Language of document : ECLI:EU:C:2024:129

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate l’8 febbraio 2024 (1)

Causa C598/22

Società Italiana Imprese Balneari Srl

contro

Comune di Rosignano Marittimo,

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

Agenzia del demanio – Direzione regionale Toscana e Umbria,

Regione Toscana

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 49 TFUE – Contratti pubblici e libertà di stabilimento – Concessioni di occupazione di demanio marittimo – Scadenza e rinnovo – Normativa nazionale che prevede, alla scadenza della concessione, la cessione allo Stato, a titolo gratuito, di opere non amovibili costruite nell’area demaniale – Altre caratteristiche di siffatta normativa – Nozione di “restrizione”»






I.      Introduzione

1.        Il litorale italiano, comprese le spiagge, è di proprietà del demanio. L’esercizio di un’attività commerciale su una spiaggia italiana necessita pertanto di una concessione.

2.        Una norma nazionale che regola tali concessioni prevede che le opere non amovibili costruite su una spiaggia pubblica restino automaticamente acquisite allo Stato alla scadenza del periodo di concessione, senza alcun indennizzo per il concessionario che le ha realizzate.

3.        Viene chiesto se una siffatta norma rappresenti una restrizione alla libertà di stabilimento, quale prevista dall’articolo 49 TFUE.

II.    Fatti del procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

4.        Fin dal 1928 la Società Italiana Imprese Balneari Srl (in prosieguo: la «SIIB») gestisce lo stabilimento balneare «Bagni Ausonia» nel Comune di Rosignano Marittimo (in prosieguo: «il Comune»). Lo stabilimento è ubicato in gran parte su un’area appartenente al demanio marittimo, per il cui utilizzo la SIIB ha ottenuto concessioni susseguitesi nel tempo.

5.        Nel corso degli anni tale società ha realizzato una serie di manufatti su tale area demaniale.

6.        L’ultimo inventario delle opere acquisite al demanio marittimo è stato effettuato dal Comune nel 1958.

7.        Il 20 novembre 2007, in corso della concessione n. 27/2003 della SIIB, durata dal 2003 alla fine del 2008, il Comune ha adottato una determinazione con la quale ha ricalcolato i canoni dovuti per tale concessione. L’aumento dei canoni è scaturito dalla riclassificazione di alcune opere incidenti sulla superficie in concessione come di difficile rimozione, con conseguente qualificazione delle stesse come pertinenze demaniali. Tali opere non amovibili esistevano già su detta area demaniale alla data di scadenza della precedente concessione n. 36/2002, in vigore dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2002 e di cui era titolare il medesimo concessionario, la SIIB.

8.        La determinazione n. 31787 del 20 novembre 2007 si basa sull’articolo 49 del codice della navigazione. Quest’ultima disposizione così recita:

«Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato».

9.        Nel 2008 il Comune ha avviato una procedura amministrativa di incameramento delle pertinenze demaniali marittime cedute allo Stato dopo il 1958. In risposta a domande scritte poste dalla Corte, il giudice del rinvio ha chiarito che tale procedura non è mai stata completata. Tuttavia, il giudice del rinvio ha spiegato nella sua risposta che un provvedimento amministrativo riguardante l’incameramento da parte dello Stato avrebbe in ogni caso carattere meramente dichiarativo, poiché l’acquisizione della proprietà da parte dello Stato avviene ex lege alla scadenza del periodo di concessione, in virtù dell’articolo 49 del codice della navigazione.

10.      Nel maggio 2009, il Comune ha rilasciato alla SIIB una nuova concessione (n. 181/2009) (2) per la stessa area. Durante la procedura di aggiudicazione della concessione, la SIIB ha dichiarato che tutti i manufatti incidenti sull’area demaniale erano di facile rimozione (3). A seguito di un’ispezione sul sito, il Comune ha da ultimo dichiarato nullo il riconoscimento di siffatta qualificazione, con determinazione del 26 novembre 2014. Esso ha ritenuto che sull’area demaniale data in concessione incidessero beni già acquisiti dallo Stato ai sensi dell’articolo 49 del codice della navigazione.

11.      Il Comune ha riaffermato tale qualificazione in un provvedimento del 16 aprile 2015 (4). Su tale base, ha rideterminato altresì i canoni dovuti dalla SIIB a partire dal 2009.

12.      La SIIB ha impugnato i provvedimenti del 26 novembre 2014 e del 16 aprile 2015 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale (TAR) per la Toscana. Essa ha sostenuto che, poiché la concessione era stata rinnovata, era impossibile che tale proprietà fosse incamerata dallo Stato. Detto organo giurisdizionale ha riunito tali ricorsi e ha respinto integralmente tutte le richieste con sentenza del 10 marzo 2021.

13.      Per quanto attiene alla classificazione dei manufatti come pertinenze demaniali ai sensi dell’articolo 49 del codice della navigazione, il TAR per la Toscana ha ritenuto che tale incameramento si fosse verificato per effetto di ricognizione concordata nel titolo concessorio sottoscritto da entrambe le parti, e non già a seguito di una decisione unilaterale del Comune. Secondo tale organo giurisdizionale, la l’acquisizione della proprietà a titolo gratuito è, ai sensi dell’articolo 49 del codice della navigazione, il risultato della mancanza di una diversa pattuizione delle parti. Poiché le parti non avevano espressamente previsto un regime giuridico diverso per le pertinenze demaniali marittime nel titolo concessorio, esse dovevano ritenersi assenzienti al regime dispositivo previsto dall’articolo 49 del codice della navigazione.

14.      La SIIB ha impugnato tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), il giudice del rinvio nella presente causa.

15.      Nell’impugnazione, SIIB ha sostenuto, tra l’altro, che l’effetto della cessione a titolo non oneroso di opere di difficile rimozione fosse contrario al diritto dell’Unione e, in particolare, al principio di proporzionalità relativo alle restrizioni delle libertà di mercato sancito dagli articoli 49 e 56 TFUE, come stabilito dalla Corte nella sentenza Laezza (5).

