Language of document : ECLI:EU:C:2010:255

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 6 maggio 2010 1(1)

Causa C‑151/09

Federación de Servicios Públicos de la UGT (UGT-FSP)

contro

Ayuntamiento de la Línea de la Concepción

María del Rosario Vecino Uribe (ed altre 19 persone)

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Juzgado de lo Social Único de Algeciras (Spagna)]

«Trasferimenti d’imprese – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Rappresentanti dei lavoratori – Autonomia dell’entità trasferita»





1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, alla Corte viene chiesto ancora una volta di interpretare la direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (in prosieguo: la «direttiva 2001/23») (2). Questa volta, tuttavia, si tratta di una questione sulla quale la Corte non si è ancora pronunciata, vale a dire, il significato dell’espressione «conservi la sua autonomia» di cui all’art. 6, n. 1, della direttiva.

 Contesto normativo

 Normativa dell’Unione europea

2.        Il terzo ‘considerando’ della direttiva 2001/23 dispone che «occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti».

3.        Il quinto ‘considerando’ ricorda che «[l]a carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989 (“Carta sociale”), nei punti 7, 17 e 18 dispone in particolare che: “la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri. L’informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull’occupazione dei lavoratori”».

4.        L’art. 1 di tale direttiva ne disciplina l’ambito di applicazione. Esso dispone quanto segue:

«1(a)  La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.

(b)       Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria.

(c)       La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un’attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro (...)».

5.        L’art. 2 della direttiva contiene alcune definizioni. Nella parte che interessa le presenti conclusioni, esso dispone quanto segue:

«1.    Ai sensi della presente direttiva si intende:

(a)       per “cedente”, ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dell’impresa o dello stabilimento;

(b)       per “cessionario”, ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dell’impresa o dello stabilimento;

(c)       per “rappresentanti dei lavoratori” ed espressioni connesse, i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri;

(d)      per “lavoratore”, ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come tale nell’ambito del diritto nazionale del lavoro.

2.     La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.

(...)».

6.        L’art. 3 è parte del capo II, intitolato «Mantenimento dei diritti dei lavoratori». Ai sensi dell’art. 3, n. 1, i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

7.        L’art. 3, n. 3, stabilisce le disposizioni relative ai contratti collettivi operanti quando interviene un trasferimento. Esso dispone quanto segue:

«Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.

(...)».

8.        L’art. 6 della direttiva concerne lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori a seguito di un trasferimento. Esso dispone quanto segue:

«1.   Qualora l’impresa, lo stabilimento o parte di un’impresa o di uno stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori.

Il primo comma non si applica se, in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o della prassi degli Stati membri o [ai] termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori, esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori.

Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un’autorità pubblica competente), gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i lavoratori trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova elezione o designazione di rappresentanti dei lavoratori.

Qualora l’impresa, lo stabilimento o la parte di un’impresa o di uno stabilimento non conservi la propria autonomia, gli Stati membri adotteranno i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione o designazione della rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla prassi nazionale.

2.     Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli Stati membri».

 Normativa nazionale

9.        L’art. 67, n. 1, in fine, dell’Estatuto de los Trabajadores (Statuto spagnolo dei lavoratori) dispone quanto segue:

«Possono essere organizzate elezioni parziali [all’interno di un’impresa] a seguito di dimissioni o licenziamenti o allo scopo di adeguare la rappresentanza dei lavoratori in conseguenza di un aumento dell’organico. I contratti collettivi possono prevedere le misure necessarie ad adeguare la rappresentanza dei lavoratori a riduzioni significative dell’organico, che possono aver luogo nell’impresa. In assenza di tali misure, tale adeguamento sarà oggetto di un accordo tra l’impresa e i rappresentanti dei lavoratori».

 Fatti, causa principale e questione pregiudiziale

10.      Con decreto del Sindaco del Comune di La Línea de la Concepción 25 agosto 2008, n. 5983/80, veniva disposto il riscatto di alcune precedenti concessioni di servizi pubblici municipali. In particolare, veniva prevista la surrogazione di tutto il personale delle imprese concessionarie di: (i) servizi di custodia delle scuole pubbliche, (ii) servizi di pulizia nelle scuole pubbliche, (iii) pulizia delle strade e (iv) servizi di manutenzione di parchi e giardini.

11.      Fino a tale data, detti servizi erano stati prestati da quattro imprese separate, operanti nel settore privato. Le venti persone citate nella causa principale erano i rappresentanti legali dei lavoratori interessati dal trasferimento, prima che il Comune riscattasse le concessioni.

12.      In risposta alle diverse richieste inoltrate dagli interessati, in data 10 settembre 2008 il Comune ha negato ai richiedenti il riconoscimento della loro qualità di rappresentanti dei lavoratori. Dall’ordinanza di rinvio risulta che tale diniego si fondava sul fatto che «poiché tali lavoratori fanno parte dell’attuale organico del Comune, si ritiene che i detti rappresentanti abbiano cessato le loro funzioni, fatte salve le garanzie che la legge pone a tutela dei medesimi».

13.      Nell’ordinanza di rinvio si legge altresì che la ricorrente nella causa principale, l’UGT-FSP (il sindacato che rappresenta i lavoratori in questione), ha quindi chiesto all’amministrazione convenuta di fornire chiarimenti riguardo a tale decisione. In seguito, il 13 novembre 2008, il sindacato ha presentato ricorso dinanzi al Juzgado de lo Social Único de Algeciras (Tribunale per la legislazione in materia sociale di Algeciras), chiedendo a tale tribunale di dichiarare, tra l’altro, che ai rappresentanti in questione fosse riconosciuto il diritto di proseguire nel loro mandato fino a scadenza del medesimo.

14.      L’ordinanza di rinvio è laconica nella sua descrizione del contesto fattuale della transazione che ha portato al riscatto delle concessioni di servizi in questione.

15.      Essa si limita a dichiarare che, successivamente al riscatto delle varie concessioni di servizi pubblici da parte del Comune, i lavoratori che facevano parte dell’organico delle singole imprese fino ad allora titolari delle concessioni sono stati trasferiti all’amministrazione comunale ed «integrati» nel suo organico ma che si tratta, tuttavia, degli stessi lavoratori che continuano ad occupare gli stessi posti di lavoro e a svolgere le stesse funzioni che svolgevano prima del riscatto delle concessioni, nelle stesse sedi di lavoro e sotto l’autorità dei medesimi responsabili, senza che siano intervenuti cambiamenti sostanziali nelle condizioni di lavoro, ma con l’unica differenza che, adesso, i superiori gerarchici di grado più elevato sono i rispettivi responsabili pubblici (gli assessori o il sindaco).

16.      Considerando i lavoratori di cui trattasi «integrati» nell’organico del nuovo datore di lavoro, a mio parere il giudice nazionale si limita a dichiarare che tali lavoratori fanno ora parte di detto organico. Esso non sta tentando, in questa fase del procedimento di cui è investito, di statuire sulla misura in cui i lavoratori in questione siano stati assorbiti nell’organico del nuovo datore di lavoro.

