Language of document : ECLI:EU:T:2015:860

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

18 novembre 2015 (*)

«Clausola compromissoria – Sesto e settimo programma quadro per attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione – Risoluzione anticipata dei contratti – Legittimo affidamento – Proporzionalità – Buona fede – Responsabilità extracontrattuale – Riqualificazione del ricorso – Coesistenza di domande di risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale – Sistema di allarme rapido (SAR) – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Nesso causale»

Nella causa T‑106/13,

d.d. Synergy Hellas Anonymi Emporiki Etaireia Parochis Ypiresion Pliroforikis, con sede in Atene (Grecia), rappresentata da M. Angelopoulos e K. Damis, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da R. Lyal e A. Sauka, in qualità di agenti, assistiti da L. Athanassiou e G. Gerapetritis, avvocati,

convenuta,

avente ad oggetto domande di risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale formulate nell’ambito dell’esecuzione di diversi contratti che la Commissione ha concluso con la ricorrente in forza del sesto e del settimo programma quadro per attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, contribuendo alla realizzazione dello spazio europeo della ricerca e all’innovazione,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da M. Prek, presidente, I. Labucka e V. Kreuschitz (relatore), giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 aprile 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

[omissis]

 In diritto

 I – Sulla domanda di risarcimento del danno contrattuale

[omissis]

 B – Sulla ricevibilità

[omissis]

 2. Sulla ricevibilità di argomenti concernenti progetti diversi dal progetto ARTreat

44      La Commissione ritiene che la ricorrente non possa validamente ricorrere ad argomenti riguardanti progetti diversi dal progetto ARTreat, il quale forma l’oggetto della presente causa. Inoltre, essa ritiene che le affermazioni concernenti il progetto J-WeB siano già state formulate nell’ambito del ricorso nella causa Τ-365/12, cui la ricorrente ha rinunciato (ordinanza Synergy Hellas/Commissione, punto 22 supra, EU:T:2012:461). Essa è dell’avviso che sarebbe contrario ad una buona amministrazione della giustizia e al principio di economia processuale autorizzare le parti a ripresentare nuovamente domande e argomenti a cui esse hanno rinunciato. La ricorrente avrebbe quindi perso qualsivoglia interesse legittimo a formulare censure nei confronti delle conclusioni della revisione contabile effettuata nell’ambito del contratto J-WeB. La ricorrente contesta l’irricevibilità di tali argomenti.

45      Alla luce di tali argomenti, occorre rammentare che la Commissione ha risolto il contratto ARTreat concluso con la ricorrente in applicazione dell’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), di detto contratto a causa delle irregolarità commesse dalla ricorrente in sede di esecuzione del contratto J-WeB. Dato che l’esecuzione non corretta del contratto J‑WeB è la causa della risoluzione del contratto ARTreat, la ricorrente deve poter contestare detta esecuzione in un ricorso per responsabilità contrattuale avverso detta decisione di risoluzione. Pertanto, la Commissione afferma a torto che la ricorrente non può far valere argomenti relativi al progetto J-WeB nel contesto di un ricorso per responsabilità contrattuale fondata sul contratto ARTreat.

46      La rinuncia della ricorrente nella causa T‑365/12, Synergy Hellas/Commissione (v. punto 22 supra), avente ad oggetto il contratto J-WeB, non incide sul suo diritto, nell’ambito delle presenti conclusioni concernenti la responsabilità contrattuale della Commissione a causa della risoluzione del contratto ARTreat, di far valere irregolarità attinenti all’esecuzione del contratto J-WeB.

47      Infatti, in caso di rinuncia, il Tribunale non si pronuncia né sulla ricevibilità né sul merito, ma prende atto della volontà della ricorrente di non proseguire il procedimento giurisdizionale. L’ordinanza di rinuncia agli atti non è munita dell’autorità di cosa giudicata. In tal senso, è già stato dichiarato che quando una ricorrente rinuncia agli atti nella pendenza del ricorso, la controversia risultante dal medesimo cessa di esistere e, pertanto, viene meno la situazione di litispendenza con un altro ricorso. La Corte ha precisato che l’interesse ad evitare che le parti si avvalgano di tale possibilità in modo contrario al principio di economia processuale non richiede che una situazione di litispendenza perduri anche nei confronti di un ricorso al quale la ricorrente ha rinunciato, dal momento che tale interesse è sufficientemente tutelato dalla condanna della ricorrente alle spese (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, Racc., EU:C:2011:368, punto 32).

 3. Sulla ricevibilità della seconda parte del primo capo di conclusioni

48      Secondo la Commissione, le conclusioni relative al versamento di un importo pari a EUR 343 828,88 devono essere dichiarate irricevibili in quanto la revisione contabile del progetto ARTreat è ancora in corso. La Commissione indica che le osservazioni, le nuove dichiarazioni dei costi e la voluminosa documentazione supplementare presentate dalla ricorrente a seguito della comunicazione della relazione di revisione contabile provvisoria per il progetto ARTreat sono attualmente oggetto di esame da parte dei revisori competenti. La Commissione ne deduce che, alla data di introduzione del presente ricorso, il suo mancato pagamento dell’importo richiesto di EUR 343 828,88 è incerto ed ipotetico (v., in tal senso, ordinanza del 9 settembre 2013, Planet/Commissione, T‑489/12, EU:T:2013:496, punti 38 e 42). Orbene, la ricorrente non può invocare situazioni future e incerte per giustificare un interesse reale ed effettivo alla soluzione della controversia. Inoltre, verrebbe in tal modo chiesto al Tribunale di pronunciarsi su una questione inesistente ovvero su un atto inesistente. La ricorrente contesta tale valutazione e ritiene che la somma di EUR 343 828,88 le fosse dovuta.

