Language of document : ECLI:EU:T:2018:852

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

29 novembre 2018 (*)

«Funzione pubblica – Agenti contrattuali – Indagine amministrativa – Prolungamento del periodo di prova – Atto preparatorio – Licenziamento – Notifica del licenziamento mediante messaggio di posta elettronica – Termine per la presentazione del reclamo – Dies a quo – Irricevibilità – Rispetto delle forme sostanziali – Decisione di licenziamento all’esito del periodo di prova – Cessazione del rapporto di fiducia – Responsabilità – Domanda di udienza formulata nell’atto introduttivo del ricorso e non reiterata ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura»

Nella causa T‑493/17,

WL, residente in Bucarest (Romania), rappresentata da F. Elia, avvocato,

ricorrente,

contro

Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca (ERCEA), rappresentata da F. Sgritta e M. Chacón Mohedano, in qualità di agenti, assistite da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta, in primo luogo, all’annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA comunicata oralmente alla ricorrente il 10 gennaio 2017, all’immediato ripristino del rapporto di lavoro e alla condanna dell’ERCEA al pagamento di tutte le retribuzioni medio tempore maturate; in secondo luogo, all’annullamento della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente e all’accertamento dell’inesistenza di tale periodo di prova a partire dal 1° novembre 2016; in terzo luogo, all’annullamento degli atti dell’indagine amministrativa effettuata dall’Ufficio d’indagine e di disciplina della Commissione (IDOC) e della relazione di tale indagine datata 7 novembre 2016, nonché alla condanna dell’ERCEA alla cancellazione dell’indagine amministrativa dal sistema informatico di gestione del personale e da qualsivoglia altra banca dati presente nelle istituzioni dell’Unione europea; in quarto luogo, all’annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 e pervenuta alla ricorrente il 24 gennaio 2017, all’immediato ripristino del rapporto di lavoro e alla condanna dell’ERCEA al risarcimento del danno costituito dalle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento fino alla pubblicazione della sentenza, oppure, in assenza di reintegrazione nel posto di lavoro, alla condanna dell’ERCEA al risarcimento del danno consistente nella perdita degli stipendi fino alla scadenza del contratto e pari ad EUR 39 000, e, in quinto luogo, ed in ogni caso, alla condanna dell’ERCEA al pagamento a favore della ricorrente della somma di EUR 300 000, ovvero della diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta equa, a titolo di risarcimento per la grave lesione dell’immagine e della reputazione personale e professionale della ricorrente,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise e R. da Silva Passos (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La ricorrente, WL, è stata assunta dall’Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca (ERCEA) come agente contrattuale, in qualità di gestore finanziario, dal 1º febbraio 2016. All’atto della sua assunzione, l’ERCEA ha considerato che la ricorrente aveva un’esperienza professionale di quattordici anni e sette mesi. La ricorrente è stata quindi assunta nel gruppo di funzioni III al grado 9, corrispondente ad un’esperienza professionale compresa tra i sette e i quindici anni. Il contratto di lavoro della ricorrente, che era stipulato per una durata di due anni rinnovabile, prevedeva il compimento di un periodo di prova di nove mesi, ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»).

2        Dopo essere stata informata del suo grado iniziale, la ricorrente ha chiesto all’ERCEA di essere reinquadrata nel grado 10 del gruppo di funzioni III, il quale richiede un minimo di quindici anni di esperienza.

3        Con lettera del 23 agosto 2016, inviata il successivo 24 agosto, l’Ufficio di indagine e di disciplina della Commissione (IDOC) ha informato la ricorrente di aver ricevuto mandato da parte del direttore dell’ERCEA, nella sua qualità di autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (in prosieguo: l’«AACC»), di condurre un’indagine amministrativa in merito ai documenti che ella aveva prodotto a sostegno della sua domanda diretta ad ottenere che il suo inquadramento iniziale in seno a detta agenzia fosse portato dal grado 9 al grado 10 del gruppo di funzioni III (in prosieguo: l’«indagine amministrativa»). Tale lettera precisava che l’indagine amministrativa mirava a chiarire i termini e le condizioni in base a cui la ricorrente era stata assunta da un’associazione citata nei documenti da lei prodotti nonché nel suo curriculum vitæ (in prosieguo: l’«associazione»).

4        Con lettera del 28 ottobre 2016, l’AACC ha informato la ricorrente, da un lato, che avrebbe adottato una decisione finale sul suo periodo di prova dopo aver ricevuto la relazione d’indagine dell’IDOC sulla sua condotta e, dall’altro, che la ricorrente sarebbe stata considerata in periodo di prova fino a tale decisione finale.

5        Il 7 novembre 2016, l’IDOC ha completato la relazione d’indagine di cui al punto 4 supra. Detta relazione è stata trasmessa alla ricorrente il 16 novembre successivo.

6        Il 22 dicembre 2016, l’AACC ha inviato alla ricorrente un messaggio di posta elettronica mediante il quale le ha trasmesso la propria decisione, adottata lo stesso giorno, di licenziarla con effetto a partire dal 5 gennaio 2017, in applicazione dell’articolo 84 del RAA. In tale decisione, l’AACC rilevava che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento idoneo a fugare i dubbi relativi all’autenticità dei documenti da essa prodotti in sede di assunzione e idoneo pertanto a convincerla che quest’ultima potesse essere considerata un agente degno di fiducia al quale poter attribuire compiti di natura finanziaria. Essa precisava che, al contrario, la ricorrente aveva formulato contestazioni infondate riguardanti la perdita di documenti originali che non erano mai stati trasmessi all’ERCEA, e ha concluso che sussistevano gravi motivi per dubitare dell’integrità e della lealtà della ricorrente nei confronti dell’ERCEA, circostanza che comportava, in definitiva, una rottura del rapporto di fiducia.

7        Il 9 gennaio 2017, la ricorrente ha denunciato all’AACC di non essere stata in grado, la mattina stessa, di accedere ai locali dell’ERCEA perché il suo badge era stato disattivato. Ha precisato di non essere a conoscenza delle ragioni di tale diniego di accesso e di non aver ricevuto alcuna comunicazione al riguardo.

8        Lo stesso giorno, l’AACC, con messaggio di posta elettronica, ha risposto alla ricorrente, indicando che la decisione di licenziarla era stata comunicata a quest’ultima in data 22 dicembre 2016. Inoltre, l’AACC le ha nuovamente trasmesso la decisione di licenziamento del 22 dicembre 2016.

9        Il 10 gennaio 2017, l’avvocato della ricorrente ha inviato una lettera all’AACC nella quale ha affermato, in particolare, che, lo stesso giorno, la ricorrente si era vista nuovamente negare l’accesso ai locali dell’ERCEA. Egli ha altresì constatato che il capo unità della ricorrente aveva comunicato a quest’ultima il suo licenziamento per telefono. Il suddetto avvocato ha precisato che la sua assistita era stata assente dal suo luogo di lavoro a partire dal 19 dicembre 2016 e che non le era mai stato comunicato un licenziamento in forma scritta. In tale contesto, egli ha preso atto di un licenziamento comunicato oralmente il 10 gennaio 2017 e ha invitato l’AACC a revocare tale atto.

10      Con reclamo del 12 gennaio 2017, presentato ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), applicabile per analogia agli agenti contrattuali ai sensi dell’articolo 117 del RAA, la ricorrente, rappresentata dal suo avvocato, ha chiesto all’AACC di annullare o di revocare il licenziamento che le era stato comunicato oralmente il 10 gennaio 2017.

11      Il 24 gennaio 2017, la decisione di licenziamento del 22 dicembre 2016 è stata trasmessa alla ricorrente e al suo avvocato mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. La ricorrente e il suo avvocato hanno accusato ricezione di tale lettera, rispettivamente, il 26 gennaio e il 1º febbraio 2017.

12      Con reclamo del 26 gennaio 2017, ricevuto il 27 gennaio successivo, la ricorrente, rappresentata dal suo avvocato, ha chiesto all’AACC di annullare o di revocare, da un lato, la decisione del 28 ottobre 2016 di prolungare il suo periodo di prova e, dall’altro, il licenziamento che le era stato comunicato oralmente il 10 gennaio 2017.

13      Con reclamo del 12 febbraio 2017, ricevuto il 13 febbraio successivo, la ricorrente, rappresentata dal suo avvocato, ha chiesto all’AACC, in primo luogo, di annullare o di revocare gli atti dell’indagine amministrativa e la relazione di tale indagine, recante la data del 7 novembre 2016, che le era stata comunicata il 16 novembre successivo e, in secondo luogo, di corrisponderle la somma di EUR 1 000 000 a titolo di risarcimento per il danno arrecato alla sua immagine e alla sua reputazione personale e professionale.

14      Con reclamo del 10 aprile 2017, ricevuto il 12 aprile successivo, la ricorrente, rappresentata dal suo avvocato, ha chiesto all’AACC di annullare o di revocare la decisione di licenziamento del 22 dicembre 2016, che le era pervenuta in data 24 gennaio 2017.

15      Con decisione dell’11 maggio 2017, l’AACC ha respinto i quattro reclami presentati dalla ricorrente, menzionati ai punti 10, 12, 13 e 14 supra.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17      Il 5 luglio 2018, il Tribunale ha deciso d’ufficio di accordare l’anonimato alla ricorrente, ai sensi dell’articolo 66 del suo regolamento di procedura.

18      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di licenziamento dell’ERCEA, comunicatale oralmente il 10 gennaio 2017, ripristinare immediatamente il rapporto di lavoro e condannare l’ERCEA al pagamento di tutte le retribuzioni medio tempore maturate;

–        annullare la decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del suo periodo di prova e dichiarare l’inesistenza di tale periodo di prova a partire dal 1° novembre 2016;

–        annullare gli atti dell’indagine amministrativa e la relazione di tale indagine, datata 7 novembre 2016, e condannare l’ERCEA alla cancellazione di tale indagine dal sistema informatico di gestione del personale, denominato «Sysper», e da qualsivoglia altra banca dati presente nelle istituzioni dell’Unione europea;

–        annullare la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 e pervenutale il 24 gennaio 2017, e ripristinare immediatamente il rapporto di lavoro e condannare l’ERCEA al risarcimento del danno costituito dalle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento fino alla pubblicazione della sentenza o, in assenza di reintegrazione nel posto di lavoro, condannare l’ERCEA al risarcimento del danno consistente nella perdita degli stipendi fino alla scadenza del contratto e pari ad EUR 39 000;

–        in ogni caso, condannare l’ERCEA a pagare la somma di EUR 300 000, ovvero della diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta equa, a titolo di risarcimento per la grave lesione della sua immagine e della sua reputazione personale e professionale;

–        condannare l’ERCEA alle spese.

19      L’ERCEA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Sulla richiesta di udienza formulata nel ricorso

20      Ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la domanda di udienza di discussione presentata da una parte principale deve essere «presentata entro un termine di tre settimane decorrenti dalla notifica alle parti della chiusura della fase scritta del procedimento». Inoltre, il paragrafo 3 di tale articolo dispone che, «[i]n assenza di una domanda ai sensi del paragrafo 2, il Tribunale, qualora si ritenga sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa, può decidere di statuire su un ricorso senza fase orale. In tal caso, esso può tuttavia decidere in un secondo tempo di aprire la fase orale».

21      La ricorrente ha formulato una domanda di udienza di discussione nell’atto introduttivo del ricorso. Per contro, ella non ha reiterato la sua richiesta entro un termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento indicando i motivi per i quali desiderava essere ascoltata.

22      Pertanto, in assenza di domanda di udienza ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la domanda formulata nell’atto introduttivo del ricorso deve essere respinta [v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2017, Werner Weißbräu Erdinger Brombach/EUIPO (Forma di un grande bicchiere), T‑857/16, non pubblicata, EU:T:2017:754, punto 13].

23      D’altronde, il Tribunale, ritenendosi sufficientemente edotto dagli atti del fascicolo di causa, ha deciso di statuire senza la fase orale del procedimento, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

B.      Sulla competenza del Tribunale a conoscere di alcuni dei capi di domanda formulati nell’atto introduttivo del giudizio

24      Con il primo e il quarto capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale, segnatamente, di ripristinare il suo rapporto di lavoro con l’ERCEA. Inoltre, con il terzo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale, segnatamente, di condannare l’ERCEA a cancellare l’indagine amministrativa da Sysper e da qualsivoglia altra banca dati presente nelle istituzioni dell’Unione. Infine, con il secondo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale, segnatamente, di dichiarare l’inesistenza del periodo di prova a partire dal 1° novembre 2016.

