Language of document : ECLI:EU:T:2018:719

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

25 ottobre 2018 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio denominativo dell’Unione europea DEVIN – Impedimento assoluto alla registrazione – Carattere descrittivo – Denominazione geografica – Articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑122/17,

Devin AD, con sede in Devin (Bulgaria), rappresentata da B. Van Asbroeck, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da S. Di Natale e D. Gája, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale,

Haskovo Chamber of Commerce and Industry, con sede in Haskovo (Bulgaria), rappresentata da D. Dimitrova, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso presentato contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 2 dicembre 2016 (procedimento R 579/2016-2), relativa a un procedimento di nullità tra Devin AD e Haskovo Chamber of Commerce and Industry,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A. M. Collins, presidente, M. Kancheva (relatore) e J. Passer, giudici,

cancelliere: I. Dragan, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 febbraio 2017,

visto il controricorso dell’interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale l’8 maggio 2017,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 maggio 2017,

in seguito all’udienza del 14 marzo 2018, alla quale l’interveniente non ha partecipato,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        Il 21 gennaio 2011 la ricorrente, Devin AD, ha ottenuto la registrazione, con il numero di ruolo 9408865, del marchio denominativo dell’Unione europea DEVIN (in prosieguo: il «marchio contestato») all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        I prodotti per i quali il marchio è stato registrato ricadono nella classe 32 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Bevande analcoliche; acque minerali; acqua di seltz; bevande a base di frutta; succhi; sciroppi e altre preparazioni per fare bevande; aperitivi analcolici; acqua di fonte; acque aromatizzate; estratti di frutta senza alcool; bevande di frutta non alcooliche; acque da tavola; acque [bevande]; acqua di seltz; succhi vegetali [bevande]; bevande isotoniche; cocktails, analcolici; nettari di frutta, analcolici; sode (acque gassose)».

3        L’11 luglio 2014 l’interveniente, la Haskovo Chamber of Commerce and Industry (HCCI, camera di commercio e dell’industria di Haskovo, Bulgaria), ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato, sul fondamento dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], letto in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettere c), f) e g), dello stesso regolamento [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettere c), f) e g), del regolamento 2017/1001].

4        Con decisione del 29 gennaio 2016 la divisione di annullamento dell’EUIPO ha respinto le domande di dichiarazione di nullità fondate sull’articolo 7, paragrafo 1, lettere f) e g), del regolamento n. 207/2009. Per contro, essa ha accolto la domanda di dichiarazione di nullità fondata sull’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento e ha pronunciato la nullità del marchio contestato nella sua integralità. In particolare, ha considerato che il nome geografico Devin ricadeva nella previsione di tale disposizione, in quanto, attualmente, essa è compresa dal grande pubblico in Bulgaria e da una parte del pubblico dei paesi vicini come una descrizione dell’origine geografica dei prodotti interessati e, in futuro, sarà potenzialmente compresa da un pubblico europeo più vasto, in considerazione degli sforzi di marketing dispiegati e della crescita del settore turistico bulgaro. Orbene, detta divisione ha aggiunto che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova del carattere distintivo acquisito del marchio contestato su mercati diversi da quello bulgaro.

5        Contro la decisione della divisione di annullamento la ricorrente ha presentato, in data 23 marzo 2016, un ricorso dinanzi all’EUIPO, a norma degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001).

6        Con decisione del 2 dicembre 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. In sostanza, essa ha considerato che la città bulgara di Devin era conosciuta dal grande pubblico in Bulgaria e da una parte considerevole dei consumatori in paesi vicini quali la Grecia e la Romania, in particolare in quanto celebre stazione termale, e che il nome di questa città era associato dai settori interessati alla categoria di prodotti della classe 32 ai quali si riferisce il marchio contestato, segnatamente le acque minerali. Essa ha pertanto «confermato la conclusione della decisione [della divisione di annullamento] secondo la quale, per gran parte del pubblico di riferimento stabilito fuori dalla Bulgaria, la città di Devin presenta un legame con i prodotti designati dal marchio contestato (…) e può servire, agli occhi di detto pubblico, e designare l’origine geografica dei prodotti stessi». Detta commissione ne ha tratto la conclusione secondo la quale, per una parte rilevante del pubblico di riferimento bulgaro e non bulgaro, segnatamente per il pubblico dei summenzionati paesi limitrofi, il marchio contestato era descrittivo dell’origine geografica dei prodotti tutelati.

II.    Conclusioni delle parti

7        La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        annullare la decisione della divisione di annullamento del 29 gennaio 2016;

–        respingere del tutto, o quantomeno in parte, la domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato;

–        condannare l’EUIPO alle spese di quest’ultima e alle proprie spese.

