Language of document : ECLI:EU:T:2024:250

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

17 aprile 2024 (*)

«Aiuti di Stato – Normativa tributaria svedese – Tassa sul rischio sistemico degli enti creditizi – Decisione di non sollevare obiezioni – Selettività – Obiettivo della misura – Deroga al sistema di riferimento»

Nella causa T‑112/22,

Ideella föreningen Svenska Bankföreningen med firma Svenska Bankföreningen, Näringsverksamhet, con sede in Stoccolma (Svezia),

Länsförsäkringar Bank AB, con sede in Stoccolma,

rappresentate da P. Hansson, M. Eriksson, M. Persson e A. Andersson, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. Tomat e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno di Svezia, rappresentato da C. Meyer-Seitz, A. Runeskjöld, F.-L. Göransson, H. Shev, H. Eklinder e R. Shahsavan Eriksson, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, R. da Silva Passos, M. Jaeger, S. Gervasoni e N. Półtorak (relatrice), giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 9 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso, basato sull’articolo 263 TFUE, le ricorrenti, Ideella föreningen Svenska Bankföreningen med firma Svenska Bankföreningen, Näringsverksamhet e Länsförsäkringar Bank AB, chiedono l’annullamento della decisione COM(2021) 8637 final della Commissione europea, del 24 novembre 2021, riguardante la misura di Stato SA.56348 (2021/N) – Svezia: tassa svedese sugli enti creditizi (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        La prima ricorrente, Ideella föreningen Svenska Bankföreningen med firma Svenska Bankföreningen, Näringsverksamhet, è un’associazione svedese di banchieri che rappresenta i suoi 31 membri nell’ambito di affari di interesse comune, sia a livello nazionale sia a livello internazionale. I suoi membri sono banche e istituzioni finanziarie aventi sede in Svezia.

3        La seconda ricorrente, Länsförsäkringar Bank, è membro di tale associazione di banchieri.

4        Il 3 settembre 2021, il Regno di Svezia ha notificato, in conformità all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, alla Commissione un progetto di legge relativo a una tassa sui rischi dovuta dagli enti creditizi, nonché taluni progetti di modifica della legge relativa al credito d’imposta estero (in prosieguo, congiuntamente: il «progetto di legge»). Il Regno di Svezia ha considerato tuttavia che la tassa istituita (in prosieguo: la «tassa») non soddisfaceva i criteri di selettività previsti all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e che essa non costituiva pertanto un aiuto di Stato. Il progetto di legge è stato adottato e la legge è entrata in vigore il 1º gennaio 2022.

5        In forza del punto 2.1, sezione 1, del progetto di legge, gli enti creditizi sono tenuti a pagare la tassa a beneficio dello Stato.

6        In conformità al punto 2.1, sezione 4, del progetto di legge, gli enti creditizi svedesi sono assoggettati alla tassa allorché la somma dei loro debiti all’inizio dell’esercizio fiscale supera il valore della soglia prevista dal progetto di legge. Riguardo agli enti creditizi esteri, tale disposizione prevede che essi siano assoggettati alla tassa qualora, all’inizio dell’esercizio fiscale, abbiano debiti riconducibili alle attività commerciali esercitate a partire da una succursale svedese, la cui somma superi il valore della soglia prevista dal progetto di legge. Nei motivi del progetto di legge relativi a tale sezione, è fatto rinvio al diritto svedese ai fini della definizione degli enti creditizi, cioè le banche svedesi e le società svedesi attive sul mercato del credito, nonché le banche estere e le società di credito estere. Ne risulta che sono soggetti alla tassa nove enti creditizi.

7        Al punto 2.1, sezione 5, del progetto di legge, il valore della soglia è fissato a SEK (corone svedesi) 150 miliardi (circa EUR 13,3 miliardi) per gli esercizi fiscali che hanno inizio nel 2022. Per gli esercizi fiscali che hanno inizio nel 2023 o più tardi, la soglia è pari a SEK 150 miliardi, moltiplicati per una cifra che rappresenta il rapporto tra l’importo di base dei prezzi nel 2022 e l’importo di base dei prezzi per l’anno nel corso del quale l’esercizio fiscale di cui trattasi è iniziato, espresso sotto forma di percentuale a due decimali, approssimato per difetto, maggiorato di due punti percentuali.

8        Il punto 2.1, sezione 6, del progetto di legge disciplina la situazione degli enti creditizi che fanno parte di un gruppo di enti creditizi. In tal modo, i debiti combinati degli enti creditizi del gruppo all’inizio dell’esercizio fiscale sono presi in considerazione ai fini dell’applicazione del punto 2.1, sezione 4, del progetto di legge. Tuttavia, nel caso di un ente creditizio estero che fa parte di un gruppo, sono presi in considerazione nel calcolo dei debiti combinati soltanto i debiti riconducibili alle attività commerciali dell’ente creditizio esercitate a partire da una succursale svedese. È anche previsto che, oltre alle allocazioni e alle riserve non assoggettate ad imposta, taluni debiti non vengano presi in considerazione nel calcolo dei debiti combinati, cioè, da una parte, i debiti verso un ente creditizio svedese che fa parte dello stesso gruppo e, dall’altra, i debiti verso un ente creditizio estero che fa parte dello stesso gruppo, nella misura in cui i crediti corrispondenti a tali debiti sono riconducibili alle attività commerciali dell’ente creditizio estero che venivano esercitate a partire da una succursale svedese.

9        Il punto 2.1, sezione 9, del progetto di legge, fissa l’aliquota della tassa allo 0,05% della somma dei debiti dell’ente creditizio ad essa soggetto. Al punto 2.2 del progetto di legge è previsto che l’aliquota è portata allo 0,06% per l’esercizio fiscale del 2023.

10      Al punto 2.3, capitolo 5, sezione 1, del progetto di legge, è previsto che, al ricorrere di talune condizioni, un ente soggetto alla tassa che ha debiti verso un ente creditizio estero nell’ambito dello stesso gruppo ha diritto a un credito d’imposta estero pagato da tale ente creditizio estero.

11      Il 30 settembre 2021, la Commissione ha inviato una richiesta di informazioni al Regno di Svezia, alla quale quest’ultimo ha risposto il 5 ottobre 2021.

 Decisione impugnata

12      Con la decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la tassa non costituisse un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto per essa non ricorreva il criterio della selettività previsto da tale disposizione.

13      A tal riguardo, in primo luogo, riguardo all’identificazione del regime fiscale «normale», la Commissione ha considerato che tale regime, essendo limitato alla tassa, che perseguiva una logica propria, era indipendente dagli altri regimi fiscali nazionali i cui elementi costitutivi erano coerenti con il suo obiettivo, cioè quello di rafforzare le finanze pubbliche mediante i contributi dei grandi enti creditizi, suscettibili di essere all’origine di costi indiretti importanti per la società, e creava così la possibilità di sopportare tali costi indiretti derivanti da crisi finanziarie future. La Commissione ha concluso che il regime «normale» non era concepito secondo parametri manifestamente discriminatori, diretti ad eludere il diritto dell’Unione sugli aiuti di Stato.

14      In secondo luogo, in primis, la Commissione ha ritenuto che gli enti creditizi esclusivamente interessati dalla tassa, i cui debiti erano una fonte di instabilità rispetto soprattutto al sistema finanziario e all’economia reale, si distinguevano dagli altri enti finanziari, in quanto questi ultimi non presentavano lo stesso grado di rischio di generare una siffatta instabilità. Pertanto, secondo la Commissione, gli altri enti finanziari non erano in una situazione di fatto e di diritto comparabile, considerato l’obiettivo assegnato alla tassa.

15      In secundis, la Commissione ha considerato che la soglia dei debiti fissata dalla tassa era diretta a riflettere le dimensioni degli enti creditizi e, di conseguenza, il rischio di generare costi indiretti significativi. Quindi, gli enti creditizi i cui debiti non superavano la soglia prevista dalla tassa non erano in una situazione di fatto e di diritto comparabile a quella degli enti i cui debiti superavano tale soglia, alla luce dell’obiettivo assegnato alla tassa e, pertanto, la loro esenzione dalla tassa non costituiva una deroga al regime «normale».

 Conclusioni delle parti

16      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

17      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

18      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono un unico motivo vertente sulla violazione dei loro diritti procedurali.