25      A tal riguardo, è sufficiente constatare che, secondo una giurisprudenza costante, il Tribunale non è competente a pronunciare sentenze dichiarative nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi degli articoli 263 o 270 TFUE e che, in sede di controllo di legittimità in forza dell’articolo 91 dello Statuto, esso non è competente neppure ad impartire ordini all’amministrazione (v. sentenza del 16 gennaio 2018, SE/Consiglio, T‑231/17, non pubblicata, EU:T:2018:3, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

26      Pertanto, il Tribunale è manifestamente incompetente a conoscere dei capi della domanda della ricorrente che mirano, in sostanza, ad ottenere che all’ERCEA sia ingiunto il ripristino del rapporto di lavoro e la cancellazione dell’indagine amministrativa da Sysper e da qualsivoglia altra banca dati presente nelle istituzioni dell’Unione. Inoltre, il Tribunale è altrettanto manifestamente incompetente a dichiarare l’inesistenza del periodo di prova della ricorrente a partire dal 1º novembre 2016.

27      I capi della domanda menzionati al punto 24 supra devono pertanto essere respinti per incompetenza del Tribunale a pronunciarsi al riguardo.

C.      Sulle domande di annullamento

28      Nel suo primo capo di domanda, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA comunicatale oralmente il 10 gennaio 2017. Nel suo secondo capo di domanda, ella chiede l’annullamento della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del suo periodo di prova. Nel suo terzo capo di domanda, la ricorrente chiede l’annullamento degli atti dell’indagine amministrativa e della relazione di tale indagine, datata 7 novembre 2016. Infine, nel suo quarto capo di domanda, la stessa chiede l’annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016. Ella puntualizza che quest’ultima decisione le è pervenuta il 24 gennaio 2017.

29      Occorre esaminare, in un primo momento, la domanda di annullamento della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016, recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, nonché la domanda di annullamento degli atti dell’indagine amministrativa e della relazione di tale indagine, datata 7 novembre 2016; in un secondo momento, la domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA che reca la data del 22 dicembre 2016, e, in terzo luogo, la domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA che è stata comunicata oralmente alla ricorrente il 10 gennaio 2017.

1.      Sulla domanda di annullamento della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016, recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, e sulla domanda di annullamento degli atti dell’indagine amministrativa e della relazione di tale indagine

30      L’ERCEA fa valere, in primis, che la sua decisione del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, da un lato, e gli atti dell’indagine amministrativa nonché la relazione di tale indagine, datata 7 novembre 2016, dall’altro, non sono atti idonei a recare pregiudizio alla ricorrente ai sensi degli articoli 90 e 91 dello Statuto. In secundis, l’ERCEA sostiene che i ricorsi riguardanti tali atti sono irricevibili per mancanza di interesse ad agire a causa della natura meramente preparatoria di questi ultimi.

31      La ricorrente contesta tali asserzioni. Da un lato, ella afferma che la decisione di prolungare il suo periodo di prova le arreca pregiudizio perché è illegittima, ha un’efficacia autonoma e ha modificato il rapporto contrattuale. Dall’altro, per quanto riguarda gli atti dell’indagine amministrativa e la relazione d’indagine redatta dall’IDOC, deduce che essi hanno una portata lesiva grave che prescinde dal successivo atto di licenziamento. A suo avviso, tali atti illegittimi, che sono inseriti in Sysper, danneggiano la sua reputazione e la privano di ogni possibilità di accedere a un impiego all’interno delle istituzioni dell’Unione.

32      A tal riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che costituiscono atti lesivi i soli provvedimenti emanati dall’autorità competente e contenenti una presa di posizione definitiva dell’amministrazione che produce effetti giuridici vincolanti tali da incidere direttamente e immediatamente sugli interessi della parte ricorrente, modificando in maniera sensibile la situazione giuridica di quest’ultima (sentenza dell’8 ottobre 2014, Bermejo Garde/CESE, T‑530/12 P, EU:T:2014:860, punto 45; v. anche, in tal senso, ordinanza del 13 dicembre 2011, Marcuccio/Commissione, T‑311/09 P, EU:T:2011:734, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

33      Quando si tratti di atti o di decisioni elaborati in più fasi, in particolare al termine di un procedimento interno, costituiscono atti impugnabili mediante un ricorso di annullamento solo i provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell’istituzione al termine di tale procedimento, con esclusione dei provvedimenti intermedi, destinati a preparare la decisione finale. Pertanto, nell’ambito di un ricorso della funzione pubblica, gli atti preparatori di una decisione non arrecano pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto (sentenze del 17 dicembre 2003, McAuley/Consiglio, T‑324/02, EU:T:2003:346, punto 28, e del 25 ottobre 2005, Fardoom e Reinard/Commissione, T‑43/04, EU:T:2005:374, punto 28).

34      Inoltre, è già stato dichiarato che gli atti mediante i quali l’amministrazione decida di prolungare il periodo di prova di un funzionario o di un agente temporaneo hanno natura di atti preparatori (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, CZ/AEMF, F‑80/13, EU:F:2014:266, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nel caso di specie, in primo luogo, si deve ricordare che, nella lettera del 28 ottobre 2016 menzionata al punto 4 supra, l’AACC ha indicato, da un lato, di aver deciso che avrebbe adottato la sua decisione finale relativa al periodo di prova della ricorrente dopo aver ricevuto il rapporto d’indagine dell’IDOC sulla condotta di quest’ultima e, dall’altro, che la ricorrente sarebbe stata considerata come in periodo di prova fino a detta decisione finale.

36      Quindi, dalla giurisprudenza ricordata al punto 34 supra nonché dal contesto dell’adozione della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016, recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, e dalla formulazione priva di ambiguità di tale decisione si evince che siffatto prolungamento aveva natura preparatoria rispetto all’adozione della decisione definitiva dell’AACC all’esito del periodo di prova di cui trattasi.

37      In secondo luogo, riguardo agli atti dell’indagine amministrativa e la relazione di tale indagine, si deve anzitutto sottolineare che, il 25 luglio 2016, l’IDOC ha ricevuto mandato da parte dell’AACC di condurre un’indagine amministrativa in merito ai documenti prodotti dalla ricorrente a sostegno della sua domanda volta ad ottenere il suo reinquadramento in seno a detta agenzia dal grado 9 al grado 10 del gruppo di funzioni III. Tale lettera precisava che l’indagine aveva anche lo scopo di chiarire i termini e le condizioni alle quali la ricorrente era stata assunta dall’associazione e quindi di determinare se lo Statuto fosse stato violato. Occorre poi rilevare che, il 7 novembre 2016, l’IDOC ha trasmesso la relazione dell’indagine amministrativa all’AACC. In detta relazione, l’IDOC ha comunicato all’AACC la propria analisi dei fatti. Tuttavia, esso non ha raccomandato l’adozione di una misura particolare nei confronti della ricorrente. Inoltre, l’AACC è l’unica competente ad adottare una decisione sulle misure opportune da adottare in seguito a un’indagine amministrativa come quella effettuata dall’IDOC. Infine, soltanto in data 22 dicembre 2016, dopo che la ricorrente era stata invitata a presentare le sue osservazioni, l’AACC ha adottato la sua decisione di licenziarla all’esito del suo periodo di prova.

38      Pertanto, dall’oggetto dell’indagine amministrativa, dal contenuto della relazione trasmessa dall’IDOC, dal contesto di fatto in cui tale indagine e tale relazione si collocano, nonché dalle competenze attribuite, rispettivamente, all’IDOC e all’AACC nell’ambito di cui trattasi risulta che gli atti dell’indagine amministrativa e la relazione di tale indagine hanno carattere preparatorio rispetto all’adozione, da parte dell’AACC, della sua decisione definitiva all’esito del periodo di prova della ricorrente (v., per analogia, ordinanza del 20 luglio 2009, Marcuccio/Commissione, F‑86/07, EU:F:2009:99, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

39      Ne consegue che la decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, da un lato, e gli atti dell’indagine amministrativa e la relazione di tale indagine, dall’altro, non arrecano pregiudizio alla ricorrente ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, a causa del loro carattere preparatorio.

40      La domanda di annullamento della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, da un lato, e la domanda di annullamento degli atti dell’indagine amministrativa e della relazione di tale indagine, dall’altro, devono dunque essere respinte in quanto irricevibili.

41      Tuttavia, l’irricevibilità di un ricorso di annullamento proposto avverso un atto che non arreca pregiudizio non vieta di invocare, a sostegno di conclusioni dirette avverso una decisione impugnabile, l’eventuale illegittimità di tale atto (v., per analogia, sentenza del 13 marzo 2003, Pessoa e Costa/Commissione, T‑166/02, EU:T:2003:73, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, provvedimenti meramente preparatori possono essere impugnati in via incidentale nell’ambito di un ricorso diretto avverso un atto impugnabile successivo, nella misura in cui essi possano avere influenzato il contenuto di tale atto (v., in tal senso, ordinanza del 18 dicembre 2003, Gómez-Reino/Commissione, T‑215/02, EU:T:2003:352, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

42      Nel caso di specie, dall’atto introduttivo del ricorso emerge che, ad avviso della ricorrente, la decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016 recante prolungamento del suo periodo di prova, da un lato, e gli atti dell’indagine amministrativa e la relazione di tale indagine, dall’altro, hanno influito sul contenuto della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016.

43      Pertanto, la conclusione di cui al punto 40 supra non osta a che le censure formulate dalla ricorrente nell’ambito delle sue domande dichiarate irricevibili siano esaminate dal Tribunale nell’ambito della domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016.

2.      Sulla domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016

44      Con il suo quarto capo di domanda la ricorrente chiede l’annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016. Ella puntualizza che quest’ultima decisione le è pervenuta il 24 gennaio 2017.

45      Nel controricorso, l’ERCEA ha formulato un’eccezione d’irricevibilità riguardo a tale domanda.

a)      Sulla ricevibilità

46      L’ERCEA sostiene che il reclamo depositato dalla ricorrente il 12 aprile 2017 avverso la propria decisione di licenziamento del 22 dicembre 2016 è tardivo, in quanto non è stato depositato entro il termine di tre mesi di cui all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. A suo avviso, tale decisione è stata trasmessa lo stesso giorno alla ricorrente e al suo avvocato, pertanto il reclamo avrebbe dovuto essere proposto prima del 22 marzo 2017. L’ERCEA aggiunge che il reclamo in questione sarebbe tardivo anche volendo considerare la data in cui essa ha nuovamente comunicato alla ricorrente e al suo avvocato la decisione impugnata, vale a dire il 9 gennaio 2017, quale dies a quo per la decorrenza di detto termine di tre mesi.

47      In primo luogo, la ricorrente sostiene, in punto di fatto, di aver ricevuto l’atto di licenziamento in forma scritta solo in data 24 gennaio 2017. Ella afferma che né lei né il suo avvocato hanno mai ricevuto le presunte comunicazioni che l’informavano del suo licenziamento, che sarebbero state loro inviate per posta elettronica il 22 dicembre 2016 nonché il 9, 12 e 20 gennaio 2017.

48      In secondo luogo, la ricorrente fa valere, in punto di diritto, che ella nega di aver ricevuto i quattro messaggi di posta elettronica menzionati al punto 47 supra.

49      Innanzitutto, la ricorrente sostiene che la giurisprudenza citata dall’ERCEA nel controricorso conferma che, a prescindere dal mezzo utilizzato (servizio postale, posta elettronica, ecc.), il datore di lavoro è obbligato ad utilizzare un mezzo di comunicazione sicuro al fine di accertarsi che le comunicazioni destinate al proprio agente siano effettivamente ricevute e portate alla sua conoscenza. In altre parole, l’ERCEA era tenuta ad accertarsi che la notifica del licenziamento fosse stata ricevuta e ad adottare modalità di notifica coerenti con il criterio della «ragionevole certezza». In particolare, la ricorrente sottolinea che, a fronte della contestazione della ricezione di un messaggio di posta elettronica, come nella fattispecie, occorre depositare l’avviso di ricevimento attestante che il messaggio è correttamente pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario. Tuttavia l’ERCEA non avrebbe fornito alcuna prova del ricevimento o del deposito dei messaggi di posta elettronica nella casella di posta elettronica dei destinatari dei quattro invii menzionati al punto 47 supra. Pertanto, secondo la ricorrente, il termine di tre mesi per presentare un reclamo contro la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è stato ampiamente rispettato.

50      Di seguito, la ricorrente afferma che, alla data del 22 dicembre 2016, il mandato conferito al suo avvocato era limitato alla sua rappresentanza e assistenza nel procedimento amministrativo, cui risulta estraneo l’atto di licenziamento. Pertanto, qualsivoglia comunicazione al suo avvocato sarebbe inopponibile alla ricorrente. Quest’ultima aggiunge che il licenziamento non è mai stato inviato all’indirizzo di posta elettronica certificata del suo avvocato e che quest’ultimo non ha mai comunicato all’ERCEA di essere stato autorizzato a ricevere un atto di evidente rilevanza personale come un licenziamento mediante un messaggio di posta elettronica semplice e non certificata, senza nessuna prova di certo ricevimento.

51      Infine, la ricorrente precisa di non esser stata presente sul suo posto di lavoro dal 19 dicembre 2016 a causa di un congedo per malattia e, poi, di ferie annuali.