16.      Nutrendo dubbi in merito alla compatibilità dell’articolo 49 del codice della navigazione con il diritto dell’Unione, il Consiglio di Stato (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C‑375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 [del codice della navigazione] nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo».

17.      Sono state presentate osservazioni scritte alla Corte dalla SIIB, dal Comune, dal governo italiano e dalla Commissione europea.

18.      La Corte ha chiesto una serie di chiarimenti supplementari al giudice del rinvio, ai quali quest’ultimo ha risposto l’8 settembre 2023.

III. Analisi

A.      Ricevibilità

19.      Nelle loro osservazioni scritte, la Commissione e il governo italiano hanno messo in discussione la ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

20.      La Commissione ha evidenziato che il procedimento principale riguarda una situazione puramente interna. Un concessionario italiano contesta la normativa italiana in materia di aree demaniali marittime. Cionondimeno, la Commissione ritiene la questione ricevibile, citando la sentenza Ullens de Schooten, che ha chiarito che la Corte può dichiararsi competente in cause puramente interne qualora le norme nazionali, la cui validità è in discussione, siano potenzialmente in grado di produrre effetti su cittadini o imprese di altri Stati membri (6).

21.      Condivido tale posizione. In primo luogo, la normativa italiana in materia di concessioni si applica indistintamente a qualsiasi concessionario, sia esso di nazionalità italiana o di un altro Stato membro. In secondo luogo, l’attrattiva economica dell’avvio di un’attività economica nelle zone marittime (o lacuali) italiane conferma l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, come la Corte ha già confermato nella sentenza Promoimpresa (7). Inoltre, tale potenziale effetto transfrontaliero è stato confermato dalla risposta del giudice del rinvio alla richiesta di ulteriori chiarimenti della Corte.

22.      Pertanto, anche in assenza di una chiara indicazione in tal senso nella decisione di rinvio (8), la Corte può concludere, nella presente causa, che la norma nazionale in questione presenta un interesse transfrontaliero (9).

23.      L’argomento dedotto dal governo italiano sulla questione della ricevibilità è di natura diversa. Detto governo ritiene che la soluzione della questione pregiudiziale non sia utile per la soluzione della controversia dinanzi al giudice del rinvio. A suo avviso, anche se la risposta data dalla Corte comportasse l’inapplicabilità dell’articolo 49 del codice della navigazione, ciò non avrebbe alcun effetto sul caso sottoposto al giudice del rinvio.

24.      Tuttavia, nella sua risposta alla richiesta di chiarimenti, il Consiglio di Stato ha spiegato che la SIIB ha un interesse giuridico personale, concreto ed attuale a contestare la validità della devoluzione al patrimonio dello Stato delle opere non amovibili da essa realizzate. Se tali opere restassero validamente acquisite allo Stato, ciò influirebbe sul costo dei canoni dovuti per l’occupazione del demanio pubblico in esame.

25.      In un procedimento pregiudiziale, spetta, in linea di principio, al giudice del rinvio stabilire se la risposta alla questione di interpretazione o di validità del diritto dell’Unione sia necessaria per dirimere concretamente una controversia (10). Alla luce dei chiarimenti forniti dal giudice del rinvio, la Corte non ha motivo di dubitare della propria competenza nel caso di specie.

26.      Propongo pertanto alla Corte di dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.

B.      Diritto dell’Unione applicabile

27.      Le norme nazionali relative alle concessioni di risorse naturali scarse rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi (11). Tuttavia, il termine di recepimento di tale direttiva è scaduto il 28 dicembre 2009 (12), mentre i fatti pertinenti della presente causa si sono verificati in una data anteriore (13).

28.      Poiché la direttiva sui servizi non è applicabile al caso oggetto del procedimento principale ratione temporis, la questione pregiudiziale richiede un’interpretazione in rapporto al diritto primario (14).

29.      Il giudice del rinvio cita sia l’articolo 49 TFUE, riguardante la libertà di stabilimento, sia l’articolo 56 TFUE, riguardante la libera prestazione di servizi.

30.      La Corte ha già chiarito che le concessioni come quelle di cui al caso in esame, che consentono uno sfruttamento economico per fini turistico‑ricreativi, rientrano nell’ambito del diritto di stabilimento nell’area demaniale (15).

31.      Ne consegue che occorre rispondere alla questione posta dal giudice del rinvio alla luce dell’articolo 49 TFUE.

C.      Sul merito

32.      Nel caso di specie, la Corte è chiamata a rispondere se l’articolo 49 TFUE osti a una norma nazionale in base alla quale le opere di difficile rimozione realizzate dal concessionario sul suolo demaniale diventano di proprietà dello Stato, a titolo non oneroso e senza indennizzo, alla scadenza della concessione, ancorché rinnovata.

33.      La SIIB ritiene che siffatta cessione automatica senza indennizzo sia contraria al diritto dell’Unione e, in particolare, al principio di proporzionalità delle restrizioni alle libertà di mercato sancito dagli articoli 49 e 56 TFUE. Al riguardo, essa richiama la sentenza Laezza.

34.      L’analisi delle presunte restrizioni delle libertà di mercato garantite dai Trattati è effettuata in due fasi. Dapprima, il giudice nazionale dovrebbe stabilire se la norma nazionale di cui trattasi rientri nell’ambito di applicazione del pertinente divieto previsto dal Trattato, nel caso di specie il divieto di restrizione della libertà di stabilimento. Se la norma nazionale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE, la seconda fase consiste nel valutare se essa possa essere giustificata. Per giungere a tale constatazione, il giudice nazionale dovrebbe stabilire l’interesse pubblico che potrebbe legittimamente giustificare la norma e se questa sia idonea e necessaria a realizzare tale interesse pubblico.