19      Secondo le ricorrenti, nel contesto della sua analisi della tassa la Commissione avrebbe dovuto affrontare gravi difficoltà. Di conseguenza, essa avrebbe dovuto avviare il procedimento di indagine formale, dare loro la possibilità di far conoscere il loro punto di vista ed esercitare così i loro diritti procedurali. Ciò premesso, le ricorrenti contestano l’esame della Commissione, relativo al carattere selettivo della tassa, svolto nella decisione impugnata.

20      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

 Osservazioni preliminari

21      Occorre ricordare che, nell’ambito del procedimento di controllo degli aiuti di Stato, si deve distinguere, da un lato, la fase preliminare di esame degli aiuti disciplinata all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, che ha soltanto lo scopo di consentire alla Commissione di formarsi una prima opinione sulla misura notificata, e, dall’altro, il procedimento di indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

22      La legittimità di una decisione, come la decisione impugnata, di non sollevare obiezioni, fondata sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), dipende dalla questione se la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva al momento della fase di esame preliminare della misura notificata avrebbe dovuto obiettivamente suscitare dei dubbi in ordine alla qualificazione come aiuto di tale misura ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, tenendo presente che simili dubbi devono dar luogo all’avvio di un procedimento d’indagine formale al quale possono partecipare le parti interessate contemplate dall’articolo 1, lettera h), del suddetto regolamento (v., per analogia, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C‑57/19 P, EU:C:2021:663, punto 38).

23      Un ricorrente che chiede l’annullamento di una decisione di non sollevare obiezioni mette in discussione essenzialmente il fatto che la decisione adottata dalla Commissione a proposito dell’aiuto di cui trattasi è stata presa senza che tale istituzione avviasse il procedimento d’indagine formale, violando così i diritti procedurali di esso ricorrente. Affinché la sua domanda di annullamento sia accolta, il ricorrente può invocare qualsiasi motivo idoneo a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi a diposizione della Commissione, al momento della fase preliminare di esame della misura notificata, avrebbe dovuto far sorgere dei dubbi in ordine alla qualificazione come aiuto di tale misura ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C‑57/19 P, EU:C:2021:663, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

24      La prova dell’esistenza di tali dubbi, che va ricercata sia nelle circostanze dell’adozione della decisione di non sollevare obiezioni sia nel contenuto di tale decisione, deve essere fornita dal soggetto che richiede l’annullamento della decisione stessa, sulla scorta di un insieme di indizi concordanti (sentenze del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C‑57/19 P, EU:C:2021:663, punto 40, e del 19 settembre 2018, HH Ferries e a./Commissione, T‑68/15, EU:T:2018:563, punto 63). A tal riguardo, non spetta al Tribunale stabilire se esistano indizi probanti dell’assenza di dubbi in ordine alla qualificazione come aiuto della misura in questione. Ad esso spetta, al contrario, appurare se la parte ricorrente abbia fornito la prova dell’esistenza di dubbi siffatti, eventualmente con l’ausilio di un insieme di indizi concordanti (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C‑57/19 P, EU:C:2021:663, punto 73).

25      In particolare, il carattere insufficiente o incompleto dell’esame condotto dalla Commissione in occasione del procedimento di esame preliminare costituisce un indizio dell’esistenza di gravi difficoltà nella valutazione della misura in questione, la cui presenza obbliga detta istituzione ad avviare il procedimento d’indagine formale (v. sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C‑57/19 P, EU:C:2021:663, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

26      Infine, la nozione di «gravi difficoltà» riveste natura oggettiva. Ne discende che il controllo di legalità effettuato dal Tribunale sull’esistenza di gravi difficoltà non può limitarsi alla ricerca del manifesto errore di valutazione (v. sentenze del 27 settembre 2011, 3F/Commissione, T‑30/03 RENV, EU:T:2011:534, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 luglio 2012, Smurfit Kappa Group/Commissione, T‑304/08, EU:T:2012:351, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

27      È alla luce di tale giurisprudenza che occorre esaminare l’argomentazione delle ricorrenti diretta a dimostrare l’esistenza di dubbi, quanto alla qualificazione come aiuto della tassa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, che avrebbero dovuto indurre la Commissione ad avviare il procedimento di indagine formale.

28      A tal riguardo, va ricordato che la qualificazione di una misura nazionale come «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, richiede che siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, esso deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v. sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

29      Le ricorrenti precisano che «il presente ricorso contesta la validità dell’esame svolto dalla Commissione con riferimento alla misura notificata alla luce del criterio della selettività» in quanto la Commissione avrebbe incontrato gravi difficoltà al riguardo e avrebbe dovuto avviare il procedimento d’indagine formale.

30      Per quanto concerne la condizione relativa alla concessione di un vantaggio selettivo, essa impone di stabilire se, nell’ambito di un determinato regime giuridico, la misura nazionale in discussione sia idonea a favorire «talune imprese o talune produzioni» rispetto ad altre che si trovano, alla luce dell’obiettivo perseguito da detto regime, in situazioni di fatto e di diritto paragonabili e che sono quindi oggetto di un trattamento differenziato qualificabile, in sostanza, come discriminatorio (v. sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

31      Con riguardo in particolare alle misure nazionali che attribuiscono un vantaggio fiscale, occorre ricordare che una misura di tal genere che, pur non implicando un trasferimento di risorse statali, collochi i beneficiari in una situazione più favorevole rispetto agli altri contribuenti è idonea a recare un vantaggio selettivo ai beneficiari e di costituire pertanto un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. È quindi considerato aiuto di Stato, in particolare, un intervento che alleggerisca gli oneri gravanti di regola sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere una sovvenzione in senso stretto, presenta la stessa natura e produce identici effetti (v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 30, nonché del 16 marzo 2021, Commissione/Ungheria, C‑596/19 P, EU:C:2021:202, punto 36).

32      Ai fini della qualificazione di una misura fiscale nazionale come «selettiva», la Commissione deve individuare, in un primo tempo, il sistema di riferimento, ossia il regime fiscale «normale» applicabile nello Stato membro interessato, e dimostrare, in un secondo tempo, che la misura fiscale di cui trattasi deroga a tale sistema di riferimento, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da tale sistema, in una situazione di fatto e di diritto comparabile. La nozione di «aiuto di Stato» non riguarda tuttavia le misure che stabiliscono una differenziazione tra imprese che si trovano, in relazione all’obiettivo perseguito dal regime giuridico in questione, in una situazione di fatto e di diritto comparabile, e pertanto a priori selettive, qualora lo Stato membro interessato riesca a dimostrare, in un terzo tempo, che tale differenziazione è giustificata, nel senso che essa deriva dalla natura o dalla struttura del sistema tributario in cui tali misure si inseriscono (v. sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 57 e 58 e giurisprudenza ivi citata, e dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

33      Nella specie, le ricorrenti contestano l’esame della Commissione realizzato nella decisione impugnata e relativo alle prime due fasi di cui al precedente punto 32.

34      Come risulta dai considerando 66, 70 e 72 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso, da un lato, che il sistema di riferimento non era stato concepito in modo manifestamente discriminatorio e, dall’altro, che il mancato assoggettamento alla tassa di alcuni tipi di operatori e degli operatori i cui debiti cumulati erano inferiori alla soglia fissata nel progetto di legge non costituiva una deroga al sistema di riferimento in quanto tali operatori non si trovavano, alla luce dell’obiettivo assegnato alla tassa, in una situazione di fatto e di diritto comparabile a quella degli istituti bancari soggetti a detta tassa.

35      Di conseguenza, occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti relativi ai diversi elementi della tassa analizzati dalla Commissione nella decisione impugnata, dopo aver determinato l’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale.

 Sullobiettivo della tassa

36      Le ricorrenti sostengono che l’obiettivo della tassa è falsato in quanto essa prende di mira i «grandi enti creditizi», malgrado il fatto che tutti gli enti creditizi possono contribuire ai costi indiretti in caso di crisi finanziaria. Per di più, la tassa graverebbe su qualche impresa, in un mercato che ne conterebbe ancora più di un centinaio. Queste poche imprese dovrebbero perciò affrontare un innalzamento considerevole della pressione fiscale. La tassa sarebbe concepita in modo tale che solo qualche impresa contribuirebbe al finanziamento dei costi indiretti. Sarebbe tuttavia pacifico che le imprese che non sono assoggettate alla tassa sono anch’esse all’origine dei costi indiretti. Pertanto, la misura notificata costituirebbe una discriminazione ingiustificata, che avrebbe dovuto essere palese alla Commissione alla luce delle informazioni di cui disponeva quando ha adottato la decisione impugnata. Secondo le ricorrenti, il fatto che gli introiti derivanti da tale tassa siano destinati ad essere utilizzati per effettuare spese pubbliche supplementari, mentre l’obiettivo della tassa non consiste nel creare un fondo destinato a compensare costi indiretti futuri, induce quantomeno ad interrogarsi sull’obiettivo effettivo della tassa.