52      Occorre preliminarmente rilevare che la ricorrente sostiene che il suo avvocato e lei stessa non hanno ricevuto tutti i messaggi di posta elettronica che sarebbero stati loro indirizzati a causa, in sostanza, del fatto che essa aveva il diritto di esigere la trasmissione della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 mediante uno strumento di comunicazione che consentisse di attestarne il ricevimento. Ella, pertanto, non si limita a negare la ricezione dei messaggi di posta elettronica del 22 dicembre 2016 e del 9 gennaio 2017. In effetti, ella nega anche di aver preso conoscenza del contenuto dei messaggi di posta elettronica del 12 e del 20 gennaio 2017, con i quali l’ERCEA aveva nuovamente trasmesso a quest’ultima e al suo avvocato la suddetta decisione.

53      A tal riguardo, da un lato, si deve sottolineare che, ai sensi dell’articolo 25, secondo comma, dello Statuto, applicabile per analogia agli agenti contrattuali in forza dell’articolo 81, primo comma, del RAA, «[o]gni decisione individuale presa in applicazione del presente statuto deve essere immediatamente comunicata per iscritto [all’agente] interessato (...)».

54      Ne consegue che l’articolo 25 dello Statuto prevede soltanto che ogni decisione individuale debba essere «comunicata per iscritto». Pertanto, l’AACC disponeva di varie possibilità in materia di notifica della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016, ivi incluso il mezzo elettronico (ordinanza del 16 luglio 2015, FG/Commissione, F‑20/15, EU:T:2015:93, punto 70). L’invio della suddetta decisione per via elettronica costituiva quindi una «comunicazione» ai sensi dell’articolo 25 dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del 25 aprile 2007, Lebedef-Caponi/Commissione, F‑71/06, EU:F:2007:72, punto 29).

55      Dall’altro lato, secondo una giurisprudenza costante, la ricevibilità di un ricorso proposto dinanzi al Tribunale, ai sensi dell’articolo 270 TFUE e dell’articolo 91 dello Statuto, è subordinata al regolare svolgimento del procedimento precontenzioso e al rispetto dei termini da esso previsti (v. sentenze del 6 luglio 2004, Huygens/Commissione, T‑281/01, EU:T:2004:207, punto 125 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑584/16, EU:T:2017:282, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

56      L’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dispone che qualsiasi reclamo dev’essere presentato entro un termine di tre mesi e che detto termine decorre dal giorno della notifica della decisione al destinatario e, comunque, non oltre il giorno in cui l’interessato ne prende conoscenza se si tratta di una misura di carattere individuale.

57      Riguardo al dies a quo del termine di tre mesi citato al punto 56 supra, risulta da una giurisprudenza costante che, affinché una decisione sia debitamente notificata, occorre che essa sia stata comunicata al suo destinatario e che quest’ultimo sia stato in grado di prendere utilmente conoscenza del contenuto della decisione (sentenze del 9 giugno 1994, X/Commissione, T‑94/92, EU:T:1994:61, punto 24; del 23 marzo 2000, Rudolph/Commissione, T‑197/98, EU:T:2000:86, punto 44, e del 7 febbraio 2001, Bonaiti Brighina/Commissione, T‑118/99, EU:T:2001:44, punto 16).

58      Per quanto riguarda la scadenza del periodo di tre mesi citato al paragrafo 56 supra, la data da prendere in considerazione per valutare se un reclamo sia stato presentato entro il termine prescritto è quella della ricezione del reclamo da parte dell’istituzione o agenzia di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Lofaro/Commissione, T‑293/07 P, EU:T:2008:607, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

59      Spetta alla parte che eccepisce la tardività di un ricorso con riguardo ai termini stabiliti dallo Statuto fornire la prova della data in cui la decisione impugnata è stata notificata e, comunque, della data in cui l’interessato ne ha avuto conoscenza se si tratta di una misura di carattere individuale (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 1994, X/Commissione, T‑94/92, EU:T:1994:61, punto 22, e del 3 giugno 1997, H/Commissione, T‑196/95, EU:T:1997:79, punto 30).

60      Detto altrimenti, la prova dell’inosservanza del termine di tre mesi previsto dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto grava su colui che la asserisce. Pertanto, spetta a colui che eccepisce una violazione del suddetto termine dimostrare che il destinatario di una decisione individuale è stato in grado di prenderne conoscenza più di tre mesi prima della ricezione di un reclamo avverso la medesima decisione. Nel caso di specie, tale dimostrazione spetta quindi all’ERCEA.

61      È vero che, grazie alle garanzie particolari che presenta sia per il funzionario sia per l’amministrazione, la notifica mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento a mezzo posta costituisce una modalità sicura in materia di notificazione. Tuttavia, tale modalità non è l’unica possibile in materia di notificazione delle decisioni amministrative e anche la prova che il destinatario di una decisione l’ha ricevuta e ha potuto prenderne utilmente conoscenza può risultare da diverse circostanze (ordinanze del 14 gennaio 2014, Lebedef/Commissione, F‑60/13, EU:F:2014:6, punti 42 e 44).

62      Pertanto, la ricorrente non può stabilire, come suggerisce nell’atto introduttivo del ricorso quando sostiene che l’ERCEA aveva l’obbligo di accertarsi della notifica del licenziamento, che una comunicazione scritta non è stata ricevuta poiché non garantirebbe la data certa di tale ricezione. In effetti, l’ERCEA può invocare vari fatti che dimostrano la violazione del termine di tre mesi previsto dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto e non sussiste alcun diritto della ricorrente ad esigere una comunicazione della decisione del 22 dicembre 2016 mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

63      Inoltre, se la tesi della ricorrente dovesse essere accolta, si finirebbe con l’ammettere che, in caso di comunicazione di una decisione senza richiesta di un avviso di ricevimento, il destinatario di tale comunicazione ha il diritto di scegliere in quale data è stato in grado di prendere utilmente conoscenza del suo contenuto.

64      Tuttavia, i termini per proporre reclami e ricorsi di cui agli articoli 90 e 91 dello Statuto sono di ordine pubblico e non possono essere rimessi alla disponibilità delle parti né a quella del giudice, al quale spetta verificare, anche d’ufficio, se essi siano stati rispettati. Tali termini rispondono all’esigenza di certezza del diritto e alla necessità di evitare qualsiasi discriminazione o trattamento arbitrario nell’amministrazione della giustizia (v. sentenza del 24 aprile 2017, HB/Parlamento, T‑584/16, EU:T:2017:282, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

65      Nel caso di specie, la ricorrente nega tout court e semplicemente la ricezione e la presa di conoscenza del contenuto dei quattro messaggi di posta elettronica menzionati al punto 47 supra. Di contro, l’ERCEA sostiene che la ricorrente è stata in grado di prendere utilmente conoscenza del contenuto della decisione di licenziamento, datata 22 dicembre 2016, più di tre mesi prima del ricevimento del reclamo da lei proposto avverso tale decisione.

66      A questo proposito, in primo luogo, si deve constatare che un allegato dell’atto introduttivo del ricorso dimostra che il reclamo proposto dalla ricorrente avverso la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è stato ricevuto dall’ERCEA il 12 aprile 2017. Occorre pertanto esaminare se l’ERCEA, la quale afferma che l’introduzione di detto reclamo è tardiva, dimostri che la ricorrente è stata in grado di prendere conoscenza del contenuto di tale decisione prima del 12 gennaio 2017, vale a dire più di tre mesi prima del ricevimento del reclamo da parte dell’Agenzia medesima.

67      In primis, si deve rilevare che la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è stata trasmessa lo stesso giorno alla ricorrente, da un lato, attraverso il sistema Ares, che è il sistema informatico per la registrazione interna dei documenti riservati agli agenti dell’ERCEA, e, dall’altro, attraverso un messaggio di posta elettronica inviato a tre diversi indirizzi di posta elettronica.

68      Anzitutto, come fa valere l’ERCEA, la ricorrente poteva, al pari degli altri agenti dell’ERCEA, accedere da remoto al sistema Ares. Inoltre, si deve sottolineare che la registrazione e l’inserimento di un documento in tale sistema sono accompagnati automaticamente da una notifica di tale registrazione all’indirizzo di posta elettronica professionale dell’agente interessato.

69      Poi, la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è stata inviata lo stesso giorno all’indirizzo di posta elettronica professionale della ricorrente. Orbene, da un documento prodotto dall’ERCEA in allegato al controricorso risulta che la ricorrente disponeva di una casella di posta elettronica professionale e che, prima di tale invio, ella aveva, in data 21 novembre 2016, utilizzato la sua posta elettronica professionale da remoto al fine di informare l’ERCEA della sua assenza per motivi medici. Pertanto, risulta dimostrato che la ricorrente poteva consultare la sua casella di posta elettronica professionale da remoto.

70      Peraltro, la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è stata trasmessa lo stesso giorno alla ricorrente, in copia per informazione, all’indirizzo di posta elettronica personale dalla stessa indicato nel proprio documento di dati personali (Legal Entity File) al momento dell’assunzione e che era stato inserito in Sysper (in prosieguo: il «primo indirizzo di posta elettronica personale»). A tale proposito, dal fascicolo presentato al Tribunale risulta che il primo indirizzo di posta elettronica personale della ricorrente era stato utilizzato da quest’ultima il 19 dicembre 2016 prima dell’invio, il 22 dicembre 2016, della decisione in pari data di non mantenerla nell’esercizio delle sue funzioni.

71      Ancora, la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è stata inviata lo stesso giorno, in copia per informazione, all’indirizzo di posta elettronica professionale dell’avvocato della ricorrente. Orbene, i documenti prodotti dalla medesima ricorrente dinanzi al Tribunale, in allegato all’atto introduttivo del ricorso, dimostrano che il suddetto indirizzo di posta elettronica professionale era un indirizzo valido e che, prima della comunicazione di tale decisione, siffatto indirizzo di posta elettronica professionale era stato regolarmente utilizzato dal medesimo avvocato nell’ambito dei suoi numerosi contatti con l’ERCEA. Infatti, tale avvocato ha inviato taluni messaggi di posta elettronica all’ERCEA in data 22, 28 e 30 novembre 2016, nonché il 12, 15 e 19 dicembre 2016. Oltre a ciò, da un documento prodotto dall’ERCEA in allegato al controricorso risulta che il medesimo avvocato ha utilizzato l’indirizzo di posta elettronica in questione solo 23 minuti dopo l’invio di tale decisione al medesimo indirizzo di posta elettronica, al fine di rispondere a un messaggio di posta elettronica che gli era stato trasmesso dall’IDOC qualche minuto prima dell’invio della decisione di cui trattasi.

72      Infine, va osservato che, sempre il 22 dicembre 2016, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha inviato un messaggio di posta elettronica all’indirizzo di posta elettronica professionale della ricorrente, nonché al primo indirizzo di posta elettronica personale di quest’ultima. In tale messaggio di posta elettronica, veniva menzionata la decisione di licenziamento dell’ERCEA in pari data e la ricorrente veniva informata delle formalità amministrative relative alla cessazione del suo contratto.

73      In secundis, si deve ricordare che, il 9 gennaio 2017, la ricorrente ha denunciato all’AACC il fatto che, la mattina stessa, non era stata in grado di accedere ai locali dell’ERCEA perché il suo badge era stato disattivato (v. punto 7 supra). Tale denuncia è stata trasmessa all’AACC mediante telefax e mediante posta elettronica. Per l’invio di tale messaggio di posta elettronica, la ricorrente ha utilizzato un secondo indirizzo di posta elettronica personale (in prosieguo: il «secondo indirizzo di posta elettronica personale»).

74      Sempre il 9 gennaio 2017, l’AACC ha risposto alla ricorrente con messaggio di posta elettronica (v. punto 8 supra). Tale messaggio di posta elettronica è stato inviato, contestualmente, al primo indirizzo di posta elettronica personale della ricorrente, al suo secondo indirizzo di posta elettronica personale, da lei utilizzato quella stessa mattina, nonché all’indirizzo di posta elettronica che era stato utilizzato in precedenza, e a più riprese, dal suo avvocato (v. punto 71 supra). In tale messaggio di posta elettronica, l’AACC ha informato la ricorrente che la decisione dell’ERCEA di licenziarla le era stata comunicata il 22 dicembre 2016. Inoltre, mediante tale messaggio di posta elettronica, l’AACC le ha nuovamente trasmesso la suddetta decisione.

75      In tertiis, il 10 gennaio 2017, l’avvocato della ricorrente si è rivolto all’AACC mediante telefax e mediante messaggio di posta elettronica (v. punto 9 supra). Per l’invio del messaggio di posta elettronica, l’avvocato della ricorrente ha utilizzato un indirizzo di posta elettronica professionale da lui mai utilizzato in precedenza. In tali comunicazioni, egli ha in particolare indicato che, il medesimo giorno, la ricorrente si era vista nuovamente negare l’accesso ai locali dell’ERCEA. Egli ha altresì constatato che il capo unità della ricorrente le aveva comunicato per telefono il suo licenziamento.

