Language of document : ECLI:EU:T:1998:99

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

14 maggio 1998 (1)

«Concorrenza - Art. 85, n. 1, del Trattato CE - Scambio d'informazioni - Ingiunzione - Ammenda - Determinazione dell'importo - Motivazione - Collaborazione nel corso del procedimento amministrativo»

Nella causa T-338/94,

Finnish Board Mills Association - Finnboard, associazione di categoria di diritto finlandese, con sede in Helsinki, rappresentato inizialmente dagli avv.ti Hans Hellmann e Hans-Joachim Voges, del foro di Colonia, quindi soltanto dall'avv. Hellmann, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio legale Loesch & Wolter, 11, Rue Goethe,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Bernd Langeheine e Richard Lyal, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Dirk Schroeder, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/C/33.833 - Cartoncino; GU L 243, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione ampliata),

composto dai signori B. Vesterdorf, presidente, C.P. Briët, dalla signora P. Lindh, dai signori A. Potocki e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 giugno 1997 8 luglio 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

1.
     La presente causa verte sulla decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/C/33.833 - Cartoncino; GU L 243, pag. 1, in prosieguo: la «decisione»), rettificata prima della pubblicazione con decisione della Commissione 26 luglio 1994 [C(94) 2135 def.] (in prosieguo: la «decisione»). La decisione ha inflitto un'ammenda a 19 produttori che forniscono cartoncino nella Comunità, riconosciuti responsabili di violazioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

2.
    Il prodotto oggetto della decisione è il cartoncino. La decisione fa menzione di tre tipi di cartoncino, indicati come appartenenti alle qualità «GC», «GD» e «SBS».

3.
    Il cartoncino di qualità GD (in prosieguo: il «cartoncino GD») è un cartoncino con centro grigio (carta riciclata), utilizzato di solito per l'imballaggio di prodotti non alimentari.

4.
    Il cartoncino di qualità GC (in prosieguo: il «cartoncino GC») è un cartoncino con uno strato superficiale bianco, utilizzato generalmente per l'imballaggio di prodotti alimentari. Il cartoncino GC è di qualità superiore al cartoncino GD. Nel periodo esaminato dalla decisione, è stato registrato di regola un divario di prezzi del 30% circa tra questi due prodotti. Il cartoncino GC di alta qualità viene utilizzato, in misura minore, nel settore della grafica.

5.
    La sigla SBS designa il cartoncino interamente bianco (in prosieguo: il «cartoncino SBS»). Si tratta di un prodotto il cui prezzo supera del 20% circa il prezzo del cartoncino GC. Esso viene utilizzato per l'imballaggio dei prodotti alimentari, dei cosmetici, dei farmaci e delle sigarette, ma è principalmente destinato al settore grafico.

6.
    Con lettera 22 novembre 1990 la British Printing Industries Federation, un'organizzazione di categoria che rappresenta la maggior parte dei produttori di cartone stampato nel Regno Unito (in prosieguo: la «BPIF»), presentava una denuncia informale alla Commissione. Essa affermava che i produttori di cartoncino che rifornivano il Regno Unito avevano introdotto una serie di aumenti di prezzo simultanei e uniformi e chiedeva alla Commissione di accertare l'esistenza di un'eventuale violazione delle regole comunitarie della concorrenza. Per dare pubblicità alla sua iniziativa, la BPIF emetteva un comunicato stampa. Il contenuto del comunicato veniva commentato dalla stampa specializzata nel corso del mese di dicembre 1990.

7.
    Il 12 dicembre 1990 la Fédération française du cartonnage presentava anch'essa una denuncia informale alla Commissione, formulando talune osservazioni relative al mercato francese del cartoncino in termini analoghi a quelli della denuncia depositata dalla BPIF.

8.
    Il 23 e il 24 aprile 1991 agenti incaricati dalla Commissione, ai sensi dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il «regolamento n. 17»), effettuavano accertamenti simultanei, senza comunicazione preventiva, presso le sedi di varie imprese e associazioni di categoria del settore del cartoncino.

9.
    In esito a tali accertamenti, la Commissione inviava una richiesta di informazioni e di documenti, a norma dell'art. 11 del regolamento n. 17, a tutti i destinatari della decisione.

10.
    Gli elementi acquisiti nell'ambito degli accertamenti e delle richieste di informazioni e documenti sopra menzionati inducevano la Commissione a concludere che, dalla metà del 1986 fino almeno all'aprile 1991 (nella maggior parte dei casi), le imprese interessate avevano partecipato ad una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

11.
    Di conseguenza, essa decideva di avviare un procedimento ai sensi di quest'ultima disposizione. Con lettera 21 dicembre 1992 essa inviava una comunicazione degli addebiti a ciascuna delle imprese interessate. Tutte le imprese destinatarie vi rispondevano per iscritto. Nove imprese chiedevano di essere sentite oralmente. L'audizione si svolgeva nei giorni 7-9 giugno 1993.

12.
    Al termine di tale procedimento la Commissione adottava la decisione, il cui dispositivo è del seguente tenore:

«Articolo 1

Buchmann GmbH, Cascades SA, Enso-Gutzeit Oy, Europa Carton AG, Finnboard - the Finnish Board Mills Association, Fiskeby Board AB, Gruber & Weber GmbH & Co. KG, Kartonfabriek De Eendracht NV (con denominazione commerciale BPB de Eendracht), NV Koninklijke KNP BT NV (ex Koninklijke Nederlandse Papierfabrieken NV), Laakmann Karton GmbH & Co. KG, Mo Och Domsjö AB (MoDo), Mayr-Melnhof Gesellschaft mbH, Papeteries de Lancey SA, Rena Kartonfabrik A/S, Sarrió SpA, SCA Holding Ldt [ex Reed Paper & Board (UK) Ltd], Stora Kopparbergs Bergslags AB, Enso Española SA (ex Tampella Española SA) e Moritz J. Weig GmbH & Co. KG hanno violato l'articolo 85, paragrafo 1 del trattato CE per aver partecipato:

-    nel caso di Buchmann e Rena dal marzo 1988 circa almeno sino alla fine del 1990,

-    nel caso di Enso Española almeno dal marzo 1988 sino almeno alla fine dell'aprile 1991,

-    nel caso di Gruber & Weber almeno dal 1988 sino agli ultimi mesi del 1990,

-    negli altri casi dalla metà del 1986 almeno fino all'aprile 1991,

ad un accordo ed a pratiche concordate risalenti alla metà del 1986 nell'ambito dei quali i fornitori di cartoncino nella Comunità:

-    hanno tenuto regolarmente una serie di riunioni segrete e istituzionalizzate per discutere e concordare un piano industriale comune volto a limitare la concorrenza;

-    hanno deciso aumenti periodici dei prezzi per ogni tipo di prodotto in ciascuna valuta nazionale;

-    hanno programmato e posto in atto aumenti simultanei ed uniformi di prezzo in tutta la Comunità;

-    hanno raggiunto un'intesa sul mantenimento a livello costante delle quote di mercato dei principali produttori (salve alcune modifiche occasionali);

-    hanno adottato (sempre più spesso a decorrere dall'inizio del 1990) misure concordate per controllare l'offerta del prodotto nella Comunità al fine di garantire l'applicazione dei predetti aumenti concordati di prezzo;

-    hanno scambiato informazioni commerciali in materia di consegne, prezzi, tempi di arresto degli impianti, portafoglio ordini inevasi e tasso di utilizzazione dei macchinari, a sostegno delle misure di cui sopra.

(...)

Articolo 3

Alle imprese qui di seguito menzionate vengono inflitte le seguenti ammende per le infrazioni di cui all'articolo 1:

(...)

v)    Finnboard - the Finnish Board Mills Association, un'ammenda di 20 000 000 di ECU, per la quale Oy Kyro AB è responsabile in solido con Finnboard per la somma di 3 000 000 di ECU, Metsä-Serla Oy per la somma di 7 000 000 di ECU, Tampella Corp. per la somma di 5 000 000 di ECU e United Paper Mill Ltd per la somma di 5 000 000 di ECU;

(...)».

13.
    Secondo la decisione, l'infrazione è stata commessa nell'ambito di un organismo denominato «Product Group Paperboard» (in prosieguo: il «PG Paperboard»), costituito da diversi gruppi o comitati.

14.
    Verso la metà del 1986 tale organismo veniva affiancato da un «Presidents Working Group» (in prosieguo: il «PWG»), che riuniva rappresentanti autorevoli dei maggiori produttori di cartoncino della Comunità (circa otto).

15.
    Le attività del PWG consistevano essenzialmente nella discussione e nella concertazione sui mercati, sulle quote di mercato, sui prezzi e sulle capacità. Esso adottava, in particolare, decisioni di massima sul calendario e sull'entità degli aumenti di prezzo applicabili dai produttori.

16.
    Il PWG riferiva alla «President Conference» (in prosieguo: la «PC»), alla quale partecipava (più o meno regolarmente) la quasi totalità dei direttori generali delle imprese interessate. Nel periodo di cui trattasi la PC si riuniva due volte all'anno.

17.
    Alla fine del 1987 veniva istituito il «Joint Marketing Committee» (in prosieguo: il «JMC»). Il suo compito principale consisteva, per un verso, nel determinare se, ed eventualmente come, potessero essere concretamente applicati aumenti di prezzo e, per l'altro, nel definire le modalità di svolgimento delle iniziative in materia di prezzi, decise dal PWG paese per paese e per i principali clienti, al fine di attuare un sistema di prezzi equivalenti in Europa.

18.
    Infine, l'«Economic Committee» (in prosieguo: il «COE») esaminava, in particolare, i movimenti dei prezzi sui mercati nazionali e il portafoglio ordini inevasi e sottoponeva le sue conclusioni al JMC o, fino alla fine del 1987, al predecessore del JMC, il Marketing Committee. Il COE era costituito dai direttori commerciali della maggior parte delle imprese in causa e si riuniva più volte all'anno.

19.
    Risulta inoltre dalla decisione che la Commissione ha accertato che le attività del PG Paperboard erano sostenute da uno scambio di informazioni organizzato dalla società fiduciaria Fides, con sede in Zurigo (Svizzera). Secondo la decisione, la maggior parte dei membri del PG Paperboard forniva alla Fides relazioni periodiche sugli ordinativi, la produzione, le vendite e l'utilizzazione delle capacità. Tali informazioni venivano elaborate nell'ambito del sistema Fides e i dati aggregati erano trasmessi ai partecipanti.

20.
    Il ricorrente, la Finnish Board Mills Association - Finnboard (in prosieguo: il «Finnboard») è un'associazione di categoria di diritto finlandese alla quale, nel 1991, aderivano sei società, tra le quali figuravano i produttori di cartoncino Oy Kyro AB, Metsä-Serla Oy, Tampella Corporation e United Paper Mills. Il Finnboard smercia nell'intera Comunità, in parte tramite sue controllate, il cartoncino prodotto da queste quattro società ad esso aderenti.

21.
    Secondo la decisione, esso ha, dalla metà del 1986 fino ad almeno l'aprile 1991, preso parte alla riunioni di tutti gli organismi del PG Paperboard. Un rappresentante del Finnboard ha rivestito, per circa due anni, la carica di presidente del PWG della PC.

Procedimento

22.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 ottobre 1994 il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

23.
    Sedici imprese, tra le diciotto ritenute responsabili dell'infrazione, hanno parimenti proposto un ricorso avverso la decisione (cause T-295/94, T-301/94, T-304/94, T-308/94, T-309/94, T-310/94, T-311/94, T-317/94, T-319/94, T-327/94, T-334/94, T-337/94, T-347/94, T-348/94, T-352/94 e T-354/94).

24.
    La ricorrente nella causa T-301/94, la Laakmann Karton GmbH, ha rinunciato agli atti con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 10 giugno 1996 e la causa è stata cancellata dal ruolo del Tribunale con ordinanza 18 luglio 1996, causa T-301/94, Laakmann Karton/Commissione (non pubblicata nella Raccolta).

25.
    Le quattro imprese finlandesi summenzionate, facenti capo al ricorrente e, a tale titolo, ritenute responsabili in solido del pagamento dell'ammenda inflitta a quest'ultimo, hanno impugnato anch'esse la decisione (cause riunite T-339/94, T-340/94, T-341/94 e T-342/94).

26.
    Infine, un ulteriore ricorso è stato proposto da un'associazione, la CEPI-Cartonboard, che non era tra i destinatari della decisione. Essa ha tuttavia rinunciato agli atti con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale l'8 gennaio 1997 e la causa è stata cancellata dal ruolo del Tribunale con ordinanza 6 marzo 1997, causa T-312/94, CEPI-Cartonboard/Commissione (non pubblicata nella Raccolta).

27.
    Con lettera 5 febbraio 1997 il Tribunale ha invitato le parti a partecipare ad un incontro informale per esporre, in particolare, le loro osservazioni sull'eventuale riunione delle cause T-295/94, T-304/94, T-308/94, T-309/94, T-310/94, T-311/94, T-317/94, T-319/94, T-327/94, T-334/94, T-337/94, T-338/94, T-347/94, T-348/94, T-352/94 e T-354/94 ai fini della trattazione orale. Nel corso di quell'incontro, che si è svolto il 29 aprile 1997, le parti hanno accettato tale riunione.

28.
    Con ordinanza 4 giugno 1997 il presidente della Terza Sezione ampliata del Tribunale ha riunito per connessione le cause suddette ai fini della trattazione orale, ai sensi dell'art. 50 del regolamento di procedura, ed ha accolto una domanda di trattamento riservato presentata dalla ricorrente nella causa T-334/94.

29.
    Con ordinanza 20 giugno 1997 è stata accolta la domanda di trattamento riservato presentata dalla ricorrente nella causa T-337/94, in relazione ad un documento prodotto in risposta ad un quesito scritto del Tribunale.

30.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di iniziare la fase orale e di disporre misure di organizzazione del procedimento, chiedendo alle parti di rispondere a taluni quesiti scritti e di presentare determinati documenti. Le parti hanno dato seguito a tale richiesta.

31.
    Le parti nelle cause menzionate al punto 27 hanno svolto le loro osservazioni orali ed hanno risposto ai quesiti rivolti loro dal Tribunale all'udienza che si è svolta dal 25 giugno all'8 luglio 1997.

32.
    Con particolare riguardo alla presente causa, il ricorrente ha dichiarato, con lettera 19 luglio 1995, di rinunciare al deposito di una memoria di replica. Esso ha tuttavia fatto valere, nella stessa lettera, argomenti relativi all'inesattezza dei dati sui quali la Commissione si è basata per il calcolo dell'ammenda.

33.
    Il 6 ottobre 1995 la Commissione ha presentato le proprie osservazioni sulla lettera del ricorrente.

Conclusioni delle parti

34.
    Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione nella parte che lo riguarda;

-    in subordine, ridurre l'importo dell'ammenda;

-    condannare la convenuta alle spese.

35.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare il ricorrente alle spese.

Sulla domanda di annullamento della decisione

Sul motivo relativo alla violazione del regime linguistico

Argomenti delle parti

36.
    Questo motivo consta di tre parti.

37.
    Nella prima parte, il ricorrente fa valere che esso, all'epoca dell'adozione della decisione, non rientrava nella giurisdizione di uno Stato membro. La decisione avrebbe quindi potuto far fede nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 16 del regolamento interno della Commissione 17 febbraio 1993 (GU L 230, pag. 15; in prosieguo: il «regolamento interno della Commissione»), solo nella lingua del suo rappresentante, ossia il tedesco. A sostegno di questa tesi, esso richiama il regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all'art. 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268; in prosieguo: il «regolamento n. 99/63»), il cui art. 2, n. 1, dispone che la comunicazione degli addebiti può essere indirizzata all'impresa o al suo rappresentante. In una situazione come quella del caso di specie, in cui il rappresentante prescelto rientra nella giurisdizione di uno Stato membro, la disposizione in parola prescriverebbe che la lingua del rappresentante venga scelta come lingua del procedimento. Tale lingua sarebbe inoltre la sola nella quale la decisione potrebbe far fede.

38.
    Il ricorrente fa inoltre valere che l'art. 2 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385; in prosieguo: il «regolamento n. 1»), è applicabile per analogia e che, poiché la risposta alle richieste di informazioni della Commissione era stata redatta in tedesco, tale lingua è stata scelta come lingua del procedimento. Tuttavia, nonostante le doglianze che le sarebbero state rivolte in più occasione dal rappresentante del ricorrente, la Commissione avrebbe seguitato a trasmettere documenti in lingua inglese.

39.
    Infine, la scelta dell'inglese come lingua della decisione costituirebbe una violazione dell'art. 6, n. 3, lett. a), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

40.
    Nella seconda parte del motivo, il ricorrente fa valere la violazione del regime linguistico all'atto della notificazione della decisione. Infatti, in forza dell'art. 191, n. 3, del Trattato, le decisioni andrebbero notificate nella lingua dei loro destinatari. Orbene, nella fattispecie, la decisione sarebbe stata notificata in un testo redatto in inglese.

41.
    Infine, nella terza parte del motivo, il ricorrente lamenta la violazione del diritto al contraddittorio, per via della redazione in lingua inglese della comunicazione ufficiale degli addebiti mossi nei suoi confronti, della lettera d'accompagnamento nonché di numerosi mezzi di prova allegati alla comunicazione. Richiamandosi alla prima parte del motivo, esso sostiene che questi documenti avrebbero dovuto essere redatti in tedesco e contesta quindi la validità della comunicazione degli addebiti emessa a suo carico.

42.
    Esso aggiunge che tenuto conto, da un lato, dell'ampiezza della comunicazione degli addebiti e dei suoi allegati e, dall'altro, del fatto che gran parte di questi documenti erano redatti in una lingua straniera, gli è stato concesso un termine insufficiente per la risposta.

43.
    La Commissione sostiene di non aver affatto violato le disposizioni relative al regime linguistico.

44.
    Per quanto riguarda la prima parte del motivo, la Commissione sottolinea come i regolamento n. 1 riguardi solo la corrispondenza inviata a persone rientranti nella giurisdizione di uno Stato membro, mentre la decisione è stata adottata prima dell'adesione della Finlandia alla Comunità. Inoltre, la decisione non costituirebbe una «risposta» ai sensi dell'art. 2 del regolamento n. 1.

45.
    Essa avrebbe potuto quindi scegliere liberamente la lingua del procedimento, pur tenendo conto degli eventuali rapporti tra il ricorrente e gli Stati membri della Comunità (v. sentenza della Corte 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione, Racc. pag. 215, punto 12). Nella fattispecie, l'inglese sarebbe stato scelto come lingua del procedimento tenuto conto del fatto che è la lingua di lavoro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e la lingua processuale della Corte di giustizia EFTA, che il ricorrente ha utilizzato l'inglese nel suo scambio di corrispondenza con le sue controllate commerciali nella Comunità e che, infine, esso ha una denominazione inglese.

46.
    Per quanto riguarda la seconda parte del motivo, la Commissione sottolinea come gli eventuali vizi inficianti la notificazione di una decisione non incidano sulla legittimità di quest'ultima. Simili vizi potrebbero infatti solo impedire, in determinate circostanze, il decorso del termine d'impugnazione, effetto privo di pertinenza nella fattispecie (sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 52/69, Geigy/Commissione, Racc. pag. 787, punto 11).

47.
    Infine, con riguardo alla terza parte del motivo, la Commissione ricorda come il ricorrente e il suo rappresentante abbiano parimenti ottenuto il testo in lingua tedesca della comunicazione degli addebiti. Comunque sia, la risposta del ricorrente alla comunicazione degli addebiti, depositata senza che esso abbia fatto richiesta di una proroga del termine, costituirebbe la prova del fatto che esso è stato perfettamente in grado di prendere conoscenza degli addebiti mossi nei suoi confronti. Sarebbe pertanto esclusa una violazione del suo diritto al contraddittorio (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punti 48, 52 e 53).

Giudizio del Tribunale

48.
    E' pacifico che la Commissione ha inviato la comunicazione degli addebiti e la decisione presso la sede del ricorrente in Finlandia e che, alla data di adozione della decisione, il ricorrente non era ancora soggetto alla giurisdizione di uno Stato membro della Comunità. In quel periodo, nessuna lingua ufficiale della Comunità era espressamente applicabile, in forza della normativa comunitaria, nei rapporti tra la Commissione e un'impresa avente sede in un paese terzo.

49.
    Invero, il regolamento n. 1, come modificato, richiamato dal ricorrente, detta solo le regole relative al regime linguistico applicabile tra la Comunità e uno Stato membro o una persona soggetta alla giurisdizione di uno Stato membro.

50.
    Nella fattispecie, risulta dal fascicolo che la Commissione non ha inviato alcun documento ufficiale al rappresentante tedesco del ricorrente, poiché i documenti da questo ricevuti erano copie dei documenti ufficiali direttamente trasmessi al ricorrente.

51.
    Inoltre, né l'art. 2 del regolamento n. 99/63 né l'art. 6 della CEDU, ammesso che quest'ultima disposizione possa essere invocata da un'impresa soggetta ad inchiesta in materia di diritto della concorrenza, impongono l'invio dei documenti nella lingua dello Stato membro nel quale risiede il rappresentante.

52.
    La scelta della lingua della comunicazione degli addebiti e della decisione doveva conseguentemente essere effettuata tenendo conto del rapporto stabilito dal ricorrente, all'interno della Comunità, con uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza Europemballage e Continental Can/Commissione, citata, punto 12). Orbene, a tale riguardo, è assodato che l'inglese era la lingua impiegata dal ricorrente nella sua corrispondenza con le sue stesse controllate commerciali negli Stati membri della Comunità. Ciò posto, la Commissione ben poteva prescegliere l'inglese come lingua della comunicazione degli addebiti e della decisione.

53.
    Infine, gli allegati della comunicazione degli addebiti non provenienti dalla Commissione vanno considerati documenti probatori sui quali la Commissione si basa e, pertanto, portati a conoscenza del destinatario così come sono (v., in particolare, sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-148/89, Tréfiliunion/Commissione, Racc. pag. II-1063, punto 21).

