Language of document : ECLI:EU:C:2020:155

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 4 marzo 2020 (1)

Causa C402/19

LM

contro

Centre public d’action sociale de Seraing

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour du travail de Liège (Corte del lavoro di Liegi, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Genitore di un figlio minore affetto da una grave malattia divenuto maggiorenne nel corso del procedimento di appello relativo al rigetto della domanda di autorizzazione di soggiorno – Ordine di allontanamento dal territorio – Direttiva 2008/115 – Articolo 13 – Ricorso giurisdizionale con effetto sospensivo – Articolo 14 – Garanzie in attesa del rimpatrio – Condizioni basilari per il sostentamento – Concessione di assistenza sociale al genitore – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7, 24 e 47 – Rapporto di dipendenza tra il genitore e il figlio gravemente ammalato»






1.        La presa in carico delle condizioni basilari per il sostentamento del cittadino di un paese terzo gravemente ammalato, il cui soggiorno è irregolare, durante il periodo di sospensione dell’allontanamento conseguente all’esperimento di un ricorso contro la decisione di rimpatrio, dev’essere estesa a beneficio del padre, cittadino di un paese terzo la cui presenza accanto al figlio sia stata ritenuta indispensabile per ragioni mediche?

2.        Tale è, sostanzialmente, la questione proposta alla Corte che sarà chiamata a interpretare le disposizioni della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (2), in ordine all’effettività del ricorso diretto contro una decisione di rimpatrio e alle garanzie in attesa del rimpatrio, alla luce, in particolare, dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        Il considerando 12 della direttiva 2008/115/CE è così formulato:

«È necessario occuparsi della situazione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ma che non è ancora possibile allontanare. Le condizioni basilari per il loro sostentamento dovrebbero essere definite conformemente alla legislazione nazionale. (...)».

4.        L’articolo 3, punti da 3 a 5, di tale direttiva dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

[...]

3)      “rimpatrio”: il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

–        nel proprio paese di origine, o

–        in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

–        in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato;

4)      “Decisione di rimpatrio”: decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

5)      “allontanamento”: l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro»

5.        L’articolo 5 della detta direttiva precisa:

«Nell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:

a)      l’interesse superiore del bambino;

b)      la vita familiare;

(...)».

6.        L’articolo 9 della stessa direttiva prevede, al paragrafo 1 che gli Stati membri rinviano l’allontanamento:

«(…)

b)      per la durata della sospensione concessa ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2».

7.        L’articolo 13 della direttiva 2008/115 recita ai paragrafi 1 e 2:

«1.      Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un’autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.

2.      L’autorità o l’organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l’esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno».

8.        L’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva dispone:

«Gli Stati membri provvedono, ad esclusione della situazione di cui agli articoli 16 e 17, affinché si tenga conto il più possibile dei seguenti principi in relazione ai cittadini di paesi terzi durante il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7 e durante i periodi per i quali l’allontanamento è stato differito ai sensi dell’articolo 9:

a)      che sia mantenuta l’unità del nucleo familiare con i membri della famiglia presenti nel territorio;

b)      che siano assicurati le prestazioni sanitarie d’urgenza e il trattamento essenziale delle malattie;

c)      che sia garantito l’accesso al sistema educativo di base per i minori, tenuto conto della durata del soggiorno;

d)      che si tenga conto delle esigenze particolari delle persone vulnerabili».

B.      Diritto belga

9.        L’articolo 57, paragrafo 2, della loi organique du 8 juillet 1976 des centres publics d’action sociale [legge organica dell’8 luglio 1976 sui centri pubblici di azione sociale (Moniteur belge del 5 agosto 1976, pag. 9876)], prevede:

«In deroga alle altre disposizioni della presente legge, il compito del centro pubblico di azione sociale si limita:

1°      nei confronti di uno straniero che soggiorna illegalmente nel Regno, alla concessione dell’assistenza sanitaria urgente;

(...)»

II.    Controversia nella causa principale e questione pregiudiziale

10.      Il 20 agosto 2012, LM ha presentato, in proprio e per conto di R, sua figlia all’epoca minorenne, domande di autorizzazione al soggiorno per motivi di salute, motivate dal fatto che quest’ultima soffre di diverse gravi malattie.

11.      Tale domanda è stata dichiarata ricevibile il 6 marzo 2013 e LM ha pertanto beneficiato dell’assistenza sociale a carico del centre public d’action sociale (centro pubblico di azione sociale, in prosieguo: il «CPAS») di Seraing.

12.      Tre decisioni di rigetto delle domande di autorizzazione al soggiorno presentate da LM sono state successivamente adottate poi revocate dall’autorità competente. L’8 febbraio 2016, è stata adottata una quarta decisione di rigetto di tali domande. Inoltre, tale decisione è stata accompagnata da un ordine di allontanamento dal territorio belga.

13.      Il 25 marzo 2016, LM ha proposto, dinanzi al conseil du contentieux des étrangers (consiglio per il contenzioso degli stranieri, Belgio), un ricorso a fini di annullamento e di sospensione contro l’ultima decisione di rigetto e l’ordine di allontanamento dal territorio.

14.      Il CPAS ha revocato a LM il beneficio delle prestazioni di assistenza sociale a decorrere dal 26 marzo 2016, data di scadenza del termine di partenza volontaria concessogli, in quanto l’interessato era qualificato, in considerazione del carattere irregolare del soggiorno in territorio belga, alla concessione della sola assistenza sanitaria urgente, accordatagli dal 22 marzo 2016.

15.      A seguito della presentazione di un ricorso con procedura d’urgenza dinanzi al tribunal du travail de Liège (Tribunale del lavoro di Liegi, Belgio) contro la decisone di revoca, nei confronti di LM, del beneficio delle prestazioni di assistenza sociale, l’erogazione di queste ultime è stata ripristinata.

16.      Con due decisioni del 16 maggio 2017, il CPAS ha, nuovamente, revocato il beneficio delle prestazioni di assistenza sociale a LM a decorrere dall’11 aprile 2017, in quanto la figlia era divenuta maggiorenne a tale data. A partire dall’11 aprile 2017, la figlia del ricorrente nel procedimento principale riceve prestazioni di assistenza sociale pari all’aliquota per singoli del reddito d’integrazione, oltre alle prestazioni familiari a lei spettanti in ragione della sua disabilità.

17.      LM ha proposto ricorso contro le decisioni del CPAS del 16 maggio 2017 dinanzi al tribunal du travail de Liège (Tribunale del lavoro di Liegi). Con sentenza del 16 aprile 2018, tale giudice ha considerato che la revoca delle prestazioni di assistenza sociale era legalmente fondata a partire dalla data in cui R era divenuta maggiorenne, in quanto il ricorrente non si trovava a sua volta in uno stato di salute che giustificasse la disapplicazione della legge belga.

18.      Il 22 maggio 2018, LM ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

19.      Tale giudice sottolinea che risulta dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») che i rapporti tra genitori e figli adulti possono essere tutelati dal diritto alla vita familiare qualora sia dimostrata l’esistenza di ulteriori elementi di dipendenza tra di loro. Esso constata che il prevedibile deterioramento dello stato di salute di R in caso di rimpatrio verso il paese d’origine sembra corrispondere in pieno alla soglia di gravità richiesta per far ritenere che il suo allontanamento la esporrebbe a trattamenti inumani o degradanti. Inoltre, esso rileva che, riguardo a tale stato di salute, la presenza del padre al suo fianco resta altrettanto indispensabile rispetto a quando ella era minorenne.

20.      In tale contesto, esso ritiene che, anche se il diniego di una prestazione di assistenza sociale a LM non può costituire, in quanto tale, una lesione di tale diritto, nondimeno tale diniego è tale da privare LM dei mezzi necessari per mantenere il proprio sostegno e la propria presenza fisica accanto a R.

