Language of document : ECLI:EU:T:2015:511

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

15 luglio 2015 (*) (1)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dell’acciaio per precompresso – Fissazione dei prezzi, ripartizione del mercato e scambio di informazioni commerciali riservate – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo – Termine ragionevole»

Nella causa T‑423/10,

Redaelli Tecna SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata da R. Zaccà, M. Todino, E. Cruellas Sada e S. Patuzzo, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da B. Gencarelli, L. Prete e V. Bottka, successivamente da V. Bottka, G. Conte e P. Rossi, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento e di riforma della decisione C (2010) 4387 definitivo della Commissione, del 30 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/38344 – Acciaio per precompresso), modificata dalla decisione C (2010) 6676 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2010, e dalla decisione C (2011) 2269 definitivo della Commissione, del 4 aprile 2011,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen (relatore), presidente, F. Dehousse e A.M. Collins, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 luglio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Oggetto della controversia

1        Il ricorso in esame è stato promosso avverso la decisione C (2010) 4387 definitivo della Commissione, del 30 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/38344 – Acciaio per precompresso) (in prosieguo: la «decisione iniziale»), che sanziona un’intesa tra fornitori di acciaio per precompresso (in prosieguo: l’«AP») che hanno partecipato a operazioni di fissazione di quote, di ripartizione di clienti, di fissazione dei prezzi e di scambio di informazioni commerciali riservate relative a prezzi, volumi e clienti a livello europeo, regionale e nazionale.

2        La decisione iniziale è stata indirizzata dalla Commissione europea a:

–        ArcelorMittal SA,

–        ArcelorMittal Wire France SA,

–        ArcelorMittal Fontaine SA,

–        ArcelorMittal Verderio Srl,

–        Emesa-Trefilería, SA (in prosieguo: l’«Emesa»),

–        Industrias Galycas, SA (in prosieguo: la «Galycas»),

–        ArcelorMittal España, SA,

–        Trenzas y Cables de Acero PSC, SL (in prosieguo: la «Tycsa»),

–        Trefilerías Quijano, SA (in prosieguo: la «TQ»),

–        Moreda-Riviere Trefilerías SA (in prosieguo: la «MRT»),

–        Global Steel Wire SA (in prosieguo: la «GSW»),

–        Socitrel – Sociedade Industrial de Trefilaria, SA (in prosieguo: la «Socitrel»),

–        Companhia Previdente – Sociedade de Controle de Participações Financeiras SA (in prosieguo: la «Companhia Previdente»),

–        voestalpine Austria Draht GmbH (in prosieguo: l’«Austria Draht»),

–        voestalpine AG,

–        Fapricela Industria de Trefilaria SA (in prosieguo: la «Fapricela»),

–        Proderac – Productos Derivados del Acero SA (in prosieguo: la «Proderac»),

–        Westfälische Drahtindustrie GmbH (in prosieguo: la «WDI»),

–        Westfälische Drahtindustrie Verwaltungsgesellschaft mbH & Co. KG (in prosieguo: la «WDV»),

–        Pampus Industriebeteiligungen GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Pampus»),

–        Nedri Spanstaal BV (in prosieguo: la «Nedri»),

–        Hit Groep BV,

–        DWK Drahtwerk Köln GmbH e Saarstahl AG (in prosieguo, congiuntamente: la «DWK»),

–        Ovako Hjulsbro AB,

–        Ovako Dalwire Oy Ab,

–        Ovako Bright Bar AB,

–        Rautaruukki Oyj,

–        Italcables SpA (in prosieguo: l’«ITC»),

–        Antonini SpA,

–        Redaelli Tecna SpA, la ricorrente,

–        CB Trafilati Acciai SpA (in prosieguo: la «CB»),

–        ITAS – Industria Trafileria Applicazioni Speciali SpA,

–        Siderurgica Latina Martin SpA (in prosieguo: la «SLM»),

–        Ori Martin SA,

–        Emme Holding SpA, precedentemente, poi nuovamente, denominata Trafileria Meridionali SpA (in prosieguo: la «Trame»).

3        La decisione iniziale è stata modificata a due riprese dalla Commissione.

4        In primo luogo, la Commissione ha adottato, il 30 settembre 2010, la decisione C (2010) 6676 definitivo, che modifica la decisione iniziale (in prosieguo: la «prima decisione di modifica»). In sostanza, la prima decisione di modifica ha avuto l’effetto di diminuire l’importo delle ammende inflitte alle seguenti società: ArcelorMittal Verderio, ArcelorMittal Fontaine, ArcelorMittal Wire France, ArcelorMittal España, WDI e WDV.

5        La prima decisione di modifica è stata indirizzata a tutti i destinatari della decisione iniziale.

6        In secondo luogo, la Commissione ha adottato, il 4 aprile 2011, la decisione C (2011) 2269 definitivo, che modifica la decisione iniziale (in prosieguo: la «seconda decisione di modifica»). In sostanza, la seconda decisione di modifica ha avuto, segnatamente, l’effetto di diminuire l’importo delle ammende inflitte alle seguenti società: da un lato, ArcelorMittal, ArcelorMittal Verderio, ArcelorMittal Fontaine e ArcelorMittal Wire France e, dall’altro, SLM e Ori Martin. Solo queste società erano destinatarie della seconda decisione di modifica.

7        Su iniziativa, ove necessario, del Tribunale, tutte le società che hanno proposto ricorso avverso la decisione iniziale hanno ricevuto comunicazione della seconda decisione di modifica.

8        La ricorrente è stata interrogata dal Tribunale sulle conseguenze che tali modifiche della decisione iniziale potevano produrre sul contenuto della sua argomentazione e ha avuto la possibilità di adeguare i suoi motivi e le sue conclusioni per tenere conto di dette eventuali conseguenze.

9        La decisione iniziale, come modificata dalla prima e dalla seconda decisione di modifica, costituisce quindi, ai fini del presente ricorso, la «decisione impugnata».

10      Sono stati proposti ventotto ricorsi avverso la decisione iniziale, la prima decisione di modifica, la seconda decisione di modifica o le lettere inviate dalla Commissione a seguito di domande presentate da taluni dei destinatari della decisione iniziale e volte alla rivalutazione della loro capacità contributiva (cause T‑385/10, ArcelorMittal Wire France e a./Commissione, T‑388/10, Productos Derivados del Acero/Commissione, T‑389/10, SLM/Commissione, T‑391/10, Nedri Spanstaal/Commissione, T‑393/10, Westfälische Drahtindustrie e a./Commissione, T‑398/10, Fapricela/Commissione, T‑399/10, ArcelorMittal España/Commissione, T‑406/10, Emesa-Trefilería e Industrias Galycas/Commissione, T‑413/10, Socitrel/Commissione, T‑414/10, Companhia Previdente/Commissione, T‑418/10, voestalpine e voestalpine Wire Rod Austria/Commissione, T‑419/10, Ori Martin/Commissione, T‑422/10, Trafilerie Meridionali/Commissione, T‑423/10, Redaelli Tecna/Commissione, T‑426/10, Moreda-Riviere Trefilerías/Commissione, T‑427/10, Trefilerías Quijano/Commissione, T‑428/10, Trenzas y Cables de Acero/Commissione, T‑429/10, Global Steel Wire/Commissione, T‑436/10, Hit Groep/Commissione, T‑575/10, Moreda-Riviere Trefilerías/Commissione, T‑576/10, Trefilerías Quijano/Commissione, T‑577/10, Trenzas y Cables de Acero/Commissione, T‑578/10, Global Steel Wire/Commissione, T‑438/12, Global Steel Wire/Commissione, T‑439/12, Trefilerías Quijano/Commissione, T‑440/12, Moreda-Riviere Trefilerías/Commissione, T‑441/12, Trenzas y Cables de Acero/Commissione, e T‑409/13, Companhia Previdente e Socitrel/Commissione).

 Fatti all’origine della controversia

A –  Settore interessato dal procedimento

1.     Prodotti

11      L’intesa sanzionata dalla Commissione riguardava l’AP, espressione con cui si intendono fili e trefoli metallici formati da vergelle e, in particolare, da un lato, l’acciaio per calcestruzzo precompresso, materiale utilizzato per la realizzazione di balconi, pali di fondazione o tubature e, dall’altro, l’acciaio per calcestruzzo postensione, usato nella realizzazione di opere di ingegneria industriale, di opere sotterranee o di ponti (decisione impugnata, punto 2).

12      La gamma di prodotti in AP comprende diversi tipi di fili singoli (per esempio, fili lisci, lucidi o galvanizzati, dentellati, nervati) e diversi tipi di trefoli in AP (per esempio, lucidi, dentellati, con guaine in polietilene o in metallo). I trefoli in AP sono costituiti da tre o sette fili. L’AP viene venduto in diversi diametri. I trefoli speciali, ossia trefoli galvanizzati o rivestiti – lubrificati o cerati – e i tiranti, ossia trefoli galvanizzati e dotati di guaina nonché fili galvanizzati per la realizzazione di ponti, non sono stati tuttavia presi in considerazione dalla Commissione (decisione impugnata, punti 3 e 4).

13      Nella decisione impugnata viene altresì indicato che, in molti paesi, è obbligatoria un’approvazione tecnica da parte delle autorità nazionali. Per le procedure di certificazione sono necessari all’incirca sei mesi (decisione impugnata, punto 5).

2.     Struttura dell’offerta

14      Secondo la decisione impugnata, i membri del cartello controllavano complessivamente circa l’80% del mercato all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). Nella maggior parte dei paesi, alcuni dei più grossi produttori erano presenti sul mercato accanto a qualche produttore locale. La maggioranza di questi grossi produttori apparteneva a gruppi siderurgici che producevano anche vergelle, materie prime dell’AP, che costituiscono il suo più importante elemento di costo. Mentre le imprese non integrate erano obbligate ad acquistare le proprie materie prime sul mercato, le imprese integrate si affidavano prevalentemente alle forniture all’interno del proprio gruppo. Per l’intero periodo dell’intesa accertata nella decisione impugnata, l’industria ha riferito di eccedenze di capacità sostanziali e durature per l’AP (decisione impugnata, punti 98 e 99).

15      Nel 2001 il valore delle vendite di AP nel SEE ammontava a circa EUR 365 milioni, per un volume complessivo relativo allo stesso anno di circa 600 000 tonnellate. Approssimativamente il 20‑25% di questo volume era riferito a fili in AP, mentre il rimanente 75‑80% era riferito a trefoli in AP, con alcune differenze rispetto a questi valori medi a seconda dei paesi considerati. L’Italia era il più importante consumatore di AP (circa il 28% delle vendite di AP nel SEE). Altri grossi paesi consumatori erano la Spagna (16%), i Paesi Bassi, la Francia, la Germania e il Portogallo (ciascuno per l’8‑10%) (decisione impugnata, punto 100).

3.     Struttura della domanda

16      Secondo la decisione impugnata, la struttura della domanda di AP era estremamente eterogenea. Facevano uso di AP i produttori di materiale edile prefabbricato e le società specializzate in opere d’ingegneria (nel settore delle costruzioni, ad esempio, l’AP era utilizzato per stabilizzare edifici o ponti). La clientela era costituita da un numero molto ristretto di grossi clienti – per esempio l’Addtek International Oy AB, che rappresentava il 5-10% del consumo di AP nell’Unione europea – e da un numero elevato di piccoli clienti (decisione impugnata, punti 101 e 102).

17      Le abitudini commerciali variavano a seconda degli Stati membri considerati. I produttori di AP e i loro clienti spesso sottoscrivevano contratti quadro di sei o dodici mesi. In seguito, a seconda della domanda, i clienti ordinavano tonnellaggi all’interno della forbice di volume concordata al prezzo concordato. I contratti venivano periodicamente prorogati, dopo le debite trattative (decisione impugnata, punto 103).

4.     Commercio all’interno dell’Unione e del SEE

18      Stando a quanto riportato dalla decisione impugnata, il volume di vendite di AP nel periodo interessato dall’intesa dimostra che gli scambi tra gli Stati membri dell’Unione erano intensi. L’AP era prodotto e commercializzato in tutto il SEE (decisione impugnata, punto 104).

B –  Redaelli

19      La Redaelli Tecnasud SpA è una joint-venture costituita nel 1979 tra l’allora società holding del gruppo Redaelli, Giuseppe & Fratello Redaelli SpA, e l’INSUD SpA, Iniziative per il Sud, in seguito divenuta Sviluppo Italia. La società, con sede legale a Caivano, in Italia, era attiva nella produzione e vendita di trefoli a tre e a sette fili nonché di altri tipi di acciaio.

20      Dal 20 dicembre 1985 e fino al 31 dicembre 2003, la Redaelli Tecnasud è stata una controllata al 100% della Redaelli Tecna, società con sede a Cologno Monzese, in Italia. La Redaelli Tecna era stata costituita il 18 settembre 1981 come nuova società holding del gruppo, subito dopo la crisi finanziaria della precedente holding. Il 19 gennaio 1982 essa ha acquisito la partecipazione della Giuseppe & Fratello Redaelli nella Redaelli Tecnasud.

21      Il 31 dicembre 2003, ha avuto luogo una fusione, per incorporazione nella Redaelli Tecna, delle seguenti società: la Redaelli Tecna Cordati SpA, la TECI SpA, la Redaelli Tecnasud, la Maroni Srl, la Tecfin SpA e la Redaelli Tecna Nastro Srl. La Redaelli Tecna ha inoltre costituito, in data 18 aprile 1990, la società Deriver Srl, che successivamente è stata posta in liquidazione. La Redaelli Tecnasud e la Redaelli Tecna saranno in prosieguo indicate, senza distinzione, con il termine «Redaelli». La Redaelli è stata acquisita dalla OAO Severstal, basata in Russia, in data 30 luglio 2008.

C –  Procedimento amministrativo

22      Il 9 gennaio 2002 il Bundeskartellamt (autorità tedesca garante della concorrenza) ha inoltrato alla Commissione una documentazione concernente una causa esaminata da un tribunale tedesco del lavoro relativa al licenziamento di un ex dipendente della WDI. Tale dipendente affermava di essere stato coinvolto in un’infrazione all’articolo 101 TFUE nel settore dell’AP. A questo proposito, egli ha riferito il nome delle imprese coinvolte e ha fornito le prime informazioni sull’infrazione (decisione impugnata, punto 105).

1.     Prima richiesta di trattamento favorevole e immunità concessa alla DWK

23      Il 18 giugno 2002 la DWK ha presentato alla Commissione un «memorandum» riguardante una violazione dell’articolo 101 TFUE nel settore dell’AP, cui avrebbero partecipato la società medesima nonché altre imprese. La DWK ha manifestato in questa occasione il suo desiderio di beneficiare della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole») (decisione impugnata, punto 106).

24      Il 3 luglio 2002 i rappresentanti della DWK hanno incontrato la Commissione e hanno discusso la procedura di trattamento favorevole. Il 19 luglio 2002 la Commissione ha accordato alla DWK un’immunità condizionale dall’ammenda ai sensi del punto 8, lettera b), della comunicazione sul trattamento favorevole, poiché detta società era stata la prima a presentare elementi di prova che avrebbero permesso alla Commissione di riscontrare un’infrazione all’articolo 101 TFUE in relazione a una presunta intesa di produttori di AP estesa a tutto il territorio dell’Unione (decisione impugnata, punto 107).

