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SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

5 ottobre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi – Direttiva 98/59/CE – Articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), e articolo 6 – Procedura di informazione e di consultazione dei lavoratori in caso di progetto di licenziamento collettivo – Assenza di designazione di rappresentanti dei lavoratori – Normativa nazionale che consente a un datore di lavoro di non informare e consultare individualmente i lavoratori coinvolti»

Nella causa C‑496/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Curtea de Apel Bucureşti (Corte d’appello di Bucarest, Romania), con decisione del 22 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 22 luglio 2022, nel procedimento

EI

contro

SC Brink’s Cash Solutions SRL,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da M.L. Arastey Sahún, presidente di sezione, F. Biltgen (relatore) e J. Passer, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 maggio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per EI, da V. Stănilă, avocat;

–        per la SC Brink’s Cash Solutions SRL, da S. Şusnea e R. Zahanagiu, avocaţi;

–        per il governo rumeno, da M. Chicu, E. Gane e O.-C. Ichim, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e A. Hoesch, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da V. Baroutas e M. Tassopoulou, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Gheorghiu, C. Hödlmayr e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), e dell’articolo 6 della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU 1998, L 225, pag. 16), come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1794, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015 (GU 2015, L 263, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 98/59»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra EI e il suo ex datore di lavoro, la SC Brink’s Cash Solutions SRL, in merito al licenziamento di EI.

 Contesto normativo

 Direttiva 98/59

3        Ai sensi dei considerando 2, 6 e 12 della direttiva 98/59:

«(2)      considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;

(...)

(6)      considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in particolare al punto 7, primo comma, prima frase, e secondo comma, al punto 17, primo comma, e al punto 18, terzo trattino:

“7.      La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (…).

Tale miglioramento deve consentire, dove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti.

(...)

17.      Occorre sviluppare l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.

(...)

18.      L’informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare nei casi seguenti:

(–…)

(–…)

in occasione di procedure di licenziamenti collettivi;

(–…)”

(...)

(12)      considerando che occorre che gli Stati membri provvedano a che i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per adempiere agli obblighi previsti dalla presente direttiva».

4        L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), di tale direttiva enuncia quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

(...)

b)      per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri».

5        L’articolo 2 della direttiva in questione, che fa parte della sezione II della medesima, intitolata «Informazione e consultazione», così dispone:

«1.      Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.

2.      Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.

(...)

3.      Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:

a)      fornire loro tutte le informazioni utili e

b)      comunicare loro, comunque, per iscritto:

i)      le ragioni del progetto di licenziamento,

ii)      il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,

iii)      il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,

iv)      il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,

v)      i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,

vi)      il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

(...)».

6        L’articolo 3 della stessa direttiva, che è contenuto nella sezione III di quest’ultima, intitolata «Procedura di licenziamento collettivo», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente.

(...)

La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s’effettueranno i licenziamenti».

7        L’articolo 6 della direttiva 98/59 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva».

 Diritto rumeno

8        La direttiva 98/59 è stata trasposta nell’ordinamento giuridico rumeno dalla Legea nr. 53/2003 privind Codul muncii (legge n. 53/2003, recante il codice del lavoro), del 24 gennaio 2003 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 72 del 5 febbraio 2003), nella versione ripubblicata che è applicabile alla controversia principale (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 345 del 18 maggio 2011) (in prosieguo: il «codice del lavoro»).

9        L’articolo 69 del codice del lavoro enuncia quanto segue:

«(1)      Il datore di lavoro che intende procedere a licenziamenti collettivi è tenuto ad avviare, in tempo utile e con lo scopo di pervenire a un accordo, alle condizioni previste dalla legge, consultazioni con il sindacato o, a seconda del caso, con i rappresentanti dei dipendenti, vertenti quantomeno:

a)      sui metodi e sui mezzi per evitare i licenziamenti collettivi o per ridurre il numero di dipendenti da licenziare;

b)      sull’attenuazione delle conseguenze del licenziamento ricorrendo a misure sociali volte in particolare a favorire la riconversione professionale dei dipendenti licenziati.