21.      Di conseguenza, la cour du travail de Liège (Corte del lavoro di Liegi) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 57, paragrafo 2, primo comma, 1°, della legge organica belga dell’8 luglio 1976 sui centri pubblici di azione sociale sia contrario agli articoli 5 e 13 della direttiva [2008/115], letti alla luce degli articoli 19, paragrafo 2, e 47 della [Carta], nonché dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della stessa direttiva e degli articoli 7 e 12 della [Carta], come interpretati dalla sentenza [del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453)]:

–        in primo luogo, in quanto conduce a privare uno straniero, cittadino di un paese terzo in condizioni di soggiorno illegale, della presa in carico, per quanto possibile, delle sue necessità primarie mentre il medesimo ha proposto, in proprio e nella sua qualità di rappresentante di una figlia all’epoca ancora minorenne, un ricorso contro una decisione che ordinava loro l’allontanamento dal territorio di uno Stato membro;

–        in secondo luogo, in quanto, da un lato, la suddetta minore oggi maggiorenne è affetta da una malattia grave e l’esecuzione della decisione di allontanamento controversa potrebbe esporla a un serio rischio di deterioramento grave e irreversibile delle sue condizioni di salute e, dall’altro lato, la presenza di tale genitore accanto alla figlia maggiorenne è reputata indispensabile dal personale medico in ragione della vulnerabilità di quest’ultima conseguente al suo stato di salute (crisi drepanocitiche recidivanti e necessità di un intervento chirurgico al fine di evitare la paralisi)».

III. Procedimento dinanzi alla Corte

22.      Osservazioni scritte sono state presentate dai governi belga e dei Paesi Bassi nonché dalla Commissione europea.

IV.    Analisi

A.      Sulla ricevibilità della questione pregiudiziale

23.      In primo luogo, il governo belga sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, in quanto essa verte sulla compatibilità di una norma di diritto nazionale con varie disposizioni della direttiva 2008/115 e della Carta mentre non esiste alcun nesso di collegamento tra la situazione del ricorrente e il diritto dell’Unione, dato che quest’ultima non rientra né nell’ambito di applicazione dell’articolo 14 di tale direttiva né in quello dell’articolo 19 della Carta.

24.      Se è vero che la formulazione della questione proposta dal giudice del rinvio invita la Corte a pronunciarsi sulla compatibilità tra una disposizione di diritto nazionale e il diritto dell’Unione, il che non rientra nella sua competenza nell’ambito del procedimento pregiudiziale, risulta da una giurisprudenza costante che spetta alla Corte, in una situazione del genere, fornire al giudice del rinvio gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che gli consentiranno di pronunciarsi sulla compatibilità di una norma di diritto nazionale con il diritto dell’Unione (3).

25.      Inoltre, si deve rilevare che, con la sua questione, il giudice del rinvio mira, principalmente, a determinare se la situazione del ricorrente nel procedimento principale rientri o meno nell’ambito di applicazione dell’articolo 14 della direttiva 2008/115. Pertanto, l’argomento del governo belga sull’inapplicabilità di tale disposizione, e, più in generale, sulla mancanza di ogni collegamento con il diritto dell’Unione, è inscindibilmente legato alla risposta da dare a detta questione di merito e non può, quindi, condurre all’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale (4).

26.      In secondo luogo, occorre rilevare che il governo belga ha precisato, nelle sue osservazioni, che un titolo di soggiorno, della durata di un anno rinnovabile, è stato alla fine accordato a LM e alla figlia il 17 maggio 2019, ove il detto governo non trae alcuna conseguenza da tale situazione quanto alla ricevibilità della questione pregiudiziale.

27.      Secondo una giurisprudenza costante, emerge sia dal dettato sia dalla sistematica dell’articolo 267 TFUE che il procedimento pregiudiziale presuppone la pendenza dinanzi ai giudici nazionali di un’effettiva controversia, nell’ambito della quale dovrà essere emessa una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale della Corte. Pertanto, la Corte deve verificare, anche d’ufficio, la persistenza della controversia nella causa principale (5).

28.      Nel caso di specie, occorre sottolineare che la domanda di pronuncia pregiudiziale promana da un giudice del lavoro investito di un ricorso contro le decisioni del CPAS che revocano al ricorrente nel procedimento principale il beneficio di prestazioni di assistenza sociale a decorrere dall’11 aprile 2017, data del compimento della maggiore età da parte della figlia. Nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte permette di ritenere che la regolarizzazione del soggiorno di LM e della figlia sia avvenuta anteriormente al 17 maggio 2019, data di rilascio di un titolo di soggiorno agli interessati, e sia stata accompagnata da un riconoscimento retroattivo dei diritti sociali di LM a decorrere dall’11 aprile 2017, concretizzatosi con il versamento di arretrati di assegni per il periodo intercorrente tra le due date precitate.

29.      È possibile, pertanto, ritenere che sussista quindi un oggetto della controversia, nella fattispecie il riconoscimento della qualità di LM in quanto beneficiario di prestazioni di assistenza sociale a decorrere dall’11 aprile 2017, in merito al quale il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi e che una risposta della Corte alla questione proposta resti utile ai fini della soluzione di tale controversia (6). Pertanto, si deve statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale.

30.      In terzo luogo, è pacifico che il giudice del rinvio, nella stessa decisione, ha formulato, all’attenzione della Corte ma anche in direzione della Corte costituzionale belga, questioni pregiudiziali dirette a valutare la compatibilità della normativa belga con la Costituzione belga, e l’interrogativo rivolto al giudice nazionale presenta un carattere prioritario secondo la formulazione della decisione di rinvio. Appare così chiaramente che il riconoscimento del carattere incostituzionale di detta normativa sarebbe tale da rendere la presente causa del tutto priva di oggetto. Si deve necessariamente constatare che, in questa fase del procedimento, non è stata emanata nessuna decisione della Corte costituzionale belga.

B.      Sulla questione pregiudiziale

31.      Una prima lettura della questione pregiudiziale sottoposta alla Corte rivela che il giudice del rinvio si pone il problema della compatibilità di una disposizione nazionale alla luce delle condizioni alle quali un cittadino di un paese terzo può beneficiare delle garanzie ad esso riconosciute dal diritto dell’Unione in attesa del rimpatrio, nella fattispecie all’articolo 14 della direttiva 2008/115, e, più in particolare, della presa a carico delle condizioni basilari per il suo sostentamento durante il periodo di esame del ricorso proposto, in proprio e per conto della figlia all’epoca ancora minorenne, contro una decisione che ingiungeva loro l’allontanamento del territorio di uno Stato membro.

32.      La determinazione della portata esatta della domanda di pronuncia pregiudiziale, relativamente complessa nella sua formulazione, impone tuttavia che venga tenuto conto di tutte le disposizioni del diritto dell’Unione considerate nella stessa, e cioè gli articoli 5, 13 e 14 della direttiva 2008/115 e gli articoli 7, 12, 19 e 47 della Carta, nonché della sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C: 2014: 2453), della Corte anch’essa citata.

33.      In tale sentenza, la Corte ha dichiarato, da un lato, che deve riconoscersi un pieno effetto sospensivo al ricorso proposto dal cittadino di un paese terzo contro una decisione di rimpatrio la cui esecuzione possa esporre tale cittadino a un serio rischio di deterioramento grave e irreversibile delle sue condizioni di salute e, dall’altro, che detto cittadino deve beneficiare di una presa in carico delle sue necessità primarie durante il periodo di rinvio dell’allontanamento conseguente alla proposizione del detto ricorso.

34.      Risulta così chiaramente che la problematica relativa alle garanzie in attesa del rimpatrio definite all’articolo 14 della direttiva 2008/115 è inscindibilmente connessa a quella riguardante il diritto ad un ricorso effettivo contro la decisione di rimpatrio previsto all’articolo 13 di tale direttiva, e il nesso si basa sui termini dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della detta direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri rinviano l’allontanamento per la durata della sospensione concessa ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della stessa direttiva.