76      Da quanto precede risulta che, tra il 22 dicembre 2016 e il 10 gennaio 2017, la decisione di licenziamento del 22 dicembre 2016 è stata inviata due volte alla ricorrente e al suo avvocato mediante posta elettronica. Inoltre, tali due messaggi di posta elettronica sono stati inviati ad indirizzi di posta elettronica che erano validi e che erano stati in precedenza utilizzati dalla ricorrente e dal suo avvocato, in particolare nell’ambito dei contatti intercorsi con l’ERCEA. Inoltre, il 9 gennaio 2017, l’ERCEA ha comunicato la medesima decisione al secondo indirizzo di posta elettronica personale della ricorrente.

77      Ne consegue che l’ERCEA ha fornito abbastanza elementi di fatto che dimostrano, con certezza, che la ricorrente è stata in grado di prendere utilmente conoscenza del contenuto della decisione del suo licenziamento, datata 22 dicembre 2016, al più tardi il 10 gennaio 2017.

78      Il fatto che la ricorrente neghi, per motivi di diritto, di aver ricevuto tutti i messaggi di posta elettronica che le sono stati indirizzati è irrilevante, dato che tali motivi sono infondati (v. punti da 52 a 64 supra).

79      In secondo luogo, la conclusione di cui al punto 77 supra non è rimessa in discussione dagli ulteriori argomenti dedotti dalla ricorrente.

80      In primis, la ricorrente non può ragionevolmente avvalersi, da un lato, della circostanza che i messaggi di posta elettronica del 22 dicembre 2016 e del 9 gennaio 2017 non siano stati inviati all’indirizzo di posta elettronica professionale certificata del suo avvocato e, dall’altro, dell’assenza di un mandato conferito a quest’ultimo per ricevere la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016.

81      Infatti, da un lato, l’indirizzo di posta elettronica professionale dell’avvocato della ricorrente al quale è stata inviata la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 lo stesso giorno, nonché il 9 gennaio 2017, è quello che tale avvocato aveva usato a più riprese nel corso dei suoi contatti con l’ERCEA (v. punto 71 supra). Ebbene, quest’ultimo non ha mai contestato l’uso di un siffatto indirizzo di posta elettronica professionale. Si deve altresì sottolineare che il messaggio di posta elettronica che è stato inviato dalla ricorrente all’ERCEA il 9 gennaio 2017 per lamentare la disattivazione del suo badge di accesso (v. punto 73 supra) è stato inviato in copia all’indirizzo di posta elettronica professionale che era stato in precedenza utilizzato dal suo avvocato nei suoi contatti con l’ERCEA.

82      Inoltre, per le ragioni citate ai punti da 53 a 64 supra, la ricorrente non può seriamente sostenere che l’indirizzo di posta elettronica professionale certificata del suo avvocato fosse l’unico a cui la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 poteva essere indirizzata, dato che tale indirizzo di posta elettronica professionale è quello utilizzato per le comunicazioni che necessitino della prova di una ricezione certa. Del resto, prima del 10 gennaio 2017, detto avvocato non aveva comunicato tale indirizzo di posta elettronica professionale certificata all’ERCEA (v. punto 75 supra).

83      Dall’altro lato, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui, in sostanza, il suo avvocato avrebbe ricevuto un mandato limitato al procedimento d’indagine amministrativa condotto dall’IDOC e non sarebbe stato autorizzato a trattare le questioni relative alla cessazione del rapporto di lavoro né a ricevere la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016.

84      Infatti, si deve anzitutto notare che, con lettera del 21 novembre 2016, l’AACC ha informato la ricorrente della sua intenzione di non mantenerla nel suo impiego. Successivamente, in un messaggio di posta elettronica del 22 novembre 2016, l’avvocato della ricorrente ha indicato all’ERCEA di aver ricevuto l’incarico di assistere la ricorrente nell’ambito del procedimento che faceva seguito alla lettera del 21 novembre 2016, inerente la relazione di indagine amministrativa dell’IDOC e il suo periodo di prova. In tale lettera, egli ha affermato che il suo incarico consisteva nel tutelare la ricorrente «in ogni sede». Inoltre, con messaggio di posta elettronica del 30 novembre 2016, egli ha sottolineato di assistere quest’ultima al fine di valutare i profili giuridici della gestione del periodo di prova nonché del procedimento denominato «inquiry» cui ella era stata sottoposta. In tale lettera, egli ha chiesto un incontro con l’AACC. Infine, con messaggio di posta elettronica del 12 dicembre 2016, egli si è rivolto all’AACC per chiedere, a nome della ricorrente, il rinvio dell’incontro inizialmente previsto per il 16 dicembre 2016. In tale missiva, egli ha sottolineato che la ricorrente contestava integralmente il contenuto del procedimento disciplinare che la riguardava.

85      Pertanto, è palese che la ricorrente non può sostenere che il suo avvocato, autore dei quattro reclami indirizzati all’AACC e suo attuale rappresentante dinanzi al Tribunale, non avesse ricevuto alcun mandato a ricevere la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016.

86      In secundis, la ricorrente non può utilmente invocare la circostanza che non si trovava sul luogo di lavoro a partire dal 19 dicembre 2016 dato che era in congedo per malattia il 19 e il 20 dicembre 2016, poi in «recupero» il 21 dicembre e in ferie il 22 e il 23 successivi e, infine, in congedo per malattia dal 3 al 6 gennaio 2017.

87      Infatti, anzitutto, dai punti 68 e 69 supra risulta che la ricorrente era in grado di accedere al sistema Ares o di consultare la sua casella di posta elettronica professionale da remoto. Inoltre, la consultazione, da parte della ricorrente, della sua casella di posta elettronica personale, o la consultazione, da parte dell’avvocato di quest’ultima, della propria casella di posta elettronica professionale, non necessitava che la ricorrente si trovasse sul suo luogo di lavoro.

88      Inoltre, risulta dal fascicolo di causa che, nel richiedere le ferie per il 22 e il 23 dicembre 2016, la ricorrente ha indicato che si sarebbe trovata in Belgio e in Italia. Pertanto, la ricorrente non può sostenere di non aver potuto accedere al sistema Ares a causa della carenza di sistemi informatici e di copertura di rete nel luogo in cui si trovava durante le ferie nel periodo di cui trattasi.

89      Inoltre, pur essendo vero che il 30 novembre 2016 l’AACC ha accolto la richiesta formulata dall’avvocato della ricorrente e ha deciso di invitare quest’ultima a un incontro per il giorno 16 dicembre 2016, tuttavia, quando il suddetto avvocato ha chiesto un rinvio di tale incontro alla settimana successiva o a dopo le vacanze di Natale, l’AACC ha soltanto accettato di rimandare detto incontro al 19 dicembre 2016. Inoltre, quando l’AACC è stata informata che la ricorrente e il suddetto avvocato non si sarebbero recati all’incontro fissato per il 19 dicembre, l’AACC ha risposto che avrebbe comunicato la sua decisione definitiva sull’esito del periodo di prova della ricorrente «in tempo utile». Pertanto, tenuto conto del contesto che ha preceduto l’adozione della decisione del 22 dicembre 2016, la ricorrente non poteva ignorare che una siffatta decisione avrebbe potuto essere adottata tra il 19 dicembre 2016 e il 10 gennaio 2017.

90      Infine, e soprattutto, è pacifico che, il 9 gennaio 2017, vale a dire la data in cui l’AACC ha trasmesso, per la seconda volta, la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 al primo e al secondo indirizzo di posta elettronica personale della ricorrente, quest’ultima, che si è recata sul luogo di lavoro prima di vedersene negare l’accesso, si trovava a Bruxelles (Belgio) e non era affetta da alcuna patologia che le impedisse di prendere conoscenza del contenuto di tale invio. È altresì dimostrato che, il 10 gennaio 2017, la ricorrente si trovava sempre a Bruxelles ed era stata in grado di chiedere informazioni in merito alla sua situazione professionale.

91      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che l’ERCEA ha fornito sufficienti elementi di fatto attestanti che la sua decisione di licenziamento datata 22 dicembre 2016 è stata comunicata alla ricorrente e che quest’ultima è stata in grado di prendere utilmente conoscenza del contenuto di detta decisione al più tardi il 10 gennaio 2017. Quindi, dato che il reclamo presentato dalla ricorrente è stato ricevuto il 12 aprile 2017, vale a dire più di tre mesi dopo la data in cui la ricorrente è stata in grado di prendere conoscenza della decisione del 22 dicembre 2016, tale reclamo è tardivo.

92      Di conseguenza, nel caso di specie, lo svolgimento del procedimento precontenzioso è stato irregolare a causa del mancato rispetto del termine di tre mesi per la presentazione di un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

93      Orbene, la ricorrente non deduce l’esistenza di un errore scusabile, di un caso fortuito o di forza maggiore che avrebbe giustificato il mancato rispetto del termine di tre mesi di cui all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

94      La domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 deve pertanto essere respinta in quanto irricevibile.

95      Di conseguenza, le censure dirette contro gli atti preparatori costituiti dalla decisione di prolungamento del periodo di prova del 28 ottobre 2016 e dagli atti dell’indagine amministrativa nonché dalla relazione di tale indagine devono parimenti essere respinte (v. punti da 41 a 43 supra).

96      Come verrà illustrato nel prosieguo, la domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 è, in ogni caso, infondata.

b)      Nel merito

97      Nell’atto introduttivo del ricorso, la ricorrente contesta la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016. A tal riguardo, da un lato, ella denuncia talune irregolarità procedurali. Dall’altro, ella sostiene che tale decisione è priva di fondamento. Occorre esaminare tali due censure una di seguito all’altra.

1)      Sulle asserite irregolarità procedurali

98      In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’indagine amministrativa è irregolare. In secondo luogo, ella fa valere l’illegittimità del prolungamento del suo periodo di prova nonché la violazione di taluni termini previsti dal RAA.

i)      Sull’asserita irregolarità dell’indagine amministrativa

99      La ricorrente afferma che l’ERCEA ha alterato i documenti trasmessi all’IDOC nel corso dell’indagine amministrativa. Più in particolare, l’ERCEA avrebbe modificato e alterato la rubrica «oggetto» di taluni messaggi di posta elettronica che la ricorrente aveva inviato all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA per dimostrare la durata della sua esperienza professionale. Secondo la ricorrente, la palese finalità di tale falsificazione era quella di modificare la consecuzione dei documenti originali da lei trasmessi all’ERCEA.

100    Inoltre, la ricorrente sostiene che, in caso di seri dubbi sull’autenticità dei documenti da lei prodotti, l’ERCEA avrebbe dovuto segnalare l’ipotesi di reato dinanzi al giudice penale e trarre una conclusione in merito alla sua situazione professionale solo al termine del procedimento penale. La ricorrente contesta altresì agli ispettori dell’IDOC di non aver proceduto con tutta la dovuta diligenza e, in particolare, di non aver disposto una perizia grafologica.

101    In via preliminare, si deve anzitutto sottolineare che, l’11 maggio 2016, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha sottoposto all’IDOC una possibile violazione dello Statuto relativamente all’autenticità dei documenti prodotti dalla ricorrente a sostegno della domanda di quest’ultima diretta ad ottenere che l’inquadramento iniziale in seno a detta agenzia fosse portato dal grado 9 al grado 10 del gruppo di funzioni III. In seguito, il successivo 20 maggio, l’IDOC ha avviato un’indagine. Infine, il 25 luglio 2016, l’AACC ha incaricato l’IDOC di procedere a un’indagine amministrativa.

102    Quando l’IDOC è stato adito, la ricorrente si trovava dunque in periodo di prova da meno di quattro mesi. Peraltro, alla fine del periodo di prova, spettava all’AACC, a norma dell’articolo 84, paragrafo 3, quarto comma, del RAA, adottare una decisione definitiva sulla base del rapporto sul periodo di prova nonché sulla «base degli elementi a [sua] disposizione (...) circa la condotta dell’agente contrattuale in relazione al titolo II dello statuto», vale a dire riguardo ai diritti e ai doveri di tale agente e, in particolare, al suo dovere di lealtà verso l’Unione previsto all’articolo 11 dello Statuto ed applicabile per analogia agli agenti contrattuali ai sensi dell’articolo 81 del RAA.

103    Quindi, prima di adottare la propria decisione sull’esito del periodo di prova della ricorrente, l’AACC non era obbligata ad adire un giudice penale e aveva il diritto di dare mandato all’IDOC affinché quest’ultimo conducesse un’indagine amministrativa in modo indipendente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione C (2004) 1588 definitivo della Commissione, del 28 aprile 2004, sulla conduzione di indagini amministrative e procedimenti disciplinari, pubblicata in Informazioni amministrative n. 86-2004, del 30 giugno 2004.

104    Nella fattispecie, in primo luogo, occorre ricordare che, mediante lettera del 23 agosto 2016, l’IDOC ha informato la ricorrente che era stato incaricato dall’AACC di condurre un’indagine amministrativa avente ad oggetto taluni documenti da lei prodotti a sostegno della sua domanda di reinquadramento in seno a detta agenzia (v. punto 3 supra). Il 2 settembre e l’11 ottobre 2016, la ricorrente ha incontrato gli ispettori dell’IDOC e risposto alle loro domande. Le dichiarazioni della ricorrente sono state verbalizzate. Inoltre, gli ispettori dell’IDOC hanno rivolto alla ricorrente talune domande e le hanno chiesto di produrre alcuni documenti mediante i messaggi di posta elettronica del 12 e del 23 settembre 2016. Con lettera del 14 ottobre 2016, l’IDOC ha trasmesso alla ricorrente una «notification of the facts which concern you [notifica dei fatti]» e l’ha invitata a presentare le proprie osservazioni al più tardi entro il 28 ottobre successivo. La ricorrente ha risposto entro il termine impartito.