35.      Valuterò, quindi, in primo luogo se una norma nazionale come l’articolo 49 del codice della navigazione costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento contemplata dall’articolo 49 TFUE. Sono del parere che una norma nazionale di questo tipo possa essere esclusa dal divieto di cui all’articolo 49 TFUE (1). In subordine, valuterò se tale norma nazionale possa essere giustificata (2).

1.      Se la misura nazionale di cui trattasi costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento

36.      L’articolo 49 TFUE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.

37.      Secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi misura nazionale che, pure se applicabile senza distinzioni in base alla nazionalità, sia idonea a impedire, a ostacolare o a rendere meno attraente l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato, costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 49 TFUE (16).

38.      Vi sono due possibili approcci adottabili per rispondere alla questione di quali tipi di misure rendano la libertà di stabilimento meno attraente per i cittadini di altri Stati membri: o si ritiene che ogni regolamentazione statale rappresenti quanto meno un ostacolo all’avvio di un’attività economica, oppure, si possono escludere dall’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE alcuni tipi di regolamentazione del mercato pertinente. A mio avviso, la scelta tra queste due possibili interpretazioni non è stata chiarita nella giurisprudenza della Corte.

39.      Da un lato, vi sono sentenze che spiegano che qualsiasi restrizione, per quanto minima, determina l’applicazione delle norme del Trattato che impongono divieti alle libertà di mercato, compresa la libertà di stabilimento (17).

40.      Se la Corte dovesse adottare un siffatto approccio nel caso di specie, una norma come quella di cui trattasi sarebbe automaticamente qualificata come una restrizione. Ciò non significa, tuttavia, che tale norma sia vietata. Potrebbe ancora essere giustificata.

41.      Dall’altro lato, un diverso orientamento giurisprudenziale esclude dall’applicazione del Trattato le misure nazionali che non costituiscono un vero ostacolo all’accesso al mercato (18).

42.      Qualora la Corte dovesse adottare un siffatto approccio nel caso di specie, dovrebbe valutare se una misura nazionale come quella di cui trattasi dissuaderebbe effettivamente un imprenditore dall’avviare un’attività sulle spiagge italiane. Qualora la Corte dovesse statuire che ciò non si verifica, una siffatta norma nazionale non potrebbe essere considerata una restrizione del diritto di stabilimento e non necessiterebbe quindi di alcuna giustificazione.

43.      Uno dei criteri applicati dalla Corte nella sua giurisprudenza è quello di un «effetto troppo aleatorio e troppo indiretto». Ove «l’effetto» di una norma nazionale sull’esercizio di una libertà di mercato sia considerato «troppo aleatorio e troppo indiretto», detta norma sarebbe esclusa dall’ambito di applicazione della relativa disposizione del Trattato.

44.      Un siffatto criterio è stato applicato dalla giurisprudenza in relazione a tutte le libertà di mercato (19), compresa la libertà di stabilimento (20).

a)      Cessione a titolo non oneroso alla scadenza del periodo di concessione

45.      Ci si chiede se un imprenditore sarebbe dissuaso dall’avviare un’attività su una spiaggia italiana se sapesse che, al termine del periodo di concessione, non sarà indennizzato per le opere non amovibili da lui realizzate, che verrebbero automaticamente acquisite dallo Stato.

46.      Il governo italiano e la Commissione suggeriscono che l’articolo 49 del codice della navigazione non costituisce necessariamente una restrizione alla libertà di stabilimento. Secondo la Commissione, l’acquisizione allo Stato delle opere non amovibili realizzate è insita nella nozione di area demaniale. La fruibilità di tale area per il pubblico sarebbe significativamente ridotta se i concessionari rimanessero proprietari di opere non amovibili costruite su tale terreno.

47.      Concordo con tale argomentazione. Si tratta dell’essenza dell’inalienabilità del demanio pubblico (21).

48.      Secondo la normativa italiana, come spiegato dal governo italiano, i diritti che un concessionario acquisisce sul terreno in concessione sono paragonabili ai diritti di servitù (22). Il concessionario è il titolare di tali diritti solo per la durata della concessione (23).

49.      Se a un concessionario fosse consentito di mantenere diritti su opere non amovibili costruite all’interno del demanio pubblico, risulterebbero notevolmente ridotte la natura pubblica e la disponibilità pratica per lo Stato di tale demanio.

50.      La presente causa non solleva alcuna questione relativa alla possibilità che l’Italia mantenga le spiagge nel demanio pubblico. Una siffatta decisione è, infatti, di competenza degli Stati membri. Il risultato di una siffatta politica è che qualsiasi operatore economico che voglia gestire uno stabilimento balneare sulle spiagge italiane deve acquisire una concessione, la cui natura comporta che, alla scadenza del periodo di concessione, l’area e tutto ciò che è inamovibile su di essa diventa acquisito allo Stato.

51.      L’unica possibilità di gestire uno stabilimento balneare sulle spiagge italiane è, quindi, quella di stipulare una concessione con lo Stato. La norma italiana in questione si applica ugualmente a tutti i potenziali concessionari (24). Pertanto, tutti gli operatori economici si trovano di fronte alla stessa domanda, ovvero se sia economicamente conveniente concorrere per una concessione sapendo che alla sua scadenza le opere non amovibili realizzate saranno cedute allo Stato. Tale norma diventa quindi semplicemente uno degli elementi da considerare nell’effettuare i calcoli economici per stabilire se intraprendere l’attività economica di gestione di uno stabilimento balneare su una spiaggia italiana.

52.      Naturalmente, se lo Stato fosse obbligato a indennizzare il concessionario per le opere non amovibili che rimangono sul terreno dopo la scadenza della concessione, ciò potrebbe rendere l’investimento ancora più interessante. Tuttavia, se l’investitore sa in anticipo che non ci sarà tale indennizzo, ciò non lo dissuaderà di per sé dal concorrere all’assegnazione della concessione.

