Language of document : ECLI:EU:C:2014:354

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 22 maggio 2014 (1)

Causa C‑108/13

Mac GmbH

contro

Ministère de l’Agriculture, de l’Agroalimentaire e de la Forêt

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Libera circolazione delle merci – Restrizioni quantitative – Misure di effetto equivalente – Prodotti fitosanitari – Autorizzazione all’immissione in commercio – Importazione parallela – Esigenza, nello Stato di esportazione, di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata in conformità alla direttiva 91/414/CEE»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nell’ambito di una controversia che oppone la società Mac GmbH (in prosieguo: la «Mac») al Ministro dell’Agricoltura e della Pesca ed avente ad oggetto il rifiuto di quest’ultimo di autorizzare l’immissione in commercio in Francia, a titolo d’importazione parallela, di un prodotto fitosanitario che beneficia di una siffatta autorizzazione nel Regno Unito, verte sull’interpretazione degli articoli 34 TFUE e 36 TFUE.

2.        Essa pone la questione se le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci ostino ad una normativa di uno Stato membro che limiti il rilascio di un’autorizzazione di importazione parallela, secondo una procedura semplificata, ai soli prodotti fitosanitari che beneficino, nello Stato membro di esportazione, di un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») conforme alla direttiva 91/414/CEE (2) (in prosieguo: la «direttiva»), impedendo, in tal modo, la reimportazione parallela di tali prodotti.

II – Ambito normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.       Diritto primario

3.        L’articolo 34 TFUE vieta le restrizioni quantitative all’importazione e tutte le misure di effetto equivalente tra gli Stati membri. Ai sensi dell’articolo 36 TFUE, «[l]e disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi (…) di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali (…). Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri».

2.      La direttiva

4.        La direttiva introduce norme uniformi per quanto riguarda le condizioni e le procedure di concessione, di revisione e di ritiro delle AIC dei prodotti fitosanitari (3), allo scopo, per un verso, di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione di tali prodotti nonché dei prodotti vegetali che derivano dall’esistenza di normative nazionali differenti (4) e, per altro verso, di garantire un elevato livello di protezione della salute dell’uomo e degli animali, nonché dell’ambiente, contro le minacce e i rischi connessi ad un uso non adeguatamente controllato dei prodotti fitosanitari (5).

5.        A tenore dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, «gli Stati membri prescrivono che i prodotti fitosanitari possono essere immessi in commercio e utilizzati sul loro territorio soltanto se il prodotto in questione è stato da essi autorizzato, conformemente alle disposizioni della presente direttiva (...)». L’importazione di un prodotto fitosanitario nel territorio della Comunità è considerata «immissione in commercio» ai sensi della direttiva stessa (6).

6.        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva stabilisce, alle lettere da b) a f), i requisiti attinenti all’efficacia e all’assenza di effetti nocivi sulla salute dell’uomo, degli animali e sull’ambiente che un prodotto fitosanitario deve soddisfare per poter essere autorizzato. Ai sensi del paragrafo 3 del medesimo articolo, gli Stati membri provvedono affinché la conformità a tali esigenze «sia accertata mediante prove e controlli ufficiali o ufficialmente riconosciuti, condotti in condizioni agricole, fitosanitarie e ambientali che siano adeguate all’impiego del prodotto fitosanitario in questione e rappresentative delle condizioni che ricorrono nei luoghi in cui il prodotto stesso dovrà essere utilizzato nel territorio dello Stato membro interessato».

7.        L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva dispone che «[l]a domanda di autorizzazione di un prodotto fitosanitario deve essere inoltrata dal responsabile o a nome del responsabile della prima immissione in commercio alle autorità competenti di ogni Stato membro in cui si intende commercializzare il suddetto prodotto fitosanitario». Quando un prodotto fitosanitario sia già stato autorizzato in un altro Stato membro, lo Stato membro in cui viene presentata una domanda di autorizzazione deve, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva, astenersi dall’esigere che vengano ripetute le prove e i controlli già effettuati, a meno che determinate condizioni agricole, fitosanitarie o ambientali, comprese quelle climatiche, relative all’impiego del prodotto non siano comparabili nelle regioni considerate e, a talune condizioni, autorizzare l’immissione in commercio di detto prodotto anche nel suo territorio. La direttiva non contiene, invece, alcuna disposizione riguardante le condizioni di concessione di AIC nel caso in cui il prodotto sia oggetto di importazione parallela.

3.      Regolamento n. 1107/2009

8.        Benché non applicabile ratione temporis alla controversia principale, il regolamento n. 1107/2009, entrato in vigore il 14 dicembre 2009, che ha sostituito la direttiva, contiene talune disposizioni che è opportuno richiamare. L’articolo 52, paragrafo 1, di detto regolamento, intitolato «Commercio parallelo», così dispone:

«Un prodotto fitosanitario autorizzato in uno Stato membro (Stato membro di provenienza) può, previa concessione di un permesso di commercio parallelo, essere introdotto, immesso sul mercato o utilizzato in un altro Stato membro (Stato membro d’introduzione), se tale Stato membro stabilisce che la composizione del prodotto fitosanitario è identica a quella di un prodotto fitosanitario già autorizzato nel suo territorio (prodotto di riferimento). La domanda è presentata all’autorità competente dello Stato membro d’introduzione».

9.        Il paragrafo 2 dello stesso articolo prevede che il permesso di commercio parallelo sia concesso con procedura semplificata, entro 45 giorni lavorativi dal ricevimento di una domanda completa, e che, su richiesta, gli Stati membri si trasmettano reciprocamente le informazioni necessarie a valutare se il prodotto sia identico al prodotto di riferimento. Il paragrafo 3 precisa, alle lettere da a) a c), le condizioni in cui i prodotti fitosanitari sono considerati identici ai prodotti di riferimento (7), mentre il paragrafo 4 stabilisce che «[l]e prescrizioni relative alle informazioni possono essere modificate o integrate e ulteriori precisazioni e prescrizioni specifiche sono stabilite», segnatamente «nel caso di una domanda per un prodotto fitosanitario per il quale sia già stato concesso un permesso di commercio parallelo». I paragrafi da 5 a 8 enunciano le condizioni di immissione in commercio e di impiego dei prodotti fitosanitari per i quali è stato rilasciato un permesso di commercio parallelo, la durata e le condizioni di validità di quest’ultimo, segnatamente in caso di revoca dell’autorizzazione del prodotto di riferimento da parte del suo titolare, nonché il regime cui è soggetto un siffatto permesso e le condizioni per la sua revoca, in caso di revoca dell’autorizzazione del prodotto nello Stato membro di provenienza. Il paragrafo 9 dispone che, qualora il prodotto per cui si richiede il permesso non sia identico, ai sensi del paragrafo 3, al prodotto di riferimento, lo Stato membro di introduzione può concedere l’autorizzazione richiesta solo a seguito di una valutazione completa a norma dell’articolo 29 del regolamento n. 1107/2009, che riproduce in sostanza l’articolo 4 della direttiva. Infine, i paragrafi 10 e 11 prevedono, rispettivamente, talune eccezioni all’applicazione del regime dei permessi di commercio parallelo e delle disposizioni in materia di pubblicità delle informazioni relative alle autorizzazioni di commercio parallelo.