17.      L’ordinanza di rinvio nulla dice in ordine alla questione se il giudice nazionale abbia constatato un trasferimento dei servizi di cui trattasi ai sensi della direttiva 2001/23. In particolare, non risulta se, in forza degli accordi per il riscatto delle concessioni da parte del Comune, siano stati trasferiti elementi materiali né, di fatto, la misura in cui la prestazione di tali servizi richiedesse l’utilizzo di tali elementi patrimoniali.

18.      Poiché ha ritenuto che un’interpretazione della nozione di «autonomia» cui si riferisce l’art. 6 della direttiva 2001/23 fosse necessaria affinché esso potesse pronunciarsi nella causa principale, il Juzgado de lo Social Único de Algeciras ha deciso di sospendere il procedimento di cui è stato investito e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se la condizione relativa alla conservazione dell’autonomia, cui si riferisce l’art. 6, n. 1, della [direttiva 2001/23/CE], sussista in una fattispecie (come quella di cui alla causa principale), in cui, in seguito al riscatto di alcune concessioni di servizi pubblici da parte di un’amministrazione comunale, i lavoratori che formavano parte dell’organico delle imprese fino a quel momento concessionarie siano trasferiti alla detta amministrazione ed integrati nel suo organico, ma si tratti degli stessi lavoratori (senza eccezioni) che continuano ad occupare gli stessi posti di lavoro e a svolgere le stesse funzioni che svolgevano prima di detto riscatto, nelle stesse sedi di lavoro e sotto l’autorità dei medesimi responsabili, senza cambiamenti sostanziali nelle condizioni di lavoro, ma con l’unica differenza che, adesso, i superiori gerarchici di grado più elevato sono i rispettivi responsabili pubblici (assessori o sindaco)».

19.      Osservazioni scritte sono state presentate dal Ministerio Fiscal (pubblico ministero), dal governo spagnolo e dalla Commissione europea. Non è stata richiesta né si è tenuta udienza.

 Analisi

 Indicazione preliminare

20.      Sebbene il pubblico ministero contesti al giudice nazionale di avere chiesto la pronuncia pregiudiziale (dal momento che, a suo parere, il significato dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/23, è molto chiaro), lo stesso non confuta la pertinenza della questione pregiudiziale, né ritiene che la domanda sia irricevibile. Da parte mia, non ho dubbi in proposito. La domanda è chiaramente ricevibile.

 La nozione di «trasferimento» ai sensi dell’art. 1 della direttiva 2001/23

21.      Sebbene la questione pregiudiziale sollevata dal giudice nazionale si riferisca unicamente a questioni che emergono sotto il profilo della rappresentanza dei lavoratori ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2001/23, è necessario prendere in considerazione anche la nozione di «trasferimento» ai sensi dell’art. 1.

22.      Questo per due ragioni. In primo luogo, nelle sue osservazioni scritte, il governo spagnolo si chiede se abbia effettivamente avuto luogo un trasferimento rilevante nelle circostanze descritte nell’ordinanza di rinvio. La Commissione invita la Corte a procedere partendo dal presupposto che tale trasferimento sia avvenuto. In secondo luogo, comprendere il significato del riferimento, contenuto nell’art. 1, n. 1, lett. b), ad un’entità economica che viene trasferita conservando la propria «identità» è, a mio avviso, indispensabile ai fini di un’adeguata interpretazione della nozione di «autonomia» di cui all’art. 6, n. 1.

23.      Nelle sue osservazioni, il governo spagnolo si riferisce in maniera particolareggiata alla giurisprudenza della Corte attinente alla questione di quando sussista, o non sussista, un trasferimento ai sensi della direttiva. Tale ragionamento, a mio modo di vedere, si fonda sulla presunzione che, per stabilire se un’impresa che viene trasferita conservi la propria autonomia nel senso dell’art. 6, è sufficiente accertare se l’impresa sia stata trasferita ai sensi dell’art. 1, n. 1, lett. b).

24.      Esaminerò di seguito la correlazione tra questi due articoli (3). In primo luogo, atteso che la questione se la transazione di cui trattasi nella causa principale costituisca un trasferimento ai sensi dell’art. 1, n. 1, lett. b), della direttiva, è stata sollevata, esaminerò tale punto.

25.      In tale contesto, non intendo, nelle presenti conclusioni, procedere ad un esame dettagliato dell’attuale giurisprudenza della Corte. Un esercizio di questo tipo è stato svolto da numerosi avvocati generali, più recentemente dall’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nella causa Klarenberg (4).

26.      Intendo invece fare semplicemente un breve riferimento agli elementi che risultano dalla normativa e, in particolare, dalla giurisprudenza della Corte alla quale il giudice nazionale dovrebbe fare riferimento al fine di eliminare ogni dubbio, ove dubbio vi sia, sul fatto che il trasferimento nella causa in esame e, pertanto, il trasferimento di un’impresa, rientri nell’ambito dell’art. 1, n. 1, lett. b), della direttiva. A meno che a tale quesito possa essere fornita una risposta affermativa, la questione dell’autonomia ai sensi dell’art. 6 non si pone.

27.      Di norma, le direttive sui diritti acquisiti sono state ritenute applicabili «in tutti i casi di cambiamento, nell’ambito di rapporti contrattuali, della persona fisica o giuridica responsabile dell’impresa che assume le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti dell’impresa stessa» (5). L’esistenza di un trasferimento d’impresa ai fini dell’applicazione della direttiva 2001/23 è subordinata ad un cambiamento di questo tipo (6). Ciò non osta, naturalmente, a che il rapporto di lavoro sia trasferito dal precedente datore di lavoro al nuovo datore di lavoro nell’ambito di una semplice cessione di elementi patrimoniali, ma le conseguenze di tale trasferimento saranno questione rientrante esclusivamente nel diritto nazionale.

28.      La Corte ha osservato che le direttive sui diritti acquisiti mirano ad assicurare il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento di datore di lavoro, permettendo loro di restare al servizio del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni di quelle pattuite con il cedente (7).

29.      Per quanto concerne la forma con cui si realizza la «cessione contrattuale» di cui all’art, 1, lett. a), della direttiva 2001/23, la Corte ha adottato un’interpretazione elastica, per rispondere all’obiettivo della direttiva (8). Ritengo, pertanto, che il fatto che il passaggio di proprietà e di direzione, di cui alla causa in esame, abbia avuto luogo mediante un decreto emanato dal sindaco competente, non rappresenti, di per sé, un ostacolo all’applicazione della direttiva.

30.      Nella causa Spijkers (9), la Corte ha osservato che il criterio decisivo per stabilire se si sia configurato un trasferimento rilevante consiste nella circostanza che abbia avuto luogo il trasferimento di un’entità economica che conservi la propria identità. In base a tale sentenza, la cui formulazione è stata ripresa in tutta la giurisprudenza successiva, «dev’essere preso in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno di elementi materiali, quali gli edifici e i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività. Tali elementi costituiscono, tuttavia, soltanto aspetti parziali della valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere considerati isolatamente» (10).