35.      La risposta alla questione sottoposta alla Corte implica, di conseguenza, che sia determinato, preliminarmente, se al ricorso esperito dal genitore di un minore gravemente ammalato contro una decisione di rimpatrio, la cui esecuzione possa esporre tale minore ad un serio rischio di deterioramento grave e irreversibile delle sue condizioni di salute, debba essere riconosciuto un pieno effetto sospensivo qualora sia accertato che la sua presenza accanto al figlio sia indispensabile (7).

1.      Sul riconoscimento di un pieno effetto sospensivo al ricorso proposto contro la decisione di rimpatrio da parte del genitore di un minore gravemente ammalato

36.      Prima di esaminare i possibili fondamenti giuridici del riconoscimento di un effetto del genere, occorre esaminare le osservazioni sul merito del governo belga in ordine a tale questione.

a)      Sulle osservazioni del governo belga

37.      In primo luogo, una lettura delle osservazioni del governo belga, di tipo letterale, fa emergere la volontà di quest’ultimo di dimostrare la piena conformità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione.

38.      Da una parte, viene asserito che l’articolo 57, paragrafo 2, della legge organica dell’8 luglio 1976, quale interpretato dalla Corte costituzionale, non entra in conflitto con gli obiettivi della direttiva 2008/115, dato che la detta Corte prevede la presa in considerazione della situazione familiare specifica di un figlio, minorenne o maggiorenne, al momento della determinazione della concessione di una misura di assistenza sociale all’interessato.

39.      Dall’altra parte, viene precisato che le procedure nazionali garantiscono un ricorso effettivo ai sensi del diritto dell’Unione, il che è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale in una sentenza del 18 luglio 2019, dato che un ricorso con procedura di estrema urgenza, avente pieno effetto sospensivo, contro i provvedimenti di allontanamento e di respingimento è in particolare, esperibile dinanzi al conseil du contentieux des étrangers (consiglio per il contenzioso degli stranieri).

40.      Tale argomento del governo belga richiede, da parte mia, le seguenti osservazioni.

41.      Rilevo, innanzitutto, che risulta chiaramente dalle osservazioni del detto governo che, nel diritto nazionale, il genitore – il cui soggiorno sia illegale – di un figlio minorenne o maggiorenne non può reclamare, a titolo personale, alcuna forma di assistenza sociale eccetto l’assistenza sanitaria urgente. Orbene, è appunto sulla conformità di tale normativa con il diritto dell’Unione che la Corte è interpellata dal giudice del rinvio alla luce della situazione del genitore di un minore gravemente ammalato che ha proposto un ricorso, in proprio e per conto del minore, contro le decisioni di rimpatrio che li riguardano.

42.      Per quanto riguarda, poi, i riferimenti alle decisioni della Corte costituzionale belga, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora essi ritengano che una controversia dinanzi ad essi pendente susciti questioni che implichino un’interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione che siano necessari per la decisione nella causa di cui sono investiti. La Corte ne ha concluso che una norma di diritto nazionale, in virtù della quale gli organi giurisdizionali non di ultima istanza siano vincolati da valutazioni formulate dall’organo giurisdizionale superiore, non può privare detti organi giurisdizionali della facoltà di sottoporre alla Corte questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione interessato da tali valutazioni in diritto. La Corte ha infatti considerato che il giudice che non decide in ultima istanza, come il giudice del rinvio, deve essere libero, se esso ritiene che la valutazione in diritto formulata dall’istanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto dell’Unione, di sottoporre alla Corte le questioni che gli suscitano dubbi (8).

43.      Infine, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, non spetta alla nostra Corte, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, interpretare il diritto nazionale per determinare nella fattispecie lo stato preciso del diritto procedurale belga in materia di ricorsi proposti da migranti in attesa di allontanamento.

44.      Occorre ricordare che il procedimento di rinvio pregiudiziale, previsto all’articolo 267 TFUE, si basa, secondo una giurisprudenza costante, su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ove quest’ultima può pronunciarsi soltanto sull’interpretazione o sulla validità degli atti dell’Unione di cui a detto articolo. In tale ambito, non spetta alla Corte né pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale né stabilire se l’interpretazione datane dal giudice del rinvio sia corretta (9).

45.      Spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, qualora le questioni sollevate vertano sull’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, esse beneficiano di una presunzione di rilevanza e la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (10).

46.      In secondo luogo, dalle osservazioni del governo belga può essere dedotta l’esistenza di un’argomentazione relativa alla portata ratione temporis dell’articolo 13 della direttiva 2008/115.

47.      Così, il governo belga asserisce (11) che dalla sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C: 2014: 2453), risulta che la garanzia di effettività del ricorso dev’essere assicurata al momento dell’allontanamento, vale a dire all’atto dell’esecuzione della decisione di rimpatrio, e osserva che LM non ha appunto subito alcun provvedimento di esecuzione forzata della decisione di rimpatrio che lo riguardava. Tale impostazione condurrebbe a differire l’applicazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva dall’adozione della decisione di rimpatrio al momento in cui l’allontanamento è imminente, e, di conseguenza, l’applicazione delle garanzie in attesa del rimpatrio previste all’articolo 14 della direttiva 2008/115 al di là della proposizione del ricorso contro la decisione di rimpatrio.

48.      Una siffatta argomentazione non può essere accolta, in quanto essa procede da un’interpretazione errata della sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C: 2014: 2453), e del meccanismo istituito dalla direttiva 2008/115 per garantire una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto integrale dei diritti fondamentali nonché della dignità delle persone interessate. Si deve necessariamente constatare che il governo belga si è limitato a mettere in rilievo l’impiego del termine «esecuzione» nel dispositivo della detta sentenza, omettendo, nel fare ciò, di cogliere il ragionamento della Corte che ha condotto alla soluzione contenuta nel dispositivo e le precisazioni successivamente apportate.

49.      La questione sottoposta alla Corte era, in particolare, quella dell’interpretazione dell’articolo 13 della direttiva 2008/115, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, ai fini della determinazione delle «caratteristiche del ricorso che può essere proposto contro una decisione di rimpatrio», ai sensi dell’articolo 3, punto 4, di tale direttiva, ossia un atto amministrativo che dichiara irregolare il soggiorno del migrante interessato e dispone un obbligo di rimpatrio identico a quello di cui LM ha formato oggetto l’8 febbraio 2016. La Corte ha affermato che «l’effettività del ricorso proposto contro una decisione di rimpatrio» la cui esecuzione può esporre il cittadino di paese terzo considerato a un rischio serio di deterioramento grave e irreversibile delle sue condizioni di salute impone che tale cittadino di paese terzo disponga di un ricorso con effetto sospensivo, al fine di garantire che «la decisione di rimpatrio» non sia eseguita prima che l’autorità competente abbia avuto la possibilità di esaminare la censura relativa a una violazione dell’articolo 5 della direttiva 2008/115, letto alla luce dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (12).

50.      La Corte ha precisato la sua giurisprudenza nella sentenza Gnandi (13), ribadendo l’obbligo di prevedere, in talune circostanze, un ricorso con pieni effetti sospensivi contro la decisione di rimpatrio, ma aggiungendo altresì che lo stesso ragionamento valeva «a fortiori, per quanto attiene ad un’eventuale decisione di allontanamento ex articolo 8, paragrafo 3, della [direttiva 2008/115]». Risulta dalla motivazione della detta sentenza che l’adozione di una decisione di allontanamento è considerata come una situazione incerta e aggiuntiva, in considerazione della quale può essere riconosciuto un pieno effetto sospensivo nei confronti del ricorso proposto dal cittadino del paese terzo interessato.

51.      Tale orientamento si spiega con il fatto, da un lato, che, conformemente al tenore dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2008/115, l’adozione di una decisione di allontanamento presenta un carattere ipotetico, a differenza della decisione di rimpatrio di cui all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva e, dall’altro, che quest’ultima decisione, alla luce della sua natura giuridica quale definita all’articolo 3, paragrafo 4, della detta direttiva, può condurre, in quanto tale, all’allontanamento del cittadino del paese terzo interessato. L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 accorda al detto cittadino di un paese terzo un diritto di ricorso effettivo per impugnare le decisioni connesse al rimpatrio, a loro volta definite all’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva come comprendenti le decisioni di rimpatrio e, «ove emesse», le decisioni di divieto d’ingresso nonché le decisioni di allontanamento.