2.     Ispezioni e richieste di informazioni

25      Il 19 e il 20 settembre 2002 la Commissione ha condotto ispezioni nelle sedi, in particolare, delle società DWK, WDI, Nedri, Tréfileurope SA, Tycsa, Redaelli, CB, Itas, ITC, SLM ed Edilsider (società di proprietà di un agente per le vendite della Tréfileurope Italia Srl, divenuta ArcelorMittal Verderio) nonché presso le loro rispettive società controllate o imprese collegate, conformemente all’articolo 14, paragrafi 2 o 3, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 1962, 13, pag. 204) (decisione impugnata, punto 108).

26      A partire dal 19 settembre 2002, la Commissione ha inviato una serie di richieste di informazioni, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 17 e dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), alle imprese destinatarie della decisione iniziale, alle loro società controllanti, ad altre imprese, ad alcuni singoli individui (a un dipendente in pensione della Redaelli, e successivamente suo consulente commerciale, e a un agente per le vendite della Tréfileurope Italia attraverso l’Edilsider) e a talune associazioni di categoria (decisione impugnata, punto 109).

27      Il 7 e l’8 giugno 2006 la Commissione ha effettuato un’ispezione, ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, negli uffici («studio») di un familiare di un ex dipendente della Redaelli (decisione impugnata, punto 114).

3.     Altre richieste di trattamento favorevole e risposte fornite dalla Commissione

28      Tra i destinatari della decisione impugnata, talune società, quali l’ITC, la Nedri, la SLM, la Redaelli e la WDI, hanno presentato richiesta formale di trattamento favorevole ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole. La Tycsa ha confermato l’esistenza di accordi anticoncorrenziali senza richiedere il trattamento favorevole (decisione impugnata, punto 110).

29      L’ITC ha chiesto il trattamento favorevole il 21 settembre 2002, presentando elementi di prova risalenti all’epoca dei fatti e relativi alle riunioni avvenute tra produttori di AP tra il 1979 e il 2002. Inoltre, l’11 novembre 2002 essa ha presentato una dichiarazione aziendale. Il 10 gennaio 2003 la Commissione ha accordato all’ITC una riduzione temporanea delle ammende dell’ordine del 30-50%, a condizione che essa continuasse a soddisfare i requisiti previsti dal punto 21 della comunicazione sul trattamento favorevole (decisione impugnata, punto 111).

30      Il 17 ottobre 2002 la Tycsa ha inviato una risposta a una richiesta di informazioni, ammettendo i fatti e adducendo prove autoincriminanti. Il 21 ottobre 2002 la Redaelli ha trasmesso elementi di prova autoincriminanti in risposta a una richiesta di informazioni e, il 20 marzo 2003, ha presentato richiesta formale di beneficiare della comunicazione sul trattamento favorevole. Il 23 ottobre 2002, rispondendo a una richiesta di informazioni, la Nedri ha presentato elementi di prova, chiedendo contemporaneamente di potersi avvalere della comunicazione sul trattamento favorevole. Il 25 ottobre 2002 l’Emesa ha presentato prove che includevano talune dichiarazioni autoincriminanti. Il 30 ottobre 2002, nel rispondere a una richiesta di informazioni, la SLM ha chiesto di poter beneficiare di una riduzione delle ammende. Il 4 novembre 2002 e, successivamente, il 6 marzo 2003 e l’11 giugno 2003, la Tréfileurope ha presentato informazioni autoincriminanti in risposta a una richiesta di informazioni nonché una dichiarazione aziendale per richiedere l’applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole. Il 17 marzo 2004 la Galycas ha risposto a una richiesta di informazioni ammettendo i fatti e rilasciando alcune dichiarazioni incriminanti. Il 19 maggio 2004 la WDI ha presentato una dichiarazione aziendale in cui chiedeva l’applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole. Il 28 giugno 2007, tra altri contatti con la Commissione, l’ArcelorMittal ha inoltrato una domanda di trattamento favorevole contenente prevalentemente appunti manoscritti risalenti al periodo dal 1992 al 2002 di un ex dipendente dell’Emesa (in prosieguo: gli «appunti dell’Emesa») (decisione impugnata, punto 112).

31      A seguito delle richieste di trattamento favorevole, la Commissione ha inviato alla Nedri e alla WDI una lettera, datata 19 settembre 2008, informandole che l’immunità dalle ammende non era possibile e che, ai sensi del punto 26 della comunicazione sul trattamento favorevole, intendeva applicare una riduzione delle ammende entro un determinato intervallo, come stabilito al punto 23, lettera b), di detta comunicazione. Lo stesso giorno la Commissione ha inviato una lettera anche alla Redaelli e alla SLM, respingendo le relative richieste di trattamento favorevole (decisione impugnata, punto 113).

4.     Avvio del procedimento e comunicazione degli addebiti

32      Il 30 settembre 2008 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti a carico di varie società, tra cui la Redaelli.

33      Tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti hanno presentato osservazioni scritte in risposta agli addebiti mossi dalla Commissione.

5.     Accesso al fascicolo, audizione e capacità contributiva

34      I destinatari della comunicazione degli addebiti hanno potuto avere accesso al fascicolo della Commissione sotto forma di copia dello stesso su DVD. Insieme al DVD, le società hanno ricevuto un elenco in cui venivano indicati i documenti contenuti nel fascicolo di indagine ed era riportato il grado di accessibilità di ciascun documento. Esse sono state informate del fatto che il DVD consentiva loro un pieno accesso a tutti i documenti ottenuti dalla Commissione nel corso dell’indagine, ad eccezione di quei documenti o di quelle parti degli stessi contenenti segreti aziendali e altre informazioni riservate. I documenti relativi alle richieste di trattamento favorevole erano consultabili presso gli uffici della Commissione.

35      L’11 e il 12 febbraio 2009 si è tenuta un’audizione orale, cui hanno partecipato tutte le imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti a eccezione dello HIT Groep, dell’Emesa e della Galycas.

36      Quattordici imprese, tra cui la Redaelli, hanno altresì invocato l’incapacità contributiva ai sensi del punto 35 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»). Tale richiesta è stata accompagnata da una motivazione.

6.     Ulteriori richieste di informazioni

37      Successivamente, la Commissione ha inviato richieste di informazioni alla GSW, alla MRT, alla Tycsa, alla TQ, alla Companhia Previdente e alla Socitrel per chiarire talune questioni riguardanti, tra l’altro, la loro struttura societaria. Tali società hanno risposto tra il 6 marzo e il 15 aprile 2009.

38      La Commissione ha altresì inviato richieste di informazioni a tutti i destinatari della decisione iniziale, al fine di stabilire il valore delle vendite dei prodotti in questione nonché il fatturato dei gruppi. Tutti i destinatari hanno risposto a tali richieste.

D –  Decisione impugnata

39      La decisione impugnata riguarda un’intesa tra produttori di AP che hanno partecipato a operazioni di fissazione di quote, di ripartizione di clienti, di fissazione dei prezzi e di scambio di informazioni commerciali riservate a livello tanto europeo (Club di Zurigo, Club Europa, ecc.) quanto nazionale e regionale (Club Italia, Club España, ecc.). Secondo il punto 1 della decisione impugnata, tali imprese hanno quindi commesso un’infrazione unica e continuata all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, dal 1° gennaio 1994, all’articolo 53, paragrafo 1, dell’Accordo SEE. Il comportamento illecito si è protratto almeno dall’inizio del 1984 fino al 19 settembre 2002.

40      L’indagine ha coinvolto 18 imprese. Ai punti da 122 a 133 della decisione impugnata, gli accordi di intesa oggetto del procedimento sono descritti in termini generali. Tali punti sono qui di seguito riassunti affinché i fatti ivi descritti consentano una migliore comprensione del contesto della controversia.

41      Almeno dalla prima metà degli anni ‘80 (1984) fino all’epoca delle ispezioni della Commissione, del 19 e 20 settembre 2002, diverse società attive nel settore dell’AP sono state, in parte o costantemente, coinvolte in accordi paneuropei articolati in una fase c.d. di Zurigo e una c.d. europea, o in accordi nazionali o regionali a seconda dei casi. Gli accordi paneuropei e quelli nazionali o regionali avevano un identico scopo generale, che consisteva nel mantenere l’equilibrio al fine di evitare il calo dei prezzi in un mercato europeo in evoluzione, caratterizzato da capacità produttive in eccesso. Pertanto, le società hanno cercato incessantemente di evitare una concorrenza feroce nel mercato nazionale o nei mercati d’esportazione, trovando un accordo sulle quote, sui prezzi o sulla ripartizione dei clienti.

1.     Club di Zurigo e accordi regionali

42      La prima fase dell’accordo paneuropeo viene denominata «Club di Zurigo». Così, dal 1° gennaio 1984 al 9 gennaio 1996, a seguito di una forte pressione esercitata a quel tempo sui prezzi, la Tréfileurope, la Nedri, la WDI, la DWK – o i loro predecessori – e la Redaelli – quest’ultima in rappresentanza di diverse altre società italiane (almeno negli anni 1993 e 1995) – hanno fissato quote nazionali (per Germania, Austria, Benelux, Francia, Italia e Spagna), ripartito clienti, fissato prezzi e condiviso informazioni commerciali riservate. A queste società si sono uniti i produttori spagnoli Emesa, nel 1992, e Tycsa, nel 1993, i quali, all’incirca nello stesso periodo, hanno iniziato anche a incontrarsi in rapporto al mercato iberico dapprima con altri produttori spagnoli, in seguito anche con produttori portoghesi, nell’ambito del «Club España». Negli anni ‘80 le riunioni del Club di Zurigo si tenevano prevalentemente a Zurigo (Svizzera), e negli anni ‘90 a Düsseldorf (Germania).

43      Al più tardi dal 23 gennaio 1995 in poi e per tutto il resto del 1995, le società italiane Redaelli, CB, Itas e ITC (le ultime tre spesso rappresentate dalla Redaelli) hanno negoziato un accordo (rivisto) sulle quote con gli altri produttori del Club di Zurigo, volto a disciplinare le vendite dei produttori italiani e degli altri produttori del Club di Zurigo in Italia e nel resto d’Europa. Alla fine non è stato raggiunto alcun accordo, perché le quote d’esportazione rivendicate dai produttori italiani sono state giudicate troppo alte. Ciò ha contribuito allo scioglimento del Club di Zurigo, la cui ultima riunione documentata si è tenuta il 9 gennaio 1996.

44      Il 5 dicembre 1995 le società italiane Redaelli, CB, Itas e ITC hanno però raggiunto tra di loro un accordo che stabiliva le quote sia all’interno del mercato italiano sia in relazione alle esportazioni dall’Italia verso il resto d’Europa. A queste società italiane si sono (nuovamente) unite, in seguito, la Tréfileurope e la Tréfileurope Italia, la SLM, la Trame, la Tycsa, la DWK e l’Austria Draht (il «Club Italia»). Gli incontri avvenivano con una certa regolarità e avevano lo scopo di controllare l’attuazione dell’accordo sulle quote, di fissare i prezzi (comprese le maggiorazioni dette «extra»), di ripartire i clienti e di scambiarsi informazioni commerciali riservate, il tutto fino all’ispezione condotta dalla Commissione. Queste società utilizzavano un sofisticato sistema di monitoraggio attuato da terzi indipendenti, che controllavano regolarmente i prezzi e il volume effettivo venduto ai clienti in Italia.

45      Tra il Club di Zurigo e il Club Italia esisteva un coordinamento specifico. La Redaelli e, successivamente, la Tréfileurope tenevano informati i membri dell’accordo paneuropeo. A loro volta, i partecipanti al Club Italia venivano anch’essi informati in merito ai relativi sviluppi nell’ambito dell’accordo paneuropeo, dapprima dalla Redaelli, successivamente dalla Tréfileurope, dalla DWK e dalla Tycsa, che partecipavano a entrambi i Club.

46      Parallelamente, per tutto il 1996, le società italiane (quanto meno la Redaelli, la CB, l’Itas e l’ITC), la Tycsa e la Tréfileurope hanno negoziato e quindi raggiunto un accordo specifico alla fine del 1996, l’«accordo meridionale», che fissava il tasso di penetrazione di ciascun partecipante nei paesi meridionali (Spagna, Italia, Francia, Belgio e Lussemburgo) e che sanciva l’impegno a negoziare congiuntamente le quote con gli altri produttori dell’Europa settentrionale.

2.     Club Europa e accordi regionali

47      Per superare la crisi del Club di Zurigo, i suoi ex partecipanti (anche se con una partecipazione meno regolare dei produttori italiani, in particolare della Redaelli) hanno inoltre continuato a incontrarsi regolarmente tra il gennaio 1996 e il maggio 1997. La Tréfileurope, la Nedri, la WDI, la DWK, la Tycsa e l’Emesa (in prosieguo: i «membri permanenti» o i «sei produttori») sono infine pervenute, nel maggio 1997, a un accordo paneuropeo rivisto, che stabiliva la ripartizione delle quote in base a un territorio di riferimento e a un periodo di riferimento specifici (quarto trimestre 1995 – primo trimestre 1997). Questa seconda fase dell’accordo paneuropeo viene denominata «Club Europa».

48      Inoltre, i sei produttori si sono ripartiti i clienti e hanno fissato i prezzi dei prodotti (in maniera specifica a seconda del paese e del cliente). Sono state convenute regole di coordinamento, compresa la nomina di coordinatori responsabili dell’attuazione degli accordi nei singoli paesi nonché del coordinamento con altre società interessate, attive negli stessi paesi o relative agli stessi clienti. I loro rappresentanti, poi, si sono incontrati regolarmente a diversi livelli (di direttori e di rappresentanti di vendita) per monitorare l’attuazione degli accordi. Essi hanno scambiato informazioni commerciali riservate. In caso di discrepanze rispetto alla condotta commerciale concordata, veniva applicato un appropriato schema di compensazione.

49      Nell’ambito di questo accordo paneuropeo, i sei produttori, cui talvolta si univano i produttori italiani e la Fundia Hjulsbro AB (in prosieguo: la «Fundia»), intrattenevano anche contatti bilaterali o multilaterali e partecipavano a contatti ad hoc finalizzati alla fissazione dei prezzi e alla ripartizione dei clienti, se avevano interesse a farlo (a seconda della loro presenza sul mercato discusso).

50      Nel periodo compreso almeno dal settembre 2000 fino alle ispezioni condotte dalla Commissione nel settembre 2002, i sei produttori nonché la Redaelli, la CB, l’ITC, l’Itas e la SLM si sono incontrati regolarmente allo scopo di far convogliare le società italiane nel Club Europa quali membri permanenti.

51      Nello stesso periodo, in aggiunta alla fissazione generale delle quote per zona geografica, è stata discussa anche la distribuzione delle quote per cliente. La società che tradizionalmente coordinava il mercato di un dato paese gestiva anche la trattativa per un’assegnazione di quote per cliente in tale paese.

52      I membri del Club Europa hanno anche cercato di accogliere al proprio interno, quali membri permanenti, non solo i produttori italiani, ma anche tutti gli altri produttori rilevanti di AP con i quali avevano intrattenuto in passato accordi o contatti bilaterali o multilaterali, nonché di ridistribuire le quote europee per paese, come era avvenuto nell’ambito del Club di Zurigo.

