Language of document : ECLI:EU:T:2009:519

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

17 dicembre 2009 (*)

«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato della soda nella Comunità (ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda) – Decisione che accerta una violazione dell’art. 82 CE – Accordi di fornitura per un periodo eccessivamente lungo – Sconto di fedeltà – Prescrizione del potere della Commissione di infliggere ammende o sanzioni – Termine ragionevole – Forme sostanziali – Mercato geografico rilevante – Sussistenza di posizione dominante – Abuso della posizione dominante – Diritto di accesso al fascicolo – Ammenda – Gravità e durata dell’infrazione – Circostanze aggravanti – Recidiva – Circostanze attenuanti»

Nella causa T‑57/01,

Solvay SA, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dagli avv.ti L. Simont, P.-A. Foriers, G. Block, F. Louis e A. Vallery,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. P. Oliver e J. Currall, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. N. Coutrelis,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda diretta all’annullamento della decisione della Commissione 13 dicembre 2000, 2003/6/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 82 [CE] (COMP/33.133 – C: Carbonato di sodio – Solvay) (GU 2003, L 10, pag. 10), e, in subordine, una domanda diretta all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto dai sigg. A. W. H. Meij, presidente, V. Vadapalas (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        La ricorrente, la Solvay SA, è una società di diritto belga che opera nel settore dell’industria farmaceutica, chimica, della plastica e della trasformazione. In particolare, essa produce carbonato di sodio.

2        Il carbonato di sodio è presente in natura sotto forma di un minerale detto trona (soda naturale) oppure è ottenuto mediante procedimento chimico (soda sintetica). La soda naturale si ottiene con la macinazione, purificazione e calcinazione del minerale trona. La soda sintetica si ottiene tramite reazione tra cloruro di sodio e calcare mediante il procedimento «ammoniaca–soda» inventato dai fratelli Solvay nel 1863.

3        Il 7 febbraio 1978 la ricorrente ha concluso con tre produttori di vetro belgi, i suoi tre maggiori clienti tradizionali nel Belgio, alcuni contratti «fabbisogno totale», di durata quinquennale e contenenti clausole di allineamento dei prezzi.

4        Tali accordi sono stati all’origine di un procedimento giudiziario proposto dinanzi ai giudici belgi da un produttore americano di carbonato di sodio. Con sentenza 20 ottobre 1989, la Corte d’appello di Liegi, statuendo su rinvio della Corte di cassazione, ha respinto il ricorso del produttore americano.

5        Parallelamente, la Commissione delle Comunità europee ha avviato un procedimento ai sensi dell’art. 81 CE. Con lettera 21 ottobre 1980, essa ha comunicato alla ricorrente gli elementi degli accordi che riteneva criticabili alla luce del diritto comunitario della concorrenza. In particolare, essa ha spiegato che non poteva accettare accordi di tipo «fabbisogno totale» o «percentuale di fabbisogno totale», ma che avrebbe autorizzato contratti di tipo «tonnellaggio» purché lasciassero il cliente libero di rifornirsi da altri produttori per una parte non trascurabile del suo fabbisogno. La Commissione ha fissato la durata dei contratti di fornitura ad un massimo di due anni e si è riservata di valutare la clausola di concorrenza.

6        Il 16 dicembre 1980 la ricorrente ha trasmesso alla Commissione un progetto di lettera, destinato alle sue direzioni nazionali, volto all’adozione, da parte di queste ultime, di contratti tipo «tonnellaggio» sulla base di linee guida elaborate tenendo conto delle osservazioni formulate dalla Commissione.

7        Con lettera 2 febbraio 1981 la Commissione ha comunicato alla ricorrente che le linee guida contenute nel progetto di lettera del 16 dicembre 1980 erano conformi alle sue richieste di modifica dei contratti di fornitura di carbonato di sodio. Essa ha però espresso riserve sulla clausola di concorrenza, detta «clausola inglese», e ha chiesto la modifica dei contratti stipulati con i tre produttori di vetro belgi.

8        Conformemente alle osservazioni della Commissione in merito alla clausola di concorrenza, la ricorrente ha modificato il progetto di lettera e, il 19 febbraio 1981, ha spedito una lettera alle sue direzioni nazionali invitandole a modificare i loro contratti di tonnellaggio con l’industria del vetro a seguito dei rilievi formulati dalla Commissione. Con lettera 29 ottobre 198l la ricorrente ha informato la Commissione dello stato di avanzamento dei negoziati con l’industria del vetro al fine di conformare i contratti già in essere al diritto comunitario della concorrenza.

9        La Commissione ha conseguentemente deciso di chiudere il procedimento aperto ai sensi dell’art. 81 CE. Inoltre, il 5 febbraio 1982 ha pubblicato un comunicato stampa spiegando che nel settore del carbonato di sodio la ricorrente aveva modificato i suoi contratti di fornitura in modo da renderli compatibili con il diritto comunitario della concorrenza.

10      All’epoca dei fatti oggetto della presente controversia la ricorrente era attiva nel settore del carbonato di sodio tramite unità di vendita stabilite in nove paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svizzera. Essa inoltre possedeva unità produttive in Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Portogallo e Spagna.

11      Nel 1987 la capacità complessiva di produzione della ricorrente rappresentava circa 4 milioni di tonnellate e la sua produzione in Europa era pari a circa 3,7 milioni di tonnellate.

12      In un fax trasmesso il 2 novembre 1988, privo di data e di firma ma recante l’intestazione della ricorrente e che era stato inviato alla Commissione, viene indicato che nel 1988 la capacità produttiva mondiale di carbonato di sodio si aggirava intorno ai 37 milioni di tonnellate, mentre il consumo di carbonato di sodio era pari a 31 milioni di tonnellate.

13      Nel 1988 la ricorrente deteneva, in particolare, il 52,5% del mercato tedesco, il 96,9% del mercato austriaco, l’82% di quello belga, il 99,6% del mercato spagnolo, il 54,9% del mercato francese, il 95% di quello italiano, il 14,7% del mercato olandese, il 100% di quello portoghese e il 76,1% del mercato svizzero.

14      Nel 1989 il consumo di carbonato di sodio nella Comunità europea era di circa 5,5 milioni di tonnellate, per un valore di mercato pari a circa 900 milioni di ECU.

15      Nel periodo compreso tra il 1987 e il 1989 i produttori comunitari, oltre alla ricorrente, erano le società Imperial Chemical Industries (in prosieguo: l’«ICI»), Rhône-Poulenc, AKZO, Matthes & Weber, nonché la società Chemische Fabrik Kalk (in prosieguo: la «CFK»), controllata della Kali & Salz, appartenente al gruppo BASF.

16      La ricorrente aveva come clienti talune imprese del settore del vetro, della chimica e della metallurgia. All’epoca dei fatti controversi, il suo maggior cliente, non soltanto per il carbonato di sodio ma per tutte le sue attività, era costituito dalla Saint-Gobain SA e consociate (in prosieguo: il «gruppo Saint-Gobain»). Tale gruppo possedeva controllate in diversi Stati dell’Europa occidentale, che si rifornivano di carbonato di sodio presso le direzioni nazionali della ricorrente.

17      Nel 1988 le importazioni provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est, colpite da dazi antidumping all’ingresso nella Comunità, rappresentavano, in particolare, l’8,1% del mercato tedesco, il 2% di quello austriaco, il 2,1% del mercato belga, l’1,4% del mercato francese e il 3% del mercato italiano.

18      Anche le importazioni provenienti dagli Stati Uniti erano colpite da dazi antidumping, ma ciononostante alcune importazioni venivano effettuate in regime di perfezionamento attivo. Nel 1988 le importazioni di carbonato di sodio statunitense rappresentavano il 2,4% del mercato belga, lo 0,9% del mercato francese, il 3% di quello olandese e non coprivano il mercato tedesco.

19      Il 5 aprile 1989 la Commissione ha deciso un accertamento presso la AKZO, la CFK, l’ICI, la Matthes & Weber, la Rhône Poulenc e la Solvay ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 del Consiglio (procedimento IV/33.133) (in prosieguo: la «decisione di accertamento»), svolgendo inter alia le seguenti considerazioni:

«(…) secondo le informazioni ottenute dalla Commissione, il mercato del carbonato di sodio denso nella [Comunità] è rigidamente ripartito su basi nazionali, e in linea di principio ogni produttore concentra le vendite nella Comunità sul proprio mercato “locale”, ossia sullo Stato membro o sugli Stati membri in cui si trovano i propri centri di produzione;

[l]a Solvay, che possiede sette fabbriche nella [Comunità], è l’unico produttore che effettua forniture nella maggior parte degli Stati membri, tranne che nel Regno Unito e nella Repubblica d’Irlanda, che sono i territori riservati di ICI;

[a]pparentemente ICI non effettua forniture nella [Comunità] al di fuori del suo mercato locale, costituito dal Regno Unito e dall’Irlanda, e sembra che anche gli altri produttori limitino le loro forniture ai propri mercati nazionali tradizionali;

[i]n base alle informazioni di cui dispone la Commissione, esistono listini di prezzi diversi per ogni Stato membro, ma gli acquirenti si riforniscono solo dal produttore nazionale, dato che i produttori non desiderano vendere sui mercati nazionali di altri produttori;

[p]er di più, negli Stati membri in cui sono presenti numerosi produttori, questi applicherebbero listini di prezzo identici e praticherebbero rialzi di prezzi quasi concomitanti e uniformi;

[o]ccorre verificare se l’apparente rigidità del mercato nella [Comunità] e l’apparente mancanza di concorrenza [siano] il risultato di intese o di pratiche concordate tra i produttori ai sensi dell’art. [81 CE];

[o]ccorre inoltre accertare se accordi che possono ricadere nell’ambito dell’art. [81 CE] si estendano al carbonato di sodio leggero, anch’esso fabbricato dai sei produttori;

[t]utte le intese o pratiche concordate che implichino la compartimentazione dei mercati nazionali e/o la concertazione sui prezzi potrebbero costituire una violazione grave dell’art. [81 CE] e la loro stessa natura lascia trasparire che esse sono applicate secondo modalità di massima segretezza;

[p]er consentire alla Commissione di venire a conoscenza di tutti gli elementi di fatto relativi agli eventuali accordi o pratiche concordate nonché dell’identità delle parti interessate, è necessaria una decisione che imponga alle imprese di sottomettersi ad un accertamento ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 (…)».

20      Alla luce di tali considerazioni, l’art. 1 della decisione di accertamento stabiliva che la ricorrente e le sue controllate tedesche e spagnole erano «tenute a sottoporsi ad un accertamento vertente sulla (…) loro eventuale partecipazione ad intese e/o pratiche concordate contrarie all’art. [81 CE] aventi per effetto una suddivisione dei mercati nazionali e un accordo sui prezzi del carbonato di sodio [e sulla] attuazione di accordi di acquisto esclusivo con taluni acquirenti che avrebbero potuto restringere o eliminare la concorrenza e rafforzare la rigidità del mercato di carbonato di sodio nella [Comunità]».

21      Sulla base della decisione di accertamento la Commissione ha effettuato accertamenti presso diversi produttori di carbonato di sodio stabiliti nella Comunità, raccogliendo numerosi documenti nei locali delle imprese interessate.

22      Il 21 giugno 1989 la Commissione ha rivolto alla ricorrente una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11 del regolamento (CEE) del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), nella versione applicabile all’epoca dei fatti, e successivamente, l’8 luglio 1989, una richiesta di informazioni alla sua controllata tedesca. Tali richieste vertevano tanto sull’art. 81 CE quanto sull’art. 82 CE.

23      Il 19 febbraio 1990 la Commissione ha deciso di avviare d’ufficio un procedimento nei confronti della ricorrente, dell’ICI e della CFK ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 17.

24      Il 13 marzo 1990 la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alla ricorrente, all’ICI e alla CFK. Ciascuna società ha ricevuto unicamente la parte o le parti della comunicazione degli addebiti relative alle infrazioni che la riguardavano, con allegati i pertinenti elementi probatori a carico.

25      La Commissione ha costituito un fascicolo unico per tutte le infrazioni indicate nella comunicazione degli addebiti.

26      Per quel che riguarda la presente causa, al titolo IV della comunicazione degli addebiti, intitolato «Solvay», la Commissione ha concluso che la ricorrente aveva abusato della posizione dominante che deteneva sul mercato del carbonato di sodio nell’Europa dell’Ovest continentale.

27      Il 28 maggio 1990 la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni scritte in risposta alle accuse formulate dalla Commissione.

28      Il 19 dicembre 1990 la Commissione ha adottato la decisione 91/299/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [82 CE] (IV/33.133-C: Carbonato di sodio – Solvay) (GU 1991, L 152, pag. 21). In tale decisione, notificata alla ricorrente con lettera 1° marzo 1991, essa ha dichiarato che «[la ricorrente aveva] violato l’articolo [82 CE] dal 1983 circa fino ad oggi adottando un comportamento inteso ad escludere o a limitare in ampia misura la concorrenza (...), concludendo con i clienti accordi che obbligano questi ultimi ad approvvigionarsi presso [di essa] per la totalità o per una grandissima parte del loro fabbisogno per un periodo indeterminato o eccessivamente lungo (…), concedendo forti sconti ed altri incentivi finanziari sui quantitativi marginali che eccedono il tonnellaggio contrattuale di base dei clienti affinché questi si riforniscano presso [di essa] per la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno [e] subordinando la concessione di sconti alla condizione che il cliente acconsenta ad approvvigionarsi presso [di essa] per la totalità del suo fabbisogno».

29      A termini dell’art. 3 della decisione 91/299, «[alla ricorrente] è inflitta un’ammenda dell’ammontare di 20 milioni di ECU per l’infrazione [accertata]».

30      Lo stesso giorno la Commissione ha altresì adottato la decisione 91/297/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/33.133-A: Carbonato di sodio – Solvay, ICI) (GU 1991, L 152, pag. 1), nella quale ha dichiarato che «[la ricorrente] e ICI [avevano] violato l’articolo [81 CE] partecipando, dal 1° gennaio 1973 fino almeno all’apertura del presente procedimento, ad un accordo e/o una pratica concordata con cui hanno limitato le loro vendite di carbonato di sodio nella CEE ai loro rispettivi mercati interni, ossia l’Europa dell’Ovest continentale per [la ricorrente] e il Regno Unito e l’Irlanda per ICI». La ricorrente e l’ICI sono state condannate ciascuna a un’ammenda di sette milioni di ECU.

31      Lo stesso giorno, inoltre, la Commissione ha adottato la decisione 91/298/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/33.133-B: Carbonato di sodio – Solvay, CFK) (GU 1991, L 152, pag. 16), nella quale ha dichiarato che «[la ricorrente] e CFK [avevano] violato l’articolo [81 CE] partecipando, dal 1987 circa fino ad oggi, ad un accordo di ripartizione del mercato mediante il quale [la ricorrente] garantiva a CFK un quantitativo minimo annuo di vendite di carbonato di sodio in Germania, calcolato sulla base delle vendite effettuate da CFK nel 1986, e compensava CFK dell’eventuale differenza negativa acquistando da questa impresa i quantitativi necessari per portare il volume delle sue vendite al livello minimo garantito». La ricorrente e la CFK sono state condannate ad un’ammenda rispettivamente di tre milioni di ECU e di un milione di ECU.

32      Lo stesso giorno la Commissione ha adottato anche la decisione 91/300/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [82 CE] (IV/33.133-D: Carbonato di sodio – ICI) (GU 1991, L 152, pag. 40), nella quale ha dichiarato che «ICI [aveva] violato l’articolo [82 CE] dal 1983 circa fino ad oggi adottando un comportamento inteso ad escludere o a limitare in ampia misura la concorrenza (…) concedendo forti sconti ed altri incentivi finanziari sui quantitativi marginali affinché i clienti si rifornissero presso ICI per la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno (…), inducendo i clienti ad impegnarsi ad acquistare la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno presso ICI e/o a limitare gli acquisti di prodotti concorrenti a un quantitativo determinato [e,] almeno in un caso, subordinando la concessione di sconti ed altre agevolazioni finanziarie alla condizione che il cliente acconsentisse ad approvvigionarsi esclusivamente presso ICI». L’ICI è stata condannata ad un’ammenda di dieci milioni di ECU.

33      Il 2 maggio 1991 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso diretto all’annullamento della decisione 91/299. Lo stesso giorno la ricorrente ha altresì chiesto l’annullamento delle decisioni 91/297 e 91/298. Il 14 maggio 1991 l’ICI ha chiesto l’annullamento delle decisioni 91/297 e 91/300.

34      Con sentenza 29 giugno 1995, causa T‑32/91, Solvay/Commissione (Racc. pag. II‑1825; in prosieguo: la «sentenza Solvay III»), il Tribunale ha annullato la decisione 91/299, dichiarando che l’autenticazione di detta decisione era stata effettuata dopo la sua notifica, il che costituiva una violazione di una forma sostanziale ai sensi dell’art. 230 CE.

35      Lo stesso giorno il Tribunale ha annullato altresì la decisione 91/298 nella parte in cui riguardava la ricorrente (sentenza nella causa T‑31/91, Solvay/Commissione; in prosieguo: la «sentenza Solvay II»), nonché la decisione 91/300 (sentenza nella causa T‑37/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II‑1901; in prosieguo: la «sentenza ICI II»), a causa della loro irregolare autenticazione. Inoltre, il Tribunale ha annullato la decisione 91/297 (sentenze nella causa T‑30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II‑1775; in prosieguo: la «sentenza Solvay I», e nella causa T‑36/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II‑1847; in prosieguo: la «sentenza ICI I»), che riguardava le ricorrenti nelle dette due cause, per violazione del diritto di accesso al fascicolo.

36      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria della Corte il 30 agosto 1995, la Commissione ha proposto ricorso contro le sentenze Solvay II, cit. supra al punto 35, Solvay III, cit. supra al punto 34, e ICI II, cit. supra al punto 35.

37      Con sentenze 6 aprile 2000, causa C‑286/95 P, Commissione/ICI (Racc. pag. I‑2341), e cause riunite C‑287/95 P e C‑288/95 P, Commissione/Solvay (Racc. pag. I‑2391), la Corte ha respinto i ricorsi contro le sentenze ICI II, cit. supra al punto 35, Solvay II, cit. supra al punto 35, e Solvay III, cit. supra al punto 34.

38      Martedì 12 dicembre 2000 un’agenzia ha pubblicato un comunicato stampa del seguente tenore:

«“Mercoledì la Commissione europea infliggerà alle società dell’industria chimica Solvay SA e Imperial Chemical Industries plc (…) un’ammenda per violazione del diritto della concorrenza dell’Unione europea”, ha dichiarato oggi una portavoce.

Le ammende per il presunto abuso di posizione dominante sul mercato del carbonato di sodio erano state in origine inflitte dieci anni or sono, ma erano state annullate dalla suprema Corte europea per ragioni procedurali.

Secondo la portavoce, mercoledì la Commissione adotterà nuovamente la stessa decisione, ma in una forma corretta.

La sostanza della decisione non è mai stata contestata dalle società. La Commissione ha dichiarato: “Adotteremo di nuovo la stessa decisione”».

39      Il 13 dicembre 2000 la Commissione ha adottato la decisione 2003/6/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 82 [CE] (COMP/33.133-C: Carbonato di sodio – Solvay) (GU 2003, L 10, pag. 10; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

40      Lo stesso giorno la Commissione ha altresì adottato le decisioni 2003/5/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 81 [CE] (COMP/33.133-B: Carbonato di sodio – Solvay, CFK) (GU 2003, L 10, pag. 1), e 2003/7/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] (COMP/33.133-D: Carbonato di sodio – ICI) (GU 2003, L 10, pag. 33).

41      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1

Solvay (…) ha violato l’articolo [82 CE] dal 1983 fino circa alla fine del 1990 adottando un comportamento inteso ad escludere o a limitare in ampia misura la concorrenza:

a)       concludendo con i clienti accordi che obbligano questi ultimi ad approvvigionarsi presso Solvay per la totalità o per una grandissima parte del loro fabbisogno per un periodo indeterminato o eccessivamente lungo;

b)       concedendo forti sconti ed altri incentivi finanziari sui quantitativi marginali che eccedono il tonnellaggio contrattuale di base dei clienti affinché questi si riforniscano presso Solvay per la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno;

c)       subordinando la concessione di sconti alla condizione che il cliente acconsenta ad approvvigionarsi presso Solvay per la totalità del suo fabbisogno.

Articolo 2

A Solvay è inflitta un’ammenda dell’ammontare di 20 milioni di EUR per l’infrazione di cui all’articolo 1, lettere b) e c).

(…)».

42      La decisione impugnata è redatta praticamente negli stessi termini della decisione 91/299. La Commissione ha apportato soltanto alcune modifiche di ordine redazionale ed ha aggiunto una parte nuova intitolata «Procedimenti dinanzi al Tribunale di primo grado e alla Corte di giustizia».

43      In questa nuova parte della decisione impugnata, riferendosi alla sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite T‑305/94, T‑306/94, T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (Racc. pag. II‑931; in prosieguo: la «sentenza PVC II del Tribunale»), la Commissione ha considerato che essa poteva «riadottare una decisione che [era] stata annullata per vizi meramente procedurali (…) senza un altro procedimento amministrativo» e che non era «tenuta a procedere ad una nuova audizione se il testo della nuova decisione non cont[eneva] alcuna nuova obiezione oltre a quelle sollevate nella decisione originale» (punto 199).

44      Nella decisione impugnata la Commissione ha inoltre precisato che il termine di prescrizione doveva essere prorogato di un tempo corrispondente al periodo durante il quale la decisione 91/299 era stata oggetto di procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte, ai sensi dell’art. 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1) (punti 204 e 205). Pertanto, tenuto conto delle circostanze di specie, la Commissione ha ritenuto di poter riadottare la decisione annullata entro il settembre 2004 (punto 207). Inoltre, essa ha spiegato che i diritti di difesa delle imprese interessate non sono violati se la nuova decisione viene adottata entro un termine ragionevole (punto 199).

45      Quanto all’infrazione vera e propria, nella decisione impugnata la Commissione ha precisato che il mercato sotto il profilo del prodotto e geografico nel quale andava valutato il potere economico della ricorrente era costituito dal mercato del carbonato di sodio nella Comunità, ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda (punto 136).

46      Per valutare il potere di mercato della ricorrente ai fini della presente causa la Commissione ha esaminato i fattori economici pertinenti e ha concluso, nella decisione impugnata, che per tutto il periodo in questione la ricorrente aveva detenuto una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE (punti 137-148).

47      Riguardo all’abuso di posizione dominante, nella decisione impugnata la Commissione ha dichiarato che la ricorrente aveva «vincola[to]» i suoi clienti mediante vari meccanismi tutti intesi al medesimo obiettivo di escludere la concorrenza (punto 150). In proposito, essa ha spiegato quanto segue:

–       dal 1982 la ricorrente aveva adottato un sistema di sconti progressivi che mirava esplicitamente a garantirle la fedeltà del cliente e ad escludere o a limitare la concorrenza (punti 151-160);

–       la ricorrente aveva concluso un protocollo segreto con la Saint-Gobain destinato a confermarla nella posizione di fornitore esclusivo o pressoché esclusivo della Saint-Gobain nell’Europa dell’Ovest, salvo la Francia. Infatti, il pagamento dello sconto «gruppo», pari all’1,5% calcolato sull’insieme degli acquisti della Saint-Gobain in Europa, era subordinato alla condizione che la Saint-Gobain continuasse ad accordare alla ricorrente la priorità per il suo approvvigionamento (punti 161-165);

–       la ricorrente aveva concluso contratti di esclusiva, espliciti o di fatto, con taluni suoi clienti (punti 166-176);

–       varie forme di clausole di concorrenza e di meccanismi analoghi rafforzavano il vincolo con la ricorrente, limitavano la possibilità per il cliente di cambiare fornitore e rendevano più difficile l’accesso dei concorrenti all’approvvigionamento dei clienti abituali della ricorrente (punti 177-180);

–       il sistema di sconti applicato dalla ricorrente costituiva un insieme di pratiche discriminatorie (punti 181-185).

48      A termini della decisione impugnata, «[g]li sconti di fedeltà e gli altri incentivi offerti [dalla ricorrente] per assicurarsi l’approvvigionamento esclusivo pregiudicavano il commercio fra Stati membri e rafforzavano i vincoli fra i clienti e il fornitore dominante» e «[i] vari meccanismi utilizzati [dalla ricorrente] per vincolare i clienti hanno avuto per risultato di rafforzare la rigidità strutturale e la suddivisione del mercato del carbonato di sodio secondo frontiere nazionali, nuocendo, o minacciando così di nuocere, alla realizzazione dell’obiettivo di un mercato unico fra gli Stati membri» (punto 187).

49      Nella decisione impugnata la Commissione ha precisato che le infrazioni commesse erano state di estrema gravità, dal momento che la ricorrente era il primo produttore di carbonato di sodio della Comunità e che le dette infrazioni le avevano permesso di consolidare la sua posizione dominante sul mercato mediante l’esclusione di una concorrenza effettiva in una parte sostanziale del mercato comune (punto 191).

50      Inoltre, nella decisione impugnata la Commissione ha indicato che le infrazioni erano iniziate attorno al 1983, poco dopo le trattative con la Commissione stessa e la chiusura della pratica, ed erano proseguite almeno fino alla fine del 1990 (punto 195).

51      Il 13 dicembre 2000 la Commissione ha altresì pubblicato un comunicato stampa spiegando che avrebbe adottato delle decisioni per infliggere alla ricorrente e all’ICI ammende identiche a quelle inizialmente irrogate loro nei procedimenti «Carbonato di sodio».

 Procedimento

52      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 marzo 2001 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

53      Nell’atto introduttivo la ricorrente ha chiesto al Tribunale di ordinare alla Commissione di produrre tutti i documenti contenuti nel suo fascicolo, così da valutare se l’accesso a tali documenti nel corso del procedimento amministrativo avrebbe potuto influire sull’esercizio dei suoi diritti di difesa.

54      L’8 maggio 2001 la causa è stata assegnata alla Quarta Sezione del Tribunale ed è stato nominato un giudice relatore.

55      Dopo l’autorizzazione del Tribunale, la ricorrente e la Commissione hanno presentato osservazioni, rispettivamente il 6 e il 23 dicembre 2002, riguardo alle conseguenze da trarre nella presente causa dalla sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (Racc. pag. I‑8375; in prosieguo: la «sentenza PVC II della Corte»).

56      Poiché il 1° ottobre 2003 la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata e il giudice relatore è stato assegnato alla Prima Sezione, è a quest’ultima che, l’8 ottobre 2003, è stata attribuita la presente causa.

57      Il 19 dicembre 2003 il Tribunale ha invitato la Commissione a produrre la comunicazione degli addebiti, gli allegati alla stessa e un elenco dettagliato di tutti i documenti del fascicolo. Nell’elenco dovevano comparire indicazioni sintetiche che permettessero di identificare l’autore, la natura e il contenuto di ciascun documento. Il Tribunale ha inoltre chiesto alla Commissione di indicare a quali di detti documenti era stato consentito alla ricorrente di accedere nel corso della fase amministrativa del procedimento.

58      Il 13 febbraio 2004 la Commissione ha prodotto la comunicazione degli addebiti, gli allegati alla stessa e l’elenco, chiedendo la fissazione di un termine per rispondere all’ultima richiesta del Tribunale.