31.      L’elenco di elementi enunciati dalla Corte nella causa Spijkers è rimasto valido nel corso degli anni. È necessario, tuttavia, tenere conto del genere di impresa di cui trattasi e l’importanza da attribuire rispettivamente ai singoli criteri varierà necessariamente in funzione dell’attività esercitata e dei metodi di produzione o di gestione utilizzati (11). A seguito della sentenza Schmidt (12) nel 1994, la Corte ha dovuto procedere, in diverse occasioni, ad un esame approfondito delle questioni che sorgono qualora il trasferimento comporti attività affidate a terzi, come quelle di cui trattasi nella causa principale. I seguenti principi emergono dalla giurisprudenza concernente tali questioni.

32.      In primo luogo, è chiaro che un trasferimento rilevante può avvenire nonostante il fatto che il cessionario sia un ente di diritto pubblico (13), o che il trasferimento di cui trattasi implichi servizi affidati a terzi nel settore privato (14). Le direttive sui diritti acquisiti sono inoltre applicabili anche qualora l’attività di cui trattasi costituisca un’attività accessoria alle attività del cedente in generale e sia priva di rapporto di necessità con i propri oggetti (15).

33.      Né osta alla sussistenza di un trasferimento rilevante il fatto che il trasferimento comporti il riscatto da parte del precedente committente di servizi anteriormente prestati per suo conto da una o più imprese di diritto privato (16). Lo stesso dicasi per la circostanza che l’attività in questione non ha scopo lucrativo. È chiaro che tale attività può essere un’attività economica ai fini delle direttive sui diritti acquisiti (17).

34.      Inoltre, la Corte ha riconosciuto che, in casi che implicano attività affidate a terzi, il requisito di cui alla sentenza Spijkers, di tenere conto del trasferimento degli elementi materiali dell’impresa, può non essere realistico. La ragione è semplice. Le imprese che esercitano questo tipo di attività potrebbero, di fatto, non disporre di elementi patrimoniali, o disporre unicamente di elementi patrimoniali la cui importanza sia trascurabile rispetto allo svolgimento delle loro attività complessive. Di conseguenza, nella sentenza Schmidt, la Corte ha dichiarato che «l’assenza di elementi [materiali] [non esclude] l’esistenza di un trasferimento» (18). Nella sentenza Süzen, essa ha inoltre rilevato (19) che «quando, in particolare, un’entità economica sia in grado, in determinati settori, di operare senza elementi patrimoniali – materiali o immateriali – significativi, la conservazione della sua identità, al di là dell’operazione di cui essa è oggetto, non può, per ipotesi, dipendere dalla cessione di tali elementi» (20).

35.      Ciò non significa che, in tutti i casi che implicano un trasferimento di attività affidate a terzi, gli elementi patrimoniali diventino irrilevanti. Affinché il principio illustrato al paragrafo 33 di cui sopra sia applicabile, i servizi in questione devono essere ad alta intensità di lavoro. Viceversa, qualora le attività svolte dai prestatori di servizi esigano l’impiego di materiale e impianti importanti e non possano essere considerate come attività che poggiano essenzialmente sulla manodopera, l’assenza di cessione, ad un livello significativo, di tali elementi, deve condurre a ritenere che l’entità trasferita non conservi la propria identità (21).

36.      In modo analogo, il trasferimento di cui trattasi deve sempre riguardare un’entità economica organizzata in modo stabile, vale a dire «un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo» (22).

37.      Tuttavia, il fatto che gli elementi patrimoniali impiegati nell’attività dello stabilimento o impresa in questione siano messi a disposizione del fornitore di servizi originario da parte del committente e, successivamente, dal committente al cessionario in forza degli accordi per la cessione, non deve indurre a escludere che il trasferimento costituisca un trasferimento rilevante (23). Non è indispensabile che gli elementi materiali in questione siano ceduti «ai fini di una gestione economica autonoma» dell’appaltatore, prima o dopo il trasferimento (24).

38.      Il fatto che l’intero organico destinato allo stabilimento o impresa di cui trattasi sia stato trasferito come parte della cessione può costituire un fattore di cui tenere conto, in particolare qualora, come nella causa in esame, l’attività in questione sia verosimilmente ad alta intensità di lavoro. Ancora una volta, tuttavia, non può essere determinante (25).

39.      Devo tuttavia precisare che, nel richiamare gli elementi patrimoniali (ove esistenti) utilizzati nelle imprese in questione, ciò che rileva sono impianti, macchinari, e/o attrezzature utilizzati, di fatto, allo scopo di fornire i servizi di cui trattasi. Contrariamente a ciò che il governo spagnolo sembra suggerire nelle sue osservazioni, il fatto che nella causa principale non sia avvenuto un trasferimento degli elementi patrimoniali in relazione ai quali sono stati forniti i servizi, quali edifici scolastici, strade, parchi e giardini comunali, non ha alcuna influenza sulla questione.

40.      Le valutazioni di fatto necessarie al fine di stabilire, alla luce di tali criteri, se si configuri un trasferimento rilevante, rientrano nella competenza del giudice nazionale e non della Corte di giustizia. Qualora e nella misura in cui il giudice nazionale non abbia ancora effettuato tale valutazione, esso dovrà provvedere prima di affrontare le questioni trattate nel seguito delle presenti conclusioni.

 La nozione di «autonomia» ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2001/23

41.      Sebbene la nozione di «trasferimento» ai sensi dell’art. 1 delle direttive sui diritti acquisiti sia stata oggetto di un’abbondante giurisprudenza, questa è la prima volta in cui la Corte viene chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della nozione di «autonomia» nell’ambito della rappresentanza dei lavoratori ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2001/23.

42.      L’importanza del ruolo della rappresentanza dei lavoratori nel funzionamento delle direttive sui diritti acquisiti è pacifica, come d’altronde lo è nell’ambito più vasto della politica sociale dell’Unione europea in genere. Tale rappresentanza è indispensabile per «l’informazione e consultazione dei lavoratori», che l’art. 137 CE ha lo scopo di promuovere e costituisce parte integrante del «dialogo sociale» cui fa riferimento l’art. 136 CE (26).

43.      Né le direttive sui diritti acquisiti sono le uniche norme di diritto derivato adottate dal legislatore comunitario in cui l’importanza di tale ruolo è evidente. In particolare, la direttiva 2002/14 prevede l’informazione e/o la consultazione al livello adeguato «sull’evoluzione recente e quella probabile delle attività dell’impresa (...) e della situazione economica», «sulla situazione, la struttura e l’evoluzione probabile dell’occupazione nell’ambito dell’impresa (...) nonché sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in caso di minaccia per l’occupazione» e «sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro (...)» (27). L’art. 4, n. 2, lett. c), di tale direttiva, precisa che tale informazione e consultazione si estende alle questioni disciplinate dalla direttiva 2001/23.(28)

44.      L’importanza della rappresentanza dei lavoratori trova altresì riscontro nella giurisprudenza della Corte. Nella sentenza Maurissen (29), la Corte ha osservato che «la libertà sindacale rappresenta un principio generale del diritto del lavoro» (30). Nella sentenza Commissione/Regno Unito (31), la Corte ha statuito che uno Stato membro ha l’obbligo di assicurare che il proprio ordinamento giuridico nazionale provveda alla designazione dei rappresentanti dei lavoratori ai sensi delle disposizioni concernenti l’informazione e la consultazione nel caso di trasferimento di impresa di cui all’art. 6 della direttiva 77/187 (ora art. 7 della direttiva 2001/23) (32).