37      Inoltre, le ricorrenti fanno valere che il progetto di legge precisa che l’obiettivo della tassa consiste nell’aumentare la pressione fiscale sui grandi enti creditizi, i quali, in caso di crisi finanziaria, sarebbero probabilmente all’origine di costi indiretti significativi per la società. Le ricorrenti indicano che tali costi avrebbero la loro fonte nella difficoltà ad ottenere prestiti presso le banche nei periodi di crisi finanziaria. I costi indiretti, definiti in modo vago nel progetto di legge, sarebbero, in sostanza, tutti i costi che lo Stato può essere indotto a sopportare in caso di rallentamento dell’attività economica. Per di più, sarebbe obiettivo della tassa non quello di creare un fondo destinato a compensare costi indiretti futuri, bensì quello di rafforzare le finanze pubbliche al fine di poter procedere a spese pubbliche supplementari.

38      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

39      Nella specie, come deriva dal punto 5.1 della motivazione del progetto di legge, la tassa mira a rafforzare le finanze pubbliche migliorandole e preservando il debito pubblico ad un basso livello allo scopo di costituire un margine per la gestione delle crisi finanziarie future. In particolare, si considera che, con finanze pubbliche più forti, il Regno di Svezia sarebbe meglio preparato ad affrontare le sfide delle situazioni di crisi e ad applicare le misure necessarie.

40      Nel progetto di legge viene precisato inoltre che le crisi finanziarie sono costose e possono generare, in particolare, costi indiretti derivanti dal declino del ciclo economico e dal deterioramento delle finanze pubbliche. Tuttavia, non tutti gli enti creditizi determinerebbero lo stesso rischio per il funzionamento del sistema finanziario. Infatti, i grandi enti creditizi costituirebbero una parte talmente rilevante di tale sistema che il loro fallimento o la loro grave crisi determinerebbero, individualmente, un rischio sistemico e produrrebbero un impatto assai negativo su detto sistema, nonché sull’economia in generale. Quindi, i problemi di un grande ente creditizio rischierebbero di espandersi rapidamente a tutto il sistema bancario. In particolare, il possesso incrociato di obbligazioni finanziarie favorirebbe la rapida propagazione di un problema esistente in una parte del sistema finanziario alle altre parti di tale sistema, minacciandone così la stabilità. I piccoli enti creditizi che non avrebbero dimensioni critiche per il sistema finanziario non pregiudicherebbero gli sviluppi macroeconomici allo stesso livello dei grandi enti. Di conseguenza, dovrebbero pagare la tassa gli enti creditizi che, a causa delle loro dimensioni e della loro importanza per il funzionamento del sistema finanziario e per lo sviluppo macroeconomico, sarebbero in grado, nel caso di una crisi finanziaria di cui non si può escludere l’insorgere, di causare costi indiretti significativi per la società.

41      Dalla motivazione del progetto di legge risulta che l’obiettivo della tassa è quello di rafforzare le finanze pubbliche migliorandole e preservando il debito pubblico ad un basso livello, allo scopo di costituire un margine per la gestione delle future crisi finanziarie mediante l’imposizione della tassa ai grandi enti creditizi, il cui fallimento o la crisi grave determinerebbero, individualmente e a causa delle loro dimensioni e della loro importanza per il funzionamento del sistema finanziario, un rischio sistemico, producendo così un impatto assai negativo su tale sistema e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società.

42      A tal riguardo, va osservato che, in udienza, le ricorrenti hanno invocato la possibilità che gli enti creditizi non assoggettati alla tassa, considerati collettivamente, siano la causa di costi indiretti significativi per la società. Tuttavia, anche supponendolo ricevibile, tale argomento deve essere respinto. Da una parte, come risulta dal precedente punto 41, la costituzione della tassa è basata sulle caratteristiche individuali degli enti creditizi. Dall’altra, come risulta dal considerando 25 della decisione impugnata, gli enti creditizi assoggettati alla tassa rappresentano il 90% del totale dei debiti di tutti gli enti creditizi che operano in Svezia. Orbene, limitandosi a indicare che tale percentuale forse non è corretta senza sostenere tale asserto con elementi di prova, le ricorrenti non sono riuscite a rimettere utilmente in discussione la constatazione secondo cui gli enti creditizi non assoggettati alla tassa rappresentano solo il 10% del totale dei debiti di tutti gli enti creditizi che operano in Svezia. Di conseguenza, le ricorrenti non hanno dimostrato che il fallimento di detti enti creditizi non assoggettati alla tassa, per quanto considerati collettivamente, determinerebbe un rischio sistemico e produrrebbe un impatto assai negativo sul sistema finanziario e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società.

43      Inoltre, le ricorrenti non hanno rimesso in discussione la possibilità che soltanto i grandi enti creditizi possano provocare, individualmente, in caso di fallimento, un rischio sistemico e produrre un impatto assai negativo sul sistema finanziario e sull’economia in generale, con costi indiretti significativi per la società. Infatti, nelle loro osservazioni sulla memoria di intervento del Regno di Svezia, esse contestano tale constatazione senza suffragare la loro posizione, ma ammettendo che la probabilità che una banca sia all’origine di costi indiretti derivi da due fattori indipendenti, ossia, da una parte, dalla probabilità che la banca fallisca e, dall’altra, dagli effetti causati dal fallimento della banca stessa.

 Sul sistema di riferimento

44      Le ricorrenti affermano che la Commissione disponeva di elementi di prova che avrebbero dovuto far sorgere dubbi quanto alla compatibilità degli elementi del sistema di riferimento con l’obiettivo della tassa. Le ricorrenti sostengono che la Commissione sembra aver determinato il sistema di riferimento basandosi su un’interpretazione troppo ampia della sovranità fiscale di cui godono gli Stati membri.

45      La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

46      A tal riguardo, occorre ricordare che, quando la misura fiscale di cui trattasi si presenta come inscindibile dal sistema fiscale complessivo dello Stato membro interessato, è a tale sistema che occorre fare riferimento. Per contro, qualora risulti che una siffatta misura sia chiaramente separabile dal suddetto sistema generale, non si può escludere che l’ambito di riferimento che dev’essere preso in considerazione sia più ristretto di tale sistema generale, o addirittura che esso si identifichi con la misura stessa, qualora essa si presenti come una norma dotata di una logica giuridica autonoma e sia impossibile identificare un insieme normativo coerente al di fuori di tale misura (sentenza del 6 ottobre 2021, World Duty Free Group e Spagna/Commissione, C‑51/19 P e C‑64/19 P, EU:C:2021:793, punto 63). Quindi, una misura può coincidere con il proprio ambito di riferimento quando introduce un regime fiscale chiaramente delimitato, che persegue obiettivi specifici e che si distingue in tal modo da qualsiasi altro regime fiscale applicato nello Stato membro interessato (sentenza del 15 novembre 2018, World Duty Free Group/Commissione, T‑219/10 RENV, EU:T:2018:784, punto 127).

47      Nella specie, la Commissione ha definito il sistema di riferimento come limitato alla tassa, il che non viene di per sé contestato dalle ricorrenti.

48      Va osservato che le caratteristiche costitutive della tassa costituiscono, in linea di principio, il sistema di riferimento o il regime fiscale «normale» ai fini dell’analisi della condizione di selettività. Ciò premesso, non è escluso che tali caratteristiche possano rivelare un elemento manifestamente discriminatorio, circostanza che spetta tuttavia alle ricorrenti dimostrare (v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 42, e del 16 marzo 2021, Commissione/Ungheria, C‑596/19 P, EU:C:2021:202, punto 48). Tuttavia, nel contesto della presente causa, trattandosi di un rifiuto da parte della Commissione di avviare il procedimento d’indagine formale, le ricorrenti devono dimostrare l’esistenza di gravi difficoltà incontrate dalla Commissione nel suo esame della condizione di selettività, unica ad essere oggetto di discussione nella fattispecie.