59      Con lettera 10 marzo 2004 la Commissione ha precisato che, durante la fase amministrativa del procedimento, la ricorrente aveva avuto accesso ai documenti che suffragavano la comunicazione degli addebiti e che erano a questa allegati. Essa ha poi fatto riferimento a 65 «sottofascicoli» che componevano il fascicolo principale, tra cui 22 «sottofascicoli» provenienti dalla sede della ricorrente o da una delle sue controllate (ossia i «sottofascicoli» nn. 2-14, 24-27, 50-52 e 62-65, nonché parte del «sottofascicolo» n. 61). A detta della Commissione, la procedura seguita nel 1990 era conforme alla giurisprudenza vigente in materia di diritto di accesso al fascicolo. Inoltre, dopo una rilettura del fascicolo istruttorio, non era emerso alcun indizio di una violazione dei diritti della difesa nel corso della fase amministrativa del procedimento, neppure esaminando il fascicolo istruttorio alla luce della successiva giurisprudenza in tema di diritto di accesso al fascicolo.

60      Con lettera 21 giugno 2004 la Commissione ha inviato alla cancelleria del Tribunale un elenco riveduto dei documenti che componevano il fascicolo amministrativo, più completo rispetto a quello trasmesso il 13 febbraio 2004. Come nel precedente, anche nell’elenco riveduto si faceva riferimento a 65 «sottofascicoli»; ivi venivano indicati altresì alcuni documenti provenienti per la maggior parte dalla società Oberland Glas.

61      Con lettera 21 luglio 2004 il Tribunale ha invitato la ricorrente a indicare i documenti menzionati nell’elenco riveduto che non le erano stati comunicati durante la fase amministrativa del procedimento e che, a suo avviso, potevano contenere elementi utili alla sua difesa.

62      Con lettera 29 settembre 2004 la ricorrente ha fatto notare che l’elenco riveduto era incompleto e impreciso. Tra i documenti ivi menzionati essa ha poi indicato quelli che riteneva utili per la sua difesa e che desiderava consultare. A suo avviso, tali documenti avrebbero potuto consentirle di sviluppare i suoi argomenti relativi alla definizione del mercato geografico rilevante, all’assenza di posizione dominante e all’assenza di abuso di posizione dominante.

63      Poiché il 13 settembre 2004 la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata e il giudice relatore è stato assegnato alla Quarta Sezione nella sua nuova composizione, è a quest’ultima che, il 7 ottobre 2004, è stata attribuita la presente causa.

64      Il 17 dicembre 2004 il Tribunale ha invitato la Commissione a depositare in cancelleria i documenti del fascicolo menzionati dalla ricorrente nella lettera del 29 settembre 2004, sia nella versione riservata sia in quella non riservata.

65      Con lettera 28 gennaio 2005 la Commissione ha depositato nella cancelleria del Tribunale la versione riservata dei documenti del fascicolo richiesti, chiedendo un termine supplementare per produrre un’eventuale versione non riservata, giacché le imprese interessate dovevano essere consultate sul loro interesse a mantenere la riservatezza. La Commissione ha altresì precisato quanto segue:

«[L]’elenco, pur [contenendo] tutti i documenti fino [ad allora] in suo possesso, non riprende tutti i fascicoli che erano stati indicati al Tribunale nel primo procedimento “Carbonato di sodio”. I pochi documenti mancanti sono ancora irreperibili malgrado lunghe ricerche».

66      Con lettera 15 marzo 2005, dopo aver indicato che le imprese interessate non chiedevano un trattamento riservato, la Commissione ha presentato le osservazioni seguenti:

«Per quel che riguarda i fascicoli tuttora irreperibili, la Commissione si duole di non poter soddisfare completamente le richieste del Tribunale.

Il fascicolo amministrativo ([ossia] il fascicolo riguardante il procedimento dall’avvio dell’indagine fino all’invio della comunicazione degli addebiti) attualmente in possesso della Commissione comprende 65 raccoglitori numerati che si riferiscono al periodo [che va] sino al settembre 1989 [, un raccoglitore] che reca il numero 71 e contiene la comunicazione degli addebiti del marzo 1990 e gli allegati alla stessa, [nonché] un raccoglitore privo di numero denominato “Oberland Glas”. Verosimilmente, pertanto, mancano cinque raccoglitori.

Per quanto riguarda il contenuto dei raccoglitori mancanti, la Commissione si duole dell’impossibilità di ricostruire l’elenco completo dei documenti scomparsi, dal momento che non si trovano neppure gli indici dei raccoglitori. Ciò detto, vi è motivo di credere che almeno alcuni di essi contenessero della corrispondenza ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, il che concorda con la spiegazione che la Commissione ha fornito al Tribunale a proposito del fascicolo amministrativo nel 1990. Ad esempio, è probabile che la risposta di (...) ICI alla domanda di informazioni formulata dalla Commissione il 19 giugno 1989 faccia parte dei documenti scomparsi. Infatti, tale domanda figura nel fascicolo amministrativo tuttora in possesso della Commissione, mentre [manca] la relativa risposta».

67      Il 14 aprile 2005 la ricorrente ha consultato presso la cancelleria del Tribunale i documenti del fascicolo indicati nella propria lettera del 29 settembre 2004.

68      Il 15 luglio 2005 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni riguardo all’utilità, per la sua difesa, dei documenti consultati. Il 18 novembre 2005 la Commissione ha risposto alle osservazioni della ricorrente.

69      In seguito alla cessazione dalle funzioni del giudice relatore inizialmente designato, il presidente del Tribunale, con decisione 22 giugno 2006, ha nominato un nuovo giudice relatore.

70      Poiché il 25 settembre 2007 la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata e il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione, è a quest’ultima che, il 5 ottobre 2007, è stata attribuita la presente causa.

71      A causa dell’impedimento del giudice Tchipev a partecipare al procedimento il 12 febbraio 2008, il presidente del Tribunale ha designato il giudice Dittrich per integrare la sezione, ai sensi dell’art. 32, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

72      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura, il 5 maggio 2008 ha posto alcuni quesiti scritti alla ricorrente e alla Commissione, ai quali le parti hanno risposto nel termine stabilito.

73      All’udienza del 26 giugno 2008 sono state sentite le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale.

 Conclusioni delle parti

74      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, dichiarare l’estinzione del procedimento a causa del tempo trascorso e, in ogni caso, annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, dichiarare che il potere della Commissione di infliggere ammende era prescritto e, in ogni caso, annullare l’art. 2 della decisione impugnata nella parte in cui le infligge un’ammenda di EUR 20 milioni;

–        in ulteriore subordine, dichiarare che non vi è motivo di infliggerle un’ammenda o, quanto meno, ridurla in modo sostanziale;

–        a titolo di misura istruttoria, ordinare alla Commissione di produrre tutti i documenti interni relativi all’adozione della decisione impugnata e, in particolare, il verbale di tutte le riunioni del collegio dei commissari durante le quali si sarebbe discusso della decisione impugnata;

–        ordinare alla Commissione di produrre tutti i documenti che compongono il suo fascicolo nel procedimento COM/33.133;

–        condannare la Commissione alle spese.

75      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

76      Le conclusioni della ricorrente sono dirette, in via principale, all’annullamento della decisione impugnata e, in subordine, all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda che le è stata inflitta con tale decisione.

 1. Le conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata

77      La ricorrente fa valere, in sostanza, sei motivi diretti all’annullamento della decisione impugnata. Il primo attiene al tempo trascorso, il secondo alla violazione delle forme sostanziali, il terzo alla definizione erronea del mercato geografico effettuata dalla Commissione, il quarto all’assenza di posizione dominante, il quinto all’assenza di abuso di posizione dominante e il sesto alla violazione del diritto di accesso al fascicolo.

 Il primo motivo:il tempo trascorso

78      Il primo motivo si articola in due capi, relativi rispettivamente ad una erronea applicazione delle norme sulla prescrizione stabilite dal regolamento n. 2988/74 e alla violazione del principio della ragionevolezza dei termini.

 Il primo capo: erronea applicazione delle norme sulla prescrizione

–       Argomenti delle parti

79      La ricorrente sostiene che il ragionamento seguito dalla Commissione riguardo al rispetto delle norme sulla prescrizione è in contrasto con la lettera e con lo spirito del regolamento n. 2988/74.

80      Secondo la ricorrente, l’impugnazione proposta dalla Commissione il 30 agosto 1995, che non ha avuto effetto sospensivo in forza dell’art. 60 dello Statuto della Corte, aveva ad oggetto non la decisione 91/299, che aveva cessato di esistere retroattivamente, ma la sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34, la quale aveva annullato detta decisione. Infatti, ai sensi dell’art. 58 dello Statuto della Corte, il procedimento di impugnazione sarebbe limitato ai motivi di diritto e la Corte procederebbe ad un controllo di legittimità riferendosi alla valutazione sovrana del Tribunale per quel che riguarda le questioni di fatto.

81      Anche se l’espressione «per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte (...) un ricorso», contenuta all’art. 3 del regolamento n. 2988/74, deve oggi leggersi come riferita anche al Tribunale, l’istituzione di un doppio grado di giurisdizione non potrebbe permettere di estendere il periodo di sospensione della prescrizione per coprire un procedimento non avente ad oggetto la decisione impugnata. Inoltre, sostenere che l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 implicherebbe una sospensione della prescrizione per il tempo in cui pende un’impugnazione significherebbe attribuire efficacia ad una decisione annullata ab initio, cosa che non ha precedenti nella comune prassi degli Stati membri.

82      Facendo riferimento al punto 1098 della sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, la ricorrente fa osservare che l’oggetto dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74 è di consentire la sospensione della prescrizione quando la Commissione non possa intervenire per una ragione oggettiva ad essa non imputabile, relativa al fatto stesso che un ricorso è pendente. Secondo la ricorrente, nel caso di specie la Commissione poteva ritenersi impossibilitata ad agire finché fosse stato pendente il ricorso dinanzi al Tribunale. Per contro, una volta che il Tribunale si fosse pronunciato, la Commissione, fatto salvo il principio della ragionevolezza dei termini, sarebbe stata libera di adottare una nuova decisione. Proponendo un’impugnazione la Commissione avrebbe, dunque, assunto il rischio di vedere prescritto il proprio potere sanzionatorio, benché fosse a conoscenza della sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I‑2555), che aveva statuito sul difetto di autenticazione degli atti adottati dal collegio dei commissari. Pertanto, l’inattività della Commissione mentre era pendente il suo ricorso dinanzi alla Corte non potrebbe essere giustificata da alcuna ragione oggettiva.

83      Di conseguenza, ai fini della proroga del termine di prescrizione si sarebbe dovuto tener conto soltanto della durata del procedimento dinanzi al Tribunale. Il termine di prescrizione sarebbe quindi scaduto il 27 gennaio 2000, molto prima dell’adozione della decisione impugnata.

84      La ricorrente fa inoltre osservare che nella sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, questa interpretazione non viene contraddetta. Difatti, nella causa definita da tale sentenza, la nuova decisione della Commissione sarebbe stata adottata entro un termine inferiore ai cinque anni maggiorato del solo «termine di sospensione» relativo al procedimento dinanzi al Tribunale. Pertanto, nella detta sentenza PVC II del Tribunale non si sarebbe posto il problema di stabilire se un’impugnazione abbia un effetto sospensivo ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74.

85      In sede di replica la ricorrente aggiunge che la tesi sostenuta dalla Commissione avrebbe privato la sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34, di qualsiasi effetto finché non fosse stata confermata dalla Corte, disconoscendo così l’autorità di tale sentenza. Inoltre, attribuire all’art. 3 del regolamento n. 2988/74 un’interpretazione estensiva che copra situazioni in cui la Commissione non è impossibilitata ad agire sarebbe contrario al principio di certezza del diritto.

86      Infine, nelle osservazioni presentate a seguito della sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, la ricorrente ribadisce che né il Tribunale né la Corte hanno potuto avere, nella causa che ha dato origine a detta sentenza, l’intenzione di risolvere il problema se il ricorso proposto dalla Commissione contro una sentenza di annullamento del Tribunale abbia l’effetto di sospendere la prescrizione per il tempo in cui pende il procedimento di secondo grado.

87      La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

88      In via preliminare, va ricordato che il regolamento n. 2988/74 ha istituito una normativa completa che disciplina in dettaglio i termini entro i quali la Commissione può legittimamente infliggere – senza violare l’esigenza fondamentale della certezza del diritto – ammende alle imprese oggetto di procedimenti di applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza (sentenze del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑213/00, CMA CGM e a./Commissione, Racc. pag. II‑913, punto 324, e 18 giugno 2008, causa T‑410/03, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑881, punto 223).

89      Infatti, a norma degli artt. 1, nn. 1, lett. b), e 2, e 2, n. 3, del regolamento n. 2988/74, si verifica la prescrizione delle azioni sanzionatorie qualora la Commissione non abbia irrogato un’ammenda o una sanzione entro i cinque anni successivi al termine iniziale di decorrenza della prescrizione stessa – se durante tale periodo non è intervenuto alcun atto interruttivo della prescrizione – o, al massimo, entro i dieci anni successivi a detto termine iniziale, se invece sono stati posti in essere atti interruttivi. Tuttavia, in virtù del medesimo art. 2, n. 3, il termine di prescrizione così fissato viene prolungato di un lasso di tempo durante il quale la prescrizione rimane sospesa a norma dell’art. 3 dello stesso regolamento (sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punto 140).

90      Ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74, la prescrizione dell’azione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso contro la decisione della Commissione.

91      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata emerge che qui la Commissione ha applicato le norme in tema di prescrizione nel modo seguente.

92      Anzitutto, la Commissione ha ritenuto che, trattandosi di infrazioni continue o continuate, il termine di prescrizione fosse iniziato a decorrere dalla fine del 1990. La Commissione ha poi aggiunto che, anche partendo dal presupposto che l’infrazione fosse terminata il 31 dicembre 1990 e che l’adozione e la notifica della decisione 91/299 non avessero interrotto la prescrizione, essa avrebbe avuto tempo almeno fino alla fine del 1995 per adottare la propria decisione (punto 203).

93      La Commissione ha poi considerato che il termine di prescrizione dovesse essere prorogato di un tempo corrispondente al periodo durante il quale pendeva un ricorso contro la decisione dinanzi al Tribunale (punto 204). Orbene, nel caso di specie, poiché il ricorso era stato proposto dinanzi al Tribunale il 2 maggio 1991, il Tribunale si era pronunciato il 29 giugno 1995, il ricorso alla Corte era stato presentato il 30 agosto 1995 e la Corte si era pronunciata il 6 aprile 2000, la prescrizione dell’azione sarebbe stata sospesa almeno per 8 anni, 9 mesi e 4 giorni (punto 206). Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto di poter adottare una nuova decisione entro il settembre 2004 (punto 207).

94      Da ciò consegue che, secondo la Commissione, la decisione impugnata, datata 13 dicembre 2000, è stata adottata prima dello scadere del termine di prescrizione.

95      Siffatto ragionamento è conforme alle norme in tema di prescrizione applicabili nel caso di specie.

96      Infatti, anzitutto le infrazioni di cui la ricorrente è accusata sono cessate il 19 dicembre 1990, con l’adozione della decisione 91/299. Di conseguenza, il termine di prescrizione è iniziato a decorrere da questa data.

97      Poi, come sottolineato giustamente dalle parti, il riferimento dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74 al «tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso» dev’essere inteso, dopo la creazione del Tribunale, come riguardante anzitutto un ricorso pendente dinanzi a quest’ultimo, dal momento che i procedimenti che vertono su sanzioni o ammende nel settore del diritto della concorrenza rientrano nella sua competenza. Di conseguenza, la prescrizione è stata sospesa per tutta la durata del procedimento dinanzi al Tribunale.

98      Infine, dal punto 157 della sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, emerge che, ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74, la prescrizione è rimasta sospesa per tutto il tempo in cui la decisione di cui trattasi è oggetto di un procedimento «dinanzi al Tribunale e alla Corte». Pertanto, la prescrizione è rimasta sospesa anche per tutto il tempo in cui pendeva il procedimento dinanzi alla Corte e non occorre pronunciarsi sul periodo compreso tra la pronuncia del Tribunale e la proposizione del ricorso alla Corte.

99      Di conseguenza, a seguito di questa sospensione della prescrizione, nel caso di specie non sono trascorsi più di cinque anni dalla cessazione delle infrazioni di cui trattasi o da una qualsiasi interruzione della prescrizione.

100    Pertanto, la decisione impugnata è stata adottata nel rispetto delle norme sulla prescrizione sancite dal regolamento n. 2988/74.

101    Nessuno degli argomenti fatti valere dalla ricorrente può rimettere in discussione tale considerazione.

102    Difatti, in primo luogo va osservato che l’art. 60 dello Statuto della Corte e l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 hanno ambiti di applicazione diversi. Il fatto che un’impugnazione non abbia effetto sospensivo non priva di ogni effetto l’art. 3 del regolamento n. 2988/74, che riguarda situazioni in cui la Commissione deve attendere la decisione del giudice comunitario. La tesi della ricorrente secondo cui la Commissione non doveva tener conto del periodo durante il quale pendeva un ricorso dinanzi alla Corte non può dunque essere accolta, in quanto avrebbe l’effetto di privare la sentenza che la Corte pronuncia in sede di impugnazione della sua ragion d’essere e dei suoi effetti.

103    In secondo luogo, riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui l’istituzione di un doppio grado di giurisdizione non permette di estendere il periodo di sospensione della prescrizione, è opportuno ricordare che l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 tutela la Commissione contro gli effetti della prescrizione in situazioni in cui essa deve attendere la decisione del giudice comunitario, nell’ambito di procedimenti sul cui svolgimento essa non ha il controllo, per sapere se l’atto impugnato è viziato o no da illegittimità (v., in tal senso, sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punto 144).

104    In terzo luogo, quanto all’argomento secondo cui la sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, non sarebbe pertinente alla soluzione della presente controversia, al contrario emerge chiaramente dalla lettera di tale sentenza, confermata in secondo grado, che, in via generale, bisogna aggiungere al termine di prescrizione il periodo durante il quale la prescrizione è stata sospesa, ossia non solo il periodo durante il quale era pendente il ricorso dinanzi al Tribunale, ma altresì il periodo durante il quale era pendente il ricorso dinanzi alla Corte.

105    In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la sospensione della prescrizione per il tempo in cui pende un’impugnazione equivarrebbe ad attribuire effetti ad una decisione annullata in primo grado, è sufficiente osservare che la sospensione della prescrizione permette alla Commissione solo di adottare eventualmente una nuova decisione nell’ipotesi in cui sia respinta l’impugnazione proposta contro una sentenza del Tribunale che annulla una decisione della Commissione medesima. Questa sospensione della prescrizione non produce alcun effetto sulla decisione annullata dalla sentenza del Tribunale.

106    In quinto luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe dovuto adottare una nuova decisione senza attendere la pronuncia della Corte, va rilevato che effettivamente nulla impedisce formalmente alla Commissione di agire subito dopo l’annullamento della decisione iniziale da parte del Tribunale, ma ciò non implica che la Commissione debba per forza adottare una nuova decisione senza attendere la sentenza della Corte. Né si può rimproverare alla Commissione di aver esercitato i suoi diritti della difesa proponendo un’impugnazione e di aver atteso la sentenza della Corte prima di adottare una nuova decisione. Una simile interpretazione dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74 è del resto conforme al principio di certezza del diritto, che mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto comunitario (sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C‑63/93, Duff e a., Racc. pag. I‑569, punto 20, e sentenza del Tribunale 19 marzo 1997, causa T‑73/95, Oliveira/Commissione, Racc. pag. II‑381, punto 29).

107    In sesto luogo, deve aggiungersi che l’interpretazione dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74 proposta dalla ricorrente comporta gravi difficoltà pratiche. Infatti, se la Commissione dovesse adottare una nuova decisione a seguito dell’annullamento di una decisione da parte del Tribunale senza attendere la pronuncia della Corte, vi sarebbe il rischio di coesistenza di due decisioni aventi lo stesso oggetto nell’ipotesi in cui la Corte annullasse la sentenza del Tribunale.

108    Inoltre, appare contrario alle esigenze di economia del procedimento amministrativo imporre alla Commissione, al solo scopo di evitare che la prescrizione maturi, di adottare una nuova decisione prima di sapere se la decisione iniziale sia o meno viziata da illegittimità.

109    Da tutto quanto precede deriva che il primo capo del primo motivo dev’essere respinto.

 Il secondo capo: violazione del principio della ragionevolezza dei termini

–       Argomenti delle parti

110    La ricorrente sostiene di essere venuta a conoscenza dell’«accusa nei suoi confronti» il 13 marzo 1990, data in cui le è stata inviata la comunicazione degli addebiti, ossia undici anni prima della proposizione del presente ricorso. La posta in gioco nella presente causa avrebbe, peraltro, per la ricorrente, una particolare importanza in quanto, nella decisione 91/299 e poi nella decisione impugnata, la Commissione l’ha accusata di infrazioni «di estrema gravità», infliggendole un’ammenda di EUR 20 milioni. Orbene, al momento della proposizione del presente ricorso non sarebbe stata adottata alcuna decisione definitiva riguardo alle accuse mosse contro di essa nella comunicazione degli addebiti.

111    Facendo riferimento all’art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, la ricorrente fa osservare che, considerato nel suo complesso, il procedimento avviato nel febbraio 1990 ha con ogni evidenza superato un termine ragionevole. Al riguardo la giurisprudenza comunitaria non prevederebbe che la durata del procedimento debba essere valutata per ogni singola fase dello stesso. Nulla, pertanto, potrebbe giustificare il fatto che la Commissione abbia atteso cinque anni e mezzo per adottare una nuova decisione, tanto più che il ricorso dinanzi alla Corte non avrebbe effetto sospensivo.

112    Dopo la sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34, la Commissione avrebbe scelto non solo di proporre un ricorso il cui rigetto era prevedibile considerata la sentenza Commissione/BASF e a., cit. supra al punto 82, ma altresì di attenderne l’esito prima di adottare la decisione impugnata. Inoltre, secondo la ricorrente, la Commissione ha atteso ancora otto mesi dopo la sentenza Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37, mentre, nella causa che ha dato origine alla sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, la nuova decisione era stata adottata nel giro di un mese e mezzo.

113    La Commissione poi farebbe confusione fra termine ragionevole e termine di prescrizione, ritenendosi a torto autorizzata ad attendere fino al 2004 per adottare una nuova decisione. Difatti, nella decisione impugnata la Commissione non indicherebbe gli elementi su cui si basa per considerare che un termine ragionevole sia stato rispettato nella fattispecie. Secondo la ricorrente, indipendentemente dal motivo della durata di ciascuna fase del procedimento, «una durata dell’intero procedimento compresa tra quattordici e sedici anni, o anche oltre, tra la comunicazione degli addebiti e la decisione definitiva del Tribunale o della Corte» non può essere definita ragionevole.

114    Pertanto il Tribunale sarebbe tenuto a constatare il superamento del termine ragionevole e ad annullare la decisione impugnata in quanto non sarebbe più possibile, a questo punto, pronunciarsi entro un termine ragionevole sulle accuse mosse nei confronti della ricorrente. Qualunque altra soluzione, che per esempio tenga conto del superamento del termine ragionevole nel fissare l’importo dell’ammenda, non rimedierebbe alla violazione dell’art. 6 della CEDU. Inoltre, in applicazione dei principi sanciti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la ricorrente non sarebbe tenuta a dimostrare che il superamento del termine ragionevole ha compromesso i suoi diritti della difesa, cosa che costituirebbe un motivo distinto di annullamento. Infatti, il criterio del pregiudizio per i diritti della difesa sarebbe altra cosa rispetto al diritto di essere giudicati entro un termine ragionevole in materia penale.

115    In ogni caso, la ricorrente sostiene che il superamento del termine ragionevole e il deterioramento delle prove che ne deriva le impediscono di difendersi, privandola in particolare della possibilità di supportare gli argomenti dedotti nel ricorso. Essa lamenta, in particolare, di non poter più fare appello ai suoi ex dipendenti, impiegati nel settore e nella controllata interessati. In particolare, la ricorrente afferma di non poter effettuare analisi dettagliate delle condizioni di produzione e di fornitura del carbonato di sodio durante gli anni ‘80, dato che molte delle sue unità produttive sono state chiuse da allora e la relativa documentazione non è stata conservata in modo sistematico.

116    La ricorrente è dell’avviso che l’inerzia colposa della Commissione durante i cinque anni e mezzo successivi alla sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34, debba essere sanzionata in modo particolare. Al riguardo essa precisa di aver potuto legittimamente confidare che la Commissione avesse rinunciato a riaprire il fascicolo, tanto che non aveva tentato di conservare traccia sistematica dei fatti e dei documenti che potevano essere utili per la sua difesa. Anzi, la sua politica di archiviazione le imporrebbe, salvo circostanze eccezionali, di distruggere sistematicamente gli archivi dopo dieci o anche solo cinque anni.

117    Infine, ritenere che l’onere di provare l’irragionevolezza incomba alla ricorrente sarebbe contrario alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ai sensi della quale spetta alle autorità nazionali spiegare le ragioni di eventuali lunghi periodi di inattività, che potrebbero essere giustificati solo in casi eccezionali. La ricorrente sostiene inoltre che, al contrario della Commissione, non le può essere imputata una manovra volta a ritardare il procedimento a partire dal 1989. Essa sottolinea che la Commissione si è dimostrata incapace di rispettare le proprie norme interne di autenticazione e il principio di certezza del diritto, cosa che ha ritardato di diversi anni l’esame del merito della decisione iniziale.

118    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

119    In via preliminare, occorre ricordare come il principio della ragionevolezza dei termini debba essere necessariamente rispettato, in materia di concorrenza, nei procedimenti amministrativi attivati a norma del regolamento n. 17 e atti a sfociare nell’adozione delle sanzioni previste da quest’ultimo, nonché nel procedimento giurisdizionale dinanzi al giudice comunitario (sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punto 179).

120    In primo luogo, a sostegno del suo argomento relativo all’irragionevole durata del procedimento amministrativo, la ricorrente invoca in particolare il fatto che, sebbene l’impugnazione non produca effetto sospensivo, la Commissione ha atteso senza alcun motivo cinque anni e mezzo per adottare una nuova decisione dopo l’annullamento della decisione 91/299 a seguito della sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34.

121    Orbene, come accertato in sede di esame del primo capo del primo motivo, la prescrizione è stata sospesa, conformemente all’art. 3 del regolamento n. 2988/74, per tutta la durata del procedimento dinanzi alla Corte dopo l’impugnazione presentata contro la citata sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34. Non si può quindi accusare la Commissione di aver violato il principio della ragionevolezza dei termini solo per aver atteso, prima di adottare la decisione impugnata, che la Corte statuisse nell’ambito di siffatta impugnazione.

122    In secondo luogo, la ricorrente sostiene, in via più generale, che la durata del procedimento amministrativo, complessivamente considerata, ossia tra l’invio della comunicazione degli addebiti e l’adozione della decisione impugnata, ha superato un termine ragionevole.