53.      Pertanto, concordo con la Commissione sul fatto che, se la durata della concessione fosse sufficientemente lunga da consentire l’ammortamento di un investimento, e se il concessionario sapesse in anticipo che le opere non amovibili che realizza nell’area demaniale marittima rimarranno di proprietà dello Stato al termine della concessione, una siffatta norma non dissuaderebbe un investitore dallo stabilire la sua attività economica sulle spiagge italiane.

54.      Altri due aspetti dell’articolo 49 del codice della navigazione sono degni di nota. In primo luogo, esso stabilisce la possibilità di un indennizzo economico nell’atto di concessione. Pertanto, se il periodo di concessione dovesse rivelarsi insufficiente per produrre un ritorno sull’investimento, è possibile concordare con lo Stato un certo indennizzo.

55.      In secondo luogo, l’assenza di un indennizzo economico per le opere non amovibili cedute deve essere valutata alla luce della possibilità del Comune di obbligare il concessionario a riportare, a proprie spese, il demanio pubblico alle condizioni originarie.

56.      È quindi possibile considerare una norma come quella contenuta nell’articolo 49 del codice della navigazione come aventi effetti troppo indiretti e troppo aleatori per poter di dissuadere un imprenditore dall’avviare un’attività su una spiaggia italiana. Pertanto, essa non determina l’applicazione del divieto di cui all’articolo 49 TFUE.

57.      Tuttavia, tale norma deve essere sufficientemente trasparente per consentire agli operatori economici di decidere se effettuare investimenti al fine di avviare un’attività imprenditoriale su una spiaggia italiana. Spetta al giudice nazionale valutare se l’articolo 49 del codice della navigazione sia sufficientemente trasparente.

b)      Se il rinnovo della concessione faccia la differenza

58.      La SIIB sostiene che il fatto che la sua concessione è stata rinnovata significhi che la cessione allo Stato non può aver luogo.

59.      A mio avviso, tale fattore non modifica la precedente conclusione, secondo cui la norma di cui trattasi non costituisce una restrizione al diritto di stabilimento.

60.      Piuttosto, una norma che trattasse gli operatori economici che entrano nel rapporto concessorio per la prima volta in modo diverso da quelli che continuano la loro attività sulla base del rinnovo della concessione sarebbe contraria al diritto dell’Unione.

61.      Norme siffatte porrebbero i concessionari esistenti in una posizione più vantaggiosa rispetto ai nuovi concessionari. Se le opere non amovibili non potessero essere cedute allo Stato quando allo stesso operatore economico è conferito un rinnovo della concessione sulla stessa area, ciò non influenzerebbe il valore della concessione e, quindi, i canoni dovuti. Al contrario, un nuovo operatore in una siffatta concessione dovrebbe pagare un canone più elevato, poiché in tal caso la cessione della proprietà si verificherebbe e, pertanto, aumenterebbe il valore della concessione.

62.      Poiché è più che probabile che gli attuali concessionari siano cittadini italiani, una norma siffatta rappresenterebbe una discriminazione indiretta sulla base della nazionalità, vietata dall’articolo 49 TFUE (25).

63.      Pertanto, una norma in forza della quale le opere non amovibili costruite all’interno del demanio pubblico restano acquisite allo Stato alla scadenza di un periodo di concessione anche se lo stesso operatore economico ottiene una nuova concessione sulla stessa area non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

c)      La tutela del legittimo affidamento

64.      La SIIB ha inoltre invocato il principio della tutela del legittimo affidamento. Benché il giudice del rinvio non lo abbia inserito nella questione pregiudiziale, tratterò brevemente tale argomento.

65.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il principio della tutela del legittimo affidamento presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti. Il diritto menzionato spetta difatti a qualsiasi soggetto in capo al quale le autorità abbiano ingenerato aspettative fondate, fornendogli precise rassicurazioni (26).

66.      Tuttavia, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sul mantenimento di una situazione esistente, che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali (27).

67.      Come spiegato dal governo italiano, sembra che la normativa italiana vigente all’epoca riconoscesse la preferenza in favore del vecchio concessionario in occasione dell’aggiudicazione di nuove concessioni. Tale normativa è stata modificata nel 2011, in risposta a una procedura di infrazione avviata dalla Commissione per il mancato recepimento della direttiva sui servizi da parte dell’Italia (28).

68.      Tale normativa, che sarebbe di per sé contraria al diritto dell’Unione (29), potrebbe forse aver creato una presunzione di successo del precedente concessionario nella gara per la nuova concessione. Tale valutazione spetta al giudice del rinvio, nell’ambito della decisione della causa di cui è investito.

69.      Tuttavia, questo tipo di presunzione non è in discussione nella causa di cui trattasi. In altri termini, non importa se la SIIB possa affermare di nutrire un legittimo affidamento sul rinnovo della sua concessione; ciò che conta è che essa non possa affermare di nutrire un legittimo affidamento sul fatto che, dopo il rinnovo, le opere non amovibili non resterebbero acquisite allo Stato, condizionando così il valore della concessione.

70.      All’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, l’articolo 49 del codice della navigazione era già interpretato ed applicato in concreto nel senso che, alla scadenza del periodo di concessione, esso dava luogo alla cessione al demanio senza indennizzo delle opere non amovibili.

71.      Pertanto, il principio della tutela del legittimo affidamento non può influire sulla conclusione, nella presente causa, che non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento una norma nazionale che disponga l’acquisizione al patrimonio dello Stato senza indennizzo delle opere non amovibili anche nel caso in cui lo stesso concessionario sia aggiudicatario di una nuova concessione.

d)      Pertinenza della sentenza Laezza

72.      Nella sua questione il giudice del rinvio si interroga sulla pertinenza della sentenza della Corte nella causa Laezza.