(2)      Nel corso delle consultazioni di cui al paragrafo 1, per consentire al sindacato o ai rappresentanti dei dipendenti di formulare proposte in tempo utile, il datore di lavoro è tenuto a fornire loro tutte le informazioni pertinenti e a notificare loro per iscritto i seguenti elementi:

a)      il numero totale e le categorie dei dipendenti;

b)      le ragioni del progetto di licenziamento;

c)      il numero e le categorie di dipendenti che saranno coinvolti dal licenziamento;

d)      i criteri presi in considerazione, conformemente alla legge e/o ai contratti collettivi di lavoro, per determinare l’ordine di priorità nell’ambito del licenziamento;

e)      le misure previste per limitare il numero di licenziamenti;

f)      le misure volte ad attenuare le conseguenze del licenziamento e le indennità da concedere ai dipendenti licenziati, conformemente alla legge e/o al contratto collettivo di lavoro applicabile;

g)      la data a partire dalla quale o il periodo in cui avranno luogo i licenziamenti;

h)      il termine entro il quale il sindacato o, se del caso, i rappresentanti dei dipendenti possono presentare proposte intese a evitare i licenziamenti o a ridurre il numero di dipendenti licenziati.

(3)      I criteri di cui al paragrafo 2, lettera d), si applicano ai fini di scegliere tra i dipendenti una volta valutato il raggiungimento degli obiettivi di rendimento.

(...)».

10      L’articolo 70 di tale codice così dispone:

«Il datore di lavoro è tenuto a inviare una copia della comunicazione di cui all’articolo 69, paragrafo 2, all’ispettorato territoriale del lavoro e al Centro territoriale per l’impiego nella stessa data in cui è stata inviata al sindacato o, se del caso, ai rappresentanti dei dipendenti».

11      A norma dell’articolo 71, paragrafo 1, del suddetto codice:

«Il sindacato o, se del caso, i rappresentanti dei dipendenti possono proporre al datore di lavoro misure volte a evitare i licenziamenti o a ridurre il numero di dipendenti licenziati, entro un termine di dieci giorni civili a decorrere dalla data di ricevimento della notifica».

12      L’articolo 221 del medesimo codice così recita:

«(1)      Nel caso di datori di lavoro presso cui siano assunti più di 20 dipendenti e presso cui non siano state costituite organizzazioni sindacali rappresentative conformemente alla legge, gli interessi dei dipendenti possono essere promossi e tutelati dai loro rappresentanti, eletti e incaricati precisamente a tale scopo.

(2)      I rappresentanti dei dipendenti sono eletti nell’ambito di un’assemblea generale dei dipendenti, con il voto di almeno la metà del numero totale di dipendenti.

(3)      I rappresentanti dei dipendenti non possono svolgere attività che, conformemente alla legge, sono di competenza esclusiva dei sindacati».

13      L’articolo 222 del codice del lavoro enuncia quanto segue:

«(1)      I rappresentanti dei dipendenti sono eletti tra i dipendenti con piena capacità di esercizio.

(2)      Il numero di rappresentanti eletti dei dipendenti è stabilito di comune accordo con il datore di lavoro, in funzione del numero di dipendenti che impiega.

(3)      La durata del mandato dei rappresentanti dei dipendenti non può superare i due anni».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      Il 14 agosto 2014 l’appellante nel procedimento principale ha concluso un contratto di lavoro con l’appellata nel procedimento principale in qualità di agente di trasporto di valuta.