123    Questo argomento dev’essere respinto.

124    Infatti, in sede di esame di una censura vertente sulla violazione del principio della ragionevolezza dei termini, occorre distinguere tra il procedimento amministrativo e il procedimento giurisdizionale. Quindi, il periodo durante il quale il giudice comunitario ha esaminato la legittimità della decisione 91/299 e la validità della sentenza Solvay III, cit. supra al punto 34, non può essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione (v., in tal senso, sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punto 123).

125    In terzo luogo, la ricorrente critica la durata del procedimento amministrativo tra la pronuncia della sentenza Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37, e l’adozione della decisione impugnata.

126    Al riguardo va ricordato che tale periodo ha avuto inizio il 6 aprile 2000, data in cui è stata pronunciata la sentenza Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37, e si è concluso il 13 dicembre 2000 con l’adozione della decisione impugnata. Pertanto questa fase del procedimento amministrativo è durata otto mesi e sette giorni.

127    Durante tale periodo la Commissione si è limitata ad apportare modifiche formali alla decisione 91/299, in particolare introducendo una nuova parte relativa ai «procedimenti dinanzi al Tribunale di primo grado e alla Corte di giustizia», che riguarda la valutazione del rispetto dei termini di prescrizione. Inoltre, l’adozione della decisione impugnata non è stata preceduta da atti istruttori supplementari, essendosi la Commissione basata sui risultati dell’indagine condotta dieci anni prima. Malgrado ciò, va ammesso che, anche in circostanze del genere, talune verifiche e concertazioni in seno all’amministrazione possono rivelarsi indispensabili per giungere a un tale risultato.

128    In quest’ottica non vi è motivo di ritenere irragionevole il termine di otto mesi e sette giorni trascorso tra la pronuncia della sentenza Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37, e l’adozione della decisione impugnata.

129    In quarto luogo, quanto alla durata del procedimento amministrativo tra l’invio della comunicazione degli addebiti e l’adozione della decisione 91/299, va rilevato che la ricorrente non ha sostenuto specificamente che tale durata era criticabile. In effetti, essa si è limitata ad affermare che l’irragionevolezza del termine doveva essere valutata a partire dal 13 marzo 1990, ossia a partire dalla data in cui la comunicazione degli addebiti le è stata inviata, senza contestare il periodo di undici mesi e mezzo trascorso tra la comunicazione degli addebiti e l’adozione della decisione 91/299, avvenuta il 1° marzo 1991.

130    Da quanto precede deriva che la ricorrente non ha fatto valere alcun elemento che porti a considerare eccessiva, nel caso di specie, la durata dell’intero procedimento amministrativo.

131    Infatti, benché si debba tener conto della fase del procedimento amministrativo antecedente alla comunicazione degli addebiti (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 51), si deve ritenere che la durata dell’intero procedimento amministrativo non sia eccessiva alla luce, segnatamente, degli accertamenti effettuati a partire dall’aprile 1989, delle successive richieste di informazioni e dell’avvio del procedimento d’ufficio il 19 febbraio 1990.

132    Occorre aggiungere che, in ogni caso, la violazione del principio della ragionevolezza dei termini giustificherebbe l’annullamento di una decisione adottata a seguito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza solo qualora comportasse anche una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata. Infatti, quando non è dimostrato che il decorso di un lasso di tempo eccessivo abbia pregiudicato la capacità dell’impresa di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del principio della ragionevolezza dei termini non incide sulla validità del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punto 122).

133    Al riguardo, la ricorrente sostiene di avere difficoltà a difendersi contro accuse vertenti su fatti che sarebbero avvenuti all’epoca, dato che non può più ricorrere ai propri dipendenti che al momento dei fatti lavoravano nel settore e nella controllata interessati.

134    Tuttavia, la Commissione non ha compiuto atti istruttori tra la pronuncia della sentenza Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37, e la decisione impugnata.

135    Inoltre, dalla decisione impugnata emerge che tale atto si basa sugli stessi motivi della decisione 91/299, che il contenuto delle due decisioni è quasi identico e che la Commissione non ha tenuto conto di alcun elemento nuovo che rendesse necessario l’esercizio di un diritto della difesa.

136    Pertanto i diritti della difesa della ricorrente non sono stati violati.

137    In quinto luogo, quanto al procedimento giurisdizionale, va osservato che nell’atto introduttivo la ricorrente non mette direttamente in discussione la durata del procedimento dinanzi al Tribunale e successivamente dinanzi alla Corte per quel che riguarda la decisione 91/299.

138    In ogni caso, occorre ricordare che il principio generale di diritto comunitario in forza del quale chiunque ha diritto a un processo equo, ispirato all’art. 6, n. 1, della CEDU, in particolare il diritto a un processo entro un termine ragionevole, è applicabile nell’ambito di un ricorso giurisdizionale avverso una decisione della Commissione che infligge ammende a un’impresa per violazione della normativa sulla concorrenza. La ragionevolezza del termine è valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, alla luce della posta in gioco nella controversia per l’interessato, della complessità del caso in esame nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti. L’elencazione dei detti criteri non è esaustiva e la valutazione del carattere ragionevole del termine non richiede un esame sistematico delle circostanze della causa alla luce di ciascuno di tali criteri quando la durata del procedimento risulti giustificata alla stregua di uno solo di essi. Pertanto, la complessità della causa può essere considerata una valida giustificazione di un termine a prima vista troppo lungo (v. sentenza della Corte 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel Corp./Commissione, Racc. pag. I‑729, punti 115-117 e la giurisprudenza ivi citata).

139    Inoltre, nella sentenza 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I‑8417), dopo aver dichiarato che la durata del procedimento dinanzi al Tribunale aveva superato i limiti della ragionevolezza, la Corte, per ragioni di economia processuale e al fine di garantire un rimedio immediato ed effettivo a tale vizio procedurale, ha dichiarato che il motivo vertente sull’eccessiva durata del procedimento era fondato ai fini dell’annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui fissava a 3 milioni di ECU l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente. In mancanza di qualsivoglia indizio del fatto che la durata del procedimento avesse influito sulla soluzione della controversia, la Corte ha dichiarato che tale motivo non poteva determinare l’annullamento della sentenza impugnata nel suo insieme e ha ritenuto che la somma di ECU 50 000 costituisse un risarcimento equo, in ragione dell’eccessiva durata del procedimento, riducendo quindi l’importo dell’ammenda inflitta all’impresa interessata.

140    Di conseguenza, in mancanza di qualsivoglia indizio del fatto che la durata del procedimento abbia influito sulla soluzione della controversia, un eventuale superamento del termine ragionevole da parte del giudice comunitario nel caso di specie, anche ove fosse dimostrato, non avrebbe alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata.

141    Va aggiunto che, nell’atto introduttivo, la ricorrente ha espressamente rinunciato alla possibilità di una riduzione dell’ammenda a titolo di risarcimento per la presunta violazione del suo diritto ad essere giudicata entro un termine ragionevole e che essa non ha neppure introdotto una richiesta di risarcimento danni.

142    Pertanto, occorre respingere il secondo capo del primo motivo e, di conseguenza, il primo motivo nel suo complesso.

 Il secondo motivo: violazione delle forme sostanziali necessarie per l’adozione e l’autenticazione della decisione impugnata

143    Il secondo motivo si articola, in sostanza, in otto capi: violazione del principio di collegialità, violazione del principio di certezza del diritto, violazione del diritto della ricorrente di essere sentita nuovamente, omessa consultazione ex novo del comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti, composizione irregolare di detto comitato, uso dei documenti raccolti contrario al regolamento n. 17, violazione del diritto di accesso al fascicolo e violazione dei principi di imparzialità, di buona amministrazione e di proporzionalità.

144    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare il settimo capo del secondo motivo nell’ambito del sesto motivo, attinente alla violazione del diritto di accesso al fascicolo, dopo aver analizzato tutti i motivi attinenti al merito della causa.

 Il primo capo: violazione del principio di collegialità

–       Argomenti delle parti

145    La ricorrente mette in rilievo che, stando alla lettera di accompagnamento del 10 gennaio 2001, firmata dal commissario incaricato della concorrenza, la decisione impugnata è stata adottata dal collegio dei commissari il 13 dicembre 2000.

146    Orbene, dalle dichiarazioni della portavoce della Commissione riprodotte nel comunicato stampa del 12 dicembre 2000 risulterebbe che la decisione di adottare nuovamente la decisione 91/299 era stata già presa al più tardi il giorno prima che il collegio dei commissari si riunisse per deliberare.

147    Secondo la ricorrente, mancando indicazioni di una delibera del collegio dei commissari anteriore al 12 dicembre 2000, se ne deve dedurre che la decisione impugnata è stata adottata in violazione del principio di collegialità.

148    Inoltre, anche supponendo che la decisione impugnata sia stata effettivamente adottata dal collegio dei commissari, dal comunicato stampa del 12 dicembre 2000 risulterebbe che la Commissione aveva apparentemente deciso di adottare una nuova decisione dal contenuto identico alla decisione 91/299 in quanto la ricorrente non avrebbe mai contestato il merito della stessa. Orbene, la ricorrente sostiene di aver criticato la valutazione di diritto e di fatto effettuata dalla Commissione, così come il principio e l’importo dell’ammenda. Ne consegue che il collegio dei commissari non sarebbe stato correttamente informato della posizione della ricorrente allorché si è deciso di adottare la decisione impugnata.

149    La ricorrente chiede inoltre al Tribunale di ingiungere alla Commissione di produrre tutti i documenti interni che riguardano l’adozione della decisione impugnata, in particolare i verbali di tutte le riunioni del collegio dei commissari nel corso delle quali sarebbe stato discusso il progetto di decisione, nonché i documenti presentati al collegio stesso.

150    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

151    Secondo una giurisprudenza costante, il principio di collegialità si fonda sull’eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all’adozione di una decisione e, in particolare, implica che le decisioni siano deliberate in comune e che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate (sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5449, punto 39, e 13 dicembre 2001, causa C‑1/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑9989, punto 79).

152    Il rispetto del principio di collegialità, in particolare la necessità che le decisioni siano deliberate collegialmente, interessa necessariamente i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici che queste producono, nel senso che essi devono poter essere certi che le decisioni siano state effettivamente adottate dal collegio e corrispondano esattamente alla sua volontà. Ciò vale, in particolare, per gli atti espressamente qualificati come decisioni, che la Commissione deve adottare nei confronti delle imprese o delle associazioni di imprese per garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza e che hanno per oggetto di constatare una violazione delle predette norme, di emettere ingiunzioni nei confronti di tali imprese e di infliggere loro sanzioni pecuniarie (sentenza Commissione/BASF e a., cit. supra al punto 82, punti 64 e 65).

153    Nel caso di specie la ricorrente fa valere che, secondo il comunicato stampa del 12 dicembre 2000, la portavoce della Commissione ha annunciato che l’istituzione avrebbe adottato nuovamente la stessa decisione il 13 dicembre 2000.

154    Tuttavia, anche supponendo che la portavoce della Commissione avesse riferito fedelmente le intenzioni di quest’ultima, il semplice fatto che un comunicato stampa di un’agenzia privata menzioni una dichiarazione priva di carattere ufficiale non può essere sufficiente per ritenere che la Commissione abbia violato il principio di collegialità. Infatti, il collegio dei commissari non era affatto vincolato da tale dichiarazione e, durante la riunione del 13 dicembre 2000, avrebbe quindi anche potuto decidere, al termine di una deliberazione collegiale, di non adottare la decisione impugnata.

155    Va aggiunto che il comunicato stampa ufficiale della Commissione è stato pubblicato il 13 dicembre 2000.

156    Inoltre, anche nell’ipotesi in cui la portavoce della Commissione abbia dichiarato che la ricorrente non aveva mai contestato il merito della decisione 91/299, tale argomento è inconferente. Infatti, dal punto 199 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha adottato una nuova decisione di contenuto quasi identico alla decisione 91/299 perché quest’ultima era stata annullata a causa di un vizio procedurale. Di conseguenza, il fatto che la ricorrente abbia contestato il merito della decisione 91/299 è privo di rilievo.

157    Da quanto precede deriva che non vi è ragione di ingiungere alla Commissione, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, di produrre tutti i documenti interni relativi all’adozione della decisione impugnata.

158    Il primo capo del secondo motivo dev’essere pertanto respinto.

 Il secondo capo: violazione del principio di certezza del diritto

–       Argomenti delle parti

159    La ricorrente lascia intendere che le formalità di autenticazione stabilite dal regolamento interno della Commissione (GU 1999, L 252, pag. 41), che era applicabile quando è stata adottata la decisione impugnata, non sono conformi a quanto sancito dalle sentenze Commissione/BASF e a., cit. supra al punto 82 (punti 73-76), e Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37 (punti 44-49).

160    Difatti, l’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione, in vigore all’epoca, non imporrebbe alcuna formalità per l’autenticazione della decisione impugnata, la quale non reca alcuna firma anche se menziona il commissario incaricato della concorrenza. In particolare, non vi sarebbe previsto che gli atti adottati debbano essere allegati alla nota sommaria al momento della sua elaborazione, cosicché «l’autenticazione dell’una nota o dell’altra non aveva alcun nesso diretto con l’atto adottato». Sotto questo profilo, l’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione sarebbe diverso dall’art. 15 della decisione del Consiglio 5 giugno 2000, 2000/396/CE, CECA, Euratom, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 149, pag. 21).

161    Pertanto, il regolamento interno della Commissione non terrebbe conto dell’importanza fondamentale delle formalità di autenticazione e sarebbe in contrasto con il principio di certezza del diritto. Di conseguenza, la decisione impugnata non sarebbe stata validamente autenticata.

162    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

163    In via preliminare, il Tribunale ritiene che l’argomento della ricorrente debba essere inteso nel senso che essa eccepisce l’illegittimità di una disposizione del regolamento interno della Commissione in vigore al momento in cui la decisione impugnata è stata adottata.

164    Tale eccezione di illegittimità va considerata ricevibile.

165    Infatti, secondo la giurisprudenza, l’ambito di applicazione dell’art. 241 CE deve comprendere altresì le disposizioni di un regolamento interno di un’istituzione che, pur non costituendo il fondamento giuridico della decisione impugnata e non producendo effetti analoghi a quelli di un regolamento ai sensi di questo articolo del Trattato, determinano le forme sostanziali richieste ai fini dell’adozione della decisione stessa e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto dei soggetti che ne sono i destinatari. Occorre, infatti, che i destinatari di una decisione possano contestare in via incidentale la legittimità dell’atto che condiziona la validità formale della decisione stessa, nonostante che l’atto in questione non costituisca il fondamento giuridico di quest’ultima, giacché non sono stati in condizione di chiedere l’annullamento di tale atto prima di aver ricevuto notifica della decisione controversa. Di conseguenza, le disposizioni del regolamento interno della Commissione possono costituire oggetto di un’eccezione di illegittimità in quanto garantiscono la tutela degli individui (sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punti 286 e 287).

166    Occorre inoltre ricordare che l’eccezione di illegittimità dev’essere limitata a quanto indispensabile per la soluzione della controversia.

167    Infatti, l’art. 241 CE non ha lo scopo di consentire a una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di portata generale a sostegno di qualsiasi ricorso. L’atto generale di cui si eccepisce l’illegittimità dev’essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto fra la decisione individuale impugnata e l’atto generale in questione (v. sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punti 288 e 289 e la giurisprudenza ivi citata).

168    In proposito, va ricordato che la decisione impugnata è stata autenticata in base alle disposizioni dell’art. 16, primo comma, del regolamento interno. Esiste pertanto un nesso giuridico diretto tra la decisione e questo articolo del regolamento interno di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità. L’art. 16, primo comma, del regolamento interno applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata può quindi costituire oggetto di un’eccezione di illegittimità.

169    Occorre pertanto verificare se le formalità di autenticazione stabilite dal regolamento interno della Commissione siano o meno conformi a quanto richiede il principio di certezza del diritto.

170    Nel caso di specie, il testo di riferimento è l’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione nella versione applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata. Tale articolo così recita:

«Gli atti adottati in riunione vengono allegati, nella o nelle lingue in cui fanno fede, ad una nota sommaria elaborata al termine della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sull’ultima pagina della predetta nota».

171    Nella sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, è stata esaminata la legittimità dell’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione 17 febbraio 1993, 93/492/Euratom, CECA, CEE (GU L 230, pag. 15), il cui tenore era il seguente:

«Gli atti adottati in riunione (…) vengono allegati, nella o nelle lingue nelle quali fanno fede, al processo verbale della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati o ne sia stato preso atto. Tali atti sono autenticati dalle firme del Presidente e del Segretario generale apposte sulla prima pagina del suddetto processo verbale».

172    In detta sentenza il Tribunale ha ritenuto che le modalità prescritte dalla suddetta disposizione costituissero di per sé una garanzia sufficiente per controllare, in caso di contestazione, la perfetta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal collegio e, per ciò stesso, con la volontà dell’autore. Infatti, dal momento che tale testo era allegato al processo verbale e che la prima pagina di quest’ultimo era firmata dal presidente e dal segretario generale, esisteva un nesso tra il processo verbale stesso e i documenti cui esso faceva riferimento che garantiva circa il contenuto e la forma esatti della decisione del collegio. Al riguardo si doveva presumere che l’autorità avesse agito conformemente alla normativa applicabile finché il giudice comunitario non avesse accertato il contrario. Di conseguenza, l’autenticazione prevista secondo le modalità dell’art. 16, primo comma, del regolamento interno doveva considerarsi legittima (sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punti 302-304).

173    Orbene, va rilevato che l’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione nella versione applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata prevede una procedura di autenticazione più formale rispetto a quella esaminata nella citata sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43.

174    Infatti, le modifiche apportate tra le due versioni del testo sono le seguenti: gli atti adottati in riunione non sono più solo «allegati» al verbale, ma formano con esso «un tutto inscindibile»; il termine «verbale» è sostituito con quello di «nota sommaria»; tale nota è elaborata «al termine della riunione»; infine, la firma non è più apposta «sulla prima pagina del (...) processo verbale», ma «sull’ultima pagina della predetta nota».

175    Queste modifiche, complessivamente considerate, rafforzano le garanzie procedurali offerte per assicurare il rispetto del principio di certezza del diritto.

176    Pertanto, l’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione applicabile alla data di adozione della decisione impugnata non è viziato da illegittimità.

177    Di conseguenza, il secondo capo del secondo motivo va respinto.

 Il terzo capo: violazione del diritto della ricorrente ad essere nuovamente sentita

–       Argomenti delle parti

178    La ricorrente riconosce che, ai punti 246-252 della sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, è stato dichiarato che, in caso di annullamento di una decisione della Commissione per vizio di procedura, una nuova audizione delle imprese interessate è necessaria prima dell’adozione di una nuova decisione solo ove quest’ultima contenga addebiti nuovi.

179    Questa soluzione, però, non sarebbe applicabile al caso di specie. Da un lato, il procedimento amministrativo sarebbe inficiato da numerosi vizi dovuti al fatto che la Commissione ha utilizzato documenti raccolti per un fine diverso da quello per il quale era stata autorizzata a venirne a conoscenza, nonché alla violazione del diritto di accesso al fascicolo. Dall’altro, la decisione impugnata riprenderebbe l’analisi effettuata nella decisione 91/297, annullata per ragioni non puramente formali e non adottata nuovamente.

180    L’annullamento della decisione 91/297 avrebbe quindi pregiudicato la validità delle misure preparatorie alla decisione impugnata. Infatti, nella sentenza Solvay I, cit. supra al punto 35, il Tribunale avrebbe dichiarato che il rifiuto assoluto della Commissione di divulgare taluni documenti violava il diritto di accesso della ricorrente al fascicolo. Ne risulta che tale vizio procedurale inficerebbe tanto il procedimento amministrativo relativo all’applicazione dell’art. 82 CE quanto quello riguardante l’art. 81 CE. La Commissione avrebbe pertanto dovuto riaprire il procedimento, consentendo alla ricorrente un accesso completo al suo fascicolo e permettendole in seguito di far valere tutte le sue osservazioni scritte e orali al riguardo.

181    Inoltre, l’interpretazione accolta nella sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, sarebbe errata in diritto, in quanto limiterebbe il diritto di essere sentiti alla sola possibilità per l’impresa interessata di far valere le proprie osservazioni riguardo alle accuse mosse nei suoi confronti. In realtà, tutte le imprese interessate avrebbero diritto di essere sentite e di far valere le proprie osservazioni anche riguardo al principio, all’opportunità e all’importo delle ammende. Facendo riferimento alla giurisprudenza, la ricorrente afferma che le imprese potenzialmente destinatarie di una decisione che accerta un’infrazione da esse commessa e infligge loro una conseguente ammenda vanno messe in condizione di far valere tutte le loro osservazioni relative all’ammenda nella fase amministrativa del procedimento. Orbene, tenuto conto del tempo trascorso nella presente causa, la ricorrente sostiene che avrebbe avuto nuove osservazioni da presentare in merito alla prescrizione del potere della Commissione di infliggerle delle ammende e al superamento del termine ragionevole, nonché all’importo dell’ammenda.

182    La ricorrente è dell’avviso che, a seguito dell’annullamento della decisione 91/297, avrebbe dovuto essere sentita in merito alla coerenza intrinseca dell’analisi della Commissione, secondo la quale le presunte infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE si sostenevano a vicenda, nonché alla validità di talune affermazioni contenute nella decisione impugnata riguardo all’esistenza di un’intesa con l’ICI, che sarebbero tratte direttamente dalla decisione 91/297 o ne condividerebbero la filosofia, in violazione della presunzione d’innocenza.

183    La Commissione contesta gli argomenti fatti valere dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

184    Qualora la Commissione, dopo l’annullamento di una decisione che infligge sanzioni ad imprese che hanno violato l’art. 81, n. 1, CE a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità della sua adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, adotti una nuova decisione dal contenuto sostanzialmente identico e fondata sugli stessi addebiti, non è necessaria una nuova audizione delle imprese di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punti 246-253, confermata dalla sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punti 83-111).

185    Neppure le questioni di diritto che possono porsi in sede di applicazione dell’art. 233 CE, come quelle riguardanti il tempo trascorso, la possibilità di una riapertura dei procedimenti sanzionatori, l’accesso al fascicolo che conseguirebbe alla riapertura del procedimento, l’intervento del consigliere auditore e del comitato consultivo, nonché eventuali implicazioni dell’art. 20 del regolamento n. 17, impongono nuove audizioni, in quanto non modificano il contenuto degli addebiti, essendo soltanto suscettibili, se del caso, di un successivo controllo giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punto 93).

186    Nel caso di specie, la Commissione ha ripetuto quasi integralmente il contenuto della decisione 91/299. Essa si è limitata a completare la decisione impugnata con una parte riguardante i procedimenti dinanzi al Tribunale e alla Corte.

187    Vero è che, nella parte della decisione impugnata riguardante i fatti, la Commissione ha aggiunto alcune considerazioni derivanti dalla decisione 91/297, che poi è stata annullata dalla sentenza Solvay I, cit. supra al punto 35. Questa parte contiene in particolare taluni riferimenti all’ICI.

188    Tuttavia, da un lato, la decisione 91/299, che è all’origine della decisione impugnata, faceva espressamente riferimento alla decisione 91/297 riguardo alle informazioni sul prodotto e sul mercato del carbonato di sodio (v. punto I B del preambolo della decisione 91/299). In sede di replica, la ricorrente del resto ammette che i passaggi della decisione 91/297 riprodotti nella decisione impugnata costituivano «parte integrante» della decisione 91/299.

189    Dall’altro, tali informazioni, attinenti unicamente ai fatti, non sono rilevanti ai fini dell’infrazione di cui la ricorrente è accusata nella presente causa. Infatti, nel caso di specie, il comportamento di cui la ricorrente è accusata è un abuso di posizione dominante e non un accordo concluso con un’altra impresa o pratiche concordate che hanno per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

190    Pertanto, si deve dichiarare che la decisione impugnata e la decisione 91/299 hanno un contenuto sostanzialmente identico e sono basate sugli stessi motivi.

191    Di conseguenza, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 184 e 185 della presente sentenza, la Commissione non era tenuta a sentire nuovamente la ricorrente prima di adottare la decisione impugnata.

192    Per quel che riguarda, poi, gli argomenti relativi all’uso di documenti raccolti in violazione del regolamento n. 17 e alla violazione del diritto di accesso al fascicolo, essi costituiscono oggetto di censure distinte e verranno quindi esaminati in seguito.

193    Da quanto precede deriva che il terzo capo del secondo motivo dev’essere respinto.

 Il quarto capo: omessa consultazione ex novo del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti

–       Argomenti delle parti

194    La ricorrente contesta la valutazione contenuta ai punti 254-257 della sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, secondo cui in tale causa non occorreva una nuova consultazione del comitato consultivo. A suo avviso, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale in detta sentenza, l’obbligo di consultare il comitato non deriva dall’art. 1 del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268), il quale si limita a disciplinare la cronologia del procedimento da seguire, bensì dall’art. 10 del regolamento n. 17 nella versione applicabile all’epoca dei fatti. Inoltre, pur costituendo un’importante garanzia procedurale, la consultazione del comitato perseguirebbe uno scopo diverso dalla semplice audizione dell’impresa interessata dal progetto di decisione, come sarebbe dimostrato dal fatto che la rinuncia all’audizione da parte dell’impresa non esime la Commissione dall’interpellare il comitato consultivo.

195    Pertanto, nel caso di specie il comitato consultivo avrebbe dovuto essere interpellato riguardo al progetto della Commissione di adottare la decisione impugnata dopo la sentenza Commissione/Solvay, cit. supra al punto 37, in particolare riguardo al rispetto del principio della ragionevolezza dei termini.

196    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

197    A termini dell’art. 10 del regolamento n. 17 nella versione applicabile all’epoca dei fatti:

«3. Un Comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti deve essere sentito prima di ogni decisione da prendere in seguito a una delle procedure di cui al paragrafo 1, e prima di ogni decisione relativa al rinnovo, alla modifica o alla revoca di una dichiarazione ai sensi dell’articolo [81], paragrafo 3 [CE].

(...)

5. La consultazione viene effettuata nel corso di una riunione comune, su invito della Commissione, e comunque non prima di quattordici giorni dall’invio della convocazione. A quest’ultima saranno allegati un’esposizione della questione, con l’indicazione dei documenti più importanti della pratica, e un progetto preliminare di decisione per ogni caso da esaminare».

198    Inoltre, l’art. 1 del regolamento n. 99/63 così recita:

«Prima di sentire il Comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, la Commissione procede all’audizione prevista dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17».

199    Secondo una consolidata giurisprudenza, in forza dell’art. 1 del regolamento n. 99/63 l’audizione delle imprese interessate e la consultazione del comitato consultivo sono necessarie in situazioni identiche (sentenza della Corte 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 54, e sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punto 115).

200    Il regolamento n. 99/63 è stato sostituito dal regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1998, n. 2842, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18), in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata, il cui art. 2, n. 1, è redatto in termini identici a quelli dell’art. 1 del regolamento n. 99/63.

201    Nel caso di specie va rilevato che, secondo la decisione impugnata, il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti è stato interpellato prima della decisione 91/299. La ricorrente non nega né l’esistenza né la regolarità di tale consultazione.

