Language of document : ECLI:EU:T:2011:634

Causa T‑436/09

Julien Dufour

contro

Banca centrale europea

«Accesso ai documenti — Decisione 2004/258/CE — Banca di dati della BCE utilizzata per la preparazione di relazioni relative all’assunzione e alla mobilità del personale — Diniego di accesso — Ricorso di annullamento — Interesse ad agire — Ricevibilità — Nozione di documento — Ricorso per risarcimento danni − Carattere prematuro»

Massime della sentenza

1.      Ricorso di annullamento — Interesse ad agire — Persone fisiche o giuridiche — Ricorso che può procurare un beneficio al ricorrente

(Art. 263, quarto comma, TFUE)

2.      Unione europea — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Decisione 2004/258 della Banca centrale europea

3.      Ricorso di annullamento — Competenza del giudice dell’Unione — Conclusioni volte ad ottenere un’ingiunzione nei confronti di un’istituzione — Accesso ai documenti — Irricevibilità

(Art. 263, quarto comma, TFUE)

4.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione della Banca centrale europea con la quale si nega al ricorrente l’accesso a talune sue banche di dati in quanto queste ultime non presentano carattere documentale

(Art. 296, secondo comma, TFUE; decisione della Banca centrale europea 2004/258, artt. 7, n. 1, 8, n. 1, e 9)

5.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata

(Art. 296, secondo comma, TFUE)

6.      Ravvicinamento delle legislazioni — Tutela giuridica delle banche di dati — Direttiva 96/9 — Nozione di banca di dati

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 96/9, art. 1, n. 2)

7.      Unione europea — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Decisione 2004/258 della Banca centrale europea — Nozione di documento

[Decisione della Banca centrale europea 2004/258, art. 3, lett. a)]

8.      Unione europea — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Domanda che implica un carico di lavoro eccessivo — Bilanciamento degli interessi in gioco

[Decisione della Banca centrale europea 2004/258, art. 3, lett. a)]

9.      Unione europea — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Decisione 2004/258 della Banca centrale europea — Nozione di documento

[Decisione della Banca centrale europea n. 2004/258, art. 3, lett. a)]

10.    Unione europea — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Decisione 2004/258 della Banca centrale europea — Obbligo della Banca di effettuare una ricerca normale o di routine dei documenti — Portata

[Decisione della Banca centrale europea 2004/258, artt. 2, n. 1, 3, lett. a), 4, nn. 5 e 6, e 6, nn. 1‑3]

11.    Unione europea — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Regolamento n. 1049/2001 — Obbligo di creare un registro di documenti — Iscrizione nel registro di una banca di dati

[Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1049/2001, art. 11; decisione della Banca centrale europea 2004/258, art. 3, lett. a)]

12.    Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Illiceità — Danno — Nesso causale — Insussistenza di uno di questi presupposti — Rigetto integrale del ricorso per risarcimento danni

(Artt 107, n. 2, CE e 288, secondo e terzo comma, CE; art. 1, terzo comma, terza frase, TUE)

13.    Procedura — Atto introduttivo del giudizio — Requisiti di forma — Esposizione sommaria dei motivi dedotti

[Regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]

1.      Un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove tale persona abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un siffatto interesse presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto. Ciò si verifica nel caso di un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica avverso il diniego opposto dalla Banca centrale europea alla sua domanda di accesso ai dati contenuti in una banca di dati, presentata ai sensi dell’art. 6, n. 2, della decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, e fondato sull’argomento, contestato dal ricorrente, secondo cui la decisione 2004/258 non è applicabile al caso dell’accesso alle banche di dati e ai dati in esse contenute.

(v. punti 28, 36)

2.      Nel caso di una domanda di accesso ai documenti della Banca centrale europea, emerge dall’art. 6, n. 2, della decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, in particolare dall’utilizzazione dei termini «può chiedere» e «assistere», che essa non può immediatamente respingere tale domanda per il motivo che il documento da essa considerato non esiste. Essa è tenuta, al contrario, in un caso del genere, in applicazione dell’art. 6, n. 2, della decisione 2004/258, ad invitare il richiedente a chiarire la sua domanda e ad assisterlo a tal fine, in particolare indicandogli i documenti da essa detenuti e che sono analoghi a quelli considerati dalla domanda di accesso o possono contenere, in parte o integralmente, le informazioni ricercate dal richiedente.