8        L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

9        A sostegno del suo ricorso, la ricorrente invoca due motivi. In primo luogo, essa deduce che la commissione di ricorso ha violato l’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, letto in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), dello stesso regolamento, nel considerare che, per il pubblico di riferimento, il marchio contestato è descrittivo dell’origine geografica dei prodotti cui esso si riferisce nella classe 32. In secondo luogo, essa fa valere che, se è pur vero che la commissione di ricorso non ha violato l’articolo 7, paragrafo 1, di detto regolamento, essa ha violato l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento medesimo (divenuto articolo 7, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001) nel considerare che il marchio contestato non ha acquisito carattere distintivo per l’uso nelle parti dell’Unione europea in cui è stato considerato descrittivo.

10      In limine, occorre rilevare che con il secondo e il terzo capo delle conclusioni della ricorrente, in cui si chiede al Tribunale di annullare la decisione della divisione di annullamento e di respingere integralmente, o quantomeno parzialmente, la domanda di annullamento del marchio contestato, si chiede, in sostanza, che il Tribunale adotti la decisione che, secondo la ricorrente, la commissione di ricorso avrebbe dovuto adottare quando è stato proposto il ricorso. All’udienza, la ricorrente ha confermato che questi capi delle conclusioni dovevano essere analizzati come una domanda di riforma.

11      A tale riguardo, risulta dall’articolo 64, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 71, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento 2017/1001] che la commissione di ricorso può annullare la decisione dell’organo dell’EUIPO che ha adottato la decisione impugnata dinanzi ad essa ed esercitare le competenze di detto organo, eventualmente decidendo sulla domanda di nullità e respingendola. Conseguentemente, detta misura ricade tra quelle che possono essere adottate dal Tribunale nell’esercizio del suo potere di riforma, sancito dall’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001] [v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, punto 40; del 13 maggio 2015, easyGroup IP Licensing/UAMI – Tui (easyAir-tours), T‑608/13, non pubblicata, EU:T:2015:282, punto 20, e del 4 maggio 2017, Kasztantowicz/EUIPO – Gbb Group (GEOTEK), T 97/16, non pubblicata, EU:T:2017:298, punto 17].

12      Occorre esaminare previamente la domanda di annullamento della decisione impugnata risultante dal primo capo delle conclusioni della ricorrente.

A.      Sulla domanda di annullamento

1.      Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento

13      Con il primo motivo, la ricorrente deduce cha la commissione di ricorso è incorsa in un errore di diritto nel concludere nel senso del carattere descrittivo del marchio contestato per i prodotti della classe 32 cui esso si riferisce. Tale motivo si articola in due capi, relativi, il primo, al livello di riconoscimento da parte del pubblico di riferimento del termine «devin» in quanto nome geografico e, il secondo, al legame tra il marchio contestato e l’insieme dei prodotti in questione.

14      Con il primo capo del primo motivo, che occorre esaminare in primo luogo, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso, in sostanza, di avere erroneamente affermato, sulla base di semplici presunzioni, che gran parte del pubblico di riferimento era in grado di mettere in relazione il termine «devin» e l’origine geografica dei prodotti ai quali si riferisce il marchio contestato. A tal riguardo, essa distingue tre categorie geografiche di consumatori medi, vale a dire, in primo luogo, quelli della Bulgaria, in secondo luogo, quelli della Grecia e della Romania e, in terzo luogo, quelli degli altri Stati membri dell’Unione. La ricorrente ne trae la conclusione secondo cui la commissione di ricorso non ha accertato l’esistenza di un sufficiente grado di familiarità del consumatore medio dei paesi dell’Unione con la città di Devin ed è incorsa in un errore di diritto nell’applicare l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, quantomeno per quanto riguarda il consumatore medio dei paesi vicini alla Bulgaria, vale a dire la Grecia e la Romania, e di tutti gli altri paesi dell’Unione, con la sola eccezione della Bulgaria.

15      L’EUIPO confuta gli argomenti della ricorrente. A suo avviso, il punto centrale della controversia consiste nel chiarire se, alla data del deposito, il marchio contestato era descrittivo nei territori situati al di fuori della Bulgaria, in particolare nei territori vicini alla Grecia e alla Romania. Esso afferma che la decisione impugnata non è inficiata da alcun errore nella considerazione secondo cui gli elementi versati agli atti sono sufficienti per dichiarare che, alla data di deposito del marchio contestato, una parte considerevole, o quantomeno non trascurabile, del pubblico di riferimento in Grecia e in Romania era in grado di associare il segno DEVIN, inteso come il nome di una città termale in Bulgaria, e l’origine geografica dei prodotti designati, segnatamente le acque comprese nella classe 32. A suo avviso, la giurisprudenza consentirebbe alla commissione di ricorso di procedere per deduzione per concludere che una parte significativa del pubblico greco o rumeno associava o potrebbe un giorno associare il termine «devin» con l’origine geografica dei prodotti in parola. Esso ritiene che, sulla base delle prove prodotte, la commissione di ricorso poteva ragionevolmente ritenere che la «fama incontestabile» di Devin in quanto città termale con acque naturali dalle virtù curative non si arrestava alla frontiera bulgara, ma si estendeva ai paesi vicini, e che si poteva ragionevolmente presumere l’esistenza di una notorietà considerevole di Devin presso i consumatori residenti al di fuori della Bulgaria. Secondo l’EUIPO, la ricorrente riterrebbe a torto che «la città di Devin sarebbe, in qualche modo, protetta da fortificazioni naturali e tagliata fuori dal mondo il che la renderebbe quasi inaccessibile». Da parte sua, l’EUIPO considera che il numero esiguo di turisti greci e rumeni registrati negli hotel della città di Devin, le dimensioni ridotte della città e la sua situazione geografica non inficerebbero la decisione impugnata e ne trae la conclusione secondo la quale la commissione di ricorso ha tutelato, correttamente, l’interesse generale di preservare la disponibilità di una denominazione geografica come quella della città termale di Devin.