105    Pertanto, dalla documentazione versata agli atti del Tribunale risulta che, nel corso dell’indagine amministrativa, l’IDOC ha agito con la dovuta diligenza e non ha violato le disposizioni della decisione C (2004) 1588 della Commissione menzionate al punto 103 supra.

106    In secondo luogo, è vero che la rubrica «oggetto» di taluni messaggi di posta elettronica inviati dalla ricorrente all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA è stata modificata dall’ERCEA e che tali messaggi di posta elettronica, come modificati, sono stati trasmessi all’IDOC.

107    Tuttavia, la ricorrente non può sostenere che tale modifica costituisca una falsificazione la cui palese finalità era quella di modificare la consecuzione dei documenti originali da lei trasmessi all’ERCEA.

108    A tale riguardo, si deve osservare che, all’inizio del mese di gennaio 2016, la ricorrente si era recata presso l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA, prima della sua assunzione da parte di tale agenzia. Per dimostrare l’esperienza professionale da lei acquisita e per consentire all’ERCEA di stabilire il suo inquadramento, la ricorrente ha presentato un contratto intitolato «Conventie civilă de prestări di servicii» (Contratto civile di prestazione di servizi) (in prosieguo: il «contratto iniziale»). Tale contratto è stato concluso il 21 febbraio 2001 tra la ricorrente e l’associazione, in persona del suo presidente.

109    Sulla base del contratto iniziale, l’ERCEA ha stabilito il suo inquadramento iniziale per determinare la sua retribuzione, segnatamente nel gruppo di funzioni III, grado 9, scatto 1. Detto inquadramento iniziale è stato comunicato alla ricorrente il 28 gennaio 2016 ed è indicato sul suo contratto di lavoro.

110    Il 29 gennaio 2016, la ricorrente ha inviato diversi messaggi di posta elettronica all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA. Nessuno di questi messaggi di posta elettronica conteneva indicazioni nella rubrica «oggetto».

111    Con un primo messaggio di posta elettronica, la ricorrente ha presentato una copia scansionata di un documento diverso dal contratto iniziale, anch’esso intitolato «Conventie Civila de Prestari de Servicii» (Contratto civile di prestazione di servizi) e recante la data del 21 febbraio 2001 (in prosieguo: l’«addendum n. 1»). Detto documento prevedeva, come il contratto iniziale, una remunerazione di 500 000 lei rumeni (RON) per due ore di lavoro al giorno. Esso precisava tuttavia che la ricorrente avrebbe lavorato sei ore al giorno a titolo di volontariato. Quindi, l’ERCEA non ha modificato il contenuto di tale messaggio di posta elettronica quando ha trasmesso all’IDOC una copia del medesimo messaggio precisando, nella rubrica «oggetto», «Addendum – 6 ore/giorno».

112    Con un secondo messaggio di posta elettronica, la ricorrente ha trasmesso all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA due documenti, segnatamente una copia dello statuto dell’associazione e una copia del certificato rilasciato dal Ministero romeno del Lavoro e della Previdenza sociale attestante che la ricorrente aveva seguito alcuni corsi di perfezionamento in contabilità dal 12 aprile al 16 giugno 2000. Quindi, l’ERCEA non ha modificato il contenuto di tale messaggio di posta elettronica quando ha trasmesso all’IDOC una copia del medesimo messaggio precisando, nella rubrica «oggetto», «Statuto – Associazione (...)».

113    Con messaggio di posta elettronica del 29 gennaio 2016, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha informato la ricorrente che i corsi di formazione non erano presi in considerazione ai fini della determinazione del grado. Inoltre, esso ha precisato che solo le esperienze lavorative retribuite acquisite dalla ricorrente potevano essere prese in considerazione in sede di determinazione del grado. Infine, tale ufficio ha precisato di dover visionare gli originali dei documenti per poter discutere di un’eventuale modifica dell’inquadramento iniziale della ricorrente.

114    Con messaggio di posta elettronica del 22 febbraio 2016, la ricorrente ha chiesto all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA in quale data avrebbe potuto presentarsi per consegnare il «documento originale».

115    Il 23 febbraio successivo, la ricorrente si è recata personalmente presso l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA per presentare l’originale del documento da lei fatto valere ai fini della determinazione del suo grado.

116    Orbene, dal fascicolo di causa emerge che, in tale occasione, la ricorrente non ha prodotto l’originale dell’addendum n. 1 da lei già trasmesso per posta elettronica il 29 gennaio 2016. In effetti, la ricorrente ha prodotto un nuovo documento intitolato «act aditional la conventia civila nr 1107/12.3.2001» (atto addizionale al contratto civile n. 1107/12.3.2001) e recante questa volta la data del 21 marzo 2001 (in prosieguo: l’«addendum n. 2»). Detto addendum stabiliva che la ricorrente avrebbe esercitato un’attività retribuita di sei ore al giorno. L’ufficio delle risorse umane ha effettuato una copia di tale documento, apposto la dicitura «certificata conforme» su detta copia e restituito l’originale alla ricorrente.

117    Con messaggio di posta elettronica del 26 febbraio 2016, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha informato la ricorrente che i documenti da quest’ultima prodotti, precisamente il contratto iniziale e l’addendum n. 2, erano insufficienti ai fini della revisione del suo inquadramento iniziale.

118    A seguito delle osservazioni formulate dalla ricorrente in risposta a detto messaggio di posta elettronica, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha, con messaggio di posta elettronica dell’8 marzo 2016, ribadito le proprie conclusioni e chiesto alla ricorrente di fornire la prova della retribuzione che ella aveva percepito, al fine di dimostrare l’aumento della durata del suo orario di lavoro retribuito presso l’associazione.

119    Con messaggio di posta elettronica del 9 marzo 2016, la ricorrente ha trasmesso la copia di due documenti all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA, precisamente, da un lato, un contratto di volontariato stipulato il 1° febbraio 2000 tra quest’ultima e l’associazione per la durata di un anno (in prosieguo: il «contratto di volontariato»), e, dall’altro, lo statuto di tale associazione. In tale messaggio di posta elettronica, la ricorrente ha altresì chiesto all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA se le buste paga sarebbero state sufficienti come prove della retribuzione da lei percepita.

120    Con messaggio di posta elettronica dell’11 marzo 2016, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha confermato la necessità di visionare gli originali, da un lato, della busta paga del mese nel corso del quale la ricorrente aveva lavorato per due ore al giorno e, dall’altro, della prima e dell’ultima busta paga del periodo nel corso del quale il suo orario di lavoro remunerato era stato pari a sei ore al giorno.

121    Infine, con messaggio di posta elettronica del 18 marzo 2016, la cui rubrica «oggetto» indicava «il mio contratto», la ricorrente ha trasmesso la copia scansionata di quattro buste paga e ha chiesto in quale data poteva presentare la versione cartacea di tali buste paga.

122    Risulta dal fascicolo di causa e, precisamente, dagli scambi di messaggi di posta elettronica fra la ricorrente e l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA che, sempre il 18 marzo 2016, la ricorrente ha depositato presso tale ufficio la versione cartacea, vale a dire gli originali, delle suddette buste paga.

123    Con messaggio di posta elettronica dello stesso giorno, l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha confermato di aver trattenuto gli originali in una busta sigillata e ha informato la ricorrente che le sarebbero stati restituiti la settimana successiva.

124    Quindi, l’ERCEA non ha modificato il contenuto di tale messaggio di posta elettronica citato al punto 121 supra quando ha trasmesso all’IDOC una copia del medesimo messaggio precisando, nella rubrica «oggetto», «Mio contratto – Buste paga – Addendum».

125    In tali circostanze, da un lato, l’analisi dei documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi al Tribunale dimostra che la modifica della rubrica «oggetto» di taluni messaggi di posta elettronica inviati dalla ricorrente all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA non ha interessato il contenuto di tali lettere. Tale modifica ha rispecchiato ed esplicitato il contenuto dei suddetti messaggi di posta elettronica a fini di classificazione interna nell’ambito dell’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA.

126    La modifica della rubrica «oggetto» di taluni messaggi di posta elettronica inviati dalla ricorrente non ha pertanto avuto alcuna influenza sulla valutazione, effettuata dall’IDOC nella sua relazione d’indagine, secondo cui la ricorrente non aveva prodotto l’originale dell’addendum n. 1 inviato per posta elettronica il 29 gennaio 2016, né l’originale del contratto di volontariato inviato per posta elettronica il 9 marzo 2016.

127    Dall’altro lato, a seguito di un esame approfondito della cronologia dei fatti e del contenuto dell’intero fascicolo di causa, si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non risulta dimostrato che, il 18 marzo 2016, quest’ultima abbia consegnato all’ERCEA l’originale dell’addendum n. 1 e l’originale del contratto di volontariato. Del resto, è solo a partire dal 13 ottobre 2016, e dopo essere stata interrogata dagli ispettori dell’IDOC in merito all’autenticità dei documenti da lei prodotti, che la ricorrente ha chiesto all’ERCEA la restituzione dei documenti che asseriva di aver consegnato brevi manu all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA il 18 marzo 2016.

128    Infine, il fatto che, nei suoi messaggi di posta elettronica del 26 aprile e del 2 maggio 2016, l’Ufficio delle risorse umane dell’ERCEA ha dichiarato di non poter revisionare l’inquadramento della ricorrente sulla base dei documenti da quest’ultima prodotti non consente di rimettere in discussione la conclusione secondo cui non risulta dimostrato che la ricorrente abbia consegnato l’originale dell’addendum n. 1 e l’originale del contratto di volontariato.

129    In effetti, da un esame del contenuto delle valutazioni effettuate dall’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA in tali messaggi di posta elettronica emerge che le suddette valutazioni potevano essere effettuate senza necessariamente disporre dei documenti originali.

130    In terzo luogo, la ricorrente non può contestare all’IDOC o ancora all’ERCEA di non aver sollecitato una perizia grafologica.

131    Difatti, da un lato, non risulta dimostrato che la ricorrente abbia, in qualunque momento, presentato all’ERCEA o all’IDOC l’originale dell’addendum n. 1 e l’originale del contratto di volontariato.

132    Dall’altro lato, per quanto riguarda l’addendum n. 2, va ricordato che l’originale di tale documento è stato presentato dalla ricorrente all’ERCEA il 18 marzo 2016 e che esso le è stato restituito lo stesso giorno (v. punto 116 supra). Inoltre, con messaggio di posta elettronica del 23 settembre 2016, uno degli ispettori dell’IDOC ha chiesto alla ricorrente di trasmettergli l’originale dell’addendum n. 2. Tale ispettore ha indicato che detto documento poteva essere depositato presso la segreteria dell’IDOC e ha precistato che sarebbe stato utile riceverlo al più tardi entro il 29 settembre successivo. Orbene, la ricorrente non ha ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito. Soltanto in data 11 ottobre 2016, in occasione della seconda audizione da parte degli ispettori dell’IDOC, la ricorrente ha prodotto l’originale dell’addendum n. 2. A tal riguardo, ella ha chiesto che tale documento le fosse restituito lo stesso giorno prima di accettare di fornirlo ai fini del procedimento. Nondimeno, dal fascicolo di causa risulta che detto originale è stato restituito alla ricorrente il 13 ottobre successivo a seguito di una richiesta in tal senso da quest’ultima formulata quella stessa mattina. In questo modo, l’IDOC non ha avuto a disposizione l’addendum n. 2 per un periodo di tempo sufficientemente lungo al fine di poter esaminare l’autenticazione delle firme apposte su tale documento.

133    Gli argomenti della ricorrente vertenti sull’irregolarità dell’indagine amministrativa e della relazione di tale indagine devono pertanto essere respinti.

ii)    Sull’asserito prolungamento illegittimo del periodo di prova e sulla dedotta violazione di alcuni termini previsti dal RAA

134    La ricorrente spiega che, il 28 ottobre 2016, il suo periodo di prova è stato prolungato senza data certa ovvero per una durata indeterminata. Ella aggiunge che tale prolungamento era subordinato alla decisione sine die dell’AACC, che non aveva precisato il termine massimo entro il quale la decisione sarebbe stata adottata. Ella sostiene altresì che l’AACC non ha rispettato il termine di preavviso di un mese di cui all’articolo 84, paragrafo 2, del RAA. Inoltre, denuncia che non le è stato concesso il termine di otto giorni di tempo per presentare le sue osservazioni sulla proposta di licenziamento nonché sul rapporto di fine periodo di prova. La ricorrente ne inferisce che la decisione di prolungamento del periodo di prova è illegittima e che, dal 1º novembre 2016, ella non era più in periodo di prova. Di più, ella ritiene che il suo licenziamento comunicato oralmente il 10 gennaio 2017 sia illegittimo in quanto, dal 1º novembre 2016, non era più in periodo di prova.