52.      Occorre sottolineare che la garanzia di effettività del ricorso, prevista al citato articolo 13, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, implica, per definizione, l’adozione di un atto che possa essere sottoposto ad un giudice per contestarne la legittimità. Orbene, da una lettura combinata degli articoli 6, 8, dell’articolo 12 paragrafo 1, e dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 risulta che tale atto può essere costituito dalla sola decisione di rimpatrio.

53.      Risulta così chiaramente che l’argomentazione del governo belga, secondo la quale, a norma del diritto dell’Unione, un ricorso con pieni effetti sospensivi dev’essere esperibile solo a partire dal momento in cui l’allontanamento è imminente e non dal momento in cui la decisione di rimpatrio è adottata, tiene in non cale l’economia generale della direttiva 2008/115 e deve pertanto essere respinta.

b)      Sul contesto normativo in esame

54.      Se è vero che il giudice del rinvio invita la Corte a prendere in considerazione il diritto al rispetto della vita familiare, quale risulta dall’articolo 7 della Carta e dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), occorre rilevare che la Commissione si riferisce ad un fondamento giuridico completamente diverso per concludere nel senso del necessario riconoscimento di un pieno effetto sospensivo al ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale.

55.      Essa propone, in sostanza, di applicare un’estensione analogica della giurisprudenza della Corte relativa alla concessione, ad un cittadino di un paese terzo, sul fondamento degli articoli 20 e 21 TFUE, di un diritto di soggiono derivato nel territorio dell’Unione, e ciò al fine di non privare di ogni effetto utile il diritto di soggiorno di un minore, in possesso dello status di cittadino dell’Unione europea, in caso di allontanamento di tale cittadino di un paese terzo, genitore del minore. Di conseguenza, si dovrebbe riconoscere al ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale un effetto sospensivo, al fine di non privare di effetto utile la sospensione dell’esecuzione della decisione di rimpatrio di cui beneficia la figlia, conformemente alla sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C:2014:2453).

56.      La Corte ha effettivamente considerato che un diritto di soggiorno dev’essere accordato al cittadino di un paese terzo, familiare del detto cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora in conseguenza del rifiuto di riconoscimento di un siffatto diritto, tale cittadino si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status. Essa ha chiaramente precisato che la finalità e la ratio di tali diritti derivati, che non sono diritti propri dei detti cittadini di un paese terzo, si basano sulla constatazione che negarne il riconoscimento è tale da pregiudicare, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino dell’Unione (14).

57.      Appare così chiaramente che la giurisprudenza eccepita dalla Commissione si inserisce in un contesto di diritto e di fatto nettamente diverso, come riconosce la stessa Commissione, rispetto alla presente causa che è caratterizzata dal fatto che il ricorrente nel procedimento principale e la figlia sono entrambi cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e che formano oggetto di una decisione di rimpatrio, il che a mio parere osta ad una mera applicazione analogica di tale giurisprudenza.

58.      Rilevo, tuttavia, che le nozioni di «tutela della vita familiare» ma anche di «interesse superiore» del minore sono esplicitamente utilizzate dalla Corte quali parametri di interpretazione di varie norme del diritto dell’Unione, rientranti nel diritto primario o secondario, che possono fondare la concessione al cittadino di un paese terzo di un diritto di soggiorno derivato nel territorio dell’Unione o garantire l’effettività del diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi legalmente residenti nel territorio degli Stati membri (15).

59.      Tali considerazioni specifiche della Corte relative all’articolo 7 della Carta, letto in combinato disposto con l’articolo 24 della detta Carta, possono invece essere trasposte nell’ambito della presente causa ai fini della determinazione di un fondamento giuridico al riconoscimento di pieni effetti sospensivi al ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale, padre di un minore gravemente ammalato, contro la decisione di rimpatrio che lo riguarda.

c)      Sul riconoscimento di un effetto sospensivo a titolo di rispetto della vita familiare 

60.      Per quanto attiene alle caratteristiche del ricorso che deve poter essere proposto avverso una decisione di rimpatrio come quella di cui al procedimento principale, dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, letto in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, della stessa (16), risulta che un cittadino di un paese terzo deve disporre di un mezzo di ricorso effettivo per impugnare una decisione di rimpatrio adottata nei suoi confronti (17).

61.      L’articolo 13, paragrafo 2, di tale direttiva prevede che l’autorità o l’organo competente a pronunciarsi su tale ricorso ha la possibilità di sospendere temporaneamente l’esecuzione della decisione di rimpatrio impugnata, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno. Ne consegue che la predetta direttiva non impone che il ricorso previsto dall’articolo 13, paragrafo 1, della stessa abbia necessariamente un effetto sospensivo (18).

62.      Si deve tuttavia sottolineare che l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2008/115 dev’essere effettuata, come rammenta il considerando 2 della stessa, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone interessate (19).

63.       Le caratteristiche del ricorso previsto all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 debbono pertanto essere determinate conformemente, da una parte, all’articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva e ai sensi del quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo e, dall’altra, all’articolo 7 della Carta che riconosce il diritto al rispetto della vita familiare (20).

64.      L’articolo 7 della Carta, dal canto suo, dev’essere letto in correlazione con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto all’articolo 24, paragrafo 2, della detta Carta, tenendo parimenti conto del diritto fondamentale di un minore alla protezione e alle cure necessarie per il suo benessere nonché del diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i genitori, il cui rispetto si confonde incontestabilmente con l’interesse superiore del minore (21). L’esigenza di un’interpretazione della direttiva 2008/115 alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 24 della Carta si deduce del resto dalla formulazione stessa dell’articolo 5, lettere a) e b), di tale direttiva il quale impone agli Stati membri di tener debitamente conto, nell’applicare la direttiva, dell’interesse superiore del minore e della vita familiare (22).

65.      Come risulta dalle spiegazioni relative alla Carta (23), conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, di tale atto, i diritti garantiti all’articolo 7 di quest’ultima hanno lo stesso senso e la stessa portata di quelli garantiti all’articolo 8 della CEDU, quale interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU (24).

66.      A questo proposito, il governo belga fa valere, nelle sue osservazioni, che, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il combinato disposto dell’articolo 13 e dell’articolo 8 della CEDU del regime di eccezione previsto per i ricorsi contro le ordinanze di accompagnamento alla frontiera della Guyana (regione e dipartimento francese di oltremare), la Corte EDU ha affermato, nella sentenza De Souza Ribeiro c. Francia (25), che, «relativamente ad allontanamenti di stranieri contestati sulla base di un’asserita violazione della vita privata e familiare, l’effettività non richiede che gli interessati dispongano di un ricorso con pieno effetto sospensivo». Nell’ipotesi di un’asserita violazione della vita privata e familiare, il criterio di effettività non richiederebbe pertanto che gli interessati dispongano di un ricorso con pieno effetto sospensivo, contrariamente ai casi di allontanamento contestati sulla base di un rischio di trattamenti inumani o degradanti in contrasto con l’articolo 3 della CEDU (26).

67.      Questo solo riferimento alla sentenza in questione della Corte EDU non rispecchia la diversità della giurisprudenza di quest’ultima nell’ambito che riguarda congiuntamente l’immigrazione e la protezione della vita familiare (27). Si deve necessariamente constatare, inoltre, che le circostanze che caratterizzano la controversia che ha dato luogo alla citata sentenza differiscono sensibilmente da quelle della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il che rende il detto riferimento giurisprudenziale privo di rilevanza nel caso in esame. Infatti, la causa di cui trattasi riguardava un soggetto, maggiorenne al momento della presentazione della domanda di un provvedimento urgente di sospensione della misura di allontanamento e del ricorso di merito, che risiedeva con la famiglia in Guyana e che intratteneva con i membri di quest’ultima relazioni da cui non emergeva alcuna situazione particolare se non normali legami affettivi. Inoltre, l’interessato aveva potuto ritornare in Guyana qualche tempo dopo la sua espulsione e ottenere un titolo di soggiorno.

