Language of document : ECLI:EU:T:2009:520

Causa T‑58/01

Solvay SA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato della soda nella Comunità — Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE — Accordo che garantisce ad un’impresa un livello minimo di vendite in uno Stato membro e l’acquisto dei quantitativi necessari per raggiungere detto livello minimo — Prescrizione del potere della Commissione di infliggere ammende o sanzioni — Termine ragionevole — Forme sostanziali — Pregiudizio per il commercio fra Stati membri — Diritto di accesso al fascicolo — Ammenda — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze aggravanti e attenuanti»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di azioni — Sospensione — Decisione della Commissione che costituisce oggetto di un procedimento pendente dinanzi alla Corte di giustizia — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 2988/74, art. 3)

2.      Diritto comunitario — Principi — Osservanza di un termine ragionevole — Ambito di applicazione — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Procedimento giurisdizionale — Distinzione ai fini della valutazione dell’osservanza di un termine ragionevole

(Regolamento del Consiglio n. 17)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole

(Regolamento del Consiglio n. 17)

4.      Commissione — Principio di collegialità — Portata — Decisione in materia di concorrenza

(Trattato di fusione, art. 17)

5.      Eccezione di illegittimità — Portata — Atti di cui può essere eccepita l’illegittimità — Regolamento interno di un’istituzione

(Art. 241 CE)

6.      Atti delle istituzioni — Autenticazione degli atti adottati — Modalità

(Regolamento interno della Commissione del 1999, art. 16, primo comma)

7.      Diritto comunitario — Principi — Diritti della difesa — Ambito di applicazione — Concorrenza — Procedimento amministrativo — Portata del principio dopo l’annullamento di una prima decisione della Commissione

(Art. 81, n. 1, CE)

8.      Concorrenza — Intese — Pregiudizio per il commercio fra Stati membri

(Art. 81, n. 1, CE)

9.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Diniego di comunicazione di un documento — Conseguenze

10.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Accesso al fascicolo — Oggetto — Negata divulgazione di documenti in possesso della Commissione — Giudizio del Tribunale alla luce del rispetto dei diritti della difesa nel caso di specie

11.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Violazione dei diritti della difesa — Accesso irregolare al fascicolo — Accesso assicurato nel corso del procedimento giudiziario

12.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione — Decisione che constata un’infrazione e infligge un’ammenda — Annullamento per vizio di procedura

(Regolamento del Consiglio n. 17)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione — Ripartizione del mercato — Infrazione qualificabile come grave a prescindere dalla sua segretezza

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

14.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

15.    Concorrenza — Posizione dominante — Qualificazione di una posizione come dominante a causa della detenzione di una quota di mercato molto cospicua

(Art. 82 CE)

16.    Procedura — Atto introduttivo del ricorso — Requisiti di forma — Esposizione sommaria dei motivi dedotti

[Regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]

17.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Collaborazione dell’impresa nel corso degli accertamenti da parte degli agenti della Commissione — Esclusione

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 14)

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Carattere dissuasivo

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

1.      Ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 2988/74, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza, la prescrizione dell’azione rimane sospesa per il tempo in cui «pende dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee» un ricorso contro la decisione della Commissione. Tale riferimento dev’essere inteso, dopo la creazione del Tribunale di primo grado, come riguardante anzitutto un ricorso pendente dinanzi a quest’ultimo, dal momento che i procedimenti che vertono su sanzioni o ammende nel settore del diritto della concorrenza rientrano nella sua competenza.