15      Nel contesto della pandemia causata dal coronavirus SARS-CoV-2 e dell’istituzione dello stato di emergenza in Romania tra il 16 marzo e il 15 maggio 2020, l’appellata nel procedimento principale ha subito una riduzione significativa della sua attività a livello nazionale, che si è ripercossa sui suoi profitti. In tale particolare contesto, essa ha deciso di ristrutturare la sua impresa e ha avviato una procedura di licenziamento collettivo volta a sopprimere 128 posti a livello nazionale. Il 12, 13 e 15 maggio 2020 essa ha notificato l’intenzione di avviare il presente procedimento di licenziamento alle autorità coinvolte, vale a dire l’Agenția Municipală pentru Ocuparea Forței de Muncă București (Centro per l’impiego del Comune di Bucarest, Romania), l’Inspecția Muncii (Ispettorato del lavoro, Romania) e l’Inspectoratul Teritorial de Muncă al Municipiului București (Ispettorato territoriale del lavoro del Comune di Bucarest, Romania). Tale notifica indicava espressamente che i licenziamenti dei lavoratori coinvolti avrebbero avuto luogo tra il 19 maggio e il 2 luglio 2020. Poiché il mandato dei rappresentanti dei lavoratori precedentemente designati era scaduto il 23 aprile 2020 senza che nuovi rappresentanti fossero stati eletti, detta notifica non è stata trasmessa a tali rappresentanti. La medesima notifica non è stata neppure comunicata individualmente a ciascun lavoratore coinvolto da detta procedura di licenziamento.

16      L’appellante nel procedimento principale, che fa parte dei 128 lavoratori licenziati, ha proposto un ricorso contro la decisione relativa al suo licenziamento, ricorso che è stato respinto in primo grado. Egli ha interposto appello dinanzi al giudice del rinvio, facendo valere che l’appellata nel procedimento principale aveva l’obbligo imperativo di informare e di consultare i lavoratori individualmente (in prosieguo: la «fase di informazione e di consultazione dei lavoratori»), anche in assenza di un sindacato o di rappresentanti designati per difendere i loro interessi. In una situazione particolare come quella di cui al procedimento principale, l’appellata nel procedimento principale avrebbe dovuto informare i lavoratori coinvolti della necessità di nominare nuovi rappresentanti ai fini della medesima procedura di licenziamento.

17      L’appellata nel procedimento principale, dal canto suo, fa valere che, a causa del mancato rinnovo dei mandati dei rappresentanti dei lavoratori, essa si è trovata in una situazione atipica di assenza di una parte sociale. Infatti, il mancato coordinamento dei dipendenti avrebbe reso impossibile la designazione di rappresentanti debitamente incaricati durante la procedura di licenziamento collettivo. L’informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori non avrebbero quindi potuto aver luogo e, poiché la normativa nazionale in questione prevede che tale procedura debba essere condotta con il sindacato e/o i rappresentanti dei dipendenti e non con i dipendenti considerati individualmente, essa sarebbe stata dispensata dal procedere individualmente all’informazione e alla consultazione dei lavoratori.

18      Il giudice del rinvio rileva che altri lavoratori hanno contestato la legittimità della procedura di licenziamento collettivo avviata dall’appellata nel procedimento principale dinanzi ai giudici rumeni, i quali hanno ritenuto che le decisioni di licenziamento fossero conformi alla legge. Il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 98/59, letto alla luce dei considerando 2, 6 e 12 di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, in mancanza di un meccanismo nazionale obbligatorio di designazione di rappresentanti dei lavoratori, svuoterebbe del suo contenuto, in una fattispecie come quella di cui al procedimento principale, l’obbligo di informazione e di consultazione dei lavoratori. A suo avviso, dall’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 98/59, in combinato disposto con l’articolo 6 di tale direttiva, emerge che la fase di informazione e di consultazione dei lavoratori, anche in assenza di rappresentanti dei lavoratori, è obbligatoria nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, e ciò nonostante il fatto che essa non modifichi affatto il piano di ristrutturazione previsto dal datore di lavoro.