68.      Occorre sottolineare che la problematica giuridica sollevata dalla presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda la possibilità di riconoscere un pieno effetto sospensivo ad un ricorso diretto contro una decisione di rimpatrio, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/115, il che implica, a mio parere, la valutazione della situazione familiare del ricorrente nel procedimento principale e di un eventuale pregiudizio del diritto al rispetto della vita familiare alla data in cui quest’ultimo ha proposto il detto ricorso.

69.      Risulta dalla decisione di rinvio che, il 25 marzo 2016, il ricorrente nel procedimento principale ha proposto, per suo proprio conto e nella sua qualità di rappresentante legale della figlia minorenne, all’epoca dell’età di quasi 17 anni, un ricorso contro la decisione recante rigetto della domanda di autorizzazione di soggiorno, accompagnata da un ordine di allontanamento dal territorio (28), allorché i due interessati risiedevano in Belgio dall’8 aprile 2012 e convivevano da tale data sotto lo stesso tetto. Tale situazione caratterizza incontestabilmente l’esistenza di una «vita familiare», quale richiesta dalla Corte EDU nella sua giurisprudenza relativa all’articolo 8 della CEDU, con il rilievo che tale nozione di «vita familiare» può ricomprendere il rapporto tra un figlio legittimo o naturale e il padre, indipendentemente dalla presenza o meno della madre in famiglia, e che la protezione che tale disposizione garantisce si estende a tutti i familiari (29).

70.      Nelle cause che riguardano congiuntamente vita familiare e immigrazione, vertenti in particolare sulla questione dell’espulsione degli stranieri, compresi quelli il cui soggiorno sia irregolare, la Corte EDU procede ad una ponderazione degli interessi posti a confronto, e cioè l’interesse personale dei soggetti interessati a condurre una vita familiare in un determinato territorio e l’interesse generale perseguito dallo Stato, nella fattispecie il controllo dell’immigrazione. I fattori presi in considerazione sono la misura in cui esiste effettivamente un ostacolo alla vita familiare, la portata dei legami che i soggetti interessati hanno nello Stato contraente di cui trattasi, la questione di stabilire se esistano o meno ostacoli insormontabili a che la famiglia viva nel paese di origine dello straniero interessato e quella di stabilire se esistano elementi attinenti al controllo dell’immigrazione o considerazioni di ordine pubblico che depongono a favore di un’esclusione (30).

71.      Qualora siano interessati dei minori, la Corte EDU considera che occorre prendere in considerazione il loro interesse superiore. Su questo punto particolare, essa ricorda che l’idea secondo la quale l’interesse superiore dei minori deve prevalere in tutte le decisioni che li riguardano forma oggetto di ampio consenso, in particolare nel diritto internazionale. Vero è che tale interesse non è determinante da solo, ma occorre certo accordargli un peso rilevante. Così, nelle cause di ricongiungimento familiare, la Corte EDU annette un’attenzione particolare alla situazione dei minori in questione, in particolare alla loro età, alla loro situazione nel paese o nei paesi interessati e al loro grado di dipendenza nei confronti dei loro genitori (31).

72.      A questo proposito, rilevo che è la nozione stessa di rapporto di dipendenza che è utilizzata dalla Corte per fondare un diritto di soggiorno derivato nel territorio dell’Unione di un cittadino di un paese terzo qualora tale diritto gli sia conferito attraverso un familiare che gode dello status di cittadino dell’Unione in forza dell’articolo 20 TFUE. La Corte considera infatti che il rifiuto di concedere un diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo può rimettere in discussione l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione solo se tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, esista un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo sia costretto a seguire il cittadino del paese terzo e a lasciare il territorio dell’Unione, considerato nel suo insieme (32).

73.      Nell’ambito di tale valutazione, le autorità competenti devono tener conto del diritto al rispetto della vita familiare, quale sancito all’articolo 7 della Carta, articolo che dev’essere letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta. La constatazione di un rapporto di dipendenza deve essere fondata sulla presa in considerazione, nell’interesse superiore del minore di cui trattasi, dell’insieme delle circostanze del caso di specie, e, segnatamente, dell’età del minore, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio di tale minore. Così, il fatto che il genitore, cittadino di un paese terzo, coabiti con il figlio minorenne, cittdino dell’Unione, è uno degli elementi rilevanti da prendere in considerazione per determinare l’esistenza di un rapporto di dipendenza tra loro, senza per questo costituirne una condizione necessaria (33).

74.      Come è stato precedentemente menzionato, tali considerazioni possono essere trasposte nell’ambito della problematica di un eventuale pregiudizio al diritto al rispetto della vita familiare, valutato congiuntamente all’interesse superiore del minore, del cittadino di un paese terzo, genitore di un minore gravemente ammalato, nell’ipotesi di un allontanamento del detto cittadino.

75.      Nella fattispecie, dal fascicolo sottoposto alla Corte mi sembra emerga un vero e proprio rapporto di dipendenza tra il ricorrente nel procedimento principale e la figlia, il che spetterà al giudice del rinvio verificare.

76.      Risulta infatti dalla decisione di rinvio che la figlia di LM è affetta, da un lato, da una drepanocitosi acuta, patologia grave che può condurre ad ogni momento ad una crisi dolorosa suscettibile di complicanze fatali, che ha già richiesto vari ricoveri ospedalieri dell’interessata in occasione di episodi critici e, dall’altro, di una grave cifosi che necessita di un intervento chirurgico, pena la paralisi. Tale situazione ha indotto il ricorrente nel procedimento principale a lasciare il Congo in compagnia della figlia e a presentare, presso le autorità belghe competenti, il 20 agosto 2012, una domanda di autorizzazione di soggiorno motivata dallo stato di salute di quest’ultima.

77.      Poiché il nucleo familiare era esclusivamente composto dal ricorrente e dalla figlia, il ricorrente rappresentava, al momento della proposizione del ricorso, e continua a rappresentare, una presenza fisica indispensabile per accompagnare quest’ultima in occasione dei suoi vari ricoveri ospedalieri e per l’osservanza del trattamento sanitario, nonché un sostegno affettivo per aiutare psichicamente la figlia a superare le varie prove subite dalla stessa a seguito delle patologie di cui essa soffre. È importante sottolineare che il personale medico ha chiaramente precisato che la figlia del ricorrente nel procedimento principale «ha bisogno di essere accompagnata da un genitore convivente e in maniera definitiva, a causa delle sue condizioni di salute (crisi drepanocitiche recidivanti)».

78.      In un contesto del genere, l’allontanamento del cittadino di un paese terzo in questione, padre di un minore gravemente ammalato e che beneficia di un pieno effetto sospensivo del ricorso proposto contro la decisione di rimpatrio la cui esecuzione potrebbe esporlo ad un serio rischio di deterioramento grave e irreversibile delle sue condizioni di salute, è tale da pregiudicare, in maniera grave e irreparabile, la protezione della vita familiare sancita all’articolo 7 della Carta, letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta. Il rimpatrio forzato di LM in Congo porterebbe a privare la figlia affetta da gravi malattie della sua presenza al suo fianco, peraltro considerata indispensabile dal personale medico, in violazione del diritto fondamentale di un minore alla protezione e alle cure necessarie per il suo benessere nonché del diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i genitori, sanciti ai paragrafi 1 e 3 dello stesso articolo 24.

79.      L’effettività del ricorso proposto contro una decisione di rimpatrio la cui esecuzione può condurre alla situazione sopra descritta impone, in tali circostanze, che tale cittadino di paese terzo disponga di un ricorso con effetto sospensivo, al fine di garantire che la decisione di rimpatrio non sia eseguita prima che l’autorità competente abbia avuto la possibilità di esaminare la censura relativa a una violazione dell’articolo 5 della direttiva 2008/115, letto alla luce degli articoli 7 e 24 della Carta (34). Lo stesso ragionamento vale, a fortiori, per quanto attiene ad un’eventuale decisione di allontanamento ex articolo 8, paragrafo 3, della direttiva stessa (35).

