SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)
16 settembre 1998 (1)
«Concorrenza Remailing Ricorso d'annullamento Rigetto parziale di una
denuncia Interesse comunitario»
Nella causa T-110/95,
International Express Carriers Conference (IECC), organizzazione di categoria di
diritto elvetico, con sede in Ginevra, con gli avv.ti Éric Morgan de Rivery, del foro
di Parigi, e Jacques Derenne, dei fori di Bruxelles e Parigi, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Alex Schmitt, 62, avenue Guillaume,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal signor
Francisco González Diaz, membro del servizio giuridico, e dalla signora Rosemary
Caudwell, funzionaria nazionale distaccata presso la Commissione, e
successivamente dalla signora Caudwell e dalla signora Fabiola Mascardi,
funzionaria nazionale distaccata presso la Commissione, in qualità di agenti,
assistite dall'avv. Nicholas Forwood, QC, con domicilio eletto in Lussemburgo
presso il signor Carlos Goméz de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre
Wagner, Kirchberg,
sostenuta da
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla signora
Stephanie Ridley, del Treasury Solicitor's Department, e, nel corso della fase orale,
anche dall'avv. Nicholas Green, QC, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard
Roosevelt,
La Poste, con gli avv. Hervé Lehman e Sylvain Rieuneau, del foro di Parigi, con
domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Aloyse May, 31, Grand-Rue,
e
Post Office, con l'avv. Ulick Bourke, Solicitor of the Supreme Court of England
and Wales, e nel corso della fase orale, anche con gli avv.ti Stuart Isaacs e Sarah
Moore, barristers, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio legale
Loesch e Wolter, 11, rue Goethe,
avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione 17 febbraio 1995,
con la quale la Commissione ha definitivamente respinto la denuncia proposta dalla
ricorrente il 13 luglio 1988 nella parte relativa ad un accordo di fissazione dei
prezzi stipulato nell'ottobre 1988 da diversi operatori pubblici nel campo dei servizi
postali,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Terza Sezione ampliata),
composto dal signor B. Vesterdorf, presidente, dal signor C.P. Briët, dalla signora
P. Lindh, e dai signori A. Potocki e J.D. Cooke, giudici,
cancelliere: J. Palacio González, amministratore,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13
maggio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all'origine della controversia
International Express Carrier Conference (IECC) e remailing (reinvio postale)
- 1.
- L'International Express Carrier Conference (IECC) è un'organizzazione che
rappresenta gli interessi di talune imprese che forniscono servizi di corriere
espresso. I suoi membri offrono, tra l'altro, i cosiddetti servizi di «remailing»
consistenti nel trasportare corrispondenza proveniente da un paese A nel territorio
di un paese B con lo scopo di depositarla presso l'operatore postale pubblico (in
prosieguo: l'«OPP») locale, il quale la inoltra nel proprio territorio o a destinazione
di un paese A o C.
- 2.
- I servizi di remailing vengono abitualmente classificati in tre categorie:
il «remailing ABC», che corrisponde alla situazione nella quale la
corrispondenza originaria di un paese A è trasportata e introdotta da
società private nel sistema postale di un paese B, per essere inoltrata
mediante il sistema postale internazionale classico verso un paese C, nel
quale risiede il destinatario finale della corrispondenza;
il «remailing ABB», che corrisponde alla situazione nella quale la
corrispondenza originaria di un paese A è trasportata e introdotta da
società private nel sistema postale di un paese B, per essere inoltrata al
destinatario finale della corrispondenza, residente nello stesso paese B;
il «remailing ABA», che corrisponde alla situazione nella quale la
corrispondenza originaria di un paese A è trasportata e introdotta da
società private nel sistema postale di un paese B, per essere inoltrata
mediante il sistema postale internazionale classico nel paese A, nel quale
risiede il destinatario finale della corrispondenza.
- 3.
- Occorre aggiungere a questi tre tipi di remailing il cosiddetto «remailing non
fisico». Tale tipo di remailing corrisponde alla situazione nella quale talune
informazioni provenienti da un paese A sono inoltrate per via elettronica verso un
paese B, in cui, tali e quali oppure previa elaborazione, vengono stampate su carta,
e in seguito trasportate ed introdotte nel sistema postale del paese B o di un paese
C, per essere inoltrate mediante il sistema postale internazionale classico verso un
paese A, B o C, nel quale risiede il destinatario finale della corrispondenza.
Spese terminali e Convenzione dell'Unione postale universale
- 4.
- La Convenzione dell'Unione postale universale (UPU), adottata il 10 luglio 1964
nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e alla quale hanno aderito tutti
gli Stati membri della Comunità europea, costituisce il quadro delle relazioni tra
le amministrazioni postali del mondo intero. E' in questo ambito che è stata creata
la Conferenza europea delle amministrazioni delle poste e delle telecomunicazioni
(in prosieguo: la «CEPT»), della quale fanno parte tutte le amministrazioni postali
europee prese in considerazione nella denuncia della ricorrente.
- 5.
- Nei sistemi postali lo smistamento della corrispondenza «entrante» e la
distribuzione di quest'ultima ai destinatari finali comportano ingenti costi per gli
OPP. Per tale motivo i membri dell'UPU hanno adottato nel 1969 un sistema di
tassi di compensazione fissi per tipo di corrispondenza, le cosiddette «spese
terminali», modificando così un principio in vigore sin dalla fondazione dell'Unione
secondo il quale ciascun OPP si assumeva i costi derivanti dallo smistamento e
dalla distribuzione della corrispondenza entrante senza fatturarli agli OPP dei paesi
di origine. Il valore economico del servizio di distribuzione fornito dalle diverse
amministrazioni postali, la struttura dei costi di tali amministrazioni e le spese
fatturate ai clienti potevano, dal canto loro, variare in misura sostanziale. La
differenza tra i prezzi imposti per l'invio della corrispondenza nazionale e della
corrispondenza internazionale nei vari Stati membri e la notevole entità delle
«spese terminali» rispetto a tali prezzi differenti praticati a livello nazionale
costituiscono elementi determinanti all'origine del fenomeno del remailing. Gli
operatori che effettuano il remailing mirano, infatti, tra l'altro, a trarre vantaggio
da tali differenze di prezzo proponendo alle società commerciali di trasportare la
loro corrispondenza verso gli OPP che offrono il miglior rapporto qualità/prezzo
per una determinata destinazione.
- 6.
- L'art. 23 della Convenzione UPU del 1984, divenuto l'art. 25 della Convenzione
UPU del 1989, recita:
«1. Nessun paese membro è tenuto a trasmettere né a distribuire ai destinatari
gli invii della posta lettere che mittenti residenti sul suo territorio impostano
o fanno impostare in un paese estero, allo scopo di beneficiare delle tariffe
più basse che vi si applicano. Lo stesso vale per gli invii di questo tipo,
impostati in grande quantità, sia che queste impostazioni vengano o meno
effettuate allo scopo di beneficiare di tariffe più basse.
2. Il paragrafo 1 si applica indistintamente sia agli invii preparati nel paese di
residenza del mittente e successivamente trasportati attraverso la frontiera,
sia a quelli confezionati in un paese estero.
3. L'amministrazione interessata ha il diritto o di rispedire gli invii all'origine,
o di gravarli delle proprie tariffe nazionali. Se il mittente rifiuta di pagare
queste tariffe, essa può disporre di tali invii in conformità alla propria
legislazione interna.
4. Nessun paese membro è tenuto ad accettare, avviare o distribuire ai
destinatari gli invii di posta lettere che i mittenti hanno impostato o fatto
impostare in grandi quantità in un paese diverso da quello in cui sono
domiciliati. Le amministrazioni interessate hanno il diritto di rispedire tali
invii all'origine o di consegnarli ai mittenti senza restituire la tassa pagata».