16      L’interveniente contesta gli argomenti della ricorrente. A suo avviso, la conclusione della commissione di ricorso secondo cui il pubblico di riferimento dell’Unione percepisce la parola «devin» come una denominazione geografica si fonda su fatti e dati oggettivi, quali il numero di turisti stranieri che hanno visitato la Bulgaria, la considerevole infrastruttura turistica della città di Devin, o ancora le informazioni disponibili on line, segnatamente la promozione delle celebri fonti di acqua minerale di Devin che si trova sul portale ufficiale del turismo in Bulgaria. Inoltre, essa sottolinea gli sforzi di marketing dispiegati a livello nazionale e locale per promuovere Devin quale destinazione turistica internazionale nel corso dell’intero anno e quale luogo celebre per la sua acqua minerale, attestati, segnatamente, da una lettera dell’associazione regionale di turismo Rodopi. Secondo l’interveniente, in considerazione della «Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile del turismo in Bulgaria Orizzonte 2030», adottata dal governo bulgaro nel 2014, nonché dei «fattori geopolitici» che includono «la minaccia accresciuta del terrorismo in Turchia, in Egitto e in Tunisia e l’instabilità politica che caratterizza questi paesi», che avrebbe «riorientato una parte del flusso turistico verso la Bulgaria» grazie, soprattutto, alla «sicurezza di cui gode il paese», sarebbe ragionevole ritenere che la Bulgaria diventerà una meta turistica tra le più ambite dei turisti europei nel corso di tutto l’anno e che, di conseguenza, il numero di turisti in cerca di informazioni su alcune destinazioni turistiche del paese, tra cui Devin, aumenterà.

17      A termini del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, il marchio registrato dell’Unione europea è dichiarato nullo quando è composto esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche di essi. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento (divenuto articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 2017/1001), il paragrafo 1 si applica anche se gli impedimenti alla registrazione o le cause di nullità esistono soltanto per una parte dell’Unione.

18      Secondo costante giurisprudenza, i segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico di riferimento, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto od il servizio per cui è richiesta la registrazione [v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI, C‑383/99 P, EU:C:2001:461, punto 39, e del 10 settembre 2015, Laverana/UAMI (BIO organic), T‑610/14, non pubblicata, EU:T:2015:613, punto 14]. Ne consegue che, perché un segno incorra nel divieto enunciato da detta disposizione, è necessario che esso abbia un nesso sufficientemente diretto e concreto con i prodotti o i servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente e direttamente una descrizione dei medesimi prodotti o servizi o di una loro caratteristica [sentenze del 22 giugno 2005, Metso Paper Automation/UAMI (PAPERLAB), T‑19/04, EU:T:2005:247, punto 25, e del 7 dicembre 2017, Colgate-Palmolive/EUIPO (360°), T‑332/16, non pubblicata, EU:T:2017:876, punto 15]. È sufficiente che un impedimento alla registrazione o una causa di nullità sussista nei confronti di una parte non trascurabile del pubblico di riferimento e non occorre esaminare se anche gli altri consumatori appartenenti al pubblico di riferimento conoscano detto segno [v. sentenza del 6 ottobre 2017, Karelia/EUIPO (KARELIA), T‑878/16, non pubblicata, EU:T:2017:702, punto 27 e giurisprudenza citata].

19      L’interesse generale sotteso all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 consiste nel garantire che i segni descrittivi di una o più delle caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali viene richiesta la registrazione come marchio possano essere liberamente utilizzati dall’insieme degli operatori economici che offrono siffatti prodotti o servizi (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 37). Tale disposizione osta a che detti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in ragione della loro registrazione quale marchio (sentenza del 23 ottobre 2003, UAMI/Wrigley, C‑191/01 P, EU:C:2003:579, punto 31) e che un’impresa monopolizzi l’uso di un termine descrittivo, a danno di altre imprese, comprese le sue concorrenti, ove la portata del vocabolario disponibile per descrivere i loro prodotti sarebbe in tal modo ridotta (v. sentenza del 7 dicembre 2017, 360°, T‑332/16, non pubblicata, EU:T:2017:876, punto 17 e giurisprudenza citata. In tal senso, l’applicazione di detta disposizione non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità concreto, attuale e serio [v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2015, Cipro/UAMI (XAΛΛOYMI e HALLOUMI), T‑292/14 e T‑293/14, EU:T:2015:752, punto 55 e giurisprudenza citata].