B –    Diritto nazionale

10.      A norma dell’articolo L. 253‑1 del code rural (codice rurale), nella sua versione vigente alla data di adozione della decisione amministrativa oggetto della controversia principale (8), «[s]ono vietate l’immissione in commercio, l’utilizzo e la detenzione da parte dell’utilizzatore finale dei prodotti fitosanitari che non beneficino di un’autorizzazione all’immissione in commercio (...)».

11.      L’articolo R. 253-52 del code rural, nella sua versione vigente alla data di adozione della decisione amministrativa oggetto della controversia principale (9), così dispone:

«L’introduzione nel territorio nazionale di un prodotto fitosanitario proveniente da uno Stato dello Spazio economico europeo nel quale esso già goda di un’[AIC] rilasciata in conformità alla direttiva (…), e identico ad un prodotto [di riferimento], è autorizzata alle seguenti condizioni:

Il prodotto di riferimento deve beneficiare di un’[AIC] rilasciata dal Ministro dell’Agricoltura (…)

L’identità del prodotto introdotto nel territorio nazionale con il prodotto di riferimento viene valutata alla luce dei seguenti tre criteri:

origine comune dei due prodotti nel senso che sono stati fabbricati secondo la medesima formula, dalla medesima società o da imprese collegate o licenziatarie;

fabbricazione mediante utilizzazione della/e medesima/e sostanza/e attiva/e;

effetti simili dei due prodotti tenendo conto delle differenze che possono esistere sotto il profilo delle condizioni agricole, fitosanitarie e ambientali, e segnatamente climatiche, connesse all’utilizzazione dei prodotti».

12.      Ai sensi dell’articolo R. 253‑53 (10), un decreto del Ministro dell’Agricoltura stabilisce l’elenco delle informazioni da fornirsi a supporto della domanda di immissione in commercio sul territorio nazionale di un prodotto fitosanitario proveniente da uno Stato che sia parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo, segnatamente le informazioni relative al richiedente l’autorizzazione nonché al prodotto oggetto della domanda. Questo stesso articolo prevede che, per stabilire l’identità tra il prodotto immesso sul territorio nazionale e il prodotto di riferimento, il Ministro dell’Agricoltura possa utilizzare le informazioni contenute nel fascicolo del prodotto di riferimento, chiedere al detentore dell’autorizzazione del prodotto di riferimento di fornirgli le informazioni di cui dispone, nonché chiedere informazioni alle autorità dello Stato che ha autorizzato il prodotto da introdursi nel territorio nazionale, in conformità alle disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 5, della direttiva.

13.      L’articolo R. 253-55 del code rural, nella sua versione vigente alla data di adozione della decisione amministrativa oggetto della controversia principale (11), così dispone:

«L’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto introdotto sul territorio nazionale può essere rifiutata o revocata:

1°      per ragioni attinenti alla tutela della salute dell’uomo e degli animali, nonché dell’ambiente;

2°      per mancanza di identità, ai sensi dell’articolo R. 253-52, rispetto al prodotto di riferimento;

3°      per non conformità dell’imballaggio e dell’etichettatura ai requisiti previsti dagli articoli da 1 a 4 del decreto dell’11 maggio 1937, relativo all’applicazione della legge del 4 agosto 1903 sulla repressione delle frodi in commercio dei prodotti utilizzati per la distruzione dei parassiti delle colture.

Nella fase antecedente ad un diniego o a una revoca di un’autorizzazione all’immissione in commercio, al richiedente o al titolare dell’autorizzazione è riconosciuta la facoltà di presentare le sue osservazioni al Ministro dell’Agricoltura».

III – Fatti, procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

14.      Il prodotto fitosanitario Cerone beneficiava, all’epoca dei fatti, di un’AIC in Francia, rilasciata alla Bayer Cropscience France, in conformità alle disposizioni della direttiva. La commercializzazione di tale prodotto è stata successivamente autorizzata nel Regno Unito a titolo d’importazione parallela con la denominazione «Agrotech Ethephon» (12).

15.      Il 27 novembre 2007 la Mac ha formulato una domanda di autorizzazione di importazione parallela in Francia del prodotto Agrotech Ethephon per commercializzarlo con il nome «Mac Ethephone».

16.      Il 20 febbraio 2008, l’Agence française de sécurité sanitaire des aliments (Agenzia francese per la sicurezza sanitaria degli alimenti; in prosieguo: l’«AFSSA») ha rilasciato un parere favorevole in ordine a tale domanda, osservando che la sostanza attiva del prodotto Agrotech Ethephon aveva la stessa origine del prodotto di riferimento Cerone, e che le loro composizioni integrali potevano essere ritenute identiche.

17.      In data 29 maggio 2009 il Ministro dell’Agricoltura ha respinto la domanda in parola, dal momento che il prodotto Agrotech Ethephon non beneficiava, nel Regno Unito, di un’AIC rilasciata conformemente alla direttiva, contrariamente a quanto prescritto dall’articolo R. 253‑52 del code rural francese (in prosieguo: la «decisione di diniego»).

18.      Il 21 luglio 2009 la Mac ha proposto un ricorso d’annullamento avverso la decisione di diniego, affermando, segnatamente, che le disposizioni dell’articolo R. 253‑52 del code rural erano incompatibili con l’articolo 34 TFUE in quanto non consentivano il rilascio di un’autorizzazione d’importazione parallela ad un prodotto che già fruisce di una siffatta autorizzazione nello Stato di esportazione.

19.      Con ordinanza 16 febbraio 2011 il presidente del Tribunal administratif de Paris (Tribunale amministrativo di Parigi) ha trasmesso il ricorso al Conseil d’État (13), il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 34 TFUE e 36 TFUE ostino ad una normativa nazionale che subordina in particolare il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio a titolo di importazione parallela a un prodotto fitosanitario alla condizione che il prodotto in questione benefici, nello Stato di esportazione, di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata conformemente alla direttiva (…), e non consente, di conseguenza, il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio a titolo di importazione parallela a un prodotto che beneficia, nello Stato di esportazione, di tale autorizzazione ed è identico a un prodotto autorizzato nello Stato di importazione».

20.      La Mac, il governo francese e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte ed hanno esposto argomenti orali all’udienza tenutasi il 6 marzo 2014.

IV – Sintesi delle osservazioni delle parti

21.      La Mac afferma, in via principale, che l’esigenza di un’AIC rilasciata conformemente alla direttiva nello Stato membro di esportazione rappresenta una restrizione contraria all’articolo 34 TFUE. È necessario distinguere, a suo avviso, la prima immissione in commercio di un prodotto fitosanitario in uno Stato membro, che rientra nelle disposizioni della direttiva, dall’importazione parallela di un prodotto fitosanitario con riferimento ad un prodotto che beneficia già di un’AIC nello Stato membro d’importazione, da ricondursi invece alla libera circolazione delle merci.