Denuncia dell'IECC e accordo CEPT del 1987
- 7.
- Il 13 luglio 1988 l'IECC presentava una denuncia alla Commissione ai sensi dell'art.
3, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento
d' applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato, (GU 1962, 13, pag. 204, in
prosieguo: il «regolamento n. 17»). In sostanza la denunciante sosteneva, in primo
luogo, che taluni OPP della Comunità europea e di paesi terzi avevano concluso,
a Berna, nell'ottobre 1987, un accordo per la fissazione delle tariffe relative alle
spese terminali (in prosieguo: l'«accordo CEPT») e, in secondo luogo, che taluni
OPP tentavano d'applicare un accordo per la ripartizione dei mercati, basandosi
sull'art. 23 della Convenzione UPU per rifiutarsi di distribuire la corrispondenza
impostata da un cliente presso un OPP di un paese diverso dal paese di residenza.
- 8.
- Nella parte della denuncia relativa all'accordo CEPT, l'IECC esponeva più
precisamente che, nell'aprile 1987, un gran numero di OPP comunitari, in occasione
di una riunione nel Regno Unito, avevano esaminato l'opportunità di adottare una
politica comune per combattere la concorrenza esercitata dalle società private che
proponevano servizi di remailing. Un gruppo di lavoro costituito nell'ambito della
CEPT aveva proposto successivamente, in sostanza, un aumento delle spese
terminali, l'adozione di un codice di condotta comune e un miglioramento del
servizio reso alla clientela. Nell'ottobre 1987 detto gruppo di lavoro avrebbe
adottato quindi un nuovo accordo relativo alle spese terminali, l'accordo CEPT, che
propone un nuovo tasso fisso, in realtà, superiore al precedente.
- 9.
- E' inoltre pacifico che il 17 gennaio 1995, al fine di sostituire l'accordo CEPT del
1987, quattordici OPP, dodici dei quali appartenevano alla Comunità europea,
hanno firmato un accordo preliminare sulle spese terminali. Quest'ultimo, detto
«accordo REIMS» (sistema di rimunerazione degli scambi di corrispondenza
internazionale tra operatori postali pubblici tenuti a fornire un servizio universale),
prevedeva, in sostanza, un sistema nell'ambito del quale l'amministrazione postale
di destinazione avrebbe applicato nei confronti dell'amministrazione postale
d'origine una percentuale fissa della propria tariffa interna per tutta la
corrispondenza che le pervenisse. La versione finale di detto accordo è stata
firmata il 13 dicembre 1995 e notificata alla Commissione il 19 gennaio 1996 (GU
1996, C 42, pag. 7).
Trattazione della denuncia da parte della Commissione
- 10.
- Gli OPP menzionati nella denuncia della ricorrente presentavano le loro risposte
ai quesiti posti dalla Commissione nel novembre 1988. Nel periodo giugno 1989-febbraio 1991 veniva scambiata una copiosa corrispondenza tra, da un lato, l'IECC
e, d'altro lato, diversi funzionari della direzione generale Concorrenza (DG IV) e
i gabinetti dei membri della Commissione Bangemann e Brittan.
- 11.
- Il 18 aprile 1991 la Commissione informava l'IECC di «aver deciso di instaurare
un procedimento ai sensi delle disposizioni del regolamento n. 17 (...) sulla base
degli artt. 85, n. 1, e 86 del Trattato CE».
- 12.
- Il 7 aprile 1993 essa comunicava all'IECC di aver adottato il 5 aprile 1993 una
comunicazione degli addebiti che doveva essere inviata agli OPP interessati.
- 13.
- Il 26 luglio 1994 l'IECC invitava la Commissione, ai sensi dell'art. 175 del Trattato,
ad inviarle una lettera, in conformità dell'art. 6 del regolamento della Commissione
25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all'articolo 19,
paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268,
in prosieguo: il «regolamento n. 99/63»), nell'ipotesi in cui ritenesse che l'adozione
di una decisione di divieto nei confronti degli OPP non fosse necessaria.
- 14.
- Il 23 settembre 1994 la Commissione inviava all'IECC una lettera nella quale
dichiarava la propria intenzione di respingere la parte della denuncia riferentesi
all'applicazione dell'art. 85 del Trattato all'accordo CEPT e le chiedeva di
presentare le sue osservazioni, in conformità dell'art. 6 del regolamento n .99/63.
- 15.
- Con lettera 23 novembre 1994 l'IECC comunicava le proprie osservazioni riguardo
a tale lettera della Commissione e nel contempo invitava l'istituzione a pronunciarsi
sulla sua denuncia.
- 16.
- Il 15 febbraio 1995, ritenendo che la Commissione non si fosse pronunciata ai sensi
dell'art. 175 del Trattato, l'IECC proponeva un ricorso per carenza, registrato con
il numero T-28/95. Due giorni dopo, il 17 febbraio 1995, la Commissione faceva
pervenire all'IECC la decisione finale recante rigetto della denuncia quanto
all'applicazione dell'art. 85 del Trattato all'accordo CEPT, decisione che costituisce
oggetto del ricorso in esame (in prosieguo: «decisione 17 febbraio 1995»).
- 17.
- Nella decisione 17 febbraio 1995 la Commissione precisa:
5. (...) La nostra principale obiezione al regime delle spese terminali definitodall'accordo CEPT del 1987 era che tale regime non si basava sui costi sostenuti
dalle amministrazioni postali per trattare la corrispondenza internazionale entrante.
(...) Di conseguenza, la comunicazione degli addebiti sottolineava che le tariffe
applicate dalle amministrazioni postali per trattare la corrispondenza internazionale
entrante dovevano essere fondate sui costi sostenuti da tali amministrazioni.
6. La Commissione ammetteva che potesse essere difficile calcolare tali costi in
maniera precisa e dichiarava che le tariffe interne potevano considerarsi offrire
un'indicazione appropriata al riguardo (...).
8. (...) La Commissione è stata tenuta al corrente delle fasi che hanno portato al
'regime REIMS proposto. Il 17 febbraio 1995 quattordici OPP (...) hanno firmato
un accordo preliminare sulle spese terminali, nella prospettiva di un'attuazione a
decorrere dal 1. gennaio 1996. Secondo le informazioni fornite ufficiosamente
dall'International Post Corporation, l'accordo preliminare sottoscritto di recente
prevede un regime secondo il quale l'OPP ricevente fatturerebbe una percentuale
fissa della sua tariffa interna, per ogni oggetto postale ricevuto, all'OPP d'origine.
9. La Commissione nota quindi che gli OPP si stanno adoperando attivamente per
elaborare un sistema di nuove tariffe e ritiene in questa fase che le parti cerchino
di venire incontro alle preoccupazioni della Commissione riguardo al diritto della
concorrenza, condivise dalla Vostra denuncia relativa al vecchio sistema. E' poco
verosimile che la prosecuzione del procedimento per infrazione relativo al sistema
CEPT del 1987, che presto non sarà più in vigore, possa produrre un risultato più
vantaggioso per i Vostri clienti. Infatti, il probabile risultato di una decisione di
divieto consisterebbe semplicemente nel ritardare la riforma e la ristrutturazione
radicali, ormai imminenti, del sistema di spese terminali, mentre il sistema
modificato dovrebbe essere attuato in un prossimo futuro. Alla luce della sentenza
emessa (...) nella causa Automec II, la Commissione ritiene che non sarebbe
conforme all'interesse comunitario impiegare le sue limitate risorse per tentare di
risolvere, nella fase attuale, l'aspetto della denuncia relativo alle spese terminali
mediante una decisione di divieto.
(...)