73.      Detta causa riguardava una normativa italiana che regolava le concessioni per la gestione e la raccolta di scommesse. La normativa imponeva ai concessionari l’obbligo di cedere a titolo non oneroso, al momento della scadenza del periodo di validità della concessione, l’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituivano la rete di gestione e di raccolta del gioco.

74.      La Corte ha concluso innanzitutto che la normativa in questione rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE (30), e successivamente l’ha ritenuta sproporzionata rispetto allo scopo legittimo che perseguiva (31).

75.      La situazione in tale causa differisce in modo significativo da quella attualmente all’esame della Corte, anche se, a prima vista, la normativa in questione nella causa Laezza potrebbe sembrare simile a quella di cui alla presente causa. Analogamente all’articolo 49 del codice della navigazione, la normativa nella causa Laezza prevedeva che i beni realizzati durante il periodo della concessione fossero ceduti a titolo non oneroso alle autorità pubbliche alla scadenza della concessione. Tuttavia, è immediatamente evidente che esiste un’importante differenza tra queste due normative. Mentre la norma in questa causa si riferisce solo alle opere non amovibili, la normativa di cui alla causa Laezza riguardava tutti i beni, materiali e immateriali, realizzati durante nel corso della validità della concessione. In effetti, ciò basterebbe a differenziare queste due cause.

76.      Tuttavia, quello che, a mio avviso, le differenzia in modo ancora più significativo è il contesto in cui si collocano le normative di cui trattasi.

77.      Da un lato, la causa Laezza riguardava una situazione in cui la concessione era richiesta per controllare un’attività economica su un mercato considerato socialmente problematico, aspetto che costituiva quindi la ragion d’essere dell’imposizione della concessione. In linea di principio, la giurisprudenza della Corte riconosce il requisito di una concessione per l’esercizio di un’attività commerciale come una restrizione alle libertà di mercato. Nella sentenza Laezza, infatti, la Corte si è limitata a richiamare i precedenti in materia di concessioni, senza approfondire il motivo per cui l’obbligo di concessione in questione rappresentasse una restrizione (32).

78.      Dall’altro lato, la decisione di uno Stato di mantenere la proprietà pubblica di un certo tipo di area, con la conseguente necessità di una concessione per qualsiasi attività economica privata su tale area, rientra in un contesto diverso da quello della sentenza Laezza. La decisione politica alla base di una simile normativa è l’idea che la destinazione di talune aree debba essere mantenuta per la fruizione pubblica, e rimanere quindi nella proprietà demaniale.

79.      Esistono diversi tipi di concessioni, che di conseguenza possono essere classificate in modo diverso secondo il diritto dell’Unione. Ad esempio, la concessione aggiudicata nel caso di specie si differenzia dalle concessioni di servizi attribuite a investitori privati, attraverso le quali uno Stato soddisfa determinate esigenze pubbliche (come la realizzazione di una strada o quella di un aeroporto) (33). La natura e lo scopo di una concessione dovrebbero determinarne il trattamento giuridico.

80.      Le concessioni legate alla decisione di mantenere talune aree nella proprietà demaniale presentano alcune caratteristiche intrinseche. Una di esse è che l’attività economica per la quale viene rilasciata la concessione è inscindibile dalla natura pubblica di quell’area. Mentre le scommesse possono essere organizzate su proprietà private, o anche virtualmente, la concessione nel caso di cui trattasi è direttamente collegata all’uso di una particolare area di proprietà dello Stato.

81.      Per tale motivo, il fatto che la Corte abbia considerato come una restrizione alla libertà di stabilimento una normativa che impone la cessione alle autorità pubbliche dei beni acquisiti in relazione alle scommesse non è di per sé trasponibile a una situazione in cui la cessione di opere non amovibili insistenti su un’area demaniale ha automaticamente luogo alla scadenza della concessione rilasciata.

82.      Una siffatta norma non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento per ragioni proprie, a differenza di quelle che caratterizzano come restrizione la concessione per i servizi di scommesse. Ho sviluppato gli argomenti a sostegno della tesi per cui la norma di cui trattasi nella presente causa non rappresenta una restrizione ai paragrafi da 45 a 63 delle presenti conclusioni.

83.      Per le ragioni sopra elencate, ritengo che la sentenza Laezza sia troppo distante dalle circostanze del procedimento principale per essere applicabile, mutatis mutandis, alla presente causa.

 Conclusione provvisoria

84.      Sulla base di quanto precede, ritengo che una norma nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione non rappresenti una restrizione al diritto di stabilimento, cosicché il divieto di cui all’articolo 49 TFUE non trova applicazione.

2.      Se la misura nazionale di cui trattasi possa essere giustificata

85.      Per l’ipotesi in cui la Corte nondimeno decidesse di qualificare una norma quale l’articolo 49 del codice della navigazione come una restrizione alla libertà di stabilimento, occorrerebbe valutare se tale restrizione possa essere giustificata.

86.      Le restrizioni non discriminatorie alla libertà di stabilimento non sono vietate se perseguono un motivo imperativo di interesse pubblico in modo proporzionato. La restrizione è proporzionata quando è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito in modo coerente e quando non va oltre quanto necessario per raggiungerlo (34).

87.      Il governo italiano ha addotto diversi motivi di interesse pubblico a giustificazione dell’articolo 49 del codice della navigazione, per il caso in cui tale disposizione venisse qualificata come restrizione al diritto di stabilimento: la salvaguardia della proprietà pubblica, la salvaguardia delle finanze pubbliche, nonché il turismo, la cultura e l’ambiente. Tutti i suddetti motivi possono effettivamente costituire obiettivi legittimi dal punto di vista del diritto dell’Unione (35).