49      In tal contesto, occorre precisare che, per valutare se le caratteristiche della tassa rivelino un elemento manifestamente discriminatorio, si deve stabilire se la scelta dei criteri impositivi, favorendo taluni enti creditizi, appaia incoerente rispetto all’obiettivo di tale tassa (v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 43, e del 16 marzo 2021, Commissione/Ungheria, C‑596/19 P, EU:C:2021:202, punto 49).

50      A tal riguardo, al di fuori dei settori in cui il diritto tributario dell’Unione è oggetto di armonizzazione, spetta allo Stato membro interessato determinare, attraverso l’esercizio delle proprie competenze in materia di imposte dirette e nel rispetto della propria autonomia fiscale e del diritto dell’Unione, le caratteristiche costitutive dell’imposta, le quali definiscono, in linea di principio, il sistema di riferimento oppure il regime fiscale «normale», a partire dal quale occorre analizzare la condizione relativa alla selettività. Ciò vale in particolare per la determinazione della scelta dell’aliquota d’imposta, della sua base imponibile, del suo fatto generatore, della soglia e delle modalità di calcolo della sua base imponibile (v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punti 38 e 39, e del 26 aprile 2018, ANGED, C‑236/16 e C‑237/16, EU:C:2018:291, punto 43). Inoltre, che la tassazione sia ad aliquota unica o progressiva, il livello del prelievo fa anch’esso parte, come l’ambito dei soggetti passivi, delle caratteristiche fondamentali del regime giuridico di un prelievo fiscale (v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione, T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338, punto 65, e del 27 giugno 2019, Ungheria/Commissione, T‑20/17, EU:T:2019:448, punto 80).

51      Pertanto, occorre tenere conto del fatto che, data l’assenza di regolamentazione dell’Unione in materia, rientra nella competenza fiscale degli Stati membri determinare le basi imponibili e la ripartizione della pressione fiscale sui diversi fattori di produzione e settori economici (sentenza del 26 aprile 2018, ANGED, C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 50).

52      Secondo le ricorrenti, è manifesto che i parametri della tassa non sono compatibili con il suo obiettivo, il che, tenuto conto delle informazioni di cui la Commissione disponeva, avrebbe dovuto far sorgere dubbi quanto alla qualificazione della tassa come aiuto.

53      In particolare, esse considerano, in primo luogo, la base imponibile della tassa, fondata sui debiti degli enti creditizi; in secondo luogo, i soggetti passivi della tassa; in terzo luogo, la soglia della tassa e, in quarto luogo, il meccanismo di consolidamento nell’ambito del calcolo della soglia e della base imponibile.

 Sulla base imponibile della tassa fondata sui debiti degli enti creditizi

54      Secondo le ricorrenti, i debiti non sono associati ai rischi, contrariamente agli attivi. Ciò varrebbe anche per le dimensioni degli enti creditizi, come affermerebbero talune istituzioni nazionali, la letteratura economica e il rating attribuito ai grandi enti creditizi svedesi. Inoltre, i costi indiretti oppure il rischio di tali costi sarebbero direttamente proporzionali ai debiti di un ente creditizio, il che sarebbe stato portato alla conoscenza della Commissione. Certo, non spetterebbe alla Commissione scegliere l’indicatore più adatto per valutare il rischio di costi indiretti nell’ambito del suo esame preliminare della tassa. Tuttavia, la Commissione sarebbe tenuta a stabilire se la base imponibile scelta dal Regno di Svezia introducesse un parametro manifestamente discriminatorio nel sistema di riferimento. Inoltre, le ricorrenti sostengono che, in contrasto con quanto esige la giurisprudenza recente relativa alle misure fiscali e alla selettività, la misura notificata o imponeva un onere fiscale significativo sull’insieme della base imponibile delle imprese, oppure non imponeva assolutamente alcun onere fiscale.

55      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

56      Nella decisione impugnata, la Commissione ha considerato che il volume dei debiti di un ente creditizio costituiva un indicatore tra gli altri delle sue dimensioni in generale, della sua importanza e del rischio che il suo fallimento può determinare per la situazione macroeconomica in Svezia. Pertanto, secondo la Commissione, detto criterio era coerente con l’obiettivo della tassa e non rivelava alcun elemento manifestamente discriminatorio.

57      A tal riguardo, va osservato che il diritto dell’Unione non osta a che un’imposizione non progressiva sia basata sulla somma cumulativa dei debiti degli enti creditizi. La circostanza che esistano indicatori più pertinenti o più precisi della somma cumulativa dei debiti degli enti creditizi è irrilevante in materia di aiuti di Stato, dal momento che il diritto dell’Unione in tale settore riguarda soltanto l’eliminazione dei vantaggi selettivi di cui potrebbero beneficiare talune imprese a scapito di altre che si trovino in una situazione comparabile (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 41, e del 16 marzo 2021, Commissione/Ungheria, C‑596/19 P, EU:C:2021:202, punto 47).

58      Va osservato anche che, come è stato esposto ai precedenti punti 40 e 41, la tassa non è diretta a evitare o a rimediare ai rischi che gli enti creditizi rappresentano, ma a rafforzare le finanze pubbliche nazionali per costituire un margine ai fini della gestione delle crisi finanziarie future imponendo il pagamento della tassa ai grandi enti creditizi, il cui fallimento o la crisi grave determinerebbero, individualmente e a causa delle loro dimensioni e della loro importanza per il funzionamento del sistema finanziario, un rischio sistemico e produrrebbero un impatto assai negativo su tale sistema e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società.

59      Inoltre, in particolare nel contesto del possesso incrociato di obbligazioni finanziarie, menzionato al precedente punto 40, più il livello dei debiti è elevato, più grande è il rischio per il sistema finanziario, in quanto, in caso di fallimento, l’ente creditizio di cui trattasi può non essere in grado di onorare i suoi importanti debiti, il che, di conseguenza, determina il rischio di provocare inadempimenti presso i suoi creditori e, di conseguenza, costi indiretti significativi per la società. Ne deriva che il criterio fondato sul livello dell’indebitamento, come quello accolto dalla normativa nazionale nella fattispecie, allo scopo di distinguere tra gli enti creditizi a seconda che il loro impatto sul sistema finanziario sia più o meno forte, è coerente con l’obiettivo perseguito (v., per analogia, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED, C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 53).

60      Ne deriva che il legislatore nazionale non ha considerato che il debito dei grandi enti creditizi li avrebbe resi più esposti ai rischi, bensì che, per contro, esso si è focalizzato sulla questione se, una volta concretizzatosi, il fallimento di un ente creditizio potesse provocare individualmente costi indiretti significativi per la società.

61      Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione avrebbe dovuto affrontare gravi difficoltà nell’ambito della valutazione riguardante la base imponibile della tassa.

 Sui soggetti passivi

62      Le ricorrenti invocano, oltre all’eterogeneità dei nove enti assoggettati alla tassa, l’assenza di correlazione tra l’elenco di tali enti e l’elenco degli enti d’importanza sistemica individuati dal Riksgäldskontoret (Amministrazione del debito nazionale, Svezia) in applicazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), in quanto quest’ultimo elenco comprende solo sei dei nove enti creditizi assoggettati alla tassa, senza che la Commissione abbia fornito spiegazioni al riguardo. Inoltre, uno degli enti creditizi assoggettati alla tassa concederebbe prestiti esclusivamente ai comuni svedesi e non sarebbe quindi all’origine di alcun costo indiretto.

63      A tal riguardo, le ricorrenti osservano che, in applicazione della direttiva 2014/59, le banche alimentano un fondo di risoluzione e che, delle nove banche individuate dall’amministrazione del debito nazionale come d’importanza sistemica, il che implica contributi notevolmente più alti al fondo e il rispetto di requisiti più rigorosi, solo sei erano tenute al pagamento della tassa. Per giunta, a causa dei contributi più alti e dei requisiti più rigorosi, gli enti d’importanza sistemica sarebbero più resilienti e meno soggetti a generare costi indiretti.