54.
    Quanto all'asserita insufficienza del termine assegnato al ricorrente per rispondere alla comunicazione degli addebiti, è sufficiente rilevare come il ricorrente non abbia contestato l'affermazione della Commissione secondo la quale non è stata fatta richiesta di alcuna proroga del termine per il deposito della risposta alla comunicazione degli addebiti.

55.
    Alla luce di quanto precede, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo a irregolarità che hanno viziato il procedimento di adozione, di autenticazione e di notificazione delle decisioni della Commissione

Argomenti delle parti

56.
    Il ricorrente fa valere che, per garantire il valore probatorio della decisione e la tutela giuridica dei destinatari, la decisione avrebbe dovuto essere autenticata in un unico atto, eventualmente riunendo materialmente i singoli fogli che la compongono. Questo sarebbe, infatti, l'unico modo per impedire la soppressione o il cambiamento di parti della decisione. Orbene, nel caso di specie, la decisione non sarebbe stata autenticata in un unico atto. Il contenuto che ad essa si sarebbe inteso attribuire emergerebbe solo dalla lettura congiunta della decisione 13 luglio 1994 e della decisione di rettifica 26 luglio 1994. Queste due decisioni sarebbero state notificate separatamente al ricorrente, con conseguente invalidazione del loro valore probatorio.

57.
    Il ricorrente chiede al Tribunale di ordinare alla Commissione di produrre l'originale delle due decisioni di cui trattasi per accertare, da un lato, se esse siano state in tal modo riunite e, dall'altro, se la decisione iniziale rechi menzione della modifica successiva.

58.
    Esso rileva inoltre come l'art. 15, secondo comma, del Trattato CECA preveda, nel suo testo in lingua tedesca, che gli atti aventi carattere individuale obbligano l'interessato «durch die Zustellung» che gliene è fatta, mentre l'art. 191, n. 3, del Trattato CE utilizza, nel testo tedesco, l'espressione «bekannt werden». Orbene, il testo in lingua francese dei due Trattati confermerebbe, con l'utilizzo del termine «notification», che non esistono differenze sostanziali tra queste due disposizioni. Basando la propria analisi sull'art. 4 della decisione dell'Alta Autorità 7 settembre 1960, n. 22/60, relativa all'esecuzione dell'art. 15 del Trattato (GU 1960, n. 61, pag. 1248), il ricorrente argomenta che solo la notificazione formale, vuoi della decisione originale vuoi di una copia autentica di quest'ultima, può essere considerata come valida notificazione. Conseguentemente, la notificazione, come nel caso di specie, di una copia certificata conforme comporterebbe l'invalidità della decisione.

59.
    Infine, il ricorrente fa valere che la decisione non è stata autenticata, ai sensi dell'art. 16 del regolamento interno della Commissione, dalle firme del presidente e del segretario generale della Commissione. Al riguardo, esso ricorda come la decisione notificata recasse solo la firma del membro della Commissione incaricato delle questioni di concorrenza. Esso chiede al Tribunale di ordinare alla Commissione il deposito dell'originale della decisione per verificarne l'autenticazione.

60.
    Supponendo anche che la decisione originale sia stata regolarmente autenticata, essa resterebbe invalida, per mancata notificazione di un testo identico alla decisione originale.

61.
    La Commissione sottolinea, in via preliminare, che l'art. 191, n. 3, del Trattato CE non prescrive una notificazione formale. Infatti, sarebbe sufficiente che la decisione pervenga al destinatario, in forma di semplice comunicazione scritta, e che quest'ultimo possa prenderne conoscenza (sentenze della Corte 10 dicembre 1957, causa 8/56, ALMA/Alta Autorità, Racc. pag. 177, 188, e 15 dicembre 1994, causa C-195/91 P, Bayer/Commissione, Racc. pag. I-5619, punti 7 e 20). Poiché questi requisiti sarebbero soddisfatti nel caso di specie, gli argomenti del ricorrente relativi a vizi nel procedimento di notificazione sarebbero infondati.

62.
    Inoltre una copia conforme della decisione verrebbe considerata come versione autentica di quest'ultima (sentenza della Corte 17 ottobre 1989, cause riunite 97/87, 98/87 e 99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 59, e sentenze del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punti 24 e 25, e 27 ottobre 1994, causa T-34/92, Fiatagri e New Holland Ford/Commissione, Racc. pag. II-905, punto 27).

63.
    Nella fattispecie, la decisione sarebbe stata autenticata in conformità delle prescrizioni dell'art. 16 del regolamento interno della Commissione. Il ricorrente non avrebbe del resto addotto alcun indizio di irregolarità incorsa nel procedimento di adozione della decisione. Al riguardo, la Commissione sostiene che la decisione 26 luglio 1994 non ha modificato in nulla la decisione per quanto riguarda il ricorrente e che, in ogni caso, il rinvio alla decisione nella decisione 26 luglio 1994 costituisce un sufficiente legame tra le due decisioni in questione.

64.
    Conseguentemente, non occorrerebbe ordinare alla Commissione la produzione dell'originale della decisione (v. sentenze Bayer/Commissione, Fiatagri e New Holland Ford/Commissione e Dunlop Slazenger/Commissione, citate).

Giudizio del Tribunale

65.
    A sostegno della propria contestazione della regolarità del procedimento di adozione di autenticazione della decisione, il ricorrente non può fondatamente sostenere che la copia «certificata conforme all'originale» che gli è stata trasmessa non rechi le firme del presidente e del segretario generale della Commissione. Invero, l'art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione, in vigore alla data di adozione della decisione, prevede che «Gli atti adottati in riunione (...) vengono allegati, nella o nelle lingue nelle quali fanno fede, al processo verbale della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati (...). Tali atti sono autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sulla prima pagina del suddetto processo verbale». La formalità dell'autenticazione di una decisione adottata in riunione dal collegio dei membri della Commissione non richiede quindi l'apposizione delle firme del presidente e del segretario generale della Commissione sulla decisione stessa, bensì sul processo verbale della riunione nel corso della quale tale atto è stato adottato. Ne consegue che l'assenza delle firme del presidente e del segretario generale della Commissione sulla copia della decisione «certificata conforme all'originale» non costituisce indizio del fatto che la decisione non sia stata regolarmente autenticata.

66.
    Il ricorrente non fa valere alcun indizio o circostanza precisa idonei a ribaltare la presunzione di validità di cui godono gli atti comunitari (v., in particolare, sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, citata, punto 24).

67.
    In difetto di un tale indizio, non spetta al Tribunale ordinare le misure istruttorie richieste.

68.
    Quanto alla regolarità della notificazione, nessuna disposizione di diritto comunitario esclude che la decisione venga notificata in forma di copia conforme né che una decisione di rettifica sia notificata separatamente.

69.
    Nella fattispecie, la copia della decisione inviata al ricorrente reca il nome del membro della Commissione incaricato della politica della concorrenza, nonché la menzione «copia certificata conforme all'originale» («certified copy»). Essa è inoltre firmata dal segretario generale della Commissione. Una copia siffatta è regolare ed è munita del medesimo valore giuridico dell'atto originale adottato dal collegio del membri e autenticato secondo le forme prescritte dal regolamento interno della Commissione.

70.
    Per quanto riguarda le modalità della notificazione, emerge da una giurisprudenza costante che una decisione è regolarmente notificata, ai sensi del Trattato, allorché viene trasmessa al suo destinatario e quest'ultimo è in grado di prenderne conoscenza (sentenza Europemballage e Continental Can/Commissione, citata, punto 10). Nel caso di specie, come emerge dal tenore stesso dell'atto introduttivo, il ricorrente è stata in grado di prendere pienamente conoscenza della decisione e di far valere pienamente i propri diritti dinanzi al Tribunale.

71.
    Il motivo deve pertanto essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione dei diritti della difesa ed alla violazione delle norme sulla forma relative alla comunicazione degli addebiti

Argomenti delle parti

72.
    Questo motivo consta di due parti.

73.
    Nella prima parte, il ricorrente fa valere che la comunicazione degli addebiti non è stata adottata e comunicata ai destinatari dall'organo competente in forza dell'art. 2 del regolamento n. 99/63, vale a dire la Commissione.

74.
    La comunicazione degli addebiti gli sarebbe stata trasmessa in forma di documento non firmato, allegato ad una lettera del direttore generale della concorrenza. In mancanza di firma, questo documento non potrebbe essere considerato come un «atto» della Commissione. Di conseguenza, esso non potrebbe fungere da fondamento per la decisione.

75.
    Inoltre, supponendo anche che il detto documento, unitamente alla sua lettera d'accompagnamento, possa essere considerato come «comunicazione degli addebiti» ai sensi dell'art. 99/63, quest'ultima non gli sarebbe stata comunicata dalla Commissione. Orbene, l'art. 19, n. 1, del regolamento n. 17 attribuirebbe a tal fine alla Commissione una competenza esclusiva, di cui il regolamento interno non autorizzerebbe la delega. In ogni caso, né la determinazione del contenuto della comunicazione degli addebiti né la trasmissione di quest'ultima ai destinatari potrebbero, in forza del regolamento interno, essere delegate a terzi (sentenze della Corte Geigy/Commissione, citata, e 17 ottobre 1972, causa 8/72, Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977). Analogamente, nemmeno la competenza per fissare il termine per la risposta alla comunicazione degli addebiti potrebbe essere delegata a terzi.

76.
    Nella seconda parte del motivo, il ricorrente fa valere che, non collegando materialmente la comunicazione degli addebiti e i suoi allegati, la Commissione ha violato la prescrizione della forma scritta della comunicazione degli addebiti, prevista all'art. 2, n. 1, del regolamento n. 99/63, la cui finalità sarebbe quella di assicurare le medesime garanzie di quelle derivanti dalla prescrizione dell'autenticazione delle decisioni finali. La comunicazione degli addebiti non potrebbe quindi fungere da fondamento alla decisione.

77.
    Il requisito della forma scritta richiederebbe inoltre che la comunicazione degli addebiti venga firmata in calce all'ultima pagina. La firma del direttore generale sulla lettera d'accompagnamento non potrebbe surrogare la firma prescritta.

78.
    La Commissione ricorda, per quanto attiene alla prima parte del motivo, come risulti dai documenti trasmessi al ricorrente che gli addebiti mossi a suo carico sono stati adottati dalla Commissione. Inoltre, il direttore generale della Commissione avrebbe firmato la comunicazione degli addebiti sulla scorta di una semplice delega di firma, talché l'argomento relativo all'incompetenza di quest'ultima sarebbe infondato (sentenze della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 14, e Geigy/Commissione, citata, punto 5).

79.
    La Commissione sottolinea come le modalità di trasmissione della comunicazione degli addebiti ai sensi dell'art. 10 del regolamento n. 99/63 mirino anzitutto a conservare la prova della data della comunicazione. Infatti, la comunicazione degli addebiti avrebbe regolarmente luogo nel caso in cui il destinatario sia in grado di prendere pienamente conoscenza del contenuto degli addebiti mossi a suo carico (sentenze Geigy/Commissione, citata, punto 11, e Bayer/Commissione, citata, punti 7 e 20).

80.
    Con riguardo alla seconda parte del motivo, la Commissione sostiene che il ricorrente disconosce la portata dell'art. 2 del regolamento n. 99/63. Questo articolo non prescriverebbe che nella comunicazione degli addebiti figuri una firma manoscritta, né che la comunicazione consista in un unico atto. La designazione degli allegati e la numerazione di tutte le pagine dei documenti trasmessi sarebbero inoltre sufficienti a stabilire legami tra gli stessi.

Giudizio del Tribunale

81.
    Per quanto concerne la prima parte del motivo, risulta dai documenti del fascicolo che la comunicazione degli addebiti inviata al ricorrente era accompagnata da una lettera firmata dal direttore generale della direzione generale della concorrenza (DG IV) della Commissione.

82.
    Orbene, firmando tale lettera, il direttore generale ha agito non già nell'ambito di una delega di poteri, bensì nell'ambito di una semplice delega di firma che aveva ricevuto dal membro competente della Commissione (sentenza Geigy/Commissione, citata, punto 5). Siffatta delega costituisce il mezzo normale con il quale la Commissione esercita la sua competenza (sentenza VBVB e VBBB/Commissione, citata, punto 14).

83.
    Poiché il ricorrente non ha fornito alcuna indicazione che consenta di ritenere che, nella fattispecie, l'amministrazione comunitaria si sarebbe discostata dall'osservanza delle norme applicabili in materia (sentenza VBVB e VBBB/Commissione, citata, punto 14), la censura dev'essere respinta.

84.
    Il ricorrente sostiene, in secondo luogo, che la comunicazione degli addebiti non è stata adottata dalla Commissione. Sul punto, è sufficiente rilevare che il ricorrente non ha prodotto alcun indizio atto a ribaltare la presunzione di validità connessa agli atti comunitari. Non è pertanto necessario verificare l'esistenza della violazione asserita (v., per analogia, sentenza Fiatagri e New Holland Ford/Commissione, citata, punto 27).

85.
    La prima parte del motivo dev'essere pertanto respinta.

86.
    La seconda parte del motivo non può neanch'essa essere accolta.

87.
    Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento n. 99/63, «la Commissione comunica per iscritto alle imprese e associazioni di imprese gli addebiti mossi nei loro confronti». Questa disposizione non richiede che la comunicazione degli addebiti rechi una firma manoscritta apposta sullo stesso documento, né che la comunicazione degli addebiti sia formalmente costituita da un unico atto.

88.
    Ad ogni buon conto, gli addebiti formulati a carico del ricorrente sono stati comunicati per iscritto in una maniera tale che i vari documenti sui quali la Commissione ha basato l'esistenza di questi addebiti hanno potuto essere individuati con precisione.

89.
    Alla luce di quanto precede, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 190 del Trattato

Argomenti delle parti

90.
    Adducendo una dettagliata esposizione degli obiettivi dell'obbligo di motivazione prescritto dall'art. 190 del Trattato, il ricorrente fa valere, in primo luogo, che la Commissione avrebbe dovuto, per ciascun comportamento considerato come infrazione, indicare la disposizione violata e precisare se l'infrazione era stata commessa in forma di accordo o di pratica concordata. Queste indicazioni sarebbero infatti indispensabili per verificare se ciascuno dei comportamenti in questione soddisfi le condizioni che integrano l'illecito, vale a dire il fatto generatore, l'illiceità e la colpa. Pertanto, l'indicazione secondo cui l'infrazione sarebbe consistita nella partecipazione ad un accordo ad una pratica concordata non sarebbe sufficiente, non potendo uno stesso comportamento essere considerato nel contempo accordo e pratica concordata.

91.
    Sebbene più comportamenti possano essere considerati infrazione continuata, questa possibilità non esimerebbe la Commissione dal precisare, in relazione a ciascun singolo comportamento, gli elementi costitutivi dell'illecito. Soltanto nel caso in cui ciascun singolo comportamento costituisse un illecito l'integralità di questi comportamenti potrebbe eventualmente considerarsi illecito continuato.

92.
    In secondo luogo, il ricorrente fa valere che la decisione avrebbe altresì dovuto contenere, per ciascun atto considerato illecito, una precisa indicazione delle circostanze concrete di fatto, quali il luogo in cui è stato commesso, i soggetti coinvolti e il ruolo preciso di ciascuno di essi.

93.
    In terzo e ultimo luogo, la decisione avrebbe dovuto contenere, in relazione a ciascun comportamento in questione, un'indicazione delle persone fisiche che hanno operato. Al riguardo, l'art. 15 del regolamento n. 17 richiederebbe un'azione intenzionale o colposa di una persona fisica, ma imputabile a un'impresa.

94.
    La Commissione ritiene che la decisione contenga una descrizione sufficiente degli elementi di fatto che giustificano l'imposizione dell'ammenda. Trattandosi di un'intesa complessa e di lunga durata, i singoli comportamenti sarebbero riconducibili ad un sistema unico inteso ad ostacolare il libero gioco della concorrenza sul mercato, talché non sarebbe stato necessario qualificare ogni singolo comportamento come accordo o come pratica concordata (sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punti 262-264). La Commissione avrebbe comunque precisato, ai punti 131 e 132 del preambolo della decisione, che a partire dalla fine del 1987 il comportamento delle imprese presentava tutti gli elementi di un vero e proprio accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato e che, fino a quel momento, il comportamento delle imprese integrava gli estremi di una pratica concordata. Per giunta, essa avrebbe persino potuto considerare un comportamento come accordo in via principale e come pratica concordata in subordine (sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1021, punti 251 e 252).

95.
    Trattandosi di un'unica infrazione, la Commissione non sarebbe tenuta a dimostrare che ogni singolo comportamento riferibile all'intesa soddisfi i criteri previsti all'art. 85 (stessa sentenza, punti 259 e 260).

96.
    Né sarebbe necessario dimostrare la partecipazione di ciascuna impresa a ciascuna manifestazione dell'intesa. Come rilevato ai punti 116 e 117 del preambolo della decisione, sarebbe sufficiente che la Commissione dimostri l'esistenza dell'intesa globale, da un lato, e la partecipazione di ciascuna impresa a determinati atti rientranti nel piano globale comune, dall'altro (v. citate sentenze ICI/Commissione, punti 256-261 e 305, e Hercules Chemicals/Commissione, punto 272).

97.
    Infine, la Commissione sostiene che essa non era tenuta a indicare, nella decisione, i nomi delle persone che hanno operato, posto che l'art. 85 del Trattato si rivolge espressamente alle imprese. Sarebbe unicamente necessario dimostrare che persone autorizzate ad agire per conto delle imprese hanno preso parte all'intesa, poiché l'operato di queste persone è imputabile alle imprese interessate (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1827, punto 97). Orbene, su tale punto, la comunicazione degli addebiti conterrebbe una circostanziata esposizione delle prove acquisite a carico del ricorrente e negli allegati alla detta comunicazione risulterebbe l'identità delle persone che hanno operato.

Giudizio del Tribunale

98.
    Secondo una giurisprudenza costante, l'obbligo di motivazione di una decisione individuale è finalizzato a consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione ed a fornire all'interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata ovvero se sia eventualmente inficiata da un vizio che consenta di contestarne la validità, dovendosi precisare che la portata di tale obbligo dipende dalla natura dell'atto in questione e dal contesto nel quale l'atto è stato emanato (v., in particolare, sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. pag. II-1799, punto 51). Benché, a norma dell'art. 190 del Trattato, la Commissione debba menzionare gli elementi di fatto e di diritto dai quali dipende la giustificazione giuridica della decisione, nonché le considerazioni che l'hanno indotta ad adottarla, non è prescritto che essa discuta tutti i punti di diritto e di fatto sollevati durante il procedimento amministrativo (v., in particolare, sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 66).

99.
    Nella fattispecie, nella decisione sono esposti in modo circostanziato i motivi per la quale la Commissione ha ritenuto che l'infrazione accertata a carico delle imprese menzionate nell'art. 1 della decisione dovesse essere considerata accordo e pratica concordata (punti 129 e 132 del preambolo). In particolare, risulta dal punto 131, primo comma, del preambolo che «dalla fine del 1987, con il concretarsi della progressiva collusione tra i produttori nell'ambito del sistema che dava priorità ai prezzi rispetto ai quantitativi di produzione, l'infrazione ha presentato tutte le caratteristiche di un “accordo“ vero e proprio ai sensi dell'articolo 85». Viene inoltre precisato che «l'elaborazione del piano articolato su iniziative in materia di prezzi da attuare due volte all'anno non va considerata come una serie di accordi o di pratiche concordate distinte, ma come parte del medesimo accordo senza soluzione di continuità» (medesimo punto del preambolo, secondo comma).

100.
    Orbene, allorché, come nel caso di specie, una decisione contiene una motivazione sufficiente che consente di comprendere i motivi per i quali comportamenti accertati sono stati considerati accordo e pratica concordata, la Commissione non è tenuta a qualificare separatamente come accordo o come pratica concordata ciascuno dei comportamenti considerati (v., nello stesso senso, sentenza Hercules Chemicals/Commissione, citata, punto 264).

101.
    La decisione contiene parimenti una motivazione dettagliata per quanto concerne la partecipazione del ricorrente all'infrazione. Al riguardo, essa contiene riferimenti diretti al ricorrente per quanto riguarda gli aumenti di prezzo concordati (punti 74, 76, 78, 79, 81, 85 e 87 del preambolo). Inoltre, senza entrare nel merito dell'esattezza della motivazione enunciata, il cui controllo rientra nell'esame del merito della decisione, i punti di quest'ultima in cui sono descritte le discussioni aventi oggetto anticoncorrenziale condotte in seno al PWG (segnatamente i 37, 51 e 52 del preambolo) si riferiscono necessariamente al ricorrente, posto che, secondo la decisione, il ricorrente ha preso parte alle riunioni di questo organismo (punto 36, secondo comma, del preambolo). Allo stesso modo, i punti della decisione in cui sono descritte le discussioni aventi oggetto anticoncorrenziale condotte in seno al JMC riguardano parimenti il ricorrente (punti 44-46, 58, 71, 73, 84, 85 e 87 del preambolo), in quanto la Commissione ha accertato che quest'ultima aveva preso parte alle riunioni di questo organismo (tabella 7 allegata alla decisione e punto 46, primo comma, del preambolo).

102.
     Ciò posto, la motivazione della decisione ha fornito al ricorrente un'indicazione sufficiente per prendere conoscenza dei principali elementi di fatto e di diritto sui quali si basava il ragionamento che ha indotto la Commissione a considerarlo responsabile di una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

103.
    Infine, poiché gli atti di una persona fisica sono imputabili all'impresa, ai sensi dell'art. 85 del Trattato, allorché questa persona è autorizzata ad agire per conto dell'impresa stessa (v., per analogia, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 97), ne consegue che la Commissione ha adeguatamente motivato la decisione facendo riferimento alla denominazione del ricorrente.