20      Per quanto riguarda, più particolarmente, i segni o le indicazioni atti a designare la provenienza o la destinazione geografica o delle categorie di prodotti o il luogo della prestazione di categorie di servizi per le quali si chiede la registrazione del marchio dell’Unione europea, in particolare i nomi geografici, vi è un interesse generale a preservarne la disponibilità, segnatamente per la loro capacità non solo di rivelare eventualmente la qualità e altre proprietà delle categorie di prodotti o servizi interessate, bensì anche di influenzare diversamente le preferenze dei consumatori, ad esempio associando i prodotti o servizi a un luogo che può suscitare sentimenti positivi [sentenze del 25 ottobre 2005, Peek & Cloppenburg/UAMI (Cloppenburg), T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 33; del 15 gennaio 2015, MEM/UAMI (MONACO), T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 47, e del 27 aprile 2016, Niagara Bottling/EUIPO (NIAGARA), T‑89/15, non pubblicata, EU:T:2016:244, punto 15].

21      Va rilevato inoltre che sono escluse, da una parte, la registrazione dei nomi geografici in quanto marchi allorché indicano luoghi geografici determinati che siano già rinomati o noti per la categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi e che, pertanto, presentano un nesso con quest’ultima agli occhi degli ambienti interessati, e, d’altra parte, la registrazione dei nomi geografici utilizzabili dalle imprese, che devono anch’essi essere lasciati disponibili per queste ultime in quanto indicazioni di provenienza geografica della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenze del 25 ottobre 2005, Cloppenburg, T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 34; del 15 gennaio 2015, MONACO, T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 48, e del 27 aprile 2016, NIAGARA, T‑89/15, non pubblicata, EU:T:2016:244, punto 16).

22      Si deve tuttavia rilevare che, in via di principio, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 non osta alla registrazione di nomi geografici ignoti negli ambienti interessati o, quantomeno, sconosciuti in quanto designazione di un luogo geografico, né dei nomi per i quali, date le caratteristiche del luogo designato, non appare verosimile che gli ambienti interessati possano ritenere che la categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi provenga da tale luogo o che sia ivi concepita (sentenze del 25 ottobre 2005, Cloppenburg, T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 36; del 15 gennaio 2015, MONACO, T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 49, e del 27 aprile 2016, NIAGARA, T‑89/15, non pubblicata, EU:T:2016:244, punto 17).

23      Alla luce di quanto precede, la valutazione del carattere descrittivo di un segno non può che essere condotta, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi di cui trattasi e, d’altro lato, con riferimento alla comprensione che ne ha il pubblico destinatario (sentenze del 25 ottobre 2005, Cloppenburg, T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 37; del 15 gennaio 2015, MONACO, T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 50, e del 27 aprile 2016, NIAGARA, T‑89/15, non pubblicata, EU:T:2016:244, punto 18).

24      In tale valutazione l’EUIPO è tenuto a dimostrare che il nome geografico sia noto negli ambienti interessati in quanto designazione di un luogo. Altresì, occorre che il nome di cui trattasi presenti attualmente, agli occhi degli ambienti interessati, un nesso con la categoria di prodotti o di servizi interessati, o che sia ragionevole presumere che tale nome possa, agli occhi di detto pubblico, designare la provenienza geografica della predetta categoria di prodotti o servizi. Nel contesto di questo esame, occorre più in particolare prendere in considerazione la maggiore o minore conoscenza che gli ambienti interessati hanno della denominazione geografica in questione nonché delle caratteristiche del luogo che esso indica e della categoria di prodotti o servizi in parola (sentenze del 25 ottobre 2005, Cloppenburg, T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 38; del 15 gennaio 2015, MONACO, T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 51, e del 27 aprile 2016, NIAGARA, T‑89/15, non pubblicata, EU:T:2016:244, punto 19).

25      Peraltro, secondo costante giurisprudenza la sola data pertinente ai fini dell’esame di una domanda di nullità basata sull’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 sia quella della presentazione della domanda di marchio contestato. Il fatto che la giurisprudenza ammetta di prendere in considerazione elementi successivi a tale data, lungi dall’inficiare questa interpretazione del summenzionato articolo, la corrobora, in quanto tale presa in considerazione è possibile solo a condizione che questi elementi riguardino la situazione alla data della presentazione della domanda di marchio [v., in tal senso, ordinanze del 23 aprile 2010, UAMI/Frosch Touristik, C-332/09 P, non pubblicata, EU:C:2010:225, punti 52 e 53, e del 4 ottobre 2018, Safe Skies/EUIPO, C 326/18 P, non pubblicata, EU:C:2018:800, punto 5; sentenze del 3 giugno 2009, Frosch Touristik/UAMI – DSR touristik (FLUGBÖRSE), T-189/07, EU:T:2009:172, punti 18 e 19, e del 26 febbraio 2016, provima Warenhandels/UAMI – Renfro (HOT SOX), T-543/14, non pubblicata, EU:T:2016:102, punto 44]. Nella specie, la data pertinente per analizzare la conformità all’articolo 7 del regolamento n. 207/2009 del marchio contestato era, quindi, quella della presentazione della domanda di registrazione, vale a dire il 21 gennaio 2011.