64      Le ricorrenti invocano anche l’esistenza di meccanismi di stabilità finanziaria degli enti creditizi e, in particolare, il regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

65      A tali meccanismi si aggiungerebbero, da un lato, il fatto che il Regno di Svezia ha optato per requisiti più rigorosi di quelli previsti dalla normativa dell’Unione e, dall’altro, il meccanismo di garanzia dei depositi bancari dei singoli depositanti, che si eleva ad EUR 100 000 in forza della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149). Peraltro, in occasione dei test di resistenza effettuati nel 2021 dall’Autorità bancaria europea (ABE), le cinque banche svedesi che sono state oggetto di tali test avrebbero ottenuto eccellenti risultati.

66      Le ricorrenti sottolineano inoltre l’ambiente concorrenziale del settore finanziario nazionale. A loro avviso, tale aspetto sarebbe pertinente per comprendere il nesso tra le imprese assoggettate alla tassa e il rischio di generare costi indiretti in funzione delle loro quote di mercato nei diversi settori finanziari. Orbene, non tutte le banche assoggettate alla tassa deterrebbero quote di mercato elevate su tutti i mercati rilevanti. Per giunta, secondo le ricorrenti, se le banche sono in concorrenza sullo stesso mercato e talune di esse sono assoggettate alla tassa mentre altre ne sono esentate selettivamente, ciò pregiudica e modifica la concorrenza sul mercato, il che rivelerebbe l’esistenza di una discriminazione.

67      Le ricorrenti aggiungono che il settore finanziario svedese comprende numerose imprese diverse, attive in uno o più segmenti del mercato, che sono in concorrenza con gli enti creditizi assoggettati alla tassa.

68      Secondo le ricorrenti, l’assenza di obblighi imposti a questi altri enti finanziari può rappresentare una minaccia supplementare per la stabilità finanziaria e rischi supplementari di costi indiretti per lo Stato. Le ricorrenti fanno presente anche l’importanza dei fondi ipotecari nel settore dei mutui ipotecari alle famiglie.

69      Le ricorrenti concludono che, poiché tutti gli enti creditizi sono all’origine di costi indiretti, non è necessario operare una distinzione tra gli enti creditizi ai fini dell’assoggettamento alla tassa.

70      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

71      Nella decisione impugnata, la Commissione ha considerato che i soggetti passivi della tassa erano i grandi enti creditizi il cui fallimento o la crisi grave delle attività potevano causare, individualmente, costi indiretti significativi per la società svedese in caso di crisi finanziaria. Secondo la Commissione, i grandi enti creditizi potrebbero rivestire importanza sistemica, avere un’influenza e un impatto sul mercato ed erano di dimensioni critiche per l’economia reale. La Commissione ha osservato che, come indicato dal Regno di Svezia, i piccoli enti creditizi possono pregiudicare gli sviluppi macroeconomici a un livello diverso da quello dei grandi enti creditizi.

72      Inoltre, le altre istituzioni finanziarie sarebbero soggette a un regime normativo diverso e generalmente meno rigoroso, il che indicherebbe che esse avrebbero una minore capacità di generare rischi sistemici e costi indiretti. Riguardo ai fondi ipotecari, che, secondo la Commissione, detenevano comunque una quota limitata sul mercato delle ipoteche, essa ha considerato che tali fondi non erano impegnati in talune attività come l’accettazione di depositi o la concessione di mutui a società non finanziarie, tanto più che essi si distinguevano dagli enti creditizi nel loro funzionamento e si inserivano in un contesto normativo diverso.

73      Nella specie, in primo luogo, occorre escludere l’argomento delle ricorrenti vertente sulla mancanza di una correlazione perfetta tra l’elenco degli enti di importanza sistemica individuati dall’amministrazione del debito nazionale e l’elenco degli enti creditizi assoggettati alla tassa. Infatti, come affermato dalle ricorrenti, l’amministrazione del debito nazionale è l’autorità di risoluzione svedese ai sensi della direttiva 2014/59. Inoltre, all’udienza, le ricorrenti hanno in sostanza affermato che l’elenco degli enti d’importanza sistemica individuati dall’amministrazione del debito nazionale non è stato redatto sulla base di criteri specifici e che non si trattava quindi degli stessi criteri che sono stati utilizzati per stabilire l’elenco degli enti creditizi soggetti alla tassa.

74      Inoltre, come confermato dalle ricorrenti, il sistema attuato dalla direttiva 2014/59, nonché dal regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1), è inteso a minimizzare i costi diretti importanti per la società, in particolare in caso di fallimento di tali enti, e non i costi indiretti. Le ricorrenti precisano tuttavia che le imprese alle quali si applicano le norme più rigorose di tale sistema sono meno idonee a generare costi indiretti, perché sono meno soggette al fallimento. Tuttavia, come risulta dal precedente punto 60, la tassa non riguarda gli enti creditizi che rappresentano un rischio maggiore di fallimento, ma si applica agli enti creditizi il cui fallimento, una volta concretizzatosi, può provocare, individualmente, costi indiretti significativi per la società.

75      La stessa conclusione s’impone riguardo al regolamento n. 575/2013, alla direttiva 2014/49 e ai test di resistenza effettuati nel 2021 dall’ABE. Infatti, da una parte, i requisiti in materia di fondi propri e il meccanismo di garanzia dei depositi bancari sono intesi a rimediare ai costi diretti evitando che gli enti creditizi falliscano e che i depositanti, persone fisiche, subiscano la perdita dei loro depositi. Dall’altra, i test di resistenza hanno ad oggetto il rischio per un ente creditizio di fallire. Orbene, la tassa non è intesa a impedire eventuali fallimenti degli enti bancari, né a evitare i costi diretti, ma a prendere in considerazione i costi indiretti provocati dall’eventuale fallimento degli enti creditizi assoggettati alla tassa.

76      In secondo luogo, riguardo al contesto concorrenziale del settore finanziario nazionale, che, secondo le ricorrenti, sarebbe rilevante per comprendere il nesso tra le imprese assoggettate alla tassa e il rischio di generare costi indiretti in funzione delle loro quote di mercato nei diversi settori finanziari, in primo luogo, è sufficiente constatare che il fatto generatore della tassa non è costituito dalle quote di mercato detenute dai soggetti passivi della tassa, ma dal livello dei loro debiti. Orbene, in conformità alla giurisprudenza citata al precedente punto 50, il Regno di Svezia era legittimato a stabilire, nell’esercizio delle competenze proprie in materia di fiscalità diretta e nel rispetto della sua autonomia fiscale e del diritto dell’Unione, il fatto generatore della tassa e la base imponibile di tale tassa.

77      In secondo luogo, le ricorrenti non sostengono che altre imprese attive in uno o più segmenti del mercato, che sarebbero in concorrenza con gli enti creditizi assoggettati alla tassa, avessero debiti superiori a SEK 150 miliardi. Infatti, esse si limitano a sostenere che tali imprese sono in concorrenza con gli enti creditizi assoggettati alla tassa senza spiegare come il loro fallimento possa provocare, individualmente, costi indiretti significativi per la società.

78      In terzo luogo, riguardo all’argomento vertente sul fatto che l’assenza di obblighi imposti ad altri enti finanziari potrebbe rappresentare una minaccia supplementare per la stabilità finanziaria e rischi supplementari di costi indiretti per lo Stato, è sufficiente constatare che, a sostegno del loro argomento, le ricorrenti non forniscono chiarimenti che consentano di concludere per l’esistenza di una qualsiasi minaccia per la stabilità finanziaria, cosicché tale argomento può essere escluso in quanto non suffragato.

79      In quarto luogo, riguardo all’argomento secondo cui uno degli enti creditizi assoggettati alla tassa fornirebbe prestiti esclusivamente ai comuni svedesi e, quindi, non sarebbe all’origine di nessun costo indiretto, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, nel caso di un regime di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche generali del regime di cui trattasi, senza essere tenuta a esaminare ogni caso di applicazione particolare di tale regime. Pertanto, in una decisione riguardante un simile regime, la Commissione non è tenuta a compiere un’analisi dell’aiuto concesso in ogni singolo caso sulla base di un regime siffatto (v., in tal senso, sentenze del 28 luglio 2011, Diputación Foral de Vizcaya e a./Commissione, da C‑471/09 P a C‑473/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:521, punti 98 e 99, e del 30 aprile 2019, UPF/Commissione, T‑747/17, EU:T:2019:271, punto 60). Del resto, in udienza, le ricorrenti non hanno contestato gli argomenti della Commissione e del Regno di Svezia secondo cui detto ente creditizio non era completamente esente da qualsiasi rischio di fallimento.