202    Pertanto, posto che la decisione impugnata non comporta modifiche sostanziali rispetto alla decisione 91/299, la Commissione, che non era tenuta ad una nuova audizione della ricorrente prima di adottare la decisione impugnata, non era neppure vincolata a procedere ad una nuova consultazione del comitato (v., in tal senso, sentenza PVC II della Corte, cit. supra al punto 55, punto 118).

203    Di conseguenza, il quarto capo del secondo motivo dev’essere respinto.

 Il quinto capo: composizione irregolare del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti

–       Argomenti delle parti

204    La ricorrente ricorda che, dopo la consultazione del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, avvenuta prima dell’adozione della decisione 91/299 e della decisione impugnata, il 1° gennaio 1995 tre Stati hanno aderito alla Comunità. Essendo formato da un rappresentante di ogni Stato membro, il comitato consultivo non sarebbe più stato validamente composto nel momento in cui la Commissione ha redatto il progetto sfociato nell’adozione della decisione impugnata. La Commissione avrebbe quindi dovuto interpellare nuovamente il comitato consultivo regolarmente composto.

205    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

206    L’art. 10, n. 4, del regolamento n. 17, nella versione applicabile all’epoca dei fatti, così recita:

«Il Comitato consultivo è composto di funzionari competenti in materia di intese e posizioni dominanti. Ogni Stato membro designa un funzionario che lo rappresenta e che, in caso d’impedimento, può essere sostituito da un altro funzionario».

207    Secondo la giurisprudenza, il cambiamento della composizione di un’istituzione non intacca la continuità dell’istituzione stessa, i cui atti definitivi o preparatori conservano, in linea di principio, tutti i loro effetti (sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 36).

208    Inoltre, non esiste alcun principio generale di diritto comunitario che imponga la continuità della composizione dell’organo amministrativo investito di un procedimento che può dar luogo all’irrogazione di un’ammenda (sentenza PVC II del Tribunale, cit. supra al punto 43, punti 322 e 323).

209    Pertanto, la Commissione non era tenuta ad interpellare nuovamente il comitato consultivo dopo l’adesione di tre nuovi Stati membri alla Comunità.

210    Di conseguenza, il quinto capo del secondo motivo dev’essere respinto.

 Il sesto capo: utilizzo di documenti raccolti in violazione del regolamento n. 17

–       Argomenti delle parti

211    La ricorrente ricorda che, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, nella versione applicabile all’epoca dei fatti, la Commissione poteva disporre accertamenti presso le imprese interessate mediante decisione nella quale sarebbero stati precisati l’oggetto e lo scopo degli accertamenti stessi e che, ai sensi dell’art. 20, n. 1, del medesimo regolamento, nella versione applicabile all’epoca dei fatti, le informazioni raccolte in applicazione dell’art. 14 potevano essere utilizzate soltanto allo scopo per il quale erano state richieste.

212    Nel caso di specie, secondo la ricorrente, la decisione di accertamento del 5 aprile 1989, in base alla quale la Commissione ha effettuato accertamenti nei suoi locali e in quelli delle sue controllate tedesca e spagnola, riguardava unicamente l’art. 81 CE e imponeva ai sei produttori interessati di sottoporsi ad un accertamento vertente, da un lato, sulla loro eventuale partecipazione ad intese e/o pratiche concordate dirette ad una compartimentazione dei mercati nazionali e ad una concertazione dei prezzi del carbonato di sodio e, dall’altro, sull’attuazione di accordi di acquisto esclusivo con la clientela che avrebbero potuto restringere o eliminare la concorrenza e consolidare la rigidità del mercato del carbonato di sodio nella Comunità.

213    Inoltre, da alcuni documenti abbandonati nei locali della ricorrente da uno dei funzionari che avevano effettuato l’accertamento emergerebbe che la Commissione non aveva alcun indizio preliminare, alcun sospetto né qualsivoglia altra traccia di violazione dell’art. 82 CE. La Commissione si sarebbe peraltro interessata alle relazioni con i clienti in quanto i contratti conclusi con loro potevano costituire un accordo di ripartizione del mercato. Oltre a ciò, da uno scambio di corrispondenza intercorso con la Commissione risulterebbe che quest’ultima, il 22 maggio 1989, aveva acconsentito alla richiesta, espressa dalla ricorrente, che i documenti raccolti non fossero utilizzati per un fine diverso dall’instaurazione di un procedimento ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

214    La ricorrente fa poi osservare che la Commissione ha inviato richieste di informazioni alla ricorrente stessa, in data 21 giugno 1989, e ad una delle sue controllate tedesche, la DSW, in data 8 luglio 1989. Al contrario della decisione di accertamento, tali richieste avrebbero riguardato tanto l’art. 81 CE quanto l’art. 82 CE. La ricorrente afferma che con la richiesta di cui era destinataria la Commissione la informava altresì che avrebbe esaminato la «compatibilità con le norme sulla concorrenza dei contratti di fornitura con i clienti volti a garantire l’esclusiva di approvvigionamento tramite sconti di fedeltà discriminatori».

215    La ricorrente ammette che la Commissione era autorizzata, da un lato, a raccogliere i documenti scoperti durante gli accertamenti nei limiti in cui rientravano nell’ambito di applicazione della decisione di accertamento e, dall’altro, ad avviare un’indagine per verificare l’esistenza di una presunta infrazione all’art. 82 CE della quale fosse venuta a conoscenza a seguito degli accertamenti effettuati. Per contro, secondo la ricorrente, la Commissione non poteva utilizzare i documenti raccolti nell’ambito dell’ulteriore procedimento diretto ad accertare l’esistenza di una presunta infrazione all’art. 82 CE, se non come fondamento della decisione di avviare tale ulteriore procedimento. Orbene, secondo la ricorrente, nella stragrande maggioranza i documenti menzionati nella parte della comunicazione degli addebiti relativa al presunto abuso di posizione dominante sono stati raccolti nel corso degli accertamenti effettuati presso di essa e le sue controllate. La Commissione avrebbe dunque utilizzato i documenti di cui trattasi per uno scopo diverso da quello per il quale li aveva ottenuti. Così facendo, essa avrebbe violato i diritti della difesa della ricorrente e il diritto al segreto professionale, quali garantiti dall’art. 14, n. 3, e dall’art. 20, n. 1, del regolamento n. 17, nella versione applicabile all’epoca dei fatti.

216    La ricorrente ne deduce che i documenti allegati alla comunicazione degli addebiti a sostegno delle censure basate sull’art. 82 CE avrebbero dovuto essere stralciati, eccezion fatta per i documenti divulgati dalla ricorrente stessa e dalla sua controllata in risposta alle richieste di informazioni rivolte loro dopo gli accertamenti. Inoltre, a causa del tempo trascorso, la ricorrente sostiene di non essere in grado di stabilire quali, tra i documenti allegati alla comunicazione degli addebiti, erano stati raccolti nei suoi locali e quali erano stati comunicati alla Commissione in risposta alle richieste di informazioni. Poiché ognuna delle censure formulate dalla Commissione si basa su documenti che avrebbero dovuto essere stralciati, la decisione impugnata dovrebbe quindi essere annullata interamente. Inoltre, le censure espresse dalla Commissione sarebbero fondate, almeno implicitamente, su documenti a carico allegati alla comunicazione degli addebiti, senza che il Tribunale sia in condizione di valutare l’esatta influenza di tali documenti sulla formulazione delle censure esposte nella decisione impugnata. Di conseguenza, il Tribunale non potrebbe controllare la legittimità della decisione impugnata e la regolarità della sua motivazione.

217    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

218    In via preliminare, occorre ricordare che, tanto dallo scopo del regolamento n. 17 quanto dall’elenco, all’art. 14 dello stesso, dei poteri attribuiti agli agenti della Commissione emerge che gli accertamenti possono avere una portata molto ampia. A questo proposito, il diritto di accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese riveste particolare importanza in quanto deve consentire alla Commissione di raccogliere le prove delle violazioni delle norme sulla concorrenza nei luoghi in cui queste di regola si trovano, vale a dire nei locali commerciali delle imprese. Questo diritto di accesso sarebbe inutile se gli agenti della Commissione dovessero limitarsi a chiedere la produzione di documenti o di fascicoli che siano già in grado di identificare con precisione fin dall’inizio. Tale diritto implica, invece, la facoltà di ricercare elementi di informazione diversi ancora ignoti o non completamente identificati. Senza siffatta facoltà sarebbe impossibile per la Commissione acquisire gli elementi d’informazione necessari all’accertamento qualora le fosse opposto un rifiuto di collaborazione o le imprese interessate facessero ostruzionismo. Anche se l’art. 14 del regolamento n. 17 attribuisce, quindi, alla Commissione ampi poteri d’indagine, l’esercizio di detti poteri è tuttavia soggetto a condizioni idonee a garantire il rispetto dei diritti delle imprese interessate. A questo proposito si deve rilevare innanzitutto l’obbligo imposto alla Commissione di indicare l’oggetto e lo scopo dell’accertamento. Quest’obbligo risponde all’esigenza fondamentale non solo di evidenziare la ratio dell’azione prevista all’interno delle imprese interessate, ma anche di consentire a queste ultime di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione, facendo salvi al contempo i loro diritti di difesa (sentenza 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 199, punti 26-29).

219    Ne consegue che la portata dell’obbligo di motivazione delle decisioni di accertamento non può essere limitata in base a considerazioni relative all’efficacia dell’indagine. A questo proposito va precisato che la Commissione, anche se non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione di accertamento tutte le informazioni di cui è in possesso quanto ad asserite infrazioni, né a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni stesse, deve però chiaramente indicare le presunzioni che intende verificare (sentenza 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 199, punto 41).

220    Nel caso di specie, va rilevato che la decisione di accertamento fa riferimento solo all’art. 81 CE.

221    Tuttavia, dato che la Commissione non era tenuta a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni, il mero fatto che la decisione non citi espressamente l’art. 82 CE non può far concludere che la Commissione ha violato l’art. 14 del regolamento n. 17.

222    Vero è che dal testo della decisione di accertamento emerge che la Commissione mirava espressamente a verificare soltanto se la ricorrente avesse partecipato ad intese e/o a pratiche concordate. Non vi sono elementi che permettano di ritenere che vi fosse il sospetto anche di un abuso di posizione dominante. Inoltre, la Commissione non ha chiesto i documenti utilizzati nel procedimento ai sensi dell’art. 82 CE nell’ambito dei nuovi mandati di accertamento.

223    Nondimeno, come emerge dall’art. 1 della decisione impugnata, «[la ricorrente] ha violato [l’art. 82 CE] adottando un comportamento inteso ad escludere o a limitare in ampia misura la concorrenza (…) concludendo con i clienti accordi che obbligano questi ultimi ad approvvigionarsi presso [di essa] per la totalità o per una grandissima parte del loro fabbisogno per un periodo indeterminato o eccessivamente lungo (…), concedendo forti sconti ed altri incentivi finanziari sui quantitativi marginali che eccedono il tonnellaggio contrattuale di base dei clienti affinché questi si riforniscano presso [di essa] per la totalità o la maggior parte del loro fabbisogno [e] subordinando la concessione di sconti alla condizione che il cliente acconsenta ad approvvigionarsi presso [di essa] per la totalità del suo fabbisogno».

224    Occorre pertanto rilevare che l’«attuazione di accordi di acquisto esclusivo», di cui all’art. 1, secondo trattino, della decisione di accertamento, corrisponde all’accusa alla fine formulata contro la ricorrente nella decisione impugnata. Difatti, le violazioni dell’art. 82 CE contestate alla ricorrente nella decisione impugnata sono state commesse nell’ambito dei suoi rapporti contrattuali con una parte della propria clientela e consistevano sostanzialmente in accordi di esclusiva.

225    Vi è quindi una somiglianza materiale tra i comportamenti che la Commissione ha ritenuto essere all’origine dell’abuso di posizione dominante contestato nella decisione impugnata e quelli su cui essa aveva dato incarico di indagare ai propri agenti all’art. 1, secondo trattino, della decisione di accertamento.

226    Poiché i fatti per i quali gli agenti della Commissione avevano ricevuto incarico di cercare prove nel senso di una violazione dell’art. 81 CE coincidono in parte con quelli che poi hanno costituito il fondamento delle accuse di abuso di posizione dominante mosse alla ricorrente nella decisione impugnata, la raccolta dei documenti non ha superato i limiti di legalità rappresentati dalla decisione di accertamento. Quest’ultima, infatti, contiene gli elementi essenziali prescritti dall’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17.

227    Di conseguenza, i documenti utilizzati nell’ambito della decisione impugnata a sostegno delle accuse di violazione dell’art. 82 CE, indipendentemente dal fatto che siano stati raccolti nel corso degli accertamenti effettuati nell’aprile 1989 o siano stati comunicati in risposta alle richieste di informazioni rivolte ulteriormente alla ricorrente ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, sono stati ottenuti dalla Commissione in modo lecito.

228    Da quanto precede deriva altresì che la Commissione ha utilizzato i suddetti documenti in modo lecito come elementi di prova nell’ambito della decisione impugnata, basata sull’art. 82 CE.

229    Del resto, soltanto dalla lettera della Commissione del 22 maggio 1989 risulta che quest’ultima aveva dichiarato che ai documenti raccolti nel corso degli accertamenti erano applicabili le disposizioni dell’art. 20 del regolamento n. 17, nella versione applicabile all’epoca dei fatti, e che i documenti di cui trattasi non sarebbero stati utilizzati come elementi di prova nell’ambito di un procedimento antidumping. La Commissione pertanto non si è espressa nel senso che l’indagine riguardava unicamente violazioni dell’art. 81 CE e che una qualificazione delle violazioni in parola come abuso di posizione dominante avrebbe esorbitato dallo scopo dell’indagine.

230    Di conseguenza, il sesto capo del secondo motivo dev’essere respinto.

 L’ottavo capo: violazione dei principi di imparzialità, di buona amministrazione e di proporzionalità

–       Argomenti delle parti

231    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata riproduce praticamente parola per parola una decisione adottata dieci anni prima, senza tenere alcun conto del tempo trascorso e delle conseguenze dell’annullamento della decisione 91/297. Inoltre, la Commissione avrebbe dovuto concederle un accesso completo al fascicolo.

232    La decisione impugnata sarebbe poi sproporzionata, in quanto produrrebbe l’effetto di riaprire un procedimento molto tempo dopo i fatti, cosicché sarebbe in ogni caso priva di qualunque effetto utile.

233    La ricorrente afferma che, per di più, la Commissione non ha indicato le ragioni che la inducevano a ritenere opportuno imporle una nuova «decisione draconiana», mentre aveva rinunciato ad adottare una nuova decisione dopo l’annullamento della decisione 91/297. Eppure la Commissione avrebbe considerato come un tutt’uno le infrazioni che hanno dato origine alle decisioni 91/297, 91/298 e 91/299, le quali erano state elaborate in tale prospettiva. Il Tribunale non sarebbe, quindi, in condizione di valutare i motivi che hanno indotto la Commissione ad adottare una nuova decisione di contenuto quasi identico a quello della decisione 91/299.

234    La Commissione contesta gli argomenti fatti valere dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

235    Lamentando una violazione dei principi di imparzialità, di buona amministrazione e di proporzionalità, la ricorrente propone gli stessi argomenti già fatti valere riguardo, in particolare, al tempo trascorso e al diritto di accesso al fascicolo, argomenti che il Tribunale peraltro esamina.

236    L’unico elemento nuovo riguarda la mancanza di motivazione relativamente al fatto che la Commissione ha adottato una nuova decisione di contenuto quasi identico a quello della decisione 91/299. Orbene, a questo proposito va rilevato che la Commissione ha motivato la scelta di adottare nuovamente la decisione 91/299 ai punti 196-207 della decisione impugnata, i quali si aggiungono alla decisione 91/299. Pertanto l’argomento dedotto dalla ricorrente è erroneo in fatto.

237    Di conseguenza, l’ottavo capo del secondo motivo dev’essere respinto.

238    Da quanto precede emerge che il secondo motivo va interamente respinto, fatto salvo l’esame del settimo capo, attinente alla violazione del diritto di accesso al fascicolo, che sarà effettuato in sede di esame del sesto motivo.

 Il terzo motivo: errata definizione del mercato geografico

 Argomenti delle parti

239    Facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte, la ricorrente sostiene che il criterio delle quote di mercato, pur costituendo un elemento rilevante per dimostrare l’esistenza di una posizione dominante, non è mai decisivo di per sé, soprattutto nell’ipotesi in cui le quote di mercato siano di importo ragionevole. Si dovrebbe tener conto anche di altri fattori come, in particolare, le barriere all’ingresso sul mercato, l’integrazione verticale, la capacità finanziaria, il vantaggio tecnologico, il potere compensativo dei clienti oppure la struttura dei costi.

240    La ricorrente lamenta che la Commissione abbia ritenuto che il mercato geografico rilevante avesse una dimensione comunitaria dopo aver elencato una serie di elementi che «militano tutti per una dimensione nazionale». Se la Commissione avesse analizzato preliminarmente le condizioni di concorrenza, avrebbe concluso che la portata del mercato era limitata al territorio nazionale.

241    L’erroneità della valutazione della Commissione sarebbe confermata dalla decisione dell’«Autorità italiana per la concorrenza» del 10 aprile 1997 nella causa Solvay/Sodi, la quale aveva stabilito che il mercato geografico rilevante era il mercato italiano del carbonato di sodio. Nella comunicazione pubblicata ai sensi dell’art. 19, n. 3, del regolamento n. 17, relativa ad una domanda di attestazione negativa o di esenzione ai sensi dell’art. 81, n. 3, [CE] (caso IV/E-2/36.732 – Solvay-Sisecam) (GU 1999, C 272, pag. 14), la Commissione avrebbe altresì ammesso che la delimitazione del mercato geografico rilevante era una questione «di particolare complessità» e che una ripartizione in termini di mercati nazionali non era più così rilevante come in precedenza.

242    La ricorrente sostiene inoltre che la Commissione è incorsa in un errore di diritto considerando la sua sfera di influenza corrispondente all’Europa dell’Ovest continentale. In effetti, secondo la ricorrente tale analisi era basata sull’esistenza di un accordo tra essa e l’ICI e il suo unico obiettivo era di giungere alla conclusione che essa disponesse di una quota considerevole, in termini assoluti e relativi, del «mercato rilevante». La Commissione pertanto non avrebbe tenuto conto dei criteri abituali che permettono di stabilire con certezza il mercato geografico rilevante, ossia il territorio su cui le condizioni di mercato sono sufficientemente omogenee perché tutti gli operatori presenti si trovino in concorrenza tra di loro.

243    La ricorrente sostiene altresì che, non precisando i motivi che l’hanno indotta a discostarsi dalla sua prassi costante per definire il mercato geografico rilevante, la Commissione non ha motivato regolarmente la decisione impugnata.

244    La Commissione sarebbe poi incorsa in un errore manifesto di valutazione allorché ha deciso al contempo che il Benelux e il Regno Unito costituivano mercati distinti, mentre il Benelux e il Portogallo, dove la ricorrente versava in una situazione di monopolio di fatto, sarebbero appartenuti al medesimo mercato.

245    La ricorrente aggiunge che, al punto 132 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che «[i]l mercato tradizionale di Solvay comprendeva l’insieme della Comunità ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda dove, a causa delle disposizioni anticoncorrenziali, la situazione della concorrenza era del tutto diversa». Orbene, a detta della ricorrente, nel controricorso la Commissione ha spiegato, in modo contraddittorio, che l’ICI e la ricorrente stessa non erano in concorrenza per escludere il Regno Unito e l’Irlanda dal mercato geografico rilevante. Inoltre, nella decisione impugnata la Commissione non farebbe alcuna menzione delle condizioni di concorrenza sui mercati danese, italiano, greco, portoghese e spagnolo, pur affermando, senza alcuna giustificazione complementare, che le condizioni di concorrenza erano omogenee su tutto il territorio dell’Europa continentale. Per quel che riguarda le quote di mercato nazionali, la ricorrente sottolinea che esse non erano del tutto omogenee poiché, a seconda degli Stati, erano inesistenti oppure pari al 15, 50, 80 o 100%. Di conseguenza, la ricorrente chiede al Tribunale di invitare la Commissione a spiegare cosa l’abbia indotta a considerare che la struttura del mercato fosse identica in tutta l’Europa dell’Ovest continentale.

246    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

247    Secondo una costante giurisprudenza, allo scopo di verificare se un’impresa occupi una posizione dominante ai sensi dell’art. 82, primo comma, CE, occorre attribuire importanza fondamentale alla determinazione del mercato di cui trattasi e alla delimitazione della parte sostanziale del mercato comune in cui l’impresa è in grado di attuare eventualmente pratiche abusive che ostacolino un’effettiva concorrenza (sentenze della Corte 26 novembre 1998, causa C‑7/97, Bronner, Racc. pag. I‑7791, punto 32, e 23 maggio 2000, causa C‑209/08, Sydhavnens Sten & Grus, Racc. pag. I‑3743, punto 57).

248    A questo proposito va ricordato che la definizione del mercato non riveste la stessa importanza nell’applicazione dell’art. 81 CE o dell’art. 82 CE. Ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE, la definizione adeguata del mercato di cui trattasi è una condizione necessaria e preliminare a qualsiasi giudizio su un comportamento che si pretende anticoncorrenziale in quanto, prima di dimostrare la presenza di un abuso di posizione dominante, è necessario provare l’esistenza di una posizione dominante in un determinato mercato, il che presuppone la previa definizione di tale mercato. Invece, per l’applicazione dell’art. 81 CE si deve definire il mercato di cui trattasi per determinare se l’accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata di cui è causa possano incidere sugli scambi tra Stati membri ed abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (sentenze del Tribunale 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II‑2707, punto 230, e 11 dicembre 2003, causa T‑61/99, Adriatica di Navigazione/Commissione, Racc. pag. II‑5349, punto 27).

249    Nell’economia dell’art. 82 CE il mercato geografico può essere definito come il territorio nel quale tutti gli operatori economici si trovano in condizioni di concorrenza analoghe con riferimento ai prodotti considerati. Non è affatto necessario che le condizioni obiettive di concorrenza tra gli operatori economici siano perfettamente omogenee. È sufficiente che esse siano analoghe o abbastanza omogenee (sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, Racc. pag. 207, punti 44 e 53, e sentenza del Tribunale 22 novembre 2001, causa T‑139/98, AAMS/Commissione, Racc. pag. II‑3413, punto 39). Conseguentemente, soltanto le zone nelle quali le condizioni obiettive di concorrenza sono eterogenee non possono essere considerate costituire un mercato uniforme (sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T‑229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II‑1689, punto 92).

250    Infine, secondo costante giurisprudenza, se è vero che il giudice comunitario esercita, in generale, un sindacato pieno in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle norme sulla concorrenza, il sindacato che esso esercita sulle valutazioni economiche complesse operate dalla Commissione deve tuttavia limitarsi alla verifica dell’osservanza delle regole di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (sentenze del Tribunale 30 marzo 2000, causa T‑65/96, Kish Glass/Commissione, Racc. pag. II‑1885, punto 64, e 17 settembre 2007, causa T‑201/04, Microsoft/Commissione, Racc. pag. II‑3601, punto 87).

251    Nel caso di specie, va sottolineato che, nella parte della decisione impugnata dedicata al mercato di cui trattasi, la Commissione ha definito il mercato geografico rilevante nel seguente modo:

«136. Il mercato sotto il profilo del prodotto e geografico nel quale va valutato il potere economico di Solvay è quindi il mercato del carbonato di sodio nella Comunità (ad eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda)».

252    Rispondendo ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha sottolineato che altre parti della decisione impugnata si riferivano allo stesso mercato geografico individuato al punto 136.

253    In particolare, la Commissione cita i punti 8, 18-20, 23, 26, 36-38, 40-42, 43, 133, 137, 138, 188 e 191, nei quali si fa riferimento all’«Europa occidentale», all’«Europa dell’Ovest» o alla «Comunità».

254    Inoltre, la definizione del mercato geografico contenuta al punto 136 della decisione impugnata non è in contraddizione con altri punti della decisione impugnata. Difatti, dalla giurisprudenza citata supra, al punto 249, risulta che è sufficiente che le condizioni di concorrenza siano analoghe o abbastanza omogenee con riferimento ai prodotti considerati. Di conseguenza, più mercati nazionali possono formare insieme un mercato geografico, nell’ambito dell’applicazione dell’art. 82 CE, qualora le condizioni obiettive di concorrenza siano abbastanza omogenee.

255    Per di più, il fatto che i produttori tendessero a concentrare le vendite negli Stati membri in cui possedevano capacità di produzione non esclude che le condizioni obiettive di concorrenza fossero abbastanza omogenee.

256    In ogni caso, dall’esame del quarto motivo dedotto dalla ricorrente (v. infra punti 261-305) emerge che quest’ultima è in posizione dominante, a prescindere dal fatto che il mercato geografico rilevante venga definito come costituito dalla Comunità, tranne il Regno Unito e l’Irlanda, o da ciascuno degli Stati nei quali alla ricorrente vengono contestate violazioni dell’art. 82 CE sul mercato del carbonato di sodio.

257    Come indicato al punto 147 della decisione impugnata:

«(…) anche se ciascuno dei mercati nazionali particolarmente interessati dalle pratiche di esclusione di Solvay venisse considerato come un mercato distinto, Solvay avrebbe avuto una posizione dominante su ciascuno di essi, e la maggior parte delle considerazioni di cui sopra rimarrebbero valide».

258    In effetti, dalle quote di mercato in possesso della ricorrente deriva che essa deteneva una posizione dominante anche in ognuno degli Stati nei quali avrebbe commesso le infrazioni all’art. 82 CE di cui è accusata.

259    Di conseguenza, anche se la Commissione non avesse definito il mercato geografico rilevante in modo corretto, questo errore non avrebbe influito in maniera determinante sulle conclusioni tratte. Un errore di questo tipo, anche ove dimostrato, non è sufficiente a giustificare l’annullamento della decisione della Commissione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 2002, causa T‑126/99, Graphischer Maschinenbau/Commissione, Racc. pag. II‑2427, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

260    Pertanto il terzo motivo dev’essere respinto.

 Il quarto motivo: assenza di posizione dominante

 Argomenti delle parti

261    La ricorrente contesta l’analisi della Commissione secondo la quale i suoi stessi documenti confermerebbero l’esistenza di una posizione dominante nell’Europa dell’Ovest.

262    In primo luogo, la ricorrente fa valere che la tesi della Commissione non è suffragata dai fatti.

263    Al riguardo la ricorrente fa osservare che, al punto 147 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che, anche se ciascuno dei mercati nazionali particolarmente interessati dalle pratiche di esclusione venisse considerato come un mercato distinto, nondimeno la ricorrente avrebbe avuto una posizione dominante su ciascuno di essi.

264    Orbene, secondo la ricorrente, la sua quota dei mercati nazionali non era del 70% e, quand’anche si trattasse di una quota considerevole, non sarebbe indice di un livello significativo di potenza sul mercato. Difatti, durante il periodo considerato, la sua quota di mercato era stata pari solo al 56,7% nel Benelux, al 54,9% in Francia e al 52,5% in Germania. Il fatto, poi, che la ricorrente sia l’unico produttore di carbonato di sodio a svolgere la propria attività in tutta la Comunità sarebbe privo di rilevanza. Altrettanto irrilevante sarebbe la sua capacità produttiva totale in Europa, in mancanza di forniture significative da parte delle sue diverse unità produttive sugli altri mercati nazionali nei quali essa possedeva unità produttive. A livello nazionale, le sue capacità di produzione sarebbero state paragonabili a quelle dei suoi concorrenti nazionali.