12. (...) Il regime REIMS sembra nondimeno fornire alternative, per lo meno per
un periodo transitorio, alle clausole restrittive precedenti che preoccupavano la
Commissione. Il regime REIMS garantisce, in particolare, nonostante eventuali
imperfezioni, un nesso tra le spese terminali e la struttura delle tariffe interne (...).
13. Non v'è dubbio che la Commissione esaminerà approfonditamente il futuro
regime REIMS e la sua attuazione alla luce delle norme della concorrenza. In
particolare esaminerà la questione dell'interesse comunitario, per quanto riguarda
sia il merito delle riforme sia il ritmo della loro attuazione (...)».
- 18.
- Il 6 aprile 1995 la Commissione inviava alla ricorrente una decisione recante rigetto
della seconda parte della sua denuncia, in quanto si riferiva all'intercettazione del
remailing ABA. Tale decisione costituisce oggetto della causa T-133/95.
- 19.
- Il 14 agosto 1995 la Commissione adottava una decisione relativa all'applicazione
delle norme sulla concorrenza all'uso nei confronti della pratica consistente nel far
leva sull'art. 23 della convenzione dell'UPU per l'intercettazione del remailing di
tipo «ABC». Tale decisione è oggetto della causa T-204/95.
Procedimento
- 20.
- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile
1995, la ricorrente ha proposto il ricorso in oggetto.
- 21.
- Con ordinanze 6 febbraio 1996 il presidente della Terza sezione ampliata del
Tribunale ha ammesso l'intervento del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
del Nord, del Post Office e della Poste a sostegno delle conclusioni della
Commissione.
- 22.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso
di dare inizio alla fase orale del procedimento. Nell'ambito delle misure di
organizzazione del procedimento, ha invitato talune parti a produrre documenti e
a rispondere a determinati quesiti, sia per iscritto, sia oralmente all'udienza. Le
parti hanno ottemperato a tali inviti.
- 23.
- Ai sensi dell'art. 50 del regolamento di procedura, le cause T-28/95, T-110/95, T-133/95 e T-204/95, promosse dalla medesima ricorrente e connesse per oggetto,
sono state riunite ai fini della trattazione orale con ordinanza del presidente della
Terza Sezione ampliata 12 marzo 1997.
- 24.
- Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale
all'udienza del 13 marzo 1997.
- 25.
- Il 26 settembre 1997 la ricorrente ha chiesto la riapertura della fase orale ai sensi
dell'art. 62 del regolamento di procedura. Su invito del Tribunale, la Commissione,
il Post Office e La Poste hanno fatto sapere di ritenere che non ve ne fosse motivo.
Il 26 febbraio 1998 la ricorrente ha nuovamente chiesto la riapertura della fase
orale. Il Tribunale considera che, tenuto conto dei documenti prodotti dalla
ricorrente, non vi sia motivo di accogliere tali domande. Infatti gli elementi nuovi
indicati dalla ricorrente a sostegno delle stesse non contengono alcun dato decisivo
per l'esito della controversia o si limitano a dimostrare l'esistenza di fatti
palesemente successivi all'adozione della decisione impugnata e che non possono,
di conseguenza, incidere sulla validità della detta decisione.
Conclusioni delle parti
- 26.
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
annullare la decisione della Commissione 17 febbraio 1995;
disporre qualsiasi altra misura che il Tribunale consideri idonea ad indurre
la Commissione a conformarsi all'art. 176 del Trattato;
condannare la Commissione alle spese.
- 27.
- Nelle sue osservazioni sulle memorie d'intervento la ricorrente chiede inoltre che
il Tribunale voglia:
dichiarare irricevibile la memoria d'intervento del Post Office;
condannare le parti intervenienti alle spese relative alle osservazioni sugli
interventi;
ordinare la produzione dell'accordo preliminare REIMS.
- 28.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese.
- 29.
- Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Post Office concludono
per il rigetto del ricorso.
- 30.
- La Poste conclude che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese del suo intervento.
Sulla ricevibilità della memoria d'intervento del Post Office
- 31.
- Secondo la ricorrente, la memoria d'intervento del Post Office non è conforme
all'art. 116, n. 4, lett. a), del regolamento di procedura, in quanto non indica la
parte a sostegno della quale è stato depositato, cosicché deve essere dichiarato
irricevibile
- 32.
- Ai sensi dell'art. 37, n. 3, dello Statuto (CE) della Corte e dell'art. 116, n. 4, lett. a),
del regolamento di procedura del Tribunale, le conclusioni di una memoria
d'intervento non possono avere altro oggetto che il sostegno delle conclusioni di
una delle parti. Ora, risulta dalla memoria d'intervento del Post Office che
l'obiettivo dell'intervento era quello di sostenere le conclusioni della Commissione,
nonostante la mancanza di dichiarazioni formali in tal senso. La ricorrente non
poteva quindi avere seri dubbi circa la portata o lo scopo della memoria
d'intervento. Occorre ricordare, inoltre, che la domanda d'intervento del Post
Office conteneva, in conformità dell'art. 115, n. 2, lett. e), del regolamento di
procedura, l'indicazione delle conclusioni a sostegno delle quali esso chiedeva di
intervenire e che l'ordinanza 6 febbraio 1996, già citata, ha ammesso, nel punto 1
del dispositivo, l'intervento del Post Office «a sostegno delle conclusioni della
convenuta». Pertanto, si deve respingere questo capo delle conclusioni.
Sulla ricevibilità della domanda diretta a far sì che il Tribunale ordini alla
Commissione di adottare le misure idonee per conformarsi agli obblighi previsti
dall'art. 176 del Trattato
- 33.
- Secondo una costante giurisprudenza, non compete al giudice comunitario rivolgere
ingiunzioni alle istituzioni comunitarie o sostituirsi a queste ultime nell'ambito del
controllo di legittimità che esercita. Tocca all'istituzione comunitaria interessata, ai
sensi dell'art. 176 del Trattato, adottare le misure che l'esecuzione di una sentenza
emessa su un ricorso di annullamento comporta.
- 34.
- Questo capo delle conclusioni è, pertanto, irricevibile.
Nel merito
- 35.
- A sostegno del suo ricorso d'annullamento la IECC fa valere sei motivi: il primo
è relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato; il secondo alla violazione
dell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 17 e dell'art. 85, n. 3, del Trattato; il terzo ad
un errore di diritto e ad un errore manifesto di valutazione dei fatti; il quarto allo
sviamento di potere; il quinto alla violazione dell'art. 190 del Trattato; infine il
sesto motivo attiene alla violazione di taluni principi generali del diritto.
- 36.
- Occorre anzitutto esaminare, nel caso presente, il terzo motivo dedotto dalla
ricorrente.
Sul terzo motivo, relativo ad un errore di diritto e ad un errore manifesto nella
valutazione, da parte della Commissione, dell'interesse comunitario del caso di specie
Argomenti delle parti
- 37.
- Nella prima parte di tale motivo la ricorrente sostiene che la Commissione non era
più in diritto di invocare l'insussistenza «d'interesse comunitario» per respingere
la sua denuncia in quanto quest'ultima era stata definitivamente istruita e la
Commissione aveva riconosciuto l'esistenza di un'infrazione dell'art. 85 del Trattato
(conclusioni del giudice Edward, designato come avvocato generale, nella sentenza
del Tribunale 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione, Racc. pag.
II-2223, in prosieguo: la «sentenza Automec II», punto 105). Infatti, la
Commissione può decidere di non istruire approfonditamente una causa in due sole
ipotesi: quando ritenga che non siano stati violati gli artt. 85 e 86 del Trattato
oppure quando, in base ad un esame preliminare, ritenga che, in assenza di un
interesse comunitario, il caso non meriti di essere trattato prioritariamente
(sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T-114/92, BEMIM/Commissione,
Racc. pag. II-147). Superate tali fasi preliminari del procedimento, la Commissione
non può più invocare il concetto di interesse comunitario.