53      Parallelamente all’accordo paneuropeo e al Club Italia, cinque società spagnole (la TQ, la Tycsa, l’Emesa, la Galycas e la Proderac; quest’ultima dal maggio 1994) e due società portoghesi (la Socitrel dall’aprile 1994 e la Fapricela dal dicembre 1998) hanno concordato, per quanto concerne Spagna e Portogallo, di mantenere stabili le proprie quote di mercato, di fissare le quote, di distribuirsi i clienti, comprese le opere pubbliche, e di fissare prezzi e condizioni di pagamento. Inoltre, si sono scambiate informazioni commerciali riservate (Club España). A parte il fatto che la Tycsa ha partecipato alle riunioni sia del Club Europa sia del Club España, vi sono anche stati discussioni e accordi frequenti tra gli altri partecipanti di entrambi i Club.

54      Gli accordi paneuropei e regionali (Club Italia/Club España/accordo meridionale) sono rimasti in vigore fino alle ispezioni condotte dalla Commissione nel settembre 2002.

55      La Redaelli è ritenuta responsabile della propria partecipazione al cartello per il periodo dal 1° gennaio 1984 al 19 settembre 2002. Per tale infrazione, le è stata inflitta un’ammenda di importo pari a EUR 6,3 milioni. Nel calcolo dell’importo dell’ammenda, la Commissione ha tenuto conto del limite legale correlato alla soglia del 10% del fatturato.

 Procedimento e conclusioni delle parti

56      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 settembre 2010, la Redaelli ha proposto il ricorso in esame.

57      Con decisione del 29 ottobre 2010, il Tribunale (Prima Sezione) ha informato la ricorrente della possibilità ad essa concessa di adeguare i suoi motivi e le sue conclusioni per tener conto delle modifiche apportate dalla prima decisione di modifica. La Redaelli non si è avvalsa di tale possibilità.

58      Con decisione del 6 giugno 2011, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di fornirgli la seconda decisione di modifica.

59      Il 22 giugno 2011 la Commissione ha trasmesso al Tribunale la seconda decisione di modifica.

60      Con decisione del 30 giugno 2011, il Tribunale (Prima Sezione) ha informato la ricorrente della possibilità ad essa concessa di adeguare i suoi motivi e le sue conclusioni per tener conto delle modifiche apportate dalla seconda decisione di modifica. La Redaelli non si è avvalsa di tale possibilità.

61      Il 25 ottobre 2011 la Commissione ha depositato l’originale della sua controreplica nella lingua processuale, il che ha comportato la chiusura della fase scritta.

62      A seguito della modifica della composizione del Tribunale, a partire dal 23 settembre 2013, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

63      La relazione preliminare ex articolo 52, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991 è stata comunicata alla Sesta Sezione il 15 novembre 2013.

64      Il 17 dicembre 2013, nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento adottate in applicazione dell’articolo 64 del suo regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il Tribunale ha chiesto alle parti di rispondere a una serie di quesiti e alla Commissione di produrre documenti.

65      Il 27 e il 28 febbraio 2014, rispettivamente, la Redaelli e la Commissione hanno presentato le loro risposte a tali richieste.

66      Il 16 maggio 2014, nell’ambito di misure istruttorie assunte in applicazione dell’articolo 65 del suo regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di produrre i documenti che quest’ultima aveva rifiutato di presentare in risposta alle misure di organizzazione del procedimento adottate il 17 dicembre 2013.

67      Il 27 maggio 2014 la Commissione ha prodotto i documenti richiesti, ai quali la Redaelli ha avuto accesso prima dell’udienza.

68      L’8 luglio 2014 la Commissione ha prodotto una nuova serie di documenti al fine di integrare la propria risposta alle misure di organizzazione del procedimento adottate il 17 dicembre 2013.

69      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 9 luglio 2014. In tale occasione, dopo aver chiesto alla Commissione di precisare il contenuto dei documenti prodotti l’8 luglio 2014 rispetto agli altri documenti già depositati il 28 febbraio 2014, il Tribunale ha deciso di acquisire tali documenti agli atti di causa. Come indicato nel verbale d’udienza, la Redaelli non si è opposta a questa decisione.

70      La Redaelli chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui accerta la sua partecipazione all’intesa sanzionata per il periodo dal 1984 al 1992;

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui rigetta la sua richiesta di trattamento favorevole e, statuendo direttamente su tale richiesta, accordarle una congrua riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione del contributo fornito all’indagine;

–        ridurre ulteriormente a titolo equitativo l’importo dell’ammenda inflitta, come compensazione per l’irragionevole durata del procedimento;

–        condannare la Commissione alle spese.

71      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

72      A sostegno del suo ricorso, la Redaelli deduce tre motivi. Con il primo motivo, diviso in tre capi, la Redaelli contesta le conclusioni della Commissione riguardanti l’applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole. Con il secondo motivo, la Redaelli sostiene che la Commissione è incorsa in errore per quanto riguarda la durata dell’infrazione. Infine, con il terzo motivo, la Redaelli censura la durata del procedimento amministrativo.

73      Occorre in limine ricordare che, vertendosi su una decisione adottata dalla Commissione per sanzionare una violazione del diritto della concorrenza, il sindacato giurisdizionale esercitato dal giudice dell’Unione comprende, oltre al controllo di legittimità previsto all’articolo 263 TFUE, una competenza estesa al merito, riconosciuta al giudice in base all’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, se del caso, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta (v. sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑272/09 P, Racc., EU:C:2011:810, punti 93 e 103 e giurisprudenza ivi citata).

A –  Sul motivo relativo all’applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole

74      Nel primo motivo, suddiviso in tre capi, la Redaelli contesta l’esito della valutazione della sua cooperazione con la Commissione sulla base della comunicazione sul trattamento favorevole. In primo luogo, la Commissione avrebbe erroneamente determinato il valore aggiunto del contributo fornito dalla Redaelli al riguardo. In secondo luogo, la Commissione avrebbe violato il principio della tutela del legittimo affidamento nonché, in terzo luogo, il principio della parità di trattamento. Di conseguenza, la Redaelli chiede al Tribunale di annullare la decisione impugnata sul punto e di riconoscerle, esercitando la sua competenza estesa al merito, il beneficio del trattamento favorevole includendola nel terzo gruppo di imprese di cui al punto 23 della comunicazione sul trattamento favorevole, cioè nel gruppo di imprese che possono beneficiare di una riduzione fino al 20% del valore dell’ammenda irrogata, onde accordarle, per l’effetto, una congrua riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione del contributo prestato durante il procedimento amministrativo.

1.     Richiamo del contenuto della decisione impugnata

75      I punti da 1122 a 1125 della decisione impugnata illustrano nei termini seguenti i motivi per cui la Commissione ha ritenuto che non si dovesse riconoscere alla Redaelli, sulla base della comunicazione sul trattamento favorevole, una riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale:

«(1122) Redaelli ha risposto a una richiesta di informazioni in data 21.10.2002 e ha presentato una domanda di trattamento favorevole il 20 marzo 2003, ammettendo innanzitutto l’esistenza di alcuni accordi a livello italiano dal 1990 al 1993 e dal 1995 al 2002 e a livello paneuropeo dal 1995 al 2002. Le informazioni fornite da Redaelli comprendono alcune prove documentali risalenti all’epoca dei fatti. Esse non hanno però aggiunto o chiarito nessun aspetto importante del quale la Commissione non avesse ancora sufficienti elementi probatori. Il 19.9.2008 la Commissione ha pertanto rigettato la domanda di trattamento favorevole di Redaelli conformemente al punto 23 della comunicazione sul trattamento favorevole.

(1123) Nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, Redaelli contesta la conclusione della Commissione secondo cui gli elementi probatori da essa forniti non rappresenterebbero un valore aggiunto significativo. La società fa presente di aver collaborato appieno con la Commissione nonostante le difficoltà dovute alla ristrutturazione societaria nel corso degli anni, non solo fornendo informazioni autoincriminanti nell’ottobre 2002 e integrandole in una domanda di trattamento favorevole il 20.3.2003, ma anche rispondendo alle numerose richieste di informazioni della Commissione. Redaelli sostiene che la Commissione fa spesso riferimento alle informazioni da essa fornite nella comunicazione degli addebiti. Contesta inoltre il fatto di non aver ottenuto una riduzione provvisoria dell’ammenda analogamente ad altre società, e in particolare a Nedri, che ha presentato la sua domanda di trattamento favorevole il 23.10.2003.

(1124) Si rammenta che, al fine di poter beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda in base alla comunicazione sul trattamento favorevole, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione. Benché la Commissione abbia talvolta fatto riferimento alle prove e alle dichiarazioni di Redaelli nella comunicazione degli addebiti e nella presente decisione, nessuno degli elementi probatori presentati da Redaelli costituisce un valore aggiunto significativo, contrariamente alle prove fornite da altre società, come per esempio Nedri (…).

(1125) Quanto all’affermazione di Redaelli, secondo cui la società avrebbe sempre pienamente collaborato con la Commissione rispondendo alle numerose richieste di informazioni, la Commissione osserva che l’obbligo delle società di rispondere alle richieste di informazioni della Commissione è previsto a norma di legge. Di per sé, questo non dà quindi loro diritto a una riduzione dell’ammenda».

2.     Sull’errata determinazione del valore aggiunto significativo degli elementi di prova forniti dalla Redaelli nel corso del procedimento amministrativo

76      In sostanza, la Redaelli rammenta di aver pienamente cooperato con la Commissione nel corso del procedimento. Essa rileva altresì che la decisione impugnata menziona più volte i documenti e le dichiarazioni forniti a tal titolo. Questi riferimenti costituirebbero talora l’unica prova citata dalla Commissione a sostegno della sua argomentazione. Vari esempi illustrerebbero il valore aggiunto significativo di tali elementi di prova, il che giustificherebbe la riduzione dell’importo dell’ammenda in applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole.

77      A tale riguardo, occorre ricordare che, nella comunicazione sul trattamento favorevole (v. punto 23 supra), la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso di una sua indagine su un’intesa possono essere esentate dall’ammenda o beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda che avrebbero dovuto pagare.

78      La suddetta comunicazione ha sostituito una prima comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione del 1996») al fine di consentirle di adattare la sua politica in materia alla luce dell’esperienza maturata dopo cinque anni di applicazione. In particolare, la Commissione ha considerato che, se la validità dei principi alla base della comunicazione del 1996 era stata confermata, l’esperienza aveva rivelato che l’efficacia della comunicazione sarebbe risultata accresciuta da una maggiore trasparenza e certezza delle condizioni previste per una riduzione delle ammende. Analogamente, la Commissione ha indicato che anche una corrispondenza più stretta tra l’entità della riduzione dell’importo delle ammende e il valore del contributo di un’impresa all’accertamento dell’esistenza dell’infrazione avrebbe potuto aumentare tale efficacia (comunicazione sul trattamento favorevole, considerando 5).

79      Il Tribunale deve tener conto di tali evoluzioni perseguite dalla Commissione quando quest’ultima ha sostituito la comunicazione del 1996 con la comunicazione sul trattamento favorevole.

a)     Presupposti previsti per ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda

80      Anche se non soddisfa i presupposti previsti dalla comunicazione sul trattamento favorevole per ottenere un’immunità dall’ammenda, un’impresa può comunque beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda che le sarebbe stata altrimenti inflitta.

81      Per poter beneficiare di una simile riduzione, dal punto 21 della comunicazione sul trattamento favorevole emerge, infatti, che un’impresa deve, da un lato, «fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione» e, dall’altro, «cessare la presunta infrazione entro il momento in cui presenta tali elementi di prova».

82      Il punto 23, lettera a), della suddetta comunicazione indica a tale proposito che, in ogni decisione finale adottata al termine del procedimento amministrativo, la Commissione determinerà «se gli elementi di prova forniti da un’impresa hanno rappresentato un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione in quello stesso momento».

83      La nozione di «valore aggiunto» è così precisata al punto 22 della comunicazione sul trattamento favorevole:

«Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi di prova forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione. Nel procedere a tale valutazione, la Commissione riterrà di norma che gli elementi di prova scritti risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti abbiano un valore maggiore [di quello] degli elementi di prova venuti ad esistenza successivamente. Analogamente, gli elementi di prova direttamente legati ai fatti in questione saranno in genere considerati come più importanti di quelli che hanno solo un legame indiretto».

84      Al punto 23, lettera b), primo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole sono previste tre forcelle di riduzione dell’importo dell’ammenda. La prima impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21 di detta comunicazione beneficerà di una riduzione compresa tra il 30 e il 50%, la seconda impresa di una riduzione compresa tra il 20 e il 30% e le imprese successive di una riduzione massima del 20%.

85      Il punto 23, lettera b), secondo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole indica che, «al fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione terrà conto della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato» e che «la Commissione potrà anche tenere conto dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dall’impresa a partire della data del suo contributo».

86      I termini della comunicazione sul trattamento favorevole presuppongono quindi una distinzione tra due fasi (v., per analogia, sentenza del 17 maggio 2013, MRI/Commissione, T‑154/09, Racc., EU:T:2013:260, punto 320).

87      In primo luogo, per poter beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda, occorre che l’impresa fornisca elementi di prova dotati di un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione. Quindi, come espressamente rilevato dalla Commissione nelle sue memorie scritte (v., ad esempio, controricorso, punto 27, e controreplica, punto 10), stabilendo che gli elementi forniti da un’impresa «costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione», la comunicazione sul trattamento favorevole impone un confronto tra gli elementi di prova precedentemente detenuti dalla Commissione e quelli acquisiti grazie alla cooperazione offerta dal richiedente il trattamento favorevole.

88      In secondo luogo, per stabilire, se del caso, la percentuale di riduzione dell’importo dell’ammenda che la Commissione avrebbe altrimenti inflitto, quest’ultima deve prendere in considerazione due criteri: la data in cui gli elementi di prova sono stati comunicati e il grado di valore aggiunto che hanno rappresentato. In questa analisi, la Commissione può anche tenere conto dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dall’impresa a partire dalla data del suo contributo.

89      Qualora gli elementi di prova forniti alla Commissione presentino un valore aggiunto significativo e l’impresa non sia la prima o la seconda a comunicare tali elementi, la percentuale massima di riduzione dell’importo dell’ammenda che le sarebbe stata altrimenti inflitta dalla Commissione sarà del 20%. Quanto più tempestiva sarà stata la cooperazione e maggiore il valore aggiunto, tanto più aumenterà la percentuale di riduzione, per raggiungere un massimo del 20% dell’importo che la Commissione avrebbe altrimenti inflitto (v., per analogia, sentenza MRI/Commissione, punto 86 supra, EU:T:2013:260, punto 322).

90      L’ordine cronologico e la rapidità della cooperazione offerta dai membri del cartello costituiscono quindi elementi fondamentali del sistema istituito dalla comunicazione sul trattamento favorevole [(sentenze del 5 ottobre 2011, Transcatab/Commissione, T‑39/06, Racc., EU:T:2011:562, punto 380, e del 16 settembre 2013, Roca/Commissione, T‑412/10, Racc. (Estratti), EU:T:2013:444, punto 183]. Lo stesso è a dirsi per quanto riguarda il grado di valore aggiunto attribuito ai vari elementi di prova forniti da un’impresa a tale riguardo.

91      Va in proposito rammentato che, pur se la Commissione è tenuta a esporre i motivi in base ai quali ritiene che taluni elementi di prova forniti dalle imprese nel quadro della comunicazione sul trattamento favorevole costituiscano un contributo tale da giustificare, o meno, una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta, spetta invece alle imprese, che intendano contestare la decisione della Commissione al riguardo, dimostrare che le informazioni fornite volontariamente da queste imprese sono state determinanti per consentire alla medesima di provare la sostanza dell’infrazione e di adottare, quindi, una decisione che infligge ammende (v. sentenza Roca/Commissione, punto 90 supra, EU:T:2013:444, punto 184 e giurisprudenza ivi citata).