19      Il giudice del rinvio rileva tuttavia che altri organi giurisdizionali nazionali d’appello, chiamati a pronunciarsi sull’interpretazione e sull’applicazione di tali disposizioni della direttiva 98/59, sono giunti alla conclusione opposta basandosi su un’interpretazione letterale di tale direttiva, secondo la quale i rappresentanti dei lavoratori sono gli unici beneficiari dell’obbligo di informazione e di consultazione. Pertanto, secondo tali organi giurisdizionali, in assenza di rappresentanti dei lavoratori, un datore di lavoro non sarebbe tenuto a rispettare la fase di informazione e di consultazione dei lavoratori.

20      In tali circostanze, la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 1, [paragrafo 1, primo comma, lettera b), prima frase] e l’articolo 6 della direttiva [98/59], letti alla luce dei considerando 2 e 6 (...) di tale direttiva, ostino a una normativa nazionale che consente a un datore di lavoro di non consultare i lavoratori interessati da una procedura collettiva di licenziamento dal momento che essi non hanno rappresentanti già designati né hanno l’obbligo giuridico di designarli.

2)      Se l’articolo 1, [paragrafo 1, primo comma, lettera b), prima frase] e l’articolo 6 della direttiva [98/59], letti alla luce dei considerando 2 e 6 (...) di tale direttiva, siano da interpretare nel senso che, nell’ipotesi sopra descritta, il datore di lavoro è tenuto a informare e a consultare tutti i dipendenti interessati dalla procedura di licenziamento collettivo».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

21      L’appellata nel procedimento principale contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto le questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardano in realtà l’interpretazione e l’applicazione del diritto nazionale. Infatti, anzitutto, il giudice del rinvio statuirebbe sull’assenza, nel diritto nazionale, di un obbligo legale di consultazione e di informazione gravante sui datori di lavoro nell’ipotesi in cui i dipendenti non abbiano designato rappresentanti e menzionerebbe le divergenze interpretative esistenti nella giurisprudenza nazionale al riguardo. Inoltre, il giudice del rinvio mirerebbe a far constatare la non corretta trasposizione della direttiva 98/59 nel diritto rumeno. Orbene, una simile constatazione non può avvenire nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, ma dovrebbe costituire oggetto di un ricorso per inadempimento. Infine, conformemente alla giurisprudenza della Corte, una direttiva non può di per sé creare obblighi in relazione a un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti del medesimo.

22      In proposito occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi [sentenza del 29 giugno 2023, International Protection Appeals Tribunal e a. (Attentato in Pakistan), C‑756/21, EU:C:2023:523, punto 35 nonché giurisprudenza citata].

23      Infatti, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo se risulta manifestamente che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura teorica oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 29 giugno 2023, International Protection Appeals Tribunal e a. (Attentato in Pakistan), C‑756/21, EU:C:2023:523, punto 36 nonché giurisprudenza citata].

24      Nel caso di specie, dal fascicolo a disposizione della Corte non emerge manifestamente che la situazione di cui al procedimento principale corrisponde a una di tali ipotesi. Infatti, è pacifico che l’appellante nel procedimento principale è stato licenziato nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo e che le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale mirano a garantire la trasposizione nel diritto rumeno delle disposizioni della direttiva 98/59 di cui si chiede l’interpretazione.

25      Inoltre, si deve constatare, da un lato, che il giudice del rinvio individua in modo sufficiente le disposizioni del diritto dell’Unione la cui interpretazione gli sembra necessaria e le disposizioni del codice del lavoro che potrebbero eventualmente essere incompatibili con tali disposizioni del diritto dell’Unione. Dall’altro, gli elementi contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale consentono di comprendere le questioni sollevate dal giudice del rinvio e il contesto in cui sono state poste.

26      La domanda di pronuncia pregiudiziale è quindi conforme ai requisiti derivanti dalla giurisprudenza della Corte e ricordati al punto 22 della presente sentenza.