265    Parimenti, la ricorrente sostiene che la protezione che le sarebbe stata assicurata dalle misure antidumping era soltanto relativa, in quanto le importazioni provenienti dalla Germania dell’Est e dirette verso la Germania dell’Ovest non erano soggette ai dazi antidumping e doganali e, in ogni caso, il regime del perfezionamento attivo permetteva ai produttori di vetro di acquistare dai produttori americani e dell’Europa dell’Est quantitativi ingenti di carbonato di sodio esenti da dazi antidumping.

266    La ricorrente inoltre sostiene che la Commissione avrebbe dovuto considerare che i clienti potevano utilizzare soda caustica e vetro triturato al posto del carbonato di sodio. Infatti, nei suoi rapporti con i clienti, essa ritiene di essere stata soggetta ad una pressione concorrenziale provocata da questi prodotti.

267    Da ciò la ricorrente deduce che non deteneva una posizione dominante sui mercati nazionali considerati, gli unici a poter essere ammessi in termini geografici.

268    Per di più, secondo la ricorrente, la Commissione non ha tenuto conto del notevole potere d’acquisto di alcuni dei suoi clienti produttori di vetro. Infatti, essa non avrebbe verificato in che misura i quantitativi ritirati da tali clienti fossero necessari alla sua sopravvivenza a lungo termine, specie a causa dell’importanza delle spese fisse in questa industria pesante. Né la Commissione avrebbe valutato il ruolo dei concorrenti locali o l’impatto delle importazioni provenienti dagli Stati Uniti o dall’Europa dell’Est.

269    Anche supponendo che il mercato geografico rilevante abbia dimensione europea, l’analisi della Commissione sarebbe inesatta e «mal motivata». Al riguardo la ricorrente adduce la pressione concorrenziale proveniente, in primo luogo, dai concorrenti comunitari appartenenti a grandi gruppi industriali, in secondo luogo, dai concorrenti statunitensi e da quelli dei paesi dell’Europa dell’Est, che potevano offrire prezzi allettanti, e, in terzo luogo, dai clienti appartenenti anch’essi a grandi gruppi.

270    La ricorrente allega inoltre una contraddizione tra il punto 39 della decisione impugnata, secondo il quale il principale rischio per essa proveniva non dagli altri produttori europei ma dal carbonato di sodio statunitense, e il punto 53 della stessa, a termini del quale la ricorrente «sembra essersi principalmente preoccupata di preservare la sua posizione dominante sul mercato europeo contro l’“agitazione” dei piccoli produttori, come anche contro la minaccia delle importazioni dall’Europa dell’Est e dagli Stati Uniti». Il potere di mercato dei suoi concorrenti sarebbe stato tanto maggiore in quanto, al momento dell’indagine effettuata negli anni 1980 e 1981, la Commissione non aveva imposto loro alcuna modifica delle pratiche concorrenziali, cosicché essi potevano tutelare i propri clienti concludendo contratti «fabbisogno totale» di lunga durata.

271    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in numerosi errori di diritto concludendo, al punto 148 della decisione impugnata, che per tutto il periodo in questione essa aveva detenuto una posizione dominante.

272    Al riguardo la ricorrente fa notare, in particolare, che la Commissione ha ignorato il criterio del potere compensativo dei clienti, al quale il Tribunale si era riferito nella sua sentenza 10 marzo 1992, cause riunite T‑68/89, T‑77/89 e T‑78/89, SIV e a./Commissione (Racc. pag. II‑1403). Anche nella decisione della Commissione 25 novembre 1998, che dichiara una concentrazione compatibile con il mercato comune ed il funzionamento dell’accordo SEE (Caso IV.M.1225 – Enso/Stora) (GU 1999, L 254, pag. 9), sarebbe stata esaminata la questione del potere di acquisto compensativo dei clienti, in quel caso sul mercato del cartone per l’imballaggio di liquidi. Secondo la ricorrente, a causa della struttura dei costi di produzione, essendo le spese variabili minime rispetto al costo complessivo, i suoi clienti potevano minacciarla di farle perdere una parte notevole, o addirittura la totalità, delle sue forniture. Di conseguenza, secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto valutare se essa fosse o meno in grado di comportarsi con notevole indipendenza nei confronti dei suoi clienti.

273    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha motivato regolarmente la decisione impugnata poiché si è astenuta, da un lato, dallo specificare quali criteri, tra quelli considerati per valutare la sua posizione dominante sul mercato comunitario, si applicavano all’analisi della sua posizione sui mercati nazionali e, dall’altro, dall’applicare in concreto questi criteri relativamente alle condizioni prevalenti sui detti mercati.

274    La Commissione contesta gli argomenti fatti valere dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

275    Secondo una giurisprudenza consolidata, la posizione dominante ex art. 82 CE riguarda una posizione di potenza economica detenuta da un’impresa tale da conferire a quest’ultima il potere di impedire la sussistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, fornendole la possibilità di comportamenti notevolmente indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei propri clienti e, in ultimo, dei consumatori (sentenze United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, cit. supra al punto 249, punto 65, e Microsoft/Commissione, cit. supra al punto 250, punto 229). Siffatta posizione, a differenza di una situazione di monopolio o di quasi monopolio, non esclude l’esistenza di una certa concorrenza, ma pone l’impresa che la detiene in grado, se non di decidere, almeno di influire notevolmente sul modo in cui si svolgerà detta concorrenza e, comunque, di comportarsi sovente senza doverne tener conto e senza che, per questo, una simile condotta le arrechi pregiudizio (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 39).

276    L’esistenza di una posizione dominante deriva in generale dalla concomitanza di più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero necessariamente decisivi (sentenza United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, cit. supra al punto 249, punto 66). Per stabilire l’esistenza di una posizione dominante sul mercato di cui trattasi occorre esaminare anzitutto la sua struttura, indi la situazione concorrenziale su di esso (v., in tal senso, sentenza United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, cit. supra al punto 249, punto 67).

277    Quote di mercato estremamente elevate costituiscono di per sé, e salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante. In effetti, una quota di mercato particolarmente cospicua pone l’impresa che la detiene per un certo periodo, dato il volume di produzione e di offerta che essa rappresenta – senza che i detentori di quote notevolmente inferiori siano in grado di soddisfare rapidamente la domanda che vorrebbe orientarsi verso imprese diverse da quella che detiene la quota maggiore – in una posizione di forza che la rende controparte obbligatoria e che, già solo per questo fatto, le garantisce, quanto meno per periodi relativamente lunghi, l’indipendenza di comportamento che caratterizza la posizione dominante (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 275, punto 41, e sentenza del Tribunale 23 ottobre 2003, causa T‑65/98, van den Bergh Foods/Commissione, Racc. pag. II‑4653, punto 154).

278    Così, una quota di mercato compresa tra il 70 e l’80% costituisce di per sé un chiaro indizio dell’esistenza di una posizione dominante (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T‑30/89, Hilti/Commissione, Racc. pag. II‑1439, punto 92, e 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98, da T‑212/98 e T‑214/98, Atlantic Container Line e a./Commissione, Racc. pag. II‑3275, punto 907).

279    Parimenti, secondo la giurisprudenza della Corte, una quota di mercato del 50% costituisce di per sé, salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante (v., in tal senso, sentenza della Corte 3 luglio 1991, causa C‑62/86, AKZO/Commissione, Racc. pag. I‑3359, punto 60).

280    Nel caso di specie, al punto 137 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che la ricorrente deteneva «nell’Europa dell’Ovest» una quota di mercato «pari a circa il 70%» e questo «nel corso di tutto il periodo in esame».

281    Nell’atto introduttivo la ricorrente non nega di detenere una quota di mercato molto alta, sempre nell’ipotesi di un mercato di dimensione comunitaria. Essa indica infatti che, se il mercato è europeo, la sua quota oscillava tra il 60 e il 70%.

282    Dai dati forniti dalla ricorrente, e che non sono stati contestati dalla Commissione, risulta anche che nel 1988 essa deteneva in particolare il 52,5% del mercato tedesco, il 96,9% del mercato austriaco, l’82% di quello belga, il 99,6% del mercato spagnolo, il 54,9% del mercato francese, il 95% di quello italiano, il 14,7% del mercato olandese e il 100% di quello portoghese.

283    Dal possesso di simili quote di mercato deriva che, salvo circostanze eccezionali del caso di specie, la ricorrente deteneva una posizione dominante tanto sul mercato comunitario quanto sui diversi mercati nazionali sui quali essa avrebbe commesso le violazioni dell’art. 82 CE che le vengono contestate, nell’ipotesi che il mercato geografico debba essere definito così.

284    Al punto 138 della decisione impugnata la Commissione deduce diversi elementi che completano il suo esame delle quote di mercato della ricorrente e depongono nel senso di una posizione dominante di quest’ultima.

285    Poiché, per definizione, tali elementi non si possono collegare a circostanze eccezionali che permettano di escludere che la ricorrente avesse una posizione dominante, non vi è ragione di prendere in esame le critiche formulate dalla ricorrente al loro riguardo.

286    La ricorrente fa tuttavia valere tre argomenti che è necessario analizzare per stabilire se, nel caso di specie, esistevano simili circostanze eccezionali nel senso della giurisprudenza della Corte.

287    In primo luogo, la ricorrente invoca una notevole pressione concorrenziale esercitata da imprese comunitarie e non comunitarie.

288    Ebbene, va anzitutto ricordato che l’esistenza di un certo grado di concorrenza non è incompatibile con l’esistenza di una posizione dominante sul mercato di cui trattasi.

289    Inoltre, occorre rilevare che, quanto ai concorrenti comunitari, la ricorrente non indica nessun elemento preciso a sostegno del suo argomento.

290    In ogni caso, dai dati che la ricorrente medesima ha fornito nel ricorso risulta che la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione quando, al punto 138 della decisione impugnata, ha constatato l’elevata quota di mercato della ricorrente nel Benelux, in Francia e in Germania e la sua posizione di monopolio o quasi monopolio in Italia, Spagna e Portogallo.

291    Per quel che riguarda i concorrenti non comunitari, la ricorrente sostiene che le importazioni provenienti dalla Germania dell’Est erano pari all’8% delle vendite complessive nella Germania dell’Ovest, percentuale che non viene contestata dalla Commissione. Tuttavia, a prescindere dal fatto che il mercato geografico abbia dimensione comunitaria oppure nazionale, una simile percentuale non permette di concludere per l’assenza di una posizione dominante della ricorrente sul mercato in questione.

292    Quanto alle importazioni americane, al punto 31 della decisione impugnata è indicato che, fino al 1990, i produttori degli Stati Uniti avevano esportato nell’Europa dell’Ovest continentale, in totale, solo circa 40 000 tonnellate, quasi tutte in regime di perfezionamento attivo.

293    Orbene, come giustamente sottolineato dalla Commissione, anche considerando che tale quantitativo sia stato realizzato in un anno, esso non rappresentava che lo 0,07% circa del consumo totale di carbonato di sodio nella Comunità, consumo che era pari a circa 5,5 milioni di tonnellate nel 1989. Una simile quota di mercato non si può considerare significativa.

294    Infine, l’affermazione della ricorrente secondo cui i suoi clienti ricorrevano alla minaccia di far uso del regime di perfezionamento attivo per rifornirsi dai produttori americani e dell’Europa dell’Est non è suffragata da alcun elemento di prova. In ogni caso, si tratta di un argomento irrilevante, dal momento che il semplice fatto che i clienti facessero una tale minaccia non può costituire una circostanza eccezionale tale da escludere una posizione dominante.

295    In secondo luogo, la ricorrente invoca la possibilità di una sostituzione del carbonato di sodio con la soda caustica e il vetro triturato, possibilità che a suo avviso costituiva una pressione concorrenziale nei suoi rapporti con i clienti.

296    Ebbene, si deve rilevare che, ai punti 139-145 della decisione impugnata, la Commissione ha effettuato un’analisi dettagliata della sostituibilità della soda caustica al carbonato di sodio e ha dichiarato che, di fatto, le possibilità di sostituzione non restringevano significativamente il potere di mercato della ricorrente. Nel suo ricorso, quest’ultima non fornisce alcun elemento in grado di mettere in discussione tale analisi.

297    Per quel che riguarda il vetro triturato, al punto 144 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che il fabbisogno di carbonato di sodio di un fabbricante di vetro per contenitori poteva essere ridotto fino al 15% mediante l’utilizzazione di vetro triturato. Questo valore non viene contestato dalla ricorrente. La Commissione ha ammesso anche che l’utilizzazione di vetro triturato poteva far diminuire la dipendenza dei clienti dai fornitori di carbonato di sodio in genere, ma non ridurre la capacità di un grande produttore di carbonato di sodio di escludere dal mercato produttori di minori dimensioni. Pertanto, al contrario di quanto dichiarato dalla ricorrente, si deve ritenere che la Commissione abbia tenuto conto di questa possibilità di sostituzione del carbonato di sodio con il vetro triturato.

298    Di conseguenza, la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione concludendo che le possibilità di sostituzione non restringevano significativamente il potere di mercato della ricorrente.

299    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto tener conto della pressione concorrenziale esercitata dai clienti.

300    Tuttavia, stando ai dati forniti dalla stessa ricorrente e confermati dalla Commissione, la produzione complessiva della ricorrente in Europa, all’epoca dei fatti controversi, si aggirava intorno ai 3,7 milioni di tonnellate e le sue vendite complessive in Europa erano all’incirca di 3,1 milioni di tonnellate.

301    Al punto 42 della decisione impugnata, la Commissione ha spiegato che il principale cliente della ricorrente era il gruppo Saint-Gobain, con il quale essa aveva stipulato contratti a tempo indeterminato nei vari Stati membri, che riguardavano vendite per oltre 500 000 tonnellate all’anno nell’Europa dell’Ovest.

302    Di conseguenza, la quota delle vendite della ricorrente al gruppo Saint-Gobain, il suo maggior cliente, rappresenta circa il 14% della sua produzione e il 16% delle sue vendite in Europa.

303    Pertanto, anche se la Commissione avesse dovuto prendere in considerazione il criterio del potere compensativo dei clienti della ricorrente, dalle percentuali testé riportate emerge che né il gruppo Saint-Gobain né alcun altro dei suoi clienti erano in grado di controbilanciare il potere della ricorrente sul mercato.

304    Tutto ciò considerato, gli argomenti sollevati dalla ricorrente non permettono di concludere per l’esistenza di circostanze eccezionali che giustificherebbero un riesame dell’affermazione secondo cui essa aveva una posizione dominante sul mercato di cui trattasi.

305    Di conseguenza, il quarto motivo dev’essere respinto.

 Il quinto motivo: assenza di abuso di posizione dominante

306    Il quinto motivo si articola in cinque capi, relativi rispettivamente agli sconti sul tonnellaggio marginale, allo sconto «gruppo» accordato alla Saint-Gobain, agli accordi di esclusiva, alle clausole di concorrenza e al carattere discriminatorio delle pratiche contestate alla ricorrente.

 Il primo capo: sconti sul tonnellaggio marginale

–       Argomenti delle parti

307    La ricorrente sostiene di non aver mai messo in atto una politica generale di fidelizzazione. Le note in materia di strategia di cui ai punti 53-55 della decisione impugnata testimonierebbero della volontà di favorire i clienti che si impegnavano a lungo termine, cosa che avrebbe una giustificazione economica. La ricorrente avrebbe inteso compensare il vantaggio economico che traeva dalla garanzia di utilizzo delle sue capacità produttive per un periodo limitato, ma sicuro, di due anni al massimo, ammesso espressamente dalla Commissione nel 1981.

308    Il fatto che gli sconti accordati riguardassero il tonnellaggio marginale sarebbe giustificato dalla particolare struttura dei costi di produzione del carbonato di sodio. Infatti, i costi variabili rappresenterebbero una percentuale assai esigua dei costi totali. Al momento della negoziazione e della fissazione del prezzo di vendita del carbonato di sodio all’inizio dell’anno sarebbe stato preso in considerazione l’insieme dei costi complessivi, ripartiti sui tonnellaggi che i suoi clienti si erano impegnati ad acquisire. Riguardo ai quantitativi supplementari eventualmente acquistati dai clienti durante l’esecuzione del contratto, la ricorrente fa osservare che, poiché i costi fissi erano già stati coperti dai quantitativi fissi, essa disponeva di un margine più ampio di manovra nel fissare il prezzo e nel determinare l’importo dello sconto da accordare al cliente interessato.

309    In particolare, la ricorrente sostiene che la Commissione ha valutato in modo inesatto gli effetti derivanti dalla concessione di presunti sconti di fedeltà da parte della direzione nazionale tedesca ai propri clienti tedeschi. Essa, infatti, avrebbe a torto considerato che gli altri produttori di carbonato di sodio facessero concorrenza alla ricorrente solo sui tonnellaggi marginali. Orbene, secondo quest’ultima, i concorrenti che intendevano vendere ai suoi clienti beneficiari di sconti su tonnellaggi marginali potevano proporre loro la fornitura di quantitativi superiori ai tonnellaggi marginali, o addirittura la fornitura di tutto il fabbisogno, ciò che avrebbe permesso loro di offrire prezzi medi competitivi. Inoltre, la Commissione non avrebbe esaminato le capacità produttive dei suoi concorrenti e la loro struttura dei costi all’epoca.

310    La durata dei contratti, poi, limitata a due anni, avrebbe consentito ai propri concorrenti di incalzare la sua posizione a breve termine. Tenuto conto del potere di negoziazione dei clienti, questi avrebbero perfino avuto la possibilità, in vigenza del contratto, di rimettere in discussione i loro «impegni di tonnellaggio».

311    Pertanto, il sistema di sconti attuato nel caso di specie sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte, che autorizzerebbe i sistemi di sconti giustificati da un ritorno economico.

312    La ricorrente fa poi riferimento al regolamento (CE) della Commissione 10 aprile 1995, n. 823, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di carbonato di sodio originario degli Stati Uniti d’America (GU L 83, pag. 8), per dedurne che il sistema di sconti sulla «frazione superiore» («top slice») aveva un effetto assai limitato in Europa, essendo tale sistema applicato esclusivamente a quantitativi marginali su determinati mercati.

313    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

314    Secondo costante giurisprudenza, la nozione di abuso è una nozione oggettiva che riguarda il comportamento di un’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già indebolito e avente come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la normale concorrenza tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 275, punto 91, e sentenza del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T‑210/01, General Electric/Commissione, Racc. pag. II‑5575, punto 549).

315    Sebbene l’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante non implichi di per sé alcun addebito a carico dell’impresa considerata, a quest’ultima incombe, indipendentemente dalle cause di tale posizione, la particolare responsabilità di non compromettere con il suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 57, e sentenza Microsoft/Commissione, cit. supra al punto 250, punto 229). Parimenti, sebbene l’esistenza di una posizione dominante non privi un’impresa che si trovi in questa posizione del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, qualora questi siano insidiati, e la detta impresa abbia la facoltà, entro limiti ragionevoli, di compiere gli atti che ritenga opportuni per la protezione di tali interessi, non è però ammissibile una tutela siffatta qualora abbia lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di farne abuso (sentenza United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, cit. supra al punto 249, punto 189, e sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 55).

316    Per quanto riguarda in particolare la concessione di sconti da parte di un’impresa in posizione dominante, da una giurisprudenza costante emerge che uno sconto di fedeltà, concesso in cambio di un impegno del cliente a rifornirsi esclusivamente o quasi da un’impresa in posizione dominante, è contrario all’art. 82 CE. Un tale sconto, infatti, mira a impedire, mediante la concessione di vantaggi finanziari, l’approvvigionamento dei clienti presso produttori concorrenti (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 518, e sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315, punto 56).

317    Un sistema di sconti avente un effetto di preclusione sul mercato sarà considerato contrario all’art. 82 CE se è applicato da un’impresa in posizione dominante. Per tale motivo la Corte ha statuito che uno sconto connesso alla realizzazione di un obiettivo d’acquisto violava l’art. 82 CE (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315, punto 57).

318    In genere si ritiene che i sistemi di sconti per quantitativi, che dipendono solo dal volume degli acquisti effettuati presso un’impresa in posizione dominante, non comportino un effetto di preclusione vietato dall’art. 82 CE. Se l’aumento della quantità fornita si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest’ultimo ha in effetti il diritto di far beneficiare il suo cliente di tale riduzione tramite una tariffa più vantaggiosa. Si presume che gli sconti per quantitativi riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dall’impresa in posizione dominante (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315, punto 58).

319    Ne consegue che un sistema di sconti nell’ambito del quale la percentuale di sconto aumenta in funzione del volume acquistato non viola l’art. 82 CE, a meno che i criteri e le modalità di concessione dello sconto facciano risultare che il sistema non si fonda su una contropartita economicamente giustificata, ma tende, analogamente a uno sconto di fedeltà e di obiettivo, a impedire l’approvvigionamento dei clienti presso produttori concorrenti (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 275, punto 90, e Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315, punto 59).

320    Per stabilire l’eventuale illiceità di un sistema di sconti per quantitativi, bisogna dunque valutare tutte le circostanze, in particolare i criteri e le modalità di concessione degli sconti, e accertare se gli sconti mirino, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che lo giustifichi, a sopprimere o a limitare la possibilità dell’acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a chiudere l’accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni dissimili per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 275, punto 90, e Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315, punto 60).

321    Nel caso di specie, nella parte della decisione impugnata dedicata al comportamento della ricorrente diretto ad escludere la concorrenza, la Commissione ha anzitutto fatto riferimento, ai punti 53-55, ad una strategia commerciale messa in atto dalla ricorrente dopo il 1982.

322    A questo riguardo la Commissione si è basata su due note in materia di strategia del 1988, secondo le quali la ricorrente mirava a vincolare i suoi clienti attraverso la concessione di sconti contrattuali.

323    Ai punti 56-80 della decisione impugnata, la Commissione ha poi esaminato il sistema di sconti messo in atto dalla ricorrente in Germania e in Francia.

324    In particolare, la Commissione ha precisato quanto segue:

«Oltre agli abituali sconti di quantità sul tonnellaggio per i grossi clienti, dal 1982 Solvay ha concesso due forme supplementari di sconti in Germania:

–       uno sconto sul tonnellaggio marginale o “Spitzenrabatt”, che era quasi sempre fissato al 20% del prezzo di listino,

–      un pagamento annuale speciale mediante assegno (in un caso fino a 3,4 milioni di DEM) a condizione che il cliente si approvvigionasse da Solvay per la totalità o l’essenziale del suo fabbisogno.

(…)

Così, nel caso di Vegla, che faceva parte del gruppo Saint-Gobain ed era il principale cliente di Solvay in Germania, il sistema di sconti ha funzionato come segue per il 1989:

1.       sul tonnellaggio contrattuale di base di 85 000 [tonnellate], uno sconto del 10%,

2.       per il tonnellaggio “marginale” di 43 000 [tonnellate], uno sconto del 20%,

3.       un assegno corrispondente al tonnellaggio marginale di 3 349 000 DEM.

(…).

Nella maggior parte dei casi, come quello di Vegla, il sistema di sconti consolidava la posizione di Solvay come fornitore esclusivo. Tuttavia, tale sistema mirava altresì a mantenere la quota dominante di Solvay quando i clienti avevano come politica di suddividere la loro attività fra due fornitori. Flachglas, il secondo cliente di Solvay in Germania, frazionava le sue attività pressappoco nella proporzione di 70 a 30 fra Solvay e M & W. A partire dal 1983, le condizioni di prezzo applicate da Solvay a Flachglas prevedevano uno sconto per quantitativo dell’8,5% per quantità fino a 70 migliaia di [tonnellate], del 20 % sul tonnellaggio marginale e un assegno variabile da 500 000 a 750 000 DEM. Questo sconto supplementare mediante assegno significava che il prezzo reale del tonnellaggio marginale al di là di 70 migliaia di [tonnellate] non era (a seconda della quantità) che di 250 o 260 DEM per tonnellata. Per il secondo fornitore era estremamente difficile incidere sulla quota “essenziale” dell’approvvigionamento detenuta da Solvay, che (come risulta dagli stessi documenti di Solvay) era protetta dalla “barriera” degli sconti. Anche se il secondo fornitore fosse stato in grado di eguagliare il prezzo fatturato di 322,40 DEM (prezzo di listino -20%), è altamente improbabile che il cliente volesse rischiare di perdere il sostanziale assegno il cui pagamento era di tutta evidenza subordinato all’acquisto di un tonnellaggio appropriato da Solvay oltre al tonnellaggio contrattuale di base. Documenti reperiti presso Matthes & Weber confermano che tale società non era in grado di fare incursioni nella quota di approvvigionamento di Flachglas detenuta da Solvay».

325    La ricorrente non nega in nessuna fase gli elementi che le vengono contestati riguardo al sistema di sconti applicato in Francia. In effetti, essa fa riferimento unicamente al sistema messo in atto in Germania.

326    Pertanto, occorre esaminare solo se il sistema di sconti attuato dalla ricorrente in Germania costituiva un sistema di sconti per quantitativi, con cui il fornitore consentiva ai suoi clienti di beneficiare di economie di scala ottenute grazie ai loro impegni di acquisto, ovvero un sistema di sconti di fedeltà che, tramite un vantaggio non giustificato da alcuna controprestazione economica, mirava a restringere la scelta dei clienti della ricorrente nelle loro fonti di rifornimento.

327    A questo proposito, la ricorrente non contesta l’esistenza e il contenuto delle due note in materia di strategia del 1988, ma sostiene che esse miravano a favorire i clienti che si impegnavano a termine, cosa che sarebbe economicamente giustificata.

328    Conformemente alla giurisprudenza, occorre valutare l’insieme delle circostanze, in particolare i criteri e le modalità di concessione degli sconti.

329    Dalla decisione impugnata emerge che, contrariamente ad uno sconto per quantitativo legato unicamente al volume degli acquisti, non era prevista alcuna progressione nelle percentuali di sconto concesse sui quantitativi di base e su quelli marginali, poiché il sistema prevedeva un passaggio da una percentuale del 7-10% circa applicata sui primi ad una percentuale del 20% concessa sui secondi, importo peraltro completato dall’applicazione di un pagamento speciale mediante assegno.

330    Inoltre, come risulta dal punto 160 della decisione impugnata, la percentuale del 20% iniziava ad essere applicata non appena il cliente ordinava alla ricorrente quantitativi supplementari rispetto a quelli stabiliti contrattualmente, a prescindere dall’importanza in termini assoluti di questi ultimi.

331    Il ribasso dei prezzi dunque non avveniva in maniera graduale, in funzione dei quantitativi stabiliti contrattualmente, ma solo quando i quantitativi raggiungevano una determinata soglia fissata ad un livello prossimo al fabbisogno stabilito all’atto della negoziazione del contratto. Orbene, in un sistema di sconti per quantitativi il beneficio si deve ripercuotere sul prezzo del tonnellaggio di base in funzione dei quantitativi acquistati.