La prescrizione è altresì sospesa per tutto il tempo in cui pende un procedimento d’impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia. Dato che l’art. 60 dello Statuto della Corte di giustizia e l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 hanno ambiti di applicazione diversi, la mancanza di effetto sospensivo di un’impugnazione non priva di qualunque effetto l’art. 3 del citato regolamento, che riguarda situazioni in cui la Commissione deve attendere la decisione del giudice comunitario. Inoltre, l’art. 3 del regolamento n. 2988/74 tutela la Commissione contro gli effetti della prescrizione in situazioni in cui essa deve attendere la decisione del giudice comunitario, nell’ambito di procedimenti sul cui svolgimento essa non ha il controllo, per sapere se l’atto impugnato è viziato o no da illegittimità. L’argomento secondo cui l’istituzione di un doppio grado di giudizio non permette di estendere il periodo di sospensione della prescrizione non può pertanto essere accolto. La sospensione della prescrizione permette alla Commissione solo di adottare eventualmente una nuova decisione nell’ipotesi in cui sia respinta l’impugnazione proposta contro una sentenza del Tribunale che annulla una decisione della Commissione medesima. Questa sospensione della prescrizione non produce alcun effetto sulla decisione annullata dalla sentenza del Tribunale. In caso di impugnazione, è vero che nulla impedisce formalmente alla Commissione di agire subito e di adottare una nuova decisione dopo l’annullamento della decisione iniziale da parte del Tribunale. Tuttavia, un ricorso diretto contro la decisione che infligge sanzioni sospende la prescrizione delle azioni sanzionatorie fino a che il giudice comunitario non si sia definitivamente pronunciato sul detto ricorso. Se la Commissione dovesse adottare una nuova decisione a seguito dell’annullamento di una decisione da parte del Tribunale senza attendere la pronuncia della Corte, vi sarebbe il rischio di coesistenza di due decisioni aventi lo stesso oggetto nell’ipotesi in cui la Corte annullasse la sentenza del Tribunale. Appare contrario alle esigenze di economia del procedimento amministrativo imporre alla Commissione, al solo scopo di evitare che la prescrizione maturi, di adottare una nuova decisione prima di sapere se la decisione iniziale sia o meno viziata da illegittimità.

Infine, poiché la prescrizione è sospesa, conformemente all’art. 3 del regolamento n. 2988/74, per tutta la durata del procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte, non si può accusare la Commissione di aver violato il principio del termine ragionevole solo per aver atteso che la Corte statuisse nell’ambito di siffatta impugnazione prima di emanare una nuova decisione.

(v. punti 73, 79-80, 83-84, 86-89, 102)

2.      In sede di esame di una censura vertente sulla violazione del principio della ragionevolezza dei termini, occorre distinguere tra il procedimento amministrativo in materia di concorrenza avviato ai sensi del regolamento n. 17 e il procedimento giurisdizionale esperito in caso di ricorso contro la decisione della Commissione. Il periodo durante il quale il giudice comunitario esamina la legittimità della decisione e, in caso di impugnazione, la validità della sentenza pronunciata in primo grado, non può essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione.

(v. punto 105)

3.      La violazione del principio della ragionevolezza dei termini nel contesto dell’emanazione di una decisione adottata a seguito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza giustifica l’annullamento di una decisione adottata dalla Commissione solo qualora comporti anche una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata. Infatti, quando non è dimostrato che il decorso di un lasso di tempo eccessivo abbia pregiudicato la capacità dell’impresa di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del principio della ragionevolezza dei termini non incide sulla validità del procedimento amministrativo.

(v. punto 113)

4.      Il principio di collegialità si fonda sull’eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all’adozione di una decisione e, in particolare, implica che le decisioni siano deliberate in comune e che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate. Il rispetto di tale principio, in particolare la necessità che le decisioni siano deliberate in comune, interessa necessariamente i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici che queste producono, nel senso che essi devono poter essere certi che le decisioni siano state effettivamente adottate dal collegio e corrispondano esattamente alla sua volontà. Ciò vale, in particolare, per gli atti espressamente qualificati come decisioni, che la Commissione è chiamata ad adottare nei confronti delle imprese o delle associazioni di imprese per garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza e che hanno per oggetto di constatare una violazione delle predette norme, di emettere ingiunzioni nei confronti di tali imprese e di infliggere loro sanzioni pecuniarie.

Il semplice fatto che un comunicato stampa non predisposto dalla Commissione e privo di carattere ufficiale menzioni una dichiarazione di un portavoce della Commissione che precisa la data in cui sarà emanata una decisione in materia di concorrenza e il contenuto della medesima non può essere sufficiente per ritenere che la Commissione abbia violato il principio di collegialità. Non essendo vincolato da tale dichiarazione, il collegio dei commissari può decidere, al termine di una deliberazione collegiale, di non adottare una decisione del genere.

(v. punti 132-136)

5.      La sfera d’applicazione dell’art. 241 CE deve comprendere in particolare le disposizioni del regolamento interno di un’istituzione che, pur non costituendo il fondamento giuridico della decisione impugnata e non producendo effetti analoghi a quelli di un regolamento ai sensi di questo articolo del Trattato, determinano le forme sostanziali richieste ai fini dell’adozione della decisione stessa e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto dei soggetti che ne sono i destinatari. Occorre, infatti, che i destinatari di una decisione possano contestare in via incidentale la legittimità dell’atto che condiziona la validità formale della decisione stessa, nonostante che l’atto in questione non costituisca il fondamento giuridico di quest’ultima, ove non siano stati in condizione di chiedere l’annullamento di tale atto prima di aver ricevuto notifica della decisione controversa. Di conseguenza, le disposizioni del regolamento interno della Commissione possono costituire oggetto di un’eccezione di illegittimità in quanto garantiscono la tutela dei singoli. L’eccezione di illegittimità dev’essere limitata a quanto indispensabile per la soluzione della controversia. Poiché l’art. 241 CE non ha lo scopo di consentire a una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di portata generale a sostegno di qualsiasi ricorso, l’atto generale di cui si eccepisce l’illegittimità dev’essere inoltre applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto fra la decisione individuale impugnata e l’atto generale di cui trattasi.