104.
    Ad ogni buon conto, dalle informazioni individuali allegate alla comunicazione degli addebiti emerge l'identità dei rappresentanti del ricorrente dei quali la Commissione ha accertato la partecipazione alle riunioni degli organismi del PG Paperboard.

105.
    Poiché nessuna delle censure formulate dal ricorrente è stata accolta, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato la partecipazione del ricorrente ad una qualsiasi intesa

106.
     Questo motivo consta di tre parti. Ciascuna di esse sarà oggetto di un esame separato.

Sulla prima parte del motivo, relativa all'assenza di prove della partecipazione del ricorrente ad una qualsiasi intesa

- Argomenti delle parti

107.
    Il ricorrente fa valere di non aver mai partecipato alle riunioni dei vari organismi del PG Paperboard e di non aver avuto alcuna conoscenza delle discussioni aventi oggetto anticoncorrenziale che sarebbero state condotte, secondo la decisione, nell'ambito di queste riunioni.

108.
    Infatti, le persone che, secondo la decisione, l'avrebbero rappresentato in seno agli organismi del PG Paperboard vi avrebbero preso parte solo in veste di rappresentanti del Nordic Paperboard Institute (in prosieguo: l'«NPI»), associazione scandinava che riunisce i produttori di cartoncino. Le dichiarazioni rese da altri produttori (v. tabella 5 allegata alla decisione), secondo le quali esso sarebbe stato considerato come uno dei membri del JMC, muoverebbero da supposizioni erronee.

109.
    Per quanto concerne gli accordi e/o le pratiche concordate tra i partecipanti alle riunioni degli organismi del PG Paperboard, la decisione non conterrebbe alcuna precisa indicazione che consenta di determinare le riunioni nel corso delle quali tali discussioni avrebbero avuto luogo, il contenuto preciso delle discussioni, i partecipanti alle riunioni e, infine, i partecipanti alle concertazioni. In particolare, in numerosi punti la decisione non menzionerebbe affatto il ricorrente o società ad esso aderenti.

110.
    Sottolineando come i suoi presunti rappresentanti avrebbero, secondo la stessa decisione, preso parte ad un esiguo numero di riunioni del PWG e del JMC, il ricorrente fa valere che la decisione non contiene alcun elemento idoneo a dimostrare la sua partecipazione ad una concertazione qualsiasi. Infatti, ammesso che concertazioni abbiano avuto luogo nel corso di talune riunioni e che esso sia stato rappresentato in seno agli organismi in questione, non sarebbe dimostrato che le concertazioni hanno avuto luogo nel corso delle riunioni alle quali hanno preso parte i suoi presunti rappresentanti.

111.
    Quanto al PWG, il ricorrente contesta le affermazioni relative alla comunicazione dei risultati delle riunioni di questo organismo alle imprese che non erano membri del PWG (punto 38 del preambolo della decisione). In particolare, l'affermazione secondo cui «i produttori scandinavi (tutti membri di NPI) erano normalmente informati dei risultati da Finnboard» (punto 38, quarto comma, del preambolo della decisione) non sarebbe suffragata da alcun elemento di prova).

112.
    L'affermazione secondo la quale le imprese che non erano membri del PWG sarebbero state informate dei risultati delle riunioni di questo organismo nel corso delle riunioni della PC (punto 38 del preambolo della decisione) altro non sarebbe se non una pura supposizione.

113.
    Quanto alle riunioni della PC, l'affermazione contenuta nella decisione secondo la quale il ricorrente, e in parte, le società ad esso aderenti avrebbero partecipato alle riunioni di questo organismo sarebbe priva di fondamento.

114.
    Per quanto riguarda il JMC, la dichiarazione della Fiskeby secondo la quale essa sarebbe stata in qualche occasione informata dei risultati delle riunioni da un rappresentante dell'NPI (punto 46 del preambolo), dichiarazione che peraltro il ricorrente non conosceva, confermerebbe che i rappresentanti dell'NPI, ma non quelli del ricorrente, partecipavano alle riunioni di questo comitato.

115.
    Infine, le discussioni svoltesi nel corso delle riunioni del COE avrebbero avuto ad oggetto, secondo la stessa decisione, la situazione generale del mercato.

116.
    La Commissione afferma che il ricorrente era uno dei membri a pieno titolo del PG Paperboard. Essa richiama, al riguardo, la dichiarazione della Stora del 23 dicembre 1991 (allegato 43 alla comunicazione degli addebiti), nella quale il ricorrente viene designato come una delle imprese rappresentate in seno al PWG. Inoltre, i verbali delle riunioni della PC indicherebbero i direttori generali del Finnboard come rappresentanti della Finlandia, accanto ai rappresentanti di altri paesi scandinavi.

117.
    L'argomentazione del ricorrente, tendente a sostenere che esso non avrebbe preso parte alle riunioni del PWG, sarebbe comunque irrilevante. Infatti, supponendo anche che i direttori generali del Finnboard avessero agito come rappresentanti dell'NPI, ciò significherebbe unicamente che essi hanno rappresentato gli interessi della quasi totalità dei produttori scandinavi. Essi avrebbero necessariamente tenuto conto degli interessi del ricorrente, data la loro funzione in seno a questa impresa.

118.
    Il ricorrente sarebbe stato altresì rappresentato nelle riunioni del JMC e del COE. Vari produttori di cartoncino l'avrebbero indicato come uno dei membri del JMC.

119.
    Per il resto, la Commissione basa la propria argomentazione sull'esposizione delle funzioni principali degli organismi, contenuta nella decisione.

- Giudizio del Tribunale

120.
    Secondo la decisione, il ricorrente e le altre imprese menzionate nell'art. 1 della decisione hanno violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando ad un accordo e ad una pratica concordata. La Commissione ha accertato che il ricorrente ha preso parte a tale infrazione dalla metà del 1986 fino ad almeno l'aprile 1991.

121.
    Stando alla tabella 7 allegata alla decisione, il ricorrente ha partecipato alle riunioni del PWG, della PC, del JMC e del COE.

122.
    Al riguardo, la Commissione ritiene che il ricorrente abbia preso parte alle riunioni del PWG a titolo individuale e in veste di rappresentante dell'NPI (punto 38, quarto comma, e punto 79, quarto comma, del preambolo). Viene inoltre affermato che «il managing director (del Finnboard) era anche presidente del PG Paperboard e presiedeva il PWG a partire dal maggio 1988» (punto 79, quarto comma, del preambolo).

123.
    Quanto alla partecipazione del ricorrente al JMC, viene precisato quanto segue «Finnboard, a quanto pare, ha rappresentato NPI nonché i suoi propri quattro stabilimenti Kyro, Metsä-Serla, Tampella e United Paper Mills» (punto 32, primo comma, del preambolo).

124.
    Infine, in ordine alla partecipazione del ricorrente a riunioni della PC, «I rappresentanti di Finnboard (che avevano anche presenziato alle riunioni del PWG tenute immediatamente prima) hanno preso parte indipendentemente dall'NPI a tutte le riunioni della President Conference» (punto 42, secondo comma, del preambolo).

125.
    Dai documenti del fascicolo risulta che i dirigenti del ricorrente sono stati implicati nelle strutture del PG Paperboard durante il periodo considerato dalla decisione. Ad esempio, dalle informazioni individuali accluse alla comunicazione degli addebiti risulta che la vicepresidenza del PG Paperboard è stata assunta, durante il periodo considerato dalla decisione, da un «managing director» del ricorrente, in particolare dal signor de la Chapelle dalla metà del 1986 al 1987, dal signor Sommar dal 1987 al 1988 e dal signor Lindahl a partire dal 1990.

126.
    Per quanto riguarda il signor Sommar, questi è stato eletto vicepresidente del PG Paperboard nell'ambito dell'assemblea generale del 1987 e, in tale occasione, è stato proposto per questo nuovo incarico dopo essere stato espressamente presentato come «il nuovo presidente del Finnboard Executive Committee» («the new Chairman of the Finnboard Executive Committee») (allegato 97 alla comunicazione degli addebiti).

127.
    Per giunta, è assodato che la presidenza del PG Paperboard è stata assunta dal signor Köhler dal maggio 1988 all'autunno del 1990. Nel verbale della riunione del PWG del 6 aprile 1990 (prodotto in allegato al controricorso) si legge al riguardo:

«Il signor Köhler ci ricorda che egli assumerà altre funzioni nell'industria forestale finlandese a partire dall'autunno prossimo. Egli lascerà quindi il Finnboard e dovrà presentare le dimissioni dalla carica di presidente del PG Paperboard».

128.
    Stando alle dichiarazioni della Stora, il ricorrente ha partecipato alle riunioni del PWG [allegati 35 (pag. 14), 37 (pag. 2) e 43 (pag. 3) alla comunicazione degli addebiti].

129.
    Infine, varie imprese hanno individuato il ricorrente come partecipe alle riunioni del JMC (v. tabella 5 allegata alla decisione).

130.
    Tenuto conto delle dichiarazioni della Stora e dell'effettiva partecipazione alle riunioni degli organismi del PG Paperboard di varie persone alle dipendenze del ricorrente, l'affermazione di quest'ultimo secondo cui tali persone vi avrebbero partecipato solo nella loro veste di rappresentanti dell'NPI non può pertanto essere condivisa.

131.
    Inoltre, il ricorrente non ha fornito nessun elemento di prova, quale un mandato di rappresentanza esclusiva dell'NPI, a sostegno della propria contestazione delle prove concordanti che dimostrano la sua partecipazione, a titolo individuale, alle riunioni degli organismi del PG Paperboard. Nel corso dell'udienza, esso ha persino ammesso di aver sopportato le spese di viaggio connesse alla partecipazione dei suoi dipendenti alle riunioni in questione, circostanza di fatto che può solo confermare l'esattezza degli accertamenti effettuati dalla Commissione.

132.
    In considerazione di questi elementi, la partecipazione a titolo individuale del ricorrente alle riunioni degli organismi del PG Paperboard deve considerarsi dimostrata.

133.
    Nei limiti in cui il ricorrente intende, con la presente parte del motivo, contestare la fondatezza delle affermazioni della Commissione relative all'oggetto anticoncorrenziale delle riunioni in questione, si tratta di argomenti che vanno presi in esame nell'ambito delle altre due parti del motivo.

134.
    Alla luce dei suddetti elementi, la prima parte del motivo non può essere accolta.

Sulla seconda parte del motivo, relativa all'assenza di prova della partecipazione del ricorrente alle iniziative in materia di prezzi

- Argomenti delle parti

135.
    Il ricorrente fa valere che la decisione non contiene alcuna indicazione precisa che consenta di dimostrare la sua partecipazione ad iniziative in materia di prezzi. La motivazione generica della decisione non consentirebbe di stabilire un nesso eventuale tra le varie iniziative poste in atto in materia di prezzi e il comportamento delle singole imprese. In particolare, la motivazione della decisione non consentirebbe di escludere che abbiano avuto luogo concertazioni a margine delle riunioni o nel corso delle riunioni alle quali nessuna persona legata al ricorrente ha partecipato.

136.
    Gli annunci sistematici degli aumenti dei prezzi non dimostrerebbero l'esistenza di una concertazione, in quanto essi altro non sarebbero se non una conseguenza diretta delle condizioni del mercato.

137.
    Richiamandosi agli allegati alla comunicazione degli addebiti menzionati nella decisione, il ricorrente fa rilevare come numerosi documenti non menzionino nemmeno, direttamente o indirettamente, il suo nome e come i documenti che lo menzionano si riferiscano in genere ad indicazioni insignificanti, di cui non viene indicata la fonte. Oltretutto, taluni documenti sarebbero stati redatti in circostanze che dimostrano l'insussistenza di correlazioni tra i documenti e le riunioni degli organismi del PG Paperboard. Simili documenti non potrebbero quindi essere considerati alla stregua di prove della sua partecipazione ad iniziative in materia di prezzi.

138.
    Sulla scorta di queste considerazioni, il ricorrente contesta il valore probatorio di gran parte dei documenti richiamati dalla Commissione. Inoltre, esso sostiene che i documenti di cui agli allegati 44, 109, 130 e 131 alla comunicazione degli addebiti, richiamati nella decisione, non hanno il valore probatorio attribuito loro dalla Commissione. Al contrario, essi dimostrerebbero piuttosto l'assenza di partecipazione del ricorrente ad una qualsiasi collusione.

139.
    Il listino prezzi reperito nei locali della società Finnboard (UK) Ltd (v. punto 79 del preambolo della decisione; in prosieguo: il «listino Finnboard») non menzionerebbe il ricorrente. Questo documento non presenterebbe analogie tali con i due listini prezzi acquisiti presso la Rena (allegati 110 e 111 alla comunicazione degli addebiti) da poterne trarre conclusioni con riguardo al ricorrente. Quest'ultimo non verrebbe infatti menzionato nemmeno nei listini prezzi della Rena e il listino Finnboard conterrebbe solo informazioni accessibili a tutti e sembrerebbe far riferimento, con l'uso della parola svedese «höjs» (verbo che, all'infinito, significa «aumentare»), ad un avvenimento passato. Inoltre, i listini prezzi reperiti presso la Rena conterrebbero dati relativi all'Irlanda, ma la Finlandia non vi verrebbe indicata. Nel listino Finnboard, si avrebbe il caso contrario.

140.
    La nota acquisita presso la Rena, riferentesi, secondo la decisione, alla riunione del JMC del 6 settembre 1989 (allegato 117 alla comunicazione degli addebiti) si limiterebbe ad indicare: «(...) 10,5% di differenza tra GC I e GC sui prezzi più bassi praticati da Finnboard (...)». Questa annotazione non rivelerebbe alcuna partecipazione del ricorrente ad una qualsiasi concertazione, dal momento che l'autore della nota si sarebbe limitato a constatare una differenza di prezzo tra due prodotti. D'altra parte, stando alla lettera della Rena (allegato 116 alla comunicazione degli addebiti), le indicazioni contenute in tale nota si baserebbero su singole conversazioni svoltesi a margine della riunione del JMC, conversazioni alle quali i collaboratori del ricorrente non avrebbero partecipato.

141.
    La nota della Rena riferentesi, stando alla decisione, alla riunione del JMC del 6 settembre 1990 (allegato 118 alla comunicazione degli addebiti) non riguarderebbe nemmeno una riunione del JMC (v. lettera della Rena, allegato 116 alla comunicazione degli addebiti), bensì soltanto discussioni interne. La semplice menzione del ricorrente [«Finnboard a lot down in USSR (...)»] non costituirebbe un elemento rivelatore di una qualsiasi concertazione.

142.
    Quanto alla dichiarazione della Stora che descrive il ruolo del JMC nell'attuazione delle iniziative in materia di prezzi (allegato 35 alla comunicazione degli addebiti, pag. 17), il ricorrente sottolinea che, ammesso che esso venga ritenuto aver partecipato, quod non, alle riunioni di questo organismo, esso stesso e la Stora hanno preso parte in comune, secondo la decisione, solo a sette riunioni del JMC. Sarebbe quindi perfettamente possibile che eventuali discussioni aventi oggetto anticoncorrenziale si siano svolte solo nel corso delle riunioni alle quali il ricorrente non ha preso parte e che discussioni prive di importanza siano state condotte nel corso delle sette riunioni del JMC alle quali la Stora e il ricorrente hanno partecipato in comune.

143.
    La Commissione ritiene di aver dimostrato l'esistenza delle iniziative in materia di prezzi, da un lato, e la partecipazione del ricorrente a tali iniziative, dall'altro.

144.
    Per quanto riguarda l'esistenza delle iniziative in materia di prezzi, essa richiama per l'essenziale i punti 74-90 del preambolo della decisione. Inoltre, essa pone in evidenza alcuni elementi di prova richiamati nella decisione (allegati 44 e 70 alla comunicazione degli addebiti).

145.
    Infine, essa fa riferimento ai due listini di aumenti dei prezzi reperiti presso la Rena (allegati 110 e 111 alla comunicazione degli addebiti, rispettivamente menzionati nei punti 80 e 83 del preambolo della decisione). Questi listini, della stessa origine, confermerebbero le dichiarazioni della Stora relative agli accordi in materia di aumenti dei prezzi stipulati nell'ambito del PG Paperboard. Essi non menzionerebbero il nome di nessuna società in particolare, ma riporterebbero gli aumenti in vigore in ciascun paese europeo. Pertanto, la mancanza di un'espressa menzione del ricorrente sarebbe priva di pertinenza.

146.
    Con riguardo alla partecipazione del ricorrente alle iniziative in materia di prezzi, la Commissione contesta che gli aumenti dei prezzi siano stati il risultato delle condizioni generali del mercato. Da un lato, essa avrebbe fornito la prova delle concertazioni intervenute al riguardo, il che non sarebbe stato nemmeno contestato da vari produttori interessati. Dall'altro, la partecipazione a riunioni nel corso delle quali hanno avuto luogo discussioni aventi oggetto anticoncorrenziale sarebbe sufficiente a soddisfare i criteri di applicazione dell'art. 85 del Trattato (sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-1/89, Rhône-Poulenc/Commissione, Racc. pag. II-867, punto 66).

147.
    Il listino Finnboard conterrebbe dati relativi ai tipi GD, dai quali emergerebbe che non si trattava di un documento interno, dato che il ricorrente non produce questi tipi. L'analogia tra il listino Finnboard e i listini reperiti presso la Rena dimostrerebbe inoltre che il primo si riferiva agli aumenti dei prezzi sui quali si erano accordati i produttori di cartoncino. I dati contenuti nel listino Finnboard consentirebbero di affermare che esso riguardava l'aumento dei prezzi del secondo trimestre del 1989 e non anche, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, dati più remoti nel tempo.

148.
    Infine, la partecipazione del ricorrente verrebbe dimostrata dalle note manoscritte scoperte presso la FS-Karton e la Rena (allegati 113 e 117 alla comunicazione degli addebiti), documenti in cui sono menzionati alcuni produttori di cartoncino, tra i quali il Finnboard.

- Giudizio del Tribunale

149.
    Ai sensi dell'art. 1 della decisione, le imprese menzionate nella detta disposizione hanno violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando, durante il periodo di riferimento, ad un accordo e ad una pratica concordata nell'ambito dei quali i fornitori di cartoncino della Comunità hanno, in particolare, «deciso aumenti periodici dei prezzi per ogni tipo di prodotto in ciascuna valuta nazionale» e «hanno programmato e posto in atto aumenti simultanei ed uniformi di prezzo in tutta la Comunità».

150.
    E' già stato accertato che il ricorrente ha partecipato alle riunioni del PWG e del JMC nel corso del periodo che va dalla metà del 1986 ad almeno l'aprile 1991. Occorre pertanto esaminare se la Commissione abbia dimostrato che le riunioni di questi due organismi avessero per oggetto, in particolare, una collusione sui prezzi, prima di esaminare la posizione individuale del ricorrente in relazione all'oggetto di queste riunioni.

151.
    Per quanto riguarda il PWG, nella decisione si precisa che il vero compito del PWG «consisteva nella “discussione e (...) concertazione in materia di mercati, quote di mercato, prezzi, aumenti di prezzo e capacità“» (punto 37, terzo comma, del preambolo) e che «fin dal suo inizio il PWG “è pervenuto ad un accordo e ha preso decisioni di massima sia sul calendario che sull'entità degli aumenti di prezzo applicabili dai produttori di cartoncino“» (punto 37, quarto comma, del preambolo).

152.
    Tali affermazioni sono riprese dalle dichiarazioni della Stora (allegato 39 alla comunicazione degli addebiti), la quale precisa peraltro che «il PWG si è riunito a partire dal 1986 per contribuire alla regolamentazione del mercato». Esse si fondano sull'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti, una nota riservata inviata in data 28 dicembre 1988 dal direttore commerciale responsabile delle vendite del gruppo Mayr-Melnhof in Germania (signor Katzner) al direttore generale della Mayr-Melnhof in Austria (signor Gröller) e avente ad oggetto la situazione del mercato.

153.
    Stando a questo documento, una collaborazione più stretta nell'ambito del «circolo dei presidenti» («Präsidentenkreis»), decisa nel 1987, aveva dato luogo a due risultati importanti:

«-    PRO-Carton

-    Disciplina in materia di prezzi.

In questi due settori, si possono segnalare nel contempo elementi positivi ed elementi negativi:

(...)

-    in materia di prezzi: vincitori e vinti».

154.
    L'autore della nota prosegue rilevando che «tutti i partecipanti sono stati (e restano) vincitori nei limiti in cui la tendenza costante, fino all'autunno 1987, verso il calo dei prezzi è stata bloccata e ha potuto essere sostituita da rialzi dei prezzi in due fasi (finora) chiaramente percepibili e visibili».

155.
    Va rilevato che l'espressione «circolo dei presidenti» è stata interpretata dalla Mayr-Melnhof nel senso che con essa s'intende sia il PWG sia la PC in un contesto generale, vale a dire senza alcun riferimento a un avvenimento o a una specifica riunione (allegato 75 alla comunicazione degli addebiti, punto 2.a), interpretazione che non occorre valutare nel presente contesto.

156.
    Alla luce di questi elementi, si deve ritenere che la Commissione ha dimostrato il ruolo svolto dal PWG nella collusione sui prezzi.

157.
    Per quanto riguarda il JMC, emerge dalla decisione che sin dall'inizio il suo compito principale era il seguente:

«-    determinare se, ed in caso affermativo come, potevano essere concretamente applicati gli aumenti di prezzo e riferire le proprie conclusioni al PWG;

-    elaborare nei particolari le iniziative in materia di prezzi decise dal PWG paese per paese e per i principali clienti al fine di realizzare un sistema di prezzi equivalenti (vale a dire uniforme) in Europa (...)» (punto 44, ultimo comma, del preambolo della decisione).