80.      Un’interpretazione contraria porterebbe, a mio parere, a violare i diritti fondamentali sanciti nelle suddette disposizioni della Carta, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei Trattati, e di cui la Corte garantisce il rispetto. Si deve ricordare che spetta agli Stati membri non solo interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme al diritto dell’Unione, ma anche fare in modo di non fondarsi su un’interpretazione di un testo di diritto derivato che contrasti con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione (36).

81.      Osservo, per giunta, che un’identica conclusione si renderebbe necessaria, a mio modo di vedere, nel caso di una presa in considerazione del compimento della maggiore età della figlia del ricorrente, l’11 aprile 2017, e di una valutazione da operarsi in considerazione dell’esistenza di una relazione familiare tra un genitore e un figlio adulto.

82.      Occorre rilevare che, quanto alla giurisprudenza della Corte EDU in materia di immigrazione, quest’ultima ha riconosciuto in un certo numero di cause riguardanti giovani adulti che non avevano ancora fondato una propria famiglia che anche i loro rapporti con i genitori e altri stretti familiari erano da considerare come una «vita familiare» (37). Tale giudice ha precisato che non esiste una «vita familiare» tra genitori e figli adulti a meno che non sia dimostrata l’esistenza di ulteriori elementi di dipendenza, diversi dai normali legami affettivi (38).

83.      Nell’ambito della sua valutazione, in precedenza ricordata, dell’esistenza di un rapporto stabile in quanto presupposto del riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE a favore di cittadini di paesi terzi, la Corte opera anch’essa una distinzione tra i minori e le persone adulte, le quali, in linea di principio, sono in grado di condurre un’esistenza indipendente dai loro familiari. Di conseguenza, la Corte considera che il riconoscimento, tra due familiari in età adulta, di un rapporto di dipendenza, di natura tale da creare un diritto del genere, è possibile solo in casi eccezionali, in cui, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti, il soggetto interessato non può in alcun modo essere separato dal proprio familiare da cui dipende (39).

84.      A mio parere, anche in questo caso, tali considerazioni possono essere trasposte nell’ambito della presente causa e il fascicolo sottoposto alla Corte permette di ritenere che ci si trovi di fronte ad un caso eccezionale. Le constatazioni di fatto sul quadro clinico della figlia del ricorrente nel procedimento principale e sulle sue conseguenze sulla natura del rapporto intrattenuto da tali due persone mi portano a concludere per l’effettiva esistenza sia di una vita familiare degna di protezione, dato che i rapporti interessati eccedono i normali legami affettivi, sia di un rapporto di dipendenza tale che il figlio adulto non potrebbe, in nessun modo, essere separato dal padre da cui dipende, secondo le testuali conclusioni del personale medico.

2.      Sulla presa a carico delle condizioni basilari per il sostentamento del genitore di un minore gravemente ammalato in attesa di allontanamento

85.      È pacifico che, al fine di evitare una lacuna giuridica per tali persone, la Commissione aveva inizialmente proposto di fornire un livello minimo di condizioni di soggiorno per i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno fosse irregolare in attesa di allontanamento facendo riferimento ad una serie di condizioni, eccedenti le semplici cure sanitarie d’urgenza e le condizioni basilari per il loro sostentamento, già esplicitate nella direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (40).

86.      Si deve necessariamente constatare che il testo finale della direttiva 2008/115 non fa più riferimento alla direttiva 2003/9, e ciò a seguito delle inquietudini sollevate nel corso della procedura legislativa a proposito del fatto che il detto riferimento potesse essere percepito come tale da «sorpassare» la situazione dei migranti in situazione irregolare e da inviare quindi un messaggio politico inadeguato. L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 si limita a prevedere che «gli Stati membri provvedono […] affinché si tenga conto il più possibile [di taluni] principi» mentre il considerando 12 di tale direttiva sottolinea che le condizioni basilari per il sostentamento dei migranti in attesa di allontanamento «dovrebbero essere definite conformemente alla legislazione nazionale».

87.      Procedendo ad un’interpretazione congiunta dinamica degli articoli 9 e 14 della direttiva 2008/115, che prende in considerazione l’economia generale di quest’ultima, la Corte, nella sentenza Abdida (41), ha riconosciuto innanzitutto un’ampia portata all’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, che prevede il rinvio dell’allontanamento per la durata dell’effetto sospensivo concesso ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della detta direttiva, considerando che la prima disposizione citata doveva ricomprendere «tutte le situazioni» nelle quali uno Stato membro è tenuto a sospendere l’esecuzione di una decisione di rimpatrio in seguito alla proposizione di un ricorso contro tale decisione. Essa ne ha poi dedotto che gli Stati membri erano «tenuti» a offrire a un cittadino di paese terzo affetto da una grave malattia, che ha proposto un ricorso contro una decisione di rimpatrio la cui esecuzione può esporlo a un rischio serio di deterioramento grave e irreversibile delle sue condizioni di salute, le garanzie nell’attesa del rimpatrio approntate dall’articolo 14 della direttiva 2008/115.

88.      La Corte ha precisato che, nelle particolari circostanze summenzionate, lo Stato membro interessato era tenuto, in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/115, a prendere in carico, per quanto possibile, le necessità primarie di un cittadino di paese terzo affetto da una grave malattia in attesa dell’esame del ricorso da lui proposto contro una decisione di rimpatrio, qualora tale cittadino fosse privo dei mezzi per provvedere alle proprie esigenze, obbligo questo la cui motivazione era quella di garantire un effetto reale alla fornitura di prestazioni sanitarie d’urgenza e al trattamento essenziale delle malattie previsti all’articolo citato (42).

89.      Risulta così chiaramente che, al termine di un ragionamento deduttivo fondato sul tenore degli articoli 9 e 14 della direttiva 2008/115, la Corte ha considerato che il riconoscimento del pieno effetto sospensivo al ricorso diretto contro la decisione di rimpatrio aveva come conseguenza obbligatoria il beneficio per il suo autore delle garanzie di rimpatrio, ove la presa a carico delle condizioni basilari per il sostentamento era necessaria al fine di non privare di effetto reale la garanzia specifica connessa alle condizioni di salute deteriorate del migrante interessato.

90.      In tale contesto, il previo riconoscimento di un pieno effetto sospensivo al ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale contro la decisione di rimpatrio nei suoi confronti mi sembra che conduca necessariamente alla conclusione che lo Stato membro in questione è tenuto ad offrire all’interessato le garanzie nell’attesa del rimpatrio approntate dall’articolo 14 della direttiva 2008/115 (43). Per quanto riguarda la presa in carico da parte dello Stato membro interessato, per quanto possibile, delle condizioni basilari per il sostentamento di LM, ci si deve chiedere se la logica sulla quale la Corte si è fondata per imporre la detta presa in carico a beneficio di una persona gravemente ammalata possa essere applicata nei confronti del genitore da cui quest’ultima dipende.

91.      A questo proposito, nell’elenco dei principi di cui all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 figurano il mantenimento dell’unità del nucleo familiare con i familiari presenti nel territorio nonché la presa in considerazione delle esigenze particolari delle persone vulnerabili la cui attuazione effettiva produce altresì, a mio modo di vedere, una concomitante esigenza di presa in carico delle condizioni basilari per il sostentamento del ricorrente nel procedimento principale.

92.      Indipendentemente dal compimento della maggiore età da parte della figlia del ricorrente nel procedimento principale l’11 aprile 2017, mi pare infatti che il quadro clinico particolarmente grave di quest’ultima e la correlativa esistenza di un rapporto di dipendenza intrattenuto con il padre siano tali da giustificare la conclusione secondo la quale sia il mantenimento dell’unità del nucleo familiare con i familiari presenti nel territorio sia la presa in considerazione delle esigenze particolari delle persone vulnerabili, categoria in cui rientra il minore gravemente ammalato, potrebbero essere privati di effetto reale se non fossero accompagnati da una presa in carico delle condizioni basilari per il sostentamento del ricorrente, così da permettergli di nutrirsi, di vestirsi e di avere un alloggio (44).