26      È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il primo capo del primo motivo dedotto dalla ricorrente.

27      Nella specie, è pacifico che Devin (forma latina di Девин) sia una città del sud della Bulgaria, situata nei monti Rodopi. Ai punti da 30 a 33 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha apportato altre precisazioni, non contestate dalle parti. In tal senso, la città di Devin «è ricca di fonti calde e di stazioni termali» nonché di riserve idriche, tra cui un pozzo di trivellazione V-5 (o B-5) attualmente gestito dalla ricorrente in virtù di un’autorizzazione accordata dallo Stato bulgaro. Il portale ufficiale del turismo in Bulgaria, che dedica una rubrica a Devin, fa riferimento allo «sviluppo del suo “turismo termale” e alle sue “celebri” fonti di acqua minerale», dalle «virtù curative» conosciute sin dall’antichità. Da parte sua, la ricorrente precisa, senza essere contestata, che Devin ha circa 7 000 abitanti e, a tal titolo, si trova approssimativamente al 109o posto delle città della Bulgaria per numero di abitanti.

28      La commissione di ricorso ha altresì indicato che l’acqua di Devin, associata alla fonte «Devin sondazh 5», si trova sulla lista ufficiale delle acque minerali naturali riconosciute dalla Bulgaria e gli altri Stati membri, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2010, C 65, pag. 1) conformemente all’articolo 1 della direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (GU 2009, L 164, pag. 45). La commissione di ricorso ha parimenti menzionato l’indicazione geografica «Devin Natural Mineral Water», registrata in Bulgaria con il numero 190-01/1995, e una denominazione di origine identica, registrata con il numero 883/2006 in alcuni Stati membri dell’Unione, tra cui la Grecia e la Romania, che sono parti dell’Accordo di Lisbona sulla protezione delle denominazioni d’origine e sulla loro registrazione internazionale, del 31 ottobre 1958, come rivisto e modificato.

29      A tal riguardo, si deve rilevare che la presente controversia non riguarda un eventuale impedimento alla registrazione (o una causa di nullità) sulla base del nuovo articolo 7, paragrafo 1, lettera j), del regolamento 2017/1001, a termini del quale «[s]ono esclusi dalla registrazione (…) i marchi che sono esclusi dalla registrazione, conformemente alla legislazione dell’Unione o al diritto nazionale relativi alla protezione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche o ad accordi internazionali in materia di cui l’Unione o lo Stato membro interessato è parte», né sulla base del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1).

30      Peraltro, al punto 27 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che, dal momento che i prodotti in quesitone sono di uso corrente, il pubblico di riferimento è costituito dal consumatore medio dell’Unione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Dal momento che il consumatore medio di tali prodotti di consumo corrente è il grande pubblico, non occorre rimettere in questione tale affermazione, che del resto la ricorrente condivide.

31      Occorre esaminare, separatamente, la percezione del termine «devin» da parte del consumatore medio dell’Unione e la disponibilità della denominazione geografica Devin.

a)      Sulla percezione del termine «devin» da parte del consumatore medio dell’Unione

32      La commissione di ricorso ha ritenuto che la percezione del termine «devin» da parte del grande pubblico al di fuori dalla Bulgaria fosse il «punto centrale della controversia» tra le parti. Occorre considerare, al pari della ricorrente, che, nella sua valutazione del carattere descrittivo del marchio contestato, la commissione di ricorso ha stabilito, in sostanza, una distinzione tra tre categorie geografiche di consumatori medi che prevede, in primo luogo, il consumatore medio bulgaro, in secondo luogo, il consumatore medio dei paesi vicini alla Bulgaria, vale a dire la Grecia e la Romania e, in terzo luogo, il consumatore medio degli altri Stati membri dell’Unione.

1)      Sul consumatore medio bulgaro

33      Per quanto riguarda il consumatore medio bulgaro, la ricorrente non contesta che possa percepire il termine «devin» come il nome di una città in Bulgaria. Tuttavia, la ricorrente fa valere che tale termine è parimenti conosciuto e manifestamente percepito come un marchio di acqua da una parte considerevole dei consumatori bulgari. A suo avviso, i soli consumatori in grado di comprendere il termine «devin» quale indicazione di origine geografica, vale a dire i consumatori bulgari, conoscono altrettanto bene il marchio in ragione del suo carattere distintivo acquisito in seguito all’uso che ne è stato fatto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. In tal senso, il marchio contestato non indicherebbe semplicemente l’origine geografica, ma costituirebbe un’indicazione chiara dell’Origine commerciale dei prodotti interessati. La ricorrente ne deduce che il marchio contestato è valido in Bulgaria, anche se può essere percepito come il riferimento al nome di una città, poiché in quella città esso è tanto più percepito come un marchio. Essa aggiunge che il termine «devin» non solo ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, ma ha anche acquisito un elevato carattere distintivo in Bulgaria, dove è stato considerato come un marchio di acqua notoriamente conosciuto. La ricorrente cita, a tal fine, la decisione n. OM-22 del Патентно ведомство на Република България (Ufficio brevetti della Repubblica di Bulgaria), del 19 marzo 2010, valida per cinque anni, in cui si dichiara che il marchio nominativo bulgaro Девин (Devin), registrato con il numero 24137 e detenuto dalla ricorrente, è rinomato sul territorio della Bulgaria dal 1o dicembre 2005 per prodotti compresi nella classe 32, vale a dire l’«acqua minerale». All’udienza, la ricorrente ha precisato che, anche se non fosse stato possibile rinnovare questa decisione nel 2015 a causa di una abrogazione legislativa, la valutazione di fatto ad essa sottesa non sarebbe per questo meno valida.