(v. punti 146-148)

6.      L’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione del 1999 prevede che gli atti adottati in riunione debbano essere allegati, nella o nelle lingue in cui fanno fede, ad una nota sommaria, con la quale formano un tutto inscindibile, elaborata al termine della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati e che tali atti siano autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sull’ultima pagina della nota sommaria. Tale disposizione non è viziata da illegittimità. Le formalità da essa stabilite per l’autenticazione sono conformi a quanto richiede il principio di certezza del diritto.

(v. punti 151, 156-157)

7.      Qualora la Commissione, dopo l’annullamento di una decisione che ha inflitto sanzioni ad imprese che hanno violato l’art. 81, n. 1, CE a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità della sua adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, adotti una nuova decisione dal contenuto sostanzialmente identico e fondata sugli stessi addebiti, non è obbligata a procedere a una nuova audizione delle imprese di cui trattasi.

Essa non è neppure tenuta ad una nuova consultazione del comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti, anche qualora tra la consultazione di tale comitato e l’adozione della nuova decisione diversi Stati membri abbiano aderito alla Comunità europea e la composizione del comitato sia stata modificata in conseguenza. Infatti, il cambiamento della composizione di un’istituzione non intacca la continuità dell’istituzione stessa, i cui atti definitivi o preparatori conservano, in linea di principio, tutti i loro effetti. Inoltre, non esiste alcun principio generale di diritto comunitario che imponga la continuità della composizione dell’organo amministrativo investito di un procedimento che può dar luogo all’irrogazione di un’ammenda.

Neppure le altre questioni di diritto che possono porsi in sede di applicazione dell’art. 233 CE, come quelle riguardanti il tempo trascorso, la possibilità di una riapertura dei procedimenti sanzionatori, l’accesso al fascicolo che conseguirebbe alla riapertura del procedimento, l’intervento del consigliere auditore, nonché eventuali implicazioni dell’art. 20 del regolamento n. 17, impongono nuove audizioni, in quanto non modificano il contenuto degli addebiti, essendo soltanto suscettibili, se del caso, di un successivo controllo giurisdizionale.

(v. punti 165-166, 183, 188-190)

8.      Un accordo tra imprese, per poter pregiudicare il commercio fra Stati membri, deve consentire di prevedere con sufficiente grado di probabilità, in base ad un insieme di elementi oggettivi di diritto o di fatto, che esso sia atto a incidere direttamente o indirettamente, effettivamente o potenzialmente, sui flussi commerciali fra Stati membri, in modo da poter nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico fra Stati. Dunque, il pregiudizio per gli scambi intracomunitari deriva in generale dalla combinazione di diversi fattori che, considerati isolatamente, non sarebbero necessariamente determinanti.

Poco importa, a questo riguardo, che l’influenza di un’intesa sugli scambi sia favorevole, sfavorevole o neutra. Infatti, una restrizione alla concorrenza può influire sul commercio tra Stati membri quando è idonea a sviare le correnti commerciali dall’orientamento che avrebbero altrimenti.

Inoltre, l’idoneità di un’intesa a incidere sul commercio fra Stati membri, ossia il suo effetto potenziale, è sufficiente perché essa rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 81 CE e non occorre dimostrare un pregiudizio effettivo agli scambi. È tuttavia necessario che l’effetto potenziale dell’intesa sul commercio tra Stati sia sensibile o, in altri termini, che non sia poco significativo.

Un accordo di garanzia avente ad oggetto un quantitativo minimo annuo di vendite su un mercato nazionale è per definizione idoneo a sviare le correnti commerciali dall’orientamento che avrebbero altrimenti avuto. Esso infatti porta a ritirare dal mercato una parte della produzione che avrebbe potuto essere esportata in altri Stati membri.

(v. punti 208-210, 215)

9.      Corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso al fascicolo implica, in un procedimento amministrativo in materia di applicazione delle norme sulla concorrenza, che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di esaminare tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e ogni altra informazione riservata.