88.      Nell’ambito del procedimento pregiudiziale, nella ripartizione delle competenze tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, spetta a questi ultimi verificare se una misura nazionale che limita una delle libertà di mercato sia effettivamente idonea e necessaria al conseguimento degli obiettivi pubblici dichiarati.

89.      La Corte, pur non potendo procedere di per sé a un controllo sulla proporzionalità delle misure nazionali, può fornire indicazioni sui metodi necessari per valutare la proporzionalità della norma. A tal proposito, è utile ribadire che la valutazione dell’adeguatezza e della necessità deve essere effettuata con riferimento ad ogni motivo giustificativo presentato separatamente. Il giudice nazionale deve chiedersi, in primo luogo, se la misura nazionale in esame contribuisca effettivamente all’obiettivo perseguito e, in secondo luogo, se lo stesso obiettivo possa essere raggiunto con una misura diversa, meno restrittiva della libertà di stabilimento.

90.      Per quanto riguarda la giustificazione della salvaguardia della proprietà pubblica, il governo italiano sostiene che la norma in questione impedisce che un’area sia sottratta alla fruizione pubblica attraverso la conversione di parte di tale area in proprietà privata. Come ho già sostenuto, una siffatta norma è inerente al concetto di demanio pubblico (paragrafo 47 delle presenti conclusioni). È opportuno e necessario che le opere non amovibili costruite sul suolo demaniale tornino di proprietà dello Stato alla scadenza della concessione. Pertanto, a mio avviso, l’articolo 49 del codice della navigazione non costituisce una restrizione. Tuttavia, se non si accetta questa tesi, gli stessi argomenti potrebbero essere utilizzati per giustificare tale norma.

91.      Si potrebbe aggiungere che la norma italiana riguarda solo le opere di non facile rimozione. Pertanto, a differenza della normativa oggetto della sentenza Laezza, essa non va oltre quanto necessario per la salvaguardia della proprietà pubblica.

92.      Tuttavia, la salvaguardia della proprietà pubblica non giustifica necessariamente la cessione a titolo non oneroso. La cessione al demanio potrebbe essere conseguita anche se lo Stato indennizzasse il concessionario per le opere che ha realizzato, ma che resteranno sull’area demaniale. A tale proposito, il governo italiano ha invocato come giustificazione la salvaguardia delle finanze pubbliche.

93.      La norma in questione è senza dubbio idonea a salvaguardare le finanze pubbliche, in quanto nessun pagamento graverà sui contribuenti. Esiste però un’alternativa meno restrittiva per conseguire lo stesso obiettivo?

94.      A mio avviso, le condizioni di una concessione devono creare la possibilità per un imprenditore di ottenere un profitto ragionevole dal proprio investimento nel corso della concessione. Nel caso in cui ciò si riveli impossibile, si potrebbe ricorrere alla logica dell’indennizzo. Tale potrebbe essere il caso in cui le opere non amovibili (come scale di discesa al mare, magazzini o edifici adibiti alla ristorazione) siano necessarie per fornire il servizio in spiaggia, ma i costi costruzione eccedano i profitti conseguiti nel corso della concessione.

95.      Tale preoccupazione economica ha rivestito importanza per la Corte nella sentenza Laezza al fine di statuire che la misura in questione in quella causa rappresentava una restrizione al diritto di stabilimento. La Corte ha ritenuto che il rischio per un’impresa di dover cedere, senza contropartita economica, l’uso dei beni in suo possesso, può impedire a detta impresa di trarre profitto dal proprio investimento (36).

96.      Tuttavia, l’articolo 49 del codice della navigazione prevede che la proprietà sia ceduta senza indennizzo, a meno che non sia diversamente concordato tra lo Stato e il concessionario. Tale norma prende in considerazione le preoccupazioni economiche dei potenziali concessionari, che temono che la loro attività non produrrebbe profitti, o subirebbe perdite, se per le opere in cui hanno investito non vi fosse alcun indennizzo alla scadenza della concessione.

97.      Se il concessionario conosce in anticipo le norme applicabili, può negoziare un indennizzo adeguato nel caso in cui l’investimento necessario fosse troppo grande per essere riassorbito nel corso della concessione.

98.      Infine, se venisse corrisposto un qualsiasi indennizzo ulteriore al concessionario uscente, i nuovi concorrenti che si contendono la nuova concessione sulla stessa area si troverebbero in una posizione meno vantaggiosa. Una siffatta opzione sarebbe contraria al diritto dell’Unione, che richiede che gli Stati membri consentano una concorrenza transfrontaliera equa se decidono di offrire aree demaniali per attività economiche private (37).

99.      Pertanto, erogare al concessionario uscente un indennizzo di importo superiore all’investimento nel bene ceduto allo Stato non è un’opzione prevista dal diritto dell’Unione.

100. In considerazione di quanto precede, ritengo che non esista un’alternativa meno restrittiva alla tutela delle finanze pubbliche rispetto a quella prevista dal codice della navigazione. Detta norma consente l’indennizzo qualora sia necessario per correggere uno squilibrio economico, ma altrimenti, come richiesto dal diritto dell’Unione, impedisce un esborso a carico del bilancio pubblico, che porterebbe alla discriminazione di nuovi concorrenti per la stessa area demaniale.

101. Naturalmente il giudice del rinvio, che dispone di tutte le informazioni sugli effetti e sull’interrelazione delle norme italiane applicabili, deve valutare se l’analisi proposta possa effettivamente essere applicata alla situazione specifica delle concessioni delle spiagge italiane. Spetta, in definitiva, a tale giudice decidere se l’articolo 49 del codice della navigazione, collocato nel suo giusto contesto, sia idoneo e necessario per la salvaguardia del demanio pubblico e della finanze pubbliche.