158.
    In particolare, al punto 45, primo e secondo comma, del preambolo della decisione, la Commissione sostiene quanto segue:

«Tale comitato discuteva analiticamente mercato per mercato le modalità di attuazione per ogni produttore delle decisioni prese dal PWG in materia di aumento dei prezzi. Le istruzioni pratiche per l'applicazione degli aumenti di prezzo proposti erano esaminate in una “tavola rotonda“ e ciascun partecipante poteva formulare le proprie osservazioni sull'aumento suggerito.

Le eventuali difficoltà di applicazione degli aumenti di prezzo decisi dal PWG o l'occasionale rifiuto a cooperare erano segnalati al PWG che quindi (come dichiarato da Stora) “cercava di ottenere la cooperazione nella misura considerata necessaria“. Venivano redatte dal JMC relazioni separate per i tipi GC e GD. Se il PWG modificava una decisione di fissazione dei prezzi sulla base delle informazioni ricevute dal JMC, i provvedimenti necessari a realizzarla venivano discussi nella successiva riunione del JMC».

159.
    Si deve constatare che la Commissione fa correttamente richiamo, a sostegno delle sue affermazioni relative all'oggetto delle riunioni del JMC, alle dichiarazioni rese dalla Stora (allegati 35 e 39 alla comunicazione degli addebiti).

160.
    Inoltre, pur non disponendo di alcun verbale ufficiale di una riunione del JMC, essa ha ottenuto dalla Mayr-Melnhof e dalla Rena talune note interne riguardanti le riunioni del 6 settembre 1989, del 16 ottobre 1989 e del 6 settembre 1990 (allegati 117, 109 e 118 alla comunicazione degli addebiti). Tali note, il cui contenuto è riportato nei punti 80, 82 e 97 del preambolo della decisione, sintetizzano le discussioni dettagliate svoltesi durante le dette riunioni sulle iniziative concordate in materia di prezzi. Esse costituiscono pertanto elementi probatori che suffragano chiaramente la descrizione delle funzioni del JMC fornita dalla Stora.

161.
    Al riguardo, è sufficiente richiamare, a titolo di esempio, la nota ottenuta dalla Rena sulla riunione del JMC del 6 settembre 1990 (allegato 118 alla comunicazione degli addebiti) in cui viene precisato, in particolare, quanto segue:

«L'aumento dei prezzi sarà annunciato la prossima settimana di settembre

Francia        40 FF

Paesi Bassi        14

Germania        12 DM

Italia            80 LIT

Belgio            2,50 BFR

Svizzera        9 SFR

Regno Unito    40 UKL

Irlanda        45 IRL

Tutti i tipi dovrebbero subire il medesimo aumento (GD, UD, GT, GC, ecc.)

Un solo aumento all'anno.

Per consegne dal 7 gennaio.

Non oltre il 31 gennaio.

14 settembre, lettera con aumento dei prezzi (Mayr-Melnhof).

Lettera di Feldmühle da inviare il 19 settembre.

Cascades prima della fine di settembre.

Tutti devono avere inviato le rispettive lettere prima dell'8 ottobre».

162.
    La Commissione, come essa stessa spiega ai punti 88-90 del preambolo della decisione, è riuscita inoltre ad ottenere documenti interni che le hanno consentito di concludere che le imprese, in particolare quelle espressamente citate nell'allegato 118 alla comunicazione degli addebiti, hanno effettivamente annunciato e applicato gli aumenti di prezzi concordati (v. altresì tabella G allegata alla decisione).

163.
    Occorre respingere, in questo contesto, l'argomento del ricorrente secondo cui non sarebbe provato che l'allegato 118 alla comunicazione degli addebiti riguardi una riunione del JMC. Invero, questo documento è redatto su fogli di carta recanti l'intestazione «Schweizerischer Bankverein» («Società di Banca Svizzera») e reca la data del 6 settembre 1990, ossia quella di una riunione del JMC tenutasi a Zurigo. In esso sono riportate in modo chiaro discussioni aventi oggetto anticoncorrenziale tra i produttori in esso menzionati. E' pertanto dimostrato che esso riguarda la riunione del JMC tenutasi alla data considerata.

164.
    Anche se i documenti citati dalla Commissione riguardano soltanto un numero esiguo di riunioni del JMC organizzate nel periodo esaminato dalla decisione, tutte le prove documentali disponibili confermano l'affermazione della Stora secondo cui l'oggetto principale del JMC era di determinare e pianificare l'attuazione degli aumenti di prezzo concordati. A tale riguardo, l'assenza pressoché totale di verbali, ufficiali o interni, delle riunioni del JMC deve considerarsi come una prova sufficiente dell'esattezza della tesi della Commissione secondo cui le imprese hanno fatto il possibile per dissimulare la vera natura delle discussioni effettuate in seno a tale organismo (v., in particolare, punto 45 del preambolo della decisione). Di conseguenza, l'onere della prova è stato invertito e spettava alle imprese destinatarie della decisione, che avevano partecipato alle riunioni del detto organismo, dimostrare che esso aveva finalità lecite. Una prova del genere non è stata fornita dalle imprese e la Commissione ha quindi correttamente concluso che le discussioni svoltesi tra le imprese durante le riunioni di quell'organismo avevano un oggetto principalmente anticoncorrenziale.

165.
    Quanto alla posizione individuale del ricorrente, il Tribunale ritiene che la partecipazione di quest'ultima alle riunioni del PWG e del JMC costituisca una prova sufficiente della sua partecipazione ad una collusione sui prezzi.

166.
    Va anzitutto sottolineato come i dirigenti del ricorrente hanno occupato funzioni direttive in seno al PG Paperboard durante il periodo compreso tra la metà del 1986 e l'autunno 1990 (v. supra, punti 122-127). Inoltre, nell'allegato 118 alla comunicazione degli addebiti sono riportate discussioni svoltesi nel corso di una riunione del JMC alla quale è assodato che un dipendente del ricorrente ha preso parte.

167.
    La partecipazione del ricorrente alla collusione sui prezzi è peraltro confermata da prove documentali della detta collusione, richiamate nella decisione. In particolare, il listino Finnboard, descritto al punto 79 del preambolo della decisione, presenta analogie formali impressionanti con altri due listini prezzi menzionati ai punti 80 e 83 del preambolo della decisione, vale a dire i listini acquisiti dalla Commissione presso la Rena (allegati 110 e 111 alla comunicazione degli addebiti). I tre listini contengono indicazioni, per diversi tipi di cartoncino e per vari Stati della Comunità, sulle date e sugli importi precisi degli aumenti di prezzo attuati dalle imprese considerate, rispettivamente, nell'aprile del 1989, nel settembre-ottobre 1989 e nell'aprile del 1990. Le indicazioni fanno riscontro, quanto gli importi degli aumenti dei prezzi e alle date della loro entrata in vigore, ai comportamenti effettivamente accertati delle imprese interessate sul mercato in particolare a quello del ricorrente (v. tabelle D, E e F allegate alla decisione).

168.
    Date le impressionanti analogie formali riscontrabili nei tre listini, si deve ritenere che essi abbiano un'origine comune. Inoltre, l'allegato 110 reca la data del 3 dicembre 1989, anteriore quindi all'annuncio degli aumenti dei prezzi ivi indicati. Di conseguenza, la Commissione ha correttamente concluso che gli altri due listini, non datati, dovessero anch'essi essere considerati redatti in una data anteriore a quella degli annunci effettivi degli aumenti di prezzo menzionati.

169.
    Con più particolare riguardo al listino Finnboard, l'argomentazione del ricorrente secondo cui la parola svedese «höjs» dimostrerebbe che il documento di cui trattasi riguarda un precedente aumento dei prezzi del cartoncino grafico, esso va respinto in quanto infondato. Tale parola «höjs» può infatti riferirsi ad un avvenimento presente («aumenta») o futura («aumenterà»).

170.
    Infine, per quanto riguarda lo stesso listino, la Commissione ha correttamente rilevato nella decisione (punto 79, quarto comma, del preambolo):

«Finnboard non produce tipi UD o GD, pertanto l'elenco non poteva essere di natura meramente interna o riferito soltanto alle attività proprie di Finnboard».

171.
    Alla luce di quanto precede, e senza che sia necessario esaminare le censure del ricorrente riguardanti altri documenti (allegati 44, 130 e 131 alla comunicazione degli addebiti), si deve concludere che la Commissione ha dimostrato la partecipazione del ricorrente ad una collusione sui prezzi.

Sulla terza parte del motivo, relativa all'assenza di prova della partecipazione del ricorrente alla regolamentazione dei quantitativi prodotti

- Argomenti delle parti

172.
    Il ricorrente sostiene che la decisione non contiene alcun elemento che consenta di concludere che essa ha violato l'art. 85 del Trattato per quanto riguarda la regolamentazione dei quantitativi prodotti. L'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti (v. punto 53 del preambolo della decisione), un documento che riveste una particolare importanza nella motivazione della decisione, non menzionerebbe neppure una sola volta il nome del ricorrente.

173.
    Il punto 61 del preambolo della decisione, relativo al sistema di sorveglianza e di controllo delle capacità produttive e dei quantitativi prodotti e venduti, non conterrebbe alcun addebito nei confronti del ricorrente, non avendo quest'ultimo fornito informazioni alla Fides né ricevuto relazioni sulle capacità.

174.
    La motivazione della decisione relativa ai portafogli ordini inevasi e agli arresti degli impianti sarebbe puramente teorica. Essa non farebbe nemmeno allusione ad un eventuale accordo al riguardo, posto che, a suo giudizio, sarebbe esistito solo un sistema non vincolante di incentivi.

175.
    Infine, per quanto riguarda l'accordo che si asserisce stipulato in seno al PWG sul congelamento delle quote di mercato detenute dai principali produttori, il ricorrente ribadisce di non aver partecipato a queste riunioni. Inoltre, né nella dichiarazione della Stora (allegato 43 alla comunicazione degli addebiti) né nella nota della Rena relativa ad una riunione dell'NPI (allegato 102 alla comunicazione degli addebiti; v. punto 58 del preambolo della decisione) figurerebbero indicazioni che consentano di concludere che il ricorrente abbia preso parte ad una concertazione. In particolare, dalla dichiarazione della Stora emergerebbe che le discussioni relative alle quote di mercato erano estremamente vaghe e non riguardavano le singole imprese.

176.
    La Commissione ribatte che l'esistenza delle collusioni in materia di controllo dei quantitativi prodotti è dimostrata (punti 51-71 del preambolo della decisione).

177.
    La politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità sarebbe stata minuziosamente descritta dalla Stora (allegato 39 alla comunicazione degli addebiti). L'applicazione di questa politica avrebbe implicato il controllo dei quantitativi prodotti e il loro adattamento alla domanda. I produttori avrebbero per tale motivo scambiato informazioni relative alla situazione del portafoglio ordini inevasi, agli ordini in arrivo e all'utilizzo delle capacità. Inoltre, essi si sarebbero reciprocamente scambiati informazioni sull'ampiezza dei tempi di arresto programmati o realizzati, al fine di pianificare arresti degli impianti su scala settoriale.

178.
    Questa descrizione della politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità troverebbe conferma in una nota della Mayr-Melnhof relativa alla riunione del COE del 3 ottobre 1989 (allegato 70 alla comunicazione degli addebiti), in una nota riservata del 28 dicembre 1988 redatta dal direttore commerciale della Mayr-Melnhof (allegato 73 alla comunicazione degli addebiti), nonché negli allegati 113, 130 e 131 alla comunicazione degli addebiti.

179.
    In ordine alla partecipazione del ricorrente alle discussioni di cui trattasi, la Commissione sottolinea come la sua partecipazione venga dimostrata dal fatto che esso ha assunto per lungo tempo la presidenza del PWG, in seno al quale le dette discussioni hanno avuto luogo.

180.
    Inoltre, il ruolo svolto dal ricorrente verrebbe confermato da numerosi documenti, in particolare dagli allegati 70, 130 e 131 alla comunicazione degli addebiti, nei quali il ricorrente viene più volte menzionato.

- Giudizio del Tribunale

181.
    Ai sensi dell'art. 1 della decisione, le imprese menzionate in tale disposizione hanno violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando, durante il periodo di riferimento, ad un accordo ed a pratiche concordate nell'ambito dei quali i fornitori di cartoncino della Comunità hanno, in particolare, «raggiunto un'intesa sul mantenimento a livello costante delle quote di mercato dei principali produttori (salve alcune modifiche occasionali)» e «adottato (sempre più spesso a decorrere dall'inizio del 1990) misure concordate per controllare l'offerta del prodotto nella Comunità al fine di garantire l'applicazione dei predetti aumenti concordati di prezzo».

182.
    Secondo la Commissione, questi due tipi di collusione, presi in considerazione nella decisione sotto la voce «Controllo delle quantità», hanno avuto inizio durante il periodo di riferimento ad opera dei partecipanti alle riunioni del PWG. Infatti, risulta dal punto 37, terzo comma, del preambolo della decisione, che i veri compiti del PWG, come descritti dalla Stora, «comprendevano “la discussione e la concertazione in materia di mercati, quote di mercato, prezzi, aumenti di prezzo e capacità“».

183.
    Quanto al ruolo svolto dal PWG nella collusione sulle quote di mercato, nella decisione (punto 37, quinto comma, del preambolo) si espone quanto segue: «Per quanto riguarda i passi compiuti per introdurre aumenti di prezzo, il PWG ha tenuto discussioni approfondite sulle quote di mercato nell'Europa occidentale dei raggruppamenti per paese e dei gruppi singoli. Per effetto delle sue iniziative sono state raggiunte alcune “intese“ tra i partecipanti in merito alle rispettive quote di mercato allo scopo di garantire che le iniziative concordate in materia di prezzi non fossero compromesse da un'offerta superiore alla domanda. I grandi gruppi di produttori in effetti hanno convenuto di mantenere le loro rispettive quote di mercato ai livelli riscontrabili ogni anno nei dati relativi alla produzione annuale e alle vendite distribuiti in forma finale da Fides nel marzo dell'anno successivo. L'andamento delle quote di mercato era analizzato in ciascuna riunione del PWG sulla base delle dichiarazioni mensili di Fides e se emergevano fluttuazioni significative venivano chieste spiegazioni all'impresa ritenuta responsabile».

184.
    Secondo il punto 52 del preambolo, «l'accordo concluso nel PWG nel corso del 1987 comprendeva il “congelamento“ nell'Europa occidentale delle quote di mercato dei principali produttori ai livelli esistenti e l'obbligo di astenersi da tentativi di accaparrarsi nuovi clienti o di estendere le attività esistenti mediante una politica aggressiva dei prezzi».

185.
    Nel punto 56, primo comma, del preambolo si rileva quanto segue: «L'intesa di base esistente tra i principali produttori al fine di mantenere le rispettive quote di mercato è proseguita per tutto il periodo oggetto della presente decisione». Ai termini del punto 57, «in ciascuna riunione del PWG era analizzata “l'evoluzione delle quote di mercato“ sulla base di statistiche provvisorie». Infine, nel punto 56, ultimo comma, si precisa che «le imprese che hanno partecipato alle discussioni sulle quote di mercato erano i membri del PWG e precisamente: Cascades, Finnboard, KNP (fino al 1988), [Mayr-Melnhof], MoDo, Sarrió, i due produttori del gruppo SBC e Feldmühle e (dal 1988) Weig».

186.
    Si deve rilevare che la Commissione ha correttamente dimostrato l'esistenza di una collusione sulle quote di mercato tra i partecipanti alle riunioni del PWG.

187.
    Infatti, l'analisi della Commissione si fonda sostanzialmente sulle dichiarazioni della Stora (allegati 39 e 43 alla comunicazione degli addebiti) ed è corroborata dall'allegato 73 della comunicazione degli addebiti.

188.
    Nell'allegato 39 alla comunicazione degli addebiti, la Stora espone quanto segue: «Il PWG si è riunito a partire dal 1986 per fornire un supporto all'introduzione di una disciplina sul mercato. (...) Tra le sue varie attività (legittime), vi erano anche la discussione e la concertazione in materia di mercati, quote di mercato, prezzi e aumenti di prezzo e capacità. La sua funzione consisteva in particolare nel valutare lo stato preciso dell'offerta e della domanda sul mercato nonché i provvedimenti da adottare per assicurarne il controllo e sottoporre tale valutazione alla President Conference».

189.
    Per quanto riguarda più specificamente la collusione sulle quote di mercato, la Stora afferma che «le quote acquisite dai gruppi nazionali della Comunità europea, dell'EFTA e di altri paesi i cui fornitori erano membri del PG Paperboard venivano esaminate nell'ambito del PWG» e che il PWG «dibatteva la possibilità di mantenere le quote di mercato al livello dell'anno precedente» (allegato 39 della comunicazione degli addebiti, punto 19). Essa rileva peraltro (medesimo documento, punto 6) che «durante questo periodo si sono svolte discussioni in ordine alle quote di mercato dei produttori europei, con i livelli del 1987 come primo periodo di riferimento».

190.
    Il 14 febbraio 1992, rispondendo ad una domanda postale dalla Commissione il 23 dicembre 1991 (allegato 43 alla comunicazione degli addebiti), la Stora precisa ancora che «le intese sui livelli delle quote di mercato concluse dai membri del PWG riguardavano l'Europa nel suo complesso. Tali intese si basavano sui dati annuali totali relativi all'anno precedente, che erano di regola disponibili in forma definitiva sin dal mese di marzo dell'anno successivo» (punto 1.1).

191.
    Tale affermazione trova conferma nel medesimo documento, nei termini seguenti: «(...) le discussioni sfociavano in intese, che venivano generalmente concluse nel mese di marzo di ciascun anno, tra i membri del PWG con l'obiettivo di mantenere le loro quote di mercato al livello dell'anno precedente» (punto 1.4). La Stora riferisce che «non veniva preso alcun provvedimento per garantire il rispetto dell'intesa» e che i partecipanti alle riunioni del PWG «erano consapevoli del fatto che, qualora essi assumessero posizioni particolari su determinati mercati riforniti da altri, questi ultimi assumerebbero il medesimo atteggiamento su altri mercati» (stesso punto).

192.
    Infine, essa dichiara che il Finnboard ha preso parte alle discussioni relative alle quote di mercato (punto 1.2).

193.
    Le affermazioni della Stora riguardanti la collusione sulle quote di mercato sono suffragate dall'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti (v. supra, punti 152 e 178).

194.
    Secondo tale documento, menzionato ai punti 53-55 del preambolo della decisione, la maggiore collaborazione nell'ambito del «circolo dei presidenti» («Präsidentenkreis»), decisa nel 1987, ha prodotto «vincitori» e «vinti». L'autore della nota colloca la Mayr-Melnhof tra i «vinti» per varie ragioni, in particolare per i seguenti motivi:

«2)    E' stato possibile giungere ad un accordo soltanto infliggendoci una “sanzione“ - ci sono stati imposti taluni “sacrifici“.

3)    Le quote di mercato del 1987 dovevano essere “congelate“, i contatti esistenti andavano mantenuti e nessuna nuova attività o qualità doveva essere acquisita praticando prezzi promozionali (i risultati si vedranno nel gennaio 1989 - se tutte le parti interessate si comportano lealmente)».

195.
    Queste frasi vanno lette nel contesto più generale della nota.

196.
    A tale proposito, va ricordato (v. supra, punto 155) che il riferimento al «circolo dei presidenti» è stato interpretato dalla Mayr-Melnhof come riguardante, nel contempo, il PWG e la PC in un contesto generale, vale a dire senza alcun riferimento a un avvenimento o a una specifica riunione (allegato 75 alla comunicazione degli addebiti, punto 2. a).

197.
    L'autore afferma poi che tale collaborazione ha dato vita alla «disciplina dei prezzi», che ha prodotto «vincitori» e «vinti».

198.
    E' quindi nel contesto di questa disciplina decisa dal «circolo dei presidenti» che va letto il brano riguardante le quote di mercato da congelare ai livelli del 1987.

199.
    Inoltre il rinvio al 1987 come anno di riferimento è conforme alla seconda dichiarazione resa dalla Stora (allegato 39 alla comunicazione degli addebiti; v. supra, punto 188).

200.
    Quanto al ruolo svolto dal PWG nella collusione sul controllo dell'approvvigionamento, che caratterizzava l'esame dei tempi di arresto dei macchinari, nella decisione si afferma che il PWG ha avuto un ruolo determinante nell'attuazione dei tempi di arresto quando, dal 1990, di fronte ad un aumento della capacità produttiva e ad una contrazione della domanda, «dall'inizio del 1990 (...) i leader dell'industria (...) hanno ritenuto opportuno concertarsi nell'ambito del PWG sulla necessità di prevedere l'arresto degli impianti. I principali produttori hanno riconosciuto che non potevano aumentare la domanda abbassando i prezzi e che il mantenimento della produzione a pieno regime avrebbe semplicemente ridotto i prezzi. In teoria, sulla base delle relazioni in materia di capacità era possibile calcolare i tempi d'arresto necessari per riportare in equilibrio la domanda e l'offerta» (punto 70 del preambolo della decisione).

201.
    La decisione precisa inoltre quanto segue: «Tuttavia il PWG non assegnava formalmente al singolo produttore il relativo “tempo d'arresto“. Secondo Stora esistevano difficoltà pratiche per riuscire a raggiungere un programma coordinato dei tempi d'arresto in grado di comprendere tutti i produttori. Stora afferma che per tale motivo “esisteva soltanto un sistema non vincolante di incentivi“» (punto 71 del preambolo della decisione).

202.
    Si deve prendere atto che la Commissione ha adeguatamente dimostrato l'esistenza di una collusione sugli arresti degli impianti tra i partecipanti alle riunioni del PWG.

203.
    I documenti da essa prodotti suffragano la sua analisi.

204.
    Nella sua seconda dichiarazione (allegato 39 alla comunicazione degli addebiti, punto 24), la Stora fornisce le seguenti spiegazioni: «Con l'adozione, da parte del PWG, della politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità e l'attuazione progressiva di un sistema di prezzi equivalenti dal 1988, i membri del PWG hanno riconosciuto la necessità di rispettare i tempi d'arresto al fine di tener fermi questi prezzi di fronte ad una crescita ridotta della domanda. Senza ricorrere a tempi d'arresto, i produttori si sarebbero trovati nell'impossibilità di mantenere i livelli di prezzi convenuti di fronte ad una sovraccapacità produttiva sempre crescente».