(v. punti 30-31)

3.      Il Tribunale non può rivolgere un’ingiunzione alle istituzioni o sostituirsi a queste ultime nell’ambito del controllo di legittimità che esso esercita. Tale limitazione del controllo di legittimità vale per tutti i settori di contenzioso che il Tribunale è competente a trattare, compreso quello dell’accesso ai documenti.

(v. punto 39)

4.      La motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti va effettuato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi.

Ne consegue che un’istituzione si conforma a tale obbligo quando indica che la domanda di accesso del ricorrente a talune banche di dati da essa detenute è respinta per il motivo che, per un insieme di circostanze relative all’assenza di versioni stampate dei dati richiesti e al considerevole carico di lavoro che avrebbe comportato l’elaborazione di siffatte versioni, la citata domanda non riguarda un documento ai sensi delle disposizioni in vigore. Una siffatta motivazione consente, infatti, al ricorrente di comprendere la giustificazione del diniego opposto alla sua domanda di accesso e di contestare tale diniego dinanzi al giudice dell’Unione.

(v. punti 47-51)

5.      L’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legalità sostanziale di un atto. Infatti, il carattere eventualmente erroneo di una motivazione non fa di essa una motivazione inesistente.

(v. punto 52)

6.      La nozione di banca di dati ai sensi dell’art. 1, n. 2, della direttiva 96/9, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, riguarda qualsiasi raccolta che comprenda opere, dati o altri elementi, separabili gli uni dagli altri senza che venga per questo intaccato il valore del loro contenuto, e che comporti un metodo o un sistema, di qualunque natura esso sia, che consenta di ritrovare ciascuno dei suoi elementi costitutivi. Tra le caratteristiche di una banca di dati figurano, da una parte, l’esistenza di un contenuto di qualsiasi natura (informativo, letterario, artistico, musicale o altro) e, dall’altra, l’esistenza di un supporto fisso, di qualsivoglia natura, nel quale il detto contenuto è memorizzato.

Gli elementi che compongono una siffatta banca di dati, vale a dire i dati, sono indipendenti gli uni dagli altri. Essi non si presentano, in linea di massima, in una configurazione fissa e immutabile, ma, attraverso l’utilizzazione degli strumenti, tecnici o altri, messi a disposizione, possono essere presentati in molteplici combinazioni differenti.

(v. punti 87, 102, 107)

7.      Per quanto attiene alla definizione del termine «documento», di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, risulta, implicitamente ma chiaramente, dai termini «supporto», «registrazione», «elaborato» e «posseduto», utilizzati in tale definizione, che è stato preso in considerazione un contenuto conservato, riproducibile o consultabile successivamente alla sua produzione. Elementi non conservati non costituiscono quindi documenti, quand’anche siano conosciuti dalla Banca.

In secondo luogo, dalla medesima disposizione emerge che la natura del supporto di memorizzazione di un contenuto è indifferente, per quanto riguarda la questione di stabilire se tale contenuto costituisca o meno un documento. Così, può trattarsi tanto di un tipo di supporto tradizionale, come la carta, quanto di tipi di supporto più sofisticati, come i diversi dispositivi di memorizzazione elettronica (disco duro, chip di memoria elettronica, ecc.) o i diversi supporti utilizzati per registrazioni sonore, visive o audiovisive (CD, DVD, videocassette, ecc.).

In terzo luogo, la formulazione della citata disposizione riguarda «qualsiasi contenuto». In altri termini, anche il tipo e la natura del contenuto memorizzato sono indifferenti. Così, un documento ai sensi della definizione contenuta nella detta decisione può comportare parole, cifre o qualsiasi altro tipo di simbolo, ma anche immagini e registrazioni sonore, come i discorsi di un oratore, o visive, come un film. La sola limitazione relativa al contenuto che può essere considerato dalla definizione contenuta in tale disposizione è la condizione secondo la quale il detto contenuto dev’essere relativo alle politiche, alle attività o alle decisioni della Banca.

In quarto luogo, ai sensi di tale disposizione, la voluminosità, l’importanza o la presentazione di un contenuto sono irrilevanti per quanto riguarda la questione se tale contenuto rientri o meno nella detta definizione. Ne consegue che un documento ai sensi della decisione 2004/258 può essere un libro di qualche centinaio di pagine o un «pezzo di carta» contenente solo una parola o una cifra, ad esempio un nome o un numero di telefono. Analogamente, un documento può anche consistere non soltanto in un testo, come una lettera o una memoria, ma anche in una tabella, un catalogo o un elenco, come un elenco telefonico, un listino prezzi o un listino di pezzi di ricambio. Persino un contenuto di dimensioni minuscole, ad esempio una sola parola o una cifra, se è memorizzato è sufficiente a costituire un documento.