22.      Essa osserva, in primo luogo, che il prodotto di riferimento del prodotto che essa desidera importare è già stato oggetto di due AIC in conformità alle disposizioni della direttiva in Francia e nel Regno Unito (con la denominazione «Cerone»), nonché di un’autorizzazione di importazione parallela nel Regno Unito (con la denominazione «Agrotech Ethephon»). In simili circostanze, subordinare l’autorizzazione di importazione all’ulteriore condizione che il prodotto da importare benefici di un’AIC rilasciata secondo le disposizioni della direttiva nel Regno Unito − condizione che, peraltro, non avrebbe potuto realizzarsi, dal momento che la direttiva non prevede alcuna procedura d’autorizzazione per un prodotto importato parallelamente − rappresenterebbe una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell’articolo 34 TFUE, nonché un’applicazione erronea della direttiva.

23.      La richiesta di una simile autorizzazione non risponderebbe peraltro neppure ad un obiettivo di tutela della salute umana o animale, o dell’ambiente – obiettivo a cui, del resto, la decisione di diniego non fa alcun riferimento –, dal momento che le analisi necessarie alla determinazione dei rischi inerenti al prodotto importato sono già state effettuate e che analisi simili sono state compiute sul prodotto di riferimento. Un siffatto requisito, anche a volerlo supporre giustificato da tale obiettivo, sarebbe in ogni caso sproporzionato, poiché vi sono misure alternative meno restrittive, quali la possibilità di rivolgersi alle autorità competenti dello Stato membro di esportazione nell’ambito del sistema di scambio di informazioni posto in essere dalla direttiva, che garantisce la tracciabilità di ogni prodotto fitosanitario e consente di verificare agevolmente l’identità tra il prodotto di cui si chiede l’importazione parallela e il prodotto di riferimento.

24.      In secondo luogo, la Mac contesta alle autorità francesi il fatto di aver respinto la sua domanda sulla base del solo rilievo che il prodotto di cui trattasi non disponeva, nel Regno Unito, di un’AIC rilasciata «in conformità» alla direttiva, senza verificare se tale prodotto fosse identico ad un prodotto già presente sul mercato francese e potesse di conseguenza beneficiare dell’AIC rilasciata allo stesso. Essa rileva come la giurisprudenza della Corte abbia previsto norme specifiche per l’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari oggetto di importazione parallela, subordinandola alla sola condizione che nello Stato membro di importazione sia stata rilasciata un’AIC per un prodotto identico a quello importato. Tale giurisprudenza dovrebbe essere estesa ai prodotti oggetto di importazioni parallele successive, quanto meno in circostanze analoghe a quelle della fattispecie, vale a dire quando il prodotto viene reimportato nello Stato membro in cui è stata rilasciata la prima AIC in base alla direttiva.

25.      In subordine, qualora la Corte dovesse ritenere che gli articoli 34 TFUE e 36 TFUE non ostino al requisito di un’AIC rilasciata in conformità alla direttiva, la Mac afferma che l’autorizzazione di importazione parallela rilasciata nel Regno Unito deve essere considerata come rilasciata «in conformità» alla direttiva, ai fini dell’applicazione dell’articolo R. 253‑52 del code rural, come dichiarato nel parere favorevole dell’AFSSA, dal momento che si basa sul sistema di scambio di informazioni posto in essere dalla direttiva. Essa rileva come vari Stati membri, tra cui la Repubblica francese, abbiano autorizzato importazioni parallele successive di prodotti fitosanitari sulla base di tale sistema.

26.      Ad avviso del governo francese, un prodotto fitosanitario può beneficiare di un’autorizzazione di importazione parallela solo qualora sia stato oggetto, nello Stato membro di esportazione, di un’AIC sulla base della direttiva. Tale requisito sarebbe giustificato dalla necessità di mantenere, nel contesto di un’importazione parallela, un livello di tutela dell’ambiente e della salute umana quantomeno equivalente a quello garantito dalle disposizioni della direttiva. Orbene, ciò non avverrebbe qualora la procedura di autorizzazione semplificata, a titolo di importazione parallela, fosse applicata ad un prodotto che non è stato oggetto, nello Stato membro di esportazione, di una valutazione completa a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva. Infatti, poiché la giurisprudenza non esige la perfetta identità tra il prodotto di riferimento e il prodotto importato parallelamente, quest’ultimo potrebbe presentare talune differenze rispetto al primo, sotto il profilo tanto della sua composizione quanto del suo confezionamento, della sua etichettatura o del suo imballaggio. Senza una completa valutazione nello Stato membro di esportazione, le autorità dello Stato membro di importazione potrebbero non disporre di tutte le informazioni necessarie al raffronto tra il prodotto di cui trattasi e il prodotto di riferimento, autorizzato nel territorio di quest’ultimo Stato. Nel caso di un prodotto oggetto di importazioni parallele successive, vi sarebbe addirittura un rischio di differenziazione rilevante tra tale prodotto e il prodotto di riferimento nel primo Stato membro di esportazione.

27.      Il governo francese sottolinea come la posizione da esso difesa sia stata adottata dalla Commissione nei suoi orientamenti sul commercio parallelo dei prodotti fitosanitari in base al regolamento n. 1107/2009 (14) (in prosieguo: gli «orientamenti sul commercio parallelo»), in cui afferma che un permesso di importazione parallela sulla base dell’articolo 52 del regolamento stesso non può essere rilasciato per un prodotto che sia stato, a sua volta, oggetto di importazione parallela.

28.      Infine, il governo francese rileva che il regime relativo all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari ai fini del commercio parallelo rappresenta un’eccezione al principio, sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, secondo cui nessun prodotto fitosanitario può essere immesso in commercio e utilizzato in uno Stato membro senza il previo rilascio un’AIC da parte delle autorità di tale Stato, conformemente alle disposizioni della direttiva. In forza del principio di interpretazione restrittiva delle eccezioni, l’applicazione di un siffatto regime non dovrebbe essere estesa ai prodotti oggetto di importazioni parallele successive.

29.      Nelle sue osservazioni scritte la Commissione sottolinea preliminarmente che, benché non applicabile ratione temporis al caso in esame, l’articolo 52 del regolamento n. 1107/2009, che disciplina la procedura semplificata di concessione dei permessi di commercio parallelo, può fungere da supporto interpretativo per risolvere la questione proposta dal Conseil d’État.

30.      Essa rammenta che dalla giurisprudenza, e segnatamente dalla sentenza British Agrochemicals Association (15), risulta che le disposizioni della direttiva non sono applicabili all’importazione parallela di un prodotto fitosanitario e che, di conseguenza, una siffatta importazione deve essere analizzata sulla base degli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, mentre gli Stati membri sono comunque tenuti a garantire il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dalla direttiva. Essa afferma che dalla sentenza Escalier e Bonnarel (16) emerge, segnatamente, che un prodotto fitosanitario importato deve essere considerato come già autorizzato nello Stato membro di importazione se in tale Stato è già stata rilasciata un’AIC per un prodotto identico, a meno che non vi ostino esigenze di tutela efficace della salute dell’uomo e degli animali, nonché dell’ambiente. Per analogia rispetto ad una situazione di importazione parallela «semplice», nel caso di un’importazione parallela «doppia», come nella fattispecie, sarebbe necessario e sufficiente che le autorità nazionali si accertassero dell’identità del prodotto in questione con il prodotto che ha già ottenuto un’AIC in conformità alla direttiva. Il diniego assoluto di importazione del prodotto in questione sarebbe un limite particolarmente grave alla libera circolazione delle merci, che andrebbe ben oltre un controllo volto a garantire l’identità di tale prodotto con un prodotto di riferimento, identità che peraltro non sarebbe stata messa in discussione dalle autorità francesi nella fattispecie.