49      A tal riguardo, occorre rammentare che ogni soggetto promotore di un’azione giurisdizionale deve avere un interesse ad agire reale ed effettivo (sentenza del 30 settembre 2009, Lior/Commissione e Commissione/Lior, T‑192/01 e T‑245/04, EU:T:2009:365, punto 247) e che tale interesse legittimo deve essere inteso come un beneficio che il ricorso può, con il suo esito, procurare alla parte che l’ha proposto (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, Racc., EU:C:2009:610, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).

50      Nella specie, le conclusioni in questione mirano ad ottenere una condanna della Commissione ad un pagamento in esecuzione del contratto ARTreat. La ricorrente chiede infatti che il Tribunale voglia ordinare alla Commissione di versarle la somma di EUR 343 828,88 a titolo dei pagamenti dovuti nell’ambito del progetto ARTreat, maggiorata degli interessi.

51      Il fatto che la Commissione stia valutando se i costi presentati dalla ricorrente siano ammissibili e, pertanto, se il pagamento della somma di EUR 343 828,88 sia dovuto, non consente di ravvisare un difetto di interesse ad agire reale ed effettivo della ricorrente ai sensi della summenzionata giurisprudenza. Infatti, sin dall’introduzione del ricorso, è manifesto che la ricorrente trarrebbe beneficio dall’accoglimento del medesimo. La ricorrente ha pertanto un interesse reale ed effettivo ad ottenere dal Tribunale la condanna della Commissione al pagamento della somma di EUR 343 828,88 maggiorata degli interessi in esecuzione del contratto ARTreat.

52      Inoltre, la Commissione non può far valere un difetto di interesse ad agire da parte della ricorrente adducendo che, al momento della proposizione del ricorso, il suo mancato pagamento alla ricorrente dell’importo di EUR 343 828,88 era incerto o ipotetico. Infatti, al momento dell’introduzione del ricorso, era certo che la Commissione non aveva pagato l’importo in questione.

53      Le questioni se la Commissione era tenuta a pagare l’importo in questione prima della proposizione del ricorso, se essa poteva sospenderne il pagamento a causa della revisione contabile in corso e se il Tribunale doveva sospendere il procedimento giurisdizionale fino alla conclusione della revisione contabile della Commissione oppure, al contrario, se esso doveva pronunciarsi direttamente sull’ammissibilità dei costi, implicano la valutazione di elementi attinenti al merito del ricorso e non alla sua ricevibilità. In tal senso, è già stato statuito, nell’ambito di un ricorso fondato su una clausola compromissoria, che l’esistenza della natura certa, liquida ed esigibile di un credito costituisce, secondo il diritto applicabile alla lite, una condizione per la fondatezza della domanda di pagamento proposta dal titolare del predetto credito (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione, T‑59/11, Racc., EU:T:2014:679, punto 280).

54      La ricevibilità delle conclusioni della ricorrente intese alla condanna della Commissione al pagamento di una somma di denaro non viene rimessa in discussione dall’ordinanza Planet/Commissione (punto 48 supra, EU:T:2013:496) invocata dalla Commissione. Infatti, a differenza del caso di specie, in cui l’azione della ricorrente mira a ottenere una prestazione da parte della Commissione, l’azione proposta dalla ricorrente dinanzi al Tribunale nella causa Planet mirava a ottenere un accertamento del giudice dell’Unione che l’autorizzasse a trattenere somme già pagate dalla Commissione in forza dei contratti di cui trattasi (v. sentenza del 26 febbraio 2015, Planet/Commissione, C‑564/13 P, EU:C:2015:124, punto 18).

55      Orbene, come indicato dall’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa Planet/Commissione (C‑564/13 P, Racc., EU:C:2014:2352), se, nel caso delle azioni di condanna, finalizzate alla soddisfazione di pretese specifiche, di norma, l’interesse ad agire si può dedurre senza difficoltà dal contesto della stessa domanda giudiziale, l’interesse legittimo del ricorrente ad una dichiarazione astratta da parte del giudice concernente l’esistenza o l’inesistenza di un rapporto giuridico – ovvero di un determinato diritto – necessita, di regola, di una motivazione specifica. Infatti, non è compito dei giudici dell’Unione fornire pareri giuridici su questioni astratte (conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Planet/Commissione, cit. supra, EU:C:2014:2352, paragrafo 41).

56      Va quindi respinta l’eccezione di irricevibilità sollevata a tal riguardo dalla Commissione.

 C – Nel merito

 1. Considerazioni preliminari

57      L’articolo II.38, paragrafo 1, dell’allegato II al contratto ARTreat prevede quanto segue:

«(…) la Commissione può risolvere la convenzione di sovvenzione o porre fine alla partecipazione di un beneficiario nei seguenti casi: (…)

c)      se il beneficiario ha intenzionalmente o per negligenza commesso un’irregolarità in sede di esecuzione di una convenzione di sovvenzione conclusa con la Commissione».