- 38.
- Nella seconda parte la ricorrente contesta alla Commissione di aver commesso un
errore di diritto e un errore manifesto nella valutazione dell'interesse comunitario.
Sostiene, infatti, che, nella fattispecie, esisteva un interesse comunitario a
proseguire l'esame a causa della rilevanza dell'asserita infrazione per il corretto
funzionamento del mercato comune, della probabilità di poterne accertare
l'esistenza e della portata delle misure istruttorie necessarie (sentenza Automec II,
punto 86). Sottolinea, inoltre, l'assenza di soluzioni alternative all'adozione da parte
di una decisione di divieto della Commissione in quanto, per il carattere
internazionale dell'accordo CEPT, le azioni giudiziarie a livello nazionale sarebbero
inappropriate. In tali circostanze il rigetto di una denuncia costituirebbe un diniego
di giustizia. Ricorda, infine, che la Commissione ha dichiarato nella comunicazione
degli addebiti rivolta agli OPP che «sussiste un pericolo reale di ripresa della prassi
alla quale l'impegno ha posto fine e che, di conseguenza, è necessario chiarire la
situazione giuridica». Tale considerazione avrebbe dovuto quindi condurre la
Commissione ad adottare una decisione di constatazione della violazione del diritto
della concorrenza, tanto più che non si era ancora posto fine a detta violazione.
- 39.
- Nella terza parte del motivo essa contesta alla Commissione di aver commesso un
errore di diritto e un errore manifesto di valutazione dei fatti nel riferirsi alla bozza
di accordo REIMS per respingere la denuncia.
- 40.
- Anzitutto, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto rifiutandosi di
emanare una decisione di divieto nei confronti dell'accordo CEPT, sulla base
dell'attuazione della bozza di un accordo asseritamente sostitutivo di detto accordo.
Avrebbe anche commesso un errore manifesto di valutazione dei fatti dichiarando
che la conseguenza di una decisione vietante l'accordo CEPT consisterebbe
«semplicemente nel ritardare la riforma e la ristrutturazione radicali del sistema
delle spese terminali», mentre risulterebbe dal fascicolo che è solo grazie alle
pressioni della Commissione che gli OPP hanno accettato di riformare il sistema
CEPT. Una decisione di divieto avrebbe quindi costretto gli OPP ad adottare
immediatamente un nuovo regime.
- 41.
- La ricorrente ritiene, inoltre, che la Commissione abbia valutato in maniera
scorretta la bozza di accordo REIMS poiché, al momento in cui ha adottato la
decisione impugnata, l'accordo non aveva ancora ricevuto la stesura definitiva né
era stato sottoscritto dalle parti interessate e poiché la stampa riferiva che alcune
parti intendevano non sottoscriverlo. Così facendo, la Commissione avrebbe
commesso un errore manifesto di valutazione dei fatti (in questo senso, sentenza
del Tribunale 18 maggio 1994, causa T-37/92, BEUC e NCC/Commissione, Racc.
pag. II-285, punto 59), poiché non avrebbe dimostrato che la bozza di accordo
REIMS avrebbe posto necessariamente fine all'infrazione constatata.
- 42.
- Fa valere, infine, che l'accordo REIMS prevede un periodo transitorio troppo lungo
e comporta aspetti discriminatori. Esso manterrebbe, peraltro, in vigore un certo
numero di disposizioni illegittime dell'accordo CEPT, senza tuttavia risolvere i
problemi sollevati nella denuncia (sentenza BEUC e NCC/Commissione, già citata,
punto 54).
- 43.
- La Commissione ricorda, in risposta alla prima parte del motivo, che secondo la
sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T-5/93, Tremblay e a./Commissione,
(Racc. pag. II-185), non è tenuta ad adottare una decisione di divieto, anche
nell'ipotesi in cui abbia concluso che un comportamento costituisce una violazione
delle regole della concorrenza.
- 44.
- Quanto alla seconda parte, ritiene che l'elenco dei criteri menzionati al punto 86
della sentenza Automec II, già citata, non sia esaustivo e che essa potesse tener
conto del desiderio manifestato dagli OPP di orientarsi verso il regime REIMS.
- 45.
- La Commissione nega, infine, di aver commesso un qualsiasi errore di valutazione
o un qualsivoglia errore di diritto nella valutazione dell'accordo REIMS.
Giudizio del Tribunale
- 46.
- Per costante giurisprudenza, l'art. 3 del regolamento n. 17 non conferisce a chi
presenta una domanda a norma del detto articolo il diritto a una decisione della
Commissione, ai sensi dell'art. 189 del Trattato, in merito all'esistenza o meno di
un'infrazione dell'art. 85 o dell'art. 86 del Trattato (in particolare sentenza
BEMIM/Commissione, già citata, punto 62). Inoltre, la Commissione può
respingere una denuncia qualora accerti che la pratica non presenta un interesse
comunitario sufficiente per giustificare la prosecuzione dell'esame della medesima
(sentenza BEMIM/Commissione, già citata, punto 80).
- 47.
- Qualora la Commissione rigetti una denuncia per l'insussistenza di interesse
comunitario, il sindacato di legittimità che il Tribunale deve effettuare è diretto a
verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e
non sia viziata da errori di diritto, da manifesti errori di valutazione o da sviamento
di potere (sentenza Automec II, punto 80).
- 48.
- Nella fattispecie la ricorrente sostiene, nella prima parte del suo motivo, che la
Commissione non poteva respingere la denuncia per mancanza di interesse
comunitario sufficiente senza commettere un errore di diritto, tenuto conto della
fase avanzata dell'istruttoria. Tale argomento non può essere accolto.
- 49.
- Siffatta interpretazione, infatti, sarebbe contraria non solo alla lettera stessa
dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, a tenore del quale la Commissione «può»
adottare una decisione circa l'esistenza dell'asserita infrazione, ma contrasterebbe,
inoltre, con una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza della Corte 18
ottobre 1979, causa 125/78, GEMA/Commissione, Racc. pag. 3173, punto 17),
secondo la quale l'autore di una denuncia non ha il diritto di ottenere una
decisione della Commissione ai sensi dell'art. 189 del Trattato. Al riguardo è stato
precisato nella sentenza BEMIM/Commissione, citata, che la Commissione può
adottare un provvedimento di archiviazione di una denuncia per mancanza di
sufficiente interesse comunitario non soltanto prima di aver avviato l'istruzione
della pratica, ma anche dopo aver adottato provvedimenti di istruzione, qualora
concluda in tal senso in questa fase del procedimento (punto 81).
- 50.
- Nella seconda parte del suo motivo la ricorrente sostiene, in sostanza, che la
Commissione ha violato le norme di diritto relative alla valutazione dell'interesse
comunitario.
- 51.
- Al fine di valutare l'interesse comunitario a procedere all'esame di una pratica, la
Commissione deve tener conto delle circostanze del caso di specie e, segnatamente,
degli elementi di fatto e di diritto esposti nella denuncia presentatale. Spetta, in
particolare, alla Commissione, dopo aver valutato, con tutta l'attenzione necessaria,
gli elementi di fatto e di diritto addotti dal denunciante, mettere a confronto tra
loro la rilevanza dell'asserita infrazione per il funzionamento del mercato comune,
la probabilità di poterne accertare l'esistenza e la portata delle misure d'indagine
necessarie, al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, il proprio compito di
vigilanza sul rispetto degli artt. 85 e 86 del Trattato (sentenza Automec II, punto
86).
- 52.