31.      All’udienza la Commissione ha precisato la propria argomentazione, spiegando che una situazione quale quella di cui trattasi, ove un prodotto che è stato oggetto di importazione parallela in uno Stato membro viene reimportato, a partire da tale Stato, nello Stato membro da cui era stato esportato in precedenza, si distingue da una situazione classica di doppia importazione che coinvolge tre Stati membri. A suo modo di vedere, gli articoli 34 TFUE e 36 TFUE ostano ad una disciplina nazionale quale quella della fattispecie, che sottopone il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio a titolo di importazione parallela al requisito che il prodotto reimportato benefici, nello Stato d’esportazione, di un’AIC rilasciata in conformità alla direttiva.

V –    Analisi giuridica

32.      Con la sua questione pregiudiziale, il Conseil d’État chiede, in sostanza, alla Corte se gli articoli 34 TFUE e 36 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disciplina nazionale che esclude il rilascio di un’autorizzazione di importazione parallela ad un prodotto fitosanitario che non benefici, nello Stato membro d’esportazione, di un’AIC rilasciata in base alla direttiva, bensì fruisca semplicemente di un’autorizzazione di importazione parallela.

A –    Osservazioni preliminari

33.      A norma degli articoli 9 TFUE e 11 TFUE, nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la tutela della salute umana e dell’ambiente. La tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali rappresenta peraltro uno dei motivi di interesse generale elencati dall’articolo 36 TFUE che possono giustificare misure nazionali atte ad ostacolare il commercio tra gli Stati membri. Del pari, secondo la giurisprudenza, possono costituire una giustificazione in tal senso ragioni imperative attinenti alla tutela ambientale (17). I prodotti fitosanitari, destinati a proteggere i vegetali dagli organismi nocivi nonché ad eliminare le piante indesiderate (18), non hanno unicamente ripercussioni favorevoli sulla produzione vegetale e il loro impiego può comportare rischi e pericoli per l’uomo, per gli animali e per l’ambiente. La loro immissione in commercio richiede quindi un’analisi preliminare della loro sicurezza, della loro innocuità e della loro efficacia.

34.      Il commercio parallelo, così denominato in quanto si svolge al di fuori e parallelamente alle reti distributive realizzate dai produttori o dai fornitori, consiste nell’importare, sul territorio di uno Stato membro, nel quale un prodotto presenta un prezzo elevato, un medesimo prodotto preparato o acquistato in un altro Stato membro, in cui il prezzo d’acquisto sia minore, al fine di realizzare un utile. Poiché riguarda esclusivamente prodotti autentici, giocando sulle differenze di prezzo, il commercio parallelo deve distinguersi dal commercio fraudolento di prodotti contraffatti (19).

35.      La Corte ha sviluppato un orientamento piuttosto favorevole alle importazioni parallele, essendo queste considerate come uno dei fattori di integrazione del mercato, prova della vivacità della concorrenza. Il commercio parallelo crea infatti, in linea di principio, una concorrenza sana, offre ai consumatori riduzioni di prezzo e deriva direttamente dallo sviluppo del mercato interno, che garantisce la libera circolazione delle merci (20). Pertanto, le importazioni parallele godono di una certa protezione nel diritto dell’Unione, in quanto favoriscono lo sviluppo degli scambi e il rafforzamento della concorrenza (21).

36.      Poiché una tale protezione non può essere concessa a scapito dei motivi imperativi attinenti alla salute e alla tutela dell’ambiente, esiste una necessaria tensione tra i diversi obiettivi sopra elencati (e tra i soggiacenti interessi economici antagonisti), di cui la presente causa rappresenta un valido esempio. Essa impone la ricerca, tra tali differenti obiettivi e interessi, di un equilibrio spesso delicato da individuare. La ricerca di un equilibrio siffatto si pone alla base della giurisprudenza della Corte sinteticamente esposta nei paragrafi seguenti.

B –    Richiamo della giurisprudenza in materia di autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti fitosanitari a titolo di importazione parallela

37.      Contrariamente al regolamento n. 1107/2009, la direttiva non contiene alcuna disposizione riguardante il commercio parallelo di prodotti fitosanitari. È in occasione della sentenza British Agrochemicals Association (22) che la Corte ha affrontato per la prima volta questa tematica, trasponendo, mutatis mutandis, nel contesto del commercio di prodotti fitosanitari il ragionamento da essa svolto in ordine ai prodotti farmaceutici nelle sue sentenze De Peijper (23) e Smith & Nephew e Primecrown (24). Poiché gli obiettivi di tutela della sanità pubblica e di eliminazione degli ostacoli agli scambi perseguiti dalle direttive riguardanti i prodotti farmaceutici (25) e fitosanitari sono relativamente simili, la Corte ha tracciato taluni paralleli tra i due regimi di autorizzazione (26).

38.      La Corte ha così statuito che le disposizioni della direttiva non sono applicabili «nel caso in cui l’importazione in uno Stato membro di un prodotto fitosanitario che fruisca di un’AIC rilasciata conformemente alle disposizioni della direttiva in un altro Stato membro costituisca un’importazione parallela rispetto a un prodotto fitosanitario che fruisce già di un’AIC nello Stato membro d’importazione» (27), ma che una tale situazione è disciplinata dalle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci. La Corte afferma che, «in presenza di due AIC rilasciate conformemente alla direttiva, le finalità di tutela della salute delle persone e degli animali nonché di tutela ambientale da essa perseguite non assumono la stessa rilevanza», sicché «[i]n una situazione del genere l’applicazione delle disposizioni della direttiva concernenti le modalità di rilascio di un’AIC eccederebbe quanto necessario per il perseguimento delle dette finalità e rischierebbe di pregiudicare ingiustificatamente il principio della libera circolazione delle merci sancito dall’art. 30 del Trattato [34 TFUE]» (28).