92      Tenuto conto della ratio della riduzione, la Commissione non può prescindere dall’utilità dell’informazione fornita, utilità che dipende necessariamente dagli elementi di prova già in suo possesso (v. sentenza Roca/Commissione, punto 90 supra, EU:T:2013:444, punto 185 e giurisprudenza ivi citata).

93      Qualora, nell’ambito di una domanda di trattamento favorevole, un’impresa si limiti a confermare, in maniera meno circostanziata ed esplicita, alcune informazioni già fornite da un’altra impresa nell’ambito della sua cooperazione, il grado di collaborazione fornito da tale impresa, quand’anche possa presentare una certa utilità per la Commissione, non può essere considerato equiparabile a quello della prima impresa che ha trasmesso dette informazioni. Infatti, una dichiarazione che si limiti a corroborare, in una certa misura, una dichiarazione già in possesso della Commissione non agevola in misura significativa l’assolvimento dei propri compiti da parte di quest’ultima. Pertanto, essa non è sufficiente a giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base della comunicazione sul trattamento favorevole (v., in tal senso, sentenze del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, Racc., EU:T:2011:218, punto 137, e Roca/Commissione, punto 90 supra, EU:T:2013:444, punto 186).

94      Risulta altresì dalla giurisprudenza che la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, dichiarazione la cui esattezza venga contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova (v. sentenza Roca/Commissione, punto 90 supra, EU:T:2013:444, punto 187 e giurisprudenza ivi citata).

95      Infine, quand’anche si dovesse ritenere che la Commissione disponga di un margine discrezionale in sede di esame del valore aggiunto significativo delle informazioni che le sono fornite ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole, resta comunque il fatto che il Tribunale non può basarsi su tale margine discrezionale al fine di rinunciare all’esercizio di un controllo approfondito, tanto in diritto quanto in fatto, sulla valutazione compiuta dalla Commissione al riguardo (v. sentenze Roca/Commissione, punto 90 supra, EU:T:2013:444, punto 188 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 ottobre 2013, Kone e a./Commissione, C‑510/11 P, EU:C:2013:696, punti 24 e 92).

96      Ciò vale a maggior ragione quando venga chiesto al Tribunale, come in questo caso, di esaminare esso stesso il valore da attribuire agli elementi di prova presentati dalla ricorrente nel corso del procedimento conclusosi con una sanzione a carico della stessa per violazione del diritto della concorrenza (v. punto 74 supra).

97      È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare gli argomenti dedotti dalla Redaelli per dimostrare il valore aggiunto significativo degli elementi comunicati alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

b)     Esame degli argomenti relativi al valore aggiunto significativo

 Osservazioni preliminari sul contesto e sulla cronologia

98      In primo luogo, occorre ricordare che, per essere in grado di pronunciarsi sugli argomenti relativi al valore aggiunto significativo, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di presentargli, per ciascun aspetto dell’infrazione per il quale la Redaelli invoca il valore aggiunto significativo del suo contributo, i differenti elementi di prova che essa ha preso in considerazione per giungere alla conclusione che tale contributo non ha «aggiunto o chiarito nessun aspetto importante del quale [essa] non avesse ancora sufficienti elementi probatori» o che «nessuno degli elementi probatori presentati da Redaelli costituisce un valore aggiunto significativo» (v. decisione impugnata, punti 1122 e 1124).

99      La Commissione ha dato seguito a tale richiesta trasmettendo detti elementi di prova il 28 febbraio 2014 e il 16 maggio 2014.

100    Successivamente, in data 8 luglio 2014, la Commissione ha trasmesso al Tribunale una nuova serie di documenti per integrare la sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento adottate il 17 dicembre 2013. Tali documenti sono stati acquisiti agli atti nel corso dell’udienza (v. punti 68 e 69 supra). I documenti in parola corrispondevano alle versioni integrali dei documenti forniti dalla Redaelli durante il procedimento amministrativo, ed erano quindi ben noti alla ricorrente. Essi erano stati in precedenza prodotti dalla Commissione in forma parziale, non contenente la lettera di accompagnamento o gli allegati a corredo della lettera di accompagnamento.

101    Anche se la trasmissione della versione integrale dei summenzionati documenti è intervenuta tardivamente, si deve cionondimeno rilevare che il loro contenuto era già stato illustrato in dettaglio nell’atto introduttivo della Redaelli e che il Tribunale aveva già una conoscenza sufficientemente precisa del contributo dato dalla Redaelli, grazie in particolare all’istruttoria seguita alle risposte alle misure di organizzazione del procedimento e alle misure di istruzione.

102    Sulla base di quanto esposto, il Tribunale ritiene di essere in grado di controllare adeguatamente, tanto in fatto quanto in diritto, le valutazioni espresse dalla Commissione nella decisione impugnata sul valore aggiunto significativo dei differenti elementi di prova forniti dalla Redaelli nel corso del procedimento amministrativo, alla luce degli argomenti addotti in proposito dalla ricorrente.

103    In secondo luogo, è necessario rilevare che, nella presente causa, la Redaelli chiede soltanto al Tribunale di riconoscerle il beneficio del trattamento favorevole includendola nel terzo gruppo di imprese di cui al punto 23 della comunicazione sul trattamento favorevole, ossia nel gruppo che racchiude le imprese che possono beneficiare di una riduzione fino al 20% del valore dell’ammenda inflitta (v. punti 74 e 84 supra).

104    In tal modo, la Redaelli non chiede né contesta il trattamento riservato, anzitutto, alla DWK, che ha ottenuto dalla Commissione l’esenzione da qualsiasi ammenda che tale impresa avrebbe altrimenti dovuto versare, poi, all’ITC, che la Commissione ha considerato come la prima impresa ad averle fornito elementi di prova che costituivano un valore aggiunto significativo rispetto a quelli già in suo possesso, o ancora alla Nedri, che la Commissione ha ritenuto come la seconda impresa a soddisfare il summenzionato presupposto, indicato al punto 21 della comunicazione sul trattamento favorevole.

105    La Redaelli ha fornito una conferma in tal senso rispondendo a un quesito del Tribunale sul punto, circostanza di cui è stato dato atto nel verbale d’udienza.

106    In terzo luogo, in considerazione dei vari aspetti dell’infrazione a proposito dei quali la Redaelli invoca il valore aggiunto significativo del suo contributo, occorre altresì distinguere gli elementi di prova relativi al Club Italia da quelli riguardanti il Club di Zurigo e il suo successore, il Club Europa, e tenere conto della cronologia, che gioca un ruolo essenziale nell’analisi dei documenti rilevanti.

107    Per quanto riguarda, infatti, il Club Italia, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione disponeva di numerosi elementi di prova risalenti all’epoca dei fatti, ottenuti nel corso delle ispezioni condotte il 19 e il 20 settembre 2002 o forniti successivamente, segnatamente dall’ITC. Tali elementi di prova le hanno consentito di accertare questo aspetto dell’infrazione a partire dal 1995 e fino al 2002 nei confronti tanto della Redaelli quanto, in particolare, di altri tre produttori italiani: la CB, l’Itas e l’ITC.

108    Con riferimento al Club di Zurigo, fase iniziale dell’infrazione a livello paneuropeo nella quale sono coinvolti un soggetto italiano, la Redaelli, e soggetti di altri mercati (WDI, Nedri, DWK, Tréfileurope, ecc.), la qualità degli elementi di prova disponibili è inferiore. Per tale fase, la Commissione si avvale piuttosto delle dichiarazioni rese dai vari richiedenti il trattamento favorevole o degli appunti dell’Emesa, ottenuti in uno stadio avanzato del procedimento, il 28 giugno 2007.

109    Quanto al Club Europa, seconda fase dell’infrazione a livello paneuropeo, la decisione impugnata menziona numerose fonti per gli elementi di prova, che si rafforzano spesso reciprocamente. A tale riguardo, si può rilevare che la Redaelli è citata dalla decisione impugnata quale impresa che ha confermato la partecipazione di altre imprese a questo aspetto dell’infrazione.

110    Anche in questo caso, e alla luce della summenzionata distinzione tra i vari aspetti dell’infrazione, si deve tener conto del fatto che il Tribunale ha esaminato due serie di documenti presentati durante il procedimento amministrativo: quelli trasmessi dalla Redaelli che, a detta della stessa, dimostrano il valore aggiunto significativo del suo contributo, e quelli presentati dalla Commissione per attestare che essa già disponeva di elementi di prova sufficienti per concludere che il contributo della Redaelli era privo di valore aggiunto significativo.

111    Il contributo della Redaelli comprende quattro documenti: in primo luogo, la risposta del 21 ottobre 2002 a una richiesta di informazioni; in secondo luogo, la domanda di trattamento favorevole del 20 marzo 2003; in terzo luogo, la risposta del 6 settembre 2006 a una richiesta di informazioni e, in quarto luogo, la risposta del 15 giugno 2007 a una richiesta di informazioni.

112    Quanto agli elementi di prova richiamati dalla Commissione per affermare la mancanza di valore aggiunto significativo del contributo della Redaelli, essi provengono, in primo luogo, dalla domanda di immunità della DWK del 18 giugno 2002, che ha preceduto le ispezioni, e dalle dichiarazioni rese successivamente da tale impresa; in secondo luogo, dai documenti sequestrati durante le ispezioni del 19 e del 20 settembre 2002, in particolare durante l’ispezione effettuata presso la Redaelli; in terzo luogo, dalle domande di trattamento favorevole presentate a seguito delle ispezioni, in particolare dall’ITC, il 21 settembre 2002, dalla Nedri, il 23 ottobre 2002, dall’Emesa, il 25 ottobre 2002, e dalla Tréfileurope, il 4 novembre 2002, nonché dagli appunti dell’Emesa consegnati alla Commissione il 28 giugno 2007, data posteriore a quella di consegna dell’ultimo documento citato dalla Redaelli per dimostrare il contenuto del suo contributo.

113    È in tale contesto, e soprattutto in considerazione dei dati cronologici prima esposti, che vanno esaminati gli argomenti dedotti dalla Redaelli per dimostrare il valore aggiunto significativo degli elementi comunicati alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

114    Un simile esame richiede effettivamente di collocarsi nel momento in cui gli elementi di prova di cui trattasi sono stati comunicati alla Commissione, così da tener conto degli altri elementi di prova allora disponibili.

 Analisi dei documenti rilevanti

115    Si devono esaminare uno ad uno i vari argomenti addotti dalla Redaelli per dimostrare il valore aggiunto significativo del suo contributo.

–       Rappresentanza della CB, dell’Itas e dell’ITC al Club di Zurigo dal 1993 al 1995

116    La Redaelli sostiene che il suo contributo ha consentito alla Commissione di accertare che l’ITC, l’Itas e la CB hanno partecipato al Club di Zurigo negli anni 1993-1995. In tal senso, la Redaelli sarebbe stata la prima ed unica impresa a illustrare il proprio ruolo di rappresentante dell’ITC, dell’Itas e della CB nelle riunioni del Club di Zurigo in tale periodo. Analogamente, per quanto riguarda il significato dell’espressione «gruppo Assider», sarebbe stata la Redaelli, e non la Nedri, ad aver permesso di comprendere che tale espressione identificava un limitato gruppo di produttori italiani coinvolti nell’intesa, e non l’insieme dei membri dell’associazione di categoria così denominata.

117    A prima vista, quello appena descritto è uno degli aspetti più significativi del contributo della Redaelli, dato che, sulla base di tali informazioni, la Commissione, ad avviso della ricorrente, ha rafforzato la propria capacità di dimostrare i fatti e di ravvisare la responsabilità della CB, dell’Itas e dell’ITC per un periodo più lungo e per un aspetto dell’infrazione diverso da quelli ipotizzabili in precedenza.

118    Occorre tuttavia rilevare, alla luce della decisione impugnata e degli elementi di prova ivi richiamati, che la ricorrente valuta erroneamente il ruolo svolto dal suo contributo durante il procedimento amministrativo.

119    Infatti, la Commissione dimostra in modo convincente di essere stata a conoscenza – ben prima delle indicazioni della Redaelli, intervenute il 15 giugno 2007, in una fase avanzata del procedimento e in risposta a una richiesta di informazioni della Commissione – dell’identità delle tre imprese italiane produttrici di AP – già membri dell’associazione di categoria Assider, estintasi nel 1988 – che potevano partecipare al Club di Zurigo attraverso la sua rappresentanza.

120    In primo luogo, già a seguito della richiesta di immunità della DWK del 18 giugno 2002, la Commissione era in grado di sapere che la Redaelli rappresentava altri tre produttori italiani di AP (v. decisione impugnata, punto 153).

121    In secondo luogo, alla luce della domanda di trattamento favorevole della Nedri del 23 ottobre 2002, la Commissione sapeva anche che, secondo tale impresa, la Redaelli rappresentava l’Assider durante le riunioni di Zurigo (v. decisione impugnata, punto 153).

122    Considerate congiuntamente, queste informazioni fornivano un’indicazione essenziale alla Commissione, ossia che, in occasione delle riunioni di Zurigo, la Redaelli rappresentava pure l’Assider, cioè altri tre produttori italiani.

123    Parallelamente, la Commissione sapeva che la Redaelli e tre produttori italiani (la CB, l’Itas e l’ITC) intrattenevano all’interno del Club Italia discussioni relative a un accordo con i membri del Club di Zurigo. Ciò emerge, in particolare, dal progetto di accordo del 23 gennaio 1995, scoperto dalla Commissione nel corso dell’ispezione condotta nella sede della Redaelli il 19 e il 20 settembre 2002, ove si menziona il conferimento alla Redaelli di un mandato a rappresentare la CB, l’Itas e l’ITC presso i produttori paneuropei (v. decisione impugnata, punto 166).

124    In terzo luogo, la ricorrente stessa richiama, nella sua replica, il contenuto della dichiarazione resa dalla DWK l’8 maggio 2007, da cui emerge che, secondo quest’ultima impresa, nelle riunioni del Club di Zurigo la Redaelli rappresentava, secondo quanto dalla stessa affermato, tre produttori italiani (v. decisione impugnata, punto 153). Tale dichiarazione precisa altresì che, stando ai ricordi di uno dei rappresentanti della DWK a tali riunioni, la Redaelli non aveva precisato di quali produttori si trattasse e che tale rappresentante non se ne era preoccupato, pur rilevando che i suoi sospetti ricadevano sui produttori CB, Itas e ITC, dato che gli altri produttori italiani erano più piccoli o non esistevano ancora (ad esempio la SLM).

125    Da quanto detto consegue che, ancor prima delle indicazioni fornite dalla Redaelli il 15 giugno 2007, la Commissione sapeva che, in occasione delle riunioni del Club di Zurigo, la Redaelli aveva prospettato di rappresentare altri tre produttori italiani. La Commissione era altresì in grado di sapere quali potessero essere questi tre produttori.

126    In ogni caso, occorre rilevare che le indicazioni fornite dalla Redaelli il 15 giugno 2007 precedono quelle ricavabili dagli appunti dell’Emesa depositati poco tempo dopo, il 28 giugno 2007. Infatti, è alla luce degli appunti dell’Emesa presentati dall’ArcelorMittal che la Commissione è segnatamente in grado di affermare che, nel corso della riunione del Club di Zurigo dell’8 e del 9 giugno 1994, in presenza delle società Tréfileurope, DWK, WDI, Tycsa, Nedri ed Emesa, il rappresentante della Redaelli ha prospettato di rappresentare tre imprese, ossia la CB, l’Itas e l’ITC (v. decisione impugnata, punto 159). Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, in questo caso non occorre tener conto degli appunti dell’Emesa, ma solamente degli elementi comunicati prima del 15 giugno 2007, per accertare il valore aggiunto significativo del contributo della Redaelli.