27      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui una direttiva non può, di per sé, creare obblighi in relazione a un singolo e non può quindi essere fatta valere, in quanto tale, nei confronti di quest’ultimo, occorre ricordare che, se è certamente vero che la Corte ha ripetutamente statuito che anche una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai singoli non può essere applicata come tale nell’ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra singoli (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 43 e giurisprudenza citata) e che una direttiva non può essere fatta valere in una controversia tra singoli ai fini della disapplicazione della normativa di uno Stato membro contraria a tale direttiva (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 44), non ne deriva tuttavia che una domanda di pronuncia pregiudiziale riguardante l’interpretazione di una direttiva sollevata nell’ambito di una controversia tra singoli sia irricevibile.

28      Infatti, l’interpretazione di una direttiva nell’ambito di una simile controversia può essere necessaria al fine di consentire a un organo giurisdizionale nazionale, chiamato ad applicare il proprio diritto nazionale, di interpretare tale diritto, per quanto possibile, alla luce del testo nonché dello scopo di tale direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (v., in particolare, sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti 113 e 114; del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 31, e del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 39).

29      Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

30      Come risulta dal punto 18 della presente sentenza, gli interrogativi del giudice del rinvio non si limitano all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), e dell’articolo 6 della direttiva 98/59, ma coprono anche quella dell’articolo 2, paragrafo 3, di tale direttiva. Occorre pertanto intendere le due questioni pregiudiziali sollevate, che occorre esaminare congiuntamente, come dirette, in sostanza, a sapere se l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), l’articolo 2, paragrafo 3, e l’articolo 6 della direttiva 98/59 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non prevede alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, qualora tali lavoratori non abbiano designato rappresentanti dei lavoratori, e che non obbliga detti lavoratori a procedere a una simile designazione.

31      In proposito, occorre ricordare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’obiettivo principale della direttiva 98/59 consiste nel far precedere i licenziamenti collettivi da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori coinvolti e dall’informazione dell’autorità pubblica competente (sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing, C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 40 e giurisprudenza citata).

32      La Corte ha inoltre ripetutamente dichiarato che il diritto all’informazione e consultazione previsto dalla direttiva 98/59 è destinato ai rappresentanti dei lavoratori, e non ai lavoratori considerati individualmente (sentenza del 16 luglio 2009, Mono Car Styling, C‑12/08, EU:C:2009:466, punto 38). Essa ha aggiunto che l’articolo 2, paragrafo 3, di tale direttiva conferisce ai lavoratori coinvolti una tutela collettiva e non individuale (sentenza del 13 luglio 2023, G GmbH, C‑134/22, EU:C:2023:567, punto 37).

33      Dall’articolo 3 della direttiva 98/59, che prevede l’obbligo di notifica all’autorità pubblica competente di ogni progetto di licenziamento collettivo con tutte le informazioni utili concernenti il medesimo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori, risulta che solo i rappresentanti dei lavoratori devono ricevere una copia della notifica in questione e che questi ultimi possono presentare le loro eventuali osservazioni a tale autorità pubblica, mentre una simile possibilità non è concessa ai lavoratori considerati individualmente.

34      Si deve pertanto constatare che le disposizioni della direttiva 98/59 non prevedono alcun obbligo per un datore di lavoro di procedere all’informazione e alla consultazione individuale dei lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo.

35      Tale constatazione è corroborata dalla genesi della direttiva 98/59, che ha infatti proceduto alla rifusione della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU 1975, L 48, pag. 29). Orbene, dai lavori preparatori della direttiva 98/59 risulta che si intendeva introdurre una disposizione secondo la quale, in mancanza di rappresentanti di lavoratori negli stabilimenti che occupavano normalmente meno di 50 lavoratori, i datori di lavoro erano tenuti a fornire in tempo utile ai lavoratori coinvolti dal progetto di licenziamento collettivo informazioni identiche a quelle che dovevano essere fornite ai rappresentanti dei lavoratori. Tale disposizione, tuttavia, non è stata adottata.