135    In primo luogo, si deve osservare che, con lettera del 28 ottobre 2016, l’AACC ha ricordato alla ricorrente che un’indagine amministrativa era in corso da parte dell’IDOC riguardo all’affidabilità di taluni documenti da essa prodotti nell’ambito della sua assunzione. Di conseguenza, l’AACC ha informato la ricorrente, da un lato, che avrebbe adottato la sua decisione finale sul periodo di prova dopo aver ricevuto la relazione dell’IDOC sulla sua condotta e, dall’altro, che la ricorrente sarebbe stata considerata in periodo di prova fino a detta decisione finale.

136    A tale riguardo, l’articolo 84, paragrafo 3, del RAA prevede che «[a]l più tardi un mese prima della scadenza del periodo di prova, viene preparato un rapporto sulle capacità dell’agente contrattuale di svolgere le mansioni corrispondenti al suo impiego, nonché sulla sua efficienza e sulla sua condotta in servizio» e che «[t]ale rapporto è comunicato all’agente contrattuale, che può formulare osservazioni per iscritto entro otto giorni lavorativi».

137    Inoltre, secondo la giurisprudenza, l’obiettivo dell’articolo 34 dello Statuto, che è una disposizione analoga all’articolo 84 del RAA, è quello di garantire che il funzionario in prova possa far valere le sue osservazioni sulle valutazioni del suo valutatore e che l’istituzione disponga poi di un periodo di tempo sufficiente per prendere una decisione relativa alla nomina in ruolo dell’interessato in una data coincidente, per quanto possibile, con la data di scadenza del periodo di prova. Pur se l’inosservanza dei termini stabiliti all’articolo 34 dello Statuto costituisce un’irregolarità alla luce degli obblighi espressi dello Statuto, tale irregolarità, per quanto deprecabile, non è tuttavia tale, qualora l’obiettivo perseguito dall’articolo 34 dello Statuto sia rispettato, da mettere in discussione la validità di una decisione di licenziamento (v. sentenza dell’8 giugno 2009, Krcova/Corte di giustizia, T‑498/07 P, EU:T:2009:178, punto 45 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 9 luglio 2009, Notarnicola/Corte dei conti, F‑85/08, EU:F:2009:94, punto 33) oppure la decisione di prolungamento del periodo di prova (sentenza dell’11 dicembre 2014, CZ/AEMF, F‑80/13, EU:F:2014:266, punto 35).

138    Ne consegue che un agente temporaneo rimane in prova fino a quando le sue qualità professionali non siano state, sulla base di un rapporto redatto dal suo superiore gerarchico, valutate dall’AACC (v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2009, Notarnicola/Corte dei conti, F‑85/08, EU:F:2009:94, punti 42 e 46, e dell’11 dicembre 2014, CZ/AEMF, F‑80/13, EU:F:2014:266, punto 36).

139    Infatti, dall’articolo 84, paragrafo 3, del RAA risulta che l’obiettivo perseguito dal periodo di prova è precisamente quello di consentire all’AACC di valutare la condotta dell’agente contrattuale in relazione agli obblighi di cui agli articoli 11 e 12 dello Statuto (v. punti 102 e 138 supra). A tal proposito, dall’articolo 11 dello Statuto risulta che l’agente contrattuale svolge le mansioni affidategli nel rispetto del proprio dovere di lealtà verso l’Unione. Inoltre, in forza dell’articolo 12 dello Statuto, l’agente contrattuale deve astenersi da qualsiasi atto o comportamento che possa menomare la dignità della sua funzione.

140    Orbene, sarebbe contrario allo scopo perseguito dal periodo di prova ammettere che, nelle circostanze del caso di specie, la scadenza del suddetto periodo, quale prevista dal contratto di agente contrattuale, possa avere come conseguenza, in assenza della relazione d’indagine dell’IDOC e di una decisione dell’AACC sul comportamento di tale agente contrattuale, di porre fine, di pieno diritto, al periodo di prova e di travolgere l’impegno dell’interessato nel periodo previsto dal suddetto contratto.

141    Nel caso di specie, l’IDOC è stato adito l’11 maggio 2016, ha avviato un’indagine il 20 maggio successivo ed è stato autorizzato dall’AACC il 25 luglio seguente. Tuttavia, poiché l’IDOC non aveva rimesso la propria relazione d’indagine all’AACC prima della data di scadenza del periodo di prova previsto nel contratto, segnatamente entro il 31 ottobre 2016 sera, quest’ultima non era pienamente informata in merito alla condotta tenuta dalla ricorrente nell’ambito delle sue domande di modifica del suo inquadramento iniziale.

142    In tali circostanze, l’AACC era legittimata a prolungare il periodo di prova della ricorrente fino a quando non avesse preso posizione, alla luce della relazione dell’indagine amministrativa compiuta dall’IDOC, sulla condotta della ricorrente.

143    Pertanto, contrariamente a quanto suggerisce la ricorrente, il prolungamento del suo periodo di prova alla scadenza del termine di nove mesi previsto dal suo contratto non ha avuto l’effetto di travolgere il suo impegno per la durata prevista nel suo contratto. Di conseguenza, tale prolungamento non ha neppure inciso sulla regolarità del suo licenziamento successivamente intervenuto.

144    In secondo luogo, la ricorrente fa valere la violazione del termine di preavviso di un mese previsto all’articolo 84, paragrafo 2, del RAA. Ella denuncia inoltre che non le è stato concesso il termine di otto giorni per presentare le sue osservazioni sulla proposta di licenziamento nonché sul rapporto di fine periodo di prova.

145    A tale riguardo, l’articolo 84, paragrafo 2, del RAA prevede che, «[i]n caso di manifesta inidoneità dell’agente contrattuale, un rapporto può essere preparato in qualsiasi momento prima dello scadere del periodo di prova», che «[t]ale rapporto è comunicato all’interessato, che può formulare osservazioni per iscritto entro otto giorni lavorativi», che «[i]rapporto e le osservazioni sono immediatamente trasmessi dal superiore gerarchico dell’agente contrattuale all’autorità di cui all’articolo 6, primo comma» e che, «[s]ulla base del rapporto, l’autorità di cui all’articolo 6, primo comma, può decidere di licenziare l’agente contrattuale prima dello scadere del periodo di prova dandogli un preavviso di un mese, oppure di assegnare l’agente contrattuale in questione a un altro servizio per il resto del periodo di prova».

146    Tuttavia, nel caso di specie, il licenziamento della ricorrente non è stato deciso prima della scadenza del suo periodo di prova per ragioni di manifesta inidoneità. Sicché le disposizioni dell’articolo 84, paragrafo 2, del RAA non erano applicabili al caso del ricorrente.

147    In ogni caso, con messaggio di posta elettronica del 14 novembre 2016, l’AACC, come aveva indicato nella sua lettera del 28 ottobre 2016 (v. punto 4 supra), ha invitato la ricorrente a un incontro previsto il 18 novembre per discutere, da un lato, delle conclusioni della relazione dell’indagine amministrativa, che metteva in dubbio la sua condotta e, dall’altro, del seguito che occorreva dare al suo periodo di prova. Con messaggio di posta elettronica del 16 novembre 2016, il direttore dell’ERCEA ha trasmesso la suddetta relazione alla ricorrente. Con messaggio di posta elettronica del 17 novembre successivo, la ricorrente ha chiesto il rinvio dell’incontro previsto per il 18 novembre, a causa della lunghezza dei documenti da essa ricevuti. Sempre in data 17 novembre 2016, l’AACC ha informato la ricorrente che lo scopo dell’incontro previsto per il giorno seguente non era quello di discutere tale relazione nei suoi dettagli. A tal riguardo, l’AACC ha sottolineato che detto incontro riguardava le conclusioni di detta relazione e il seguito che occorreva dare al suo periodo di prova. L’AACC ha precisato che la lunghezza della relazione in questione era dovuta alla presenza di allegati che, in gran parte, erano già stati portati a conoscenza della ricorrente. L’AACC ha concluso che, poiché la ricorrente avrebbe potuto presentare le proprie osservazioni per iscritto entro i successivi otto giorni lavorativi, desiderava mantenere il suddetto incontro come inizialmente previsto. Pertanto, l’incontro tra l’AACC e la ricorrente si è svolto il 18 novembre 2016.

148    Con lettera del 21 novembre 2016, l’AACC ha informato la ricorrente che, nel corso dell’indagine amministrativa, quest’ultima non aveva dissipato i dubbi relativi all’autenticità dei documenti da ella prodotti nell’ambito della sua assunzione. Di conseguenza, l’AACC ha informato la ricorrente della sua intenzione di non confermarla nelle sue funzioni di gestore finanziario alla fine del suo periodo di prova. Inoltre, l’AACC ha trasmesso alla ricorrente il rapporto di fine periodo di prova redatto dal suo superiore gerarchico. Infine, allo scopo di adottare la sua decisione finale, l’AACC ha invitato la ricorrente a presentare le sue osservazioni e qualsiasi elemento aggiuntivo entro un termine di otto giorni lavorativi e, al più tardi, entro il 1º dicembre successivo.

149    Il 1º dicembre 2016, la ricorrente ha depositato le sue osservazioni in merito alla relazione dell’indagine amministrativa. Essa ha precisato che, per quanto riguardava il suo rapporto di fine periodo di prova, ella si riservava il diritto di presentare le sue osservazioni entro un termine di otto giorni lavorativi, in quanto era stata assente dal 21 al 25 novembre 2016 a causa di problemi di salute.

150    Con messaggio di posta elettronica del 9 dicembre 2016, l’AACC ha confermato il ricevimento delle osservazioni della ricorrente sulla relazione dell’indagine amministrativa e ha constatato che quest’ultima non aveva presentato le sue osservazioni sul rapporto riguardante il suo periodo di prova. Inoltre, detta autorità ha accolto la richiesta formulata dall’avvocato della ricorrente il 30 novembre 2016 e ha deciso di invitare quest’ultima a partecipare a un incontro il successivo 16 dicembre.

151    Con messaggio di posta elettronica del 12 dicembre 2016, l’avvocato della ricorrente ha chiesto all’AACC di differire l’incontro, previsto per il 16 dicembre, alla settimana successiva oppure a dopo le vacanze di Natale. Inoltre, egli ha denunciato un’alterazione della rubrica «oggetto» di taluni messaggi di posta elettronica della ricorrente trasmessi dall’ERCEA all’IDOC nell’ambito dell’indagine amministrativa da quest’ultimo condotta.

152    Con messaggio di posta elettronica del 13 dicembre 2016, l’AACC ha deciso, in seguito alla richiesta formulata dall’avvocato della ricorrente il 12 dicembre 2016, di rinviare l’incontro inizialmente previsto per il 16 dicembre 2016 al successivo lunedì 19 dicembre.

153    Con messaggio di posta elettronica del 19 dicembre 2016, l’avvocato della ricorrente ha informato l’AACC che la sua assistita non avrebbe potuto partecipare all’incontro per motivi di salute attestati da un certificato medico. Egli ha aggiunto che, in assenza di quest’ultima, non sarebbe ovviamente stato presente all’incontro previsto per quel giorno.

154    Con messaggio di posta elettronica del 19 dicembre 2016, indirizzato all’avvocato della ricorrente nonché all’indirizzo di posta elettronica professionale e al primo indirizzo di posta elettronica personale di quest’ultima, l’AACC ha affermato che avrebbe adottato la propria decisione sulla base degli elementi a sua disposizione e che l’avrebbe comunicata alla ricorrente in tempo utile.

155    Con messaggio di posta elettronica del 22 dicembre 2016, l’AACC ha trasmesso alla ricorrente la sua decisione, recante la data del medesimo giorno, di licenziarla con effetto a partire dal 5 gennaio 2017, in conformità dell’articolo 84 del RAA.

156    Pertanto, anzitutto, la ricorrente ha disposto di un termine di otto giorni lavorativi per formulare le proprie osservazioni sul rapporto di fine periodo di prova e, per ragioni non imputabili all’ERCEA, ha deciso di non depositare tali osservazioni, nonostante il promemoria da parte dell’AACC con messaggio di posta elettronica del 9 dicembre 2016.

157    Inoltre, l’AACC ha sentito la ricorrente in occasione di un incontro, il 18 novembre 2016, in merito al seguito da dare all’indagine amministrativa. La ricorrente è stata poi in grado di presentare le proprie osservazioni sulla relazione riguardante tale indagine il successivo 1° dicembre. Peraltro, il 21 novembre 2016, vale a dire più di un mese prima dell’invio della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016, l’AACC aveva informato la ricorrente della sua intenzione di non confermarla nelle sue funzioni al termine del periodo di prova. Infine, l’AACC ha acconsentito di incontrare nuovamente la ricorrente, su domanda di quest’ultima, e quindi di rinviare la data inizialmente prevista. Tale incontro alla fine non ha avuto luogo per motivi che non sono imputabili all’ERCEA.

