuova decisione di apertura di tale procedimento, con la quale le parti interessate sono state invitate a presentare le loro osservazioni (v. punti 10 e 11 della decisione controversa).

109    Inoltre, la Commissione ha dovuto chiedere una relazione al fine di determinare il valore di mercato dei beni della Siremar, relazione che è stata oggetto di una controvalutazione redatta dagli esperti delle autorità italiane (v. punto 13 della decisione controversa).

110    Infine, dai punti da 16 a 18 della decisione controversa risulta che, per quanto riguarda la Siremar, la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni all’Italia con lettere datate 30 gennaio 2012, 16 marzo 2012, 1º agosto 2012, 22 novembre 2012, 12 aprile 2013, 12 giugno 2013, 27 giugno 2013, 11 luglio 2013, 29 luglio 2014, 6 novembre 2014, 16 ottobre 2015, 25 gennaio 2018, 29 marzo 2018, 31 agosto 2018, 18 marzo 2019, 16 ottobre 2019, 31 luglio 2020 e 29 ottobre 2020. La Repubblica italiana ha risposto a tali richieste con lettere datate 28 marzo 2012, 5 ottobre 2012, 23 ottobre 2012, 13 maggio 2013, 8 agosto 2013, 19 settembre 2014, 20 novembre 2014, 12 dicembre 2014, 12 febbraio 2015, 13 novembre 2015, 18 aprile 2016, 2 agosto 2017, 26 aprile 2018, 31 maggio 2018, 29 maggio 2019, 26 luglio 2019, 3 gennaio 2020, 24 gennaio 2020, 8 febbraio 2021 e 11 marzo 2021. Peraltro, il 15 ottobre 2014 i funzionari della Commissione hanno incontrato i rappresentanti della Siremar e delle autorità italiane e, il 23 ottobre 2014, i funzionari della Commissione hanno incontrato anche i rappresentanti della CdI e delle stesse autorità. A seguito di quest’ultima riunione, il 30 ottobre 2014, la CdI ha fornito informazioni supplementari alla Commissione.

111    Pertanto, dalla cronologia degli eventi quale appena descritta non risulta affatto che la Commissione abbia ritardato indefinitamente l’esercizio dei propri poteri. In particolare, nessun periodo di inattività della Commissione che possa pregiudicare gli interessi della ricorrente è riscontrabile in tale cronologia, cosicché si deve giudicare che lo svolgimento del procedimento amministrativo non ha evidenziato l’esistenza di un’azione eccessivamente tardiva da parte della stessa ai sensi della giurisprudenza.

112    Pertanto, tenuto conto di tali scambi di documenti, del contesto in cui tale caso si inserisce nonché della complessità del medesimo, non si può giudicare eccessivamente tardiva la chiusura del procedimento mediante l’adozione della decisione controversa.

113    Di conseguenza, si deve constatare che la Commissione non ha affatto leso i principi di buon andamento dell’amministrazione e di certezza del diritto e che essa non ha violato in modo grave e manifesto i limiti posti al suo potere discrezionale, ai sensi della giurisprudenza (v. supra, punto 94).

114    Alla luce di quanto precede, non si può addebitare alla Commissione nessuna illiceità che possa comportarne la responsabilità.

115    Poiché non sussiste la prima condizione per dimostrare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, non occorre, in linea di principio, esaminare se siano soddisfatte anche le altre condizioni, conformemente alla giurisprudenza citata nel precedente punto 93.

116    In ogni caso, per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra l’illecito e il danno lamentato, occorre rilevare che le conseguenze eventualmente pregiudizievoli, per la ricorrente, dell’importo asseritamente elevato degli interessi da rimborsare, a causa della durata del procedimento amministrativo, risulta principalmente dal fatto che le varie misure di aiuto esaminate sono state attuate prima di essere state notificate e, in ogni caso, prima dell’adozione, da parte della Commissione, di una decisione finale di approvazione di dette misure, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

117    Pertanto, la ricorrente non ha comunque dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità sufficiente tra l’illecito che essa fa valere, consistente nella violazione, da parte della Commissione, del suo obbligo di statuire entro un termine ragionevole, e il danno lamentato.

118    Alla luce di quanto precede, occorre pertanto respingere la domanda di risarcimento in quanto infondata, nonché il ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

119    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Società Navigazione Siciliana SCpA è condannata alle spese.

Svenningsen

Mac Eochaidh

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 gennaio 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.