36      Detta constatazione è conforme all’obiettivo di cui all’articolo 2 della direttiva 98/59, vale a dire obbligare i datori di lavoro che intendano effettuare licenziamenti collettivi a procedere a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori in merito alle possibilità di evitare o di ridurre l’entità di tali licenziamenti collettivi o di attenuarne le conseguenze. Infatti, l’informazione di ciascuno dei lavoratori coinvolti considerati individualmente o una consultazione con ciascuno di essi non è manifestamente idonea a garantire il raggiungimento di tale obiettivo, dato che, da un lato, gli interessi dei lavoratori considerati individualmente rischiano di non corrispondere agli interessi dei lavoratori considerati nel loro insieme e, dall’altro, i lavoratori considerati individualmente non sono legittimati a intervenire a nome dei lavoratori nel loro insieme. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto in udienza dal governo ellenico, l’informazione di ciascun lavoratore considerato individualmente non può essere considerata un obbligo minimo previsto dalla direttiva 98/59.

37      Di conseguenza, poiché le disposizioni della direttiva 98/59 non prevedono l’obbligo per il datore di lavoro di procedere a informare e a consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale che, in assenza di rappresentanti dei lavoratori, non impone al datore di lavoro di informare e consultare individualmente ciascun lavoratore coinvolto da tale progetto.

38      Ciò premesso, occorre ancora ricordare che è contraria al diritto dell’Unione una normativa nazionale che consente di ostacolare la tutela incondizionatamente garantita ai lavoratori da parte di una direttiva (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 1994, Commissione/Regno Unito, C‑383/92, EU:C:1994:234, punto 21 e giurisprudenza citata).

39      Per quanto riguarda la direttiva 75/129, sostituita dalla direttiva 98/59, che agli articoli 1, 2 e 3 riprende sostanzialmente gli articoli 1, 2 e 3 della direttiva 75/129, la Corte ha statuito che, benché sia vero che la direttiva 75/129 non contiene alcuna disposizione volta a disciplinare l’ipotesi in cui, in forza del diritto nazionale, non esistano rappresentanti dei lavoratori in un’impresa che intenda procedere a licenziamenti collettivi, ciò non toglie che le sue disposizioni obbligano gli Stati membri ad adottare tutti i provvedimenti necessari affinché i lavoratori siano informati, consultati e possano intervenire tramite rappresentanti in caso di licenziamenti collettivi (sentenza dell’8 giugno 1994, Commissione/Regno Unito, C‑383/92, EU:C:1994:234, punto 23).

40      La Corte ha aggiunto che il carattere limitato dell’armonizzazione parziale garantita dalla direttiva 75/129 per quanto riguarda le norme di tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, in particolare dal riferimento, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ai rappresentanti dei lavoratori «previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri», non può privare di effetto utile le disposizioni di tale direttiva e non osta a che gli Stati membri siano obbligati ad adottare tutti i provvedimenti utili affinché, per rispettare gli obblighi di cui agli articoli 2 e 3 di detta direttiva, i rappresentanti dei lavoratori siano designati (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 1994, Commissione/Regno Unito, C‑383/92, EU:C:1994:234, punto 25).

41      Manifestamente non soddisfa tali requisiti una normativa nazionale che consenta a un datore di lavoro di aggirare o di vanificare la tutela dei diritti garantiti ai lavoratori dalla direttiva 98/59, in particolare, opponendosi all’esistenza o al riconoscimento di una rappresentanza di lavoratori all’interno della sua impresa (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 1994, Commissione/Regno Unito, C‑383/92, EU:C:1994:234, punti 26 e 27).

42      Nel caso di specie, da un lato, alla luce delle informazioni contenute nel fascicolo di cui dispone la Corte, risulta che la normativa nazionale di cui al procedimento principale, in particolare il codice del lavoro, conferisce ai lavoratori il diritto di designare rappresentanti e che, contrariamente a quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’8 giugno 1994, Commissione/Regno Unito (C‑383/92, EU:C:1994:234), secondo tale normativa, un datore di lavoro non può opporsi all’esistenza di una rappresentanza dei lavoratori.