Per quanto riguarda i documenti a carico, all’impresa interessata spetta dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminarla avesse dovuto essere stralciato dai mezzi di prova a carico. Quanto ai documenti a discarico, l’impresa interessata deve provare che la loro mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che avrebbe potuto utilizzare detti documenti a discarico per la propria difesa, nel senso che, se essa avesse potuto servirsene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi che non concordavano con le deduzioni operate a quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto quindi influenzare, in una qualche maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nell’eventuale decisione, almeno per quanto riguarda la gravità e la durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, l’entità dell’ammenda. Il fatto che la mancata divulgazione di un documento possa aver influito sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione può essere accertato solo dopo un esame provvisorio di taluni mezzi di prova che faccia emergere che il documento non divulgato poteva avere, alla luce di tali mezzi di prova, un’importanza che non avrebbe dovuto essere trascurata.

Una violazione del diritto di accesso al fascicolo potrebbe comportare l’annullamento totale o parziale di una decisione della Commissione solo se l’accesso irregolare al fascicolo istruttorio durante il procedimento amministrativo avesse impedito all’impresa o alle imprese interessate di prendere conoscenza di documenti che avrebbero potuto essere utili alla loro difesa e avesse in tal modo violato i loro diritti della difesa. Ciò si verificherebbe qualora la divulgazione di un documento avesse avuto una possibilità anche minima di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso nell’ipotesi in cui l’impresa interessata avesse potuto avvalersene nel corso del detto procedimento.

(v. punti 224-226, 237)

10.    L’accesso al fascicolo appartiene alle garanzie procedurali dirette a tutelare i diritti della difesa e la violazione del diritto di accesso al fascicolo della Commissione nel corso del procedimento preliminare all’adozione della decisione può, in linea di principio, comportare l’annullamento di tale decisione quando siano stati lesi i diritti della difesa dell’impresa interessata.

Una violazione dei diritti della difesa dev’essere esaminata in relazione alle peculiarità del caso di specie, in quanto è sostanzialmente legata agli addebiti di cui la Commissione ha tenuto conto per dimostrare l’infrazione contestata all’impresa interessata. Si deve dunque procedere ad un esame sommario degli addebiti di merito formulati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata nonché tener conto degli argomenti in concreto invocati dall’impresa interessata contro la decisione impugnata.

In una situazione in cui, durante il procedimento amministrativo preliminare all’adozione della decisione che sanziona un’impresa, la Commissione non ha stilato un elenco dei documenti che componevano il fascicolo e non ha comunicato all’impresa interessata il complesso dei documenti del fascicolo che erano a sua disposizione ma solo i documenti a carico, senza invitarla a presentarsi a consultare nei suoi propri locali tutti i documenti, il procedimento amministrativo è irregolare. Tuttavia la decisione definitiva non va annullata se non è stato dimostrato che l’impresa non ha avuto la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti figuranti nel fascicolo che potevano essere rilevanti per la sua difesa, anche qualora, nell’ambito del ricorso giurisdizionale proposto contro tale decisione, in esito a misure di organizzazione del procedimento volte a garantire un accesso completo al fascicolo, si accerti che una parte del fascicolo era mancante.

(v. punti 242, 246, 248, 250, 257, 259-260, 263-264)

11.    Il Tribunale può, nell’ambito di un ricorso giurisdizionale proposto contro una decisione della Commissione che irroga sanzioni ad un’impresa per infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, ordinare misure di organizzazione del procedimento volte a garantire un accesso completo al fascicolo, per valutare se il rifiuto della Commissione di divulgare un documento o di comunicare un elemento abbia potuto nuocere alla difesa dell’impresa incriminata. Tale esame, limitandosi ad un controllo giurisdizionale dei motivi sollevati, non ha né per oggetto né per effetto di sostituire un’istruzione completa della pratica nell’ambito di un procedimento amministrativo. La conoscenza tardiva di taluni documenti del fascicolo non ricolloca l’impresa che ha proposto un ricorso nella situazione in cui si sarebbe trovata se avesse potuto basarsi sugli stessi documenti per presentare le proprie osservazioni scritte ed orali dinanzi a tale istituzione. Inoltre, qualora l’accesso al fascicolo sia stato reso possibile nella fase del procedimento giurisdizionale, l’impresa interessata non deve dimostrare che, se avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, ma soltanto che detti documenti avrebbero potuto esserle utili per difendersi.