205.
    Al punto successivo della dichiarazione, essa osserva: «Nel 1988 e nel 1989, l'industria poteva funzionare con una capacità produttiva pressoché piena. L'arresto degli impianti per motivi diversi dalla normale chiusura per la manutenzione o per le festività è diventata necessaria dal 1990. (...) In seguito, è sorta la necessità di applicare tempi di arresto quando si fermava il flusso degli ordini per mantenere la politica del prezzo prioritario rispetto alla quantità. I tempi di arresto cui i produttori dovevano attenersi (per garantire l'equilibrio tra la produzione e il consumo) potevano essere calcolati in base alle relazioni riguardanti le capacità. Il PWG non stabiliva formalmente i tempi di arresto, benché vi fosse un sistema non vincolante di incentivi (...)».

206.
    Quanto all'allegato 73 alla comunicazione degli addebiti, le ragioni fornite dall'autore per spiegare perché la Mayr-Melnhof andasse collocata tra i «vinti» all'epoca della stesura della nota costituiscono importanti elementi di prova dell'esistenza di una collusione tra i partecipanti alle riunioni del PWG sui tempi d'arresto.

207.
    Infatti, l'autore rileva quanto segue:

«4)    E' su questo punto che comincia a divergere la posizione delle parti interessate in ordine alla concezione stessa dell'obiettivo perseguito.

    (...)

    c) Tutto il personale addetto alle vendite e gli agenti europei sono stati liberati da ogni obiettivo di vendita in termini di volume ed è stata applicata una politica dei prezzi rigida, praticamente senza eccezioni (in molti casi, i nostri collaboratori non hanno capito il nostro nuovo atteggiamento nei confronti del mercato - prima, l'unica esigenza era quella della quantità mentre ora contava soltanto la disciplina in materia di prezzi con il rischio di un arresto dei macchinari)».

208.
    La Mayr-Melnhof sostiene (allegato 75 alla comunicazione degli addebiti) che il brano sopra citato riguarda una situazione interna dell'impresa. Tuttavia, analizzato alla luce del contesto più generale della nota, questo stralcio riflette l'attuazione, al livello degli addetti commerciali, di una politica rigorosa stabilita in seno al «circolo dei presidenti». Il documento va quindi interpretato nel senso che i partecipanti all'accordo del 1987, vale a dire per lo meno i partecipanti alle riunioni del PWG, hanno incontestabilmente valutato le conseguenze della politica decisa, nell'ipotesi in cui essa venisse applicata rigorosamente.

209.
    Il fatto che si siano svolte discussioni in relazione all'esame dei tempi di arresto tra i produttori all'atto della preparazione degli aumenti di prezzo trova conferma, in particolare, in una nota della Rena datata 6 settembre 1990 (allegato 118 alla comunicazione degli addebiti); tale nota menziona gli importi degli aumenti dei prezzi in numerosi paesi, le date degli annunci futuri dei detti aumenti nonché la situazione degli ordini inevasi espressa in giornate di lavoro per numerosi produttori.

210.
    L'autore del documento annota che alcuni produttori prevedevano tempi di arresto degli impianti, esprimendo questi dati nel modo seguente:

«Kyro        36 days        1 week

Simpele    28 days        1 week    September

Ta        27 days

Ingerois    24 days        23/september stop

(...)

Kopparfors    5-15 days

            5/9 will stop for five days».

211.
    Va sottolineato che il ricorrente ha preso parte alla riunione del JMC considerata dalla detta nota (tabella 4 allegata alla decisione). Al riguardo, è pacifico che i nomi summenzionati, «Kyro», «Simpele», «Ta», per Tako, e «Ingerois» si riferiscono ai luoghi di produzione del cartoncino di società aderenti al Finnboard, vale a dire la Oy Kyro AB, la United Paper Mills Ltd, la Metsä-Serla OY e la Tampella Corporation.

212.
    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione ha adeguatamente dimostrato l'esistenza di una collusione sulle quote di mercato tra i partecipanti alle riunioni del PWG nonché di una collusione sugli arresti degli impianti tra le medesime imprese. Poiché è dimostrata la partecipazione del ricorrente alle riunioni del PWG e poiché quest'impresa è espressamente menzionata nelle principali prove a carico (dichiarazioni della Stora), la Commissione ha correttamente ritenuto il ricorrente responsabile di aver partecipato a queste due collusioni.

213.
    Le censure formulate dal ricorrente nei confronti delle dichiarazioni della Stora, dirette a contestarne il valore probatorio di questi documenti, non sono atte a inficiare questa constatazione.

214.
    Invero, è pacifico che le dichiarazioni della Stora provengono da una delle imprese che si ritiene abbiano partecipato all'infrazione contestata e contengono una descrizione dettagliata della natura delle discussioni svolte nell'ambito degli organismi del PG Paperboard, dell'obiettivo perseguito dalle imprese raggruppate in seno a quest'ultimo, nonché della partecipazione delle dette imprese alle riunioni dei suoi vari organismi. Ebbene, poiché questo elemento probatorio centrale risulta corroborato da altri atti di causa, esso costituisce un supporto pertinente per le affermazioni della Commissione.

215.
    Dal momento che la Commissione ha dimostrato l'esistenza delle due collusioni di cui trattasi, non occorre esaminare gli altri documenti contestati dal ricorrente.

216.
    Poiché nessuna delle sue parti è stata accolta, il motivo di cui trattasi dev'essere respinto nel suo complesso.

Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto la Commissione non avrebbe preso debitamente in considerazione le condizioni di concorrenza e la situazione sul mercato

Argomenti delle parti

217.
    Questo motivo è articolato in due parti.

218.
    Nella prima parte, il ricorrente sostiene che, date le condizioni del mercato, esso non aveva interesse a partecipare ad una concertazione mirante a restringere la concorrenza.

219.
    A tale riguardo, risulterebbe dalla decisione che, nel 1990, le esportazioni dei paesi scandinavi erano precipuamente costituite dai tipi di cartoncino GC e SBS e che l'80% del cartoncino prodotto dai finlandesi erano del tipo GC. Inoltre, le esportazioni degli Stati membri dell'EFTA avrebbero coperto circa la metà del consumo di cartoncino GC nella Comunità. Pertanto, il ricorrente poteva aver interesse allo sviluppo del mercato comunitario del cartoncino solo per quanto riguarda il tipo GC.

220.
    I produttori di cartoncino GC non sarebbero stati quasi per nulla interessati dalle difficoltà di smercio incontrate dai produttori del tipo GD, considerato che la domanda di cartoncino GC si sarebbe accresciuta, nel corso della seconda metà degli anni '80, tre volte più velocemente della domanda di cartoncino GD e che i produttori scandinavi di cartoncino GC sarebbero riusciti ad aumentare continuamente le loro quote di mercato. Per converso, i produttori di cartoncino GD avrebbero subito un'accanita concorrenza. Gli effetti di questa situazione concorrenziale vantaggiosa per i produttori di cartoncino GC sarebbero stati rafforzati, da un lato, dall'integrazione verticale delle loro unità produttive, dato che i cartonifici erano ubicati nelle dirette vicinanze delle foreste e delle fabbriche di pasta di legno, e dall'altro, dal fatto che i produttori finlandesi disponevano dei più moderni impianti industriali. Ciò premesso, il ricorrente contesta che il margine operativo medio dei produttori di cartoncino fosse pari al 20% durante il periodo considerato dalla decisione (punto 16 del preambolo).

221.
    In considerazione delle condizioni del mercato e della situazione della concorrenza nel quale si trovava in quel periodo, il ricorrente non avrebbe avuto quindi alcun interesse a partecipare ad un'intesa diretta a restringere la concorrenza. Poiché avrebbe omesso di prendere in considerazione queste specifiche circostanze, l'analisi compiuta dalla Commissione delle condizioni del mercato sarebbe insufficiente ed errata.

222.
    Nella seconda parte del motivo, il ricorrente assume che la decisione muove da un'analisi insufficiente delle condizioni del mercato, in quanto non vi sarebbe effettuata alcuna constatazione relativa all'esistenza di una concorrenza effettiva durante il periodo di cui trattasi. La Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione, quanto meno nel calcolo delle ammende, il fatto che un'eventuale concertazione non ha comunque avuto alcun'incidenza sulla concorrenza effettiva.

223.
    In ordine alla prima parte del motivo, la Commissione ribatte che, essendo dimostrata la partecipazione del ricorrente all'intesa, non è necessario esaminare se esso avesse un interesse a prendervi parte. Ad ogni buon conto, il ricorrente avrebbe avuto un interesse evidente al mantenimento di prezzi artificialmente elevati. Infatti, ammesso che le sue affermazioni circa la situazione concorrenziale vantaggiosa dei produttori di cartoncino GC siano esatte, il mantenimento di prezzi elevati gli avrebbe conferito un vantaggio ancora più ampio rispetto ai produttori di cartoncino GD.

224.
    Infine, il margine operativo medio sarebbe stato effettivamente del 20% (punto 16 del preambolo della decisione).

225.
    In ordine alla seconda parte del motivo, la Commissione fa valere che lo studio redatto dalla London Economics (in prosieguo: la «relazione LE»), richiamato dal ricorrente, non contraddice l'esistenza dell'intesa né gli effetti di quest'ultima sul libero svolgimento della concorrenza.

226.
    In ogni caso, dato lo scopo manifestamente anticoncorrenziale dell'intesa, non sarebbe necessario dimostrare l'esistenza di effetti concreti sul mercato (sentenza della Corte 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pag. 457, in particolare pag. 524).

Giudizio del Tribunale

227.
    Si è già stato accertato che la Commissione ha dimostrato che il ricorrente ha partecipato, dalla metà del 1986, ad una collusione sui prezzi e, dalla fine del 1987, ad una collusione sulle quote di mercato nonché ad una collusione sugli arresti degli impianti, vale a dire ai tre elementi costitutivi dell'infrazione constatata all'art. 1 della decisione.

228.
     Inoltre, la Commissione ha concluso, senza contestazioni da parte del ricorrente, che le collusioni sopra menzionate avevano perseguito l'obiettivo di restringere la concorrenza all'interno del mercato comune e avevano pregiudicato il commercio tra gli Stati membri (punti 133-138 del preambolo della decisione).

229.
    Ciò posto, gli argomenti del ricorrente relativi all'assenza di interesse alla partecipazione ad una qualsiasi intesa, da un lato, e all'assenza di effetti della concertazione sulla concorrenza effettiva, dall'altro, sono irrilevanti. Invero, quand'anche le circostanze di fatto addotte dal ricorrente nell'ambito della sua argomentazione siano esatte, esse non sarebbero idonee a rimettere in discussione l'accertamento della Commissione relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

230.
    Il presente motivo non può pertanto essere accolto.

Sulla domanda di annullamento dell'art. 2 della decisione

Argomenti delle parti

231.
    Il ricorrente asserisce che l'ordine enunciato all'art. 2 della decisione è del tutto impreciso e non consente di determinare le informazioni il cui scambio è vietato. Sarebbe inammissibile che l'art. 2 della decisione ponga a carico delle imprese il rischio della determinazione della portata dell'ingiunzione. Peraltro, il difetto di precisione dell'art. 2 toglierebbe alla decisione la sua natura esecutiva.

232.
    Inoltre, l'ingiunzione sarebbe ingiustificata nella parte in cui vieta lo scambio di informazioni aggregate sullo stato del portafoglio ordini in arrivo e del portafoglio ordini inevasi. Lo scambio di simili dati sarebbe assolutamente anodino, e il semplice fatto che sia possibile l'uso delle informazioni scambiate a scopo anticoncorrenziale non potrebbe giustificare un divieto di scambio di tali informazioni.

233.
    Infine, un sistema di scambio di tali informazioni aggregate avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione dall'associazione CEPI-Cartonboard. L'art. 2 della decisione vieta in realtà questo sistema, talché la Commissione avrebbe dovuto verificare, prima di adottare la decisione, se ricorressero i presupposti per un'esenzione ai sensi dell'art. 85, n. 3, e la decisione avrebbe dovuto essere motivata su tale punto. I diritti della difesa del ricorrente sarebbero stati conseguentemente violati, avendo la Commissione omesso di sentire l'associazione CEPI-Cartonboard prima dell'adozione della decisione.

234.
    La Commissione contesta che il divieto enunciato all'art. 2 della decisione sia troppo astratto o impreciso. Il dispositivo della decisione andrebbe letto alla luce della sua motivazione, lettura che consentirebbe ai destinatari di prendere atto della portata precisa del divieto (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73, 55/73, 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 122-124). Nella fattispecie, nella motivazione della decisione sarebbero esposti in dettaglio gli elementi di fatto sui quali è basato il divieto.

235.
    I divieti menzionati all'art. 2, primo e quarto comma, riguarderebbero la cessazione e l'inibizione di commettere di nuovo l'infrazione, quale è stata descritta nella motivazione della decisione. Inoltre, il secondo e il terzo comma dell'art. 2 della decisione conterrebbe solo una descrizione, intesa ad aiutare i produttori a organizzare il loro comportamento futuro, nel modo in cui uno scambio d'informazioni lecito può essere posto in atto. Ciò si evincerebbe dalla formulazione positiva utilizzata nel testo di questi due commi.

236.
    Quanto al divieto relativo allo scambio d'informazioni in forma aggregata relative alla situazione del portafoglio ordini in arrivo e del portafoglio ordini inevasi, la Commissione argomenta che, sul mercato del cartoncino, tale divieto è giustificato dalla notevole concentrazione dell'industria e dall'omogeneità dei prodotti. Richiamandosi ai punti 68-70 del preambolo della decisione, essa fa valere che lo scambio regolare di informazioni del genere comporta una trasparenza delle condizioni del mercato atta a permettere, a livello dell'intero settore, da un lato, di pianificare gli arresti degli impianti per prevenire un calo dei prezzi e, dall'altro, di valutare la possibilità di aumentare i prezzi. Del resto, i produttori di cartoncino avrebbero già fatto uso delle informazioni scambiate per facilitare una politica commerciale comune.

237.
    Pertanto, la Commissione avrebbe correttamente ritenuto che lo scambio delle informazioni in questione equivarrebbe, sul mercato di cui trattasi, ad una restrizione della concorrenza vietata dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

238.
    Infine, l'art. 2 della decisione non riguarderebbe il sistema di scambio di informazioni notificato dall'associazione CEPI-Cartonboard.

Giudizio del Tribunale

239.
    Si deve ricordare che l'art. 2 della decisione dispone quanto segue:

«Le imprese citate all'articolo 1 sono tenute a porre fine immediatamente alla predetta infrazione, qualora non lo abbiano già fatto. Esse si astengono in futuro, per quanto riguarda le loro attività nel settore del cartoncino, da qualsiasi accordo o pratica concordata che possa avere un oggetto od effetto identico o simile, compreso lo scambio di informazioni commerciali:

a)    attraverso il quale i partecipanti siano direttamente o indirettamente informati in materia di produzione, vendite, portafoglio ordini, tassi di utilizzazione degli impianti, prezzi di vendita, costi o programmi di vendita riguardanti individualmente gli altri produttori;

    o

b)    attraverso il quale, pur non divulgando informazioni relative alle singole imprese, venga promossa, facilitata o incoraggiata una reazione comune dell'industria alle condizioni economiche per quanto riguarda i prezzi o il controllo della produzione;

    o

c)    attraverso il quale possa essere controllata l'adesione o l'ottemperanza a qualsiasi accordo espresso o tacito in materia di prezzi o di ripartizione dei mercati all'interno della Comunità.

Gli eventuali sistemi di scambio di informazioni generali adottati dalle imprese (come il sistema Fides o il suo successore) vengono attuati in modo da escludere non soltanto qualsiasi informazione da cui poter desumere il comportamento di singoli produttori, ma anche qualsiasi dato relativo alla situazione corrente del portafoglio ordini pervenuti e inevasi, al tasso previsto di utilizzazione della capacità produttiva (in entrambi i casi, anche se i dati sono aggregati) o alla capacità produttiva dei singoli macchinari.

Qualsiasi sistema di scambio di questo tipo è limitato alla raccolta ed alla divulgazione in forma aggregata di statistiche relative alla produzione e alle vendite che non possono essere usate per promuovere o facilitare un comportamento comune a livello industriale.

Le imprese sono inoltre tenute ad astenersi da qualsiasi scambio di informazioni rilevanti in termini di concorrenza in aggiunta agli scambi consentiti, nonché da qualsiasi riunione o altro contatto avente lo scopo di analizzare il valore delle informazioni scambiate o la possibile o probabile reazione dell'industria o dei singoli produttori a tali informazioni.

Viene concesso un periodo di tre mesi a decorrere dalla data della presente decisione per poter apportare le necessarie correzioni ai sistemi di scambio delle informazioni».

240.
    Come risulta dal punto 165 del preambolo, l'art. 2 della decisione è stato adottato in forza dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17. Ai sensi di tale disposizione, qualora la Commissione constati un'infrazione, in particolare alle disposizioni dell'art. 85 del Trattato, essa può obbligare, mediante decisione, le imprese interessate a porre fine all'infrazione constatata.

241.
    Per giurisprudenza costante, l'applicazione dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 può comportare il divieto di persistere in certe attività, pratiche o situazioni la cui illegittimità sia stata constatata (sentenze della Corte 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223, punto 45, e 6 aprile 1995, cause riunite C-241/91 P e C-242/91 P, RTE e ITP/Commissione, Racc. pag. I-743, punto 90), ma anche quello di adottare in futuro un comportamento analogo (sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 220).

242.
    Per di più, poiché l'applicazione dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 va adeguata alla natura dell'infrazione accertata, la Commissione ha il potere di precisare la portata degli obblighi incombenti alle imprese interessate affinché si ponga fine alla detta infrazione. Obblighi del genere imposti alle imprese non devono eccedere i limiti di quanto è appropriato e necessario per conseguire lo scopo prefisso, vale a dire il ripristino della situazione conforme al diritto in relazione alle norme che sono state violate (sentenza RTE e ITP, citata, punto 93; nello stesso senso, v. sentenze del Tribunale 8 giugno 1995, causa T-7/93, Langnese-Iglo/Commissione, Racc. pag. II-1533, punto 209, e causa T-9/93, Schöller/Commissione, Racc. pag. II-1611, punto 163).

243.
     Per quanto riguarda, anzitutto, l'argomento del ricorrente secondo cui la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto adottando l'art. 2 della decisione senza essersi pronunciata sulla compatibilità con l'art. 85 del sistema di scambi d'informazioni notificato dall'associazione CEPI-Cartonboard, occorre rilevare che la notificazione effettuata dalla detta associazione il 6 dicembre 1993 riguardava un nuovo sistema di scambi d'informazioni, diverso da quello esaminato dalla Commissione nella decisione. Adottando l'art. 2 della decisione impugnata, la Commissione non ha quindi potuto vagliare la liceità del nuovo sistema nell'ambito di questa decisione. Essa poteva pertanto del tutto legittimamente limitarsi ad esaminare il precedente sistema di scambi d'informazioni e pronunciarsi su quest'ultimo nell'art. 2 della decisione.

244.
    Per stabilire poi se, come sostiene il ricorrente, l'ingiunzione contenuta nell'art. 2 della decisione abbia una portata troppo ampia, occorre esaminare gli effetti dei vari divieti che esso impone alle imprese.

245.
    Quanto al divieto sancito dall'art. 2, primo comma, seconda frase, che comporta per le imprese l'obbligo di astenersi nel futuro da qualsiasi accordo o pratica concordata che possa avere un oggetto o un effetto identico o simile a quelli delle infrazioni constatate nell'art. 1 della decisione, esso mira soltanto ad impedire alle imprese di reiterare i comportamenti la cui illegittimità è stata accertata. Di conseguenza, formulando un divieto del genere, la Commissione non ha ecceduto i poteri che le sono conferiti dall'art. 3 del regolamento n. 17.

246.
    Quanto alle disposizioni dell'art. 2, primo comma, lett. a), lett. b) e lett. c), esse riguardano invece più specificamente divieti di futuri scambi d'informazioni commerciali.

247.
    L'ingiunzione contenuta nell'art. 2, primo comma, lett. a), che vieta per il futuro ogni scambio di informazioni commerciali che consenta ai partecipanti di ottenere direttamente o indirettamente informazioni riguardanti individualmente imprese concorrenti, presuppone che l'illegittimità di uno scambio di informazioni siffatto alla luce dell'art. 85, n. 1, del Trattato sia stata dichiarata dalla Commissione nella decisione.

248.
    Occorre constatare, in proposito, che l'art. 1 della decisione non stabilisce che lo scambio di informazioni individuali configura di per sé una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

249.
    Esso afferma, in termini più generali, che le imprese hanno violato la detta norma del Trattato partecipando ad un accordo ed a pratiche concordate nell'ambito dei quali esse hanno, in particolare, «scambiato informazioni commerciali in materia di consegne, prezzi, tempi di arresto degli impianti, portafoglio ordini inevasi e tasso di utilizzazione dei macchinari, a sostegno delle misure di cui sopra».

250.
    Tuttavia, poiché il dispositivo della decisione dev'essere letto alla luce del suo preambolo (v. sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata, punto 122), va rilevato come nel punto 134, secondo comma, del preambolo della decisione, si evidenzi quanto segue:

«Lo scambio da parte dei produttori, nel corso delle riunioni del PG Paperboard (soprattutto del JMC), di informazioni individuali a carattere commerciale, di norma riservate e delicate, sul portafoglio ordini inevasi, sugli arresti degli impianti e sui ritmi di produzione era palesemente lesivo della concorrenza, essendo inteso a garantire che le condizioni di attuazione delle iniziative concordate in materia di prezzi fossero quanto più propizie possibile (...)».