 Applicazione della direttiva 2001/23 ad un’impresa che è stata trasferita

45.      Affinché la direttiva 2001/23 sia applicabile ad un trasferimento, l’impresa, lo stabilimento o parte di uno stabilimento, deve conservare la propria identità immediatamente dopo l’avvenuto trasferimento, conformemente ai parametri stabiliti nei paragrafi 26-39 supra. Tale direttiva non impone, tuttavia, che un’impresa trasferita sia conservata intatta per sempre. Essa si limita ad enunciare talune disposizioni specifiche che il nuovo datore di lavoro è tenuto ad osservare allo scopo di tutelare i diritti dei lavoratori trasferiti.

46.      Eventuali modifiche apportate dal nuovo datore di lavoro all’entità trasferita possono essere puramente formali. In tal caso, il loro eventuale impatto sui lavoratori di cui trattasi è verosimilmente minimo. In altri casi, il loro effetto può rivelarsi più incisivo. Un imprenditore che abbia recentemente rilevato un’impresa a seguito di un trasferimento rilevante può certo decidere di intraprendere importanti processi di ristrutturazione. L’adozione di tali misure da parte del nuovo datore di lavoro può costituire fonte di considerevole interesse, se non anche di preoccupazione, per i lavoratori trasferiti. In tali circostanze, il ruolo rivestito dai loro rappresentanti assumerà un grado di importanza elevato ed eventualmente fondamentale (33). È significativo, a tale proposito, che l’art. 3, n. 3, della direttiva 2001/23, preveda che le condizioni di lavoro convenute mediante un contratto collettivo applicabile ai lavoratori trasferiti siano vincolanti per il nuovo datore di lavoro per un periodo non inferiore ad un anno dopo il trasferimento.

47.      È in tale contesto generale che deve essere interpretato il riferimento al mantenimento dell’autonomia da parte di un’impresa o di uno stabilimento, di cui all’art. 6 di tale direttiva.

 Si pone la questione se le nozioni di «identità» di cui all’art. 1, n. 1, lett. b), e di «autonomia» di cui all’art. 6 della direttiva 2001/23, debbano essere interpretate nello stesso modo.

48.      Il governo spagnolo afferma che alla nozione di «autonomia» ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2001/23 deve essere data interpretazione equivalente, o coincidente con la nozione di trasferimento in cui l’attività economica trasferita «conserva la propria identità» e che, di conseguenza, costituisce un trasferimento rilevante ai sensi dell’art. 1.

49.      Non posso concordare con tale argomento.

50.      Dalla formulazione dell’art. 6 risulta chiaramente che il significato di «autonomia» ai sensi dell’art. 6 e di «identità» ai sensi dell’art. 1 non può essere lo stesso. In caso contrario, non avrebbero alcun senso né la frase introduttiva all’art. 6, n. 1, primo comma («qualora l’impresa, lo stabilimento o l’unità produttiva oggetto del trasferimento conservi la propria autonomia» (34)) né il riferimento alla situazione in cui un’impresa non conservi la propria autonomia, contenuto nell’art. 6, n. 1, quarto comma (35).

51.      È pacifico che la questione se un’impresa abbia conservato la propria autonomia nel senso dell’art. 6 deve essere esaminata dopo avere accertato che è avvenuto un trasferimento rilevante nel senso dell’art. 1.

52.      Ne consegue che la nozione di «autonomia» deve essere oggetto di interpretazione separata. Non può semplicemente essere interpretata in maniera da avere lo stesso significato della nozione di «identità» ai sensi dell’art. 1, n. 1, lett. b).

53.      Si supponga che un’impresa che conserva la propria identità venga ceduta [e che, di conseguenza, avvenga un trasferimento rilevante nel senso dell’art 1, n. 1, lett. b), letto in combinato disposto con l’art. 1, n. 1, lett. a)]. Ritengo che nella fase successiva si prospettino, grosso modo, due possibilità. In seguito al trasferimento, l’entità trasferita può essere sciolta e assorbita nell’attività del cessionario. In alternativa, può continuare ad operare come entità identificabile separatamente, nell’ambito dell’impresa del cessionario.

54.      Ritengo che il compito di definire la nozione di «autonomia» di cui all’art. 6 debba essere affrontato in tale contesto. L’interpretazione preferibile, tuttavia, deve anche riflettere l’importanza essenziale rivestita dalla rappresentanza dei lavoratori nel funzionamento di qualsiasi impresa o attività (36). Essa deve riflettere l’obiettivo della direttiva 2001/23, secondo cui le «condizioni di lavoro» (per utilizzare l’espressione nel senso generale) dei lavoratori trasferiti non devono essere pregiudicate, per quanto possibile e attuabile, dal trasferimento. Tuttavia, essa deve anche riflettere la realtà operativa in base alla quale, a seguito del trasferimento, il nuovo datore di lavoro può apportare modifiche organizzative. Di conseguenza, conservare rappresentanze dei lavoratori separate può non essere più la modalità più ragionevole o appropriata per riflettere gli interessi dei lavoratori.

55.      Nel suo memorandum del 1997 (37), la Commissione ha affermato che il requisito di autonomia è soddisfatto se lo stabilimento trasferito «sussiste come unità operativa separata e non è stato assorbito da una struttura più complessa» (38). Un approccio pressoché identico è stato adottato nella relazione della Commissione del 2007 (39), dove viene utilizzata la frase «continua ad esistere come unità di gestione distinta e non è assorbito da una struttura più complessa» (40).

56.      Nelle sue osservazioni scritte nella causa in esame, la Commissione propone un criterio lievemente più completo. Essa afferma, rinviando alla sentenza Klarenberg (41), che il criterio per determinare se un’entità abbia conservato la propria autonomia è se, a seguito del trasferimento, mantenga la struttura organizzativa specifica imposta dal cedente ai diversi fattori di produzione trasferiti. Viceversa, un’entità non conserva la propria autonomia qualora, malgrado il mantenimento del nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà tra i fattori di produzione trasferiti (nesso necessario affinché l’entità trasferita conservi la propria identità in seguito al trasferimento), tali elementi siano integrati, dopo il trasferimento, in una nuova e diversa struttura organizzativa.

57.      La Commissione sostiene che tale approccio è conforme agli scopi alla base dall’art. 6. Tale articolo subordina la continuazione del mandato e delle funzioni dei rappresentanti dei lavoratori al mantenimento dell’autonomia dell’entità poiché, qualora tale autonomia dovesse scomparire, i lavoratori interessati si troverebbero assorbiti nell’organizzazione dell’impresa cessionaria insieme all’organico attuale, che avrà già una propria rappresentanza. Sarebbe chiaramente «inutile, controproducente e una potenziale fonte di conflitto» avere rappresentanti diversi per lavoratori che forniscono gli stessi servizi e svolgono funzioni simili. È egualmente pacifico, tuttavia, che la mera sostituzione delle persone che siano i responsabili ultimi dell’impresa non dà luogo a questioni di tale natura. Pertanto, ciò non è idoneo a giustificare la revoca dei mandati dei rappresentanti in questione.