102. Per quanto riguarda le ulteriori giustificazioni – tutela dell’ambiente, della cultura e del turismo – il governo italiano non ha spiegato il nesso tra lo specifico disposto dell’articolo 49 del codice della navigazione e la tutela di tali interessi. Sebbene la decisione di mantenere le spiagge come parte del demanio pubblico possa essere motivata da ragioni ambientali o culturali, la tutela di tali interessi pubblici può essere meglio raggiunta da misure che impongano ai concessionari di adottare, o astenersi dall’adottare, azioni concrete. Ad esempio, potrebbero essere obbligati dalla normativa ad ottemperare ad obblighi di costruire secondo determinati standard, o a prendersi cura dei beni storici o culturali nell’area in concessione. Tuttavia, il Comune potrebbe approfondire tali giustificazioni nell’ambito della procedura nazionale e stabilire un nesso più chiaro sul motivo per cui tali ragioni potrebbero giustificare l’articolo 49 del codice della navigazione.

103. La SIIB ha invocato altresì la possibile violazione del diritto alla libertà d’impresa e del diritto di proprietà. Il giudice del rinvio, tuttavia, non ha chiesto l’interpretazione degli articoli 16 e 17 della Carta che riguardano tali diritti. Ciò nonostante, potrebbe essere utile rammentare che la Corte ha già spiegato che l’esame delle restrizioni rappresentate da normative nazionali sulla scorta dell’articolo 49 TFUE comprende anche le eventuali restrizioni dell’esercizio dei diritti e delle libertà previsti dagli articoli da 15 a 17 della Carta, di modo che un esame separato del diritto di proprietà sancito nell’articolo 17 della Carta non è necessario (38).

 Conclusione provvisoria

104. Qualora la norma nazionale di cui trattasi nella presente causa sia qualificata come restrizione non discriminatoria del diritto di stabilimento, la ritengo, ferme restando le verifiche che debbono essere svolte dal giudice del rinvio, proporzionata allo scopo di salvaguardare la proprietà pubblica e le finanze pubbliche.

IV.    Conclusione

105. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:

Una misura nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione, che alla scadenza della concessione comporta la cessione allo Stato senza indennizzo delle opere non amovibili costruite nell’area demaniale marittima in concessione, non rappresenta una restrizione al diritto di stabilimento vietata dall’articolo 49 TFUE se la durata della concessione è sufficiente per l’ammortamento dell’investimento da parte del concessionario. Ciò vale anche nel caso in cui lo stesso concessionario si aggiudichi la nuova concessione sulla medesima area.

In subordine, ove una norma nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione fosse qualificata come restrizione non discriminatoria al diritto di stabilimento, tale restrizione non sarebbe vietata dall’articolo 49 TFUE, nei limiti in cui sia proporzionata ai legittimi obiettivi di salvaguardia della proprietà pubblica e della finanza pubblica, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Concessione demaniale marittima n. 181/2009.


3      La SIIB si è basata sul Decreto del Presidente della Giunta Regionale del 24 settembre 2013, n. 52/R, – Modifiche al regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta Regionale 23 aprile 2001, n. 18/2001/R – il quale aveva inserito nel Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 18/2001/R l’articolo 44 bis. L’articolo 1 di tale decreto è così formulato:


      «Sono classificate di facile rimozione e sgombero le costruzioni e le strutture utilizzate ai fini dell’esercizio di attività turistico- ricreative, realizzate sia sopra che sotto il suolo in aree demaniali marittime oggetto di concessione che (...) possono essere completamente rimosse utilizzando le normali modalità offerte dalla tecnica, con conseguente restituzione in pristino dei luoghi nello stato originario, in non più di novanta giorni».


4      Provvedimento n. 17432 del 16 aprile 2015.


5      Sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C‑375/14, EU:C:2016:60; in prosieguo: la «sentenza Laezza»).


6      Sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punti 50 e 52). V., altresì, sentenza del 19 dicembre 2019, Comune di Bernareggio (C‑465/18, EU:C:2019:1125, punto 33).


7      V., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, in prosieguo: la «sentenza Promoimpresa», punti 66 e 67).


8      A partire dalla sentenza Ullens de Schooten, la Corte sembra insistere sulla necessità che il giudice del rinvio indichi chiaramente le ragioni per le quali ritiene che la Corte debba rispondere alla questione che si pone in una situazione puramente interna (v. citate sentenze Ullens de Schooten, punto 55, e Promoimpresa, punto 68). A mio avviso, in una situazione in cui esiste un chiaro effetto transfrontaliero potenziale, come nel caso di cui trattasi, la Corte può dichiararsi competente anche se il giudice del rinvio non ha spiegato il motivo della potenziale esistenza di un siffatto interesse transfrontaliero.


9      V., a tal fine, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 22).


10      Sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia (244/80, EU:C:1981:302, punto 29) e del 7 dicembre 2023, Zamestnik izpalnitelen direktor na Darzhaven fond «Zemedelie» (Apicoltura biologica) (C‑329/22, EU:C:2023:968, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


11      Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36; in prosieguo: la «direttiva sui servizi»). Nella sentenza Promoimpresa (punto 41), la Corte ha chiarito che le concessioni possono essere considerate come autorizzazioni disciplinate dall’articolo 12 della direttiva sui servizi.


12      Articolo 44, paragrafo 1, primo comma, della direttiva sui servizi.


13      Come spiegato dal giudice del rinvio, sulla base del codice della navigazione, della cui conformità con il diritto dell’Unione il giudice del rinvio non è sicuro, nel caso di specie vi è stata una cessione di beni allo Stato alla fine del 2008.


14      V., in tal senso, sentenza Promoimpresa, punti 59 e 62. V. altresì sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa) (C‑348/22, EU:C:2023:301, punti da 36 a 38 e giurisprudenza ivi citata).