332    L’applicazione cumulativa di questi sconti aveva la conseguenza che il prezzo unitario offerto per i quantitativi marginali era notevolmente inferiore al prezzo medio pagato dal cliente per i quantitativi di base stabiliti contrattualmente, come sottolineato dalla Commissione ai punti 61 e 62 della decisione impugnata.

333    I clienti, pertanto, erano spinti a rifornirsi dalla ricorrente anche per i tonnellaggi che superavano i quantitativi contrattuali, dato che difficilmente gli altri fornitori avrebbero potuto offrire, su tali tonnellaggi, prezzi concorrenziali rispetto a quelli offerti dalla ricorrente (punti 63-66 della decisione impugnata).

334    Inoltre, conformemente alla sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315 (punti 107-109), la ricorrente dovrebbe dimostrare che il suo sistema di sconti si fondava su un’oggettiva giustificazione economica. Ebbene, la ricorrente non fornisce alcuna indicazione concreta al riguardo, limitandosi ad indicare che intendeva remunerare il vantaggio economico che traeva dalla garanzia di utilizzo delle sue capacità produttive.

335    Un simile argomento è troppo generico e non vale a spiegare in concreto la scelta delle percentuali di sconto applicate.

336    Per di più, il carattere di fidelizzazione proprio del sistema di sconti attuato emerge dalle prove documentali esaminate ai punti 68-71 della decisione impugnata, che non vengono contestate dalla ricorrente.

337    Inoltre, per quel che riguarda le procedure antidumping, il riferimento al regolamento n. 823/95 è privo di rilevanza, poiché tale regolamento è stato adottato in un contesto giuridico del tutto differente.

338    Infine, anche nell’ipotesi che gli sconti siano stati applicati solo su quantitativi minimi, emerge dalla giurisprudenza che, al fine di accertare una violazione dell’art. 82 CE, è sufficiente dimostrare che il comportamento abusivo dell’impresa in posizione dominante miri a restringere la concorrenza o, in altri termini, che sia tale da produrre o da poter produrre un simile effetto (v. sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 315, punto 239).

339    Orbene, ciò è quanto accade nella fattispecie per il sistema di sconti sul tonnellaggio marginale applicato dalla ricorrente in Germania.

340    In conclusione, si deve dichiarare che la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione è incorsa in un errore di diritto quando ha affermato che il sistema di sconti da essa applicato in Germania mirava a fidelizzare la clientela e poteva avere un effetto di esclusione sulla concorrenza.

341    Di conseguenza, il primo capo del quinto motivo dev’essere respinto.

 Il secondo capo: lo sconto «gruppo» accordato alla Saint-Gobain

–       Argomenti delle parti

342    La ricorrente sostiene che il protocollo segreto concluso con la Saint-Gobain non costituiva un contratto di esclusiva o di quasi esclusiva, in quanto essa forniva solo il 67% circa del fabbisogno complessivo della Saint-Gobain in Europa.

343    Secondo la ricorrente, le forniture erano effettuate a livello nazionale per motivi di ordine economico, ossia in sostanza per le spese di trasporto. Inoltre, lo sconto dell’1,5% sarebbe stato concesso sui quantitativi effettivamente acquistati dalle controllate nazionali e su richiesta della Saint-Gobain. Si tratterebbe di uno sconto quantitativo supplementare, limitato ad un livello circoscritto per evitare qualsiasi contrasto con le norme comunitarie in tema di concorrenza.

344    La ricorrente aggiunge che tale sconto non era calcolato sulla somma degli acquisti effettuati dal gruppo. La base dello sconto per ogni controllata della Saint-Gobain sarebbe stata costituita dal prezzo di vendita a quest’ultima applicato, moltiplicato per le vendite che la stessa effettuava. Di conseguenza, lo sconto sarebbe stato legato agli acquisti che le controllate della Saint-Gobain si fossero impegnate ad effettuare direttamente presso le diverse direzioni nazionali della ricorrente.

345    Inoltre, la ricorrente fa osservare che, dopo l’adozione della decisione 91/299, la Commissione ha accettato un contratto che essa aveva concluso con il gruppo Saint-Gobain nel 1994, in forza del quale le società del gruppo Saint-Gobain beneficiavano di condizioni privilegiate nella fornitura di carbonato di sodio, tenuto conto del fatto che la durata del contratto era di tre anni e non sarebbe stata prorogata.

346    Infine, la ricorrente sostiene che il protocollo segreto da essa concluso con il gruppo Saint-Gobain non ha impedito alle controllate nazionali della Saint-Gobain di ricorrere alla minaccia per negoziare condizioni contrattuali più favorevoli o addirittura di risolvere il loro contratto, come nel caso della Saint-Gobain Francia.

347    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

348    Al punto 161 della decisione impugnata la Commissione ha spiegato che il protocollo segreto era destinato a confermare la ricorrente nella posizione di fornitore esclusivo o pressoché esclusivo della Saint-Gobain nell’Europa dell’Ovest, salvo la Francia.

349    Va rilevato che la ricorrente non nega l’esistenza del protocollo segreto né il contenuto della sua clausola 4, il cui tenore era il seguente:

«Nel quadro del presente protocollo, Solvay accorda inoltre a Saint‑Gobain uno sconto supplementare dell’1,5% calcolato sull’insieme degli acquisti di carbonato di sodio di Saint-Gobain da Solvay in Europa».

350    Secondo la ricorrente, si trattava di uno sconto quantitativo supplementare, attribuito in funzione degli acquisti effettuati dalle controllate della Saint-Gobain presso le sue diverse direzioni nazionali.

351    La Commissione, da parte sua, sostiene che lo sconto dell’1,5% non costituiva uno sconto per quantitativo, poiché ciascuna delle controllate della Saint-Gobain riceveva uno sconto non legato esclusivamente ai quantitativi da essa acquistati, ma altresì ai quantitativi acquistati dalle altre controllate. Essendo calcolato sui comportamenti dell’intero gruppo, tale sconto, che non corrispondeva ad un vantaggio economico in funzione dei quantitativi forniti, avrebbe quindi avuto per oggetto e per effetto di vincolare il gruppo e costituiva, pertanto, uno sconto di fedeltà.

352    Ebbene, nel testo stesso della clausola 4 del protocollo segreto è indicato che lo sconto era calcolato «sull’insieme degli acquisti» di carbonato di sodio da parte della Saint-Gobain presso la ricorrente in Europa.

353    Inoltre, al quesito scritto con cui il Tribunale l’ha invitata a precisare la sua argomentazione nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la ricorrente si è limitata a rispondere che lo sconto non era, «come il protocollo potrebbe far pensare», calcolato o concesso sulla somma di tutti gli acquisti effettuati dalla Saint-Gobain presso la ricorrente in Europa, considerati nel loro insieme.

354    Pertanto, in mancanza di elementi fondati atti ad inficiare l’interpretazione letterale della clausola 4 del protocollo segreto, si deve concludere che lo sconto dell’1,5%, concesso indipendentemente da qualsivoglia considerazione di vantaggi economici in termini di efficienza e di economie di scala che ogni controllata della Saint-Gobain avrebbe ottenuto per il solo fatto di acquistare carbonato di sodio, costituiva uno sconto di fedeltà.

355    La ricorrente fa poi osservare che l’importo assai limitato dello sconto permetteva di evitare effetti anticoncorrenziali. Ebbene, è sufficiente rilevare che, sebbene modesto, l’importo di uno sconto di fedeltà influisce sulle condizioni della concorrenza.

356    Quanto al fatto che la Commissione ha accettato la conclusione di un contratto in forza del quale la Saint-Gobain beneficiava di condizioni privilegiate autorizzate dalla ricorrente, è sufficiente sottolineare che la lettera della Commissione, che la ricorrente ha prodotto, spiega che «non si poteva escludere l’applicazione dell’art. [82 CE]».

357    Infine, per quel che riguarda l’argomento secondo cui il protocollo segreto non ha impedito alle controllate nazionali della Saint-Gobain di ricorrere alla minaccia per negoziare condizioni contrattuali più favorevoli o addirittura, nel caso della Saint-Gobain Francia, di rompere il proprio contratto, la ricorrente non fornisce alcun elemento di prova. In ogni caso, si tratta di un argomento inconferente poiché non si riferisce ad una circostanza eccezionale che giustifichi il comportamento qualificato come abuso di posizione dominante.

358    Di conseguenza, si deve affermare che giustamente la Commissione ha considerato lo sconto «gruppo» concesso alla Saint-Gobain contrario all’art. 82 CE.

359    Occorre pertanto respingere il secondo capo del quinto motivo.

 Il terzo capo: gli accordi di esclusiva

–       Argomenti delle parti

360    La ricorrente sostiene che, per gli accordi di esclusiva espliciti conclusi con diverse imprese, la Commissione ha erroneamente dedotto da vari documenti che alcuni dei suoi clienti avrebbero accettato o sarebbero stati costretti ad accettare di rifornirsi esclusivamente presso la direzione nazionale interessata.

361    Per quanto riguarda le esclusive di fatto, la ricorrente fa rilevare che dal fascicolo non risulta che essa imponesse nel contratto i quantitativi da fornire assicurandosi in via preliminare che si avvicinassero al fabbisogno totale del cliente. Peraltro, la fissazione di tali quantitativi sarebbe stata del tutto giustificata, tenuto conto delle difficoltà di stoccaggio dei clienti e della necessità di una fornitura regolare e costante di carbonato di sodio.

362    Secondo la ricorrente, inoltre, la Commissione avrebbe tenuto un atteggiamento contraddittorio. Da un lato, nel 1981, essa avrebbe autorizzato la ricorrente a sostituire i contratti in essere con contratti di durata massima di due anni o con contratti di durata indeterminata che prevedevano un preavviso di due anni. Dall’altro, essa ora dichiarerebbe che tale durata è eccessiva.

363    Infine, la ricorrente sostiene che, durante il periodo considerato, sia la Glaverbel che la Saint-Gobain avrebbero comunque denunciato i loro contratti con la ricorrente per quel che riguarda la Francia.

364    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

365    Secondo una giurisprudenza consolidata, per un’impresa che si trova in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare – sia pure a loro richiesta – taluni acquirenti con l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso di essa costituisce abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Lo stesso dicasi se detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, o in forza di accordi stipulati con gli acquirenti o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè sconti subordinati alla condizione che il cliente – indipendentemente dal volume degli acquisti, rilevante o trascurabile – si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante (sentenza Hoffmann-Laroche/Commissione, cit. supra al punto 275, punto 89). In effetti, gli impegni d’approvvigionamento esclusivo di questo tipo, con o senza contropartita di sconti o concessioni di sconti di fedeltà onde stimolare l’acquirente a rifornirsi unicamente presso l’impresa in posizione dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza nel mercato comune non venga falsata, in quanto non si fondano su una prestazione economica che giustifichi questo onere o questo vantaggio, bensì mirano a togliere, o a ridurre, all’acquirente la possibilità di scegliere le sue fonti di approvvigionamento ed a precludere l’accesso al mercato agli altri produttori (sentenza Hoffmann-Laroche/Commissione, cit. supra al punto 275, punto 90).

366    Nel caso di specie, nella decisione impugnata la Commissione ha menzionato l’esistenza di esclusive esplicite e di esclusive di fatto.

367    Per quanto riguarda le società Vegla, Oberland Glas e Owens Corning, al punto 170 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che era esplicitamente convenuto che il cliente si approvvigionasse per la totalità del suo fabbisogno dalla ricorrente. A questo riguardo essa si basa su prove documentali dettagliate nella prima parte della decisione impugnata (punti 92-97 e 110).

368    A seguito di un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha precisato gli estremi dei documenti su cui si era basata per giungere alla conclusione dell’esistenza di esclusive esplicite.

369    La ricorrente non contesta l’esistenza di tali documenti, ma sostiene che sono stati mal interpretati dalla Commissione.

370    Per quel che riguarda la Vegla, la ricorrente ammette che «è senza dubbio esatto che la sua controllata tedesca (la DSW) sembra aver talvolta interpretato il contratto nel senso di una esclusiva». Essa spiega, sì, che la DSW non ha sempre sostenuto la stessa interpretazione, ma non suffraga tale affermazione con elementi di fatto o di prova.

371    Quanto alla Oberland Glas, la ricorrente sostiene che si trattava di un «fatto isolato» e non ne contesta l’esistenza.

372    Per quel che riguarda la Owens Corning, la ricorrente ammette che esistevano proposte da parte di alcune delle sue direzioni nazionali. La sua unica difesa consiste nell’affermare che dai documenti di cui trattasi non risulterebbe che tali offerte o impegni di esclusiva siano stati accettati.

373    Dall’insieme dei suddetti elementi deriva che la Commissione ha potuto giustamente considerare che la ricorrente aveva concluso esclusive esplicite.

374    Quanto alle esclusive di fatto, al punto 171 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che, nei casi diversi dalle esclusive esplicite, il tonnellaggio contrattuale stabilito nel contratto principale a tempo indeterminato (che prevedeva un termine di preavviso di due anni) corrispondeva al fabbisogno totale stimato del cliente, ma con un certo margine (generalmente ± 15%). All’inizio di ogni anno il cliente avrebbe indicato alla ricorrente la quantità esatta del suo fabbisogno all’interno di tale forcella.

375    Anzitutto, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza citata supra, al punto 365, non ha rilievo il fatto che l’esclusiva fosse stabilita su richiesta del cliente. Dev’essere pertanto respinto l’argomento della ricorrente secondo cui i quantitativi erano decisi dai suoi clienti in funzione delle loro esigenze.

376    Occorre poi rilevare che la ricorrente non contesta le osservazioni contenute nella decisione impugnata relativamente agli accordi di esclusiva con le società BSN, Verlipack e Verrerie d’Albi.

377    Inoltre, come la Commissione fa osservare, una lettera della Saint-Roch alla Commissione, del 21 dicembre 1989, contenuta nel fascicolo, indica che la ricorrente aveva fornito il 100% dei tonnellaggi acquistati dalla Saint-Roch tra il 1982 e il 1987, indi nel 1989, nonché la quasi totalità dei tonnellaggi acquistati nel 1988. Si deve quindi rilevare che la Solvay vantava effettivamente una esclusiva di fatto per quanto riguarda la Saint-Roch.

378    Parimenti, la Commissione fa riferimento ad una lettera inviatale dalla Glaverbel il 18 dicembre 1989, anch’essa contenuta nel fascicolo, la quale conferma che tutti i suoi rifornimenti al di fuori della Germania dell’Est provenivano dalla ricorrente.

379    Da quanto precede risulta che, sul mercato di cui trattasi, la ricorrente ha rifornito per la totalità del loro fabbisogno almeno due imprese tra quelle citate nella decisione impugnata, ossia la Saint-Roch e la Glaverbel.

380    Occorre pertanto concludere che la Commissione ha giustamente considerato che la ricorrente avesse concluso accordi di esclusiva espliciti e che esistessero esclusive di fatto.

381    Quanto all’argomento della ricorrente relativo all’atteggiamento contraddittorio della Commissione, dai punti 192 e 193 della decisione impugnata emerge che, dopo aver espresso il suo accordo su un termine di preavviso di due anni nel caso dei contratti a tempo indeterminato, la Commissione ha inflitto ammende alla ricorrente soltanto per gli sconti di fedeltà e per gli accordi di esclusiva «ufficiosi». Occorre pertanto concludere che l’argomento della ricorrente è erroneo in fatto.

382    Infine, l’argomento della ricorrente secondo il quale la Glaverbel e la Saint-Gobain hanno risolto i loro rispettivi contratti con essa relativi alla Francia, oltre a non essere suffragato da prove, non cambia nulla riguardo alla illiceità degli accordi di esclusiva.

383    Di conseguenza, il terzo capo del quinto motivo dev’essere respinto.

 Il quarto capo: clausole di concorrenza

–       Argomenti delle parti

384    La ricorrente sostiene che le clausole di concorrenza contenute nei suoi contratti, che vengono contestate, erano state adattate conformemente ai rilievi della Commissione.

385    Inoltre, al punto 177 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe indebitamente assimilato a clausole di concorrenza le clausole di salvaguardia contenute in taluni contratti. In realtà, dal punto 123 della decisione impugnata emergerebbe che, secondo la Commissione, queste clausole non erano criticabili di per sé; tuttavia, se le clausole di salvaguardia permettevano al cliente di utilizzare le offerte concorrenti per ridurre il prezzo da pagare alla ricorrente, era poco probabile che un concorrente giungesse effettivamente ad ottenere ed a conservare una quota dell’approvvigionamento.

386    La Commissione contesta gli argomenti fatti valere dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

387    Ai punti 112-122 della decisione impugnata la Commissione fornisce alcuni elementi dettagliati riguardo alle clausole di concorrenza contenute nei contratti conclusi dalla ricorrente.

388    La ricorrente non nega l’esistenza di queste clausole di concorrenza.

389    Il suo unico argomento è che tali clausole erano state accettate dalla Commissione nel 1981.

390    Orbene, la Commissione non aveva accettato nel 1981 la «clausola di concorrenza» o «clausola inglese», così come contestata alla ricorrente nell’ambito della presente causa ai punti 112-122 della decisione impugnata.

391    Quanto alle clausole di salvaguardia, va rilevato che al punto 177 della decisione impugnata la Commissione ha distinto le «varie forme di clausole di concorrenza» dagli «altri meccanismi analoghi esposti ai [punti] da 111 a 123». Pertanto, l’argomento della ricorrente è erroneo in fatto. Inoltre, l’argomentazione della Commissione riguarda essenzialmente le clausole di concorrenza vere e proprie.

392    Di conseguenza, occorre respingere il quarto capo del quinto motivo.

 Il quinto capo: il carattere discriminatorio delle pratiche contestate

–       Argomenti delle parti

393    La ricorrente afferma che la censura riguardante l’esistenza di pratiche discriminatorie da parte sua non sarebbe basata su alcun elemento di fatto accertato nella decisione impugnata. L’unico riferimento ad una presunta disparità di trattamento comparirebbe al punto 160 della decisione impugnata, nella parte relativa alla descrizione giuridica degli sconti su tonnellaggio marginale. Sarebbe altresì errato sostenere, da un lato, che le controllate del gruppo Saint-Gobain, in particolare la Vegla, beneficiano di un trattamento più favorevole e, dall’altro lato, che la Vegla è sfavorita rispetto alla PLM. Orbene, i produttori di vetro piano, come la Vegla, opererebbero su un mercato diverso da quello dei produttori di vetro per contenitori, come la PLM.

394    In ogni caso, la Commissione avrebbe valutato erroneamente l’incidenza del prezzo del carbonato di sodio sui costi sopportati dai fabbricanti di vetro. Infatti, pur costituendo la materia prima più importante nella fabbricazione del vetro, il carbonato di sodio non rappresenterebbe che il 2-6% del prezzo di vendita medio del vetro. Pertanto, una differenza nell’importo di uno sconto sul prezzo del carbonato di sodio non potrebbe avere un’influenza significativa sulla posizione concorrenziale dei fabbricanti di vetro interessati.

395    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

396    Secondo la giurisprudenza della Corte, un’impresa in posizione dominante ha il diritto di concedere ai suoi clienti sconti per quantitativi, che dipendono solo dal volume degli acquisti. Tuttavia, le modalità di calcolo di tali sconti non devono tradursi nell’applicazione, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, in violazione dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE. A questo proposito si deve rilevare che è un elemento essenziale di un sistema di sconti per quantitativi il fatto che i maggiori acquirenti o utilizzatori di un prodotto o di un servizio beneficino di prezzi medi unitari più contenuti o, ciò che è lo stesso, di percentuali medie di sconto superiori a quelle concesse agli acquirenti o agli utilizzatori meno importanti di tale prodotto o servizio. Si deve parimenti constatare che, anche in caso di progressione lineare delle percentuali di sconto in funzione delle quantità con una riduzione massima, la percentuale media di sconto aumenta (o il prezzo medio diminuisce) matematicamente, in un primo tempo, in una proporzione superiore all’aumento degli acquisti e, in un secondo tempo, in una proporzione inferiore all’aumento degli acquisti, prima di tendere a stabilizzarsi verso la percentuale massima di sconto. Il fatto che il risultato di un sistema di sconti per quantitativi porti a che certi clienti beneficino, su date quantità, di una percentuale media di sconto proporzionalmente più alta di quella concessa ad altri clienti rispetto alla differenza del loro volume di acquisti rispettivi è intrinseco a quel tipo di sistema e non può di per sé consentire di dedurne che il sistema è discriminatorio. Tuttavia, quando le soglie di passaggio tra i diversi scaglioni di sconti, relativi alle percentuali praticate, portano a riservare il beneficio dello sconto, o di sconti supplementari, a determinate controparti commerciali, conferendo loro un vantaggio economico non giustificato dal volume d’affari da esse apportato e dalle eventuali economie di scala che esse consentono al fornitore di realizzare rispetto ai loro concorrenti, un sistema di sconti per quantitativi comporta l’applicazione di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti. In mancanza di giustificazioni oggettive, può rappresentare l’indizio di un tale trattamento discriminatorio la fissazione, perché scatti il sistema, di soglie elevate, che possono riguardare solo alcune controparti commerciali particolarmente importanti dell’impresa in posizione dominante, ovvero un aumento non lineare delle percentuali di sconto in ragione delle quantità (sentenza della Corte 29 marzo 2001, causa C‑163/99, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I‑2613, punti 50-53).

397    Nel caso di specie, come già indicato in sede di esame del primo capo del quinto motivo, la ricorrente non contesta gli accertamenti relativi al sistema di sconti applicato in Francia.

398    Orbene, il sistema di sconti messo in atto dalla ricorrente non seguiva una progressione lineare in base ai quantitativi neanche tra le imprese che beneficiavano di tali sconti. Infatti, emerge in particolare dalla decisione impugnata che gli sconti concessi alla Durant e alla Perrier erano di importo diverso (punti 75 e 76).

399    Di conseguenza, per questo solo motivo, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la censura relativa all’esistenza di pratiche discriminatorie si basava su elementi di fatto accertati nella decisione impugnata.

400    Per quel che riguarda l’argomento della ricorrente relativo all’esistenza di un mercato diverso per i produttori di vetro per contenitori e per i produttori di vetro piano, va ricordato che il mercato di cui si discute è quello del carbonato di sodio e non quello del vetro. Di conseguenza, non vi è ragione di distinguere i produttori di vetro tra i clienti dei produttori di carbonato di sodio.

401    La ricorrente fa valere altresì i costi minimi del carbonato di sodio. Questa affermazione non è però dimostrata né è atta a rimettere in discussione il carattere discriminatorio delle pratiche contestate alla ricorrente.

402    Pertanto, occorre respingere il quinto capo del quinto motivo e, di conseguenza, il quinto motivo nel suo complesso.

 Il sesto motivo: violazione del diritto di accesso al fascicolo

403    Il sesto motivo si articola, in sostanza, in tre capi, vertenti rispettivamente sul mancato accesso a taluni documenti a carico, sull’esistenza di documenti utili alla difesa tra i documenti del fascicolo consultati nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento e sulla mancata consultazione dell’intero fascicolo da parte della ricorrente.

404    In via preliminare, va ricordato che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e dev’essere osservato in qualsiasi circostanza, specie nei procedimenti che possono dar luogo a sanzioni, compresi i procedimenti amministrativi. Esso esige che le imprese e le associazioni di imprese interessate siano messe in grado, sin dalla fase amministrativa, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegate dalla Commissione (sentenza Hoffmann-La Roche, cit. al punto 275 supra, punto 11, e sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑314/01, Avebe/Commissione, Racc. pag. II‑3085, punto 49).

405    Quale corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di esaminare tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e ogni altra informazione riservata (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 68, nonché sentenza Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 88, punto 145).

406    Per quanto riguarda i documenti a carico, all’impresa interessata spetta dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa avesse dovuto essere stralciato dai mezzi di prova a carico. Quanto ai documenti a discarico, l’impresa interessata deve provare che la loro mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che avrebbe potuto utilizzare detti documenti a discarico per la difesa, nel senso che, se essa avesse potuto servirsene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi che non concordavano con le deduzioni operate a quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto quindi influenzare, in qualche maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nell’eventuale decisione, almeno per quanto riguarda la gravità e la durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, l’entità dell’ammenda. Il fatto che la mancata divulgazione di un documento possa aver influito sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione può essere accertato solo dopo un esame provvisorio di taluni mezzi di prova dal quale emerga che il documento non divulgato poteva avere, alla luce di tali mezzi di prova, un’importanza che non avrebbe dovuto essere trascurata (sentenza della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra al punto 405, punti 73-76, e sentenza Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 88, punto 146).

407    Infine, una violazione del diritto di accesso al fascicolo potrebbe comportare l’annullamento totale o parziale di una decisione della Commissione solo se l’accesso irregolare al fascicolo istruttorio durante il procedimento amministrativo avesse impedito all’impresa o alle imprese interessate di prendere conoscenza di documenti che avrebbero potuto essere utili alla loro difesa e avesse in tal modo violato i loro diritti della difesa. Ciò si verificherebbe qualora la divulgazione di un documento avesse avuto una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso nell’ipotesi in cui l’impresa interessata avesse potuto avvalersene nel corso del detto procedimento (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra al punto 405, punti 73-76).

408    È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare se, nella presente causa, la Commissione abbia rispettato i diritti della difesa della ricorrente.

 Il primo capo: mancato accesso a taluni documenti a carico

–       Argomenti delle parti

409    La ricorrente sostiene che la Commissione non indica su quali prove documentali siano basate talune affermazioni che la riguardano, in particolare quelle contenute ai punti 138 e 176 della decisione impugnata.

410    La ricorrente sostiene anche che le affermazioni della Commissione ad essa relative vanno respinte, poiché i documenti allegati alla comunicazione degli addebiti non contengono elementi idonei a suffragarle.

411    La Commissione contesta gli argomenti fatti valere dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

412    Ai sensi del punto 138 della decisione impugnata:

«Per valutare il potere di mercato ai fini del presente caso la Commissione ha tenuto conto di tutti i fattori economici pertinenti, compresi i seguenti:

(…)

ix)       il ruolo tradizione di Solvay quale impresa che esercitava un’influenza predominante sui prezzi;

x)       il fatto che gli altri produttori comunitari considerassero Solvay il produttore dominante e si astenessero dal farle una concorrenza aggressiva presso i suoi clienti tradizionali».

413    Inoltre, al punto 176, a proposito della conclusione di accordi di esclusiva, è dichiarato quanto segue:

«Dato che era impossibile prevedere con certezza quale sarebbe stata la situazione due anni più tardi, il lungo termine di preavviso aveva un notevole effetto di dissuasione e il cliente esitava a porre termine al suo rapporto con Solvay. Alcuni clienti hanno ritenuto oppressivo questo lungo termine di preavviso».

414    Va rilevato che queste tre affermazioni costituiscono valutazioni di ordine generale, collocate nella seconda parte della decisione impugnata, dedicata alla valutazione giuridica.

415    Al riguardo, la ricorrente non spiega in quale misura tali valutazioni possano avere un’influenza sull’accertamento delle violazioni contestate. Orbene, a proposito degli elementi a carico, occorre ricordare che spetta all’impresa interessata dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere stralciato un documento non divulgato sul quale la Commissione si è basata per accusare tale impresa.