251.
    Di conseguenza, poiché la Commissione ha correttamente concluso nella decisione che lo scambio di informazioni individuali a carattere commerciale costituiva, di per sé, una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, il divieto per il futuro di uno scambio di informazioni del genere è conforme ai requisiti previsti per l'applicazione dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17.

252.
    Quanto ai divieti relativi agli scambi di informazioni commerciali di cui all'art. 2, primo comma, lett. b) e lett. c), della decisione, essi vanno esaminati alla luce del secondo, terzo e quarto comma del medesimo articolo, che ne motivano il contenuto. E' infatti in tale contesto che occorre stabilire se, ed eventualmente in quale misura, la Commissione abbia ritenuto illeciti gli scambi di cui trattasi, tenendo conto del fatto che la portata degli obblighi imposti alle imprese dev'essere limitata a quanto necessario per ripristinare la liceità dei loro comportamenti alla luce dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

253.
    La decisione dev'essere interpretata nel senso che la Commissione ha considerato il sistema Fides incompatibile con l'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto costituiva un supporto dell'intesa accertata (punto 134, terzo comma, del preambolo della decisione). Un'interpretazione del genere trova conforto nella lettera dell'art. 1 della decisione, secondo cui lo scambio di informazioni tra le imprese è stato effettuato «a sostegno delle misure» ritenute incompatibili con l'art. 85, n. 1, del Trattato.

254.
    E' alla luce di tale interpretazione da parte della Commissione circa la compatibilità nel caso di specie del sistema Fides con l'art. 85 del Trattato che occorre valutare la portata dei divieti imposti per il futuro dall'art. 2, primo comma, lett. b) e lett. c), della decisione.

255.
    Al riguardo, i divieti di cui trattasi non sono limitati agli scambi di informazioni commerciali individuali, ma riguardano altresì gli scambi di taluni dati statistici aggregati [art. 2, primo comma, lett. b), e secondo comma, della decisione]. Inoltre, l'art. 2, primo comma, lett. b) e lett. c), della decisione vieta lo scambio di talune informazioni statistiche al fine di prevenire l'istituzione di un eventuale supporto per i potenziali comportamenti anticoncorrenziali.

256.
    Un divieto del genere, mirante ad impedire lo scambio di informazioni di natura esclusivamente statistica che non rivestono carattere di informazioni individuali o imputabili ad un singolo, per il fatto che le informazioni scambiate potrebbero essere utilizzate a fini anticoncorrenziali, eccede quanto necessario per ripristinare la liceità dei comportamenti accertati. Infatti, non risulta dalla decisione che la Commissione abbia ritenuto che lo scambio di dati statistici in quanto tale configurasse una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Inoltre, il solo fatto che un sistema di scambio d'informazioni statistiche possa essere utilizzato a fini anticoncorrenziali non comporta la sua incompatibilità con l'art. 85, n. 1, del Trattato, poiché occorre, in circostanze del genere, accertarne in concreto gli effetti anticoncorrenziali.

257.
    Di conseguenza, l'art. 2, commi dal primo al quarto, della decisione deve essere annullato, ad eccezione dei passi seguenti:

«Le imprese citate all'articolo 1 sono tenute a porre fine immediatamente alla predetta infrazione, qualora non lo abbiano già fatto. Esse si astengono in futuro, per quanto riguarda le loro attività nel settore del cartoncino, da qualsiasi accordo o pratica concordata che possa avere un oggetto od effetto identico o simile, compreso lo scambio di informazioni commerciali:

a)    attraverso il quale i partecipanti siano direttamente o indirettamente informati in materia di produzione, vendite, portafoglio ordini, tassi di utilizzazione degli impianti, prezzi di vendita, costi o programmi di vendita riguardanti individualmente gli altri produttori.

Gli eventuali sistemi di scambio di informazioni generali adottati dalle imprese (come il sistema Fides o il suo successore) vengono attuati in modo da escludere qualsiasi informazione da cui poter desumere il comportamento di singoli produttori».

Sulla domanda di annullamento dell'ammenda o di riduzione del suo importo

Sul motivo relativo al calcolo dell'ammenda in base ad un fatturato non pertinente

Argomenti delle parti

258.
    Questo motivo è articolato in due parti.

259.
    Nella prima parte, il ricorrente fa valere che l'ammenda è stata erroneamente calcolata in base ai fatturati di quattro società suoi membri produttrici di cartoncino, vale a dire la Kyro, la Metsä-Serla, la Tampella e la United Paper Mills. In realtà, il fatturato del ricorrente del 1990 sarebbe di ammontare ben inferiore ai fatturati di queste società. Ai sensi dell'art. 15 del regolamento n. 17, esso sarebbe costituito dalle commissioni fatturate alle società aderenti per le vendite da esso realizzate.

260.
    Esso sottolinea come all'atto delle vendite effettuate per conto delle società ad esso aderenti non acquisisca la proprietà della merce, la quale viene trasferita direttamente al cliente dalla società membro. Né esso sarebbe creditore dei clienti finali, posto che i crediti entrano direttamente nel patrimonio delle società aderenti. I clienti desidererebbero sempre che la merce sia consegnata da un determinato cartonificio. Il ricorrente condurrebbe infatti le trattative con i clienti in base a contratti già stipulati e potrebbe operare solo entro i limiti delle condizioni di vendita già fissate in tali contratti. Quanto agli eventuali nuovi clienti, il personale addetto alle vendite sarebbe tenuto a rivolgersi al locale direttore commerciale del Finnboard, il quale si informerebbe a sua volta presso il cartonificio richiesto dal cliente affinché vengano determinate le condizioni di vendita. Infine, allorché l'ordinativo di un cliente viene accettato dal cartonificio in questione, la fattura verrebbe inviata dal ricorrente per conto del detto cartonificio.

261.
    Il suo ruolo sarebbe del pari quello di un intermediario per quanto concerne le trattative relative al trasporto e ai finanziamenti.

262.
    Esso sostiene che, secondo la decisione, il Finnboard e le società ad esso aderenti non vanno considerati come un'unica impresa ai sensi dell'art. 85 del Trattato. Tale impostazione confermerebbe che il fatturato da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell'ammenda è costituito soltanto dalle commissioni riscosse dal ricorrente.

263.
    Nella seconda parte del motivo, esposta nella lettera inviata al Tribunale il 19 luglio 1995, il ricorrente fa rilevare che, stando al controricorso, la Commissione ha calcolato l'ammenda basandosi su un fatturato erroneo. Essa avrebbe infatti calcolato l'ammenda in base allo smercio, da parte del ricorrente, di 250 000 tonnellate di cartoncino per il 1990, mentre lo smercio effettivo sarebbe ammontato solo a 219 364 tonnellate. Tale divario si spiegherebbe con l'erronea presa in considerazione della produzione di carta da parati della Metsä-Serla. Nell'illustrare il suo calcolo del fatturato per il 1990, il ricorrente fa valere che tale fatturato è stato sovrastimato del 17%.

264.
    La Commissione ribatte, per quanto riguarda la prima parte del motivo, che il ricorrente non può essere equiparato ad un agente di commercio autonomo. Esso andrebbe trattato alla stregua di un organismo di vendita e di distribuzione delle società ad esso aderenti, per le quali esso effettua tutte le vendite per il tramite delle proprie filiali commerciali. I contratti d'acquisto e di fornitura verrebbero stipulati direttamente tra il ricorrente e i suoi clienti e le forniture verrebbero fatturate a suo nome. Inoltre il ricorrente disporrebbe, entro certi limiti, del potere di trattare con i clienti le specifiche condizioni di vendita. Quanto alle somme ricavate dalle vendite, esse verrebbero contabilizzate nella parte del bilancio relativa al capitale circolante, come somme che il ricorrente deve percepire.

265.
    Infine, la Commissione sostiene che l'obiettivo dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non potrebbe essere raggiunto qualora i produttori potessero, con la creazione di un organismo di vendita comune, limitare la loro responsabilità al 10% delle spese correnti di questo organismo.

266.
    Con riguardo alla seconda parte del motivo, la Commissione fa valere, nella sua lettera 6 ottobre 1995, che non si dovrebbe tenerne conto, avendo il ricorrente rinunciato alla possibilità di depositare una memoria di replica nella sua lettera 19 luglio 1995.

267.
    Nondimeno, rispondendo all'argomentazione del ricorrente, essa riconosce di aver commesso un errore indicando, nel controricorso, che l'ammenda era stata calcolata in base allo smercio di 250 000 tonnellate per l'anno 1990. In realtà, essa avrebbe preso in considerazione come base di calcolo del fatturato uno smercio di 221 000 tonnellate, partendo dai dati di commercializzazione comunicati dal ricorrente. Il divario esistente rispetto al fatturato calcolato dal ricorrente si spiegherebbe col fatto che la Commissione avrebbe ritenuto il prezzo per tonnellata dichiarato dal ricorrente troppo basso. Infatti, il ricorrente avrebbe dichiarato un prezzo medio di vendita di 833 ECU per tonnellata, mentre risulterebbe da un verbale riservato reperito nei locali della sua controllata britannica che perfino i prezzi proposti ai maggiori clienti nel 1990 erano in media largamente superiori a 1 000 ECU per tonnellata. Per giunta, nonostante le richieste di chiarimenti formulate dalla Commissione, il ricorrente non avrebbe mai precisato gli elementi presi in considerazione per giungere al fatturato delle società ad esso aderenti.

Giudizio del Tribunale

268.
    Per quanto riguarda la prima parte del motivo, risulta dall'esame dei motivi dedotti dal ricorrente a sostegno della propria domanda di annullamento della decisione che la Commissione ha dimostrato la partecipazione del ricorrente alle riunioni degli organismi del PG Paperboard e alle concertazioni aventi oggetto anticoncorrenziale che hanno avuto luogo nel corso di queste riunioni. Il ricorrente non ha contestato che, ove una prova del genere fosse fornita, esso potrebbe essere considerato responsabile dell'infrazione accertata nell'art. 1 della decisione e vedersi infliggere di conseguenza un'ammenda a norma dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

269.
    Tale disposizione recita:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni d'imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al dieci per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a) commettano un'infrazione alle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1

(...)».

270.
    Secondo una giurisprudenza costante, l'uso del termine generico «infrazione» nell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nel senso che comprende indistintamente gli accordi, le pratiche concordate e le decisioni di associazioni di imprese, indica che i limiti massimi contemplati da questa disposizione si applicano allo stesso modo agli accordi e pratiche concordate nonché alle decisioni di associazioni di imprese. Ne consegue che il massimo del 10% del giro d'affari deve calcolarsi rispetto al giro d'affari realizzato da ciascuna delle imprese aderenti a detti accordi e pratiche concordate o dal complesso delle imprese aderenti a dette associazioni di imprese, quanto meno allorché, in virtù delle norme interne, l'associazione può rendere corresponsabili i propri membri. La correttezza di questo giudizio è corroborata dal fatto che, nel fissare l'importo dell'ammenda, si può tener conto, tra l'altro, dell'influenza che l'impresa ha potuto esercitare sul mercato, segnatamente in considerazione delle sue dimensioni e della sua potenza economica, sulle quali il fatturato fornisce alcune indicazioni (sentenze del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T-39/92 e T-40/92, CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II-49, punti 136 e 137, e 21 febbraio 1995, causa T-29/92, SPO e a./Commissione, Racc. pag. II-289, punto 385).

271.
    Nella fattispecie, sebbene il ricorrente sia stato considerato «impresa» (punto 173, primo comma, del preambolo della decisione), l'ammenda inflittagli non è stata fissata in base al fatturato figurante nei suoi conti annuali e nella sua contabilità pubblicata, fatturato corrispondente all'ammontare delle commissioni percepite dal ricorrente sulle vendite di cartoncino effettuate per conto delle società ad esso aderenti. Infatti, il fatturato preso in considerazione ai fini del calcolo dell'ammenda è costituito dal valore complessivo fatturato delle vendite che il ricorrente ha realizzato per le sue aderenti (v. punto 173, terzo comma, e punto 174, primo comma, del preambolo).

272.
    Per valutare se la Commissione potesse legittimamente tener conto di un tale fatturato, occorre prendere in considerazione le principali informazioni, quali risultano dal fascicolo e, in particolare, dalla risposta del ricorrente ai quesiti scritti del Tribunale, relative alle modalità di funzionamento del ricorrente e ai rapporti giuridici e di fatto che esso intratteneva con le società ad esso aderenti.

273.
    In forza del suo statuto del 1° gennaio 1987, il ricorrente è un'associazione che smercia il cartoncino prodotto da alcuni suoi membri, nonché prodotti del settore cartario fabbricati da altri membri.

274.
    Ai sensi dei paragrafi 10 e 11 del detto statuto, ciascun membro nomina un rappresentante in seno al «Board of Directors», incaricato in particolare di adottare le norme di condotta delle operazioni dell'associazione, di approvare il bilancio, il piano di finanziamento e i principi della ripartizione delle spese tra le società aderenti e di nominare il «Managing Director».

275.
    Il paragrafo 20 dello statuto recita:

«I membri sono congiuntamente e solidalmente responsabili per gli impegni assunti a nome dell'associazione, come se li avessero contratti a titolo personale.

L'obbligazione relativa ai debiti e agli impegni è ripartita proporzionalmente al fatturato netto dei membri relativo all'esercizio in corso e ai due esercizi precedenti».

276.
    Per quanto riguarda lo smercio dei prodotti di cartoncino, emerge dalla risposta del ricorrente ai quesiti scritti del Tribunale che le società ad esso aderenti gli avevano dato mandato, all'epoca dei fatti, per effettuare il complesso delle loro vendite di cartoncino, con l'unica eccezione delle vendite interne al gruppo di ciascuna società aderente e delle vendite di modesta entità a clienti occasionali in Finlandia (v. altresì paragrafo 14 dello statuto). Inoltre, il ricorrente fissava e annunciava tariffe identiche per i produttori di cartoncino suoi aderenti.

277.
    Il ricorrente precisa del pari che, all'atto delle singole vendite, i clienti inviavano ad esso i loro ordinativi, indicando in genere il produttore preferito, e che tali preferenze si spiegavano in particolare con differenze di qualità tra i prodotti di ciascuna delle società aderenti al ricorrente. Nei casi in cui nessuna preferenza veniva espressa, gli ordinativi erano ripartiti tra i suoi aderenti, in conformità del paragrafo 15 dello statuto, ai cui termini:

«Gli ordini in arrivo vanno ripartiti in modo equo e paritario ai fini della produzione da parte dei membri, tenuto conto della capacità produttiva di ciascuno di essi nonché dei criteri di ripartizione stabiliti dal consiglio di amministrazione».

278.
    Il ricorrente era autorizzato a trattare le condizioni di vendita, compreso il prezzo, con ciascun potenziale cliente, poiché le società ad esso aderenti avevano stabilito direttive generali relative a queste trattative individuali. Ciascun ordine andava tuttavia sottoposto al membro interessato, che decideva di accettarlo o no.

279.
    Lo svolgimento delle singole vendite e i relativi principi contabili sono descritti in una dichiarazione del 4 giugno 1997 del perito contabile del ricorrente:

«Il Finnboard agisce in veste di commissionario per i suoi committenti, fatturando “a nome proprio e per conto di ciascun committente“.

1.    Ogni ordinativo è confermato dallo stabilimento del committente.

2.    All'atto della spedizione, lo stabilimento invia una fattura iniziale al Finnboard (“Mill invoice“). La fattura è iscritta nel conto committenti come credito e nel registro degli acquisti del Finnboard come debito verso lo stabilimento.

3.    La fattura emessa dallo stabilimento (previa deduzione dei costi stimati di trasporto, magazzinaggio, consegna e finanziamento) è predisposta dal Finnboard entro il termine convenuto (10 giorni nel 1990/1991). Il Finnboard finanzia quindi le scorte straniere e i crediti clienti dello stabilimento senza divenire proprietario delle merci spedite.

4.    All'atto della consegna al cliente, il Finnboard emette una fattura al cliente per conto dello stabilimento. La fattura è registrata come vendita nel conto committenti, come credito nel registro delle vendite del Finnboard.

5.    I pagamenti effettuati dai clienti sono iscritti nei conti committenti e gli eventuali divari tra i prezzi e i costi stimati e i prezzi e i costi reali (v. punto 3) sono compensati dal conto committenti».

280.
    Risulta quindi, in primo luogo, che nonostante il fatto che il ricorrente fosse tenuto a presentare ciascun singolo ordinativo al membro interessato per ottenere la sua approvazione definitiva, i contratti di vendita da esso stipulati per conto dei suoi membri potevano vincolare questi ultimi, dato che queste società erano responsabili, in conformità del paragrafo 20 dello statuto del ricorrente, per le obbligazioni da esso assunte.

281.
    In secondo luogo, il Tribunale constata che le commissioni riscosse dal ricorrente, le quali figurano come fatturato nei suoi conti annuali, riguardano solo le spese connesse alle vendite da esso effettuate per conto delle società ad esso aderenti, come le spese di trasporto o di finanziamento. Ne consegue che il ricorrente non aveva alcun interesse economico diretto a prender parte alla collusione sui prezzi, in quanto l'aumento dei prezzi annunciati e posti in atto dalle imprese riunite in seno agli organismi del PG Paperboard non poteva dar luogo ad alcun utile per esso. Per contro, la partecipazione del ricorrente a questa collusione rivestiva un interesse economico diretto per le società ad esso aderenti produttrici di cartoncino.

282.
    Conseguentemente, il fatturato contabile del ricorrente non è rivelatore né delle sue dimensioni né della sua potenza economica sul mercato. Esso non può, di conseguenza, costituire la base di calcolo del limite massimo di un'ammenda superiore a un milione di ECU, previsto dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Ciò premesso, la Commissione ben poteva basarsi, per determinare tale limite massimo, sul valore totale delle vendite di cartoncino fatturate ai clienti, effettuate dal ricorrente a proprio nome e per conto delle società ad esso aderenti. Invero, il valore di tali vendite costituiva un'indicazione delle dimensioni e della potenza economica effettive del ricorrente (v., per analogia, sentenza CB e Europay/Commissione, citata, punti 136 e 137).

283.
    Nelle specifiche circostanze del caso di specie, questo ragionamento non può essere invalidato dalla semplice circostanza che la Commissione abbia formalmente considerato il ricorrente come impresa e non come associazione di imprese.

284.
    La prima parte del motivo va pertanto respinta.

285.
    Quanto alla seconda parte, è sufficiente prendere atto che la Commissione ha chiarito, nella sua lettera 6 ottobre 1995, che questa indicazione, contenuta nel suo controricorso, era errata. Essa si è basata sullo smercio, da parte del ricorrente, di 221 000 tonnellate di cartoncino nel corso del 1990, dato corrispondente a quello fornito dallo stesso ricorrente in una lettera del 27 settembre 1991. Questa spiegazione trova conferma in una lettera della Commissione in data 28 marzo 1994 indirizzata al ricorrente, nella quale viene esposto il metodo di calcolo del fatturato preso in considerazione ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda. L'ammontare del fatturato così calcolato si rinviene in una tabella relativa alla determinazione dell'importo delle singole ammende, che la Commissione ha prodotto in riscontro ad un quesito scritto del Tribunale.

286.
    Conseguentemente, la seconda parte del motivo non può essere accolta.

287.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo dev'essere respinto nel suo complesso.

Sui motivi di carattere formale e sostanziale relativi alla determinazione dell'importo delle ammende

Argomenti delle parti

288.
    Il ricorrente sottolinea come la decisione contenga l'elenco dei criteri accolti dalla Commissione ai fini del calcolo delle ammende (punti 168 e 169 del preambolo). Tuttavia, a suo parere, avrebbero dovuto essere esposte anche le modalità concrete con cui questi criteri sono stati applicati.

289.
    Più in particolare, la Commissione avrebbe dovuto precisare il fatturato di ciascuna impresa nonché la percentuale di questo fatturato utilizzata per il calcolo dell'ammenda. In mancanza di queste indicazioni, il giudice comunitario non potrebbe esercitare il proprio sindacato sulle ammende inflitte e sarebbe impossibile verificare se l'ammenda irrogata ad una specifica impresa sia proporzionata alle ammende inflitte alle altre imprese destinatarie della decisione.

290.
    In mancanza di simili indicazioni, si dovrebbe ritenere che questi criteri non siano stati in realtà applicati.

291.
    Ammesso che questi criteri siano stati effettivamente applicati, si tratterebbe di criteri illegittimi. Infatti, molti di questi criteri sarebbero già stati presi in considerazione, in quanto le ammende sono state calcolate in base al fatturato di ciascuna impresa. Ciò varrebbe per i criteri relativi al territorio nel quale l'infrazione sarebbe stata commessa, all'importanza relativa di ciascuna impresa nel settore e al valore complessivo del settore economico considerato. Questi criteri non potrebbero pertanto venire nuovamente utilizzati al fine di aumentare l'importo dell'ammenda.

292.
    La Commissione non avrebbe nemmeno dovuto far leva sulla circostanza che le imprese avessero preso misure per nascondere l'intesa. Poiché gli accordi sulla fissazione dei prezzi e delle quote di mercato sono accordi tipicamente rientranti nell'art. 85 del Trattato, sarebbe normale che le imprese non rivelino la loro partecipazione a tali accordi.

293.
    Il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto asserisce la Commissione, nulla consente di stabilire che l'intesa sia stata coronata dal successo. Dalla relazione LE emergerebbe al contrario che l'eventuale intesa non ha sortito alcun effetto sui prezzi. La Commissione si sarebbe del resto erroneamente basata sulla constatazione secondo cui le imprese avrebbero realizzato un margine operativo medio del 20% durante il periodo dell'intesa (punto 16 del preambolo della decisione).

294.
    La Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatto che l'intesa non aveva riguardato alcune regioni della Comunità, nelle quali il ricorrente avrebbe realizzato parte rilevante del proprio fatturato, vale a dire la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l'Irlanda e la Danimarca.