58.      La Commissione ritiene, inoltre, che l’interpretazione da essa proposta sia necessaria al fine di attribuire un effetto utile all’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2001/23. Dopotutto, il trasferimento di un’impresa è quasi sempre accompagnato dalla sostituzione dei responsabili ultimi.

59.      Concordo con la Commissione, con una sola importante riserva. A mio parere, è indispensabile che il criterio applicabile tenga conto della realtà organizzativa dell’entità interessata a seguito del trasferimento. Un cambiamento di natura puramente formale non inciderà su tale realtà. Né inciderà su di essa un cambiamento di portata ridotta, che non influisca in maniera sostanziale sull’essenza di tale struttura organizzativa. Se qualsiasi cambiamento, per quanto formale o di portata ridotta, fosse ritenuto sufficiente per pregiudicare l’autonomia di un’entità trasferita, sarebbe facile per un imprenditore senza scrupoli privare i lavoratori trasferiti del beneficio di una rappresentanza permanente. Ciò sarebbe in contrasto con lo spirito e l’obiettivo della direttiva 2001/23.

60.      Dal canto suo, il governo spagnolo sostiene che un elemento da tenere in considerazione nello stabilire se un’entità abbia conservato la propria autonomia in seguito ad un trasferimento, è l’identità dell’organico che ha designato i rappresentanti in questione. In altre parole, così come interpreto l’argomento, allorché un gruppo individuabile di lavoratori abbia designato una serie di rappresentanti prima di un trasferimento e tale gruppo rimanga un’unità distinta in seguito al trasferimento, è ragionevole concludere che tale autonomia è stata conservata.

61.      Concordo sul fatto che tale criterio possa essere utile nella pratica, a condizione che sia applicato con prudenza. Sarebbe errato, ad esempio, esigere un’identità totale. Secondo il governo spagnolo, la normativa nazionale che disciplina la durata del mandato dei rappresentanti prevede un mandato di quattro anni (42). In molti casi, esiste la possibilità concreta che la composizione del gruppo di lavoratori in questione sia già cambiata al punto di non essere riconoscibile, o quantomeno in maniera determinante, al momento del trasferimento dell’impresa.

62.      Le osservazioni che precedono sono sufficienti per rispondere alla domanda specifica posta dal giudice nazionale e, precisamente, quale sia il significato del termine «autonomia» nell’art. 6 della direttiva 2001/23. Al fine di fornire una risposta utile al giudice nazionale e di affrontare in modo adeguato i diversi elementi fatti valere dal governo spagnolo, è tuttavia necessario considerare l’art. 6 nel suo complesso: in particolare, la serie di circostanze in cui la rappresentanza dei lavoratori deve continuare in seguito ad un trasferimento rilevante e, ove continui, a quali condizioni.

 Struttura dell’art. 6

63.      L’art. 6 della direttiva 2001/23 è suddiviso in cinque parti (di cui le prime quattro sono commi dell’art. 6, n. 1, e la parte finale è l’art. 6, n. 2). La prima parte si applica qualora l’impresa conservi la propria autonomia in seguito al trasferimento. In tal caso «sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi» (art. 6, n. 1, primo comma). In altre parole, non intervengono cambiamenti, a condizione che l’impresa conservi la propria autonomia. Dopo il trasferimento, i lavoratori trasferiti continuano ad essere rappresentati, esattamente come lo erano prima che tale trasferimento avesse luogo, in forza delle norme nazionali applicabili a tale rappresentanza.

64.      Tale parte, tuttavia, è soggetta a due deroghe. La prima risulta dal tenore testuale dello stesso art. 6, n. 1, primo comma, «a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori». Esaminerò tale eccezione in seguito (43).

65.      Anche la seconda parte funge da deroga alla prima parte. Essa si applica qualora, in forza delle disposizioni nazionali pertinenti, della prassi degli Stati membri interessati, o ai termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori trasferiti «esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori» (art. 6, n. 1, secondo comma). In tal caso, le disposizioni del primo comma non sono applicabili. Le ragioni sono evidenti. Poiché i lavoratori in questione saranno seguiti dai nuovi rappresentanti, non è più necessario conservare lo status e la funzione dei rappresentanti precedenti. Pertanto, il requisito politico previsto nella prima parte viene meno.

66.      La terza parte si applica solo nel caso in cui il cedente sia insolvente. In tal caso, gli Stati membri «possono» adottare provvedimenti diretti a garantire che i lavoratori siano adeguatamente rappresentati fino all’elezione o designazione di nuovi rappresentanti dopo il trasferimento (art. 6, n. 1, terzo comma). Poiché la questione dell’insolvenza non si pone nel procedimento dinanzi al giudice nazionale, non la prenderò in ulteriore considerazione.

67.      La quarta parte si applica qualora l’impresa, lo stabilimento o la parte di un’impresa o di uno stabilimento oggetto di trasferimento non conservi la propria autonomia. In tal caso, gli Stati membri sono tenuti ad adottare i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione della rappresentanza o alla designazione dei rappresentanti (art. 6, n. 1, quarto comma).

68.      La struttura dell’art. 6 è finora chiara. A parte i casi di insolvenza, in tutti i casi che comportino un trasferimento rilevante i lavoratori trasferiti devono essere rappresentati dopo il trasferimento. Tale rappresentanza sarà costituita (i) dal «trasferimento» della rappresentanza attuale (qualora l’impresa conservi la propria autonomia e non sussistano le condizioni necessarie per una nuova rappresentanza), o (ii) (qualora siffatte condizioni sussistano) dalla nuova rappresentanza, o (iii) (qualora l’impresa non conservi la propria autonomia) da una forma di «operazione di mantenimento» mediante la quale i lavoratori continuano ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario ad una nuova costituzione della rappresentanza o designazione dei rappresentanti.

69.      In alcuni casi, tuttavia, è previsto un livello di tutela lievemente inferiore.

70.      La quinta parte concerne la situazione descritta nell’art. 6, n. 2. Essa si applica qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori scada «a causa del trasferimento». In tali circostanze, gli Stati membri sono tenuti a garantire che i rappresentanti dei lavoratori trasferiti continuino a beneficiare delle misure di protezione previste dal diritto nazionale e dalla prassi. Un esempio delle circostanze in cui tale disposizione può applicarsi si trova nella deroga prevista dall’art. 6, n. 1, primo comma, che subordina il trasferimento della rappresentanza dei lavoratori alla condizione che «siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori».