34      A tal riguardo, è sufficiente rilevare che l’assenza di contestazione, da parte della ricorrente, del riconoscimento, da parte del consumatore medio bulgaro, del termine «devin» come denominazione geografica di una città in Bulgaria non è affatto decisiva nella specie, dal momento che la ricorrente si affretta ad aggiungere che il marchio contestato ha acquisito un carattere distintivo accresciuto, e anche una notorietà, per le acque minerali per il consumatore medio bulgaro.

35      Occorre peraltro rilevare che, dato che il marchio denominativo bulgaro Devin è stato riconosciuto come marchio notorio dall’Ufficio brevetti della Repubblica di Bulgaria, prima facie risulta decisamente più plausibile che il marchio contestato, vale a dire il marchio denominativo dell’Unione europea DEVIN, non vi abbia acquisito, quantomeno, un carattere distintivo normale, anche senza pronunciarsi sul suo carattere distintivo forte o sulla sua notorietà.

2)      Sul consumatore medio greco o rumeno

36      Per quanto riguarda il consumatore medio dei paesi vicini (Grecia e Romania), la ricorrente fa valere che l’interveniente non ha presentato alcun elemento di prova tale da consentire alla commissione di ricorso di acclarare che il termine «devin» sarebbe stato percepito da detto consumatore come un luogo geografico. Essa sostiene che la commissione di ricorso, per giungere a una siffatta conclusione, si è fondata su deduzioni o su ipotesi non comprovate fondate essenzialmente sul numero di turisti che visitano la Bulgaria. Inoltre, la ricorrente fa valere che, nonostante il fatto che l’onere della prova non gravi sulla stessa, la medesima ha prodotto elementi di prova affidabili e concreti a sostegno del suo argomento contrario, secondo il quale un consumatore medio greco o rumeno non stabilirebbe un legame diretto tra il marchio contestato e un’origine geografica.

37      Occorre esaminare gli elementi presi in considerazione dalla commissione di ricorso per ritenere il marchio contestato descrittivo per il consumatore medio in Grecia e in Romania.

38      Anzitutto, la commissione di ricorso, dopo la divisione di annullamento, si è fondata su diverse fonti di dati relativi al turismo, in particolare il portale ufficiale del Turismo della Bulgaria e altri siti Internet. Fondandosi sulla circostanza che più di 5,4 milioni di turisti stranieri hanno visitato la Bulgaria nel 2014, una cifra «impressionante» in considerazione dei 7,3 milioni di abitanti di questo paese, la commissione di ricorso ha ritenuto che «[s]e è pur vero che la maggior parte di questi turisti scelgono alla fine di trascorrere le loro vacanze in destinazioni balneari o sciistiche, come affermato dalla [ricorrente], questo non esclude che essi conoscano altre regioni o altri luoghi». Essa ha considerato che, «[q]uando una persona sceglie un luogo per le vacanze, generalmente studia diverse destinazioni prima di far cadere la propria scelta su una destinazione in particolare» e ne ha dedotto che «[n]ell’esame delle diverse destinazioni proposte, una persona che intende visitare la Bulgaria scoprirà certamente destinazioni meno conosciute o meno accessibili anche se, alla fine, il potenziale turista opta per un’altra destinazione». Fondandosi su queste semplici ipotesi, la commissione di ricorso è giunta a formulare la congettura secondo cui era «molto poco probabile che Devin, e la sua associazione con le acque termali, non comparissero nelle ricerche su Internet relative a destinazioni di vacanza in Bulgaria».

39      Tuttavia, è giocoforza rilevare, al pari della ricorrente, che il semplice fatto che la città di Devin sia individuata dai motori di ricerca Internet non è sufficiente a dimostrare, conformemente alle esigenze legali e giurisprudenziali, che si tratti di un luogo conosciuto da una parte importante del pubblico di riferimento della Grecia e della Romania. Come rilevato dalla ricorrente, un ragionamento come quello della commissione di ricorso, spinto all’estremo, porterebbe a considerare che i consumatori stranieri potrebbero, con una semplice ricerca Internet, conoscere tutte le città del mondo di qualsiasi dimensione, anche ridotta.