39.      Muovendo da tali premesse, la Corte ha posto in essere una procedura «semplificata» di autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti fitosanitari a titolo d’importazione parallela, nel cui ambito spetta all’autorità competente dello Stato membro d’importazione verificare che il prodotto da importare, «pur non essendo identico sotto tutti gli aspetti ad un prodotto già autorizzato nel territorio dello Stato membro d’importazione, quanto meno ha la stessa origine del detto prodotto nel senso che è stato fabbricato dalla stessa impresa o da un’impresa collegata o licenziataria, sulla scorta della medesima formula, è stato fabbricato utilizzando la stessa sostanza attiva e produce inoltre gli stessi effetti tenuto conto delle differenze che possono sussistere quanto alle condizioni agricole, fitosanitarie e ambientali, in particolare climatiche, inerenti all’uso del prodotto» (29). Qualora, in esito all’esame svolto dall’autorità competente dello Stato membro d’importazione, quest’ultima accerti la conformità a tutti i criteri sopra illustrati, «il prodotto fitosanitario da importare dev’essere considerato già immesso in commercio nello Stato membro d’importazione e pertanto deve poter fruire dell’AIC rilasciata al prodotto fitosanitario già presente sul mercato, a meno che non vi ostino esigenze di tutela efficace della salute dell’uomo e degli animali nonché di tutela ambientale» (30).

40.      Detti principi sono stati confermati nella sentenza Escalier e Bonnarel (31), in cui la Corte ha rilevato che anche un operatore che importi prodotti fitosanitari esclusivamente per il fabbisogno della sua azienda agricola, e non ai fini della loro immissione in commercio, è tenuto a dotarsi dell’autorizzazione di importazione parallela secondo la procedura semplificata descritta nella sentenza British Agrochemicals Association. La Corte ha nuovamente confermato la propria giurisprudenza in occasione di un ricorso per inadempimento contro la Repubblica francese, la cui legislazione limitava, ad avviso della Commissione indebitamente, il beneficio della procedura semplificata di autorizzazione di importazione parallela dei prodotti fitosanitari alle sole ipotesi in cui il prodotto di importazione e il prodotto di riferimento avessero un’origine comune (32). Nel respingere il ricorso, essa ha in particolare precisato che, «[p]er verificare se un prodotto autorizzato in un altro Stato membro secondo la direttiva (…) debba essere considerato come già autorizzato nello Stato membro d’importazione, è compito delle autorità competenti di tale Stato membro, in primo luogo, verificare se l’importazione (…) costituisca un’importazione parallela rispetto ad un prodotto che già beneficia di un’AIC nello Stato membro d’importazione e, in secondo luogo, esaminare, su richiesta degli interessati, se il prodotto di cui trattasi possa beneficiare dell’AIC rilasciata a vantaggio di un prodotto fitosanitario già presente sul mercato di tale Stato» (33).

C –    Analisi della questione pregiudiziale

41.      Emerge dalla sintetica esposizione che precede che la procedura semplificata di autorizzazione all’immissione in commercio o all’impiego di un prodotto importato parallelamente rispetto al prodotto di riferimento si fonda sul postulato secondo cui, con il ricorrere di talune condizioni, il prodotto da importare non necessita di alcuna AIC, in quanto «dev’essere considerato già immesso in commercio nello Stato membro d’importazione» (34).

42.      In tal senso, non sono convinto che la giurisprudenza sopra citata debba essere interpretata, come suggerito dal governo francese nelle sue osservazioni, come una deroga o un’eccezione al principio enunciato dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, secondo cui nessun prodotto fitosanitario può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza previa autorizzazione da parte delle autorità di tale Stato, conformemente alle disposizioni della direttiva. Mi sembra piuttosto che essa vada interpretata come un’applicazione di tale principio a situazioni non contemplate dalla direttiva e che permangono disciplinate, a livello del diritto dell’Unione, dalle sole disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci. Emerge infatti chiaramente da tale giurisprudenza che la finalità della procedura di controllo semplificato è verificare se sia possibile concedere al prodotto da importare il beneficio dell’AIC rilasciata a vantaggio di un prodotto già presente sul mercato di tale Stato (35). In tal caso, quindi, è sotto la copertura di tale AIC, conforme alla direttiva, che il prodotto importato può essere commercializzato e utilizzato nello Stato membro d’importazione. Una siffatta interpretazione risulta peraltro dal punto 29 della sentenza Escalier e Bonnarel, ove la Corte precisa che gli Stati membri devono procedere alle verifiche richieste nell’ambito della procedura di controllo semplificata, «poiché sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dalla direttiva» (36).

43.      In tale contesto, la giurisprudenza sopra citata ha precisato che un prodotto fitosanitario introdotto sul territorio di uno Stato membro con un’importazione parallela non beneficia «né automaticamente né in maniera assoluta e incondizionata dell’AIC rilasciata per un prodotto fitosanitario già presente sul mercato di tale Stato» (37). In primo luogo, ciascun importatore deve ottenere un’autorizzazione rilasciata all’esito di una procedura di controllo, indipendentemente dal fatto che il prodotto sia o meno importato ai fini della sua commercializzazione. In secondo luogo, il prodotto importato deve soddisfare talune condizioni intese ad accertare la sua identità con il prodotto di riferimento. In terzo luogo, anche qualora tali condizioni risultino soddisfatte, al prodotto importato può essere negata la possibilità di fruire dell’AIC rilasciata al prodotto di riferimento se vi ostino esigenze di tutela efficace della salute umana e degli animali nonché di tutela dell’ambiente (38).

44.      In tale ambito, la verifica dell’identità tra il prodotto da importare e il prodotto di riferimento riveste un ruolo fondamentale, in quanto solo a fronte dell’accertamento di tale identità il prodotto può essere considerato come già autorizzato nello Stato membro di importazione e può quindi fruire dell’AIC del prodotto di riferimento. Il meccanismo di controllo istituito dalla sentenza British Agrochemicals Association si basa infatti sull’idea che, se il prodotto da importare può essere considerato identico a quello di riferimento, e se non sussistono ragioni basate sulla tutela della salute dell’uomo o degli animali nonché dell’ambiente che ostino al fatto che questo benefici dell’AIC rilasciata per quest’ultimo prodotto, sottoporre l’importazione alla condizione che il prodotto da importare sia oggetto di una procedura d’esame ai sensi dell’articolo 4 della direttiva costituirebbe una restrizione agli scambi tra Stati membri vietata dall’articolo 34 TFUE. Solo qualora sia esclusa o non possa essere accertata l’identità tra il prodotto da importare e il prodotto di riferimento, le autorità dello Stato membro di importazione saranno legittimate a pretendere (o meglio, saranno tenute a pretendere), ai fini dell’autorizzazione dell’importazione, l’osservanza delle condizioni enunciate dalla direttiva (39).

45.      Nella presente causa si pone la questione se possano fruire della procedura di controllo semplificata sopra descritta solamente i prodotti fitosanitari che sono stati autorizzati ai sensi delle disposizioni della direttiva nello Stato membro di esportazione.

46.      Ad avviso del governo francese, dalla giurisprudenza sopra citata emerge una risposta negativa a tale questione. Contrariamente a tale governo, non ritengo che da tale giurisprudenza possano trarsi indicazioni chiare in tal senso, né, peraltro, in senso contrario.