15      V., in tal senso, sentenza Promoimpresa, punto 63.


16      V., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France (C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 11); del 21 aprile 2005, Commissione/Grecia (C‑140/03, EU:C:2005:242, punti 27 e giurisprudenza ivi citata); del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 22), e del 6 ottobre 2022, Contship Italia (C‑433/21 e C‑434/21, EU:C:2022:760, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


17      Sentenze del 13 dicembre 1989, Corsica Ferries (France) (C‑49/89, EU:C:1989:649, punto 8) e del 2 marzo 2023, PrivatBank e a. (C‑78/21, EU:C:2023:137, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).


18      Tale sviluppo ha fatto seguito alla sentenza fondamentale del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, v., in particolare, punti 13 e 17).


19      Per quanto riguarda la libera circolazione delle merci, v., ad esempio, sentenza del 7 marzo 1990, Krantz (C‑69/88, EU:C:1990:97, punti 11 e 12). Per quanto riguarda la libera prestazione di servizi, v. sentenze del 27 aprile 2022, Airbnb Ireland, C‑674/20, EU:C:2022:303, punto 42), e del 27 ottobre 2022, Instituto do Cinema e do Audiovisual, (C‑411/21, EU:C:2022:836, punto 29). Per quanto riguarda la libertà di circolazione dei capitali, v. sentenza del 7 settembre 2023, Finanzamt G (Progetti di aiuto allo sviluppo) (C‑15/22, EU:C:2023:636, punto 50).


20      V., in tal senso, sentenza del 20 giugno 1996, Semeraro Casa Uno e a. (da C‑418/93 a C‑421/93, da C‑460/93 a C‑462/93, C‑464/93, da C‑9/94 a C‑11/94, C‑14/94, C‑15/94, C‑23/94, C‑24/94 e C‑332/94, EU:C:1996:242, punto 32).


21      L’articolo 823 del codice civile italiano disciplina l’inalienabilità del demanio pubblico, mentre l’articolo 822, paragrafo 1, include la spiaggia tra i tipi di beni che appartengono a tale demanio. Per una discussione generale sui beni comuni, v. D’Alberti, M., Caporale, F., De Nitto, S., «Meeting the Challenge of the Commons in Italy», in Mattei, U., Quarta, A., Valguarnera, F., Fisher, R.J., Property Meeting the Challenge of the Commons, Springer, Switzerland, 2023, pagg. da 195 a 221, in particolare pag. 201.


22      Schmid, C.U., Hertel, C., Real Property Law and Procedure in the European Union, General Report, European University Institute (EUI) Florence/European Private Law Forum/Deutsches Notarinstitut (DNotI) Würzburg, 2005, pag. 16.


23      Come nota a margine, dal momento dell’aggiudicazione della concessione, è dubbio che vi siano diritti acquisiti sulla costruzione di opere inamovibili sul demanio pubblico. In effetti, tale costruzione è in genere soggetta a un’autorizzazione supplementare da parte delle autorità locali. Ciò potrebbe non essere necessariamente vero per le opere di facile rimozione.


24      In tutti i casi in cui ha applicato il criterio dell’«effetto troppo aleatorio e troppo indiretto», la Corte ha associato la possibilità di escludere i divieti del Trattato al requisito che la norma in discorso tratti tutti gli operatori economici allo stesso modo. V. nota a piè di pagina 20 delle presenti conclusioni. V. altresì sentenza del 22 dicembre 2022, Airbnb Ireland e Airbnb Payments UK (C‑83/21, EU:C:2022:1018, punto 45).


25      V., per analogia, sentenza Promoimpresa, punto 65.


26      V., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2013, Schenker & Co. e a. (C‑681/11, EU:C:2013:404, punto 41 e giurisprudenza ivi citata); del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 62 e giurisprudenza ivi citata) e del 3 dicembre 2019, Repubblica Ceca/Parlamento e Consiglio (C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Admiral Gaming Network e a. (da C‑475/20 a C‑482/20, EU:C:2022:714, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


28      Procedura d’infrazione n. 2008/4908. Tale procedura è stata successivamente chiusa. Su tali questioni, v. sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa) (C‑348/22, EU:C:2023:301, punti 23 e 24).


29      Sentenza Promoimpresa, punto 65, i cui principi sono stati recentemente ribaditi nella sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa) (C‑348/22, EU:C:2023:301).


30      Sentenza Laezza, punti da 22 a 24.


31      Sentenza Laezza, punto 44.


32      Sentenza Laezza, punto 22.


33      V., a tale proposito, sentenza Promoimpresa, punto 47.


34      V. sentenze del 30 novembre 1995, Gebhard, (C‑55/94, EU:C:1995:411, punto 37), e del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108, punto 166 e giurisprudenza ivi citata).


35      La Corte ha già accettato la protezione dell’ambiente o la promozione del turismo come motivi imperativi di ordine pubblico. V., al riguardo, sentenze dell’8 giugno 2023, Prestige and Limousine (C‑50/21, EU:C:2023:448, punto 69 e giurisprudenza ivi citata) e del 22 dicembre 2010, Yellow Cab Verkehrsbetrieb (C‑338/09, EU:C:2010:814, punto 50), rispettivamente. Gli obiettivi di natura puramente economica non possono, in linea di principio, giustificare una restrizione alle libertà di mercato. Tuttavia, la Corte ha ammesso che un rischio di grave alterazione dell’equilibrio delle risorse pubbliche possa costituire un motivo imperativo di interesse generale. V., in tal senso, sentenza del 28 aprile 1998, Kohll (C‑158/96, EU:C:1998:171, punto 41).


36      Sentenza Laezza, punto 23. V. altresì conclusioni presentate dall’avvocato generale Wahl nella causa Laezza (C‑375/14, EU:C:2015:788, paragrafo 62).


37      V., al riguardo, sentenza Promoimpresa, punti 64 e 65.


38      V., in tal senso, sentenze del 20 dicembre 2017, Global Starnet (C‑322/16, EU:C:2017:985, punto 50 e giurisprudenza ivi citata) e del 7 settembre 2022, Cilevičs e a. (C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 56).