295.
    Infine, l'anomala riduzione dell'ammenda accordata alla Stora susciterebbe dubbi in ordine alla questione se il livello generale delle ammende sia giustificato. La presunta intesa non sarebbe stata particolarmente grave e il livello generale dell'ammenda avrebbe quindi dovuto essere fissato ad un importo ben inferiore al 5% del fatturato di ciascuna impresa.

296.
    La Commissione ritiene che i criteri enunciati ai punti 168 e 169 del preambolo della decisione siano pertinenti e sufficienti per la determinazione dell'importo delle ammende. Tali criteri andrebbero valutati alla luce della motivazione della decisione, nella quale verrebbero specificate le singole considerazioni di cui si è tenuto conto all'atto della determinazione dell'importo dell'ammenda inflitta al ricorrente.

297.
    Per rafforzare l'effetto dissuasivo delle ammende, la Commissione sarebbe autorizzata ad aumentarne in ogni momento il livello (v. sentenza ICI/Commissione, citata, punto 385). Infatti, le infrazioni accertate nel caso di specie sarebbero espressamente menzionate nell'art. 85, n. 1, del Trattato e dovrebbero pertanto essere considerate gravi e manifeste. Il carattere grave e manifesto delle infrazioni commesse sarebbe peraltro accentuato dalle manovre dissimulatorie poste in essere dai destinatari della decisione.

298.
    Infine, la Commissione sostiene di aver correttamente ritenuto che l'intesa fosse stata pienamente coronata dal successo. La relazione LE porrebbe infatti in evidenza, per gli anni 1988 e 1989, l'esistenza di un rapporto lineare tra gli aumenti dei prezzi annunciati e gli aumenti dei prezzi praticati ai clienti. Tale rapporto sarebbe stato riconosciuto dall'autore della relazione nel corso dell'audizione dinanzi alla Commissione (verbale dell'audizione dinanzi alla Commissione, pagg. 21 e 28).

Giudizio del Tribunale

299.
    Gli argomenti del ricorrente vengono presentati, nelle sue memorie, nell'ambito di un unico motivo relativo al carattere non pertinente dei criteri per la determinazione dell'importo delle ammende. Tuttavia, essi corrispondono in realtà a diversi motivi distinti, che verranno successivamente esaminati.

- Sulla motivazione relativa all'importo delle ammende

300.
    Secondo una giurisprudenza costante, l'obbligo di motivazione di una decisione individuale è finalizzato a consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione ed a fornire all'interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata ovvero se sia eventualmente inficiata da un vizio che consenta di contestarne la validità, dovendosi precisare che la portata di tale obbligo dipende dalla natura dell'atto in questione e dal contesto nel quale l'atto è stato emanato (v., in particolare, sentenza Van Megen Sports/Commissione, citata, punto 51).

301.
    Per quanto riguarda una decisione che, come nel caso di specie, infligge ammende a numerose imprese per una violazione delle regole comunitarie di concorrenza, la portata dell'obbligo di motivazione dev'essere determinata, in particolare, alla luce del fatto che la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato fissato un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza della Corte 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 54).

302.
    Per di più, nell'ambito della determinazione dell'importo di ciascuna ammenda, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità e non può esserle imposto l'obbligo di applicare, a tal fine, una precisa formula matematica (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59).

303.
    Nella decisione, i criteri applicati per determinare il livello generale delle ammende e l'importo delle singole ammende figurano, rispettivamente, ai punti 168 e 169 del preambolo. Inoltre, con riguardo alle singole ammende, la Commissione spiega, al punto 170 del preambolo, che le imprese che hanno partecipato alle riunioni del PWG sono state, di regola, considerate come imprese «capofila» dell'intesa, mentre le altre imprese sono state considerate alla stregua di «membri ordinari» dell'intesa stessa. Infine, ai punti 171 e 172 del preambolo, essa precisa che gli importi delle ammende inflitte alla Rena e alla Stora vanno ridotti in misura consistente in considerazione della loro collaborazione attiva con la Commissione e che otto imprese, tra cui il ricorrente, devono del pari fruire di una riduzione in misura minore, in quanto non hanno contestato, nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti, le principali considerazioni di fatto sulle quali la Commissione fondava le sue censure.

304.
    Nelle sue memorie presentate al Tribunale nonché in risposta ad un quesito rivoltole dallo stesso, la Commissione ha spiegato che le ammende sono state calcolate in base al fatturato realizzato da ciascuna delle imprese destinatarie della decisione sul mercato del cartoncino nel 1990. Ammende di un livello base pari al 9 o al 7,5% del detto fatturato individuale sono state così inflitte, rispettivamente, alle imprese considerate come le «capofila» dell'intesa e alle altre imprese. Infine, la Commissione ha tenuto conto dell'eventuale atteggiamento di collaborazione mostrato da talune imprese durante il procedimento svoltosi dinanzi ad essa. Due imprese hanno fruito, a tale titolo, di una riduzione pari ai due terzi dell'importo dell'ammenda loro inflitta, mentre ad altre imprese è stata concessa una riduzione di un terzo.

305.
    Si evince, peraltro, da una tabella fornita dalla Commissione contenente indicazioni sulla determinazione dell'importo di ciascuna delle ammende che, pur se esse non sono state fissate applicando con rigore matematico i soli dati numerici sopra menzionati, questi dati sono stati tuttavia sistematicamente presi in considerazione ai fini del calcolo delle ammende stesse.

306.
    Ora, nella decisione non viene precisato che le ammende sono state calcolate in base al fatturato realizzato da ciascuna delle imprese sul mercato comunitario del cartoncino nel 1990. Per di più, le aliquote base, pari al 9 e al 7,5%, applicate per calcolare le ammende rispettivamente inflitte alle imprese considerate come «capofila» e a quelle considerate come «membri ordinari» non figurano nella decisione. Né tanto meno vi figurano i tassi percentuali delle riduzioni concesse alla Rena e alla Stora, da un lato, e ad altre otto imprese, dall'altro.

307.
    Nel caso di specie, si deve considerare, in primo luogo, che i punti 169-172 del preambolo della decisione, interpretati alla luce dell'esposizione dettagliata, in essa figurante, delle constatazioni di fatto addotte con riguardo a ciascun destinatario della decisione, contengono un'indicazione sufficiente e pertinente degli elementi presi in considerazione per determinare la gravità e la durata dell'infrazione commessa da ciascuna delle imprese di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-2/89, Petrofina/Commissione, Racc. pag. II-1087, punto 264). Del pari, il punto 168 del preambolo, che dev'essere inteso alla luce delle considerazioni generali sulle ammende figuranti al punto 167 del preambolo, contiene un'indicazione sufficiente degli elementi di valutazione presi in considerazione per determinare il livello generale delle ammende.

308.
    In secondo luogo, quando l'importo dell'ammenda viene determinato, come nel caso di specie, tenendo sistematicamente conto di determinati dati specifici, la menzione, nella decisione, di ciascuno di tali elementi consentirebbe alle imprese di meglio valutare, da un lato, se la Commissione sia incorsa in errori nella fissazione dell'importo delle singole ammende e, dall'altro, se l'importo di ciascuna ammenda individuale sia giustificato alla luce dei criteri generali applicati. Nel caso di specie, la menzione nella decisione degli elementi considerati, vale a dire il fatturato di riferimento, l'anno di riferimento, i tassi percentuali di base considerati e il tasso di riduzione dell'importo delle ammende, non avrebbe comportato alcuna divulgazione implicita dell'esatto fatturato delle imprese destinatarie della decisione, divulgazione che avrebbe potuto costituire una violazione dell'art. 214 del Trattato. Infatti, l'importo finale di ciascuna ammenda individuale non risulta, come la Commissione stessa ha evidenziato, dalla rigorosa applicazione matematica di uno dei detti elementi.

309.
    La Commissione ha peraltro riconosciuto in udienza che nulla le avrebbe impedito di menzionare nella decisione gli elementi che erano stati sistematicamente presi in considerazione e divulgati durante una conferenza stampa organizzata il giorno stesso dell'adozione della decisione. Occorre ricordare, in proposito, che, per giurisprudenza costante, la motivazione di una decisione deve figurare nel testo stesso della decisione e spiegazioni successivamente fornite dalla Commissione non possono, salvo in circostanze eccezionali, essere prese in considerazione (v. sentenza del Tribunale 2 luglio 1992, causa T-61/89, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, Racc. pag. II-1931, punto 131, e, nello stesso senso, sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T-30/89, Hilti/Commissione, Racc. pag. II-1439, punto 136).

310.
    Ciononostante, si deve rilevare che la motivazione relativa alla determinazione dell'importo delle ammende, figurante nei punti 167-172 del preambolo della decisione, è almeno altrettanto dettagliata di quelle esposte nelle precedenti decisioni della Commissione riguardanti infrazioni analoghe. Ora, benché il motivo relativo ad un vizio della motivazione sia di ordine pubblico, all'epoca dell'adozione della decisione nessuna censura era stata formulata dal giudice comunitario in merito alla prassi seguita dalla Commissione in materia di motivazione delle ammende inflitte. E', per la prima volta, con la sentenza 6 aprile 1995, Tréfilunion/Commissione (citata, punto 142), e con altre due sentenze in pari data, causa T-147/89, Société métallurgique de Normandie/Commissione (Racc. pag. II-1057, pubblicazione sommaria), e causa T-151/89, Société des treillis et panneaux soudés/Commissione (Racc. pag. II-1191, pubblicazione sommaria), che il Tribunale ha sottolineato l'esigenza che le imprese fossero poste in grado di conoscere in dettaglio il metodo di calcolo dell'ammenda loro inflitta, senza che, a tal fine, esse dovessero proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione della Commissione.

311.
    Ne consegue che la Commissione, quando constati, in una decisione, una violazione delle regole di concorrenza e infligga ammende alle imprese che vi hanno partecipato, deve, qualora abbia sistematicamente preso in considerazione taluni elementi di base per determinare l'importo delle ammende, menzionare tali elementi nel testo della decisione al fine di consentire ai destinatari della stessa di controllare la correttezza del livello dell'ammenda e di valutare l'eventuale esistenza di una discriminazione.

312.
    Nelle particolari circostanze descritte al precedente punto 310, e tenuto conto del fatto che la Commissione si è mostrata disposta a fornire, durante il procedimento contenzioso, tutte le informazioni pertinenti in relazione alle modalità di calcolo delle ammende, l'assenza di una motivazione specifica nella decisione sulle modalità di calcolo delle ammende non va considerata, nel caso di specie, alla stregua di una violazione dell'obbligo di motivazione tale da giustificare l'annullamento totale o parziale delle ammende inflitte.

- Sugli effetti dell'infrazione

313.
    A termini del punto 168, settimo trattino, del preambolo della decisione, la Commissione ha determinato l'entità generale delle ammende, tenendo conto in particolare del fatto che l'intesa aveva «riscosso notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi». E' pacifico che una considerazione del genere è riferita agli effetti sul mercato dell'infrazione constatata nell'art. 1 della decisione.

314.
    Per sindacare la valutazione espressa dalla Commissione sugli effetti dell'infrazione, il Tribunale ritiene che è sufficiente esaminare le conclusioni relative agli effetti della collusione sui prezzi. Infatti, l'esame degli effetti della collusione sui prezzi, gli unici contestati dal ricorrente, consente di valutare in termini generali il successo conseguito dall'intesa, poiché le collusioni sui tempi di arresto e sulle quote di mercato perseguivano l'obiettivo di garantire il successo delle iniziative concordate in materia di prezzi.

315.
    Quanto alla collusione sui prezzi, la Commissione ne ha valutato gli effetti complessivi. Di conseguenza, anche se i dati individuali forniti dal ricorrente dimostrassero, come essa sostiene, che la collusione sui prezzi ha prodotto nei suoi confronti soltanto effetti minori rispetto a quelli constatati sul mercato europeo del cartoncino, considerato nel suo complesso, dati individuali del genere, non sono sufficienti, da soli, per inficiare la valutazione della Commissione. Inoltre, l'affermazione del ricorrente, secondo cui la Commissione si sarebbe basata, al punto 16 del preambolo della decisione, su un'errata definizione del margine operativo medio dei produttori di cartoncino, è anch'essa priva di pertinenza. Infatti, nulla consente di ritenere che la Commissione abbia preso in considerazione il margine operativo, così definito, nella sua valutazione degli effetti sul mercato della collusione sui prezzi, né peraltro che il margine operativo realizzato avrebbe dovuto essere preso in considerazione ai fini di tale valutazione.

316.
     Emerge dalla decisione, come ha confermato la Commissione in udienza, che è stata operata una distinzione fra tre tipi di effetti. Per di più, la Commissione si è basata sul fatto che le iniziative in materia di prezzi sono state considerate, nel loro complesso, come un successo dai produttori stessi.

317.
    Il primo tipo di effetti preso in considerazione dalla Commissione, senza contestazioni da parte del ricorrente, risiede nel fatto che gli aumenti concordati dei prezzi sono stati effettivamente annunciati ai clienti. I nuovi prezzi sono stati così utilizzati alla stregua di un riferimento per le trattative individuali dei prezzi di transazione con i clienti (v., in particolare, punti 100 e 101, quinto e sesto comma, del preambolo della decisione).

318.
     Il secondo tipo di effetti è riscontrabile nel fatto che l'evoluzione dei prezzi di transazione si è adeguata a quella dei prezzi annunciati. A tale proposito, la Commissione sostiene che «i produttori non soltanto annunciavano gli aumenti di prezzo convenuti ma, con alcune eccezioni, procedevano anche con fermezza al fine di garantire che essi fossero imposti ai clienti» (punto 101, primo comma, del preambolo della decisione). Essa riconosce che i clienti hanno talvolta ottenuto concessioni sulla data di entrata in vigore dell'aumento o ancora ribassi o sconti, soprattutto per grossi ordinativi e che «l'aumento medio netto conseguito dopo aver concesso sconti, riduzioni e altri vantaggi risultava sempre inferiore all'importo globale dell'aumento annunciato» (punto 102, ultimo comma, del preambolo). Tuttavia, riferendosi ai grafici contenuti nella relazione LE, studio economico realizzato ai fini del procedimento dinanzi alla Commissione per conto di talune imprese destinatarie della decisione, essa afferma che sussisteva, nel periodo considerato dalla decisione, una «stretta relazione lineare» tra l'evoluzione dei prezzi annunciati e quella dei prezzi di transazione espressi nelle valute nazionali o convertiti in ECU. Essa ne trae la seguente conclusione: «Gli aumenti netti effettivamente realizzati seguivano da vicino gli annunci relativi ai prezzi, sia pure con un certo ritardo. Lo stesso autore del rapporto ha riconosciuto durante l'audizione orale che ciò si è verificato nel 1988 e nel 1989» (punto 115, secondo comma, del preambolo).

319.
    Si deve riconoscere che, nel valutare questo secondo tipo di effetti, la Commissione ha potuto correttamente concludere che l'esistenza di una relazione lineare tra l'evoluzione dei prezzi annunciati e quella dei prezzi di transazione costituiva la prova di un effetto prodotto su questi ultimi dalle iniziative in materia di prezzi, conformemente all'obiettivo perseguito dai produttori. Difatti, è pacifico che, sul mercato di cui trattasi, la prassi di condurre trattative individuali con i clienti comporta che i prezzi di transazione non siano, di regola, identici ai prezzi annunciati. Non può quindi darsi per scontato che gli aumenti dei prezzi di transazione siano identici agli aumenti annunciati.

320.
    Quanto all'esistenza stessa di un nesso tra gli aumenti di prezzo annunciati e gli aumenti dei prezzi di transazione, è stato corretto il richiamo da parte della Commissione alla relazione LE, che costituisce un'analisi dell'evoluzione dei prezzi del cartoncino nel periodo considerato dalla decisione, basata su dati forniti da numerosi produttori, tra cui il ricorrente.

321.
    Tuttavia, tale relazione offre una conferma soltanto parziale, sotto il profilo temporale, della sussistenza di una «stretta relazione lineare». Infatti, l'esame del periodo 1987-1991 mette in luce l'esistenza di tre sotto-periodi distinti. A tale riguardo, nel corso dell'audizione dinanzi alla Commissione, l'autore della relazione LE ha riassunto le sue conclusioni nei seguenti termini: «Non vi è alcun nesso stretto, neppure con un certo ritardo, tra l'aumento dei prezzi annunciato ed i prezzi di mercato, all'inizio del periodo considerato, dal 1987 al 1989. Per contro, un nesso del genere si riscontra nel periodo 1988-1989; successivamente questo nesso mostra alterazioni, con modalità alquanto singolari [oddly] nel periodo 1990/1991» (verbale dell'audizione, pag. 28). Egli ha rilevato inoltre che tali variazioni nel tempo apparivano strettamente connesse a variazioni della domanda (v., in particolare, verbale dell'audizione, pag. 20).

322.
    Queste conclusioni orali dell'autore sono conformi all'analisi prospettata nella relazione e, in particolare, ai grafici che mettono a confronto l'evoluzione dei prezzi annunciati e l'evoluzione dei prezzi di transazione (relazione LE, grafici 10 e 11, pag. 29). E' quindi giocoforza constatare che la Commissione ha dimostrato soltanto parzialmente l'esistenza della «stretta relazione lineare» da essa addotta.

323.
    In udienza, la Commissione ha affermato di aver preso in considerazione anche un terzo tipo di effetti della collusione sui prezzi, consistente nel fatto che il livello dei prezzi di transazione è stato superiore al livello che sarebbe stato raggiunto in assenza di qualsiasi collusione. In proposito, la Commissione, evidenziando come le date e la successione degli annunci relativi agli aumenti dei prezzi fossero stati programmati dal PWG, rileva nella decisione che ritiene «inconcepibile che in una tale situazione gli annunci concordati in materia di prezzi non avessero alcun effetto sui livelli effettivi delle quotazioni» (punto 136, terzo comma, del preambolo della decisione). Tuttavia, la relazione LE (parte 3) ha tracciato un modello che consente di prevedere il livello dei prezzi risultante dalle condizioni oggettive del mercato. Secondo tale relazione, il livello dei prezzi, come determinato da fattori economici oggettivi nel periodo 1975-1991, avrebbe registrato un'evoluzione, con lievi variazioni, identica a quella del livello dei prezzi di transazione praticati, e ciò anche nel periodo esaminato dalla decisione.

324.
    Malgrado queste conclusioni, l'analisi effettuata nella relazione non dà modo di concludere che le iniziative concordate in materia di prezzi non abbiano consentito ai produttori di raggiungere un livello dei prezzi di transazione superiore a quello che sarebbe risultato dal libero gioco della concorrenza. Sotto questo profilo, come ha sottolineato la Commissione in udienza, è possibile che sui fattori presi in considerazione nella detta analisi abbia influito l'esistenza della collusione. Infatti, la Commissione ha giustamente prospettato che il comportamento collusivo potrebbe, ad esempio, aver limitato lo stimolo delle imprese a ridurre i propri costi. Ora, essa non ha fatto valere l'esistenza di un errore direttamente riscontrabile nell'analisi contenuta nella relazione LE né tanto meno ha presentato una sua propria analisi economica sull'ipotetica evoluzione dei prezzi di transazione in assenza di qualsiasi concertazione. Pertanto, la sua affermazione secondo cui il livello dei prezzi di transazione sarebbe stato inferiore in assenza di ogni collusione tra i produttori non può essere ritenuta valida.

325.
    Ne consegue che l'esistenza di questo terzo tipo di effetti prodotti dalla collusione sui prezzi non è dimostrata.

326.
    Sulle constatazioni che precedono non incide in alcun modo la considerazione soggettiva espressa dai produttori, dalla quale la Commissione ha tratto argomento per ritenere che l'intesa avesse riscosso un notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi. La Commissione si è richiamata al riguardo ad un elenco di documenti da essa fornito in udienza. Ora, anche supponendo che essa abbia potuto fondare il proprio giudizio circa l'eventuale successo delle iniziative in materia di prezzi su documenti che riportano convincimenti soggettivi di taluni produttori, è giocoforza constatare che numerose imprese, tra cui il ricorrente, hanno giustamente fatto valere in udienza numerosi altri documenti del fascicolo di causa che evidenziavano i problemi riscontrati dai produttori per l'attuazione degli aumenti di prezzo concordati. Di conseguenza, il richiamo da parte della Commissione alle dichiarazioni dei produttori stessi non è sufficiente per concludere che l'intesa ha riscosso notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi.

327.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, gli effetti dell'infrazione contestati dalla Commissione sono dimostrati soltanto parzialmente. Il Tribunale esaminerà la portata di tale conclusione nell'esercizio della sua competenza di merito in materia di ammende nell'ambito della valutazione del livello generale delle ammende preso in considerazione nel caso di specie (v. infra, punto 342).

- Sull'asserita illegittimità di alcuni criteri presi in considerazione per determinare l'importo delle ammende

328.
    In primo luogo, va respinta l'argomentazione del ricorrente secondo la quale la circostanza che l'importo delle ammende sia stata determinata a partire dal fatturato di ciascuna impresa implicherebbe che la Commissione non era autorizzata a tener conto del territorio nel quale l'infrazione era stata commessa (punto 168, secondo trattino, del preambolo della decisione), del valore complessivo del settore economico considerato (punto 168, terzo trattino, del preambolo) e dell'importanza relativa di ciascuna impresa nel settore (punto 169, primo comma, terzo trattino, del preambolo).

329.
    Invero, questi criteri sono pertinenti per valutare la gravità dell'infrazione accertata e, conseguentemente, determinare, in conformità dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, l'importo delle ammende. Se è vero che l'importo delle ammende è stato determinato a partire dal fatturato realizzato da ciascuna impresa, la presa in considerazione dei criteri di cui trattasi ha consentito alla Commissione di determinare la quota del fatturato di cui occorreva tener conto nei confronti di ciascuna impresa interessata nonché l'aliquota di tale fatturato che andava applicata ai fini della determinazione dell'importo delle singole ammende.