80      In quinto luogo, riguardo all’argomento vertente sul fatto che tutti gli enti creditizi sono all’origine di costi indiretti, occorre ricordare che, come indicato al precedente punto 41, il legislatore fiscale svedese ha avuto l’obiettivo di assoggettare alla tassa gli enti creditizi il cui fallimento o la grave crisi determinerebbero, individualmente e a causa delle loro dimensioni e della loro importanza per il funzionamento del sistema finanziario, un rischio sistemico, producendo un impatto assai negativo su tale sistema e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società. Pertanto, anche se tutti gli enti creditizi possono dare origine a taluni costi indiretti, cioè possono contribuire a generare tali costi, da ciò non risulta che, in caso di fallimento, tutti gli enti creditizi siano idonei a provocare tali conseguenze. Inoltre, non si può contestare che l’impatto sul sistema finanziario degli enti creditizi dipenda largamente dalle loro dimensioni e dal livello dei loro debiti, com’è stato osservato al precedente punto 59 (v., per analogia, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED, C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 53). Peraltro, in udienza, le ricorrenti hanno ammesso che gli enti creditizi più grandi provocano costi indiretti maggiori.

81      Infine, come risulta dai precedenti punti 42 e 43, da una parte, le ricorrenti non hanno rimesso in discussione la capacità dei soli grandi enti creditizi di provocare, individualmente, in caso di fallimento, un rischio sistemico, di avere un impatto assai negativo sul sistema finanziario e sull’economia in generale e di provocare costi indiretti significativi per la società. Dall’altra parte, esse non hanno dimostrato che il fallimento degli enti non assoggettati alla tassa, anche considerati collettivamente, avrebbe le stesse conseguenze.

82      Pertanto, le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia dovuto affrontare gravi difficoltà nell’ambito della valutazione riguardante i soggetti passivi della tassa.

 Sulla soglia d’assoggettamento alla tassa

83      Le ricorrenti sostengono che tutti gli enti creditizi sarebbero all’origine di costi indiretti per la società in caso di crisi finanziaria. Inoltre, nel progetto di legge, il governo svedese non avrebbe dimostrato che i rischi incorsi si sarebbero concretizzati esclusivamente qualora la soglia di assoggettamento alla tassa fosse superata. Pertanto, le grandi banche pagherebbero per l’insieme dei costi indiretti di cui sono all’origine, mentre le loro concorrenti sarebbero esentate selettivamente dal pagamento di qualsiasi costo di cui sarebbero all’origine.

84      Inoltre, la tassa non sarebbe una tassa a finalità speciale, dato che il suo scopo sarebbe puramente fiscale e consisterebbe nell’aumentare gli introiti fiscali senza cercare di influenzare il comportamento dei soggetti passivi.

85      Le ricorrenti aggiungono che, qualora un’impresa raggiungesse il valore della soglia impositiva, la tassa sarebbe riscossa sulla base dell’insieme dei debiti presi in considerazione nel calcolo di tale soglia. Inoltre, la soglia della tassa non può essere assimilata ad un’aliquota progressiva d’imposta.

86      Esse contestano anche l’analisi della Commissione e la sua interpretazione della sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑233/16, EU:C:2018:280), su cui la Commissione si è fondata nella decisione impugnata. Infatti, da una parte, si tratterebbe di un ambito diverso da quello della fattispecie e, dall’altra, la soglia di assoggettamento alla tassa di cui trattasi in tale causa sarebbe applicata in modo diverso, in quanto detta tassa sarebbe stata istituita esclusivamente per la frazione che supera la soglia, a differenza di quanto accade nella fattispecie.

87      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

88      Nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato che la soglia di SEK 150 miliardi non costituiva un elemento manifestamente discriminatorio e rappresentava l’espressione legittima dell’esercizio della sovranità del Regno di Svezia. Inoltre, l’applicazione di tale soglia garantirebbe che i soggetti passivi della tassa rappresentino il 90% del totale del bilancio aggregato di tutti gli enti creditizi in Svezia, incluse le succursali svedesi degli enti creditizi esteri.

89      A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, vi sono imposte la cui natura non impedisce che ad esse siano associati meccanismi di modulazione che possono comprendere anche le esenzioni, senza tuttavia che tali dispositivi apportino vantaggi selettivi. Analogamente, le disposizioni particolari previste per talune imprese a motivo di situazioni ad esse specifiche che consentono loro di beneficiare di una modulazione, o di un’esenzione fiscale, non devono intendersi come costitutive di un vantaggio selettivo qualora tali disposizioni non siano in contrasto con l’obiettivo dell’imposta in questione (v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione, T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338, punto 89, e del 27 giugno 2019, Ungheria/Commissione, T‑20/17, EU:T:2019:448, punto 101).

90      Inoltre, va osservato che la determinazione del livello della soglia e delle modalità di calcolo della base imponibile rientra nel margine di discrezionalità del legislatore nazionale e si basa, inoltre, su valutazioni tecniche e complesse per le quali il giudice dell’Unione può applicare solo un controllo giurisdizionale limitato (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED, C‑236/16 e C‑237/16, EU:C:2018:291, punto 43).

91      Dalla giurisprudenza risulta che non si può impedire al Regno di Svezia, da una parte, di istituire una tassa corredata di una soglia impositiva e, dall’altra, di fissare un meccanismo di modulazione che si spinga fino all’esenzione degli enti creditizi che si trovino al di sotto di tale soglia, purché tali elementi non contravvengano all’obiettivo della tassa.

92      Si deve pertanto esaminare se tale soglia non sia in contrasto con l’obiettivo della tassa o non sia manifestamente discriminatoria.

93      A tal riguardo, da una parte, riguardo all’argomento secondo cui tutti gli enti creditizi sarebbero all’origine di costi indiretti per la società in caso di crisi finanziaria, occorre ricordare che, nella specie, come indicato al precedente punto 41, l’obiettivo della tassa è quello di rafforzare le finanze pubbliche migliorandole e preservando il debito pubblico ad un basso livello per costituire un margine ai fini della gestione delle crisi finanziarie future con l’imposizione del pagamento della tassa ai grandi enti creditizi, il cui fallimento o la grave crisi determinerebbero, individualmente e a causa delle loro dimensioni e della loro importanza per il funzionamento del sistema finanziario, un rischio sistemico, producendo un impatto assai negativo su tale sistema e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società. Il Regno di Svezia considera che il fallimento di un ente creditizio i cui debiti superano la soglia di SEK 150 miliardi determinerebbe rischi siffatti e genererebbe costi indiretti significativi per la società. Le ricorrenti non rimettono in discussione tale constatazione del legislatore nazionale e, com’è stato osservato al precedente punto 43, non sostengono che il fallimento di un ente creditizio i cui debiti sono situati al di sotto di tale soglia possa provocare le stesse conseguenze. Inoltre, come indicato al precedente punto 59, in particolare nel contesto del possesso incrociato di obbligazioni finanziarie, più il livello dell’indebitamento è elevato, più grande è il rischio per il sistema finanziario, in quanto, in caso di fallimento, l’ente creditizio interessato potrebbe non essere in grado di onorare i suoi importanti debiti, il che, di conseguenza, comporterebbe il rischio di provocare inadempimenti presso i suoi creditori e quindi un rischio sistemico.

94      Dall’altra parte, riguardo all’argomento secondo cui la tassa non avrebbe finalità speciale e non sarebbe intesa a influenzare il comportamento dei soggetti passivi, le ricorrenti non hanno chiarito per quale motivo sarebbe necessario che la tassa fosse diretta a influenzare il comportamento dei soggetti passivi. Infatti, come risulta dal suo obiettivo, la tassa mira al rafforzamento delle finanze pubbliche migliorandole e preservando il debito pubblico a un basso livello, allo scopo di costituire un margine per la gestione delle crisi finanziarie future. Nessun’altra finalità particolare, come l’impatto sul comportamento dei soggetti passivi, è stata menzionata nel progetto di legge. Pertanto, tale argomento non può risultare efficace, in quanto la tassa non ha lo scopo di evitare l’assunzione del rischio da parte degli enti creditizi ad essa assoggettati o il loro fallimento, bensì di garantire la buona gestione delle finanze pubbliche nell’ipotesi del fallimento di uno di tali enti.