93.      Come si può infatti concepire, in pratica, il mantenimento di un’unità del nucleo familiare e la presa in considerazione delle esigenze particolari di un minore in situazione di dipendenza derivante da una malattia grave se non si tiene in alcun conto la situazione materiale di uno dei due soli componenti di tale nucleo, che si presume fornisca quotidianamente un sostegno indispensabile a tale persona? In altri termini, il soddisfacimento delle necessità elementari del ricorrente nel procedimento principale costituisce una forma di prerequisito per l’attuazione effettiva delle garanzie nell’attesa del rimpatrio previste all’articolo 14, paragrafo 1, lettere a) e d), della direttiva 2008/115, il quale dev’essere interpretato alla luce dell’articolo 7 della Carta.

94.      Inoltre, riprendendo direttamente lo stesso ragionamento seguito nella sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C:2014:2453), si deve ritenere, a mio parere, che la garanzia delle prestazioni sanitarie d’urgenza e del trattamento essenziale delle malattie, prevista all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/115 e di cui beneficia la figlia gravemente ammalata del ricorrente nel procedimento principale durante il periodo di sospensione dell’allontanamento conseguente alla proposizione di un ricorso munito di effetto sospensivo contro la decisione di rimpatrio, potrebbe essere priva di effetto reale se non fosse accompagnata da una presa in carico delle necessità primarie del padre, cittadino di un paese terzo beneficiario della stessa sospensione e la cui presenza accanto alla figlia è stata ritenuta indispensabile per ragioni mediche (45).

95.      Occorre tuttavia sottolineare che, relativamente all’obbligo di presa in carico da parte degli Stati membri delle condizioni basilari per il sostentamento del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare e che sia in attesa di allontanamento, la Corte ha apportato due mitigazioni nella citata sentenza.

96.      La prima è che tale presa in carico è condizionata dall’accertamento dell’incapacità per il migrante interessato di provvedere egli stesso alle proprie esigenze (46), il che spetta al giudice del rinvio verificare nella fattispecie, ove la Corte può nondimeno fornire indicazioni sugli elementi da prendere in considerazione nell’ambito di tale esame.

97.      La questione essenziale, in maniera del tutto evidente, è quella di stabilire se l’interessato disponga ancora di una fonte di redditi, mentre dalla decisione di rinvio sembra doversi dedurre una risposta negativa. È quindi pacifico che, dall’11 aprile 2017, il ricorrente nel procedimento principale non beneficia più di una prestazione economica di assistenza sociale equivalente al reddito di integrazione calcolata in misura pari all’importo concesso alle persone conviventi con un figlio minorenne a carico e che l’assistenza sociale concessa all’interessato si limita, da tale data, ad un’assistenza sanitaria d’urgenza.

98.      Occorre altresì verificare il possibile accesso del ricorrente nel procedimento principale al mercato regolare del lavoro nel territorio belga. A tale riguardo, anche se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (47), prevede che gli Stati membri vietano l’assunzione di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, il paragrafo 3 del detto articolo dispone che uno «Stato membro può decidere di non applicare il divieto di cui al paragrafo 1 ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e il cui allontanamento è stato differito e che sono autorizzati a lavorare conformemente alla legislazione nazionale» (48). Per giunta, la questione dell’accesso del ricorrente nel procedimento principale all’occupazione non si limita alla sua dimensione giuridica ma dev’essere valutata in concreto, alla luce della qualità di badante dell’interessato e della disponibilità che tale situazione richiede.

99.      La seconda mitigazione corrisponde all’esplicita precisazione della Corte che spetta agli Stati membri stabilire la forma in cui saranno prese in carico le necessità primarie del cittadino interessato di un paese terzo (49).

100. Questa precisazione ricorda il margine discrezionale lasciato agli Stati membri dalla direttiva 2008/115 in ordine alle condizioni basilari per il sostentamento dei migranti in attesa di allontanamento, quanto meno circa la maniera in cui tali condizioni possono essere soddisfatte. Se ne deve dedurre, a mio parere, che la conclusione secondo la quale lo Stato membro interessato è tenuto a prendere in carico, per quanto possibile, le condizioni basilari per il sostentamento del ricorrente nel procedimento principale, supponendo che egli sia nell’incapacità di provvedere egli stesso alle proprie esigenze, non significa necessariamente che l’interessato debba beneficiare di un assegno sotto forma di una prestazione in denaro, come quella reclamata dinanzi al giudice del rinvio.

101. Rilevo, al riguardo, che il governo belga fa valere, nelle sue osservazioni, che la figlia del ricorrente nel procedimento principale percepisce una prestazione di assistenza sociale adattata la cui misura tiene conto della presenza del genitore accanto a lei. Dalla decisione di rinvio si apprende che la ragazza percepisce, a partire della maggiore età, una prestazione di assistenza sociale in misura pari al reddito d’integrazione riconosciuto alle persone «singole», oltre alle prestazioni familiari alle quali ha diritto in ragione della sua disabilità.

102. Spetta al giudice del rinvio valutare se, in tali circostanze, la presa in carico delle condizioni basilari per il sostentamento del ricorrente nel procedimento principale, che coabita con la figlia, sia effettiva, permettendo così, in caso affermativo, di concludere nel senso della conformità della legge belga al diritto dell’Unione (50).

V.      Conclusione

103. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla cour du travail de Liège (Corte del lavoro di Liegi, Belgio) nel modo seguente:

Gli articoli 5 e 13 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, letti alla luce degli articoli 7, 24 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché l’articolo 9 e l’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, letti in correlazione con gli articoli 7 e 24 di tale Carta, debbono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale:

–        che non conferisce effetto sospensivo ad un ricorso esperito contro una decisione di rimpatrio e/o di allontanamento da un cittadino di un paese terzo, genitore di un minore affetto da una grave malattia e che beneficia di un pieno effetto sospensivo del ricorso proposto contro la citata decisione che lo riguarda la cui esecuzione potrebbe esporlo ad un serio rischio di deterioramento grave e irreversbile delle sue condizioni di salute, qualora esista un rapporto di dipendenza tra il genitore e il figlio minorenne o maggiorenne, e

–        che non prevede la presa in carico, per quanto possibile, delle condizioni basilari per il sostentamento di tale cittadino di un paese terzo, al fine di garantire che siano effettivamente assicurati, da un lato, il mantenimento dell’unità del nucleo familiare con i familiari presenti nel territorio nonché la presa in considerazione delle esigenze particolari delle persone vulnerabili e, dall’altro, le prestazioni sanitarie d’urgenza e il trattamento essenziale delle malattie da cui è affetto il figlio minorenne o maggiorenne di tale cittadino, durante il periodo nel corso del quale lo Stato membro è tenuto a rinviare l’allontanamento dello stesso cittadino di un paese terzo a seguito della proposizione di tale ricorso, salvo che detto cittadino abbia la possibilità di provvedere egli stesso alle proprie esigenze.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2008, L 348, pag. 98.


3      V., in questo senso, sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 18).


4      Sentenza del 17 gennaio 2019, KPMG Baltics (C‑639/17, EU:C:2019:31, punto 11 e giurisprudenza citata).


5      Sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 31).


6      V., in questo senso, sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 51).


7      Non posso, al riguardo, condividere l’interpretazione della portata della questione pregiudiziale esposta dal governo olandese nelle sue osservazioni, in cui quest’ultimo considera che la questione del riconoscimento di un effetto sospensivo non si pone, dato che il contenuto della decisione di rinvio dimostra che tale riconoscimento era acquisito. I riferimenti espressi all’articolo 13 della direttiva 2008/115, riguardante il carattere effettivo del ricorso offerto ai migranti, all’articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva, nonché alla sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C: 2014: 2453), contraddicono tale interpretazione, dato che il tenore della detta sentenza dimostra la necessità di un esame preventivo della questione del riconoscimento dell’effetto sospensivo del ricorso per la risoluzione di quella del beneficio delle garanzie di rimpatrio e del soddisfacimento delle necessità primarie del cittadino interessato.