71.      La disposizione è necessaria dal momento che le direttive sui diritti acquisiti mirano (o miravano) solo ad un’armonizzazione parziale del diritto nazionale del lavoro degli Stati membri (44). Atteso che il diritto e la prassi in questo settore differiscono sensibilmente da uno Stato membro all’altro, un approccio diverso da questo non sarebbe stato possibile. Ciò si riflette, ad esempio, nel quinto ‘considerando’ della direttiva 2001/86 (45), che fa riferimento alla «grande varietà delle normative e delle prassi esistenti negli Stati membri circa le modalità di coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nel processo decisionale delle società».

72.      Di conseguenza, la direttiva 2001/23 può essere applicata con modalità differenti in situazioni differenti – in particolare, qualora, come nella fattispecie, una delle parti interessate dal trasferimento sia un ente di diritto pubblico. Pertanto, nella sentenza Mayeur, la Corte è stata chiamata ad esaminare una situazione che ha comportato il trasferimento delle attività ad un ente di diritto pubblico, con conseguente licenziamento del ricorrente nella causa principale. Essa ha statuito che la direttiva era applicabile al trasferimento. Tuttavia, essa non ha ritenuto che, qualora il diritto nazionale preveda che sia posta fine ai contratti di lavoro in caso di trasferimento dal settore privato a quello pubblico, tale disposizione fosse per sua natura incompatibile con la direttiva 77/187. Piuttosto, essa ha constatato che eventuali licenziamenti per effetto dell’applicazione di tale normativa costituirebbero una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro ai sensi dell’attuale art. 4, n. 2, della direttiva 2001/23, con la conseguenza che il licenziamento deve considerarsi intervenuto per fatto imputabile al datore di lavoro (46).

73.      In modo analogo, nel caso di cui alla sentenza Delahaye (47), in cui la retribuzione del lavoratore è stata ridotta in seguito all’applicazione delle norme nazionali applicabili al trasferimento da un datore di lavoro del settore privato ad un datore di lavoro del settore pubblico, la Corte, dopo aver constatato che la direttiva 77/187 non ostava all’applicazione di una disposizione nazionale che prescriva la rescissione dei contratti di lavoro di diritto privato in caso di trasferimento di un’attività ad una persona giuridica di diritto pubblico, ha osservato che lo stesso deve valere quando l’applicazione delle norme nazionali che disciplinano la situazione dei dipendenti dello Stato comporta la riduzione della retribuzione dei lavoratori interessati dal trasferimento (48).

74.      Come le norme nazionali comportanti una riduzione della retribuzione di un lavoratore a seguito di un trasferimento rilevante, o anche il licenziamento del lavoratore purché siano previste tutele adeguate, possono non essere incompatibili con la direttiva 2001/23, anche la direttiva non osta all’applicazione di norme nazionali che possono impedire, direttamente o indirettamente, il «trasferimento» del sistema di rappresentanza dei lavoratori. Capisco, ad esempio, che questo può essere il caso in taluni ordinamenti giuridici nazionali, in cui disposizioni che disciplinano la rappresentanza dei lavoratori nel settore pubblico differiscono da quelle applicabili ai lavoratori nel settore privato. Questo è l’obiettivo perseguito dalla deroga di cui alla parte finale dell’art. 6, n. 1, primo comma.

75.      Ciò non significa, naturalmente, che i lavoratori in questione, in tali circostanze, siano lasciati senza alcuna tutela. L’art. 6. n. 2, è volto a garantire che ciò non succeda. Tuttavia, quale precisa tutela sarà accordata nel caso specifico e se, di fatto, le disposizioni di cui trattasi siano applicabili, è una questione riservata alle disposizioni normative e/o alla prassi degli Stati membri.

76.      Restano da esaminare due ulteriori serie di argomenti fatti valere dal governo spagnolo.

 Duplice rappresentanza dei lavoratori

77.      In primo luogo, il governo spagnolo sostiene che un’interpretazione della nozione di «autonomia» ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/23, che avesse l’effetto di mantenere la rappresentanza dei lavoratori attuale nella fattispecie, creerebbe una forma di «duplice rappresentanza» nell’organico del nuovo datore di lavoro. Atteso che l’organico attuale sarebbe già adeguatamente rappresentato, ciò causerebbe un serio problema pratico. Tale risultato non può, pertanto, essere ritenuto accettabile.

78.      Qualora e nella misura in cui alla situazione di fatto sia applicabile l’art. 6, n. 1, primo comma, tale doppia rappresentanza è una conseguenza inevitabile dell’applicazione dell’art. 6, n. 1, e il datore di lavoro deve semplicemente accettarla.

79.      Tuttavia, qualora in realtà fossero applicabili le disposizioni dell’art. 6, n. 1, secondo o quarto comma, o dell’art. 6, n. 2, la questione della doppia rappresentanza non sorgerebbe o, ove sorgesse, il periodo della sua durata dovrebbe essere relativamente breve.

80.      Il primo argomento del governo spagnolo deve, pertanto, essere respinto.

 Discriminazione e principio della parità di trattamento, la libertà sindacale e la necessità di tenere in considerazione gli interessi del cessionario

81.      In secondo luogo, il governo spagnolo sostiene che, qualora si presumesse che l’autonomia sia conservata nella causa in esame, il risultato sarebbe discriminatorio per quanto concerne i rappresentanti dei dipendenti e i rappresentanti sindacali dell’organico attuale del nuovo datore di lavoro. L’assenza di nuove designazioni a seguito del trasferimento avrebbe come conseguenza uno squilibrio organizzativo nell’ambito dell’impresa del nuovo datore di lavoro, con pregiudizio non solo del sindacato già rappresentato nell’ambito di tale entità, ma anche dei rappresentanti legali dei lavoratori in questione. Tale squilibrio violerebbe il principio della parità di trattamento e pregiudicherebbe la libertà sindacale dei rappresentanti legali dell’organico attuale del comune. Inoltre, tale risultato non terrebbe conto del pregiudizio economico causato al nuovo datore di lavoro, che si risolverebbe nella necessità di concedere ai rappresentanti dei lavoratori trasferiti quello che l’ordinanza di rinvio definisce «credito orario» durante il quale svolgere le proprie attività (49).

82.      Non posso accogliere tali argomenti.

83.      È vero che l’applicazione dell’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2001/23 ai lavoratori trasferiti potrebbe condurre a quello che il governo spagnolo definisce «squilibrio organizzativo» nell’ambito dell’organizzazione del nuovo datore di lavoro. Un effetto del trasferimento della rappresentanza di tali lavoratori potrebbe essere, di fatto, un maggiore onere amministrativo derivante dalla rappresentanza dell’organico già alle dipendenze del nuovo datore di lavoro.

84.      Un effetto del genere tuttavia, deve essere considerato nel contesto della direttiva 2001/23 nel suo complesso, la cui principale finalità, come ho già ricordato, è salvaguardare i diritti dei dipendenti in caso di cambiamento di datore di lavoro, consentendo loro di continuare a lavorare per l’imprenditore cessionario alle stesse condizioni concordate con il cedente (50). Ai sensi della direttiva, non solo i diritti attinenti alla rappresentanza dei lavoratori, ma anche i termini e le condizioni di occupazione dei lavoratori dell’entità ceduta saranno trasferiti al nuovo rapporto di lavoro per effetto della cessione. Tali termini e condizioni di occupazione possono essere migliori o peggiori (in tutto o in parte) rispetto a quelli relativi all’organico attuale del nuovo datore di lavoro. Inevitabilmente può prodursi un certo squilibrio. Ciò è il risultato di un’illegittimità non nell’applicazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/23, ma nell’applicazione della direttiva nel suo complesso.