58      La nozione di irregolarità è definita all’articolo II.1, paragrafo 10, dell’allegato II del contratto ARTreat come «qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario oppure qualsiasi inadempimento di un obbligo contrattuale, derivante da un’azione o da un’omissione di un contraente che ha, o potrebbe avere, l’effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale delle Comunità europee o i bilanci da esse gestiti, attraverso una spesa indebita».

59      La Commissione ha risolto il contratto concluso con la ricorrente per il progetto ARTreat in applicazione del summenzionato articolo II.38 adducendo che la revisione contabile finanziaria del contratto J-WeB effettuata dalla società Kypris & Associates in suo nome ha rivelato che una parte considerevole dei costi dichiarati dalla ricorrente erano inammissibili (v. relazione di revisione contabile finale del contratto J-WeB).

60      La ricorrente reputa tale risoluzione illegittima, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente considerato inammissibili i suoi costi per il progetto J-WeB. Essa fonda la propria domanda di risarcimento del danno contrattuale sull’affermazione secondo la quale detta risoluzione violerebbe, da un lato, il principio di tutela del legittimo affidamento e, dall’altro, il principio di proporzionalità (v. punto 42 supra). Secondo la ricorrente, la risoluzione illegittima del contratto ARTreat le ha causato un danno pari a EUR 343 828,88. Di tale somma, EUR 94 112,93 sarebbero dovuti a causa del mancato guadagno per il periodo fra la data della risoluzione del contratto ARTreat e la fine del progetto ARTreat e EUR 249 715,95 sarebbero dovuti a causa dei costi sostenuti prima della risoluzione del contratto ARTreat.

 2. Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

61      A sostegno del suo motivo secondo il quale la risoluzione del contratto ARTreat violerebbe il principio di tutela del legittimo affidamento, la ricorrente contesta, in primo luogo, l’affidabilità della relazione di revisione contabile finale concernente il progetto J-WeB. Infatti, le relazioni di revisione contabile della società Ernst & Young concernenti il progetto Metabo e quelle della società BDO concernenti il progetto J‑WeB confermerebbero l’affidabilità del sistema di rilevazione del tempo della ricorrente e l’ammissibilità delle sue spese. In secondo luogo, la ricorrente considera che, al fine di pronunciarsi sulla necessità di tutelare il suo legittimo affidamento, il Tribunale deve tenere conto del fatto che il rigetto delle sue dichiarazioni di spesa sedici mesi dopo la revisione contabile del contratto Metabo effettuata dalla società Ernst & Young eccede il termine ragionevole. In terzo luogo, la ricorrente ritiene, come viene dimostrato dal verbale della riunione del 22 agosto 2012 e dal messaggio di posta elettronica del 24 settembre 2012, che essa era pervenuta ad un accordo con la Commissione sulla non risoluzione del contratto ARTreat. La Commissione sarebbe tuttavia illegittimamente receduta da tale accordo, causandole in tal modo un danno materiale e morale considerevole.

62      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente. Anzitutto, tenuto conto del suo rapporto chiaramente contrattuale con la ricorrente, la Commissione ritiene che questa non può addebitarle una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, che essa è tenuta a rispettare quale autorità amministrativa nei confronti dei suoi amministrati. Inoltre, essa considera che la ricorrente non abbia dedotto alcun motivo concernente le forme in cui si manifesta la tutela del legittimo affidamento nel diritto dei contratti. Ancora, le censure fondate sulla violazione del principio di buona fede e sull’abuso di diritto sarebbero irricevibili, in quanto sollevate per la prima volta in fase di replica, ed eccessivamente vaghe. Infine e in ogni caso, la Commissione ritiene di non aver fatto sorgere un qualsivoglia legittimo affidamento nella ricorrente e di non aver violato il termine ragionevole.

63      Alla luce di tali argomenti, occorre rammentare che il Trattato FUE ha istituito un sistema di mezzi di ricorso autonomi. L’articolo 272 TFUE prevede la competenza della Corte a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto pubblico o di diritto privato stipulato dall’Unione o per conto di questa.

64      La ricorrente ha proposto una domanda di risarcimento del danno contrattuale sulla base della clausola compromissoria contenuta nell’articolo 9 del contratto ARTreat, che prevede che il Tribunale sia competente in via esclusiva a statuire in primo grado su tutte le controversie fra la Commissione e il beneficiario per quanto attiene all’interpretazione, all’applicazione e alla validità di detto contratto di sovvenzione (v. punto 38 supra).

65      Nel contesto di tale domanda di risarcimento del danno contrattuale, la ricorrente ha addotto, per i motivi ripresi al punto 61 supra, una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. La ricorrente precisa che il legittimo affidamento invocato è «esaminato dal punto di vista del cittadino» ed «esige la tutela dell’affidamento di quest’ultimo in un’azione statale continua ed affidabile, sulla quale egli può basarsi per intraprendere talune azioni e fondare talune aspettative». Inoltre, secondo la ricorrente, tale principio costituisce una «limitazione del diritto di revoca degli atti amministrativi illegittimi».