127    Si deve del resto osservare che le indicazioni precedenti non hanno prodotto l’effetto sostenuto dalla Redaelli, la quale afferma che, grazie al suo contributo, la Commissione ha potuto accertare la partecipazione dell’ITC, dell’Itas e della CB al Club di Zurigo negli anni 1993-1995.

128    Per quanto riguarda la CB, dalla decisione impugnata emerge che quest’ultima ha negato di aver preso parte al Club di Zurigo o a un accordo paneuropeo. Secondo detta impresa, la Redaelli si sarebbe «autonominata» rappresentante degli altri produttori italiani a tale riguardo. Alla luce di questa contestazione – e pur avendo riscontrato, sulla base di informazioni fornite dall’ITC nella sua domanda di trattamento favorevole, che la CB aveva assistito, così come la Redaelli, l’Itas, l’ITC, la Tréfileurope Italia, la DWK e la Tycsa, a una riunione del Club Italia con i produttori del Club di Zurigo, svoltasi il 24 febbraio 1993 e durante la quale sono stati discussi non solo i prezzi e le vendite sul mercato italiano, ma anche il consumo di AP sugli altri mercati europei – la Commissione ha preferito considerare che la CB avesse cominciato a partecipare all’infrazione solamente il 23 gennaio 1995, sulla base, in particolare, della bozza di accordo da essa scoperto durante le ispezioni organizzate il 19 e il 20 settembre 2002 (v. punto 123 supra).

129    Quindi, è solo a partire dal 23 gennaio 1995, sulla base di elementi di prova diversi da quelli evocati dalla Redaelli per la sua domanda di trattamento favorevole, che la partecipazione della CB all’intesa è stata accertata (v. decisione impugnata, segnatamente punti 155, 165, 166 e da 849 a 855).

130    Quanto all’Itas, la decisione impugnata menziona egualmente il fatto che tale impresa ha negato di aver partecipato al Club di Zurigo nel corso degli anni 1993‑1994, perché avrebbe ottenuto le certificazioni necessarie solamente nel 1995 per la Germania, e in epoca successiva per altri paesi. A differenza della CB, e per i motivi esposti nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la partecipazione dell’Itas all’infrazione fosse dimostrata a partire dalla partecipazione di tale impresa alla riunione del Club Italia con i produttori del Club di Zurigo del 24 febbraio 1993. A tale riguardo, la Commissione ha inoltre rilevato la partecipazione dell’Itas, così come quella della Redaelli e dell’ITC, a una riunione del Club Italia del 7 maggio 1993, sulla quale l’ITC ha fornito informazioni nella sua domanda di trattamento favorevole. Tale riunione aveva avuto ad oggetto, in particolare, quattro proposte nei confronti dei produttori paneuropei. Pur risultando che la decisione impugnata indica, tra l’altro, che l’Itas era «rappresentata nel Club di Zurigo da Redaelli» nelle riunioni successive a quella del 24 febbraio 1993, da quanto prima detto emerge che un’informazione siffatta può essere perfettamente dedotta dagli elementi di prova trasmessi dalla DWK e dalla Nedri prima della data del contributo fornito dalla Redaelli il 15 giugno 2007 (v. decisione impugnata, in particolare punti 155, 163, 164 e da 856 a 861).

131    In una situazione del genere, considerato il fatto che la Commissione disponeva di vari elementi per dimostrare l’inizio della partecipazione dell’Itas all’infrazione – tra cui le informazioni, che sono essenziali, fornite nella propria domanda di trattamento favorevole dall’ITC, che ha trasmesso un resoconto manoscritto della riunione del Club Italia con i produttori del Club di Zurigo del 24 febbraio 1993, e le informazioni trasmesse dalla DWK e dalla Nedri sul ruolo svolto dalla Redaelli all’interno del Club di Zurigo –, essa era legittimata a ritenere che il contributo reso dalla Redaelli il 15 giugno 2007 non costituisse un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in suo possesso.

132    Con riferimento all’ITC, dalla decisione impugnata emerge che tale impresa ha approvato il contenuto della comunicazione degli addebiti inviatale, confermando che quest’ultima era «in linea con le dichiarazioni e i resoconti dei fatti forniti nella [sua] domanda di trattamento favorevole e nelle [sue] successive comunicazioni» e, quindi, che detta impresa aveva partecipato direttamente all’intesa, in particolare al Club di Zurigo, al Club Italia e all’integrazione dei produttori italiani nel Club Europa dal 24 febbraio 1993 al 19 settembre 2002 (v. decisione impugnata, in particolare punti 841 e 843).

133    Anche in questo caso, e sebbene la decisione impugnata rilevi, ai punti 153 e 155, che l’ITC non ha negato di essere stata rappresentata dalla Redaelli nel Club di Zurigo, la Commissione disponeva di altri elementi, tra cui quelli comunicati dalla stessa ITC, ma anche quelli trasmessi dalla DWK e dalla Nedri, per dimostrare l’inizio della partecipazione dell’ITC all’infrazione. Di fronte a una situazione del genere, la Commissione era legittimata a ritenere che il contributo fornito dalla Redaelli il 15 giugno 2007 non soddisfacesse i presupposti definiti dalla comunicazione sul trattamento favorevole per costituire un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova che erano già in suo possesso.

134    Alla luce degli argomenti delle parti e dei documenti trasmessi, è necessario constatare che la Commissione poteva effettivamente affermare di disporre già, per tale aspetto dell’infrazione, sotto il profilo tanto materiale quanto cronologico, di elementi di prova sufficienti per dimostrare i fatti in questione. Gli elementi di prova richiamati dalla Redaelli a tale riguardo non presentavano, quindi, il valore aggiunto significativo necessario a consentirle di beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda in base alla comunicazione sul trattamento favorevole.

–       Altri aspetti dell’infrazione

135    La Redaelli sostiene che il suo contributo è stato uno dei primi a confermare l’esistenza del sistema di controllo dell’intesa e a fornirne una descrizione completa. Ciò sarebbe avvenuto a partire dal 21 ottobre 2002, nella sua risposta a una richiesta di informazioni e nella sua domanda di trattamento favorevole del 20 marzo 2003.

136    È tuttavia necessario constatare, alla luce dei motivi espressi nella decisione impugnata e in considerazione degli elementi forniti in proposito dalla Commissione, che quest’ultima già disponeva di numerosi elementi di prova a seguito delle ispezioni compiute il 19 e il 20 settembre 2002, della domanda di trattamento favorevole dell’ITC del 21 settembre 2002 e di quella della Tréfileurope del 4 novembre 2002 (v. decisione impugnata, punti da 450 a 455).

137    In particolare, sotto il profilo cronologico, si deve ricordare che, nella sua risposta del 21 ottobre 2002 a una richiesta di informazioni, la Redaelli si è limitata a fare riferimento a un agente commerciale, il sig. Pr., che aveva l’incarico di raccogliere dati sull’evoluzione delle vendite dei vari produttori. Orbene, a quell’epoca, la Commissione disponeva, in particolare, di documenti contemporanei ai fatti e preparati da tale persona, scoperti durante le ispezioni compiute il 19 e il 20 settembre 2002, nei quali venivano prospettate chiaramente le informazioni menzionate dalla Redaelli.

138    Nella domanda di trattamento favorevole del 20 marzo 2003, la Redaelli fornisce maggiori dettagli sul ruolo svolto dal sig. Pr., indicando tra l’altro che egli poteva stabilire gli acquisti effettuati da ciascuno dei clienti presso i produttori interessati. Il suo ruolo non sarebbe stato più solamente quello di controllare le quantità vendute, ma di determinare il potenziale in materia di clientela. Se è pur vero che questo secondo lato del ruolo svolto dal sig. Pr. è menzionato nella decisione impugnata, al punto 452, ove si afferma che le informazioni a questo proposito provengono dalla Redaelli, cionondimeno il ruolo di tale persona consisteva essenzialmente, come riferisce la Commissione richiamando i documenti scoperti durante le ispezioni, proprio in compiti di vigilanza e di controllo.

139    Gli elementi di prova invocati dalla Redaelli a tale riguardo non presentavano, quindi, il valore aggiunto richiesto per consentirle di beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base della comunicazione sul trattamento favorevole.

140    La Redaelli fa peraltro valere che il suo contributo è stato il primo a confermare l’esistenza e il contenuto di varie riunioni, tra cui quelle del Club Italia del 1° febbraio 2002, del 1° marzo 2002 e del 26 agosto 2002, e quelle del Club Europa del 28 e 29 febbraio 2000, dell’8 e 9 maggio 2000, del 15 maggio 2001, del 4 settembre 2001 e del 24 luglio 2002.

141    Anche a questo proposito, emerge dagli atti di causa che la Commissione disponeva, nel complesso, di numerose informazioni sul periodo interessato (2000-2002), riguardanti tanto il Club Italia quanto il Club Europa (v. decisione impugnata, allegati 2 e 3, relativi alle descrizioni delle riunioni menzionate). Infatti, il contributo evocato dalla Redaelli sul punto poco o nulla aggiunge alla capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione, che si tratti del periodo interessato, dei Club considerati o persino del contenuto delle riunioni menzionate dalla Redaelli, per le quali la Commissione già disponeva di elementi di prova scoperti durante le ispezioni o forniti in tempo utile da altre imprese, come l’ITC, la CB, la Tréfileurope, la Nedri o la DWK, o era in grado di affermare che gli elementi forniti dalla Redaelli non dimostravano la natura anticoncorrenziale della riunione menzionata (come la prospettata riunione dell’8 e 9 maggio 2000, che è risultata essere solo una riunione dell’Eurostress Information Service (ESIS), una delle associazioni di categoria dell’AP).

142    Non può quindi ritenersi che il contributo della Redaelli a proposito delle summenzionate riunioni costituisse un valore aggiunto significativo ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole.

143    Infine, la Redaelli invoca anche la circostanza di essere stata la prima a confermare quanto brevemente accennato nella domanda di trattamento favorevole circa il collegamento tra l’accordo di fissazione di quote a livello europeo (Club di Zurigo) e l’accordo a livello italiano (Club Italia); di essere stata la prima a descrivere le dinamiche del Club Italia all’inizio degli anni ‘90 con riferimento, in particolare, all’abbandono della pratica di fissazione di quote a seguito del rifiuto dell’ITC di aderire a tale iniziativa; di aver fornito un contributo significativo relativo alla data di inizio della partecipazione della Tréfileurope al Club Italia e di essere all’origine della distinzione, operata nella decisione impugnata, tra clienti esclusivi e clienti comuni in relazione al Club Italia oppure per quanto riguarda gli incontri paneuropei che avvenivano «a margine delle riunioni dell’ESIS».

144    Su tali aspetti, è necessario constatare, come correttamente illustrato dalla Commissione in risposta alle misure di organizzazione del procedimento e alle misure istruttorie disposte dal Tribunale, che gli elementi di prova dedotti in proposito dalla Redaelli non sono stati determinanti, oppure vertono su aspetti minori dell’infrazione, irrilevanti in quanto tali alla luce degli elementi già in possesso della Commissione, i quali provenivano da varie fonti che si corroboravano reciprocamente.

145    Così, per quanto riguarda il collegamento tra il Club di Zurigo e il Club Italia, anche se la parte della decisione impugnata citata dalla Redaelli, ossia i punti 401 e seguenti, dà effettivamente conto di documenti prodotti dalla Redaelli, dagli atti di causa emerge pure che altri documenti sono stati sequestrati durante le ispezioni oppure trasmessi dall’ITC, in particolare il documento più rilevante a tale riguardo, cioè l’accordo del 5 dicembre 1995 tra la Redaelli, la CB, l’Itas e l’ITC.

146    Analogamente, quanto alla descrizione delle dinamiche del Club Italia all’inizio degli anni ‘90, occorre rammentare che la Commissione ha fatto decorrere la partecipazione della Redaelli, della CB, dell’Itas e dell’ITC al Club Italia solamente dal 23 gennaio 1995, data della bozza di accordo più risalente in possesso della Commissione a seguito delle ispezioni (v. decisione impugnata, punti 402 e 456). Le informazioni comunicate dalla Redaelli sulla situazione precedente non hanno dunque inciso sulla capacità della Commissione di dimostrare i fatti. Quanto alla data di inizio della partecipazione della Tréfileurope al Club Italia, dal punto 460 della decisione impugnata emerge chiaramente che la Commissione già disponeva di elementi di prova sufficienti per fissare tale data al 3 aprile 1995, dato che i documenti utilizzati a tale riguardo erano stati forniti dall’ITC. Per quanto riguarda la distinzione operata nella decisione impugnata tra clienti esclusivi e clienti comuni, emerge altrettanto distintamente dai punti 445 e 447 della decisione impugnata che la Commissione era già a conoscenza di tale distinzione, grazie ai documenti scoperti durante le ispezioni e alle osservazioni presentate dalla Tréfileurope.

147    Infine, per quanto riguarda i riferimenti agli incontri paneuropei avvenuti «a margine delle riunioni dell’ESIS», una simile indicazione risultava già dai documenti forniti dal Bundeskartellamt nella fase iniziale del procedimento e da documenti scoperti durante le ispezioni.

c)     Conclusione

148    Dalle suesposte considerazioni deriva che il primo capo del primo motivo dev’essere respinto in quanto integralmente infondato.

3.     Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

149    In sostanza, la Redaelli fa valere che la Commissione ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento, perché non avrebbe esaminato la sua richiesta di trattamento favorevole alla luce dei parametri elaborati nella comunicazione sul trattamento favorevole. Nel respingere tale richiesta, il 19 settembre 2008, la Commissione sarebbe stata in realtà influenzata dalla sua nuova, e più severa, comunicazione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17). Orbene, durante il periodo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole, e come emergerebbe da decisioni adottate per sanzionare altri cartelli, la Commissione sarebbe stata più disponibile a accordare una riduzione dell’importo dell’ammenda a richieste principalmente basate su dichiarazioni, e la soglia di «valore aggiunto» sarebbe stata più bassa di quella utilizzata in seguito.

150    Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Redaelli e come emerge dai precedenti punti da 76 a 148, la Commissione, decidendo sulla richiesta di trattamento favorevole della Redaelli, ha fatto esatta applicazione dei criteri stabiliti nella comunicazione sul trattamento favorevole.

151    Peraltro, la Redaelli non può neppure limitarsi a richiamare soluzioni adottate dalla Commissione in altri casi per chiedere di beneficiarne senza addurre, a tal fine, il minimo elemento che consenta di stabilire la somiglianza delle situazioni di fatto, con riferimento tanto alle infrazioni in questione quanto agli elementi presentati dalle imprese interessate per le richieste di trattamento favorevole.

152    In ogni caso, anche ipotizzando che ne sia stato tenuto conto, le precisazioni fornite sulla nozione di «valore aggiunto» dalla comunicazione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese, adottata nel 2006, non sono affatto idonee a compromettere l’asserito legittimo affidamento invocato dalla Redaelli. In materia di trattamento favorevole, non può sussistere un diritto di beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda per il solo fatto che sono stati forniti elementi di prova o dichiarazioni alla Commissione.