95      Del pari, il fatto che il gettito della tassa alimenti il bilancio dello Stato è in armonia con l’obiettivo citato al precedente punto 94.

96      Inoltre, da una parte, come risulta dal fascicolo e come è stato confermato dalle ricorrenti in udienza, non esistevano enti creditizi non assoggettati alla tassa il cui livello di indebitamento fosse prossimo alla soglia di SEK 150 miliardi.

97      Dall’altra parte, dalla decisione impugnata risulta, senza essere utilmente contestato dalle ricorrenti (v. il precedente punto 42), che l’applicazione di tale soglia garantisce che i soggetti passivi della tassa rappresentino il 90% del totale del bilancio aggregato di tutti gli enti creditizi in Svezia.

98      Ne consegue che le ricorrenti non hanno proposto argomenti che consentano di considerare la soglia di SEK 150 miliardi come manifestamente inadatta alla luce degli obiettivi della tassa. Esse non hanno indicato neppure quale altro livello sarebbe stato adatto per tale soglia. Risulta infatti che esse contestano la stessa esistenza di una soglia. Tuttavia, in conformità alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 89 e 90, l’applicazione da parte del legislatore nazionale di soglie non è di per sé in contrasto con il diritto dell’Unione.

99      Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione avrebbe dovuto affrontare gravi difficoltà nell’ambito della valutazione riguardante la soglia di assoggettamento alla tassa.

 Sul meccanismo di consolidamento

100    Le ricorrenti contestano il meccanismo di consolidamento per le situazioni intragruppo accolto ai fini del calcolo della soglia e della base imponibile, in quanto i debiti intragruppo degli enti creditizi nazionali e delle succursali transfrontaliere sono presi in considerazione nel calcolo della soglia. Infatti, non sussisterebbe alcun nesso diretto tra i costi indiretti in Svezia e i debiti riconducibili ad una succursale estera di un ente creditizio svedese, mentre i debiti di tali succursali rappresenterebbero una quota non trascurabile dell’insieme della base imponibile.

101    Per di più, riguardo ai costi indiretti, le filiali estere di enti creditizi svedesi e le succursali estere di tali enti creditizi si troverebbero in una situazione analoga. Orbene, queste due situazioni sarebbero trattate in modo diverso, in quanto solo i debiti delle succursali estere degli enti creditizi svedesi verrebbero integrate nella base imponibile della tassa. Per giunta, in asimmetria con il trattamento delle succursali estere di un ente creditizio svedese i cui debiti sarebbero presi in considerazione ai fini del calcolo della tassa, i debiti delle succursali situate in Svezia degli enti creditizi esteri verrebbero del pari presi in considerazione in tale calcolo.

102    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

103    A tal riguardo, anzitutto, va osservato che, come risulta dal considerando 59 della decisione impugnata e senza che le ricorrenti lo rimettano in discussione, la succursale di un ente creditizio svedese non è dotata di personalità giuridica indipendente rispetto all’ente dal quale dipende ed è coperta dalla stessa licenza, al contrario delle filiali che costituiscono entità giuridiche separate. Pertanto, ogni obbligazione finanziaria di una succursale va riportata all’ente creditizio svedese da cui essa dipende e l’eventuale crisi della succursale colpirebbe la società madre causando costi indiretti, non soltanto nello Stato in cui essa è impiantata, ma anche in Svezia. Di conseguenza, non occorre considerare che la Commissione avrebbe dovuto affrontare dubbi riguardo a tale meccanismo, dato che le succursali di un ente creditizio svedese sono collegate a quest’ultimo e, pertanto, il loro fallimento produrrebbe effetti anche in Svezia.

104    Per gli stessi motivi, poi, occorre rigettare l’argomento secondo cui le filiali estere e le succursali estere di un ente creditizio svedese si troverebbero in una situazione analoga, in quanto, come indicato al considerando 60 della decisione impugnata, a differenza delle succursali, le filiali sono entità giuridiche separate dalle loro società madri e operano con una licenza distinta rilasciata dallo Stato in cui sono impiantate.

105    Infine, le ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di un’asimmetria tra il trattamento dei debiti delle succursali estere di un ente creditizio svedese e i debiti delle succursali situate in Svezia degli enti creditizi esteri. Infatti, al considerando 61 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che le succursali impiantate in Svezia di enti creditizi esteri potevano provocare costi indiretti tanto in Svezia quanto nello Stato in cui è situata la società madre. Di conseguenza, tale circostanza non comporta alcuna asimmetria, dato che i debiti delle succursali estere di un ente creditizio svedese sono presi in considerazione in Svezia senza che ciò impedisca, se del caso, che si tenga eventualmente conto di tali debiti anche nello Stato in cui sono impiantate le succursali.

106    Pertanto, le ricorrenti non hanno dimostrato che il meccanismo di consolidamento costituisca un elemento manifestamente discriminatorio e, quindi, che la Commissione avrebbe dovuto incontrare gravi difficoltà nell’ambito della sua valutazione al riguardo.

 Sulla deroga al sistema di riferimento

107    Le ricorrenti sottolineano che, se il Tribunale dovesse ammettere il sistema di riferimento come definito nella decisione impugnata, i loro argomenti relativi agli elementi costitutivi di tale sistema resterebbero validi con riferimento alle deroghe a quest’ultimo.

108    Inoltre, per quanto riguarda l’esistenza di una deroga relativa al trattamento degli enti creditizi i cui debiti non superano la soglia di SEK 150 miliardi, le ricorrenti sostengono che le attività degli enti creditizi i cui debiti sono inferiori alla soglia non implicano che lo Stato non sia esposto a costi indiretti rispetto ad esse in caso di crisi finanziaria. Infatti, la differenza tra tali enti creditizi e quelli i cui debiti superano detta soglia non riguarderebbe l’esistenza di rischi affrontati dallo Stato, bensì la loro portata. Pertanto, sussisterebbe una deroga al sistema di riferimento, in quanto verrebbe manifestamente operata una discriminazione tra imprese che si trovano in una situazione di fatto e di diritto comparabile. Per di più, dal punto di vista giuridico, gli enti creditizi i cui debiti sono superiori e quelli i cui debiti sono inferiori a tale soglia non sarebbero soggetti ad obblighi di conformità, contabili e fiscali manifestamente diversi che sarebbero fondati sullo stesso tipo e sullo stesso livello della soglia d’indebitamento.

109    Inoltre, la tassa costituirebbe un contributo generale agli introiti dello Stato che potrebbe essere utilizzato a fini diversi, il cui obiettivo reale sarebbe quello di rafforzare le finanze pubbliche mediante i contributi dei grandi enti creditizi. Quindi, secondo le ricorrenti, non vi erano valide ragioni per introdurre differenziazioni tra le imprese di un settore particolare, dato che l’obiettivo della tassa aveva natura generale. Per giunta, il governo avrebbe dovuto proporre di riservare i fondi raccolti grazie alla tassa alle future crisi finanziarie.

110    Riguardo all’esistenza di deroghe con riferimento al trattamento degli altri enti finanziari, le ricorrenti rinviano agli argomenti ricordati al precedente punto 68.

111    Di conseguenza, secondo le ricorrenti, la tassa è a priori selettiva e la Commissione avrebbe dovuto avviare il procedimento d’indagine formale.

112    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

113    Nella decisione impugnata, da una parte, la Commissione ha ritenuto che la tassa non costituisse una deroga al sistema di riferimento considerato il trattamento di altri istituti finanziari. Infatti, questi ultimi non avrebbero una struttura del debito che presenta lo stesso grado di instabilità e sarebbero soggetti a sistemi normativi diversi e meno rigorosi, il che suggerirebbe che essi sono meno idonei a generare un rischio sistemico e costi indiretti. Pertanto, tali istituiti non si troverebbero in una situazione di fatto e di diritto comparabile a quella degli enti creditizi rispetto all’obiettivo della tassa.

114    Riguardo ai fondi ipotecari, che comunque deterrebbero una quota limitata sul mercato delle ipoteche, la Commissione ha considerato che essi non erano impegnati in talune attività critiche analoghe a quelle degli enti creditizi. Inoltre, essi si distinguerebbero nel loro funzionamento e si inscriverebbero in un ambito normativo diverso e non sarebbero in grado di generare costi indiretti nelle stesse proporzioni degli enti creditizi.