66      A tal riguardo, si deve considerare che il principio di tutela del legittimo affidamento, come invocato dalla ricorrente, disciplina il rapporto di subordinazione fra un amministrato e l’amministrazione, e rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento nei confronti dell’amministrazione dell’Unione si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che detta amministrazione, fornendogli assicurazioni precise, ha suscitato in lui aspettative fondate. Rappresentano assicurazioni di tal genere, a prescindere dalla forma in cui siano state comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, che derivino da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (v. sentenza del 19 marzo 2003, Innova Privat-Akademie/Commissione, T‑273/01, Racc., EU:T:2003:78, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata). Tale principio rientra pertanto nel controllo di legittimità, in applicazione dell’articolo 263 TFUE, che il Tribunale può esercitare su atti adottati dalle istituzioni.

67      Tuttavia, nella specie, il Tribunale viene adito nella sua qualità di giudice del contratto. Sebbene certamente, in forza dell’articolo 9 del contratto ARTreat (v. punto 39 supra), quest’ultimo sia disciplinato segnatamente dal diritto dell’Unione, tale circostanza non consente di modificare la competenza del Tribunale quale definita dal mezzo di ricorso scelto dalla ricorrente. Nella sua domanda di risarcimento del danno contrattuale, la ricorrente può pertanto addebitare alla Commissione unicamente violazioni del diritto applicabile al contratto, ossia violazioni delle disposizioni contrattuali, del regolamento finanziario o di principi del diritto dei contratti dell’Unione e, in subordine, dei principi del diritto dei contratti belga (v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2009, Commissione/Burie Onderzoek en Advies, T‑179/06, EU:T:2009:171, punto 118).

68      Pertanto, nel contesto della domanda di risarcimento del danno contrattuale formulata dalla ricorrente, il Tribunale deve dichiarare irricevibile una censura attinente alla violazione da parte della Commissione, in occasione della sua esecuzione del contratto ARTreat, del principio di tutela del legittimo affidamento, come definito al punto 66 supra.

69      Tuttavia, nella replica, la ricorrente precisa che la sua censura attinente alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento deve essere considerata nell’ambito dell’esecuzione in buona fede dei contratti e del divieto dell’applicazione abusiva delle clausole contrattuali.

70      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, tale argomento non è irricevibile a causa della sua tardività o della sua mancanza di precisione. Infatti, un motivo, oppure un argomento, che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con questo, dev’essere dichiarato ricevibile (v. sentenza del 14 marzo 2007, Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio, T‑107/04, Racc., EU:T:2007:85, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata). Orbene, nella specie, la ricorrente ha invocato, nel suo atto introduttivo del ricorso, l’applicazione dell’articolo 1134 del codice civile belga, applicabile al contratto ARTreat in forza del suo articolo 9. Tale articolo del codice civile belga sancisce l’obbligo incombente alle parti di un contratto di eseguire quest’ultimo in buona fede. Inoltre, una forma di legittimo affidamento può essere invocata nel diritto dei contratti allorché rientra nell’obbligo, per le parti di un contratto, di dare esecuzione al medesimo in buona fede.

71      Inoltre, la Commissione non può invocare il difetto di precisione della censura della ricorrente, dal momento che, nella controreplica, essa ha argomentato che il beneficiario di un contributo finanziario dell’Unione che non rispettava una condizione essenziale alla quale lo stanziamento del contributo era subordinato non poteva ricorrere al principio di tutela del legittimo affidamento al fine di contestare il rifiuto della Commissione di concedergli l’importo inizialmente pattuito, e che la ricorrente non può invocare il principio di tutela del legittimo affidamento in quanto essa non ha adempiuto agli obblighi finanziari ai quali è subordinato il contributo finanziario.

72      Il fatto che non possa essere escluso che una forma di legittimo affidamento possa essere invocata nel diritto dei contratti allorché essa rientra nell’obbligo delle parti di un contratto di eseguire quest’ultimo in buona fede, discende dalla circostanza che tale principio di esecuzione in buona fede dei contratti osta alle esecuzioni del contratto che integrano un abuso di diritto.

73      La Cour de cassation belga ha statuito, in tal senso, che il principio sancito dall’articolo 1134 del codice civile belga, in forza del quale i contratti devono essere eseguiti in buona fede, vietava ad una parte di abusare di un diritto riconosciutole dal contratto. L’abuso di diritto consiste nell’esercitare un diritto in un modo che eccede manifestamente i limiti dell’esercizio normale di tale diritto da parte di una persona prudente e diligente (Cass 16 novembre 2007 AR nr C.06.0349.F.1). Orbene, non può escludersi che costituisca un abuso di diritto il fatto, per il titolare di un diritto, di avvalersene dopo aver ingenerato nella controparte il legittimo affidamento che egli non l’avrebbe esercitato, attraverso un comportamento oggettivamente incompatibile con l’esercizio normale di tale diritto.

74      Tuttavia, nella specie, la Commissione non ha fatto sorgere alcun legittimo affidamento nella ricorrente quanto al fatto che essa non avrebbe risolto il contratto ARTreat in applicazione dell’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), dell’allegato II di detto contratto a seguito delle risultanze della revisione contabile del contratto J-WeB da parte della società Kypris & Associates, la quale rivelava un numero significativo di costi inammissibili.