47.      Infatti, sino ad oggi la Corte è stata confrontata esclusivamente a situazioni in cui i prodotti importati parallelamente fruivano, nello Stato di esportazione, di un’AIC conforme alla direttiva, il che può, a mio avviso, spiegare la terminologia adottata dalla Corte in vari passaggi delle sentenze citate ai precedenti paragrafi da 37 a 39, che sembrano effettivamente circoscrivere l’applicazione della procedura di controllo semplificato alle sole situazioni di questo genere (40). Peraltro, se la denuncia all’origine del ricorso nella causa Commissione/Francia (EU:C:2008:104) riguardava effettivamente una situazione di «doppia importazione» − poiché il prodotto in questione era stato importato parallelamente una prima volta dalla Germania in Austria e una seconda volta dall’Austria in Francia − (41), l’inadempimento contestato alla Repubblica francese verteva sul requisito dell’origine comune del prodotto importato e del prodotto di riferimento, sicché sia il dibattito tra le parti sia la sentenza della Corte hanno avuto ad oggetto solamente tale aspetto (42).

48.      Nella sentenza British Agrochemicals Association, la Corte ha escluso che un prodotto fitosanitario proveniente da un paese terzo, che non beneficia quindi di un’AIC rilasciata secondo le disposizioni della direttiva, possa essere immesso in commercio in uno Stato membro a titolo di importazione parallela secondo la procedura di controllo semplificata, benché sia stata accertata la sua identità con un prodotto già autorizzato in tale Stato. Argomentando a contrario, si potrebbe concludere che, oltre alle condizioni e ai limiti elencati al precedente paragrafo 43, la giurisprudenza richiede altresì, affinché un prodotto importato parallelamente possa fruire dell’AIC rilasciata a vantaggio del prodotto di riferimento, che questo sia stato autorizzato secondo le disposizioni della direttiva nello Stato membro o nello Stato SEE da cui proviene.

49.      Ritengo, tuttavia, che una simile conclusione sia eccessiva. Infatti, escludendo le importazioni parallele provenienti da paesi terzi dalla procedura di controllo semplificata, la Corte ha inteso, a mio avviso, riservare l’applicazione di tale procedura ai soli prodotti che sono già stati immessi in commercio legalmente in uno Stato membro e che beneficiano delle disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle merci (43). Tale limitazione è essenzialmente giustificata dal fatto che, in mancanza di armonizzazione a livello internazionale delle condizioni in cui i prodotti fitosanitari possono essere immessi in commercio, i prodotti provenienti dai paesi terzi non offrono le stesse garanzie, quanto alla tutela della sanità pubblica e degli animali, nonché dell’ambiente, rispetto ai prodotti soggetti al sistema armonizzato di autorizzazione attuato a livello dell’Unione (44). Orbene, i prodotti che hanno ottenuto un’autorizzazione all’importazione parallela rilasciata da uno Stato membro in base alla procedura di controllo semplificata rientrano in un sistema siffatto ed offrono, in linea di principio, le stesse garanzie di quelli che fruiscono di un’AIC rilasciata in conformità alla direttiva. Ancorché non siano stati oggetto di una procedura di autorizzazione sulla base delle disposizioni della direttiva nello Stato membro in cui sono stati importati parallelamente, detti prodotti sono stati comunque sottoposti ad una tale procedura nello Stato membro in cui sono stati, per la prima volta, immessi nel mercato nell’Unione.

50.      Il governo francese giustifica il diniego di autorizzazione dell’importazione parallela di prodotti fitosanitari che fruiscono solo di un’autorizzazione di importazione parallela nello Stato membro di esportazione affermando che tali prodotti non offrono le stesse garanzie di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente rispetto ai prodotti autorizzati secondo le disposizioni della direttiva. Essi potrebbero infatti presentare differenze di formulazione, di confezionamento, di etichettatura e di imballaggio rispetto al prodotto di riferimento autorizzato nello Stato membro di esportazione, con la conseguenza che le autorità dello Stato membro di importazione «possono non disporre di tutti gli elementi necessari al raffronto tra tal(i) prodott(i) e il prodotto di riferimento da esse autorizzato».

51.      Come ho precisato supra, il rilascio di un’autorizzazione di importazione parallela è subordinato alla verifica dell’identità tra il prodotto da importare e il prodotto di riferimento autorizzato nello Stato di importazione. Come giustamente affermato dal governo francese, tale verifica è possibile solo qualora le autorità dello Stato membro di importazione dispongano di tutte le informazioni necessarie a tal fine.

52.      Orbene, come sottolineato a più riprese dalla Corte, dette autorità dispongono normalmente di mezzi legislativi ed amministrativi atti ad imporre al produttore, al suo legale rappresentante o al licenziatario del prodotto fitosanitario che fruisce già di un’AIC, di fornire le informazioni di cui dispongono e che reputino necessarie (45). Esse possono inoltre accedere ai documenti depositati nell’ambito della domanda di AIC del prodotto stesso, (46) nonché chiedere informazioni alle autorità dello Stato membro in cui il prodotto da importare è stato autorizzato (47). Se tale prodotto è stato autorizzato esclusivamente a titolo di importazione parallela, siffatte informazioni possono vertere tanto sul prodotto stesso quanto su quello che è valso come prodotto di riferimento ai fini dell’importazione parallela. Nell’ambito del sistema di scambio di informazioni instaurato dalla direttiva, possono essere inoltre ottenute informazioni dallo Stato membro dal quale il prodotto è stato esportato per la prima volta e in cui esso beneficia di un’AIC conforme alla direttiva. Peraltro, in circostanze quali quelle della fattispecie, in cui un prodotto autorizzato in uno Stato membro conformemente alla direttiva viene importato parallelamente in tale Stato dopo essere stato esportato ed importato parallelamente in un altro Stato membro, le informazioni necessarie al compimento delle verifiche richieste nell’ambito della procedura di controllo semplificato dovrebbero essere, in linea di principio, più semplici da reperire, posto che il prodotto di riferimento nello Stato di importazione coincide con quello che è stato oggetto della prima esportazione.

53.      Alla luce di quanto sopra, un divieto assoluto di importazione parallela di prodotti fitosanitari che sono stati oggetto di importazione parallela nello Stato membro di esportazione, quale quello vigente in Francia, basato su una presunta sistematica insufficienza dei dati che possono essere messi a disposizione dello Stato di importazione o sulla semplice «possibilità» di una simile insufficienza, non può essere giustificato, quanto meno nel caso di «reimportazione parallela» come nella fattispecie.

54.      Per quanto concerne, in particolare, le informazioni riguardanti non tanto la sostanza attiva del prodotto da importare o la sua origine, quanto i suoi coformulanti nonché il suo confezionamento, la sua etichettatura e il suo imballaggio, è certamente vero che, come sostenuto dal governo francese, tali informazioni non vengono necessariamente raccolte durante le verifiche di cui alla procedura di controllo semplificata posta in essere dalla giurisprudenza sopra citata, (48), dal momento che tale procedura mira unicamente a stabilire se il prodotto importato parallelamente possa beneficiare dell’AIC rilasciata al prodotto di riferimento.