(v. punti 250-251)

12.    Quando una decisione della Commissione in materia di concorrenza è annullata a causa di un vizio procedurale, la Commissione è legittimata ad adottare una nuova decisione senza che venga avviato un nuovo procedimento amministrativo. Allorché il contenuto della nuova decisione è quasi identico a quello della precedente e le decisioni sono entrambe fondate sugli stessi motivi, la nuova decisione soggiace, per quanto riguarda la fissazione dell’importo dell’ammenda, alle regole in vigore al momento in cui è stata adottata la decisione precedente. Infatti, la Commissione riprende il procedimento dalla fase in cui è stato commesso l’errore procedurale e adotta una nuova decisione senza effettuare una nuova valutazione del caso alla luce di regole che non esistevano all’epoca dell’adozione della prima decisione.

(v. punti 270-272)

13.    L’accordo che comporti un’intesa tra imprese volta a regolamentare lo smercio nel territorio di uno Stato membro dei beni da esse prodotti configura un accordo di ripartizione del mercato. Le intese di questo tipo rientrano tra gli esempi di intese espressamente dichiarate incompatibili con il mercato comune dall’art. 81, n. 1, lett. c), CE e costituiscono restrizioni manifeste della concorrenza che la Commissione può comunque qualificare come gravi ai fini della determinazione dell’importo delle ammende. Benché la Commissione non possa dedurre dalla semplice mancanza di verbale di riunione ufficiale che siffatto accordo è segreto, essa può nondimeno qualificare un’infrazione del genere come grave considerando che tale accordo costituisce una lampante restrizione della concorrenza.

(v. punti 279-280, 284-286)

14.    Per calcolare la durata di un’infrazione che abbia un oggetto restrittivo della concorrenza si deve solo determinare il periodo durante il quale tale accordo è esistito, cioè il periodo trascorso tra la data della sua conclusione e quella in cui l’accordo è venuto meno. La durata dell’infrazione è un elemento costitutivo della nozione di infrazione ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE; l’onere della prova di tale elemento incombe in via principale alla Commissione. A questo proposito, in mancanza di elementi di prova atti a dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione deve quantomeno fondarsi su elementi di prova che si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione è durata ininterrottamente entro due date precise. Tale ripartizione dell’onere della prova è però suscettibile di variazione, in quanto gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto. Anche supponendo che si possano presentare circostanze particolari in cui si potrebbe procedere ad un’inversione dell’onere della prova in merito alla durata di un’infrazione, non se ne può dedurre che la Commissione, in una decisione che accerta una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, possa rinunciare a indicare in modo circostanziato la fine della durata dell’infrazione e a fornire le informazioni sulla durata dell’infrazione eventualmente in suo possesso.

(v. punti 293-295, 302)

15.    La nozione di posizione dominante riguarda una situazione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare il persistere di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori. Un soggetto che detiene oltre il 50% del mercato, sia esso un soggetto individuale o collettivo, può godere di una tale indipendenza.

Deve pertanto essere disattesa la censura relativa alla mancanza di motivazione di una decisione della Commissione riguardo alla posizione dominante di un’impresa qualora tale decisione precisi in particolare che tale impresa detiene quasi il 60% del mercato totale della Comunità.

(v. punti 314-316)

16.    Il motivo dedotto dinanzi al Tribunale che faccia rinvio agli argomenti svolti nell’ambito di un altro ricorso proposto in pari data dallo stesso ricorrente, allegandone le pagine rilevanti, è irricevibile in quanto gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato non emergono dal testo stesso del ricorso. Se è vero che il testo può essere chiarito e completato, in punti specifici, mediante il rinvio ad estratti di documentazione allegati, un rinvio complessivo ad altri scritti, benché allegati all’atto introduttivo, non può supplire all’assenza degli elementi essenziali nel ricorso.

(v. punti 317-318)

17.    La cooperazione di un’impresa con la Commissione durante le ispezioni effettuate nei suoi locali rientra tra gli obblighi incombenti all’impresa e non può pertanto costituire una circostanza attenuante che giustifichi una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta per infrazione delle norme comunitarie sulla concorrenza.

(v. punti 331, 333)

18.    Nel determinare l’ammontare delle ammende per violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza, la Commissione deve tener conto non solo della gravità dell’infrazione e delle circostanze particolari della fattispecie, ma anche del contesto in cui la detta infrazione è stata commessa e far sì che la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità. Un’ammenda non perde pertanto il suo carattere punitivo e dissuasivo quando sia accertato che l’impresa interessata ha violato il diritto della concorrenza, in particolare commettendo un’infrazione grave, anche se irrogata con decisione emanata, dopo un certo lasso di tempo, in esito all’annullamento di una prima decisione.

(v. punti 344-345)