75      Invero, quanto al fatto che la ricorrente ritiene di aver potuto fare legittimamente affidamento nel fatto che i suoi costi per il progetto J‑Web sarebbero stati ammissibili, in quanto la società Ernst & Young aveva effettuato una revisione contabile simile in relazione al progetto Metabo e aveva stabilito che i suoi costi erano ammissibili, occorre osservare che la relazione di revisione contabile concernente il progetto Metabo, fatta valere dalla ricorrente, era semplicemente un progetto di relazione di revisione contabile. La natura provvisoria di tale relazione osta all’insorgere di un qualsivoglia legittimo affidamento in capo alla ricorrente.

76      Inoltre, la ricorrente non illustra in maniera sufficientemente precisa il motivo per cui essa ritiene che la valutazione dei costi del contratto Metabo fosse applicabile ai costi del progetto J-WeB. Essa non indica neanche su quale base essa considera che tale relazione di revisione contabile riguardante il progetto Metabo è stata accettata dalla Commissione. Tale progetto di relazione di revisione contabile indica che detta relazione è stata predisposta su richiesta della Commissione, ma che le posizioni espresse sono quelle del revisore indipendente, e non rappresentano il punto di vista ufficiale della Commissione. Inoltre, la Commissione ha indicato, nella controreplica, che tale progetto di relazione non era mai stato portato a termine, non essendo stato accettato, e che doveva essere sostituito dalla relazione di revisione contabile del progetto ARTreat.

77      Tali conclusioni non vengono rimesse in discussione dalla circostanza, fatta valere dalla ricorrente, secondo la quale sono trascorsi sedici mesi fra l’adozione del progetto di relazione di revisione contabile da parte della società Ernst & Young, avente ad oggetto l’esecuzione del contratto Metabo, e il rigetto di un numero significativo di costi a seguito della revisione contabile dell’esecuzione del contratto J-WeB. Infatti, il tempo trascorso fra queste due valutazioni non incide sull’esattezza o meno delle valutazioni contenute nelle revisioni contabili in questione. Il decorso di detto intervallo di tempo non conferisce una credibilità maggiore alla valutazione contenuta nella prima relazione di revisione contabile.

[omissis]

 3. Sulla violazione del principio di proporzionalità

 a) Sulla proporzionalità della risoluzione

87      La ricorrente ritiene, in sostanza, che la risoluzione del contratto ARTreat a seguito della relazione di revisione contabile del contratto J‑Web sia sproporzionata. A sostegno di tale censura, essa afferma, in primo luogo, che la relazione di revisione contabile concernente il progetto J-WeB constata erroneamente talune irregolarità finanziarie, come dimostrano le relazioni di revisione contabile effettuate dalle società BDO e Ernst & Young, e che la relazione di revisione contabile concernente il progetto J-WeB è il risultato di una valutazione arbitraria dovuta alla mancanza di imparzialità della società Kypris & Associates. In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la risoluzione in questione fosse contraria a quanto essa aveva convenuto con la Commissione in occasione della riunione del 22 agosto 2012. In terzo luogo, essa adduce la violazione dei termini previsti, da un lato, al punto 5.3 dell’allegato della decisione 2011/161 per il riesame della risoluzione del contratto ARTreat da parte del comitato di ricorso, e, dall’altro, all’articolo II.22 dell’allegato II del contratto ARTreat per l’invio della relazione di revisione contabile finale. In quarto luogo, la ricorrente ritiene che la risoluzione dei contratti ARTreat e Metabo sia illegittima, in quanto essa ha avuto luogo prima sia della scadenza del termine per l’introduzione del ricorso dinanzi al comitato di ricorso sia della decisione di tale comitato. La Commissione contesta tali affermazioni e ritiene che detta risoluzione fosse proporzionata.

88      Alla luce di tali censure, occorre rammentare che il principio di proporzionalità costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 5, paragrafo 4, TUE. Tale principio esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (v. sentenza del 13 settembre 2013, Makhlouf/Consiglio, T‑383/11, Racc., EU:T:2013:431, punto 98 e la giurisprudenza ivi citata).

89      Tale principio è destinato a disciplinare tutte le modalità di azione dell’Unione, siano esse contrattuali o extracontrattuali (sentenza del 25 maggio 2004, Distilleria Palma/Commissione, T‑154/01, Racc., EU:T:2004:154, punto 44). Infatti, nel contesto dell’esecuzione di obblighi contrattuali, il rispetto di tale principio rientra nell’obbligo più generale delle parti di un contratto di eseguire il medesimo in buona fede. In forza del diritto belga applicabile al contratto ARTreat (v. punto 39 supra), l’obbligo di eseguire in buona fede i contratti impedisce ad una parte di esercitare un diritto in un modo che ecceda manifestamente i limiti dell’esercizio normale di tale diritto da parte di una persona prudente e diligente (v. punto 73 supra).

90      Nella specie, la Commissione, in applicazione dell’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), dell’allegato II del contratto ARTreat, ha posto unilateralmente fine alla partecipazione della ricorrente a tale contratto a seguito della relazione di revisione contabile finale del contratto J-WeB. La Commissione ha considerato che la relazione di revisione contabile finale concernente il progetto J-WeB dimostrava che la ricorrente aveva commesso un’irregolarità ai sensi dell’articolo II.1 dell’allegato II del contratto ARTreat che le consentiva di risolvere unilateralmente detto contratto in applicazione dell’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), dell’allegato II del medesimo.