- La Commissione non è tuttavia tenuta a mettere a confronto tra loro, nella sua
valutazione dell'interesse comunitario, solo gli elementi enumerati dal Tribunale
nella sentenza Automec II. Essa può quindi prendere in considerazione, nell'ambito
di tale valutazione, altri elementi pertinenti. Infatti, la valutazione dell'interesse
comunitario si basa necessariamente su un esame delle circostanze peculiari di
ciascuna fattispecie, effettuato sotto il controllo del Tribunale.
- 53.
- Nella fattispecie risulta da una lettura complessiva della decisione impugnata che
la Commissione ha respinto la denuncia, per quanto riguarda l'asserita violazione
dell'art. 85, n. 1, del Trattato, per insussistenza di interesse comunitario, dato che
le imprese considerate dalla denuncia dovevano modificare i comportamenti
denunciati nel senso da essa raccomandato.
- 54.
- Al riguardo il Tribunale ricorda che l'ampiezza degli obblighi della Commissione
nel campo del diritto della concorrenza dev'essere esaminata alla luce dell'art. 89,
n. 1, del Trattato, il quale costituisce in tale materia la manifestazione specifica del
compito generale di vigilanza affidato alla Commissione dall'art. 155 del Trattato
(sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione,
Racc. pag. II-549, punto 63).
- 55.
- Il compito di vigilanza conferitole nel campo del diritto della concorrenza
comprende l'incarico di indagare sulle singole infrazioni e reprimerle, ma implica
pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di
concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il
comportamento delle imprese (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite
100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione,
Racc. pag. 1825, punto 105).
- 56.
- Inoltre, l'art. 86 costituisce un'espressione dello scopo generale assegnato dall'art.
3, lett. g), del Trattato all'azione della Comunità, cioè l'instaurazione di un regime
che garantisca che la concorrenza non venga falsata nel mercato comune (nello
stesso senso, sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La
Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 38).
- 57.
- Tenuto conto di detto scopo generale e del compito affidato alla Commissione, il
Tribunale considera che, con riserva di motivare siffatta decisione, la Commissione
può decidere che non è opportuno dare seguito ad una denuncia relativa a pratiche
contrarie all'art. 85, n. 1, del Trattato qualora i fatti esaminati le consentano
legittimamente di ritenere che i comportamenti delle imprese interessate saranno
modificati in un senso favorevole all'interesse generale.
- 58.
- In tale situazione compete alla Commissione, nell'ambito del suo compito di
vigilanza sulla corretta applicazione del Trattato, decidere se sia consono
all'interesse della Comunità incitare le imprese interessate dal procedimento
amministrativo a modificare i loro comportamenti in considerazione delle censure
formulate nei loro confronti (in questo senso, sentenza della Corte 8 novembre
1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e
a./Commissione, Racc. pag. 3369, punto 15) ed esigere che esse garantiscano che
detti comportamenti saranno effettivamente modificati nel senso da essa
raccomandato piuttosto che dichiarare formalmente in una decisione che tali
comportamenti imprenditoriali violano le norme del Trattato in materia di
concorrenza.
- 59.
- Di conseguenza, la Commissione era legittimata a considerare che, nelle circostanze
del caso di specie, fosse preferibile, tenendo conto della limitatezza delle sue
risorse, favorire la riforma in corso del sistema delle spese terminali invece di
sanzionare tale sistema con il divieto dell'accordo CEPT.
- 60.
- Per quanto riguarda l'asserita contraddizione tra la comunicazione degli addebiti
e la decisione 17 febbraio 1995 in merito al rischio di recidiva degli OPP, è
sufficiente rilevare che l'affermazione della Commissione riprodotta dalla ricorrente
(v. supra, punto 38) si riferiva alle pratiche di intercettazione applicate dagli OPP
in base all'art. 23 della Convenzione UPU, che costituisce oggetto delle cause T-133/95 e T-204/95. Detto argomento non è quindi pertinente nell'ambito della
presente causa.
- 61.
- Poiché la Commissione ha scelto di incitare le imprese interessate a modificare i
comportamenti denunciati nel senso da essa indicato nella comunicazione degli
addebiti, la ricorrente non può invocare la mancanza di un'alternativa
giurisdizionale nazionale all'adozione di una decisione di divieto dato che,
adottando tale comportamento conforme alla sua politica nei riguardi del settore
postale, nella fattispecie la Commissione ha risposto del pari alle censure mosse
dalla ricorrente, nella sua denuncia e nella sua corrispondenza successiva, nei
confronti del vecchio sistema tariffario.
- 62.
- Infine la ricorrente sostiene, nella terza parte del suo motivo, che la Commissione
ha commesso un errore manifesto di valutazione riferendosi alla bozza di accordo
REIMS per respingere la sua denuncia.
- 63.
- Tale affermazione non può essere accolta. Infatti, la Commissione non ha
commesso errori considerando che, alla data dell'adozione della decisione, la bozza
di accordo REIMS fornisse sufficienti garanzie di esito complessivamente positivo
dell'iter negoziale tra gli OPP, diretto ad istituire un sistema fondato sui costi reali
che questi sostengono nel trattamento della corrispondenza a livello nazionale.
Malgrado la transitorietà e la potenziale imperfezione della bozza di accordo
REIMS, peraltro riconosciute dalla Commissione, il documento da questa
richiamato nella decisione impugnata già descriveva dettagliatamente il nuovo
sistema basato sulle tariffe postali nazionali che sarebbe stato istituito a partire dal
1. gennaio 1996. Detto documento evidenziava lo stato intermediario, ma sicuro
dell'iter negoziale tra tutti gli OPP interessati. In tale contesto occorre anche
sottolineare che la Commissione non ha mai affermato che l'esistenza della bozza
di accordo REIMS avesse fatto venir meno ipso facto gli aspetti anticoncorrenziali
dell'accordo CEPT menzionati dalla denunciante.
- 64.
- Peraltro gli argomenti della ricorrente secondo i quali l'accordo preliminare REIMS
prevederebbe un periodo transitorio troppo lungo e comporterebbe aspetti
discriminatori non possono incidere sulla legittimità della decisione impugnata. Il
Tribunale non può, infatti, esaminare dettagliatamente tutte le disposizioni
dell'accordo preliminare REIMS, quale notificato successivamente alla
Commissione, senza pregiudicare la valutazione che la Commissione deve ancora
esprimere riguardo a detto accordo ai sensi dell'art. 85, nn. 1 e 3, del Trattato
nell'ambito di detta notifica.
- 65.
- Inoltre i fatti all'origine della presente causa sono diversi da quelli esaminati dal
Tribunale nella sentenza BEUC E NCC/Commissione, già citata. In detta sentenza
il Tribunale aveva annullato la decisione della Commissione per errore nella
valutazione dei fatti relativi alla cessazione dell'infrazione. Tale valutazione di fatto,
specificamente pertinente a quella causa, non può essere trasposta alla presente
controversia. Peraltro, si è già sottolineato supra, nel punto 63, che la Commissione
non ha affatto affermato nella decisione impugnata che l'accordo preliminare
REIMS avesse ipso facto posto termine all'accordo CEPT.
- 66.
- Per quanto riguarda l'argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione
avrebbe commesso un errore nel considerare che l'adozione di una decisione di
divieto rischiava di far naufragare le trattative concernenti l'accordo REIMS,
occorre ricordare la giurisprudenza costante secondo la quale il Tribunale deve
limitarsi a verificare l'insussistenza di errori manifesti di valutazione nell'ambito del
controllo delle conseguenze che la Commissione trae dai fatti sottoposti alla sua
valutazione (sentenza BEMIM/Commissione, già citata, punto 72). Nell'ambito di
tale controllo il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella della
Commissione in merito alla precisa portata delle conseguenze concrete di fatti
complessi (sentenza della Corte 18 marzo 1975, causa 78/74, Deuka, Racc. pag.