85.      Per quanto riguarda le osservazioni concernenti l’asserita discriminazione e violazione del principio della parità di trattamento, secondo una giurisprudenza costante il principio di parità di trattamento ovvero di non discriminazione richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo obiettiva necessità (51).

86.      Nell’affrontare le questioni di comparabilità, la Corte ha affermato che è necessario considerare tutti gli elementi che caratterizzano le situazioni di cui trattasi (52). Tali elementi, nonché la loro comparabilità, «devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto comunitario che stabilisce la distinzione di cui trattasi» (53).

87.      Nella fattispecie, una distinzione come quella prospettata potrebbe derivare dall’applicazione della direttiva 2001/23, ed essere operata alla luce del suo obiettivo primario. In tale contesto, ritengo che, in sostanza, non sussista discriminazione né violazione del principio di parità di trattamento. I due gruppi di lavoratori in questione non si trovano in situazioni comparabili sul piano della politica comunitaria applicabile. Il risultato dell’applicazione di tale politica è la creazione di due situazioni diverse nell’ambito della stessa impresa. La prima è costituita dai nuovi lavoratori, i cui termini e condizioni sono stati trasferiti per effetto di legge. La seconda è rappresentata dall’organico attuale. Possono essere legittimamente applicabili norme diverse.

88.      Anche qualora le due situazioni di cui trattasi fossero comparabili, sono del parere che qualsiasi differenza risultante da tali situazioni sarebbe obiettivamente giustificata alla luce dello scopo della direttiva 2001/23, di garantire, per quanto possibile e attuabile, che i nuovi lavoratori non siano discriminati a causa del trasferimento.

89.      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui sarebbe pregiudicata la libertà sindacale dell’organico attuale, è vero che la Corte ha affermato che tale libertà rappresenta un «principio generale del diritto del lavoro». A mio avviso, tuttavia, nulla, nel ragionamento svolto dal governo spagnolo, indicherebbe che tale libertà sarebbe pregiudicata in modo sostanziale o ingiustificato nelle circostanze considerate.

90.      Per quanto concerne l’argomento attinente al potenziale danno causato al nuovo datore di lavoro, sebbene sia vero che la Corte ha ammesso la possibilità che debbano essere presi in considerazione gli interessi di tale imprenditore (54), questo criterio non può, a mio avviso, essere ampliato ulteriormente affinché possa diventare un principio prioritario di interpretazione della direttiva, al punto di negare la chiara formulazione delle sue disposizioni, compromettendo il loro effetto utile (effet utile).

 Domanda nel procedimento dinanzi al giudice nazionale

91.      Spetterà, naturalmente, al giudice nazionale applicare i principi stabiliti nella sentenza della Corte nella presente causa ai fatti della causa di cui è investito, tenendo in considerazione, in particolare, le norme nazionali e le prassi rilevanti.

92.      Le seguenti questioni, tuttavia, possono essere pertinenti in qualsiasi valutazione dell’autonomia effettuata dal giudice nazionale:

–        la continuità delle funzioni e dei servizi forniti dai lavoratori trasferiti;

–        la misura in cui i lavoratori trasferiti sussistono come unità distinta nel loro lavoro nell’ambito dell’impresa del cessionario (nella fattispecie, il comune);

–        la misura in cui i diretti superiori gerarchici di tali lavoratori rimangono gli stessi;

–        la misura in cui l’elettorato dei lavoratori che ha designato i rappresentanti in questione resta lo stesso (sebbene, per le ragioni menzionate al paragrafo 61 di cui sopra, questo sia un criterio da applicare in maniera estensiva);

–        la misura in cui eventuali importanti processi di ristrutturazione attuati dal cessionario in seguito al trasferimento possono avere avuto come conseguenza la perdita dell’indipendenza organizzativa e finanziaria dell’entità trasferita.

93.      Viceversa, desidero sottolineare che il giudice nazionale non deve tener conto di processi di ristrutturazione di portata ridotta, attuati dal cessionario in seguito al trasferimento. Ad esempio, un trasferimento dei locali nei quali i lavoratori svolgono la loro attività, difficilmente potrebbe avere in quanto tale un effetto significativo sul mantenimento dell’autonomia. Lo stesso discorso varrebbe per eventuali cambiamenti nell’identità della clientela per la quale i lavoratori trasferiti svolgevano le loro funzioni.

94.      Un eventuale cambiamento dei responsabili ultimi dei lavoratori trasferiti è parimenti un fattore da ignorare. Come ha giustamente osservato la Commissione, un cambiamento di questo genere è pressoché inevitabile in seguito ad un trasferimento rilevante.

95.      Infine, il governo spagnolo ha ritenuto che le disposizioni di cui all’art. 67, n, 1, dello Statuto spagnolo dei lavoratori (55) significano che alla rappresentanza dei lavoratori trasferiti deve essere applicato il secondo comma, piuttosto che il primo comma dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/23. Può accadere che l’applicazione di tali disposizioni abbia come risultato che «esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori». Se tale sia o meno effettivamente il caso, è una questione riservata al giudice nazionale.

 Conclusione

96.      Alla luce delle considerazioni che precedono, sono del parere che la Corte debba statuire sulla questione proposta dal Juzgado de lo Social Único de Algeciras come segue:

Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, un’impresa, uno stabilimento o parte di un’impresa o di uno stabilimento conserva la propria autonomia qualora, a seguito del trasferimento, mantenga la struttura organizzativa specifica imposta dal cedente ai diversi fattori di produzione trasferiti. Viceversa, un’entità non conserva la propria autonomia qualora, malgrado il mantenimento del nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà tra i fattori di produzione trasferiti, tali elementi siano integrati, dopo il trasferimento, in una nuova e diversa struttura organizzativa. Nell’applicazione di tale criterio, è necessario tenere conto della realtà organizzativa dell’entità interessata a seguito del trasferimento.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – GU L 82, pag. 16. La direttiva codifica e sostituisce la direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26) (in prosieguo: la «direttiva 77/187»), a sua volta modificata dalla direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE, GU L 201, pag. 88) (in prosieguo: la «direttiva 98/50»). Nei paragrafi successivi mi riferisco a tali direttive congiuntamente con il nome di «direttive sui diritti acquisiti».


3 – V. paragrafi 48 e segg. infra.


4 – Sentenza 12 febbraio 2009, causa C‑466/07 (Racc. pag. I-00803). V. paragrafi 20 e segg. delle conclusioni in tale causa.


5– V., in particolare, sentenza 10 febbraio 1988, causa 324/86, Tellerup (Racc. pag. 739, «Daddy’s Dance Hall», punto 9).