91      Al fine di valutare se la Commissione abbia proceduto ad un’applicazione proporzionata dell’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), dell’allegato II del contratto ARTreat, occorre osservare che, nella relazione di revisione contabile finale concernente il contratto concluso dalla Commissione con la ricorrente per la sovvenzione del progetto J-WeB, i revisori della società Kypris & Associates hanno respinto tutti i costi di personale dichiarati, considerandoli inammissibili. Essi sono giunti a tale conclusione tenendo conto delle seguenti constatazioni:

–        l’inaffidabilità del sistema di registrazione del tempo di lavoro della ricorrente;

–        l’assenza di prove sufficienti ed adeguate che consentano di confermare il numero di ore e il contributo del personale dichiarato dalla ricorrente all’esecuzione del progetto, e

–        l’esistenza di un contratto di sub-appalto concluso fra la ricorrente e una società terza che ha dato luogo a fatture facenti riferimento al contratto J-WeB, il quale non è stato notificato alla Commissione né approvato dalla medesima, e che genera dubbi quanto al soggetto che ha effettivamente eseguito il progetto J-WeB.

92      Ne consegue che la dichiarazione di tali spese da parte della ricorrente ai fini del loro rimborso da parte della Commissione non era affidabile, e che la ricorrente è venuta meno ai suoi obblighi contrattuali di dichiarare unicamente spese ammissibili. Tali inadempimenti costituiscono irregolarità ai sensi dell’articolo II.1, paragrafo 10, dell’allegato II del contratto ARTreat. Infatti, essi hanno o potrebbero avere come effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale dell’Unione. Essi giustificano, in applicazione dell’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), dell’allegato II del contratto ARTreat, la risoluzione di detto contratto senza che tale risoluzione possa essere considerata sproporzionata o costitutiva di un abuso di diritto. La legittimità delle cause di risoluzione previste dall’articolo II.38, paragrafo 1, lettera c), dell’allegato II del contratto ARTreat non viene rimessa in discussione dalla ricorrente. Inoltre, le irregolarità accertate dalla revisione contabile sono sufficientemente gravi, cosicché la risoluzione del contratto ARTreat non costituisce un esercizio del diritto alla risoluzione unilaterale che eccede manifestamente i limiti dell’esercizio normale di tale diritto da parte di una persona prudente e diligente.

[omissis]

 II – Sulla domanda di risarcimento del danno extracontrattuale

[omissis]

C –  Nel merito

[omissis]

 2. Sulle violazioni dell’obbligo di riservatezza e dell’accordo menzionato nel verbale del 22 agosto 2012 sulla mancata accettazione delle osservazioni sulla revisione contabile provvisoria dei contratti ARTreat e Metabo, sulla mancata adozione di una relazione di revisione contabile definitiva e sulla violazione del principio di «buona amministrazione»

141    La Commissione ritiene che l’oggetto della domanda di risarcimento del danno extracontrattuale della ricorrente riguardi, nella specie, un pregiudizio contrattuale. Essa ne deduce che le affermazioni della ricorrente a sostegno della sua domanda di risarcimento del danno extracontrattuale dovranno essere valutate alla luce delle clausole contrattuali.

142    A tal riguardo, occorre ricordare che il Trattato FUE istituisce un sistema completo di mezzi di ricorso. Ciascuno di questi mezzi di ricorso è autonomo, assolve una sua particolare funzione nell’ambito del sistema dei mezzi di ricorso ed è subordinato, quanto al suo esercizio, a condizioni attinenti al suo specifico oggetto (v., in tal senso, sentenze del 23 marzo 2004, Mediatore/Lamberts, C‑234/02 P, Racc., EU:C:2004:174, punto 59, e del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc., EU:C:2008:461, punto 281).

143    L’azione di risarcimento del danno extracontrattuale sancita all’articolo 268 TFUE ha per oggetto la richiesta di risarcimento di un danno derivato da un atto o da un comportamento illecito imputabile ad un’istituzione o ad un organo dell’Unione (sentenza Mediatore/Lamberts, punto 142 supra, EU:C:2004:174, punto 59). Come rammentato al punto 124 supra, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione è subordinato alla compresenza di un insieme di condizioni riguardanti l’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, la sussistenza del danno lamentato e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento di detta istituzione e il danno fatto valere.

144    Il ricorso per responsabilità contrattuale, previsto all’articolo 272 TFUE, ha ad oggetto la domanda di risarcimento di un danno risultante da un contratto concluso dall’Unione o per conto della medesima. La competenza del giudice dell’Unione e la responsabilità delle parti contrattuali dipendono dalla portata delle clausole contrattuali e, segnatamente, delle clausole attributive di competenza e di scelta del diritto applicabile al contratto. Tale competenza costituisce una deroga rispetto al diritto ordinario e dev’essere, quindi, interpretata in senso restrittivo (sentenze del 18 dicembre 1986, Commissione/Zoubek, 426/85, Racc., EU:C:1986:501, punto 11, e del 16 dicembre 2010, Commissione/Arci Nuova associazione comitato di Cagliari e Gessa, T‑259/09, EU:T:2010:536, punto 39). Pertanto, il Tribunale può conoscere solo delle domande derivanti dal contratto contenente la clausola compromissoria o che siano in relazione diretta con gli obblighi derivanti da detto contratto (sentenza Commissione/Zoubek, cit. supra, EU:C:1986:501, punto 11).