421, punti 9 e 10). Ora, nel caso in esame la Commissione poteva legittimamente
ritenere che l'adozione di una decisione di divieto avrebbe complicato in misura
sostanziale l'iter volto all'adozione dell'accordo preliminare REIMS. Essa non ha
quindi commesso errori manifesti nel valutare le conseguenze dell'eventuale
emanazione di una decisione di divieto. L'argomento della ricorrente secondo il
quale gli OPP in passato avrebbero modificato il loro atteggiamento nei confronti
del remailing solo dietro pressione della Commissione non scalfisce la correttezza
di tale giudizio.
- 67.
- Deve essere del pari respinto l'argomento della ricorrente secondo il quale
l'accordo preliminare REIMS manterrebbe in vigore talune disposizioni vietate
dell'accordo CEPT, nonostante il fatto che il rinnovo di un analogo accordo
restrittivo della concorrenza sia stato censurato nel punto 54 della sentenza BEUC
e NCC/Commissione, già citata. Infatti, in detta causa il semplice rinnovo
dell'accordo informale di cui trattavasi implicava che esso continuasse a sussistere
immutato, senza ulteriori controlli da parte della Commissione, mentre nella
fattispecie la bozza di accordo REIMS, formalmente sottoscritta dagli OPP erecante una modifica sostanziale dello stato di fatto preesistente, è oggetto di una
minuziosa disamina da parte della Commissione sotto il profilo della sua
compatibilità con l'art. 85 del Trattato nell'ambito della notifica sopra citata.
- 68.
- Per quanto riguarda l'argomento secondo il quale le risposte fornite dagli OPP alla
comunicazione degli addebiti devono essere considerate rivelatrici del loro rifiuto
di sottomettersi alla volontà della Commissione, occorre osservare che non si può
esigere che un'impresa destinataria di una comunicazione degli addebiti manifesti,
al momento della redazione della risposta alla medesima comunicazione,
unicamente l'intenzione di aderire alla posizione della Commissione. Tale impresa
deve, infatti, poter confutare le affermazioni giuridiche e fattuali della
Commissione. Una interpretazione contraria priverebbe di significato il diritto di
rispondere alla comunicazione degli addebiti previsto dall'art. 3 del regolamento n.
99/63 (sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T-30/89, Hilti/Commissione,
Racc. pag. II-1439, punto 35).
- 69.
- Alla luce di tutto quanto precede, il motivo deve essere interamente respinto.
Sul primo e sul secondo motivo, relativi, rispettivamente alla violazione dell'art. 85, n.
1, del Trattato e alla violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 17 e dell'art. 85,
n. 3, del Trattato
Argomenti delle parti
- 70.
- Nell'ambito del primo motivo la ricorrente espone, in sostanza, che la Commissione
ha accertato nella comunicazione degli addebiti, e successivamente nella decisione
17 febbraio 1995, che l'accordo CEPT violava l'art. 85 del Trattato. L'istituzione
avrebbe, pertanto, violato detta disposizione omettendo di censurare gli OPP
interessati e respingendo la sua denuncia. Essa si riferisce, al riguardo, alla sentenza
della Corte 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e Silver Line
Reeisebüro (Racc. pag. 803, punti 51 e 52), nella quale la Corte avrebbe vietato
alle istituzioni comunitarie di favorire la formazione di accordi o di pratiche
contrari al diritto della concorrenza.
- 71.
- Con il secondo motivo la ricorrente fa valere che, omettendo di imporre agli OPP
di porre fine all'accordo CEPT di cui avrebbe riconosciuto il carattere restrittivo,
la Commissione avrebbe accordato di fatto un'esenzione a tale accordo, in assenza
di notificazione previa e senza che fossero ottemperate le condizioni sostanziali
imposte dall'art. 85, n. 3, del Trattato. La ricorrente sottolinea inoltre che la
Commissione non può invocare, nella propria decisione di rigetto, la complessità
della pratica per astenersi dal sanzionare le infrazioni delle regole della
concorrenza commesse dagli OPP.
- 72.
- La Commissione, da parte sua, rileva come risulti dall'art. 3 del regolamento n. 17
che il denunciante non ha il diritto di ottenere una decisione di constatazione di
un'infrazione e di non essere tenuta a portare avanti un procedimento fino
all'adozione di una decisione finale.
- 73.
- Secondo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord l'esistenza di un
eventuale errore di diritto nell'interpretazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato non
avrebbe, in ogni caso, alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata,
in quanto detta decisione non si fonda sull'esistenza di un'eventuale violazione di
detta disposizione.
Giudizio del Tribunale
- 74.
- Il primo e il secondo motivo dedotti dalla ricorrente si fondano, in sostanza, sulla
premessa che la Commissione abbia accertato, nella decisione 17 febbraio 1995,
che l'accordo CEPT viola l'art. 85, n. 1, del Trattato. Ora, questa sola circostanza
non è sufficiente per far ritenere che la Commissione abbia commesso, nella
fattispecie, un errore di diritto non vietando, in una decisione formale, le pratiche
denunciate. Infatti, come risulta dall'esame del motivo precedente, anche
ammettendo che la Commissione consideri sussistenti i presupposti per
l'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, essa, da un lato, non è tenuta ad
adottare una decisione che dichiari l'esistenza dell'infrazione, e, d'altro lato, può
considerare, in una decisione di rigetto della denuncia che ha originato l'indagine,
che non è consono all'interesse della Comunità dichiarare l'esistenza di tale
infrazione.
- 75.
- Peraltro, deve essere respinto l'argomento della ricorrente secondo il quale,
adottando la decisione di rigetto, la Commissione avrebbe «favorito» l'adozione o
il mantenimento in vigore di un accordo restrittivo della concorrenza ai sensi della
sentenza Ahmed Saeed Flugreisen e Silver Line Reeisebüro, già citata. Non si può,
infatti, equiparare il rigetto di una denuncia basata, in sostanza, sull'adozione
dell'accordo REIMS, che viene incontro alle principali obiezioni formulate dalla
Commissione e dalla denunciante, ad un «favore» accordato dalla Commissione
all'accordo CEPT in tal modo sostituito.
- 76.
- L'argomento secondo il quale la Commissione non può invocare la complessità di
una pratica restrittiva della concorrenza per respingere una denuncia non è
pertinente. Occorre infatti osservare che detta istituzione si è legittimamente
limitata a far richiamo alla complessità della pratica, nei punti 6 e 10 della
decisione 17 febbraio 1995, per spiegare perché riteneva che i problemi connessi
all'esistenza dell'accordo CEPT potessero essere risolti con maggiori probabilità
mediante l'accordo preliminare REIMS, piuttosto che mediante una decisione di
divieto. La decisione impugnata non può quindi essere in nessun caso interpretata
come basata, in sé e per sé, sulla complessità della pratica per respingere la
denuncia della ricorrente.
- 77.
- Il primo ed il secondo motivo devono pertanto essere interamente respinti.
Sul quarto motivo, relativo allo sviamento di potere
Argomenti delle parti
- 78.
- La ricorrente ritiene che la Commissione abbia commesso uno sviamento di potere
utilizzando i suoi poteri in materia di concorrenza al fine di realizzare obiettivi di
natura politica, vale a dire «garantire un buon clima politico nei rapporti tra la
Commissione e le amministrazioni postali e, di conseguenza, i rispettivi Stati
membri».
- 79.