153    Secondo entrambe le comunicazioni, è infatti necessario determinare il valore aggiunto significativo di simili elementi, in particolare alla luce degli elementi già in possesso della Commissione, ed è su questo valore aggiunto che si fonda la decisione di accordare o meno una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di trattamento favorevole.

154    Analogamente, in entrambe le comunicazioni viene espressamente riconosciuto che gli elementi di prova risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti hanno valore qualitativo maggiore degli elementi di prova venuti ad esistenza successivamente.

155    Da quanto precede risulta che il secondo capo del primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

4.     Sulla violazione del principio della parità di trattamento

156    La Redaelli fa valere che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento accordando riduzioni dell’importo delle ammende del 5% a imprese, ossia l’Emesa/Galycas e la WDI, la cui cooperazione sarebbe stata più modesta.

157    Per quanto riguarda l’Emesa e la Galycas, la Redaelli rileva che la riduzione è stata concessa sulla base delle informazioni fornite in risposta alle richieste di informazioni della Commissione. Nel loro contributo, l’Emesa e la Galycas avrebbero solo ammesso l’esistenza di incontri anticoncorrenziali tra produttori europei e produttori spagnoli e portoghesi a margine di riunioni di associazioni di categoria, per i quali esse hanno anche presentato due elenchi di riunioni che riportavano la data, il luogo e il nome dei partecipanti «senza fornire alcuna descrizione del loro contenuto e senza essere confortati da nessuna prova documentale» (v. decisione impugnata, punto 1095). Pur riconoscendo il carattere limitato di tale contributo, troppo vago per costituire, in quanto tale, una prova dell’infrazione, la Commissione ha tuttavia ritenuto che esso rappresentasse un valore aggiunto significativo in quanto, se confermato da altri elementi di prova, accresceva la sua capacità di dimostrare determinati fatti costitutivi del cartello.

158    In confronto, il contributo fornito dalla Redaelli sarebbe stato ben più significativo. Ancor prima di depositare formale richiesta di trattamento favorevole con ulteriori elementi probatori, la Redaelli, già il 21 ottobre 2002, ossia prima dell’Emesa e della Galycas, avrebbe ammesso che si erano tenuti incontri anticoncorrenziali tra produttori europei e italiani. La Redaelli avrebbe inoltre fornito una descrizione di tali incontri e un elenco, che riportava data, luogo e partecipanti, più dettagliato di quello consegnato dall’Emesa e dalla Galycas. Infine, le dichiarazioni della Redaelli sarebbero state utilizzate dalla Commissione nei confronti della CB, dell’Itas e della Tréfileurope per imputare loro la responsabilità di parte dell’intesa.

159    Per quanto riguarda la WDI, dalla decisione impugnata emergerebbe che il contributo di detta impresa era molto limitato e non si riferiva a questioni decisive. La dichiarazione della WDI del 19 maggio 2004 conterrebbe le prime informazioni su alcuni elementi organizzativi del Club di Zurigo e sul fatto che tale Club seguiva l’esempio italiano. La WDI sarebbe stata anche la prima a confermare le dichiarazioni della DWK sull’esistenza di una società responsabile della raccolta dati per il Club di Zurigo e il Club Europa e la prima a confermare le dichiarazioni della Nedri sul sistema di compensazione del Club di Zurigo. Si tratterebbe di mere dichiarazioni, non accompagnate da elementi probatori documentali.

160    In confronto, il contributo della Redaelli non risulterebbe in alcun caso inferiore a quello della WDI. Anche la Redaelli sarebbe stata la prima a fornire informazioni su alcuni aspetti del cartello (inter alia, il suo ruolo come rappresentante di alcune imprese italiane e la situazione del Club Italia nei primi anni ‘90) e la prima a confermare le dichiarazioni o i documenti forniti da altre imprese (inter alia, quelli relativi al sistema di monitoraggio, al collegamento tra il Club di Zurigo ed il Club Italia nonché quelli relativi ad alcuni incontri paneuropei ed italiani). Inoltre, la Redaelli avrebbe contribuito all’indagine con una dovizia di riscontri, informazioni e chiarimenti di cui sarebbe priva l’istanza della WDI.

161    A tale riguardo, si deve rilevare che, come emerge da costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento è violato quando situazioni analoghe sono trattate in modo diverso o quando situazioni diverse sono trattate in modo identico, a meno che un siffatto trattamento non sia oggettivamente giustificato (sentenze del 13 dicembre 1984, Sermide, 106/83, Racc., EU:C:1984:394, punto 28, e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, Racc., EU:T:2011:560, punto 102).

162    Nella fattispecie, nessun elemento presentato dalla Redaelli consente di ravvisare la sussistenza di una disparità di trattamento tra la medesima e l’Emesa/Galycas o la WDI.

163    Da un lato, la Redaelli non espone argomenti che possano rimettere in discussione il valore aggiunto significativo riconosciuto dalla Commissione ai contributi forniti dall’Emesa/Galycas e dalla WDI durante il procedimento amministrativo.

164    Infatti, è a seguito dell’esame del valore intrinseco e relativo delle varie dichiarazioni o dei vari documenti presentati dall’Emesa/Galycas e dalla WDI che la Commissione ha concluso, come spiegato nella decisione impugnata, che una riduzione del 5% dell’importo dell’ammenda inflitta a ciascuna di tali imprese risultava giustificata. Orbene, gli argomenti della Redaelli non hanno ad oggetto tale valore aggiunto riconosciuto dalla Commissione, ma il valore aggiunto che avrebbe dovuto essere attribuito al suo stesso contributo per la ragione che il suo valore aggiunto sarebbe stato «sicuramente più significativo» di quello riconosciuto all’Emesa/Galycas, o non apparirebbe «in alcun modo inferiore» a quello riconosciuto alla WDI.

165    A tale riguardo, dalla decisione impugnata emerge che il valore aggiunto significativo riconosciuto dalla Commissione ai contributi dell’Emesa/Galycas e della WDI soddisfa i presupposti indicati ai punti da 21 a 23 della comunicazione sul trattamento favorevole. In particolare, i punti 1094 e 1096 della decisione impugnata nonché il suo allegato 4 danno conto del ruolo svolto dal contributo fornito dall’Emesa/Galycas, contributo che costituiva il primo elemento ad aver permesso di accertare il contenuto illecito di varie riunioni del Club España. Analogamente, la Commissione espone, al punto 1113 della decisione impugnata, i motivi che l’hanno indotta a ritenere che il contributo della WDI avesse consentito di chiarire varie questioni relative, in particolare, all’organizzazione del Club di Zurigo.

166    D’altro lato, è necessario rilevare che gli argomenti dedotti dalla Redaelli non consentono neppure un utile confronto tra il valore aggiunto significativo da essa affermato con il valore aggiunto significativo attribuito dalla Commissione ai contributi dell’Emesa/Galycas e della WDI.

167    Anche se, sul piano formale, i contributi sono simili, essendo essenzialmente stati resi sotto forma di dichiarazioni, i motivi per cui la Commissione è giunta alla summenzionata conclusione con riferimento all’Emesa/Galycas e alla WDI divergono profondamente da un’impresa all’altra, a causa delle peculiarità della partecipazione di ciascuna di tali imprese all’intesa. L’Emesa/Galycas è un’impresa spagnola che ha partecipato, in particolare, al Club Europa e al Club España, la WDI è un’impresa tedesca che ha partecipato al Club Europa e la Redaelli è un’impresa italiana che ha partecipato al Club Europa e al Club Italia. Le loro attività e il loro livello di coinvolgimento nell’intesa, quali riportati nella decisione impugnata alla luce, segnatamente, degli elementi all’epoca in possesso della Commissione, sono a tal punto differenti da rendere impossibile un confronto tra le loro situazioni.

168    Di conseguenza, anche se alla Redaelli è stata negata una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di trattamento favorevole, ciò non è dovuto al valore aggiunto significativo riconosciuto dalla Commissione ai contributi resi dall’Emesa/Galycas e dalla WDI, bensì alla mancanza, nel suo stesso contributo, di valore aggiunto significativo ai sensi dei punti da 21 a 23 della comunicazione sul trattamento favorevole.

169    Dalle suesposte considerazioni deriva che il terzo capo del primo motivo dev’essere respinto, e con esso, di conseguenza, l’intero primo motivo.

B –  Sul motivo relativo alla durata della partecipazione all’intesa

170    Nel secondo motivo, la Redaelli fa valere, in sostanza, che la Commissione non ha provato l’esistenza dell’infrazione per il periodo compreso tra il 1984 e il 1992 e chiede, pertanto, al Tribunale di annullare tale parte della decisione, riducendo di conseguenza l’importo dell’ammenda.

171    A tale riguardo, la Redaelli ricorda che il procedimento è stato avviato su impulso della domanda di trattamento favorevole della DWK e che, successivamente, altre imprese hanno presentato domande in tal senso. A suo avviso, tali dichiarazioni e le confessioni che contengono hanno indotto la Commissione a trascurare l’esigenza di raccogliere prove sufficienti per la prova della sussistenza e della durata dell’intesa in relazione a ciascuna impresa sanzionata. In particolare, nessuno dei richiedenti il trattamento favorevole sarebbe stato capace di ricostruire con precisione i fatti e le responsabilità del periodo precedente agli anni ‘90. I soli elementi forniti a tal riguardo sarebbero sommari e generici riferimenti alla sussistenza dell’intesa a partire dagli anni ‘80, senza la minima prova documentale corrispondente. A supporto di tali affermazioni, la Redaelli menziona, in particolare, i passaggi pertinenti della domanda di trattamento favorevole presentata dalla DWK e delle domande di trattamento favorevole depositate dalle società ITC, Nedri, Emesa, Tréfileurope, ArcelorMittal, WDI e CB.

172    Per quanto riguarda le proprie dichiarazioni, la Redaelli precisa, tuttavia, che essa non vuole ritrattare quanto dichiarato alla Commissione circa il suo coinvolgimento nell’intesa e il fatto che, presumibilmente, negli anni ‘80 esistesse l’intesa in questione. La Redaelli ricorda, tuttavia, di aver indicato alla Commissione che essa non aveva a disposizione tutti gli elementi per ricostruire con precisione gli eventi di 25 anni prima e soprattutto che, in quel periodo, a fasi di concertazione si erano alternate fasi di interruzione. Di conseguenza, la Redaelli sostiene che non è dato sapere, per il periodo dal 1984 al 1992, quali imprese si siano incontrate, in quali date e luoghi, né quali fossero l’oggetto del coordinamento e il suo funzionamento. Non sarebbe nemmeno dato sapere se in quel periodo, eventualità più che plausibile, i tentativi di concertazione, che sicuramente furono attuati, siano falliti, lasciando il campo a fasi protratte di completa interruzione dell’intesa.

173    Pertanto, la Redaelli chiede al Tribunale se sia sufficiente, ai fini della dimostrazione della sussistenza di un’intesa, che la Commissione si accontenti di dichiarazioni sì convergenti, ma prive di qualsiasi precisione, del tutto generiche, indeterminate e frammentarie, con la conseguenza che si finisca per avere contezza dell’esistenza di una pratica anticompetitiva, ma nulla si sappia delle concrete modalità di funzionamento, dei ruoli assunti da ciascuno, di quando questa pratica sia cominciata, e, soprattutto, se si sia mai interrotta. La Commissione dovrebbe avere l’obbligo di provare l’esistenza dell’intesa sulla base di un quadro di riscontri probatori gravi, precisi e concordanti, sia in termini quantitativi che qualitativi.

1.     Richiamo del contenuto della decisione impugnata

174    La partecipazione della Redaelli all’intesa di cui all’articolo 1 della decisione impugnata è stata affermata per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1984 e il 19 settembre 2002; tale decisione si esprime nei termini seguenti:

«(845)      (…) Redaelli (...) ha partecipato direttamente al cartello, in particolare al Club di Zurigo, nonché inizialmente agli incontri tenutisi nel periodo della crisi del Club di Zurigo, all’accordo meridionale, al Club Italia e alle discussioni durante il periodo di espansione del Club Europa, dall’1.1.1984 al 19.9.2002. Redaelli ammette di avere partecipato al Club di Zurigo, al Club Italia e ad alcune discussioni tenutesi durante il periodo di espansione del Club Europa».

175    Per quanto riguarda il Club di Zurigo, la Commissione, ai punti da 136 a 138 della decisione impugnata, si è espressa nei termini di seguito riportati, per poi concludere, al punto 139, che la Redaelli aveva partecipato a tale Club sin dai suoi inizi, nel 1984:

«(136) La Commissione è in possesso di prove documentali, confermate dalle dichiarazioni di DWK, WDI, Nedri, Emesa, CB, Tréfileurope, ITC e Redaelli, secondo cui, almeno a partire dall’1.1.1984 e fino al gennaio 1996, i concorrenti si sono incontrati con cadenza trimestrale per coordinare la propria condotta sul mercato, fissare quote, scambiarsi informazioni commerciali riservate, ripartirsi i clienti e discutere gli obiettivi di prezzo. Questi accordi sono comunemente noti come “Club di Zurigo” (Zurich Club), per il fatto che le riunioni si tenevano inizialmente a Zurigo (almeno fino alla fine degli anni Ottanta; a partire dagli anni Novanta, le riunioni si sono svolte sostanzialmente a Düsseldorf). Le dichiarazioni fornite contengono informazioni autoincriminanti e sono state rese autonomamente dalle imprese, perlopiù nel contesto della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002. Tutte queste dichiarazioni aziendali confermano reciprocamente i fatti presentati dalla Commissione. Pur non contenendo molte prove documentali relative al periodo del Club di Zurigo degli accordi paneuropei, constano di documenti che confermano l’esistenza di tali accordi in periodi successivi. La Commissione pertanto considera tali dichiarazioni affidabili.

(137) La data di inizio dell’1.1.1984 si evince, in particolare, dalle dichiarazioni di alcune imprese (DWK “circa nel 1980”, ITC “maggio 1980” e Redaelli “1981 o 1982”, Nedri “1983”, CB “prima del 1980” e WDI “all’inizio degli anni Ottanta” e “attorno al 1982”). Se la Commissione potrebbe, sulla base di tali dichiarazioni, concludere che il Club di Zurigo è iniziato al più tardi nel 1983, essa mantiene l’1.1.1984 come data iniziale, sulla scorta dei verbali delle riunioni dell’11.5.1994 (“Club ‘84”) e dell’8-9.6.1994 (“inizio +- 1983”) menzionati negli appunti Emesa (...).

(138) Inoltre, WDI sostiene che i membri del Club di Zurigo, definendo il proprio accordo, hanno tratto ispirazione dall’accordo “all’epoca già concepito e attuato con buoni risultati, tra i produttori italiani di AP (accordo sulla ripartizione del mercato e sulla fissazione di quote)”, a indicare uno stretto legame tra il Club di Zurigo e il Club Italia (...) sin dall’inizio».

176    Per quanto riguarda il Club Italia, sebbene la Commissione abbia determinato nel 23 gennaio 1995 la data che segna l’inizio della partecipazione della Redaelli a tale Club (v. decisione impugnata, punti da 456 a 459), essa ha altresì indicato, nella decisione impugnata, di disporre di elementi relativi agli anni ‘80, rilevando quanto segue:

«(385) Numerosi documenti risalenti all’epoca dei fatti e le dichiarazioni di ITC, Redaelli, Itas, CB, SLM, Tréfileurope e DWK che ne confermano il contenuto dimostrano che, nel periodo compreso tra perlomeno i primi mesi del 1995 fino alle ispezioni della Commissione del 19 e 20.9.2002, parallelamente agli accordi paneuropei (...), CB, ITC, Itas, Redaelli, Tréfileurope e Tréfileurope Italia, Tycsa, SLM, Trame e i produttori paneuropei DWK e Austria Draht, hanno preso parte a riunioni anticoncorrenziali (…).