416    Pertanto, occorre respingere il primo capo del sesto motivo.

 Il secondo capo: esistenza di documenti utili alla difesa tra i documenti del fascicolo consultati nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento

417    Emerge dalla giurisprudenza che il diritto di accesso al fascicolo, corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti del fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e ogni altra informazione riservata. Per quanto riguarda i documenti a discarico, l’impresa interessata deve provare che la loro mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione (v. sentenza 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 88, punti 145 e 146, e la giurisprudenza ivi citata).

418    Nel caso di specie, la ricorrente ha presentato le sue osservazioni il 15 luglio 2005, dopo aver consultato taluni documenti del fascicolo.

419    La ricorrente sostiene che l’accesso a tali documenti nel corso del procedimento amministrativo le avrebbe permesso di proporre argomenti utili alla sua difesa riguardo al mercato geografico rilevante, al mercato del prodotto in questione, all’esistenza di una posizione dominante e all’abuso della stessa.

–       Il mercato geografico rilevante

420    Secondo la ricorrente, dai documenti consultati emerge che la questione del mercato geografico è particolarmente complessa, Da un lato, la Commissione non avrebbe tenuto conto dell’importanza dei costi di trasporto del carbonato di sodio, costi che non permetterebbero ad un produttore straniero di far concorrenza ad un produttore locale nel bacino naturale di rifornimento dei propri impianti. Dall’altro, i clienti darebbero la preferenza al produttore locale, che garantisce loro una continuità di consegne e, quindi, una maggiore sicurezza di approvvigionamento. In proposito, la ricorrente invoca alcuni documenti riguardanti la Akzo e la Rhône-Poulenc.

421    Secondo la ricorrente, se la definizione del mercato geografico rilevante accolta nella decisione impugnata non corrisponde alla realtà come considerata dai suoi concorrenti, non sembra possibile definire il mercato geografico rilevante come strettamente corrispondente ai confini nazionali. Infatti, il mercato sarebbe caratterizzato da complessi regionali i cui confini sono difficilmente determinabili con esattezza. In ogni caso, non sarebbe possibile determinare il mercato geografico rilevante sulla base dell’indagine frammentaria compiuta dalla Commissione.

422    Tale argomento deve essere respinto.

423    Per quel che riguarda l’importanza dei costi di trasporto del carbonato di sodio, va rilevato che la ricorrente non ha dimostrato che la mancata divulgazione dei documenti della Akzo e della Rhône-Poulenc abbia potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento della procedura e il contenuto della decisione impugnata. Infatti, dal fascicolo emerge che la ricorrente non ignorava tale elemento, poiché nella risposta alla comunicazione degli addebiti essa ha indicato che il carbonato di sodio è un prodotto che «non è particolarmente elaborato e quindi non è particolarmente caro» e che «il costo del trasporto è pertanto un fattore importante del prezzo di costo per gli utilizzatori». Essa avrebbe quindi potuto far valere questo argomento durante la procedura amministrativa, anche se non aveva avuto accesso ai documenti della Akzo e della Rhône-Poulenc.

424    Quanto al fatto che i clienti accordavano la preferenza ai produttori locali, occorre rilevare che la ricorrente non ignorava neppure tale elemento, poiché in data 19 febbraio 1981 ha inviato una lettera alle sue direzioni nazionali invitandole a modificare i loro contratti di tonnellaggio con l’industria del vetro a seguito delle osservazioni della Commissione. Pertanto, essa non può invocare la preferenza data ai produttori locali per asserire che la mancata divulgazione dei documenti della Akzo e della Rhône-Poulenc ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento della procedura e il contenuto della decisione impugnata.

425    Occorre pertanto respingere la censura sollevata dalla ricorrente.

–       Il mercato del prodotto in questione

426    La ricorrente afferma che i documenti reperiti presso i suoi concorrenti e i suoi clienti le avrebbero permesso di contestare l’analisi della Commissione riguardo alla definizione del mercato del prodotto in questione. Infatti, la soda caustica avrebbe esercitato una pressione concorrenziale sui produttori di carbonato di sodio durante la maggior parte del periodo della violazione considerato nella decisione impugnata.

427    Al riguardo va osservato che la ricorrente, che all’epoca dei fatti era il maggior produttore di carbonato di sodio in Europa, era in grado di fornire gli elementi necessari alla valutazione della Commissione relativi alla sostituzione del carbonato di sodio con la soda caustica. Infatti, secondo il punto 143 della decisione impugnata, la ricorrente era altresì uno dei maggiori produttori di soda caustica.

428    Inoltre, gli elementi fatti valere dalla ricorrente a seguito della consultazione del fascicolo non mettono in discussione l’analisi della Commissione nella decisione impugnata, dal momento che quest’ultima ha riconosciuto che vi era un certo grado di sostituibilità tra il carbonato di sodio e la soda caustica (punti 139-143).

429    Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che la mancata divulgazione dei documenti di cui trattasi ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento della procedura e il contenuto della decisione impugnata.

430    Di conseguenza, la censura sollevata dalla ricorrente dev’essere respinta.

–       La sussistenza di una posizione dominante

431    Secondo la ricorrente, l’esame dei documenti raccolti presso i suoi concorrenti, in particolare la Rhône-Poulenc e la Akzo, conferma che la Commissione ha omesso di analizzare due elementi fondamentali, ossia la capacità effettiva degli altri produttori continentali di farle concorrenza e il potere compensativo dei suoi clienti. La Commissione non avrebbe neppure attribuito il giusto valore alla pressione concorrenziale esercitata dalle importazioni provenienti dall’Europa dell’Est e dagli Stati Uniti. Da questi elementi emergerebbe che una posizione dominante nelle regioni in cui le vengono contestate pratiche anticoncorrenziali non è dimostrata.

432    Ebbene, va osservato che la ricorrente aveva già sviluppato questi argomenti nella risposta alla comunicazione degli addebiti. In particolare, essa aveva precisato quanto segue:

«Non solo [Solvay] non è in grado di operare sul mercato senza tener conto della concorrenza, specie della concorrenza dei produttori dei paesi dell’Europa dell’Est e di quelli americani, ma anche e soprattutto essa si trova in uno stato di dipendenza, o per lo meno di interdipendenza nei confronti dei suoi clienti».

433    A questo proposito la ricorrente ha fornito alla Commissione diversi documenti nell’ambito della procedura amministrativa.

434    Di conseguenza, va rilevato che le osservazioni della ricorrente a seguito della consultazione del fascicolo non dimostrano in che misura i diversi documenti invocati, provenienti in particolare dalla Akzo e dalla Rhône-Poulenc, avrebbero potuto essere utili alla sua difesa.

435    Occorre pertanto respingere la censura fatta valere dalla ricorrente.

–       L’abuso della posizione dominante

436    La ricorrente sostiene che i documenti reperiti presso i suoi concorrenti dimostrano che la decisione impugnata è «carente» nell’analisi delle «pratiche di esclusione» che le vengono contestate. Queste ultime, infatti, non avrebbero né l’oggetto né l’effetto che la decisione impugnata attribuisce loro. Gli stabilimenti della Rhône-Poulenc e della Akzo avrebbero funzionato a pieno regime durante la maggior parte del periodo considerato. La ricorrente fa altresì osservare di non aver sottratto tutte le opportunità di vendita ai concorrenti.

437    Inoltre, secondo la ricorrente, uno studio della Akzo sui costi diretti di produzione dei diversi stabilimenti dimostra che essa aveva un interesse economico legittimo ad accordare sconti sul tonnellaggio marginale dopo aver coperto le spese fisse. Del resto, la concessione di sconti su tonnellaggio marginale costituirebbe una prassi abituale sul mercato.

438    Tuttavia, in primo luogo, va osservato che, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione ha indicato che «all’inizio degli anni ‘80, la domanda di soda [era] diminuita nei paesi sviluppati, e le ragioni principali risiedevano nella recessione economica, nel riciclaggio del vetro e nella sostituzione degli imballaggi in vetro con imballaggi in plastica e/o alluminio», che «[n]egli ultimi anni [si era] manifestato un notevole incremento della domanda mondiale e il carbonato di sodio [aveva] potuto così essere smerciato nella sua totalità» e che «[l]e unità produttive [operavano quindi] al massimo della capacità produttiva».

439    Anche al punto 17 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che nel 1990 gli impianti operavano al massimo della capacità produttiva.

440    Pertanto, la Commissione era a conoscenza della situazione di fatto al momento della procedura amministrativa e quando ha dichiarato, al punto 191 della decisione impugnata, che la ricorrente aveva «sottratto per lungo tempo tutte le possibilità di vendita ai concorrenti».

441    Di conseguenza, la ricorrente non ha dimostrato che la mancata divulgazione dei documenti della Akzo e della Rhône-Poulenc ha influenzato, a suo discapito, lo svolgimento della procedura e il contenuto della decisione impugnata.

442    In secondo luogo, quanto all’interesse economico della ricorrente a concedere sconti sul tonnellaggio marginale, va rilevato che essa poteva sviluppare tale argomento nella fase della procedura amministrativa, alla luce dei suoi propri costi, senza doversi necessariamente basare sui documenti dei suoi concorrenti.

443    La ricorrente ha peraltro fatto valere tale argomento nella risposta alla comunicazione degli addebiti, spiegando che tali sconti corrispondevano ad un «vantaggio per [Solvay]». Essa ha poi aggiunto quanto segue:

«I limiti stabiliti per cliente in realtà non erano che il riflesso dei limiti di redditività per i fabbricanti di carbonato di sodio. È noto difatti che, una volta raggiunto tale limite con la copertura delle spese fisse, qualsiasi tonnellaggio supplementare venduto genera un profitto sempre maggiore. La Commissione, cui incombe l’onere della prova, non dimostra, al riguardo, che la percentuale degli sconti controversi, i quali sono incontestabilmente legati ai volumi, sarebbe tale che essi non corrisponderebbero ad alcun vantaggio economico preciso per [Solvay]».

444    In terzo luogo, per quanto riguarda gli sconti accordati sul tonnellaggio marginale, è sufficiente indicare che l’argomento della ricorrente secondo cui tali sconti costituivano una prassi abituale non è atto a dimostrare che gli sconti sul tonnellaggio marginale, quando sono accordati da un’impresa in posizione dominante, siano conformi all’art. 82 CE.

445    Di conseguenza, occorre respingere la censura sollevata dalla ricorrente.

446    In conclusione, dall’esame dei documenti invocati dalla ricorrente a seguito dell’accesso al fascicolo, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, emerge che la Commissione non ha violato i diritti della difesa. Pertanto, il secondo capo del sesto motivo dev’essere respinto.

 Il terzo capo: mancata consultazione dell’intero fascicolo da parte della ricorrente

–       Argomenti delle parti

447    Nell’atto introduttivo la ricorrente sostiene di non essere mai riuscita ad ottenere un indice completo del fascicolo della Commissione. Inoltre, durante il procedimento amministrativo preliminare all’adozione della decisione 91/299 la Commissione si sarebbe limitata a consentirle di accedere ai documenti a carico, allegati alla comunicazione degli addebiti. Di conseguenza, stando alla descrizione del fascicolo che emerge dalla sentenza Solvay I, cit. supra al punto 35, la ricorrente si sarebbe vista negare l’accesso ad un insieme di «sottofascicoli» che riguardavano i suoi concorrenti (Rhône-Poulenc, CFK, Matthes & Weber, Akzo e ICI), nonché a una decina di fascicoli che contenevano le risposte alle richieste di informazioni formulate ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, nella versione applicabile all’epoca dei fatti, in particolare quelle rivolte dalla Commissione a taluni dei suoi clienti. La ricorrente non avrebbe quindi avuto la possibilità di verificare se tali fascicoli contenessero elementi utili alla sua difesa, specie per quel che riguarda il mercato geografico rilevante, l’esistenza di una posizione dominante e l’abuso della stessa. Il deterioramento delle prove dovuto al tempo trascorso dopo i fatti addebitati avrebbe reso ancor più importante il suddetto accesso al fascicolo.

448    Nelle osservazioni presentate il 15 luglio 2005, dopo la consultazione del fascicolo presso la cancelleria del Tribunale, la ricorrente sostiene di non poter indicare in che misura i documenti mancanti nel fascicolo sarebbero stati utili alla sua difesa. Al riguardo essa sottolinea che, da un lato, la Commissione ha espressamente ammesso di aver perduto cinque raccoglitori e, dall’altro, che la stessa non può garantire la completezza dei raccoglitori ancora in suo possesso, mancando una numerazione continua dei documenti e un loro elenco. La ricorrente ne deduce che la decisione impugnata dev’essere annullata interamente, non essendo il Tribunale in grado di controllarne la legittimità.

449    La Commissione contesta gli argomenti fatti valere dalla ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

450    In via preliminare, occorre sottolineare che durante il procedimento amministrativo preliminare all’adozione della decisione 91/299 la Commissione non ha stilato un elenco dei documenti che componevano il fascicolo ed ha comunicato alla ricorrente solo i documenti a carico, allegati alla comunicazione degli addebiti.

451    In proposito, la Commissione in udienza ha sostenuto che, in talune cause, la prassi era consistita nell’inviare alle imprese interessate una comunicazione degli addebiti corredata soltanto di alcuni documenti, a causa della natura voluminosa del fascicolo, invitando poi le imprese a presentarsi a consultare nei suoi locali tutti i documenti accessibili con l’ausilio di un elenco. Tuttavia, nell’ambito del procedimento che ha dato origine alla decisione 91/299, il relatore avrebbe deciso, secondo la Commissione, di «semplificare la procedura», considerando che, siccome tutti i documenti invocati erano stati trasmessi con la comunicazione degli addebiti, una consultazione fosse inutile e che, di conseguenza, non vi fosse bisogno di un elenco.

452    Orbene, va ricordato che alle pagg. 40 e 41 della XII Relazione sulla politica di concorrenza, riguardo all’accesso al fascicolo la Commissione ha stabilito le seguenti regole:

«[La Commissione] dà alle imprese implicate in una procedura la facoltà di prendere visione dei fascicoli che le riguardano. Le imprese vengono informate del contenuto del fascicolo della Commissione con l’invio, contemporaneamente alla comunicazione degli addebiti o alla lettera di rigetto della denuncia, di un elenco di tutti i documenti che compongono il fascicolo, con l’indicazione dei documenti o di loro parti che sono accessibili alle imprese. Le imprese sono invitate ad esaminare in loco i documenti accessibili. Se un’impresa desidera esaminare soltanto alcuni documenti, la Commissione potrà inviarle una copia degli stessi. La Commissione considera come riservati e pertanto inaccessibili ad un’impresa determinata i seguenti documenti: i documenti, o loro parti, contenenti segreti professionali di altre imprese; i documenti interni della Commissione, come le note, i progetti o altri documenti di lavoro; ogni altra informazione riservata, come quelle che consentono di identificare i denuncianti che desiderino restare nell’anonimato, nonché le informazioni comunicate alla Commissione alla condizione che ne venga rispettata la riservatezza».

453    Da tali regole discende che, nel corso del procedimento amministrativo preliminare all’adozione della decisione 91/299, la Commissione aveva l’obbligo di rendere accessibile alla ricorrente tutta la documentazione a carico e a favore da essa raccolta nel corso dell’indagine, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione medesima e ogni altra informazione riservata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T‑7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑1711, punti 51-54, e 18 dicembre 1992, cause riunite da T‑10/92 a T‑12/92 e T‑15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑2667, punti 39-41).

454    Di conseguenza, occorre rilevare che nell’ambito del procedimento terminato con l’adozione della decisione 91/299 la Commissione si è discostata dalle regole che si era imposta nel 1982, poiché non ha redatto un elenco dei documenti che componevano il fascicolo e non ha permesso alla ricorrente di accedere all’insieme dei documenti ivi contenuti.

455    Occorre inoltre osservare che, avendo il Tribunale annullato la decisione 91/299 per difetto di autenticazione, la Commissione ha ritenuto di essere legittimata ad adottare la decisione impugnata senza riaprire il procedimento amministrativo.

456    Va pertanto dichiarato che, prima dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione ha omesso di comunicare alla ricorrente tutti i documenti del fascicolo ad essa accessibili e non l’ha invitata a consultare in loco i documenti stessi. Di conseguenza, il procedimento amministrativo sotto questo profilo era irregolare.

457    Tuttavia, da una giurisprudenza consolidata emerge che i diritti della difesa risultano violati a causa di una irregolarità procedurale solo se questa incide concretamente sulla possibilità per le imprese accusate di difendersi (sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑44/00, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punto 55, e General Electric/Commissione, cit. supra al punto 314, punto 632).

458    Alla luce di ciò, nell’ambito del ricorso giurisdizionale proposto contro la decisione impugnata, il Tribunale ha ordinato misure di organizzazione del procedimento volte a garantire un accesso completo al fascicolo, per valutare se il rifiuto della Commissione di divulgare un documento o di comunicare un elemento abbia potuto nuocere alla difesa della ricorrente (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra al punto 405, punto 102).

459    Al riguardo occorre ricordare che, limitandosi ad un controllo giurisdizionale dei motivi sollevati, tale esame non ha né per oggetto né per effetto di sostituire un’istruzione completa della pratica nell’ambito di un procedimento amministrativo. La conoscenza tardiva di taluni documenti del fascicolo non ricolloca l’impresa che ha proposto un ricorso nei confronti di una decisione della Commissione nella situazione in cui si sarebbe trovata se essa avesse potuto basarsi sugli stessi documenti per presentare le proprie osservazioni scritte ed orali dinanzi a tale istituzione (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra al punto 405, punto 103 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, qualora l’accesso al fascicolo sia stato reso possibile nella fase del procedimento giurisdizionale, l’impresa interessata non deve dimostrare che, se essa avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, ma soltanto che tali documenti avrebbero potuto essere utili per difendersi (sentenze della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑199/99 P, Corus UK/Commissione, Racc. pag. I‑11177, punto 128, e PVC II, cit. supra al punto 55, punto 318).

460    Nel caso di specie, su richiesta del Tribunale, la Commissione ha prodotto la comunicazione degli addebiti e i documenti allegati. Essa ha poi costituito un indice dei documenti figuranti nel fascicolo, come attualmente composto.

461    Orbene, a tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che vi è incertezza riguardo all’esatto contenuto del fascicolo così come inizialmente composto. Vero è, infatti, che, rispondendo ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha indicato che, nella sua composizione attuale, il fascicolo è una copia del fascicolo iniziale. Quest’ultimo, secondo le informazioni comunicate dalla Commissione, era dunque formato da «sottofascicoli» numerati da 1 a 71. Al tempo stesso, però, la Commissione ha comunicato al Tribunale l’esistenza di un «sottofascicolo» privo di numero, denominato «Oberland Glas».

462    In secondo luogo, va osservato che la Commissione ha riconosciuto espressamente di aver perduto i cinque «sottofascicoli» nn. 66-70. Infatti, dalla sua lettera del 15 marzo 2005 emerge che essa è giunta a tale conclusione constatando di essere in possesso dei «sottofascicoli» nn. 1-65 e che il «sottofascicolo» n. 71 conteneva la comunicazione degli addebiti.

463    Nelle osservazioni del 18 novembre 2005, la Commissione ha affermato che era «poco verosimile che i fascicoli introvabili conten[essero] documenti a discarico». Invitata a precisare in udienza il senso di tale frase, essa ha spiegato che era plausibile che i detti «sottofascicoli» non contenessero documenti a discarico e che, sotto un profilo «statistico», non potessero essere utili alla difesa della ricorrente.

464    Da tali risposte emerge che la Commissione non è in grado di individuare in modo certo l’autore, la natura e il contenuto di ognuno dei documenti che compongono i «sottofascicoli» nn. 66-70.

465    Occorre pertanto verificare se la ricorrente abbia avuto la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti figuranti nel fascicolo istruttorio che potevano essere rilevanti per la sua difesa e, nell’ipotesi che ciò non sia avvenuto, se la violazione del diritto di accesso al fascicolo sia di importanza tale da aver privato di sostanza questa garanzia procedurale. Infatti, secondo la giurisprudenza, l’accesso al fascicolo appartiene alle garanzie procedurali dirette a tutelare i diritti della difesa (sentenza Solvay I, cit. supra al punto 35, punto 59) e la violazione del diritto di accesso al fascicolo della Commissione nel corso del procedimento preliminare all’adozione della decisione può, in linea di principio, comportare l’annullamento di tale decisione quando siano stati lesi i diritti della difesa dell’impresa interessata (sentenza Corus UK/Commissione, cit. supra al punto 459, punto 127).

466    Al riguardo, occorre esaminare se i diritti della difesa della ricorrente contro le accuse mosse nei suoi confronti nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata siano stati pregiudicati.

467    Secondo la giurisprudenza, una violazione dei diritti della difesa dev’essere esaminata in relazione alle peculiarità del caso di specie, in quanto è sostanzialmente legata agli addebiti di cui la Commissione ha tenuto conto per dimostrare l’infrazione contestata all’impresa interessata (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra al punto 405, punto 127). Si deve dunque procedere ad un esame sommario degli addebiti di merito formulati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata (sentenza Solvay I, cit. supra al punto 35, punto 60).

468    È altresì necessario esaminare l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa tenendo conto degli argomenti in concreto invocati dall’impresa interessata contro la decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza ICI II, cit. supra al punto 35, punto 59).

469    Orbene, nel caso di specie, il Tribunale ha preso in esame l’argomentazione della ricorrente e le censure di merito formulate nella decisione impugnata ed ha concluso che i motivi invocati dalla ricorrente dovevano essere respinti.

470    Per quanto riguarda l’esistenza di una posizione dominante, va rilevato che la Commissione si è in sostanza basata sulla quota di mercato posseduta dalla ricorrente per stabilire che essa occupava una posizione dominante sul mercato in questione. Orbene, non vi sono indizi che possano far supporre che la ricorrente avrebbe potuto scoprire nei «sottofascicoli» mancanti documenti idonei a confutare l’affermazione secondo cui essa deteneva una posizione dominante nel mercato del carbonato di sodio (v., in tal senso, sentenza ICI II, cit. supra al punto 35, punto 61). Inoltre, come risulta dalla giurisprudenza citata supra al punto 277, quote di mercato estremamente elevate costituiscono di per sé, e salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante. Orbene, gli argomenti dedotti dalla ricorrente relativi ai fatti che potevano costituire circostanze eccezionali o sono contraddetti dai dati numerici contenuti nell’atto introduttivo e forniti dalla ricorrente medesima, oppure contenuti nella decisione impugnata e non contestati dalla ricorrente, o sono argomenti inconferenti. Infine, anche qualora tali fatti fossero veri e fossero menzionati nei documenti contenuti nei «sottofascicoli» mancanti, la ricorrente non poteva ignorarli, tenuto conto delle circostanze di specie. Di conseguenza, i suoi diritti della difesa sotto questo profilo non sono stati pregiudicati.

471    Per quel che riguarda la definizione del mercato geografico, va ricordato che al punto 259 supra è stato dichiarato che un eventuale errore in proposito da parte della Commissione non avrebbe potuto avere un’influenza determinante sulle conclusioni finali. Da ciò deriva che è escluso che la ricorrente avrebbe potuto trovare nei raccoglitori mancanti documenti idonei a mettere in discussione l’accertamento dell’esistenza della sua posizione dominante.

472    Quanto all’abuso della posizione dominante, va rilevato anzitutto che la ricorrente non contesta mai gli accertamenti relativi al sistema di sconti messo in atto in Francia.

473    Va poi sottolineato che il carattere fidelizzante del sistema di sconti applicato dalla ricorrente risulta da prove documentali dirette. Orbene, in un caso in cui, come nella fattispecie, la Commissione si è basata nella decisione impugnata soltanto su prove documentali dirette per accertare le diverse violazioni, spetta alla ricorrente indicare in quale misura altri elementi probatori avrebbero potuto mettere in discussione il carattere fidelizzante del sistema di sconti attuato o, quanto meno, quale diverso significato si sarebbe potuto attribuire alle prove documentali dirette che non sono state contestate. Alla luce del sistema probatorio considerato nella decisione impugnata, dato che i contratti conclusi dalla ricorrente presentano un carattere fidelizzante, l’accesso ai «sottofascicoli» mancanti non avrebbe potuto in alcun modo far concludere il procedimento amministrativo in modo diverso (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, detta «Cemento», Racc. pag. II‑491, punti 263 e 264 nonché la giurisprudenza ivi citata).

474    Per quel che riguarda lo sconto «gruppo» accordato alla Saint-Gobain, occorre ricordare che la ricorrente non contesta né l’esistenza del protocollo segreto né il contenuto della sua clausola 4 (v. supra punto 349) e che dallo stesso testo di detta clausola risulta che lo sconto veniva calcolato sull’«insieme degli acquisti» di carbonato di sodio effettuati dalla Saint-Gobain presso la ricorrente in Europa (v. supra punto 352). Di conseguenza, la ricorrente avrebbe dovuto spiegare in quale misura ulteriori elementi di prova avrebbero potuto mettere in discussione il contenuto del protocollo segreto o, quanto meno, attribuire ad esso un significato diverso.

475    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui il protocollo segreto non ha impedito alle controllate nazionali della Saint-Gobain di ricorrere alle minacce per negoziare condizioni contrattuali più favorevoli o addirittura di rompere il proprio contratto, al punto 357 supra è stato constatato che si tratta di un argomento irrilevante. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui i «sottofascicoli» mancanti contenessero documenti a sostegno di tale argomento, ciò non potrebbe essere utile alla difesa della ricorrente.

476    Per quel che riguarda gli accordi espliciti di esclusiva, va sottolineato che la Commissione si è basata su prove documentali dirette e che la ricorrente non ha spiegato perché i documenti contenuti nei «sottofascicoli» mancanti avrebbero potuto mettere in discussione l’esistenza degli accordi di esclusiva o dare un significato diverso alle prove documentali.

477    Quanto alle esclusive di fatto, occorre ricordare che, riguardo agli accordi conclusi con più fabbricanti di vetro, la ricorrente non contesta gli accertamenti contenuti nella decisione impugnata (v. supra punto 376).

478    Riguardo alle clausole di concorrenza, va ricordato che la ricorrente non ne contesta l’esistenza e che a torto sostiene che la Commissione ha accettato tali clausole nel 1981 (v. supra punti 388-390). Inoltre, per quel che riguarda le clausole di salvaguardia, occorre ricordare che l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione le ha assimilate a clausole di concorrenza è erroneo in fatto (v. supra punto 391).

479    Si può dunque escludere che la ricorrente avrebbe potuto trovare nei «sottofascicoli» mancanti documenti utili alla sua difesa sui punti suddetti.

480    Infine, per quel che riguarda la natura discriminatoria delle pratiche contestate, gli argomenti sollevati dalla ricorrente per confutarla sono irrilevanti.

481    Si deve pertanto concludere che non è stato dimostrato che la ricorrente non abbia avuto la possibilità di esaminare tutti i documenti del fascicolo istruttorio che potevano essere rilevanti per la sua difesa. Infatti, benché la ricorrente non abbia avuto accesso a tutti i documenti del fascicolo istruttorio, questa circostanza non le ha impedito nel caso di specie di svolgere la propria difesa contro le censure di merito che la Commissione ha formulato nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata.