Ammettere che un dato, considerato singolarmente, non è un «contenuto» di dimensioni o natura sufficienti per costituire un documento ai sensi della decisione 2004/258 o ai sensi del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, equivale, per contro, a non considerare il fatto che il significato di un dato contenuto in una banca di dati non risiede soltanto nelle sue dimensioni, eventualmente minuscole, ma anche nelle sue relazioni multiple, dirette o indirette, con gli altri dati contenuti nella stessa banca di dati. Infatti, sono appunto queste relazioni che permettono al contenuto di una banca di dati di essere «disposto in maniera sistematica o metodica». Così anche un esiguo numero di dati estratti da una banca di dati può veicolare una o più informazioni utili, mentre, in linea di massima, un frammento di testo estratto dal suo contesto perde il suo significato. Di conseguenza, non si può considerare che l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce una massa priva di qualsiasi significato. Infatti, i citati dati non sono memorizzati in maniera casuale e disordinata, ma secondo uno schema di classificazione preciso, il quale, con la sua complessità, permette la creazione di relazioni multiple tra tali dati.

Ne consegue che, secondo un’interpretazione letterale della definizione del termine «documento», di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce un documento ai sensi di tale disposizione.

(v. punti 88-94, 106, 108, 110-111, 116, 164)

8.      Le dimensioni eventualmente considerevoli dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati non costituiscono un argomento utile per rifiutare loro la qualità di documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea.

Infatti, se è vero che un’istituzione deve mantenere la possibilità di ponderare, da un lato, l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e, dall’altro, il carico di lavoro che ne deriverebbe, al fine di salvaguardare, in questi casi particolari, l’interesse ad un buon andamento dell’amministrazione, tale possibilità resta tuttavia di applicazione eccezionale, tenuto conto, in particolare, del fatto che la presa in considerazione del carico di lavoro che l’esercizio del diritto di accesso comporta e dell’interesse del richiedente non rileva, in linea di principio, ai fini della determinazione della portata dell’esercizio di detto diritto. Inoltre, poiché il diritto di accesso ai documenti detenuti dalle istituzioni costituisce una soluzione di principio, l’onere della prova circa la portata di un’eccezione relativa al carattere irragionevole del compito che la domanda comporta grava sull’istituzione che si avvale di tale eccezione.

(v. punti 121, 122, 124)

9.      Per essere memorizzato su un supporto, un contenuto deve presentare un grado minimo di stabilità. Un contenuto che abbia una presenza soltanto istantanea su un dispositivo tecnico non soddisfa tale condizione. A partire dal momento in cui un contenuto è memorizzato dalla Banca centrale europea su un supporto appropriato, esso costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, che può essere oggetto di una domanda di accesso. Il fatto che tale contenuto possa essere modificato successivamente è, al riguardo, indifferente. Invece, una domanda di accesso non può riguardare né un contenuto futuro e, pertanto, non ancora registrato, né un contenuto che, benché registrato nel passato, sia stato cancellato prima della presentazione della domanda. Analogamente, un contenuto memorizzato presso un prestatore di servizi esterno per conto della Banca e in maniera tale da essere, ad ogni momento, a disposizione di quest’ultima è detenuto dalla Banca ai sensi di tale disposizione.

(v. punti 126-128, 131)

10.    Il carattere potenzialmente sensibile o riservato di taluni dati contenuti in una banca di dati della Banca centrale europea non può costituire un motivo adeguato per rifiutare di riconoscere al contenuto di una siffatta banca di dati la qualità di documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea.

La Banca può, inoltre, limitare un diniego di accesso ai soli dati cui si applicano le eccezioni considerate dall’art. 4, n. 6, della decisione 2004/258. Essa deve, di conseguenza, accordare un siffatto accesso parziale se lo scopo perseguito da tale istituzione, quando rifiuta l’accesso al documento, può essere conseguito nel caso in cui essa si limiti ad occultare i brani o i dati che possono arrecare pregiudizio all’interesse pubblico tutelato.

Una domanda diretta ad ottenere dalla Banca una ricerca nelle sue banche di dati e una comunicazione del risultato di tale ricerca si inserisce nello stesso contesto, dato che costituisce, in sostanza, una domanda di accesso parziale a un documento.