40      La commissione di ricorso ha anche menzionato la «presenza rilevabile di Devin su siti Internet che forniscono pareri in materia di viaggi e su forum di viaggio interattivi», quali «TripAdvisor.com» o «Booking.com». Comunque, essa ha respinto l’osservazione della ricorrente secondo cui Devin occupava solo il 68o posto (o ormai il 59o, secondo l’interveniente) tra le 70 destinazioni più popolari della Bulgaria nella classifica del sito Internet «TripAdvisor.com», argomentando che questo dimostrerebbe quantomeno l’esistenza di un profilo turistico non trascurabile in Internet, contrariamente a centinaia di città e di villaggi della Bulgaria che non vi figuravano.

41      Tuttavia, l’esistenza di un «profilo turistico non trascurabile in Internet», di per sé, non potrebbe essere sufficiente a dimostrare la conoscenza di una cittadina da parte pubblico di riferimento all’estero. A tal riguardo, il fatto che Devin non figuri tra le destinazioni più popolari della Bulgaria sul sito Internet «TripAdvisor.com» è quantomeno pertinente, perché è ragionevole ritenere che il pubblico di riferimento all’estero conosca solo le attrazioni principali di un paese terzo quale la Bulgaria.

42      La commissione di ricorso si è quindi fondata sull’«infrastruttura turistica considerevole» o «rilevante» del comune di Devin, che annovera, a suo avviso, «quasi due dozzine di hotel nella regione», tra cui numerosi hotel termali e hotel di lusso a cinque stelle.

43      Tuttavia, questo semplice fatto, di per sé, non consente di concludere che un consumatore medio greco o rumeno potrebbe avere una conoscenza della città di Devin al di là delle frontiere o stabilire un legame diretto con essa. Infatti, nessun elemento consente di escludere che questa infrastruttura turistica sia utilizzata principalmente dal consumatore medio bulgaro, che certamente conosce la città di Devin, e marginalmente da una proporzione esigua di consumatori medi stranieri che visita la Bulgaria come turista.

44      Inoltre, la commissione di ricorso, al punto 41 della decisione impugnata, ha ritenuto che il fatto che i registri degli hotel di Devin menzionino un numero limitato di stranieri «potrebbe non riflettere con precisione il numero di visitatori che riceve questa città», poiché «[g]ran parte dei visitatori sensibili alla natura non soggiorneranno necessariamente in hotel di lusso, ma opteranno per un soggiorno in un campeggio o in una pensione nelle città e nei villaggi situati in prossimità», precisando, inoltre, che «la stazione popolare di Pamporovo è ad appena poco più di mezz’ora di macchina». Essa ha formulato un’ulteriore ipotesi secondo cui «sarebbe estremamente sorprendente che dei turisti che soggiornano a Pamporovo (sedicesima destinazione in ordine di popolarità in Bulgaria, secondo il sito Internet «TripAdvisor.com») non si avventurino a visitare una regione di una bellezza naturale asseritamente straordinaria, che si trova a un passo da lì».

45      Tuttavia, è giocoforza rilevare che nessuno degli elementi di prova forniti dall’interveniente fonda alcuna di queste ipotesi e che il valore probatorio delle ipotesi stesse è inferiore a quello di ogni affermazione esattamente contraria.

46      Soprattutto, per quanto riguarda tutti gli elementi summenzionati, occorre sottolineare che il criterio giuridico da applicare non consiste nel contare con il contagocce il numero di turisti stranieri che visitano la città di Devin, ma nel determinare la percezione del termine «devin» da parte dell’insieme del pubblico di riferimento dell’Unione, comprese le persone che non necessariamente visitano Devin o la Bulgaria, e che costituiscono la maggior parte di questo pubblico. Orbene, l’argomentazione della commissione di ricorso non riguarda questa maggioranza dei consumatori medi dell’Unione, in particolare greci e rumeni, che non visitano la Bulgaria, ma si concentra su quella minima parte di essi che considera di visitare tale paese, e ancor più su quella infima parte di essi che visita Devin o effettua ricerche su di essa.

47      A tal riguardo, occorre sottolineare che il consumatore medio di acqua minerale e di bevande dell’Unione non possiede un elevato livello di specializzazione in geografia o in turismo. In tal senso, per analogia, nella causa sfociata nella sentenza del 15 ottobre 2008, Powerserv Personalservice/UAMI – Manpower (MANPOWER) (T‑405/05, EU:T:2008:442, punti 85, 89 e 93), il Tribunale ha respinto come «palesemente troppo vaghe» le affermazioni relative ad uno «scambio linguistico attraverso il turismo di cittadini inglesi e tedeschi» in altri paesi dell’Unione e ha statuito che la commissione di ricorso non aveva preso in considerazione l’insieme del pubblico di riferimento, costituito dall’insieme della popolazione in età lavorativa, focalizzandosi erroneamente sui datori di lavoro che cercavano personale.