55.      Rilevo tuttavia, in primo luogo, che questa sola circostanza non esclude che tali informazioni possano essere state comunque acquisite in occasione di tali verifiche (49) o che esse possano essere state ottenute dallo Stato membro in cui il prodotto viene importato, ad esempio facendo ricorso al fascicolo depositato in occasione della domanda di AIC nello Stato membro a partire dal quale il prodotto è stato esportato per la prima volta. In caso di reimportazione parallela di un prodotto, tali informazioni possono essere agevolmente reperite, in linea di principio, nel fascicolo del prodotto di riferimento nello Stato di reimportazione.

56.      Sottolineo, in secondo luogo, che la disciplina riguardante le importazioni parallele di prodotti fitosanitari vigente in Francia alla data della decisione di diniego non prevedeva che le verifiche nell’ambito della procedura semplificata di autorizzazione vertessero altresì sui coformulanti ovvero sul confezionamento del prodotto da importare, dal momento che l’oggetto di tali verifiche si limitava a quanto richiesto dalla sentenza British Agrochemicals Association. Ne consegue che non era richiesto alcun controllo in merito a tali elementi nel momento in cui l’AFSSA ha rilasciato il suo parere riguardante l’autorizzazione all’importazione parallela del prodotto di cui trattasi nel procedimento principale.

57.      In terzo luogo, qualora, all’esito della procedura di controllo, le autorità dello Stato membro di importazione dovessero concludere, in base agli elementi a loro disposizione, che il prodotto da autorizzare ha subìto, in occasione di precedenti importazioni parallele, modifiche tali da non poter più essere considerato costitutivo di un’importazione parallela rispetto al prodotto di riferimento, ovvero qualora dovessero ritenere che i dati disponibili non siano sufficienti ad accertare la sua identità con il prodotto di riferimento, o ancora nel caso in cui dovessero stabilire che il prodotto stesso non garantisce un livello adeguato di tutela della salute umana o animale o dell’ambiente, esse sarebbero legittimate a respingere la domanda di autorizzazione all’importazione.

58.      Alla luce di quanto sopra, neppure gli argomenti formulati dal governo francese in merito all’asserita difficoltà di misurare l’impatto negativo potenziale delle eventuali modifiche che un prodotto oggetto di successive importazioni parallele potrebbe aver subìto quanto alla sua formulazione e/o al suo confezionamento possono giustificare un divieto assoluto di reimportazione, quanto meno in un caso quale quello di cui trattasi.

59.      Un divieto assoluto di importazione di un determinato prodotto ricade, per definizione, nell’ambito d’applicazione dell’articolo 34 TFUE e rappresenta la misura più restrittiva per la libera circolazione delle merci che uno Stato membro possa adottare nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 36 TFUE. Il diniego sistematico, da parte delle autorità dello Stato membro interessato, di rilasciare il permesso richiesto per l’importazione di prodotti soggetti a regimi di autorizzazione amministrativa ai fini della loro commercializzazione e utilizzazione in tale Stato membro rappresenta una misura di effetto equivalente ad un divieto siffatto. In termini generali, un divieto di importazione o di utilizzo avente un tale carattere assoluto non può essere considerato proporzionato qualora esistano misure alternative idonee, anch’esse, a realizzare gli obiettivi perseguiti dallo Stato membro interessato, ma aventi un effetto meno restrittivo sul commercio all’interno dell’Unione (50). Come giustamente ricordato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, nella sentenza Escalier e Bonnarel (EU:C:2007:659), la Corte ha precisato che, anche se spetta alle competenti autorità nazionali «vegliare sulla stretta osservanza dell’obiettivo essenziale della normativa comunitaria, che consiste nella tutela della salute umana e animale, nonché dell’ambiente», «il principio di proporzionalità impone, per salvaguardare la libera circolazione delle merci, che la normativa in esame sia applicata limitatamente a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute umana ed animale legittimamente perseguiti».

60.      Orbene, per tutte le ragioni sopra esposte, sono del parere che la normativa nazionale di cui trattasi, laddove esclude il rilascio di un’autorizzazione di importazione parallela sulla base della procedura semplificata di controllo prevista dalla giurisprudenza British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129) ai prodotti fitosanitari provenienti da un altro Stato membro, ove sono stati importati parallelamente a partire dalla Francia, impedendo quindi la loro reimportazione in tale Stato membro, vada oltre quanto necessario ai fini della tutela della salute umana o animale nonché dell’ambiente.

VI – Conclusione

61.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di risolvere la questione posta dal Conseil d’État nei seguenti termini:

«Gli articoli 34 TFUE e 36 TFUE ostano alla normativa di uno Stato membro che sottoponga il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio a titolo d’importazione parallela ad un prodotto fitosanitario reimportato in tale Stato membro, dopo essere stato importato parallelamente in un altro Stato membro, alla condizione che esso benefici, nello Stato di esportazione, di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata in conformità alle disposizioni della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Direttiva del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1). La direttiva 91/414 è stata più volte modificata e quindi abrogata dal regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU L 309, pag. 1).


3 – Ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva, per «prodotti fitosanitari» si intendono «le sostanze attive e i preparati contenenti una o più sostanze attive, presentate nella forma in cui vengono consegnate all’utilizzatore» e destinate a svolgere le funzioni elencate nella disposizione stessa.


4 – Considerando 5 e 6.


5 – V., segnatamente, considerando 9.


6 – Articolo 2, punto 10, secondo periodo.


7 – Vale a dire, se: «a) siano stati fabbricati dalla stessa impresa o da un’impresa associata ovvero sotto licenza secondo lo stesso processo di fabbricazione; b) siano identici nella specifica e nel contenuto delle sostanze attive, degli antidoti agronomici e dei sinergizzanti, e per tipo di formulazione; e c) siano uguali o equivalenti nei coformulanti presenti e nelle dimensioni, nel materiale o nella forma dell’imballaggio, in termini di potenziale impatto negativo sulla sicurezza del prodotto per quanto riguarda la salute umana o animale o l’ambiente».


8 – Versione vigente dal 31 dicembre 2006 al 14 luglio 2010.


9 – Versione vigente dal 20 marzo 2007 al 1° luglio 2012.


10 – Versione vigente dal 20 marzo 2007 al 1° luglio 2012.


11 – Versione vigente dal 23 settembre 2006.


12 – Titolare dell’autorizzazione era la società Agrotech Trading GmbH. Il prodotto di riferimento nel Regno Unito era il prodotto Cerone, la cui AIC era stata ottenuta dalla Bayer Cropscience Ltd.


13 – In applicazione dell’articolo R. 351‑2 del code de justice administrative (codice di procedura amministrativa).


14 – «Guidance document concerning the parallel trade of plant protection products» DG SANCO/10524/2012 del 31 maggio 2012, in particolare pag. 4.


15 – C‑100/96, EU:C:1999:129.


16 – C‑260/06 e C‑261/06, EU:C:2007:659.


17 – V., da ultimo, sentenza Commissione/Austria (C‑28/09, EU:C:2011:854, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).


18 – V. articolo 2, paragrafo 1, della direttiva.