115    Dall’altra parte, i grandi enti creditizi potrebbero rivestire importanza sistemica, avere un’influenza e un impatto sul mercato e sarebbero critici per l’economia reale, contrariamente ai piccoli enti creditizi. Quindi, i primi sarebbero più idonei a provocare costi indiretti in caso di crisi. Pertanto, i grandi enti creditizi non si troverebbero in una situazione di fatto e di diritto comparabile a quella dei piccoli enti creditizi considerato l’obiettivo della tassa.

116    Secondo una giurisprudenza costante, il fatto che solo i contribuenti che soddisfano le condizioni di applicazione di una misura possano beneficiare di quest’ultima non vale, di per sé, a conferire a detta misura carattere selettivo (v. sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 59 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 16 marzo 2021, Commissione/Ungheria, C‑596/19 P, EU:C:2021:202, punto 58).

117    Inoltre, come ricordato al precedente punto 89, non vi è selettività se tali differenze di tassazione e i vantaggi che possono derivarne, anche giustificati dalla semplice logica alla base della ripartizione dell’imposta tra i contribuenti, risultano dall’applicazione pura e semplice, senza alcuna eccezione, del sistema «normale», se situazioni analoghe sono trattate in modo analogo e se tali meccanismi di modulazione non sono in contrasto con l’obiettivo dell’imposta in questione. Analogamente, le disposizioni particolari previste per talune imprese a motivo di situazioni ad esse specifiche che consentono loro di beneficiare di una modulazione, o di un’esenzione fiscale, non devono intendersi come costitutive di un vantaggio selettivo qualora tali disposizioni non siano in contrasto con l’obiettivo dell’imposta in questione (sentenze del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione, T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338, punto 89, e del 27 giugno 2019, Ungheria/Commissione, T‑20/17, EU:T:2019:448, punto 101).

118    Per contro, se alle imprese che si trovano in una situazione analoga per quanto riguarda l’obiettivo dell’imposta o la ratio di una modulazione di quest’ultima non è applicato un trattamento uguale a questo riguardo, tale discriminazione comporta un vantaggio selettivo idoneo a costituire un aiuto di Stato se sono soddisfatte le altre condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 27 giugno 2019, Ungheria/Commissione, T‑20/17, EU:T:2019:448, punto 102).

119    In via preliminare, occorre ricordare che gli argomenti delle ricorrenti relativi al sistema di riferimento, dato che sono stati esaminati ai precedenti punti da 54 a 106, devono del pari essere rigettati nell’ambito dell’esame della presente censura, in quanto, trattandosi del sistema di riferimento, tali argomenti sono stati esaminati in un contesto analogo, ossia quello dell’esistenza di una manifesta discriminazione.

120    Ciò precisato, in primo luogo, riguardo all’esistenza di deroghe relative al trattamento degli enti creditizi i cui debiti non superano la soglia di SEK 150 miliardi, va ricordato, che, come si è indicato al precedente punto 41, dalla motivazione del progetto di legge risulta che l’obiettivo della tassa era quello di rafforzare le finanze pubbliche migliorandole e preservando il debito pubblico ad un basso livello allo scopo di costituire un margine per la gestione delle crisi finanziarie future, imponendo il pagamento della tassa ai grandi enti creditizi il cui fallimento o la crisi grave determinerebbero, individualmente e a causa delle loro dimensioni e della loro importanza per il funzionamento del sistema finanziario, un rischio sistemico, producendo un impatto assai negativo su tale sistema e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società.

121    Orbene, le ricorrenti si limitano a sostenere che lo Stato sarebbe esposto a costi indiretti in caso di crisi finanziaria anche dal lato degli enti creditizi non assoggettati alla tassa. Tuttavia, le ricorrenti non hanno chiarito per quale motivo la Commissione avrebbe dovuto nutrire dei dubbi quanto all’importanza sistemica di tali enti creditizi riguardo ai costi indiretti eventuali o quanto al fatto che, in caso di fallimento, essi potrebbero individualmente avere un impatto talmente negativo su detto sistema e sull’economia in generale da provocare costi indiretti significativi per la società. Peraltro, come menzionato ai precedenti punti 80 e 81, le ricorrenti hanno ammesso che gli enti creditizi più grandi provocano costi indiretti maggiori e non hanno rimesso in discussione la capacità dei soli grandi enti creditizi di provocare, individualmente, in caso di fallimento, un rischio sistemico e di produrre un impatto assai negativo sul sistema finanziario e sull’economia in generale con costi indiretti significativi per la società.

122    Inoltre, riguardo all’argomento secondo cui tutti gli enti creditizi sarebbero all’origine di costi indiretti per la società in caso di crisi finanziaria, occorre escluderlo per i motivi esposti al precedente punto 80.

123    Dunque, le ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di un insieme di indizi concordanti idonei a dimostrare che gli enti creditizi i cui debiti superavano la soglia si trovavano, considerato l’obiettivo della tassa, in una situazione di fatto e di diritto comparabile a quella degli enti creditizi di cui debiti non superavano tale soglia. Peraltro, come indicato al precedente punto 96, risultava dal fascicolo che non esisteva nessun ente creditizio non assoggettato alla tassa il cui livello di indebitamento fosse prossimo alla soglia di SEK 150 miliardi. Orbene, occorre ricordare che, in conformità alla giurisprudenza citata al precedente punto 24, non spetta al Tribunale stabilire se esistano indizi probanti dell’assenza di dubbi in ordine alla qualificazione come aiuto della misura di cui trattasi, ma, al contrario, ad esso spetta ricercare se la parte ricorrente abbia fornito la prova dell’esistenza di tali dubbi.

124    In secondo luogo, anzitutto, riguardo all’esistenza di deroghe aventi ad oggetto il trattamento degli altri enti finanziari, va osservato che un semplice rapporto concorrenziale non può condurre di per sé alla conclusione che tali enti si trovino, considerato l’obiettivo della tassa, in una situazione di fatto di diritto comparabile a quella degli enti creditizi assoggettati a detta tassa.

125    Riguardo poi all’argomento vertente sul fatto che l’assenza di obblighi imposti ad altri enti finanziari potrebbe rappresentare una minaccia supplementare per la stabilità finanziaria e rischi supplementari di costi indiretti per lo Stato, esso deve essere escluso per i motivi esposti al precedente punto 78.

126    Infine, le ricorrenti deplorano che la Commissione non abbia correttamente valutato il livello dei debiti combinati dei fondi ipotecari. Tuttavia, le ricorrenti, senza indicare l’esatto valore di tali debiti, invocano taluni importi totali dei mutui ipotecari erogati alle famiglie, cioè gli importi rispettivi di SEK 19 miliardi (circa EUR 1,68 miliardi) e di SEK 35,1 miliardi (circa EUR 3,1 miliardi). Tuttavia, oltre al fatto che tali importi si riferiscono ai dati collettivi dei fondi ipotecari, mentre la soglia della tassa è relativa a dati specifici di ogni ente creditizio, le cifre dedotte non si avvicinano alla soglia della tassa, che è di SEK 150 miliardi.

127    Occorre pertanto concludere che gli argomenti delle ricorrenti relativi all’esistenza di deroghe al sistema di riferimento non consentono di dimostrare che la Commissione avrebbe dovuto affrontare gravi difficoltà nell’ambito della sua valutazione al riguardo.

128    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione avrebbe dovuto nutrire dubbi, in ordine alla qualificazione della tassa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, che avrebbero dovuto indurla ad avviare il procedimento di indagine formale. Di conseguenza, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza che sia necessario avvalersi delle misure di organizzazione del procedimento, sollecitate dalle ricorrenti, dato che spetta al Tribunale, in conformità all’articolo 90, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, di disporle solo se lo giudica utile.

 Sulle spese

129    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

130    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione.

131    Il Regno di Svezia si farà carico delle proprie spese, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Ideella föreningen Svenska Bankföreningen med firma Svenska Bankföreningen, Näringsverksamhete la Länsförsäkringar Bank AB sono condannate a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Il Regno di Svezia si farà carico delle proprie spese.

Papasavvas

da Silva Passos

Jaeger

Gervasoni

 

      Półtorak

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 aprile 2024.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.