(386) Le prove documentali e le dichiarazioni di ITC e Redaelli che ne confermano il contenuto indicano inoltre l’esistenza di accordi precedenti (nel periodo fra il 1979 e il 1994) fra Redaelli, ITC, Falck (unità aziendale acquisita da Tréfileurope Italia), AFT (successivamente denominata Tréfileurope Italia), CB e Itas (…)».

177    In particolare, per quanto riguarda quelli che la Commissione definisce gli «accordi precedenti (nel periodo fra il 1979 e il 1994)», la decisione impugnata espone, ai punti da 392 a 399, quanto segue:

«(392) A partire perlomeno dal 1983 fino al 1994, contemporaneamente agli accordi del Club di Zurigo a livello paneuropeo (cfr. la sezione 9.1.1), Redaelli, ITC, Falck, AFT, CB e Itas si sono incontrati in vari momenti per discutere del mercato italiano dell’AP, in particolare delle vendite, e per concordare i prezzi, le quote e la ripartizione dei clienti in Italia. Ciò trova conferma nella dichiarazione di WDI relativa al Club di Zurigo al punto (138).

(393) Redaelli ha anche confermato che, molto prima del 1995, Redaelli, CB, Itas e Falck si incontravano ogni mese nell’ambito dell’associazione Assider per discutere dei volumi di vendita. Sussisteva un accordo tacito di coordinamento sulla base delle quote di vendita assegnate a ciascun concorrente.

(394) Infine, ITC ha parimenti confermato l’esistenza di contatti anticoncorrenziali. Al riguardo, il primo incontro ricordato dal sig. [V.A.] (ITC) risale al 15.9.1979, probabilmente negli uffici di Falck. Secondo ITC, l’incontro non ha avuto un seguito immediato, poiché ITC non aveva accettato le proposte delle altre società.

(395) Nel periodo aprile-ottobre del 1983 si è tenuta presso Falck una serie di riunioni allo scopo di stipulare un nuovo accordo concernente il mercato italiano, per adeguarsi alla sua evoluzione.

(396)      ITC ha fornito un documento dattiloscritto recante la data del 27.4.1983 (Milano) contenente un progetto di accordo sulla distribuzione delle quote tra “Deriver (successivamente Redaelli), Redaelli e Falck”. Il documento contiene tre allegati molto dettagliati riguardanti: i) gli accordi relativi al monitoraggio delle quote, in base ai quali un “ispettore” esterno avrebbe svolto verifiche nelle sedi delle società interessate, e avrebbe poi inviato una relazione e la fattura per i controlli effettuati a tutte le società in questione. Il nome del sig. [Pr.], citato quale “ispettore”, figura scritto a mano sul documento (...); ii) i prezzi e le condizioni di vendita, compresi i prezzi minimi e gli “extra” per le vendite in Sicilia e Sardegna; iii) le regole da seguire in caso di superamento delle quote (sistema di compensazione trimestrale): la società che avesse superato le sue quote era costretta ad acquistare la “differenza”, al prezzo fissato mediante accordo dalle società che non avevano raggiunto le rispettive quote. A tutte le suddette pratiche anticoncorrenziali si ricorse nuovamente a partire dal 1995 (…).

(397) Nel periodo 1990-1994 si sono tenuti alcuni incontri tra i produttori italiani Redaelli, ITC, Falck – fino al 1992 – CB, Trame e SLM, incontri in cui essi procedevano a uno scambio di dati relativi alle vendite e proponevano quote di vendita, comprese quelle di esportazione (per esempio, la riunione del 24.4.1991), negoziavano la ripartizione dei clienti e fissavano prezzi minimi. Questo fatto è confermato da documenti risalenti all’epoca dei fatti (cfr. l’allegato 3). ITC menziona gli incontri tenutisi perlomeno il 12.12.1990, 19.12.1990, 15.2.1991, 24.4.1991, 24.2.1993, 7.5.1993, 12.10.1993, 14.3.1994, 29.3.1994, 11.4.1994, 26.4.1994, nonché nel settembre 1994. La discussione sulle quote di esportazione va intesa alla luce delle contemporanee discussioni sulle quote (anche in relazione all’Italia) nel Club di Zurigo (…).

(398) È possibile fare uno specifico riferimento alla riunione del 24.2.1993 tra Redaelli, ITC, CB, Itas, AFT (successivamente Tréfileurope Italia), DWK e Tycsa. Durante la riunione in questione, i partecipanti hanno discusso dei prezzi e delle quote relativamente al mercato italiano e scambiato informazioni riguardanti gli altri mercati europei (Francia, Spagna, Germania, Austria, Belgio e Paesi Bassi), dimostrando una stretta interazione fra i membri del Club di Zurigo e quelli del Club Italia. Anche il sig. [Pr.] era presente in qualità di ispettore. La riunione è stata preparata la mattina esclusivamente dai produttori italiani.

(399) Secondo Redaelli, agli inizi degli anni Novanta i produttori che avevano fatto parte di Assider (Redaelli, CB, Itas, Falck) avevano abbandonato la pratica di fissare le quote, in particolare perché ITC non avrebbe accettato di unirsi a questa iniziativa».

2.     Richiamo dei principi

a)     Prova dell’esistenza e della durata dell’infrazione

178    Occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza, la Commissione è tenuta a provare non solo l’esistenza dell’intesa, ma anche la sua durata. Più in particolare, sotto il profilo dell’onere della prova di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, la Commissione deve fornire la prova delle infrazioni che constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare, in modo giuridicamente sufficiente, l’esistenza dei fatti che integrano un’infrazione. Il fatto che il giudice nutra un dubbio deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata l’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione ha adeguatamente dimostrato l’esistenza dell’infrazione di cui trattasi qualora egli nutra ancora dubbi in merito a tale questione, in particolare nel contesto di un ricorso diretto all’annullamento o alla riforma di una decisione che infligge un’ammenda. Infatti, in quest’ultima situazione, occorre tener conto del principio della presunzione d’innocenza, che fa parte dei diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione e che è stato sancito dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica, in particolare, alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese, procedure che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende. Pertanto, è necessario che la Commissione produca prove precise e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l’asserita infrazione sia stata commessa (v. sentenza del 17 maggio 2013, Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, T‑147/09 e T‑148/09, Racc., EU:T:2013:259, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

179    Sempre secondo costante giurisprudenza, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale obbligo (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

180    Peraltro, in genere le attività connesse ad accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di riunioni, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, pertanto, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

181    Inoltre, la giurisprudenza esige che, in mancanza di elementi di prova atti a dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione si fondi quantomeno su elementi di prova che si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

b)     Nozione di infrazione unica

182    Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza. Siffatti indizi e coincidenze consentono, considerati nel loro insieme, di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o di accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle norme sulla concorrenza (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

183    Inoltre, una simile violazione può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o, ancora, da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire, di per sé e presi isolatamente, una violazione delle norme sulla concorrenza. Qualora le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

184    Con riferimento alla mancanza di prove quanto all’esistenza di un accordo nel corso di alcuni periodi determinati o quanto meno riguardo alla sua esecuzione da parte di un’impresa nel corso di un dato periodo, si deve ricordare che il fatto che la prova dell’infrazione non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi oggettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel contesto di un’infrazione a carattere unico e continuato (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

185    Al riguardo, la giurisprudenza ha individuato più criteri rilevanti ai fini della valutazione dell’unitarietà di un’infrazione, ossia l’identità degli obiettivi delle pratiche in questione, l’identità dei prodotti e dei servizi considerati, l’identità delle imprese che vi hanno preso parte e l’identità delle modalità di attuazione dell’infrazione. Inoltre, ai fini di tale esame possono essere altresì prese in considerazione l’identità delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e l’identità dell’ambito di applicazione geografico delle pratiche in questione (v. sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

186    La giurisprudenza consente pertanto alla Commissione di presumere che l’infrazione – o la partecipazione di un’impresa all’infrazione – non si sia interrotta, sebbene la Commissione non possieda prove dell’infrazione per taluni periodi determinati, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e possano inserirsi nell’ambito di un’infrazione a carattere unico e continuato, constatazione che deve basarsi su indizi oggettivi e concordanti che dimostrino l’esistenza di un piano d’insieme (sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 61).

187    Quando tali condizioni sono soddisfatte, la nozione di infrazione continuata consente quindi alla Commissione di infliggere un’ammenda per tutto il periodo d’infrazione preso in considerazione e determina la data dalla quale comincia a decorrere il termine di prescrizione, vale a dire la data in cui l’infrazione continuata ha avuto termine (sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 62).

188    Tuttavia, le imprese accusate di collusione possono tentare di invertire tale presunzione facendo valere indizi o elementi di prova i quali dimostrino che, al contrario, l’infrazione – o la loro partecipazione a quest’ultima – non si è protratta in questi stessi periodi (sentenza Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, punto 178 supra, EU:T:2013:259, punto 63).

c)     Nozione di dissociazione in caso di partecipazione a una riunione

189    Sempre da giurisprudenza costante emerge come sia sufficiente che la Commissione dimostri che l’impresa interessata ha partecipato a riunioni in cui sono stati stipulati accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, per provare adeguatamente la partecipazione della suddetta impresa all’intesa. Ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni siffatte, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione a dette riunioni fosse priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando di aver dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (v. sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc., EU:C:2004:6, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

190    La ragione soggiacente a tale principio di diritto è che, avendo partecipato a detta riunione senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto, l’impresa ha dato l’impressione agli altri partecipanti che ne accettava il risultato e che vi si sarebbe conformata. Al riguardo, il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza dissociarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e ne pregiudica la scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea quindi a far sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 189 supra, EU:C:2004:6, punti 82 e 84).

191    Oltre a ciò, la circostanza che un’impresa non dia alcun seguito ai risultati di una riunione avente una finalità anticoncorrenziale non è atta ad escludere la responsabilità della medesima per la sua partecipazione ad un’intesa, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto. Il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione per quanto la riguarda. Occorre prendere in considerazione tali elementi solo in sede di valutazione della gravità dell’infrazione e, eventualmente, della determinazione dell’ammenda (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 189 supra, EU:C:2004:6, punti 85 e 86).

192    Qualora, secondo la Commissione, la responsabilità di imprese per comportamenti anticoncorrenziali risulti dalla loro partecipazione a riunioni aventi ad oggetto tali comportamenti, spetta al Tribunale verificare se tali imprese abbiano avuto la possibilità, tanto durante il procedimento amministrativo quanto dinanzi ad esso, di confutare le conclusioni che ne erano state tratte e, eventualmente, di dimostrare circostanze che pongano sotto una luce diversa i fatti stabiliti dalla Commissione e che permettano di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta da tale istituzione (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 189 supra, EU:C:2004:6, punto 87).

193    Gli argomenti delle parti, esposti in dettaglio nella relazione d’udienza comunicata dal Tribunale, devono essere valutati alla luce del contenuto della decisione impugnata e in considerazione dei principi illustrati precedentemente.

3.     Giudizio del Tribunale

194    In limine, occorre rilevare che la Redaelli non contesta la sua partecipazione a una parte dell’infrazione, ossia quella compresa tra il 1993 e il 2002 e, in particolare, il periodo corrispondente alla sua partecipazione al Club Italia, dal 23 gennaio 1995 al 19 settembre 2002 (v. decisione impugnata, punto 459). La Redaelli, infatti, chiede l’annullamento della decisione impugnata solo nella parte in cui vi si afferma l’esistenza di un’infrazione per il periodo compreso tra il 1984 e il 1992.

195    Anche nell’ipotesi in cui il presente motivo sia fondato, ciò non può tuttavia comportare la riduzione dell’ammenda inflitta alla Redaelli, il cui importo sarebbe giustificato alla luce della tecnica di calcolo esposta dalla Commissione negli orientamenti del 2006 e in considerazione dell’intervento del limite massimo del 10% del fatturato. Infatti, nel 2009, il fatturato consolidato a livello mondiale della Redaelli era all’incirca di EUR 63,41 milioni (decisione impugnata, punto 82). Anche se l’ammenda da infliggere era di EUR 89 milioni, tale importo è stato ricondotto entro il limite del 10% del fatturato della Redaelli, ossia EUR 6,341 milioni (decisione impugnata, punto 1071).

196    La sanzione applicata sarebbe dunque la stessa indipendentemente dalla ravvisata durata dell’infrazione: quella determinata dalla Commissione nella decisione, oppure quella proposta dalla Redaelli nel ricorso. Interrogata sul punto nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la Redaelli ha indicato che, a prescindere dall’importo effettivo della sanzione, essa avrebbe comunque interesse a ottenere una pronuncia sulla durata dell’infrazione, considerate le implicazioni che ciò potrebbe avere per far fronte ad eventuali azioni risarcitorie promosse nei suoi confronti. In effetti, un interesse di tal genere è incontestabile.

197    Occorre tuttavia rilevare che gli argomenti dedotti dalla Redaelli per contestare la durata dell’infrazione addebitatale dalla Commissione sono manifestamente infondati, alla luce della decisione impugnata e degli elementi di prova ivi richiamati.

198    In primo luogo, risulta che, nel corso del procedimento amministrativo, la Redaelli ha dichiarato quanto segue alla Commissione, nella sua risposta del 15 giugno 2007 a una richiesta di informazioni:

«Tra il 1981 ed il 1982, alcune delle imprese che partecipavano alle riunioni della citata sezione dei “Trafilatori” dell’Assider hanno ritenuto che, alla luce dell’andamento molto negativo del mercato, fosse necessario intraprendere delle azioni per limitare gli effetti della crisi in corso. Hanno quindi iniziato ad incontrarsi al di fuori dell’associazione, la quale, secondo queste imprese, non era stata in grado di fornire soluzioni alla grave crisi che aveva colpito il settore. Le riunioni avvenivano in vari luoghi, tendenzialmente a1 di fuori dei locali dell’Assider, e con frequenza mensile. (…) Risulterebbe che per circa un anno queste quattro imprese si sono incontrate con cadenza probabilmente mensile per scambiarsi informazioni su dati di vendita. (…) Sembra quindi possibile indicare come data iniziale per gli incontri del “Gruppo Assider” gli anni 1983‑84. (…) [I] primi contatti ai fini della creazione di una società di commercializzazione in comune (…) risalgono ai primi anni Ottanta (1981-1983). (…) A Redaelli risulta che durante tali incontri si discuteva dei volumi di vendita di ogni operatore ed esisteva una sorta di accordo basato sull’assegnazione di quote di vendita di ogni concorrente».

199    In secondo luogo, dagli atti di causa emerge che la Commissione disponeva altresì di vari elementi di prova, provenienti da fonti diverse e concordanti, grazie ai quali essa ha potuto accertare che l’infrazione aveva avuto inizio non oltre il 1° gennaio 1984 e che la Redaelli ne faceva parte già a tale data.