- Essa segnala, da un lato, di essere stata costretta più volte ad esortare la
Commissione ad agire ai sensi dell'art. 175 del Trattato e che l'inattività di
quest'ultima l'ha costretta ad inviare un gran numero di lettere a numerosi suoi
responsabili. D'altro lato, considera che l'esistenza di pressioni politiche è
dimostrata, tra l'altro, dalla risposta dell'amministrazione postale tedesca alla
comunicazione degli addebiti, ai termini della quale «la denuncia stona nel clima
di costruttiva cooperazione tra le autorità postali e la Commissione. Per attenuare
i danni politici suggeriamo di non proseguire il procedimento in un prossimo
futuro». Il contrasto tra svariate dichiarazioni pubbliche dei responsabili dalla
Commissione, che promettevano un'applicazione rigorosa delle regole della
concorrenza, il considerevole ritardo successivamente accumulato dalla
Commissione nel trattare questo caso e, infine, la dichiarazione anonima di un
responsabile della Commissione, pubblicata nella rivista The Economist, secondo
la quale: «Nessuno si occupa di questa pratica (...)» proverebbero del pari
l'esistenza di pressioni politiche.
- 80.
- La ricorrente ritiene del pari che per ragioni politiche la Commissione abbia
tentato di coordinare la trattazione della sua denuncia e l'adozione del libro verde
sui servizi postali nel 1992.
- 81.
- Infine, considera che l'atteggiamento della Commissione in questa pratica, contrario
ad una prassi costante di intervento nei confronti di accordi di fissazione dei prezzi,
può spiegarsi soltanto con la notevole pressione politica da essa subita.
- 82.
- La Commissione nega, da parte sua, che il rigetto della denuncia sia stato motivato
da obiettivi di natura politica e controbatte che la ricorrente non ha prodotto
alcuna prova tangibile dell'esistenza di un qualsiasi sviamento di potere.
Giudizio del Tribunale
- 83.
- Secondo una giurisprudenza consolidata, una decisione è viziata da sviamento di
potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata
per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati (sentenza della Corte 12 novembre
1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punto 69; sentenza
Tremblay e a./Commissione, citata, punti 87 e seguenti).
- 84.
- Ora, non risulta né dagli elementi di fatto o dai documenti forniti, né dagli
argomenti prospettati dalla ricorrente che la Commissione abbia sviato il
procedimento amministrativo dal suo scopo dichiarato, quale espresso nella
decisione 17 febbraio 1995.
- 85.
- Infatti, il lasso di tempo, relativamente lungo, per l'adozione della decisione di
rigetto 17 febbraio 1995 e, in precedenza, il lasso di tempo per l'adozione della
comunicazione degli addebiti del 1993 possono essere giustificati in larga parte
dalla complessità dei risvolti economici delle questioni sollevate, dal numero degli
OPP implicati nelle trattative relative all'accordo preliminare REIMS, dall'adozione
parallela del libro verde sui servizi postali e dal tempo necessario per l'istituzione
di un sistema sostitutivo, quale l'accordo preliminare REIMS.
- 86.
- Quanto ai diversi inviti ad agire rivolti dalla ricorrente alla Commissione, occorre
rilevare che essi sono stati seguiti da prese di posizione di quest'ultima, ai sensi
dell'art. 175 del Trattato, o non sono stati seguiti dalla proposizione di ricorsi per
carenza da parte della ricorrente.
- 87.
- Le dichiarazioni anonime di presunti funzionari della Comunità pubblicati da una
rivista come l'Economist devono, dal canto loro, essere considerate alla stregua di
semplici affermazioni e non quali prove o rudimenti di prove dell'esistenza di uno
sviamento di potere.
- 88.
- Poiché dall'esame effettuato dal Tribunale emerge che la Commissione ha valutato
correttamente la mancanza di interesse comunitario a proseguire la sua indagine,
non risulta che detta istituzione abbia indebitamente privilegiato lo sforzo di
elaborazione di un quadro normativo a scapito dell'applicazione delle norme sulla
concorrenza. Occorre, infine, sottolineare che la decisione impugnata cita il libro
verde sui servizi postali solo quale elemento comprovante che l'accordo preliminare
REIMS viene incontro alle obiezioni sollevate riguardo all'accordo CEPT e non
respinge la denuncia per il semplice fatto dell'adozione di detto libro verde.
- 89.
- Alla luce di quanto precede, il motivo deve essere respinto.
Sul quinto motivo, relativo alla violazione dell'art. 190 del Trattato
Argomenti delle parti
- 90.
- La ricorrente ritiene che, dopo quasi sette anni di procedimento comprendente
l'adozione di una comunicazione degli addebiti, la Commissione fosse obbligata ad
affrontare in modo particolarmente accurato ed esauriente i punti da essa sollevati
presso detta istituzione. Ora, essa ritiene che la decisione impugnata non ottemperi
affatto a tali rigorosi criteri. La decisione non indicherebbe, infatti, le ragioni per
le quali non sussisterebbe un interesse comunitario all'emanazione di un divieto,
eviterebbe di precisare perché gli effetti positivi dell'accordo REIMS sarebbero
compromessi dall'emanazione di una decisione di divieto e non preciserebbe per
quali motivi occorrerebbe necessariamente fare riferimento all'accordo REIMS per
risolvere i problemi sollevati nella denuncia. Ricorda, inoltre, che se una decisione
si discosta da una prassi decisionale precedente, la Commissione non può limitarsi
ad adottare una decisione sommaria e deve esporre il proprio ragionamento in
modo esplicito (sentenza della Corte 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e
156/84, BAT e Reynolds/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 71).
- 91.
- La ricorrente fa riferimento, peraltro, al punto 86 della sentenza Automec II e
considera che la Commissione non ha giustificato la propria valutazione
dell'interesse comunitario in rapporto a nessuno dei criteri enunciati in tale
sentenza.
- 92.
- Ritiene, infine, che non potesse considerarsi sufficientemente informata sulle
ragioni dell'adozione della decisione poiché aveva ottenuto solo una copia della
relazione provvisoria di sintesi dell'accordo REIMS in data 4 febbraio 1994 e non
una copia dell'accordo provvisorio sottoscritto il 17 febbraio 1995.
- 93.
- La Commissione controbatte di aver motivato a sufficienza la propria decisione di
rigetto, in quanto risulta chiaramente da quest'ultima che la sua principale
obiezione nei confronti dell'accordo CEPT consisteva nel fatto che quest'ultimo non
era fondato sui costi realmente sostenuti dagli OPP e che l'accordo REIMS mirava
per l'appunto a creare un nesso tra le spese terminali e la struttura tariffaria
nazionale.
Giudizio del Tribunale
- 94.
- Secondo una costante giurisprudenza la motivazione di una decisione individuale
deve consentire, da un lato, al suo destinatario di conoscere le ragioni del
provvedimento adottato, al fine di poter far eventualmente valere i propri diritti e
di verificare se la decisione sia o no fondata, e al giudice comunitario di esercitare
il proprio controllo di legittimità (v. sentenze del Tribunale Tremblay e
a./Commissione, già citata, punto 29, 12 gennaio 1995, causa T-102/92,
Viho/Commissione, Racc. pag. II-17, punti 75 e 76, e 18 settembre 1996, causa T-387/94, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-961, punti 103 e 104).
- 95.
- Risulta inoltre dalla giurisprudenza che la portata dell'obbligo di motivazionedipende dalla natura dell'atto e dal contesto nel quale esso è stato adottato
(sentenza della Corte 14 gennaio 1981, causa 819/79, Germania/Commissione,
Racc. pag. 21, punto 19). In particolare, il Tribunale ha precisato nel punto 85 della
sentenza Automec II che l'obbligo di motivazione sancito dall'art. 190 del Trattato
costituisce uno strumento essenziale di controllo giurisdizionale in relazione all'uso
che la Commissione fa della nozione di interesse comunitario allo scopo di
respingere talune denunce.
- 96.