158    Da quanto precede consegue che l’AACC ha proceduto con tutta la diligenza dovuta nel caso di specie e che i termini concessi alla ricorrente erano tali da consentirle di presentare utilmente il proprio punto di vista.

159    In terzo luogo, occorre aggiungere che il prolungamento del periodo di prova della ricorrente aveva un termine certo.

160    Infatti, anzitutto, nella sua lettera del 28 ottobre 2016, l’AACC ha indicato che avrebbe adottato la propria decisione finale sul periodo di prova della ricorrente dopo aver ricevuto la relazione dell’indagine amministrativa sulla condotta di quest’ultima. Inoltre, essa ha informato la ricorrente che sarebbe stata considerata in periodo di prova fino alla suddetta decisione finale. Essa ha anche precisato che l’IDOC si era impegnato a presentare detta relazione nei giorni seguenti. Così, il 7 novembre successivo, l’IDOC ha trasmesso tale relazione all’AACC.

161    In seguito, la ricorrente non poteva ignorare che avrebbe dovuto essere ascoltata prima che l’AACC adottasse la decisione definitiva sugli esiti del suo periodo di prova (v. punti da 149 a 157 supra).

162    Infine, con messaggio di posta elettronica del 19 dicembre 2016, indirizzato all’avvocato della ricorrente nonché all’indirizzo di posta elettronica professionale e al primo indirizzo di posta elettronica personale di quest’ultima, l’AACC ha affermato che avrebbe adottato la propria decisione sulla base degli elementi a sua disposizione e che l’avrebbe comunicata alla ricorrente in tempo utile. In coerenza con tale annuncio, l’AACC ha adottato la decisione di licenziamento il 22 dicembre 2016 e l’ha trasmessa per posta elettronica alla ricorrente lo stesso giorno.

163    Di conseguenza, occorre respingere gli argomenti della ricorrente vertenti sull’irregolarità del prolungamento del suo periodo di prova o sulla violazione di taluni termini previsti dal RAA.

2)      Sull’argomento secondo cui il licenziamento è infondato

164    In primis, la ricorrente espone, nella parte introduttiva del ricorso, che il 1º febbraio 2000 aveva stipulato un contratto di volontariato con l’associazione. Dopo circa un anno di attività, ella avrebbe stipulato il contratto iniziale il 21 febbraio 2001. L’associazione era tenuta a registrare tale contratto iniziale presso un organismo dell’ispettorato territoriale del lavoro, dato che esso prevedeva una remunerazione. Peraltro, la ricorrente precisa che, lo stesso giorno, ha stipulato con l’associazione l’addendum n. 1 al fine di evitare che le sei ore di lavoro non retribuite potessero essere considerate come lavoro irregolare. Inoltre, poiché tali sei ore di lavoro sarebbero state prestate a titolo di volontariato, non sarebbe sussistito alcun obbligo di registrare l’addendum n. 1 presso il suddetto organismo. Infine, la ricorrente sostiene che, su richiesta dell’associazione, aveva stipulato l’addendum n. 2 e che, poiché la remunerazione era rimasta invariata, questo emendamento non sarebbe stato registrato presso un’organo dell’ispettorato territoriale del lavoro. Ella aggiunge che, all’epoca in cui lavorava per l’associazione, desiderava maturare esperienza e la sua motivazione principale non era la retribuzione. Ella afferma che non disponeva di alcun potere di contrattazione per quanto riguardava gli aspetti economici del suo rapporto di lavoro.

165    In secundis, sempre nella parte introduttiva del ricorso, la ricorrente deduce che, con il suo messaggio di posta elettronica del 29 gennaio 2016 (v. punto 111 supra), intendeva trasmettere all’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA contestualmente l’addendum n. 1 e l’addendum n. 2. Tuttavia, durante l’invio, l’addendum n. 2 sarebbe risultato come pagina bianca per un probabile errore di scansione. Essa riferisce altresì di aver fornito all’ERCEA gli originali del contratto di volontariato e l’addendum n. 1. Tuttavia, l’ERCEA non glieli avrebbe restituiti.

166    In tertiis, la ricorrente sostiene che l’ERCEA ha invertito il principio di autenticità della documentazione fino a prova contraria e le ha reso impossibile fornire la prova dell’autenticità dei documenti contestati, che risalivano a oltre quindici anni prima. Ella ritiene che, in tal modo, l’ERCEA si sia basata sulla presunzione della sua colpevolezza e della falsità dei documenti da lei prodotti. Ad avviso della ricorrente, il suo licenziamento è stato dunque deciso sulla base di un dubbio sull’autenticità dei suddetti documenti non avvalorato da alcun elemento.

167    L’ERCEA sostiene che la propria decisione di licenziamento datata 22 dicembre 2016 è fondata.

168    A tal riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 11, primo comma, dello Statuto, applicabile per analogia agli agenti contrattuali ai sensi dell’articolo 81 del RAA, l’agente contrattuale svolge le mansioni affidategli in maniera obiettiva e imparziale e nel rispetto del proprio dovere di lealtà verso l’Unione.

169    Il dovere di lealtà impone che l’agente in questione non soltanto si astenga da condotte che possano ledere la dignità della funzione ed il rispetto dovuto all’istituzione e alle sue autorità, ma anche dia prova – soprattutto quando possiede un grado elevato – di un comportamento al di sopra di qualsiasi sospetto, affinché sia sempre preservato il rapporto di fiducia esistente tra l’istituzione di appartenenza e il medesimo (v., in tal senso, sentenze del 15 maggio 1997, N/Commissione, T‑273/94, EU:T:1997:71, punto 129, e del 19 maggio 1999, Connolly/Commissione, T‑34/96 e T‑163/96, EU:T:1999:102, punto 128).

170    Inoltre, una decisione di non mantenere nel suo impiego un agente contrattuale in esito al periodo di prova (o durante il periodo di prova) si distingue anch’essa per sua natura dal licenziamento di un agente che sia stato previamente confermato nel suo impiego sulla base di un rapporto di fine periodo di prova positivo. Infatti, una decisione relativa al mantenimento o meno di un agente nel suo impiego richiede un esame globale vertente sul periodo di prova e che consenta di rilevare l’esistenza, o meno, di un complesso di elementi positivi dai quali il mantenimento in servizio dell’agente risulti conforme all’interesse del servizio (sentenza del 9 luglio 2009, Notarnicola/Corte dei conti, F‑85/08, EU:F:2009:94, punto 71).

171    L’amministrazione dispone di un ampio margine discrezionale quanto alla valutazione delle attitudini e delle prestazioni di un funzionario o di un agente in prova dal punto di vista dell’interesse del servizio. Non spetta dunque al Tribunale sostituire la sua valutazione a quella delle istituzioni per quanto riguarda l’esito di un periodo di prova e le attitudini di un candidato a una nomina definitiva o alla conferma del suo contratto nella funzione pubblica dell’Unione, e il suo sindacato si limita alla verifica dell’esattezza materiale dei fatti e dell’assenza di un errore manifesto di valutazione o di uno sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2009, Notarnicola/Corte dei conti, F‑85/08, EU:F:2009:94, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

172    Nel caso di specie, in primo luogo, occorre constatare che, come risulta dai punti da 108 a 123 supra, la ricorrente, al fine di ottenere la revisione del suo inquadramento iniziale, ha trasmesso in successione documenti diversi ogni volta che l’ERCEA ha sollevato obiezioni in merito ai documenti dalla medesima in precedenza prodotti.

173    In secondo luogo, da un punto di vista formale, i contratti e gli addenda presentati dalla ricorrente mostrano notevoli differenze per quanto riguarda il loro formato e i timbri dei quali sono o meno forniti.

174    Infatti, il contratto iniziale prodotto all’inizio del mese di gennaio 2016 mostra una forma ufficiale. Esso reca il timbro dell’ispettorato territoriale del lavoro nel quale è inserita una data manoscritta, leggibile con molta difficoltà sui documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi al Tribunale.

175    A differenza del contratto iniziale, la copia dell’addendum n. 1 consiste in un foglio bianco dattiloscritto utilizzando un software di trattamento testi di base. Detta copia reca la firma della ricorrente e la firma del presidente dell’associazione presso la quale ella era impiegata. Per contro, a differenza del contratto iniziale, tale copia non reca il timbro della suddetta associazione, né il timbro dell’ispettorato territoriale del lavoro.

176    A sua volta, l’addendum n. 2 riveste la stessa forma dell’addendum n. 1. Per contro, a differenza della predetta copia, vi risulta apposto il timbro dell’associazione. Tuttavia, a differenza del contratto iniziale, esso non include il timbro dell’organismo dell’ispettorato territoriale del lavoro.

177    In terzo luogo, per quanto riguarda il contenuto dei documenti di cui trattasi, si deve rilevare che l’addendum n. 1 sarebbe stato stipulato per la durata di un anno lo stesso giorno del contratto iniziale, segnatamente il 21 febbraio 2001. A sua volta, l’addendum n. 2 è stato stipulato il 21 marzo 2001 e si presenta come un addendum al contratto del «12 marzo 2001».

178    Inoltre, il contratto iniziale prevedeva che il tempo di lavoro retribuito della ricorrente fosse di due ore al giorno, con una retribuzione fissata in RON 500 000. La copia dell’addendum n. 1 prevedeva che la ricorrente percepisse uno stipendio di RON 500 000 al mese per due ore di lavoro al giorno e che lavorasse sei ore al giorno a titolo di volontariato. L’addendum n. 2 è stato prodotto dopo che l’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA aveva indicato alla ricorrente che le ore non retribuite non venivano prese in considerazione. Detto addendum stabiliva che la ricorrente esercitasse un’attività retribuita di sei ore al giorno. Tuttavia, esso non specificava il livello di remunerazione della ricorrente. In un momento successivo alla produzione di quest’ultimo addendum, la ricorrente ha presentato, su domanda dell’ufficio delle risorse umane dell’ERCEA, quattro buste paga dalle quali risulta che la ricorrente aveva continuato a percepire la stessa retribuzione dopo la sottoscrizione di tale addendum, malgrado l’aumento del suo orario di lavoro retribuito.

179    In quarto luogo, come si evince dai punti da 108 a 129 supra, la ricorrente non ha dimostrato di aver consegnato all’ERCEA l’originale dell’addendum n. 1 e del contratto di volontariato, né, a maggior ragione, che quest’ultima non glieli abbia restituiti. Ebbene, l’impossibilità di disporre di tali originali e, per quanto riguarda l’addendum n. 2, l’impossibilità di disporne per un periodo sufficientemente lungo, hanno reso impossibile la verifica della loro autenticità (v. punti da 130 a 132 supra).

180    In quinto luogo, dal fascicolo sottoposto al Tribunale e, più in particolare, dagli allegati alla relazione dell’indagine amministrativa risulta che, tra il 2010 ed il 2016, la ricorrente ha redatto tre curriculum vitæ tra loro discordanti riguardo alla durata della sua attività presso l’associazione. Prima, in un curriculum vitæ redatto nel 2010 nell’ambito di un concorso EPSO, la ricorrente ha indicato di aver lavorato dal 21 febbraio 2001 al 21 febbraio 2002 presso l’associazione. Poi, in un curriculum vitæ recante la data del 19 novembre 2015, la ricorrente ha indicato di aver lavorato presso la suddetta associazione dal 1º ottobre 1999 al 30 settembre 2002. Infine, in un curriculum vitæ consegnato all’IDOC il 6 settembre 2016, la ricorrente ha indicato di aver lavorato presso l’associazione stessa dal 2000 al 2002.

181    In sesto luogo, dal fascicolo di causa risulta che, prima del suo licenziamento, la ricorrente ha accusato l’ERCEA di non averle restituito alcuni documenti originali da lei consegnati. Inoltre, la ricorrente l’ha pure accusata di aver falsificato taluni messaggi di posta elettronica che ella le aveva inviato. Orbene, come risulta dai punti da 108 a 129 supra, tali accuse non sono fondate.

182    Di conseguenza, alla luce, primo, della cronologia dei fatti, secondo, della forma dei documenti trasmessi in successione dalla ricorrente, terzo, del contenuto di tali documenti, quarto, dell’impossibilità di disporre di alcuni di questi documenti nella loro forma originale, quinto, del fatto che la ricorrente ha elaborato vari curriculum vitæ tra loro discordanti riguardo alla durata del periodo in cui ha lavorato presso l’associazione e, sesto, delle accuse infondate mosse contro l’ERCEA, non è ingiustificato che l’AACC abbia, malgrado le spiegazioni della ricorrente richiamate ai punti 166 e 167 supra, nutrito seri dubbi in merito alla sua integrità e alla sua lealtà, nonché in merito alla questione se quest’ultima potesse essere considerata un agente degno di fiducia al quale poter attribuire compiti di natura finanziaria.

183    Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla dichiarazione effettuata il 6 settembre 2017 dal presidente dell’associazione, dove quest’ultimo conferma di aver sottoscritto tutti i documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi all’ERCEA.