200    Detti elementi provengono dalle dichiarazioni e dai documenti forniti dalle società DWK, WDI, Nedri, Emesa, CB, Tréfileurope e ITC (v. decisione impugnata, punto 136), in particolare dal riferimento di un responsabile dell’ITC a una prima riunione anticoncorrenziale tenutasi il 15 settembre 1979 (v. decisione impugnata, punto 394), dal riferimento della Tréfileurope a riunioni organizzate da uno dei suoi agenti commerciali con un responsabile della Redaelli, aventi ad oggetto i prezzi e i volumi, a partire dal 1977 e successivamente negli anni ‘80 e ‘90, dai riferimenti dell’ITC a una serie di riunioni nel periodo aprile-ottobre 1983 presso la Falck al fine di concludere un «nuovo accordo» riguardante il mercato italiano (v. decisione impugnata, punto 395), da un documento dattiloscritto datato 27 aprile 1983 e contenente un progetto di accordo sulla distribuzione di quote tra la Deriver, la Redaelli e la Falck (Tréfileurope) (v. decisione impugnata, punto 396), dalle indicazioni fornite dalla WDI secondo cui i volumi venduti da varie imprese nel periodo di riferimento dal 1976 circa al 1980 sono stati utilizzati come base per il calcolo delle quote all’interno del Club di Zurigo (v. decisione impugnata, punto 142) o secondo cui il modello per l’accordo raggiunto all’inizio degli anni ‘80 da un gruppo di produttori europei era costituito da un accordo «già (...) attuato con buoni risultati, tra i produttori italiani di AP» (v. decisione impugnata, punto 138), e dagli appunti dell’Emesa relativi alla riunione dell’11 maggio 1994, che definiscono il Club di Zurigo come il «Club ‘84», e alla riunione dell’8 e del 9 giugno 1994, che indicano come data di inizio dell’intesa «+ –1983» (v. decisione impugnata, punto 137).

201    In terzo luogo, occorre rilevare che sebbene, in effetti, come osservato dalla ricorrente, vi sia una differenza nel numero e nella qualità degli elementi di prova relativi agli anni 1990/2000 rispetto agli elementi disponibili per gli anni ‘80, ciò non può tuttavia condurre a ignorare il numero e il senso delle varie dichiarazioni rese dai richiedenti il trattamento favorevole, tra cui la Redaelli.

202    Il fatto che la Commissione disponga di un quadro probatorio più ricco e dettagliato per gli anni più recenti dell’intesa rispetto al primo periodo della stessa, così come il fatto che talune fonti di prova relative al periodo iniziale dell’infrazione siano più frammentarie e meno precise di quelle ottenute in seguito, non è per nulla anomalo o strano quando, come nel caso di specie, si tratti di un’infrazione scoperta circa venti anni dopo il suo inizio.

203    Nella presente causa, la Commissione disponeva di elementi di prova sufficienti per essere in grado di determinare, come data di inizio dell’intesa, il 1° gennaio 1984. Non le si può muovere l’addebito di aver scelto tale data come quella di inizio del Club di Zurigo, dato che si tratta della data più favorevole per le varie parti coinvolte.

204    Di conseguenza, dalle suesposte considerazioni emerge che il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato, dato che risulta sufficientemente provato, dalla decisione impugnata e dagli elementi ivi citati, che la Commissione è in grado di affermare che la Redaelli ha partecipato al Club di Zurigo sin dai suoi inizi nel 1984 e, successivamente, al Club Italia nonché alle riunioni multilaterali per l’integrazione delle imprese italiane nel Club Europa, e questo fino al settembre 2002, data in cui la sede della Redaelli è stata sottoposta a ispezione da parte della Commissione.

C –  Sul motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

205    La Redaelli sostiene che la durata del procedimento amministrativo è stata troppo lunga. Essa osserva che la Commissione ha potuto disporre, fin dalla fase iniziale dell’indagine, di tutti gli elementi necessari a dimostrare l’esistenza dell’intesa, grazie alle domande di trattamento favorevole ricevute e alle prove allegate a tali domande. In particolare, la Redaelli considera che gli elementi ottenuti in seguito a tale fase inziale, e segnatamente gli appunti dell’Emesa comunicati nel giugno 2007, non sono tali da giustificare il lasso di tempo trascorso. La lunghezza eccessiva del procedimento avrebbe nuociuto all’esercizio effettivo dei diritti della difesa della Redaelli. Così, in considerazione del rinnovo del suo personale e delle ristrutturazioni di cui può essere stata oggetto, la Redaelli ritiene che le sia stato impedito di elaborare una linea difensiva sulla base delle testimonianze dei dipendenti in servizio nella società negli anni interessati dall’indagine. La Redaelli fa altresì valere che, in buona fede, essa poteva ritenere non necessario premunirsi di simili testimonianze fino a quando la sua posizione riguardo alla domanda di trattamento favorevole non fosse stata chiarita dalla Commissione. L’eccessiva durata del procedimento avrebbe anche influito sulla valutazione della domanda di trattamento favorevole, presentata nel 2003, dal momento che la Commissione, decidendo su tale domanda solamente nel 2008, sarebbe stata influenzata dai criteri di interpretazione più rigorosi introdotti con la comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese adottata nel 2006, in particolare per quanto riguarda la nozione di valore aggiunto significativo.

206    L’osservanza di un termine ragionevole nell’espletamento dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto (v. sentenza del 19 dicembre 2012, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, C‑452/11 P, EU:C:2012:829, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

207    Il principio del termine ragionevole è stato riaffermato dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, a norma del quale «[o]gni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione» (sentenza del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, Racc., EU:T:2012:275, punto 284).

208    La ragionevolezza della durata del procedimento dev’essere valutata in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso e, in particolare, del contesto di quest’ultimo, del comportamento delle parti nel corso del procedimento, della rilevanza del caso per le diverse imprese interessate e del suo grado di complessità (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc., EU:T:1999:80, punto 126) nonché, eventualmente, delle informazioni o giustificazioni che la Commissione è in grado di fornire quanto agli atti di indagine compiuti nel corso del procedimento amministrativo.

209    La Corte ha dichiarato che il procedimento amministrativo può essere esaminato distinguendo due fasi temporali successive, ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna. La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, facendo uso dei poteri conferitile dal legislatore dell’Unione, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione, e deve consentire a detta istituzione di prendere posizione circa il seguito del procedimento. La seconda fase si estende invece dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata (sentenza del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc., EU:C:2006:592, punto 38).

210    Dalla giurisprudenza emerge che la violazione del principio del termine ragionevole può comportare due tipi di conseguenze.

211    Da un lato, qualora la violazione del termine ragionevole abbia influito sull’esito del procedimento, una simile violazione può comportare l’annullamento della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc., EU:C:2006:593, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

212    Occorre precisare, quanto all’applicazione delle norme sulla concorrenza, che il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento delle sole decisioni che constatino la commissione di infrazioni, e a condizione che sia stato provato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 1/2003 (v. sentenza del 16 dicembre 2003, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie/Commissione, T‑5/00 e T‑6/00, Racc., EU:T:2003:342, punto 74 e giurisprudenza ivi citata, confermata in sede di impugnazione sul punto dalla sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 209 supra, EU:C:2006:592, punti 42 e 43).

213    Tuttavia, posto che il rispetto dei diritti della difesa, principio il cui carattere fondamentale è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte (sentenza del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc., EU:C:1983:313, punto 7), riveste un’importanza capitale nei procedimenti come quello in questione, è importante evitare che tali diritti possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria, e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti della difesa non deve essere limitato alla fase stessa in cui tali diritti producono il loro pieno effetto, vale a dire la seconda fase del procedimento amministrativo. La valutazione relativa all’origine dell’eventuale riduzione dell’efficacia dei diritti della difesa deve estendersi all’insieme di tale procedimento, avendo riguardo alla durata complessiva del medesimo (sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 209 supra, EU:C:2006:592, punto 50).

214    D’altro lato, qualora la violazione del termine ragionevole non incida sull’esito del procedimento, una simile violazione può condurre il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, a correggere adeguatamente la violazione risultante dal superamento del termine ragionevole mediante l’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta (v., in tal senso, sentenza Technische Unie/Commissione, punto 211 supra, EU:C:2006:593, punti da 202 a 204, e sentenza del 16 giugno 2011, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, T‑240/07, Racc., EU:T:2011:284, punti 429 e 434, confermata in sede di impugnazione dalla sentenza Heineken Nederland e Heineken/Commissione, punto 206 supra, EU:C:2012:829, punto 100).

215    Risulta da quanto detto che, affinché un procedimento amministrativo di lunga durata possa costituire una violazione del principio del termine ragionevole, la durata di tale procedimento dev’essere qualificata come eccessiva.

216    Nella fattispecie, il procedimento amministrativo è stato caratterizzato da quattro fasi successive, la prima delle quali precedente alla comunicazione degli addebiti, mentre le altre tre successive alla medesima.

217    La prima fase è iniziata il 9 gennaio 2002, con la comunicazione, da parte del Bundeskartellamt, dei documenti menzionati al precedente punto 22, e si è conclusa il 30 settembre 2008, con l’adozione della comunicazione degli addebiti.

218    Ha quindi preso avvio la seconda fase (v. punti da 33 a 38 supra) conclusasi con l’adozione della decisione iniziale, il 30 giugno 2010.

219    Dopo la proposizione di una prima serie di ricorsi (richiamati al punto 10 supra), la Commissione ha adottato, il 30 settembre 2010, una prima decisione di modifica (v. punto 4 supra) onde correggere vari errori che essa aveva rilevato nella decisione iniziale, con il che ha avuto termine la terza fase del procedimento amministrativo.

220    Infine, il 4 aprile 2011, si è compiuta la quarta fase del procedimento amministrativo, mediante l’adozione, da parte della Commissione, della seconda decisione di modifica, con la quale essa ha concesso una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta, da un lato, all’ArcelorMittal, all’ArcelorMittal Verderio, all’ArcelorMittal Fontaine e all’ArcelorMittal Wire France, e dall’altro, alla SLM e all’Ori Martin (v. punto 6 supra).

221    Si deve anzitutto rilevare che il presente motivo riguarda solamente le prime due fasi del procedimento amministrativo.

222    Il 17 dicembre 2013, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il Tribunale ha rivolto un quesito scritto alla Commissione per ottenere una descrizione dettagliata delle attività da essa svolte a seguito delle ispezioni, avvenute il 19 e il 20 settembre 2002, e fino all’adozione della decisione iniziale.

223    La Commissione ha dato seguito a tale richiesta con atto depositato in cancelleria il 28 febbraio 2014.

224    Copia della risposta della Commissione è stata trasmessa alla ricorrente dalla cancelleria del Tribunale.

225    La Commissione descrive nella propria risposta, in modo dettagliato e convincente, le attività compiute durante l’intero procedimento amministrativo e le ragioni per cui il procedimento è durato dal 2002 al 2010.

226    La durata del procedimento amministrativo nel caso di specie trova spiegazione in vari fattori.

227    Si deve in proposito avere riguardo alla durata dell’intesa (più di 18 anni), alla sua dimensione geografica particolarmente ampia (l’intesa riguardava la maggior parte degli Stati membri), all’organizzazione dell’intesa a livello geografico e temporale (i vari Club descritti ai punti da 41 a 54), al numero di riunioni tenutesi nell’ambito dei vari Club (oltre 500), al numero di imprese coinvolte (17), al numero di domande di trattamento favorevole (v. supra, punti 23 e 28 e seguenti) e al volume particolarmente importante di documenti, forniti in tale contesto o ottenuti nel corso delle ispezioni e redatti in diverse lingue, che la Commissione ha dovuto esaminare, alle varie richieste di informazioni complementari che la Commissione ha dovuto rivolgere alle diverse società coinvolte col progredire della comprensione dell’intesa (v. supra, punti 25 e seguenti e punti 37 e seguenti), al numero di destinatari della comunicazione degli addebiti (più di 40), al numero di lingue del procedimento (8), nonché alle diverse domande relative alla capacità contributiva (14).

228    Inoltre, si deve altresì rilevare che la Redaelli non dimostra in che modo i suoi diritti della difesa sarebbero stati violati a causa della durata del procedimento. Le indicazioni fornite al riguardo restano prive di pregio. In tal senso, l’affermazione della ricorrente secondo cui essa ha dovuto attendere la comunicazione degli addebiti per raccogliere elementi di prova a discarico riguardanti fatti di cui intendeva contestare la materialità non è imputabile che a lei stessa poiché, già nell’autunno 2002, essa era a conoscenza dell’indagine condotta dalla Commissione riguardante l’intesa alla quale era accusata di aver partecipato. Quanto alle ristrutturazioni societarie e alla partenza di persone fisiche coinvolte nell’intesa a partire dall’autunno 2002, si tratta di circostanze che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Redaelli, avrebbero dovuto indurla ad agire celermente, e non ad attendere che le prove e le persone si disperdessero.

229    Sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione, che mostrano la particolare complessità del caso, il Tribunale ritiene che, nonostante la lunghezza del procedimento, la sua durata non possa essere qualificata come eccessiva né per quel che riguarda il periodo fino alla comunicazione degli addebiti, né per quello ad essa successivo. Di conseguenza, la Commissione non ha violato il termine ragionevole e, pertanto, occorre respingere il terzo motivo.

D –  Conclusione

230    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che nessuno dei motivi dedotti dalla Redaelli può essere accolto. Il ricorso deve, pertanto, essere integralmente respinto, senza che sia necessario, nelle circostanze del caso di specie e sulla base delle considerazioni espresse ai precedenti punti da 226 a 229, procedere, nell’esercizio della competenza estesa al merito, alla riforma dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

 Sulle spese

231    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Redaelli Tecna SpA sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione europea.

Frimodt Nielsen

Dehousse

Collins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 luglio 2015.

Firme

Indice


Oggetto della controversia

Fatti all’origine della controversia

A –  Settore interessato dal procedimento

1.  Prodotti

2.  Struttura dell’offerta

3.  Struttura della domanda

4.  Commercio all’interno dell’Unione e del SEE

B –  Redaelli

C –  Procedimento amministrativo

1.  Prima richiesta di trattamento favorevole e immunità concessa alla DWK

2.  Ispezioni e richieste di informazioni

3.  Altre richieste di trattamento favorevole e risposte fornite dalla Commissione

4.  Avvio del procedimento e comunicazione degli addebiti

5.  Accesso al fascicolo, audizione e capacità contributiva

6.  Ulteriori richieste di informazioni

D –  Decisione impugnata

1.  Club di Zurigo e accordi regionali

2.  Club Europa e accordi regionali

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

A –  Sul motivo relativo all’applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole

1.  Richiamo del contenuto della decisione impugnata

2.  Sull’errata determinazione del valore aggiunto significativo degli elementi di prova forniti dalla Redaelli nel corso del procedimento amministrativo

a)  Presupposti previsti per ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda

b)  Esame degli argomenti relativi al valore aggiunto significativo

Osservazioni preliminari sul contesto e sulla cronologia

Analisi dei documenti rilevanti

–  Rappresentanza della CB, dell’Itas e dell’ITC al Club di Zurigo dal 1993 al 1995

–  Altri aspetti dell’infrazione

c)  Conclusione

3.  Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

4.  Sulla violazione del principio della parità di trattamento

B –  Sul motivo relativo alla durata della partecipazione all’intesa

1.  Richiamo del contenuto della decisione impugnata

2.  Richiamo dei principi

a)  Prova dell’esistenza e della durata dell’infrazione

b)  Nozione di infrazione unica

c)  Nozione di dissociazione in caso di partecipazione a una riunione

3.  Giudizio del Tribunale

C –  Sul motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

D –  Conclusione

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.


1 –      La presente sentenza è pubblicata per estratto.