- Il Tribunale ritiene che nel caso specifico la Commissione abbia rispettato tale
obbligo di motivazione. Infatti, la decisione 17 febbraio 1995 espone
circostanziatamente le ragioni specifiche del rigetto della denuncia, riferendosi
precisamente al contesto della pratica. Lungi dal riferirsi astrattamente alla nozione
di interesse comunitario, la decisione precisa chiaramente nel punto 12 che la
denuncia dev'essere respinta poiché l'accordo preliminare REIMS viene incontro
all'obiezione principale della Commissione nei confronti dell'accordo CEPT.
- 97.
- Deve essere del pari respinto l'argomento secondo il quale la Commissione non
avrebbe giustificato la propria decisione in relazione i tre criteri enunciati nel punto
86 della sentenza Automec II. Infatti, si è considerato supra, nell'ambito dell'esame
del terzo motivo, che la Commissione non era tenuta ad esaminare l'opportunità
del rigetto della denuncia solo in base a detti criteri. Pertanto, essa non può essere
obbligata a motivare la sua decisione di rigetto unicamente in funzione di detti
criteri.
- 98.
- Inoltre, nella sentenza BAT e Reynolds/Commissione, già citata (punti 23 e 24), la
Corte ha considerato che il procedimento amministrativo costituisce, fra l'altro,
l'occasione, per le imprese interessate, per adeguare gli accordi o le pratiche
criticate alle norme del Trattato e che questa possibilità presuppone il diritto delle
imprese e della Commissione di intavolare negoziati riservati onde determinare le
modifiche che possono far venir meno gli addebiti mossi dall'istituzione. Pertanto
gli interessi legittimi dei denuncianti sono pienamente salvaguardati qualora essi
siano informati del risultato di detti negoziati, in considerazione del quale la
Commissione si propone di archiviare le denunce, senza avere per questo il diritto
di accedere agli specifici documenti che sono stati oggetto di dette trattative. In
ogni caso, la ricorrente ha ancora possibilità di far valere le proprie osservazioni
sull'accordo preliminare REIMS in occasione dell'esame di detto accordo alla luce
dell'art. 85, nn. 1 e 3, del Trattato nell'ambito della predetta notifica dell'accordo
medesimo.
- 99.
- Avendo la Commissione correttamente motivato la propria decisione per quanto
concerne le ragioni per le quali l'esistenza dell'accordo preliminare REIMS
giustificava l'insussistenza di interesse comunitario a proseguire la sua indagine, il
Tribunale ritiene che detta istituzione abbia del pari sottolineato sufficientemente
i motivi per i quali l'adozione di una decisione di divieto avrebbe ridotto la
determinazione degli OPP a partecipare congiuntamente all'iter negoziale
dell'accordo preliminare REIMS.
- 100.
- Peraltro, il punto 12 della decisione impugnata fornisce spiegazioni sufficienti per
quanto riguarda il carattere speculativo delle informazioni relative all'accordo
preliminare REIMS di cui la Commissione era in possesso. I limiti nei quali la
Commissione poteva legittimamente invocare tali informazioni asseritamente
speculative sono stati valutati nell'ambito del terzo motivo, respinto in precedenza.
- 101.
- Per il complesso di tali ragioni, occorre respingere il quinto motivo.
Sul sesto motivo, relativo alla violazione di taluni principi generali del diritto
- 102.
- La ricorrente va valere, nella prima parte del motivo, che la Commissione ha
violato i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento
in quanto non ha vigilato, come aveva lasciato sperare, sul rispetto del diritto della
concorrenza. Essa ricorda che la Commissione aveva precisato nella causa che ha
dato luogo alla sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra
Pak/Commissione (Racc. pag. II-755, punto 29), che «nessuno può legittimamente
attendersi di eludere le conseguenze di azioni passate semplicemente modificando
la propria condotta per l'avvenire».
- 103.
- Nella seconda parte essa sostiene che la Commissione ha violato il principio di
proporzionalità nel chiudere il procedimento. L'esiguità dei mezzi impiegati e il
carattere aleatorio dell'accordo REIMS sarebbero, infatti, sproporzionati in
confronto all'evidente violazione del diritto della concorrenza costituita dall'accordo
CEPT.
- 104.
- Nella terza parte essa assume che la Commissione ha violato il principio di non
discriminazione in quanto ha dato alla sua denuncia un trattamento diverso da
quello riservato a pratiche che sollevavano problemi analoghi.
- 105.
- Infine, nella quarta parte del motivo, ritiene che la Commissione abbia violato il
principio di buona amministrazione obbligandola più volte ad esperire i rimedi
giuridici appropriati.
- 106.
- La Commissione si limita a ricordare che risulta dalla sentenza Tremblay e
a./Commissione, già citata, che il denunciante non gode del diritto di ottenere una
decisione riguardo all'esistenza di un'infrazione e non può pertanto nutrire alcun
legittimo affidamento nel fatto che otterrà una decisione di tal fatta. Essa nega,
peraltro, di aver mancato di osservare i principi generali invocati dalla ricorrente.
Giudizio del Tribunale
- 107.
- Per quanto riguarda la prima parte del motivo, non si può ritenere che la
Commissione abbia violato il principio della certezza del diritto o il principio della
tutela del legittimo affidamento, in quanto, come risulta dalla giurisprudenza citata
dalla Commissione, il denunciante non può considerarsi titolare del diritto di
ottenere dalla Commissione una decisione di condanna. Risulta, peraltro, dal
giudizio espresso dal Tribunale sul terzo motivo che, adottando la decisione 17
febbraio 1995, la Commissione ha legittimamente invocato la nozione di interesse
comunitario per respingere la denuncia, senza travalicare i limiti del suo potere
discrezionale.
- 108.
- La critica formulata nella seconda parte del motivo fa, in realtà, rinvio alla
questione della misura in cui la Commissione avesse il diritto di invocare l'esistenza
dell'accordo preliminare REIMS per respingere la denuncia della ricorrente. Detta
critica deve, pertanto, essere respinta per gli stessi motivi enunciati supra,
nell'ambito della valutazione della terza parte del terzo motivo.
- 109.
- Per quanto riguarda la terza parte del motivo in esame, occorre rilevare che la
ricorrente non ha comprovato che in una situazione identica a quella sussistente
nella fattispecie la Commissione, contrariamente a quanto ha fatto nella presente
controversia, abbia censurato le imprese interessate. La ricorrente, di conseguenza,
non ha dimostrato l'asserita violazione del principio di non discriminazione.
- 110.
- Risulta, infine, da quanto precede, nonché dal fatto che la Commissione ha
legittimamente invocato l'insussistenza di interesse comunitario, che la
Commissione non ha violato il principio di buona amministrazione.
- 111.
- Per tutte queste ragioni il sesto motivo deve essere respinto.
Sulla domanda di produzione di documenti
- 112.
- Nelle sue osservazioni sulle memorie d'intervento, la ricorrente ha concluso che il
Tribunale voglia ordinare la produzione dell'accordo preliminare REIMS.
- 113.
- Nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento il Tribunale ha
richiesto la produzione di detto documento. Si è ottemperato a tale richiesta.
Sulle spese
- 114.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta
soccombente e la Commissione e l'interveniente La Poste hanno concluso in tal
senso, la ricorrente va condannata alle spese. Il Post Office, che non ha formulato
conclusioni sulle spese, sopporterà le proprie spese.
Il Regno Unito sopporterà le proprie spese, ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo
comma, di detto regolamento.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
- 1.
- Il ricorso d'annullamento è respinto.
- 2.
- La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché le spese della
Commissione e quelle della Poste.
- 3.
- Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Post Office
sopporteranno le loro spese.
VesterdorfBriët
Lindh
Potocki Cooke
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Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 settembre 1998.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
B. Vesterdorf