330.
    In secondo luogo, con riguardo all'argomento del ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatto che l'intesa non ha riguardato alcuni Stati membri nei quali esso ha realizzato parte rilevante del suo fatturato (Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda e Danimarca), emerge dall'art. 1 della decisione che gli aumenti dei prezzi simultanei e uniformi sono stati programmati e posti in atto nell'intera Comunità europea. Inoltre, il ricorrente non adduce alcun argomento idoneo a consentire di determinare su quale base esso sembra contestare tale accertamento. L'argomento del ricorrente deve, di conseguenza, essere respinto.

331.
    In terzo e ultimo luogo, va respinta l'argomentazione del ricorrente secondo la quale la Commissione non avrebbe dovuto tener conto delle misure adottate per dissimulare l'infrazione.

332.
    Va ricordato, al riguardo, che ai sensi del punto 167, terzo comma, del preambolo della decisione, «un aspetto particolarmente grave dell'infrazione è costituito dal fatto che, nel tentativo di dissimulare l'esistenza del cartello, le imprese sono arrivate al punto di orchestrare in anticipo le date e l'ordine cronologico degli annunci relativi ai nuovi aumenti di prezzo da parte di ciascun produttore principale». Nella decisione si rileva inoltre quanto segue: «(...) i produttori avrebbero potuto, sulla base di questo complesso schema collusivo, attribuire la serie degli aumenti di prezzo uniformi, regolari e su scala industriale nel settore del cartoncino al fenomeno del “comportamento oligopolistico“» (punto 73, terzo comma, del preambolo). Infine, a tenore del punto 168, sesto trattino, del preambolo, la Commissione ha fissato il livello generale delle ammende tenendo conto del fatto che «sono state adottate iniziative complesse per dissimulare l'effettiva natura e portata della collusione (mancanza di verbali ufficiali o di documentazione per il PWG e il JMC; invito a non prendere note; scaglionamento dei tempi e dell'ordine nel quale gli aumenti di prezzo erano annunciati in modo da poter sostenere che le imprese “seguivano“ l'impresa leader, ecc.)».

333.
    Il ricorrente non contesta che le imprese abbiano effettivamente programmato le date e la successione delle lettere che annunciavano gli aumenti di prezzo, allo scopo di cercare di dissimulare l'esistenza della concertazione sui prezzi.

334.
    Quanto all'assenza di verbali ufficiali nonché all'assenza pressoché totale di qualsiasi nota interna sulle riunioni del PWG e del JMC, esse costituiscono, alla luce del numero di tali riunioni, della durata nel tempo e della natura delle discussioni svolte, una prova sufficiente della conclusione della Commissione secondo cui i partecipanti venivano scoraggiati dal prendere appunti.

335.
    Risulta da quanto precede che le imprese che hanno partecipato alle riunioni dei detti organismi erano non solo consapevoli dell'illiceità del loro comportamento, ma hanno altresì adottato misure dirette a dissimulare la collusione. Pertanto, la Commissione ha giustamente considerato tali misure come circostanze aggravanti nell'ambito della valutazione della gravità dell'infrazione.

- Sul livello generale delle ammende

336.
    In forza dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese che, intenzionalmente o per negligenza, abbiano commesso una violazione delle disposizioni dell'art. 85, n. 1 del Trattato, ammende che variano da un minimo di mille ECU ad un massimo di un milione di ECU, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10% del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione. Per determinare l'ammontare dell'ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata. Per giurisprudenza della Corte, la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato fissato un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza SPO e a./Commissione, citata, punto 54).

337.
    Nel caso di specie, la Commissione ha determinato il livello generale delle ammende tenendo conto della durata dell'infrazione (punto 167 del preambolo), nonché dei seguenti elementi (punto 168 del preambolo):

«-    la collusione in materia di fissazione dei prezzi e di ripartizione dei mercati costituisce per sua natura intrinseca una grave restrizione della concorrenza;

-    il cartello comprendeva praticamente l'intero territorio della Comunità;

-    il mercato comunitario del cartoncino è un settore industriale importante valutabile a circa 2 500 Mio di ECU all'anno;

-    le imprese che hanno partecipato all'infrazione rappresentano virtualmente l'intero mercato;

-    il cartello si è configurato come sistema di riunioni periodiche istituzionalizzate che erano intese ad imporre una disciplina particolareggiata al mercato del cartoncino nella Comunità;

-    sono state adottate iniziative complesse per dissimulare l'effettiva natura e portata della collusione (mancanza di verbali ufficiali o di documentazione per il PWG e il JMC; invito a non prendere note; scaglionamento dei tempi e dell'ordine nel quale gli aumenti di prezzo erano annunciati in modo da poter sostenere che le imprese “seguivano“ l'impresa leader, ecc.;

-    il cartello ha riscosso notevole successo nel realizzare i suoi obiettivi».

338.
    Inoltre, il Tribunale ricorda che è assodato che ammende di un livello base pari al 9 o al 7,5% del fatturato realizzato nel 1990 da ciascuna delle imprese destinatarie della decisione sul mercato comunitario del cartoncino sono state inflitte, rispettivamente, alle imprese considerate come le «capofila» dell'intesa e alle altre imprese.

339.
    Occorre rilevare, in primo luogo, come, nel valutare l'entità generale delle ammende, la Commissione possa tener conto del fatto che violazioni manifeste delle regole comunitarie di concorrenza sono ancora relativamente frequenti e, pertanto, essa abbia la facoltà di elevare l'entità delle ammende al fine di rinforzare il loro effetto di dissuasione. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare questo livello, nei limiti indicati dal regolamento n. 17, se ciò si rivela necessario per assicurare l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza. (v., in particolare, sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punti 105-108, e ICI/Commissione, citata, punto 385).

340.
    In secondo luogo, la Commissione ha giustamente sostenuto che, considerate le circostanze di ciascun caso di specie, non può essere effettuato alcun confronto diretto tra il livello generale delle ammende inflitte con la presente decisione e il livello delle ammende applicato nella prassi decisionale anteriore della Commissione, in particolare nella decisione della Commissione 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/31.149 - Polipropilene; GU L 230, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Polipropilene»), che pure, secondo la Commissione stessa, si presta più facilmente ad un confronto con la decisione di cui trattasi. Infatti, diversamente dalla pratica che ha dato origine alla decisione Polipropilene, nel caso di specie non si è tenuto conto di alcuna circostanza attenuante di carattere generale per determinare il livello complessivo delle ammende. Peraltro, come già constatato dal Tribunale, le misure complesse adottate dalle imprese per dissimulare l'esistenza dell'infrazione costituiscono un aspetto particolarmente grave dell'infrazione stessa, che la differenzia rispetto alle infrazioni precedentemente accertate dalla Commissione.

341.
    In terzo luogo, vanno evidenziati la lunga durata e il carattere palese della violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, commessa nonostante l'avvertimento che sarebbe dovuto provenire dalla prassi decisionale anteriore della Commissione e, in particolare, dalla decisione Polipropilene.

342.
    Ciò premesso, si deve ritenere che i criteri riportati al punto 168 del preambolo della decisione giustificano il livello complessivo delle ammende stabilito dalla Commissione. Il Tribunale ha comunque già accertato che gli effetti della collusione sui prezzi, sui quali la Commissione si è basata per determinare il livello complessivo delle ammende, risultano provati soltanto in parte. Tuttavia, alla luce delle considerazioni che precedono, tale conclusione non incide in particolar modo sulla valutazione della gravità dell'infrazione accertata. Sotto questo profilo, il fatto che le imprese abbiano effettivamente annunciato gli aumenti dei prezzi concordati e che i prezzi così annunciati abbiano costituito una base di fissazione dei prezzi di transazione individuali è sufficiente, di per sé, per constatare che la collusione sui prezzi ha avuto tanto per oggetto quanto per effetto una grave restrizione della concorrenza. Di conseguenza, nell'esercizio della sua competenza di merito, il Tribunale ritiene che le constatazioni formulate in ordine agli effetti dell'infrazione non giustificano alcuna riduzione del livello generale delle ammende stabilito dalla Commissione.

343.
    Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, i motivi di carattere formale e sostanziale relativi alla determinazione dell'importo delle ammende devono essere respinti.

Sul motivo relativo all'erronea valutazione del ruolo rivestito dal ricorrente

Argomenti delle parti

344.
    Il ricorrente contesta di essere stato una delle imprese «capofila» dell'intesa. Infatti, ammesso che il comportamento dei rappresentanti dell'NPI sia imputabile al ricorrente, queste persone avrebbero preso parte solo alla metà circa delle riunioni del PWG.

345.
    Il ricorrente avrebbe costantemente subito pressioni da parte degli altri produttori, come risulterebbe da vari allegati alla comunicazione degli addebiti (v. punto 76 del preambolo della decisione).

346.
    Infine, all'origine dell'intesa vi sarebbe stata la volontà dei produttori comunitari di proteggere il loro mercato dalle esportazioni, in particolare, dei produttori dei paesi EFTA. Soltanto in seguito alle acquisizioni, da parte di questi ultimi, di impianti ubicati nella Comunità si sarebbe posto il problema di preservare un equilibrio tra i principali gruppi di produttori europei per non compromettere le iniziative in materia di prezzi (punto 56 del preambolo della decisione). Non avendo acquisito alcun impianto nella Comunità, il ricorrente non potrebbe dunque essere considerato come una delle imprese «capofila» dell'intesa.

347.
    La Commissione ritiene di aver correttamente considerato il ricorrente come una delle imprese capofila dell'intesa. Essa sottolinea in particolare come il ricorrente abbia detenuto, per un periodo di due anni, la presidenza del PWG, organismo decisionale centrale dell'intesa, e della PC. Inoltre, il ricorrente avrebbe preso parte a tutte le iniziative di aumento dei prezzi e avrebbe persino lanciato tre di queste iniziative.

348.
    Dal verbale di una riunione tenuta dalla Iggesund Board Sales Ltd il 28 e il 29 gennaio 1988 (allegato 72 alla comunicazione degli addebiti, citato al punto 76 del preambolo della decisione) si evincerebbe il ruolo centrale rivestito dal ricorrente, risultando in esso che gli altri produttori hanno atteso l'iniziativa del ricorrente prima di applicare i loro aumenti di prezzi.

349.
    Le osservazioni del ricorrente relative all'obiettivo perseguito dai partecipanti all'intesa non sarebbero se non una conferma del carattere anticoncorrenziale di tale obiettivo.

Giudizio del Tribunale

350.
    Emerge da quanto accertato in relazione ai motivi dedotti dal ricorrente a sostegno della sua domanda di annullamento totale o parziale dell'art. 1 della decisione che la natura delle funzioni del PWG, come descritte nella decisione, è stata dimostrata dalla Commissione.

351.
    Ciò posto, la Commissione ha potuto correttamente concludere che le imprese, tra cui il ricorrente, che avevano partecipato alle riunioni di tale organismo dovevano essere considerate come le «capofila» dell'infrazione accertata e che esse avevano, a tale titolo, una responsabilità specifica (v. punto 170, primo comma, del preambolo della decisione).

352.
    Quanto al ricorrente, la partecipazione dei suoi dirigenti a circa la metà delle riunioni del PWG è pacifica. Di conseguenza, il ricorrente non può fondatamente asserire di aver rivestito un ruolo secondario nella determinazione dell'intesa rispetto alle altre imprese che hanno partecipato alle dette riunioni, tanto più che i suoi rappresentanti hanno occupato posizioni chiave in seno al PWG per quasi tutto il periodo considerato dalla decisione (v. supra, punti 125 e seguenti).

353.
    L'asserzione del ricorrente secondo la quale esso avrebbe costantemente subito pressioni da parte degli altri produttori non è atta ad infirmare questa constatazione. Anzitutto, il ricorrente non ha addotto alcun elemento di prova idoneo a dimostrare che esso ha preso parte all'infrazione sotto costrizione. Inoltre, il richiamo operato dal ricorrente al punto 76 del preambolo della decisione non contraddice al suo ruolo di «capofila» dell'intesa.

354.
    Il documento citato (allegato 72 alla comunicazione degli addebiti) in tale punto recita:

«Sono state fatte pressioni sui finlandesi da parte di tutti i produttori europei affinché aumentino i prezzi. Finnboard è stato informato che non ci saremmo mossi fino al momento in cui i finlandesi non avessero pubblicato un aumento dei prezzi».

355.
    Da questo passo emerge soltanto che le altre imprese attendevano dal ricorrente l'annuncio di un aumento dei suoi prezzi, prima di procedere a loro volta ad un aumento dei loro prezzi. Pertanto esso non fa che confermare il ruolo di «capofila» dell'intesa rivestito dal ricorrente, poiché le altre imprese avevano annesso una particolare importanza alla sua partecipazione agli aumenti concordati.

356.
    Infine, l'argomento del ricorrente relativo all'obiettivo perseguito dall'accordo base tra i principali produttori non può neanch'esso essere accolto. Invero, pur avendo la Stora spiegato che la preoccupazione iniziale del PWG era di limitare la crescita delle quote di mercato dei produttori dell'EFTA, ciò non toglie che tale preoccupazione si spiegava con il fatto che tale crescita rischiava di ostacolare gli sforzi spiegati per aumentare i prezzi (v. punto 56, secondo comma, del preambolo della decisione, con riferimento alla dichiarazione della Stora di cui all'allegato 43 alla comunicazione degli addebiti). Il perseguimento di siffatto obiettivo non è in realtà che una conferma del carattere manifesto dell'infrazione accertata.

357.
    Alla luce di queste considerazioni, il motivo dev'essere respinto.

Sul motivo relativo ad errori commessi dalla Commissione nel ridurre le ammende

Argomenti delle parti

358.
    Il ricorrente sostiene che avrebbe dovuto fruire di una riduzione dell'importo dell'ammenda, per non aver contestato i principali elementi di fatto sui quali la Commissione basava i propri addebiti nei suoi confronti. Nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, esso si sarebbe limitato a far valere violazioni di norme procedurali e a sottolineare che gli elementi di fatto addotti dalla Commissione non erano probanti.

359.
    Peraltro, la riduzione dell'importo dell'ammenda accordata alla Stora sarebbe ingiustificata e provocherebbe, per via dell'elevato importo delle ammende, distorsioni della concorrenza. In mancanza delle rivelazioni fatte dalla Stora, la Commissione non avrebbe disposto di elementi sufficienti per provare una qualsiasi intesa. Vi sarebbero indizi che dimostrerebbero che le rivelazioni della Stora miravano a colpire i suoi principali concorrenti. Per questo motivo, il ricorrente invita il Tribunale a chiedere alla Commissione se abbiano avuto luogo colloqui con la Stora relativamente a livello dell'ammenda e/o alle possibili riduzioni delle ammende.

360.
    La Commissione ritiene che il ricorrente non abbia alcun diritto ad una riduzione dell'ammenda. L'atto introduttivo del suo ricorso dimostrerebbe chiaramente che esso contesta i principali elementi di fatto addotti dalla Commissione.

361.
    Inoltre, un'eventuale violazione del principio di proporzionalità nella fissazione dell'importo dell'ammenda inflitta alla Stora non avrebbe alcuna incidenza sulla legittimità dell'ammenda imposta al ricorrente.

Giudizio del Tribunale

362.
    Nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, il ricorrente ha contestato, così come ha fatto dinanzi al Tribunale, qualsiasi partecipazione ad una qualsiasi violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

363.
     Pertanto, la Commissione ha legittimamente ritenuto che, rispondendo in tal modo, il ricorrente non avesse mostrato un comportamento che giustificava una riduzione dell'ammenda per la collaborazione offerta nel procedimento amministrativo. Infatti, una riduzione del genere è giustificata soltanto se il comportamento ha consentito alla Commissione di accertare un'infrazione con minore difficoltà e, eventualmente, di mettervi fine (v. sentenza ICI/Commissione, citata, punto 393).

364.
     Nei limiti in cui il ricorrente sostiene che la riduzione dell'ammenda accordata alla Stora è eccessiva, va rilevato che la Stora ha reso alla Commissione dichiarazioni che comportavano una descrizione esauriente della natura e dell'oggetto dell'infrazione, del funzionamento dei diversi organismi del PG Paperboard, nonché della partecipazione all'infrazione dei diversi produttori. Con tali dichiarazioni, la Stora ha fornito informazioni ben più dettagliate di quelle che può pretendere la Commissione in forza dell'art. 11 del regolamento n. 17. Benché la Commissione affermi nella decisione di aver acquisito elementi probatori che avvalorano le informazioni contenute nelle dichiarazioni della Stora (punti 112 e 133 del preambolo), è indubbio che le dichiarazioni della Stora hanno rappresentato l'elemento di prova principale dell'esistenza dell'infrazione. Senza queste dichiarazioni, sarebbe stato quanto meno molto più arduo per la Commissione accertare l'infrazione che è oggetto della decisione ed, eventualmente, porvi fine.

365.
    Di conseguenza, riducendo di due terzi l'ammenda inflitta alla Stora, la Commissione non ha oltrepassato i limiti della discrezionalità di cui dispone ai fini della determinazione dell'importo delle ammende. Il ricorrente non può quindi fondatamente sostenere che l'ammenda inflittagli sia eccessiva rispetto a quella irrogata alla Stora.

366.
    Pertanto, non occorre invitare la Commissione a precisare se abbiano avuto o no luogo colloqui con la Stora in merito al livello dell'ammenda e/o alle possibili riduzioni delle ammende.

367.
    Questo motivo va quindi anch'esso respinto.

368.
    Emerge da tutto quanto precede che l'art. 2 della decisione va parzialmente annullato. Per il resto, il ricorso dev'essere respinto.

Sulle spese

369.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Il ricorrente è rimasto sostanzialmente soccombente e va quindi condannato alle spese, in accoglimento delle conclusioni formulate in tal senso dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    L'art. 2, commi dal primo al quarto, della decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CEE (IV/C/33.383 - Cartoncino), è annullato, ad eccezione dei passi seguenti:

    «Le imprese citate all'articolo 1 sono tenute a porre fine immediatamente alla predetta infrazione, qualora non lo abbiano già fatto. Esse si astengono in futuro, per quanto riguarda le loro attività nel settore del cartoncino, da qualsiasi accordo o pratica concordata che possa avere un oggetto od effetto identico o simile, compreso lo scambio di informazioni commerciali:

    a)    attraverso il quale i partecipanti siano direttamente o indirettamente informati in materia di produzione, vendite, portafoglio ordini, tassi di utilizzazione degli impianti, prezzi di vendita, costi o programmi di vendita riguardanti individualmente gli altri produttori.

    Gli eventuali sistemi di scambio di informazioni generali adottati dalle imprese (come il sistema Fides o il suo successore) vengono attuati in modo da escludere qualsiasi informazione da cui poter desumere il comportamento di singoli produttori».

2)    Il ricorso è respinto per il resto.

3)    Il ricorrente è condannato alle spese.

Vesterdorf
Briët
Lindh

Potocki

Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 maggio 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf

Indice

     Fatti all'origine della controversia

II - 2

     Procedimento

II - 6

     Conclusioni delle parti

II - 8

     Sulla domanda di annullamento della decisione

II - 8

         Sul motivo relativo alla violazione del regime linguistico

II - 8

             Argomenti delle parti

II - 8

             Giudizio del Tribunale

II - 10

         Sul motivo relativo a irregolarità che hanno viziato il procedimento di adozione, di autenticazione e di notificazione delle decisioni della Commissione

II - 11

             Argomenti delle parti

II - 11

             Giudizio del Tribunale

II - 13

         Sul motivo relativo alla violazione dei diritti della difesa ed alla violazione delle norme sulla forma relative alla comunicazione degli addebiti

II - 14

             Argomenti delle parti

II - 14

             Giudizio del Tribunale

II - 15

         Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 190 del Trattato

II - 16

             Argomenti delle parti

II - 16

             Giudizio del Tribunale

II - 18

         Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato la partecipazione del ricorrente ad una qualsiasi intesa

II - 19

             Sulla prima parte del motivo, relativa all'assenza di prove della partecipazione del ricorrente ad una qualsiasi intesa

II - 19

                 - Argomenti delle parti

II - 19

                 - Giudizio del Tribunale

II - 21

             Sulla seconda parte del motivo, relativa all'assenza di prova della partecipazione del ricorrente alle iniziative in materia di prezzi

II - 23

                 - Argomenti delle parti

II - 23

                 - Giudizio del Tribunale

II - 26

                 - Argomenti delle parti

II - 30

                 - Giudizio del Tribunale

II - 32

         Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto la Commissione non avrebbe preso debitamente in considerazione le condizioni di concorrenza e la situazione sul mercato

II - 37

             Argomenti delle parti

II - 37

             Giudizio del Tribunale

II - 39

     Sulla domanda di annullamento dell'art. 2 della decisione

II - 39

         Argomenti delle parti

II - 39

         Giudizio del Tribunale

II - 41

     Sulla domanda di annullamento dell'ammenda o di riduzione del suo importo

II - 45

         Sul motivo relativo al calcolo dell'ammenda in base ad un fatturato non pertinente

II - 45

             Argomenti delle parti

II - 45

             Giudizio del Tribunale

II - 47

         Sui motivi di carattere formale e sostanziale relativi alla determinazione dell'importo delle ammende

II - 51

             Argomenti delle parti

II - 51

             Giudizio del Tribunale

II - 53

                 - Sulla motivazione relativa all'importo delle ammende

II - 53

                 - Sugli effetti dell'infrazione

II - 56

                 - Sull'asserita illegittimità di alcuni criteri presi in considerazione per determinare l'importo delle ammende

II - 59

                 - Sul livello generale delle ammende

II - 61

         Sul motivo relativo all'erronea valutazione del ruolo rivestito dal ricorrente

II - 63

             Argomenti delle parti

II - 63

             Giudizio del Tribunale

II - 64

         Sul motivo relativo ad errori commessi dalla Commissione nel ridurre le ammende

II - 65

             Argomenti delle parti

II - 65

             Giudizio del Tribunale

II - 66

     Sulle spese

II - 67


1: Lingua processuale: il tedesco.