184    Infatti, da un lato, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, «[l]e prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie». Dall’altro, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, «[l]e parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

185    Ebbene, nel caso di specie, la dichiarazione rilasciata il 6 settembre 2017 dal presidente dell’associazione è stata prodotta con la memoria di replica e la ricorrente si limita ad indicare di aver potuto ritrovare il suo contatto dopo lunghe ricerche. A titolo di raffronto, si deve rilevare che, durante l’indagine amministrativa, in seguito ad una domanda formulata dagli ispettori, la ricorrente aveva risposto di non aver trovato l’indirizzo di posta elettronica del presidente dell’associazione poiché il suo rapporto di lavoro con l’associazione si era concluso molti anni prima.

186    Pertanto, occorre respingere tale prova come irricevibile in quanto tardiva.

187    D’altra parte, ed in ogni caso, il contenuto della dichiarazione resa il 6 settembre 2017 dal presidente dell’associazione non rimette in discussione l’insieme dei seri motivi che hanno indotto l’AACC a dubitare dell’integrità e della lealtà della ricorrente nei confronti dell’ERCEA, in particolare, le sue accuse, infondate e precedenti al suo licenziamento, di falsificazione di messaggi di posta elettronica e di mancata restituzione di documenti originali da parte dell’ERCEA.

188    L’AACC non ha dunque commesso manifesti errori di valutazione quando, con decisione del 22 dicembre 2016, ha posto fine al contratto della ricorrente.

189    La domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 deve pertanto essere respinta.

3.      Sulla domanda di annullamento del licenziamento comunicato oralmente il 10 gennaio 2017

190    L’ERCEA sostiene che la comunicazione orale effettuata dal capo unità della ricorrente il 10 gennaio 2017 riguardo al licenziamento di quest’ultima non costituisce un atto che arreca pregiudizio ai sensi degli articoli 90 e 91 dello Statuto. Essa fa inoltre valere che la domanda di annullamento di tale atto è irricevibile per carenza di interesse ad agire. A suo avviso, la presunta decisione di licenziamento che sarebbe stata comunicata oralmente il 10 gennaio 2017 sarebbe di natura meramente confermativa della propria decisione di licenziamento datata 22 dicembre 2016.

191    La ricorrente contesta tali argomenti. Ella rileva che l’ERCEA non nega il fatto storico del contenuto della comunicazione orale interruttiva del rapporto di lavoro, né il fatto che non le sia stato più consentito l’accesso al proprio luogo di lavoro. Ella sottolinea che l’incompetenza del suo capo unità, dedotta dall’ERCEA, mina profondamente la liceità del licenziamento orale, aggiungendovi un’altra causa di illegittimità. Ella aggiunge che tale licenziamento le ha causato un pregiudizio evidente.

192    A tal riguardo, si deve anzitutto rilevare che la ricorrente deduce l’esistenza di un licenziamento che le sarebbe stato comunicato oralmente dal suo capo unità il 10 gennaio 2017. Tuttavia, l’ERCEA giustamente sottolinea che tale comunicazione orale non promanava dall’«autorità competente», ai sensi della giurisprudenza citata al punto 32 supra, ad adottare una decisione di licenziamento nei confronti della ricorrente, vale a dire l’AACC.

193    Si deve poi ricordare che l’AACC ha adottato una decisione di licenziamento che reca la data del 22 dicembre 2016 e che è divenuta produttiva di effetti il 5 gennaio 2017.

194    Inoltre, è stato giudicato che la comunicazione di una decisione non è determinante per stabilire la natura lesiva di tale decisione, giacché la comunicazione è un atto posteriore alla decisione, che preesiste a quest’ultimo (v., in tal senso, ordinanze del 13 settembre 2013, Conticchio/Commissione, T‑358/12 P, EU:T:2013:525, punto 22, e del 22 giugno 2015, van Oudenaarden/Parlamento, F‑139/14, EU:F:2015:64, punto 37). Del resto, nel caso di specie, l’impossibilità per la ricorrente di accedere al luogo di lavoro il 9 gennaio 2017 conferma che la decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 spiegava effetti e arrecava pregiudizio alla ricorrente prima del 10 gennaio 2017.

195    Infine, poiché la ricorrente si limita a fare riferimento a un licenziamento comunicato oralmente, senza ulteriori precisazioni, si deve constatare che la comunicazione orale effettuata dal capo unità della ricorrente il 10 gennaio 2017 non contiene alcun elemento nuovo rispetto alla decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 e non è stata preceduta da un riesame della situazione della ricorrente.

196    Pertanto, tenuto conto dell’incompetenza del capo unità della ricorrente ad adottare una eventuale decisione di licenziamento nei confronti di quest’ultima, del contesto in cui il medesimo ha effettuato la comunicazione orale riguardante detto licenziamento il 10 gennaio 2017 e del contenuto di tale comunicazione orale, si deve constatare che la suddetta comunicazione orale rivestiva unicamente carattere informativo.

197    Di conseguenza, la comunicazione orale effettuata dal capo unità della ricorrente il 10 gennaio 2017 riguardo al licenziamento di quest’ultima non le arreca pregiudizio. La domanda di annullamento diretta contro tale atto è quindi irricevibile.

198    Da tutto quanto precede risulta che le domande di annullamento formulate dalla ricorrente devono essere respinte in quanto irricevibili. Inoltre, la domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 deve, in ogni caso, essere respinta in quanto infondata.

D.      Sulle domande risarcitorie

199    Anzitutto, con il primo capo delle richieste conclusive, la ricorrente chiede, oltre all’annullamento del licenziamento comunicatole oralmente il 10 gennaio 2017, la condanna dell’ERCEA al pagamento di tutte le retribuzioni «medio tempore maturate». Inoltre, con il suo quarto capo di domanda la ricorrente chiede, oltre all’annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016, la condanna dell’ERCEA al risarcimento del danno costituito dalle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento fino alla pubblicazione della emananda sentenza e, in via subordinata, la condanna dell’ERCEA al risarcimento del danno consistente nella perdita degli stipendi da lei subita fino alla scadenza del contratto, vale a dire il gennaio 2018, e che ammonta ad EUR 39 000. Infine, con il suo quinto capo di domanda, la ricorrente chiede la condanna dell’ERCEA a pagarle la somma di EUR 300 000, ovvero la diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta equa, a titolo di risarcimento per la grave lesione della sua immagine e della sua reputazione personale e professionale.

200    L’ERCEA chiede a Tribunale di respingere tali conclusioni.

201    A tal riguardo, in primo luogo, si deve rilevare che il ricorso di annullamento e il ricorso per risarcimento danni sono rimedi giuridici autonomi. Tuttavia, una deroga a tale principio è stata ammessa nel diritto della funzione pubblica qualora la domanda risarcitoria presenti uno stretto collegamento con la domanda di annullamento, peraltro dichiarata irricevibile. In tal senso, la domanda risarcitoria è irricevibile laddove miri esclusivamente alla riparazione delle conseguenze dell’atto oggetto della domanda di annullamento, a sua volta dichiarata irricevibile, segnatamente qualora la domanda risarcitoria abbia il solo scopo di compensare talune perdite di retribuzione che non si sarebbero verificate se l’azione di annullamento fosse stata fruttuosa (v., in tal senso, sentenze del 14 settembre 2006, Commissione/Fernández Gómez, C‑417/05 P, EU:C:2006:582, punto 51, e del 24 gennaio 1991, Latham/Commissione, T‑27/90, EU:T:1991:5, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

202    Nel caso di specie, dalla formulazione del primo e del quarto capo della domanda contenuta nel ricorso (v. punto 18 supra) risulta che le richieste risarcitorie ivi avanzate della ricorrente presentano un collegamento molto stretto con le sue domande di annullamento. In effetti, tali domande risarcitorie mirano unicamente a compensare talune perdite di retribuzione che non si sarebbero verificate se, peraltro, la domanda di annullamento del licenziamento comunicato oralmente alla ricorrente e la domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016 fossero state accolte. Orbene, tali domande di annullamento sono state respinte in quanto irricevibili.

203    Di conseguenza, le richieste risarcitorie che figurano al primo e al quarto capo della domanda contenuta nel ricorso devono essere respinte in quanto irricevibili.

204    In secondo luogo, per quanto riguarda il quinto capo della domanda, occorre rammentare che, in forza dell’articolo 21, primo comma, in combinato disposto con l’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, ogni atto introduttivo di ricorso deve contenere l’indicazione dell’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa da consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche solo sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso. In modo più specifico, per essere conforme a tali requisiti, un ricorso volto al risarcimento dei danni che si sostiene siano stati causati da un’istituzione dell’Unione deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subìto, nonché il carattere e l’entità di tale danno (v. sentenza del 2 marzo 2010, Arcelor/Parlamento e Consiglio, T‑16/04, EU:T:2010:54, punto 132 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, ordinanza del 24 giugno 2016, la Onix Asigurări/EIOPA, T‑590/15, EU:T:2016:374, punto 81).

205    Orbene, nel suo quinto capo di domanda, la ricorrente si limita a chiedere al Tribunale di imporre il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno subito «per le motivazioni tutte espresse in narrativa». Inoltre, la ricorrente non indica i motivi e gli argomenti che intende dedurre a sostegno di tale domanda. In tal modo, il tenore letterale di tale capo di domanda non consente di identificare con certezza la o le condotte rimproverate all’ERCEA nell’ambito di tale domanda. Inoltre, si deve rilevare che la ricorrente non fornisce elementi sufficienti per consentire al Tribunale di valutare la natura e l’entità del danno che afferma di aver subito nonché l’esistenza di un nesso di causalità tra la condotta rimproverata all’ERCEA e il suddetto danno.

206    Ne deriva, riguardo al quinto capo di domanda, che l’atto introduttivo del ricorso non soddisfa i requisiti minimi di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura. La domanda formulata in tale capo di domanda deve pertanto essere respinta in quanto irricevibile.

207    In terzo luogo, ed in ogni caso, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante nell’ambito della funzione pubblica, il sorgere della responsabilità dell’Unione presuppone il coesistere di un insieme di condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento ascritto all’istituzione, la concretezza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra l’asserito comportamento e il danno lamentato. Tali tre condizioni sono cumulative, il che comporta che, qualora una di esse non sia soddisfatta, la responsabilità dell’Unione non può essere accertata (sentenza del 1° giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 42; v., altresì, sentenze del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, EU:T:2010:531, punto 45 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 maggio 2017, PG/Frontex, T‑583/16, non pubblicata, EU:T:2017:344, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

208    Nel caso di specie, da un lato, va rilevato che tutte le domande risarcitorie che figurano nel primo e nel quarto capo della domanda contenuta nell’atto introduttivo del ricorso sono fondate sull’illegittimità del comportamento dell’ERCEA dedotta nell’ambito delle domande di annullamento formulate dalla ricorrente. Tuttavia, come risulta dai punti 133, 165 e 188 supra, gli argomenti formulati dalla ricorrente a sostegno di tali domande sono stati respinti in quanto infondati.

209    Dall’altro lato, anche supponendo che, nell’ambito del suo quinto capo di domanda, la ricorrente intenda chiedere il risarcimento di un danno separabile dalle illegittimità denunciate nelle sue domande di annullamento e, più precisamente, il risarcimento di un danno che deriverebbe dalla presenza degli atti dell’indagine amministrativa nel sistema Sysper o in qualsivoglia altra banca dati, detta domanda dovrebbe essere respinta alla luce degli elementi del fascicolo di causa, per il motivo che tale presenza non è stata dimostrata.

210    Pertanto, la condizione relativa all’illegittimità del comportamento addebitato all’ERCEA non è soddisfatta e, di conseguenza, le richieste risarcitorie devono essere respinte.

211    In considerazione di tutto quanto precede, il ricorso è respinto.

 IV.      Sulle spese

212    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’ERCEA.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      WL è condannata alle spese.

Gervasoni

Madise

da Silva Passos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 novembre 2018.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon S. Gervasoni


Indice


I. Fatti

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla richiesta di udienza formulata nel ricorso

B. Sulla competenza del Tribunale a conoscere di alcuni dei capi di domanda formulati nell’atto introduttivo del giudizio

C. Sulle domande di annullamento

1. Sulla domanda di annullamento della decisione dell’ERCEA del 28 ottobre 2016, recante prolungamento del periodo di prova della ricorrente, e sulla domanda di annullamento degli atti dell’indagine amministrativa e della relazione di tale indagine

2. Sulla domanda di annullamento della decisione di licenziamento dell’ERCEA datata 22 dicembre 2016

a) Sulla ricevibilità

b) Nel merito

1) Sulle asserite irregolarità procedurali

i) Sull’asserita irregolarità dell’indagine amministrativa

ii) Sull’asserito prolungamento illegittimo del periodo di prova e sulla dedotta violazione di alcuni termini previsti dal RAA

2) Sull’argomento secondo cui il licenziamento è infondato

3. Sulla domanda di annullamento del licenziamento comunicato oralmente il 10 gennaio 2017

D. Sulle domande risarcitorie

IV. Sulle spese



*      Lingua processuale: l’italiano.