145    Data l’autonomia dei summenzionati mezzi di ricorso e dei presupposti per il sorgere della responsabilità propri di ciascuno di tali mezzi di ricorso, il Tribunale è tenuto a stabilire se il ricorso del quale è investito abbia ad oggetto una domanda di risarcimento dei danni fondata oggettivamente su diritti e obblighi di origine contrattuale o di origine extracontrattuale (v., per analogia, sentenza del 18 aprile 2013, Commissione/Systran e Systran Luxembourg, C‑103/11 P, Racc., EU:C:2013:245, punto 66).

146    È stato in tal senso statuito che il mero fatto che siano invocate norme o principi giuridici che non derivano dal contratto che vincola le parti, ma che si impongono alle medesime, non può avere la conseguenza di modificare la natura contrattuale di una controversia [v. sentenze del 20 maggio 2009, Guigard/Commissione, C‑214/08 P, EU:C:2009:330, punto 43; Commissione/Systran e Systran Luxembourg, punto 145 supra, EU:C:2013:245, punto 65, e del 19 maggio 2010, Nexus Europe (Irland)/Commissione, T‑424/08, EU:T:2010:211, punto 60].

147    Tuttavia, dal momento che, in forza del Trattato FUE, i giudici dell’Unione sono competenti, in linea di principio, a statuire sia su un ricorso avente ad oggetto la responsabilità extracontrattuale delle istituzioni sia su un ricorso avente ad oggetto la responsabilità contrattuale delle istituzioni, allorché esse hanno concluso un contratto contenente una clausola compromissoria, è stato statuito che, se adito con un ricorso per responsabilità extracontrattuale, sebbene la controversia sia in realtà di natura contrattuale, il Tribunale riqualifica il ricorso se ricorrono le condizioni per una siffatta riqualificazione (sentenza del 19 settembre 2001, Lecureur/Commissione, T‑26/00, Racc., EU:T:2001:222, punto 38; ordinanza del 10 maggio 2004, Musée Grévin/Commissione, T‑314/03 e T‑378/03, Racc., EU:T:2004:139, punto 88, e sentenza del 24 ottobre 2014, Technische Universität Dresden/Commissione, T‑29/11, Racc., EU:T:2014:912, punto 42).

148    Più specificamente, come riconosciuto dalla giurisprudenza, in presenza di una controversia di siffatta natura, il Tribunale si trova nell’impossibilità di riqualificare un ricorso sia quando l’esplicita volontà della parte ricorrente di non basare la propria domanda sull’articolo 272 TFUE osta a tale riqualificazione (v., in tal senso, ordinanza Musée Grévin/Commissione, punto 147 supra, EU:T:2004:139, punto 88; sentenza CEVA/Commissione, punto 99 supra, EU:T:2010:240, punto 59, e ordinanza del 6 settembre 2012, Technion e Technion Research & Development Foundation/Commissione, T‑657/11, EU:T:2012:411, punto 55) sia quando il ricorso non si basa su alcun motivo attinente alla violazione delle norme che regolano il rapporto contrattuale di cui trattasi, che si tratti delle clausole contrattuali o delle disposizioni della legge nazionale indicata nel contratto (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Federación Española de Hostelería/EACEA, T‑340/13, EU:T:2014:889, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

149    Inoltre, occorre osservare che la violazione di una disposizione contrattuale da parte di un’istituzione non può di per sé far sorgere la responsabilità extracontrattuale di detta istituzione nei confronti di una delle parti con le quali essa ha concluso il contratto contenente detta disposizione. Infatti, in un caso del genere, l’illegittimità imputabile a detta istituzione ha un’origine meramente contrattuale e promana dal suo impegno quale parte contraente e non in ragione di una qualsiasi altra qualità, come quella di autorità amministrativa. Di conseguenza, in siffatte circostanze, l’affermazione di una violazione di una disposizione contrattuale a sostegno di una domanda di risarcimento del danno extracontrattuale deve essere dichiarata inoperante.

150    Tuttavia, non può escludersi che le responsabilità contrattuali ed extracontrattuali di un’istituzione dell’Unione possano coesistere nei confronti di uno dei suoi contraenti. Infatti, la natura dei comportamenti illeciti imputabili ad un’istituzione che generano un danno idoneo a formare l’oggetto di una domanda di risarcimento del danno extracontrattuale non è predefinita (v., in tal senso, sentenze Mediatore/Lamberts, punto 142 supra, EU:C:2004:174, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata, e del 18 dicembre 2009, Arizmendi e a./Consiglio e Commissione, T‑440/03, T‑121/04, T‑171/04, T‑208/04, T‑365/04 e T‑484/04, Racc., EU:T:2009:530, punto 65). Anche ammettendo che ricorra una siffatta coesistenza delle responsabilità delle istituzioni, essa sarebbe possibile solo a condizione che, da un lato, l’illegittimità imputata all’istituzione in questione costituisca un inadempimento non solo di un obbligo contrattuale, bensì parimenti di un obbligo generale ad essa incombente e, dall’altro, tale illegittimità rispetto a detto obbligo generale abbia causato un danno diverso da quello risultante dalla cattiva esecuzione del contratto.