482    Di conseguenza, nelle circostanze di specie, non vi è motivo di annullare la decisione impugnata perché dal fascicolo sono scomparsi cinque «sottofascicoli» ai quali la ricorrente non ha mai avuto accesso. Pertanto, occorre respingere il terzo capo del sesto motivo e, per ciò stesso, il sesto motivo nel suo complesso.

 2. Le conclusioni dirette all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda

483    Le conclusioni della ricorrente dirette all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda si articolano, in sostanza, in cinque motivi, attinenti all’erronea valutazione della gravità delle infrazioni, all’erronea valutazione della durata delle infrazioni, all’esistenza di circostanze attenuanti, al carattere sproporzionato dell’ammenda e al tempo trascorso.

 Il primo motivo: erronea valutazione della gravità delle infrazioni

 Argomenti delle parti

484    La ricorrente sostiene che la Commissione è tenuta a rispettare gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende»). Tuttavia, dato che il caso di specie verte su fatti anteriori alla loro adozione, in linea di principio la Commissione non sarebbe stata obbligata a prenderli in considerazione, salvo che in due casi: da un lato, quando i suddetti orientamenti riprendono i principi stabiliti dalla prassi della Commissione e, dall’altro, quando introducono un ammorbidimento della politica della Commissione riguardo alla fissazione dell’importo dell’ammenda.

485    Per quel che riguarda l’ammenda che le è stata inflitta con la decisione impugnata, la ricorrente fa valere numerosi argomenti al fine di contestarne l’importo.

486    In primo luogo, essa sostiene di non aver mai sottratto tutte le opportunità di vendita ai suoi concorrenti, essendo la sua quota di mercato ben al di sotto del 100% sui mercati nazionali rilevanti. Inoltre, i contratti che la legavano ai clienti avrebbero avuto una durata al massimo biennale, che evidentemente non rappresentava una lunga durata, come riconosciuto dalla Commissione nel 1981. Peraltro, non sarebbe stato dimostrato che le presunte pratiche abusive abbiano avuto un effetto negativo sui consumatori.

487    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, riguardo al riferimento contenuto nella decisione impugnata alle violazioni dell’art. 81 CE di cui si sarebbe resa responsabile, la Commissione non ha tenuto conto del fatto che, dopo l’annullamento della decisione 91/297 da parte della sentenza Solvay I, cit. supra al punto 35, non è stata adottata nessuna nuova decisione a titolo dell’art. 81 CE.

488    In terzo luogo, la ricorrente fa osservare che alcuni dei suoi massimi dirigenti, consapevoli dell’obbligo di rispettare il diritto comunitario della concorrenza, avevano pensato di conformarsi ad esso applicando le direttive derivanti dai negoziati condotti con la Commissione nel 1981. Inoltre, la decisione impugnata conterrebbe una contraddizione ai punti 192 e 193, in quanto la Commissione, da un lato, avrebbe indicato di aver tenuto conto solo degli sconti di fedeltà e degli accordi di esclusiva ufficiosi giacché la ricorrente poteva legittimamente pensare che le clausole di concorrenza, i contratti di tonnellaggio aventi un margine di circa il 15% e i contratti a durata indeterminata con preavviso biennale fossero stati accettati nel 1981, e, dall’altro, avrebbe considerato che tali disposizioni tendessero in pratica a rafforzare l’esclusiva della ricorrente.

489    In quarto luogo, la ricorrente afferma che precedenti condanne a pesanti ammende per accordi collusivi nel settore dell’industria chimica non potrebbero essere considerate come una circostanza aggravante a suo carico. Infatti, secondo gli orientamenti per il calcolo delle ammende, la recidiva presuppone infrazioni dello stesso tipo. Ebbene, la ricorrente fa osservare di non essere mai stata condannata dalla Commissione per abuso di posizione dominante.

490    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

491    In via preliminare va ricordato che, se è vero che la Commissione dispone di un potere discrezionale nel fissare l’importo delle ammende, senza essere tenuta ad applicare una formula matematica precisa, è altresì vero che il Tribunale, in forza dell’art. 17 del regolamento n. 17, si pronuncia con competenza giurisdizionale anche nel merito, ai sensi dell’art. 229 CE, sui ricorsi presentati contro le decisioni con cui la Commissione stabilisce un’ammenda e può, di conseguenza, sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta (sentenze del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punto 165, e 13 dicembre 2006, cause riunite T‑217/03 e T‑245/03, FNCBV e a./Commissione, Racc. pag. II‑4987, punto 358).

492    In primo luogo, per quanto riguarda l’applicazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende, va ricordato che, essendo stata annullata la decisione 91/299 a causa di un vizio procedurale, la Commissione aveva diritto di adottare una nuova decisione senza che venisse avviato un nuovo procedimento amministrativo.

493    Dal momento che il contenuto della decisione impugnata è quasi identico a quello della decisione 91/299 e che entrambe le decisioni sono fondate sugli stessi motivi, la decisione impugnata soggiace, per quanto riguarda la fissazione dell’importo dell’ammenda, alle regole in vigore al momento in cui è stata adottata la decisione 91/299.

494    Infatti, la Commissione ha ripreso il procedimento a partire dalla fase in cui è stato commesso l’errore procedurale e ha adottato una nuova decisione senza effettuare una nuova valutazione del caso alla luce di regole che non esistevano all’epoca dell’adozione della decisione 91/299. Orbene, l’adozione ex novo di una decisione esclude a priori l’applicazione degli orientamenti successivi alla prima adozione.

495    Di conseguenza, gli orientamenti per il calcolo delle ammende non sono applicabili nel caso di specie.

496    In secondo luogo, va rilevato che la Commissione ha considerato di «estrema gravità» le infrazioni di cui la ricorrente è accusata, ossia sconti di fedeltà e accordi di esclusiva ufficiosi (punti 191-193 della decisione impugnata).

497    A questo proposito occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’importo delle ammende va graduato in relazione alle circostanze della trasgressione e alla gravità dell’infrazione, e che la valutazione della gravità dell’infrazione, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, deve tener conto, in particolare, della natura delle restrizioni imposte alla concorrenza (v. sentenza del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T‑39/92 e T‑40/92, CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II‑49, punto 143 e la giurisprudenza ivi citata).

498    Pertanto, nel valutare la gravità delle infrazioni alle norme comunitarie di concorrenza imputabili a un’impresa al fine di determinare un’ammenda proporzionata, la Commissione può tener conto della durata particolarmente lunga di talune trasgressioni, del numero e della diversità di tali trasgressioni, che abbiano interessato la totalità o quasi dei prodotti dell’impresa considerata e delle quali talune siano state poste in essere in tutti gli Stati membri, della particolare gravità delle trasgressioni inerenti a una strategia deliberata e coerente volta, mediante una serie di pratiche eliminatorie poste in essere nei confronti dei concorrenti e una politica di fidelizzazione dei clienti, a mantenere artificiosamente o a rafforzare la posizione dominante dell’impresa su mercati nei quali la concorrenza era già ristretta, degli effetti di abusi particolarmente nefasti per la concorrenza e del vantaggio tratto dall’impresa dagli illeciti commessi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T‑83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II‑755, punti 240 e 241).

499    Nel caso di specie, occorre considerare che le pratiche contestate alla ricorrente giustificavano la qualificazione di «estrema gravità» da parte della Commissione.

500    Infatti, concedendo sconti sul tonnellaggio marginale ai propri clienti e concludendo con essi accordi di fidelizzazione, la ricorrente ha mantenuto artificialmente o rafforzato la sua posizione dominante sul mercato rilevante, nel quale la concorrenza era già ristretta.

501    Inoltre, nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente permette di considerare che la Commissione abbia valutato erroneamente la gravità delle infrazioni.

502    In primo luogo, quanto all’addebito di aver sottratto tutte le opportunità di vendita ai propri concorrenti, occorre anzitutto rilevare che, con la sua politica di fidelizzazione dei clienti, la ricorrente ha cercato di escludere i suoi concorrenti dal mercato. A questo proposito, il fatto che la sua quota di mercato fosse inferiore al 100% non consente di considerare che la sua pratica non abbia avuto un effetto di esclusione.

503    Inoltre, va osservato che la Commissione non era tenuta a dimostrare specificamente l’effetto negativo delle pratiche della ricorrente sui consumatori. Infatti, in sede di accertamento di una violazione dell’art. 82 CE, non è necessario esaminare se il comportamento di cui trattasi abbia causato un pregiudizio ai consumatori (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 marzo 2007, causa C‑95/04 P, British Airways/Commissione, Racc. pag. I‑2331, punti 106 e 107 e la giurisprudenza ivi citata).

504    In secondo luogo, quanto al riferimento all’art. 81 CE, si deve constatare che, al punto 191 della decisione impugnata, la Commissione si è limitata a spiegare che le infrazioni contestate, date le circostanze del caso, erano più serie delle violazioni dell’art. 81 CE pure contestate alla ricorrente. Pertanto, la Commissione non ha affatto negato che le violazioni dell’art. 82 CE e quelle dell’art. 81 CE fossero distinte e che dovessero quindi essere oggetto di un trattamento separato.

505    In terzo luogo, quanto all’adattamento dei contratti operato dalla ricorrente e alla presunta contraddizione contenuta al punto 193 della decisione impugnata, è sufficiente osservare che l’ammenda inflitta alla ricorrente non riguarda le disposizioni che la Commissione ha accettato nel 1982.

506    In quarto luogo, con riferimento alla recidiva, va rilevato che, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha confermato che la censura esposta al punto 194 della decisione impugnata, secondo cui alla ricorrente erano già state inflitte pesanti ammende per aver stipulato accordi collusivi nel settore dell’industria chimica (perossidi, polipropilene, PCV), costituiva una circostanza aggravante.

507    A tale proposito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, nell’analisi della gravità dell’infrazione commessa si deve tenere conto di un’eventuale recidiva (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra al punto 405, punto 91, e sentenza del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 348).

508    La nozione di recidiva, come viene intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che un soggetto abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stato sanzionato per infrazioni simili (sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punto 617).

509    Gli orientamenti per il calcolo delle ammende, pur non essendo applicabili alla presente controversia, vanno nello stesso senso riferendosi ad un’«infrazione del medesimo tipo».

510    Orbene, occorre rilevare che le violazioni per le quali alla ricorrente sono state inflitte ripetutamente pesanti ammende a titolo di accordi collusivi nel settore dell’industria chimica si ricollegano tutte all’art. 81 CE. Infatti, come precisato dalla Commissione, vengono in rilievo le sue decisioni 23 novembre 1984, 85/74/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo [81 CE] (IV/30.907 – Prodotti del perossigeno) (GU L 35, pag. 1), 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/31.149 – Polipropilene) (GU L 230, pag. 1), e, infine, 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/31.865, PVC) (GU 1989, L 74, pag. 1). Inoltre, le pratiche che hanno costituito l’oggetto delle decisioni menzionate al punto precedente sono molto diverse da quelle di cui si discute nel caso di specie.

511    La Commissione ha quindi erroneamente considerato una circostanza aggravante a carico della ricorrente. Occorre pertanto riformare la decisione impugnata riducendo del 5% l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

512    Pertanto, l’importo dell’ammenda dev’essere ridotto di un milione di euro.

 Il secondo motivo: errata valutazione della durata delle infrazioni

 Argomenti delle parti

513    La ricorrente sostiene che, in assenza di qualsiasi politica centralizzata da parte sua e a causa del fatto che le condizioni contrattuali erano stabilite a livello nazionale, la Commissione doveva tener conto dell’ambito geografico delle presunte infrazioni, cosa che l’avrebbe portata a concludere per una durata diversa delle infrazioni per ciascuno degli Stati interessati. Una valutazione di questo tipo avrebbe altresì influito sull’importo dell’ammenda, specie alla luce del volume d’affari che andava preso in considerazione.

514    La Commissione contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

515    A tenore del punto 195 della decisione impugnata, le infrazioni sono iniziate attorno al 1983, ossia poco dopo le trattative tra la ricorrente e la Commissione e la chiusura della pratica, e sono continuate almeno fino alla fine del 1990.

516    Inoltre, la Commissione ha definito il mercato geografico rilevante come un mercato di dimensioni comunitarie.

517    Da ciò consegue che la Commissione non era tenuta a determinare la durata delle infrazioni effettuando un esame Stato per Stato. Com’era obbligata a fare, essa ha stabilito le date di inizio e fine delle infrazioni sul mercato geografico rilevante, ossia l’Europa dell’Ovest continentale nel suo complesso.

518    In ogni caso, se la Commissione avesse dovuto distinguere la durata delle infrazioni a seconda dei diversi mercati nazionali, avrebbe inflitto una serie di ammende il cui ammontare complessivo non sarebbe stato inferiore a quello stabilito nella decisione impugnata. Pertanto, un eventuale errore da parte della Commissione quanto alla definizione del mercato geografico rilevante non giustificherebbe né l’annullamento della decisione impugnata né una riduzione dell’ammenda.

519    Il secondo motivo dev’essere conseguentemente respinto.

 Il terzo motivo: esistenza di circostanze attenuanti

520    Il terzo motivo si articola in cinque capi, attinenti rispettivamente all’assenza di recidiva, alla cooperazione della ricorrente con la Commissione, alla tutela del legittimo affidamento e della buona fede della ricorrente, al principio di certezza del diritto e al «sorprendente comportamento» della Commissione.

 Il primo capo: assenza di recidiva

521    La ricorrente afferma di non essere mai stata oggetto di un procedimento ai sensi dell’art. 82 CE da parte della Commissione.

522    A questo proposito, come sopra ricordato, l’analisi della gravità dell’infrazione commessa deve tenere conto di un’eventuale recidiva, che può giustificare un aumento dell’importo dell’ammenda.

523    Per contro, l’assenza di recidiva non può costituire una circostanza attenuante poiché, per principio, un’impresa è tenuta a non commettere violazioni dell’art. 82 CE.

524    Di conseguenza, il primo capo del terzo motivo va respinto.

 Il secondo capo: cooperazione della ricorrente con la Commissione

525    La ricorrente afferma di aver cooperato all’indagine sia durante le ispezioni effettuate dalla Commissione nei suoi locali sia rispondendo alle richieste di informazioni.

526    Ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, intitolato «Richiesta di informazioni»:

«4.      L’obbligo di fornire le informazioni richieste incombe ai proprietari delle imprese o ai loro rappresentanti e, se si tratta di persone giuridiche, di società o di associazioni sprovviste di personalità giuridica, a coloro che, per legge, o in base allo statuto, ne hanno la rappresentanza.

5.      Se un’impresa o un’associazione di imprese non dà le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione oppure dà informazioni incomplete, la Commissione le richiede mediante decisione. Tale decisione precisa le informazioni richieste, stabilisce un termine adeguato entro il quale esse devono essere fornite ed indica le sanzioni previste dall’articolo 15, paragrafo 1, lettera b) e dall’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione».

527    Secondo una costante giurisprudenza, una collaborazione all’inchiesta che non oltrepassi quanto incombe alle imprese in forza dell’art. 11, nn. 4 e 5, del regolamento n. 17 non giustifica una riduzione dell’ammenda (sentenze del Tribunale 10 marzo 1992, causa T‑12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II‑907, punti 341 e 342, e 18 luglio 2005, causa T‑241/01, Scandinavian Airlines System/Commissione, Racc. pag. II‑2917, punto 218). Per contro, siffatta riduzione è giustificata quando l’impresa ha fornito informazioni ben più dettagliate di quelle che può pretendere la Commissione in forza dell’art. 11 del regolamento n. 17 (sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑230/00, Daesang e Sewon Europe/Commissione, Racc. pag. II‑2733, punto 137).

528    Orbene, nel caso di specie la ricorrente si limita a sostenere di aver risposto alle richieste di informazioni che le sono state rivolte. Tale comportamento, rientrando tra gli obblighi ad essa incombenti, non può costituire una circostanza attenuante.

529    Quanto alla presunta cooperazione della ricorrente con la Commissione durante le ispezioni effettuate nei suoi locali, va rilevato che anche tale comportamento rientra tra gli obblighi incombenti all’impresa e non può costituire una circostanza attenuante.

530    Il secondo capo del terzo motivo dev’essere quindi respinto.

 Il terzo capo: tutela del legittimo affidamento e della buona fede della ricorrente

531    La ricorrente afferma che, a seguito dei negoziati condotti durante il primo procedimento nel 1981, essa ha pensato che i suoi contratti, così come adattati, e la sua politica commerciale rispondessero alle condizioni poste dalla Commissione. Essa sostiene inoltre che le discussioni avvenute nel 1981 danno prova della sua buona fede, avendo essa subito modificato l’insieme dei suoi contratti per conformarli alle osservazioni formulate all’epoca dalla Commissione.

532    Inoltre, dopo la sentenza della Corte d’appello di Liegi del 20 ottobre 1989, nella causa FMC, la ricorrente avrebbe legittimamente potuto credere di non detenere una posizione dominante.

533    Orbene, innanzi tutto, quanto ai negoziati condotti tra il 1980 e il 1982, occorre ricordare, come precisato al punto 193 della decisione impugnata, che l’ammenda inflitta alla ricorrente non riguarda le disposizioni accettate dalla Commissione nel 1982.

534    Dopodiché, va considerato che gli argomenti tratti dalla sentenza della Corte d’appello di Liegi del 20 ottobre 1989 non possono essere accolti. Infatti, nella causa che ha dato origine a tale sentenza, la Corte d’appello di Liegi non si è pronunciata nel merito riguardo all’esistenza o meno di una posizione dominante da parte della ricorrente.

535    Pertanto, occorre respingere il terzo capo del terzo motivo.

 Il quarto capo: il principio della certezza del diritto

536    La ricorrente sostiene che la vaghezza della nozione di «posizione dominante» e della sua applicazione alla propria situazione, tenuto conto della ragionevolezza della sua quota di mercato, del potere compensativo dei suoi clienti e della sua relativa potenza di mercato, avrebbe dovuto essere presa in considerazione al momento di fissare l’importo dell’ammenda.

537    Al riguardo, occorre anzitutto ricordare la costante giurisprudenza in tema di determinazione della posizione dominante di un’impresa sul mercato comunitario. In particolare, nella sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 275, la Corte ha definito con precisione la nozione di «posizione dominante». Infatti, al punto 38 di tale sentenza è stato precisato che la posizione dominante di cui all’art. 82 CE è una posizione di potenza economica che conferisce all’impresa che la detiene il potere di impedire la sussistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, fornendole la possibilità di comportamenti notevolmente indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei propri clienti e, in ultimo, dei consumatori.

538    Inoltre, va ricordato che la stessa ricorrente afferma che le sue «quote di mercato oscillavano sostanzialmente intorno al 50% nel caso di mercati nazionali e dal 60 al 70% nel caso del mercato europeo». Pertanto, alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 277, essa possedeva quote di mercato estremamente elevate che costituivano, salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante.

539    Pertanto, il quarto capo del terzo motivo dev’essere respinto.

 Il quinto capo: il «sorprendente comportamento» della Commissione

540    Secondo la ricorrente, nel 1981 la Commissione aveva accettato talune pratiche considerate in seguito come infrazioni di estrema gravità. Essa sarebbe pertanto tornata sulle proprie posizioni senza dare spiegazioni.

541    Al riguardo, è sufficiente ricordare che, al punto 193 della decisione impugnata, la Commissione ha distinto tra le pratiche da essa sanzionate nella presente causa e quelle che aveva ammesso nel 1982, per le quali non aveva inflitto ammende.

542    Pertanto, occorre respingere il quinto capo del terzo motivo e, di conseguenza, il terzo motivo va respinto nel suo complesso.

 Il quarto motivo: carattere sproporzionato dell’ammenda

543    La ricorrente sostiene che la Commissione le ha inflitto un’ammenda di importo sproporzionato. A suo dire, tale importo era «esorbitante» all’epoca in cui sono avvenuti i fatti contestati. Da un lato, la Commissione avrebbe dovuto tener conto dell’esistenza di circostanze attenuanti, specie della sua buona fede, del suo legittimo affidamento e del principio della certezza del diritto nei suoi confronti. Dall’altro, la Commissione avrebbe dovuto considerare il fatturato delle attività della ricorrente effettivamente interessate dalla decisione impugnata, ossia delle sue attività in Francia, in Germania e in Belgio.

544    Ebbene, occorre ricordare che la Commissione ha giustamente considerato che le infrazioni contestate alla ricorrente erano di «estrema gravità». Al punto 191 della decisione impugnata essa ha in particolare spiegato che la ricorrente era il primo produttore di carbonato di sodio della Comunità, che le infrazioni commesse le avevano permesso di consolidare la sua posizione di forza sul mercato mediante l’esclusione di una concorrenza effettiva in una parte sostanziale del mercato comune e che, sottraendo per lungo tempo tutte le possibilità di vendita ai concorrenti, la ricorrente aveva causato un danno permanente alla struttura del mercato interessato, a scapito dei consumatori.

545    Pertanto la Commissione poteva legittimamente infliggere alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 20 milioni.

546    A titolo puramente indicativo va osservato che gli orientamenti per il calcolo delle ammende, pur non essendo applicabili al caso di specie, prevedono che per le «infrazioni gravi» l’importo di partenza per il calcolo delle eventuali ammende vada da EUR 1 milione a EUR 20 milioni.

547    Per quel che riguarda le circostanze attenuanti, è sufficiente constatare che gli argomenti fatti valere dalla ricorrente sono stati respinti ai punti 536-542 della presente sentenza.

548    Quanto alla considerazione del luogo delle infrazioni, dalla giurisprudenza deriva che il volume d’affari di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a titolo di limite massimo dell’ammenda che può essere inflitta, si intende riferito al fatturato complessivo dell’impresa interessata, che fornisce soltanto un’indicazione approssimativa dell’importanza e dell’influenza che quest’ultima ha sul mercato. La disposizione sopra menzionata del regolamento n. 17 non contiene alcun limite territoriale relativo al fatturato realizzato. Rispettando il limite stabilito da tale ultima disposizione, la Commissione può fissare l’ammenda basandosi sul fatturato di sua scelta, in termini di base geografica e di prodotti pertinenti (v. sentenza Cemento, cit. supra al punto 473, punti 5022 e 5023 nonché la giurisprudenza ivi citata).

549    Pertanto, nel caso di specie la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione un criterio territoriale nello stabilire l’importo dell’ammenda.

550    Peraltro, la ricorrente non sostiene che la Commissione abbia superato l’importo massimo dell’ammenda che le può essere inflitta ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

551    Di conseguenza, il quarto motivo va respinto.

 Il quinto motivo: il tempo trascorso

552    Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatto che sono trascorsi più di undici anni dalla fine delle presunte infrazioni. La ricorrente si chiede quale sia l’«attualità» del carattere punitivo e dissuasivo dell’ammenda, dal momento che essa ha adattato la propria politica commerciale a quanto prescritto dalla Commissione, né vede come si possa giustificare l’effetto deterrente dell’ammenda nei confronti delle imprese terze.

553    Anzitutto, va ricordato che nella presente causa la Commissione ha rispettato le disposizioni del regolamento n. 2988/74 nonché il principio della ragionevolezza dei termini. Pertanto, non si può accusare la Commissione di aver tardato nell’adottare la decisione impugnata.

554    Risulta inoltre dalla giurisprudenza che, nel determinare l’ammontare delle ammende per violazione del diritto della concorrenza, la Commissione deve tener conto non solo della gravità dell’infrazione e delle circostanze particolari del caso, ma anche del contesto in cui la detta infrazione è stata commessa e adoprarsi affinché la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 106, e sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 272).

555    Pertanto, un’ammenda, anche se irrogata ex novo dopo un certo lasso di tempo, non perde il suo carattere punitivo e dissuasivo quando sia accertato che l’impresa interessata ha violato il diritto della concorrenza, in particolare, come nel caso di specie, commettendo infrazioni di estrema gravità.

556    Il quinto motivo dev’essere quindi respinto.

557    In conclusione, come deriva dai punti 507-512 della presente sentenza, la decisione impugnata va riformata, in quanto considera erroneamente applicabile la circostanza aggravante di una recidiva commessa dalla ricorrente.

558    Di conseguenza, l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente va fissato in EUR 19 milioni.

 Sulle spese

559    Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

560    Nel caso di specie, le conclusioni della ricorrente sono state dichiarate in parte fondate. Il Tribunale ritiene che le circostanze di specie siano equamente valutate statuendo che la ricorrente sosterrà le proprie spese nonché il 95% delle spese della Commissione e che quest’ultima sopporterà il 5% delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’importo dell’ammenda inflitta alla Solvay SA all’art. 2 della decisione della Commissione 13 dicembre 2000, 2003/6/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 82 [CE] (COMP/33.133 - C: Carbonato di sodio – Solvay), è fissato in EUR 19 milioni.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La ricorrente sosterrà le proprie spese nonché il 95% delle spese della Commissione europea.

4)      La Commissione sopporterà il 5% delle proprie spese.

Meij

Vadapalas

Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 dicembre 2009.

Firme

Indice


Fatti all’origine della controversia

Procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

1. Le conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata

Il primo motivo:il tempo trascorso

Il primo capo: erronea applicazione delle norme sulla prescrizione

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il secondo capo: violazione del principio della ragionevolezza dei termini

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il secondo motivo: violazione delle forme sostanziali necessarie per l’adozione e l’autenticazione della decisione impugnata

Il primo capo: violazione del principio di collegialità

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il secondo capo: violazione del principio di certezza del diritto

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il terzo capo: violazione del diritto della ricorrente ad essere nuovamente sentita

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il quarto capo: omessa consultazione ex novo del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il quinto capo: composizione irregolare del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il sesto capo: utilizzo di documenti raccolti in violazione del regolamento n. 17

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

L’ottavo capo: violazione dei principi di imparzialità, di buona amministrazione e di proporzionalità

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il terzo motivo: errata definizione del mercato geografico

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il quarto motivo: assenza di posizione dominante

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il quinto motivo: assenza di abuso di posizione dominante

Il primo capo: sconti sul tonnellaggio marginale

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il secondo capo: lo sconto «gruppo» accordato alla Saint-Gobain

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il terzo capo: gli accordi di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il quarto capo: clausole di concorrenza

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il quinto capo: il carattere discriminatorio delle pratiche contestate

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il sesto motivo: violazione del diritto di accesso al fascicolo

Il primo capo: mancato accesso a taluni documenti a carico

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il secondo capo: esistenza di documenti utili alla difesa tra i documenti del fascicolo consultati nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento

– Il mercato geografico rilevante

– Il mercato del prodotto in questione

– La sussistenza di una posizione dominante

– L’abuso della posizione dominante

Il terzo capo: mancata consultazione dell’intero fascicolo da parte della ricorrente

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

2. Le conclusioni dirette all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda

Il primo motivo: erronea valutazione della gravità delle infrazioni

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il secondo motivo: errata valutazione della durata delle infrazioni

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il terzo motivo: esistenza di circostanze attenuanti

Il primo capo: assenza di recidiva

Il secondo capo: cooperazione della ricorrente con la Commissione

Il terzo capo: tutela del legittimo affidamento e della buona fede della ricorrente

Il quarto capo: il principio della certezza del diritto

Il quinto capo: il «sorprendente comportamento» della Commissione

Il quarto motivo: carattere sproporzionato dell’ammenda

Il quinto motivo: il tempo trascorso

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.