8      V. sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punti 41 e 42, nonché giurisprudenza citata).


9      V. sentenza del 22 maggio 2014, Érsekcsanádi Mezőgazdasági (C‑56/13, EU:C:2014:352, punto 53 e giurisprudenza citata).


10      V. sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 26 e giurisprudenza citata).


11      V. punto 65 delle osservazioni.


12      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C:2014:2453, punto 50).


13      Sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 56).


14      Sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punti 50 e 51 e giurisprudenza citata).


15      V. sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 66); dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 71); del 4 marzo 2010, Chakroun (C‑578/08, EU:C:2010:117, punto 44), nonché del 6 dicembre 2012, O. e S. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti da 75 a 80), ove i due ultimi riferimenti riguardavano la direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2003, L 251, pag. 12).


16      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 recita: «Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili. Le informazioni sui motivi in fatto possono essere ridotte laddove la legislazione nazionale consenta che il diritto di informazione sia limitato, in particolare per salvaguardare la sicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza e per la prevenzione, le indagini, l’accertamento e il perseguimento di reati».


17      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:214:2453, punto 43).


18      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 44).


19      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 42).


20      V., in questo senso, sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 45).


21      V., in questo senso, sentenze del 6 dicembre 2012, O. e S. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 76) e del 5 ottobre 2010, McB. (C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 60). Rilevo che il testo dell’articolo 24, paragrafo 3, della Carta menziona i «due» genitori, in quanto tale disposizione riguarda in particolare l’ipotesi del conflitto parentale che può condurre ad uno spostamento illecito del minore e alla separazione forzata da uno dei genitori. Rimane il fatto che la detta disposizione mi pare fondata sulla considerazione generale secondo la quale l’equilibrio e lo sviluppo del minore implicano che quest’ultimo cresca nell’ambiente familiare, al fianco dei suoi genitori e non sia separato da questi ultimi contro il suo volere. La componente essenziale della vita familiare è il diritto di vivere insieme di modo che dei rapporti familiari possano svolgersi normalmente e i membri di una famiglia possano essere insieme [Corte EDU, 13 giugno 1979, Marckx c. Belgio, CE:ECHR:1979:0613JUD000683374, § 31, e Corte EDU, 24 marzo 1988, Olsson c. Svezia (no 1), CE:ECHR:1988:0324JUD001046583, § 59].


22      V., in questo senso, sentenza del 6 dicembre 2012, O. e S. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 80).


23      GU 2007, C 303, pag. 17.


24      V., in questo senso, sentenze del 26 marzo 2019, SM (Minore posto sotto kafala algerina) (C‑129/18, EU:C:2019:248, punto 65), e del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 70).


25      Corte EDU, 13 dicembre 2012, De Souza Ribeiro c. Francia, CE:ECHR:2012:1213JUD002268907, § 83.


26      È a mio parere, incontestabile che la situazione di LM, che nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte permette di ritenere gravemente ammalato, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta ai sensi del quale nessuno può essere allontanato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti. Tale disposizione, alla luce della quale la Corte ha interpretato l’articolo 5 della direttiva 2008/115 per fondare la soluzione adottata nella sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU: C:2014:2453), e che è altresì menzionata dal giudice del rinvio nella questione pregiudiziale, è nella fattispecie priva di rilevanza.


27      Rilevo che la Corte EDU ha, in particolare, affermato che la separazione dei membri di una famiglia può causare a questi ultimi danni irreversibili, comportanti un rischio di violazione dell’articolo 8 della CEDU, rischio che dev’essere evitato con l’indicazione di una misura provvisoria ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della detta Corte (v. Corte EDU, 6 luglio 2010, Neulinger e Shuruk c. Svizzera, e 28 giugno 2011, Nunez c. Norvegia, CE:ECHR:2011:0628JUD005559709).


28      Si deve ritenere che, tenuto conto della mancanza di effetto sospensivo, nel diritto belga, connesso al ricorso contro la decisione di rimpatrio, il ricorrente nel procedimento principale poteva formare oggetto di un provvedimento di allontanamento sin dal 25 marzo 2016, data di scadenza del termine di 30 giorni per una partenza volontaria contenuto nell’ordine di allontanamento dal territorio belga, ordine che accompagnava la decisione in data 9 febbraio 2016, recante diniego di rilascio di un titolo di soggiorno, notificata il 25 febbraio dello stesso anno. Il fatto che la figlia del ricorrente sia divenuta maggiorenne, l’11 aprile 2017, ossia nel corso del procedimento di esame del ricorso contro la decisione di rimpatrio (che non era del resto sfociata in alcuna decisione alla data della decisione di rinvio) e di quello relativo al contenzioso del beneficio dell’assistenza sociale al detto ricorrente, è, a mio modo di vedere, indifferente.


29      Corte EDU, 3 ottobre 2014, Jeunesse c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2014:1003JUD001273810, § 117.


30      V., in particolare, Corte EDU, 3 ottobre 2014, Jeunesse c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2014:1003JUD001273810, § 107.


31      Corte EDU, 3 ottobre 2014, Jeunesse c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2014:1003JUD001273810, § 109 e 118.


32      Sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 52).


33      Sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punti da 71 a 73).


34      V., in questo senso, sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 50).


35      Sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 56).


36      V., in questo senso, sentenza del 6 dicembre 2012, O. e S. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti 77 e 78).


37      Corte EDU, 23 giugno 2008, Maslov c. Austria, CE:ECHR:2008:0623JUD000163803, § 62 e giurisprudenza citata.


38      Corte EDU, 30 giugno 2015, A.S c. Svizzera CE:ECHR:2015:0630JUD003935013, § 49, e Corte EDU, 23 ottobre 2018, Levakovic c. Danimarca, CE:ECHR:2018:1023JUD000784114, §§ 35 e 44.


39      Sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 65)


40      GU 2003, L 31, pag. 18.


41      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punti da 54 a 58).


42      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punti 59 e 60).


43      V., in questo senso, sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 58).


44      Le necessità primarie di ordine sanitario sono prese in considerazione all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/115.


45      Per scrupolo di completezza, preciso che un’interpretazione dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, letto alla luce degli articoli 1, 2, 3 della Carta, che sanciscono il rispetto della dignità umana nonché dei diritti alla vita e all’integrità della persona, nonché dell’articolo 4 della Carta relativo al divieto di trattamenti inumani o degradanti, potrebbe anch’essa essere tale da fondare l’obbligo di presa in carico delle condizioni basilari per il sostentamento del ricorrente nel procedimento principale da parte dello Stato membro interessato. Tale ipotesi è stata esposta con precisione dall’avvocato generale Bot nelle sue conclusioni nella sentenza Abdida (C‑562/13, EU: C:2014:2167, paragrafi 147, 148, 154 e 155), alle quali viene fatto rinvio a causa della piena concordanza di vedute su questo punto.


46      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 59).


47      GU 2009, L 168, pag. 24.


48      Viene specificato, nella decisione di rinvio (pag. 22), che, benché diplomato e in possesso di un’esperienza professionale non disprezzabile, LM, che è ancora in età lavorativa, si vede escluso dal mercato del lavoro a causa della sua attuale situazione di soggiorno irregolare, senza ulteriori precisazioni. Tale affermazione non tiene conto, per definizione, del fatto che l’allontanamento di LM dev’essere rinviato a causa dell’effetto sospensivo del suo ricorso.


49      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 61).


50      Osservo, infine, che il giudice del rinvio ha preso in considerazione, nella sua questione pregiudiziale, l’articolo 12 della Carta, citazione dovuta palesemente ad un errore materiale, come dimostra la lettura della pagina 25 della decisione di rinvio che fa chiaramente riferimento al divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’età, previsto all’articolo 21 della Carta. Si deve necessariamente constatare, in ogni caso, che il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione tale da permettere di configurare, nella fattispecie, un trattamento differenziato di situazioni oggettivamente comparabili.