19 – Il regime d’autorizzazione amministrativa cui sono sottoposti i prodotti fitosanitari, che implica che un determinato prodotto possa essere autorizzato in taluni Stati membri e non in altri, ha determinato la comparsa, nello Spazio economico europeo (SEE), di traffici trasversali e di contraffazioni. In base ad una relazione del 2006 dell’Associazione europea per la tutela delle colture (ECPA), la vendita di prodotti contraffatti rappresenta dal 5 al 7% del mercato europeo dei prodotti fitosanitari, v. ECPA Position Paper: Counterfeiting and Illegal Trade in Plant Protection Products Across the EU and European Region, Brussels August 2006 ECPA, ref 15020.


20 – V. DG «Imprese e industria» della Commissione, guida all’applicazione delle disposizioni del trattato di Lisbona sulla libera circolazione delle merci, 2010, pag. 24, disponibile sul sito Internet: http://ec.europa.eu/enterprise/policies/single‑market‑goods/files/goods/docs/art.34‑36/new_guide_fr.pdf.


21 – Sentenze Sot. Lélos kai Sia e a. (da C‑468/06 a C‑478/06, EU:C:2008:504, punto 37); X (C‑373/90, EU:C:1992:17, punto 12), nonché conclusioni dell’avvocato generale Tesauro in tale causa (EU:C:1991:408, paragrafi 5 e 6).


22 – EU:C:1999:129.


23 – 104/75, EU:C:1976:67. Nella citata sentenza la Corte ha dichiarato, nel contesto degli articoli 30 e 36 del Trattato CEE, che, se le autorità sanitarie dello Stato membro d’importazione sono già in possesso, a seguito di una precedente importazione che ha dato luogo alla concessione da parte loro di un’AIC, di tutte le indicazioni ai fini del controllo dell’efficacia e dell’innocuità di un medicinale, risulta ovviamente superfluo che dette autorità, per proteggere la salute e la vita delle persone, esigano il deposito degli stessi dati da un secondo operatore che importi un medicinale assolutamente identico o le cui differenze non hanno incidenza terapeutica.


24 – C‑201/94, EU:C:1996:432. In tale sentenza la Corte ha stabilito che la direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, 22, pag. 369), non era applicabile ad una specialità medicinale che fruisce di un’AIC in uno Stato membro e la cui importazione in un altro Stato membro costituisce un’importazione parallela rispetto a una specialità medicinale che già fruisce di un’AIC in questo altro Stato membro, in quanto in tale ipotesi la specialità medicinale importata non può essere considerata come immessa per la prima volta in commercio nello Stato membro di importazione.


25 – Direttiva 65/65.


26 – Sentenza British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129, punto 30); v. altresì sentenza Commissione/Germania (C‑114/04, EU:C:2005:471, punto 24).


27 – Sentenza British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129, punto 31).


28 – Ibidem (punto 32).


29 – Punto 40.


30 – Punto 36.


31 – EU:C:2007:659.


32 – Sentenza Commissione/Francia (C‑201/06, EU:C:2008:104).


33 – Punto 37. A differenza di quanto affermato nella sua sentenza Kohlpharma (C‑112/02, EU:C:2004:208, punto 21) in materia di importazione di prodotti farmaceutici, la Corte ha concluso che la Repubblica francese era legittimata a esigere, ai fini della concessione di un’autorizzazione di importazione parallela di un prodotto fitosanitario, che tale prodotto e quello già autorizzato in tale Stato membro avessero un’origine comune. Secondo la Corte, quando tali prodotti non hanno un’origine comune, ma sono stati fabbricati da due imprese concorrenti, «il prodotto d’importazione deve, a priori, essere considerato distinto dal prodotto di riferimento e, di conseguenza, come immesso per la prima volta sul mercato dello Stato membro d’importazione».


34 – V. sentenza British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129, punto 36); v., altresì, sentenza Escalier e Bonnarel (EU:C:2007:659, punto 32).


35 – V., segnatamente, sentenza Escalier e Bonnarel (EU:C:2007:659, punto 32).


36 – Il corsivo è mio. V., inoltre, punto 35 della medesima sentenza. Segnalo tuttavia che la sentenza British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129, punto 36) sembra piuttosto porsi in un’ottica di regola/eccezione: v. in tal senso, ad esempio, il punto 41.


37 – Sentenza Escalier e Bonnarel (EU:C:2007:659, punto 30).


38 – Ibidem.


39 – V, sentenze Escalier e Bonnarel (EU:C:2007:659, punto 30) nonché British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129, punto 37).


40 – In altri passaggi, tuttavia, la Corte si riferisce più genericamente a prodotti [già autorizzati in un altro Stato membro] (v., ad esempio, sentenza Escalier e Bonnarel, EU:C:2007:659, punto 28).


41 – Paragrafo 13 delle conclusioni dell’avvocato generale.


42 – Rilevo tuttavia come la Repubblica francese avesse inizialmente autorizzato l’immissione in commercio, a titolo di importazione parallela, del prodotto di cui trattasi, autorizzazione che era stata in seguito ritirata in ragione dei dubbi delle autorità francesi in merito all’origine comune di tale prodotto e del prodotto di riferimento.


43 – Punti 43 e 44.


44 – V. punti da 41 a 43.


45 – V. sentenze British Agrochemicals Association (EU:C:1999:129, punto 37); De Peijper (EU:C:1976:67, punto 27), nonché Smith & Nephew e Primecrown (EU:C:1996:432, punto 26).


46 – V. sentenza British Agrochemicals Association (punto 34).


47 – Rammento a tal proposito che la direttiva prevede, al suo articolo 9, paragrafo 5, che, su richiesta, gli Stati membri mettono a disposizione degli altri Stati membri i fascicoli che sono tenuti a costituire per ogni domanda di autorizzazione e forniscono loro tutte le informazioni necessarie per una piena comprensione delle domande stesse. Del resto, è su tale disposizione che l’AFSSA si è basata per ottenere le informazioni necessarie a verificare l’identità del prodotto Agrotech Ethephon con il prodotto di riferimento Cerone. Una procedura di scambio di informazioni tra Stati membri ad hoc è prevista dall’articolo 52 del regolamento n. 1107/2009.


48 – Rilevo incidentalmente che le condizioni per il rilascio di un permesso di commercio parallelo ai sensi dell’articolo 52 del regolamento n. 1107/2009 sono più rigorose rispetto a quelle definite dalla giurisprudenza British Agrochemicals Association. Al suo paragrafo 3, lettera b), tale disposizione prevede infatti che i prodotti fitosanitari siano considerati identici ai prodotti di riferimento qualora «siano uguali o equivalenti nei coformulanti presenti e nelle dimensioni, nel materiale o nella forma dell’imballaggio, in termini di potenziale impatto negativo sulla sicurezza del prodotto per quanto riguarda la salute umana o animale o l’ambiente».


49 – Come rilevato alla nota precedente, tali informazioni devono necessariamente essere contenute in una domanda di permesso di importazione parallela presentata a norma dell’articolo 52 del regolamento n. 1107/2009.


50 – V., ad esempio, sentenze Commissione/Belgio (C‑100/08, EU:C:2009:537) e Kakavetsos‑Fragkopoulos (C‑161/09, EU:C:2011:110).