151    Nella specie, tre delle quattro censure dedotte dalla ricorrente a sostegno della sua domanda di risarcimento del danno extracontrattuale, riassunte supra ai punti 125 e seguenti, poggiano oggettivamente su asseriti inadempimenti di origine contrattuale e non viene fatto valere alcun danno diverso da quello risultante dalla cattiva esecuzione del contratto.

152    Infatti, per quanto attiene alle asserite divulgazioni di informazioni riservate da parte della Commissione, occorre osservare che esse consistono nell’avere informato i coordinatori dei progetti ARTreat e Metabo della risoluzione, rispettivamente, del contratto ARTreat e del contratto Metabo. L’asserita informazione riservata, ossia la risoluzione, da parte della Commissione, dei contratti ARTreat e Metabo con la ricorrente, è un’informazione proveniente dalla Commissione, e di cui essa dispone nella sua qualità di parte contraente e non nella sua qualità di autorità amministrativa. Inoltre, i coordinatori dei progetti in questione, ai quali l’asserita informazione riservata è stata comunicata, non sono parti terze rispetto ai contratti in questione. Essi sono controparti contrattuali della ricorrente e della Commissione. Infine, la ricorrente stessa fa valere, a sostegno di tale censura, la violazione degli articoli II.22, paragrafo 8, dell’allegato II di tali contratti, secondo i quali la Commissione può procedere ad ispezioni in loco in conformità ai regolamenti n. 2185/96 e (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF (GU L 136, pag. 1), e non tiene conto del fatto che l’articolo II.38, paragrafo 2, dell’allegato II di detti contratti prevede che la cessazione della partecipazione di uno o più beneficiari su iniziativa della Commissione venga notificata ai beneficiari interessati, con copia al coordinatore. Pertanto, l’obbligo di riservatezza la cui violazione viene addebitata dalla ricorrente alla Commissione poggia oggettivamente su diritti e obblighi di origine contrattuale e non sugli obblighi di cui all’articolo 339 TFUE e all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, parimenti fatti valere.

153    Inoltre, il Tribunale osserva che la ricorrente non precisa, e ancor meno dimostra, che detta divulgazione dell’asserita informazione riservata ai coordinatori dei contratti le ha causato un danno diverso da quello che sarebbe dovuto alla cattiva esecuzione del contratto, e in particolare, degli articoli II.22 e II.38 dell’allegato II di detti contratti.

154    Per quanto attiene alla violazione dell’asserito accordo concluso fra la ricorrente e la Commissione riportato nel verbale della riunione del 22 agosto 2012, è giocoforza constatare che tale censura attiene al modo in cui le parti hanno eseguito i contratti ARTreat e Metabo. Il fatto che la ricorrente ritenga che, con la sua inosservanza di detto accordo, la Commissione abbia violato le regole di buona fede e di lealtà, abusato del proprio potere, operato una discriminazione e violato i principi di proporzionalità e di continuità amministrativa, non rimette in discussione tale constatazione. Tali censure hanno ad oggetto, in realtà, presunte violazioni che sono oggettivamente connesse a diritti e ad obblighi di origine contrattuale. Inoltre e in ogni caso, la ricorrente non precisa, né tantomeno dimostra, che dette violazioni le hanno causato un danno diverso da quello che sarebbe dovuto alla cattiva esecuzione dei contratti in questione.

155    Infine, per quanto attiene all’asserita mancata accettazione delle osservazioni sulle relazioni di revisione contabile provvisorie dei progetti ARTreat e Metabo, nonché agli asseriti ritardi nell’adozione delle relazioni di revisione contabile definitive concernenti l’esecuzione dei contratti ARTreat e Metabo, tali censure sono oggettivamente relative all’esecuzione dei contratti in questione da parte della Commissione quale parte contraente. La ricorrente fa peraltro valere, a sostegno di tali censure, una violazione dell’articolo II.22, paragrafo 5, dei contratti in questione. La mera invocazione del rispetto dei principi del termine ragionevole e dei diritti della difesa che si impongono alla Commissione non può comportare la modifica della natura contrattuale della controversia. Infine e in ogni caso, la ricorrente non precisa, né tantomeno dimostra, che dette violazioni le hanno causato un danno diverso da quello che sarebbe dovuto alla cattiva esecuzione dei contratti in questione.

156    In udienza, il Tribunale ha chiesto alla ricorrente se essa si opponeva a una riqualificazione, ad opera dello stesso, della sua domanda di risarcimento del danno extracontrattuale in domanda di risarcimento del danno contrattuale per la parte della sua domanda di risarcimento del danno extracontrattuale fondata su censure vertenti sulla violazione delle norme dei contratti in questione. In risposta a tale questione, la ricorrente ha dichiarato di opporsi ad una siffatta riqualificazione.

157    Alla luce di tale opposizione della ricorrente ad una riqualificazione e del fatto che le tre censure riprese supra ai punti 151 e seguenti, addotte a sostegno della domanda di risarcimento del danno extracontrattuale della ricorrente, sono oggettivamente relative all’esecuzione dei contratti in questione, la domanda di risarcimento del danno extracontrattuale della ricorrente fondata su dette censure deve essere dichiarata inoperante.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La d.d. Synergy Hellas Anonymi Emporiki Etaireia Parochis Ypiresion Pliroforikis è condannata alle spese.

Prek

Labucka

Kreuschitz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 novembre 2015.

Firme


* Lingua processuale: il greco.


1 –      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.