6 – In uno sforzo di economia, utilizzo il termine «impresa» sia in questa sede, sia in seguito, per includere stabilimenti, parti di imprese e parti di stabilimenti, e farò riferimento ai trasferimenti ai quali sono applicabili le direttive sui diritti acquisiti come «trasferimenti rilevanti».


7  – V. sentenza 27 novembre 2008, causa C‑396/07, Juuri (Racc. pag. I‑8883, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, il terzo ‘considerando’ della direttiva 2001/23.


8  – V. sentenza 13 settembre 2007, causa C‑458/05, Jouini e a. (Racc. pag. I‑7301, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


9 – V. sentenza 18 marzo 1986, causa 24/85 (Racc. pag. 1119).


10 – Punti 11 e 13.


11  – V., in tal senso, sentenza 10 dicembre 1998, cause riunite C‑173/96 e C‑247/96, Hidalgo e a. (Racc. pag. I‑8237, punto 31).


12 – Sentenza 14 aprile 1994, causa C‑392/92 (Racc. pag. I‑1311).


13  – V. sentenza 26 settembre 2000, causa C‑175/99, Mayeur (Racc. pag. I‑7755, punto 33) e art. 1, n. 1, lett. c), della direttiva 2001/23.


14 – Schmidt, cit. alla nota 12 supra, punto 20.


15 – Ibid., punto 14. V., inoltre, art. 1, n. 1, lett. c), della direttiva 2001/23.


16– Sentenza 10 dicembre 1998, cause riunite C‑127/96, C‑229/96 e C‑74/97, Hernández Vidal e a. (Racc. pag. I‑8179, punto 35).


17 – V. Mayeur, cit. alla nota 13 supra, punto 40.


18 – Punto 16. È piuttosto difficile immaginare circostanze in cui il trasferimento di un’impresa abbia un’implicazione minore, in termini di elementi materiali, che in tale caso.


19 – Sentenza 11 marzo 1997, causa C‑13/95 (Racc. pag. I‑1259).


20 – Punto 18.


21 – Sentenza 25 gennaio 2001, causa C‑172/99, Liikenne (Racc. pag. I‑745, punti 39 e 42).


22 – V. sentenza Mayeur, cit. alla nota 13 supra, punto 32 e giurisprudenza ivi citata. V., inoltre, l’art. 1, n. 1, lett. b), della direttiva 2001/23.


23 – Sentenza 20 novembre 2003, causa C‑340/01, Abler (Racc. pag. I‑14023, punto 43).


24– Sentenza 15 dicembre 2005, cause riunite C‑232/04 e C‑233/04, Güney-Görres e Demir (Racc. pag. I‑11237, punto 41).


25 – V. le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nella causa Süzen, cit. alla nota 19 supra, paragrafo 10. V., inoltre, le conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Hernández Vidal e a., cit. alla nota 16 supra, paragrafo 80.


26 – Principi analoghi sono ripresi, tra l’altro, nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, ai cui artt. 7, 17 e 18 fa rinvio il quinto ‘considerando’ della direttiva 2001/23 (v. paragrafo 3 supra).


27 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 2002, 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea (GU L 80, pag. 29), art. 4, lett. a), b) e c).


28 – V., inoltre, direttiva del Consiglio 22 settembre 1994, 94/45/CE, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (GU L 254, pag. 64); direttiva del Consiglio 8 ottobre 2001, 2001/86/CE, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori GU L 294, pag. 22 e, per ragioni di completezza, direttiva del Consiglio 22 luglio 2003, 2003/72/CE, che completa lo statuto della società cooperativa europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (GU L 207, pag. 25), nonché direttiva del Consiglio 20 luglio 1998, 98/59/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225, pag. 16).


29 – Sentenza 18 gennaio 1990, cause riunite C‑193/87 e C‑194/87, Maurissen e Union syndicale/Corte dei conti (Racc. pag I‑95).


30 – Punto 21.


31 – Sentenza 8 giugno 1994, causa C‑382/92 (Racc. pag. I‑2435).


32 – Punto 24.


33 – In tale contesto, si deve ricordare che la direttiva non prevede che i lavoratori trasferiti non possano mai, in alcuna circostanza, essere licenziati. In effetti, l’art. 4, n. 1, dispone espressamente che «tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d’organizzazione che comportano variazioni sul piano dell’occupazione».


34 – Il corsivo è mio.


35 – V., a tal proposito, Klarenberg, cit. alla nota 4 supra, punto 50. La parte finale di tale punto mira chiaramente ad includere sia i casi in cui l’entità economica trasferita conserva la propria autonomia (chiamando pertanto in causa l’art. 6, n. 1, primo comma) sia i casi in cui non la conserva (disciplinati dall’art. 6, n. 1, quarto comma).


36 – V. paragrafi 42-44 supra.


37 – Memorandum della Commissione 4 marzo 1997 sui diritti acquisiti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese [COM(97)85 def.].


38 – Punto 2.7.


39 – Memorandum della Commissione 18 giugno 2007 sulla direttiva 2001/23 [COM(2007)334 def.].


40 – Non ritengo che debba essere attribuita alcuna rilevanza alla lieve differenza nella formulazione (quantomeno nella versione inglese) dei due documenti della Commissione. Le versioni francesi di tali documenti sono, per ragioni di praticità, uguali.


41 – Cit. alla nota 4 supra. V. punti 47 e 48.


42 – Art. 67, n. 3, dello Statuto spagnolo dei lavoratori.


43  – V. paragrafi 70 e 74 infra.


44 – V., tra l’altro, per quanto riguarda la direttiva 77/187, sentenze Daddy’s Dance Hall, cit. alla nota 5 supra, punto 16, e 6 novembre 2003, C‑4/01, Martin e. a (Racc. pag. I‑12859, punto 41). V., per quanto riguarda la direttiva 2001/23, la sentenza Juuri, cit. alla nota 7 supra, punto 23.


45  – Cit. alla nota 28 supra.


46 – Punto 56.


47 – Sentenza 11 novembre, causa C‑425/02 (Racc. pag. I‑10823).


48– Punti 32 e 33.


49 – Secondo la Commissione, l’art. 68 dello Statuto spagnolo dei lavoratori prevede che ai rappresentanti dei lavoratori sia concesso un credito orario mensile, variabile in funzione delle dimensioni dell’impresa in questione. Nel caso di un’impresa con un massimo di 100 dipendenti, ad esempio, il credito è di 15 ore, mentre nel caso di un’impresa con oltre 751 dipendenti, il credito è di 40 ore.


50 – V. paragrafo 28 supra.


51  – V., ad esempio, sentenze 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, IATA e ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 95) e 10 luglio 2008, causa C‑173/07, Emirates Airlines (Racc. pag. I‑5237, punto 39).


52 – V. sentenza 16 dicembre 2008, causa C‑127/07, Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (Racc. pag. I‑9895, punto 25).


53 – Idem punto 26 e giurisprudenza ivi citata.


54 – Sentenza 9 marzo 2006, causa C‑499/04, Werhof (Racc. pag. I‑2397, punto 31).


55 – V. paragrafo 9 supra.