Atteso che l’accesso parziale è previsto dall’art. 4, n. 5, della decisione 2004/258 come una soluzione da adottare qualora sia impossibile accogliere interamente una domanda di accesso, le persone interessate, che hanno, in linea di principio, un diritto di accesso all’integralità di qualsiasi documento della Banca, possono, a fortiori, chiedere soltanto un accesso parziale ad un documento del genere. Una siffatta domanda deve individuare in modo sufficientemente preciso non solo il documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della citata decisione che ne costituisce l’oggetto, ma anche la parte di quest’ultimo con riferimento alla quale viene chiesto l’accesso.

Nell’ipotesi di una domanda di accesso diretta ad ottenere dalla Banca che venga effettuata una ricerca in una delle sue banche di dati secondo parametri definiti dal richiedente, essa è tenuta, fatta salva un’applicazione eventuale dell’art. 4 della decisione 2004/258, a dare risposta positiva a tale domanda, se la ricerca richiesta può essere effettuata utilizzando gli strumenti di ricerca messi a disposizione per tale banca di dati. Non può invece pretendersi dalla Banca, con una domanda di accesso ai documenti presentata sul fondamento della decisione 2004/258, che venga comunicata al richiedente una parte o l’insieme dei dati contenuti in una delle sue banche di dati, classificati secondo uno schema non previsto dalla detta banca di dati. Una siffatta domanda tende, effettivamente, alla creazione di un nuovo «documento» e, di conseguenza, esula dall’ambito di applicazione della citata decisione.

Ne consegue che, nell’ambito di una domanda di accesso parziale a un documento, tutto ciò che può essere estratto da una banca di dati effettuando una ricerca normale o di routine può formare oggetto di una domanda di accesso presentata sulla base della decisione 2004/258.

(v. punti 138, 144, 146-148, 150, 152-153)

11.    A differenza del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la decisione 2004/258, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, non prevede la creazione, da parte della Banca, di un registro di documenti. L’obbligo di creare un siffatto registro, previsto all’art. 11 di tale regolamento, è inteso a permettere ai cittadini di usufruire in maniera concreta dei diritti loro derivanti da tale regolamento. È pertanto dubbio che la difficoltà, se non l’impossibilità, di far figurare un elemento in tale registro possa costituire un argomento sufficiente per concludere che esso non è un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

Comunque, l’iscrizione di una banca di dati in un registro del genere, con indicazione delle informazioni previste dall’art. 11, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, non sembra porre difficoltà particolari. Tale disposizione non impone assolutamente l’adeguamento di tale iscrizione tutte le volte che un dato è aggiunto a tale banca di dati o ne viene tolto. Un tale adeguamento è, tutt’al più, necessario in caso di modifica rilevante del contenuto di una banca di dati. L’iscrizione nel registro di una banca di dati può inoltre formare oggetto di un aggiornamento a intervalli ragionevoli, al fine di rispecchiare nel migliore dei modi il contenuto attuale di tale banca di dati.

(v. punti 155-156)

12.    In forza dell’art. 288, secondo comma, CE, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato.

Per quanto riguarda la prima delle dette condizioni, è necessario che venga accertata una violazione sufficientemente qualificata di una norma di diritto intesa a conferire diritti ai singoli. Per quanto riguarda la condizione secondo cui la violazione dev’essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo per considerare tale condizione soddisfatta è quello della violazione manifesta e grave, commessa dall’istituzione in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando tale istituzione dispone solo di un margine discrezionale considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata.

Per quanto riguarda la condizione relativa al nesso di causalità, l’Unione può essere considerata responsabile solo per il danno che deriva in modo sufficientemente diretto dal comportamento irregolare dell’istituzione interessata. Per quanto riguarda il danno, quest’ultimo dev’essere reale e certo nonché valutabile. Per contro, un danno puramente ipotetico e indeterminato non dà diritto a risarcimento. Spetta al ricorrente fornire elementi di prova al fine di dimostrare l’esistenza e la portata del suo danno. Inoltre, quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso dev’essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare le altre condizioni.

In tale contesto, è prematura una domanda di risarcimento dei danni del ricorrente fondata sul ritardo nella discussione della sua tesi di dottorato a causa del rifiuto di un’istituzione dell’Unione di accordargli l’accesso a taluni suoi documenti, dal momento che tale rifiuto non è l’unico fattore determinante tale ritardo.

(v. punti 189-193, 197)

13.    Ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Per soddisfare tali esigenze, un ricorso diretto al risarcimento dei danni causati da un’istituzione comunitaria deve contenere elementi che permettano di identificare, in particolare, il danno che il ricorrente sostiene di aver subito nonché il carattere e la portata di tale danno.

(v. punto 194)