43      Dall’altro, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, la normativa nazionale di cui al procedimento principale non prevede un obbligo per i lavoratori di procedere alla designazione di rappresentanti. Orbene, anche se la direttiva 98/59, che non ha lo scopo di armonizzare le modalità e le procedure di designazione della rappresentanza dei lavoratori negli Stati membri, non prescrive un simile obbligo a carico dei lavoratori, spetta agli Stati membri garantire l’effetto utile delle disposizioni di tale direttiva. Pertanto, spetta a questi ultimi adottare tutti i provvedimenti utili affinché i rappresentanti dei lavoratori siano designati e assicurarsi che i lavoratori non si trovino in una situazione in cui, per motivi indipendenti dalla loro volontà, essi sono impossibilitati a designare tali rappresentanti.

44      Spetterà al giudice del rinvio, il solo competente a interpretare il diritto nazionale, valutare se le disposizioni nazionali di cui al procedimento principale siano sufficienti al riguardo. Nel caso di specie, esso dovrà più in particolare esaminare se le disposizioni del diritto rumeno che disciplinano la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e limitano la durata del mandato di questi ultimi a due anni possano – in caso di impossibilità pratica, non imputabile ai lavoratori, di procedere alla designazione di nuovi rappresentanti – essere interpretate nel senso che esse garantiscono la piena efficacia delle disposizioni degli articoli 2 e 3 della direttiva 98/59.

45      In proposito, occorre aggiungere, da un lato, che, contrariamente a quanto il giudice del rinvio sembra sottintendere, l’articolo 6 della direttiva 98/59, in forza del quale gli Stati membri devono provvedere affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti da tale direttiva, non è rilevante nel caso di specie. Infatti, tale articolo 6 non impone agli Stati membri una misura determinata in caso di violazione degli obblighi fissati da detta direttiva, ma lascia loro la libertà di scegliere tra le varie soluzioni atte a realizzare l’obiettivo perseguito da quest’ultima in relazione alle diverse situazioni che possono presentarsi, posto che tali misure devono nondimeno garantire una tutela giurisdizionale effettiva ed efficace ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e avere un effetto dissuasivo reale (v., in tal senso, ordinanza del 4 giugno 2020, Balga, C‑32/20, EU:C:2020:441, punto 33, e sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing, C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 43).

46      Dall’altro lato, supponendo che il giudice del rinvio giunga alla conclusione che la normativa nazionale di cui al procedimento principale non può essere interpretata in modo conforme alla direttiva 98/59 e tenuto conto del fatto che la controversia principale è in essere esclusivamente tra privati, spetterà a tale giudice, se del caso, tener conto della giurisprudenza della Corte che consente alla parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione di ottenere dallo Stato membro in questione il risarcimento del danno subito (v., in tal senso, sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 56 e giurisprudenza citata).

47      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), l’articolo 2, paragrafo 3, e l’articolo 6 della direttiva 98/59 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non prevede alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, qualora tali lavoratori non abbiano designato rappresentanti dei lavoratori, e che non obbliga detti lavoratori a procedere a una simile designazione, a condizione che tale normativa consenta, in circostanze indipendenti dalla volontà degli stessi lavoratori, di garantire la piena efficacia di tali disposizioni di detta direttiva.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), l’articolo 2, paragrafo 3, e l’articolo 6 della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1794, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015,

devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a una normativa nazionale che non prevede alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, qualora tali lavoratori non abbiano designato rappresentanti dei lavoratori, e che non obbliga detti lavoratori a procedere a una simile designazione, a condizione che tale normativa consenta, in circostanze indipendenti dalla volontà degli stessi lavoratori, di garantire la piena efficacia di tali disposizioni della direttiva 98/59, come modificata.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.