48      Nella specie, è giocoforza rilevare che la commissione di ricorso, focalizzandosi erroneamente sui turisti stranieri, segnatamente greci o rumeni, che visitano la Bulgaria o Devin, non ha preso in considerazione l’insieme del pubblico di riferimento, costituito dal consumatore medio dell’Unione, segnatamente della Grecia e della Romania, ma si è limitato, erroneamente, ad una parte infima o minima del pubblico di riferimento che, in ogni caso, risulta trascurabile e non può essere considerata sufficientemente rappresentativa di esso alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 18. È tale limitazione ad una parte infima o minima del pubblico di riferimento, vale a dire i turisti stranieri che visitano la Bulgaria o Devin, che chiarisce per quale ragione gli elementi presi in considerazione dalla commissione di ricorso hanno solo un valore probatorio estremamente ridotto, al punto di essere quasi inoperanti. Insomma, la commissione di ricorso ha applicato un test sbagliato, che l’ha inevitabilmente condotta a una valutazione in punto di fatto erronea della percezione del termine «devin» da parte del pubblico di riferimento.

49      Infine, al punto 55 della decisione impugnata, la commissione di ricorso si è detta «convinta che la notorietà incontestabile di Devin quale città termale con acque naturali non si ferma necessariamente alla frontiera bulgara, ma si estende ai paesi vicini» e ha dichiarato, fondamentalmente, che «sarebbe strano che la notorietà considerevole di cui gode Devin in Bulgaria per le sue acque scomparisse misteriosamente al passaggio di frontiera tra la Bulgaria e la Grecia».

50      Tuttavia, è giocoforza rilevare, al pari della ricorrente, che una siffatta dichiarazione non può fungere da elemento probatorio valido per stabilire che la città di Devin è conosciuta «da “gran parte” dei consumatori nei paesi vicini, come la Grecia e la Romania», come ha ritenuto la commissione di ricorso, dopo la divisione di annullamento, su tale punto. Inoltre, occorre rilevare che la città di Devin, difficilmente accessibile e separata dalla frontiera greca da una catena montuosa, presenta una situazione geografica particolare che rende tale dichiarazione tanto meno verosimile.

51      Per analogia, occorre ricordare che, nella causa sfociata nella sentenza del 25 ottobre 2005, Cloppenburg (T‑379/03, EU:T:2005:373, punti 39 e 46), relativa alla città di Cloppenburg, situata in Bassa Sassonia (Germania) e in cui vivono approssimativamente 30 000 abitanti, vale a dire più del quadruplo della popolazione di Devin, il Tribunale ha potuto lasciare aperta la questione se il pubblico di riferimento, vale a dire il consumatore tedesco medio, conoscesse la città di Cloppenburg in quanto luogo geografico e, in ogni caso, ha considerato che, in ragione delle «piccole dimensioni» di questa città, ammesso che il consumatore tedesco la conosca, tale conoscenza doveva essere qualificata scarsa o, in ogni caso, media. In questa causa, il Tribunale non ha nemmeno considerato che questa città tedesca «di piccole dimensioni» potesse essere conosciuta dal consumatore medio di altri Stati membri dell’Unione.

52      Ne consegue che i motivi esposti nella decisione impugnata per dimostrare che il consumatore medio in Grecia e in Romania conosce Devin quale luogo geografico non sono affatto convincenti né concludenti.

53      A ciò si aggiunge che la ricorrente ha fornito altri elementi di prova a sostegno del suo argomento secondo cui un consumatore medio greco o rumeno non stabilirebbe un legame diretto tra il marchio contestato e un’origine geografica.

54      In tal senso, la ricorrente ha prodotto una sintesi ufficiale rilasciata dallo stesso comune di Devin, che fa stato, in base alle dichiarazioni in fede dei proprietari di hotel, del numero di turisti stranieri che hanno visitato la città di Devin nel 2014, asseritamente un «anno record». Questo documento indica che, nel corso di quest’anno, meno di 3 500 turisti stranieri, di ogni nazionalità, hanno visitato la città di Devin e che, tra loro, vi erano solo 400 turisti greci e 50 turisti rumeni. Rispetto al numero di 5,4 milioni di turisti stranieri che hanno visitato la Bulgaria nel 2014 (v. supra punto 38) e alle popolazioni degli Stati membri dell’Unione, segnatamente della Grecia e della Romania – pari, rispettivamente, a 10,7 milioni e a 19,6 milioni di abitanti al 1o gennaio 2017 secondo l’ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) –, tali dati suggeriscono che la città di Devin non rappresenti un’attrazione rilevante per i turisti stranieri, segnatamente greci e rumeni, e che, a maggior ragione, non è conosciuta dal consumatore medio all’estero.

55      La ricorrente ha parimenti prodotto i dati risultanti di un’indagine di mercato «omnibus» effettuata in diversi Stati membri, tra cui la Grecia (parte continentale e Creta), la Romania, la Germania e il Regno Unito (in prosieguo: l’«indagine omnibus»). Quanto all’indagine svolta in Grecia, che copriva un campione di 1 007 persone nell’ambito del pubblico greco, i risultati sembravano dimostrare che meno dell’1% di questo campione associava il termine «devin» a un luogo in Bulgaria, e meno del 3% a un qualsivoglia luogo.

56      La commissione di ricorso ha considerato questa indagine omnibus «lacunosa su alcuni punti», indicati ai punti da 44 a 47 della decisione impugnata. A suo avviso, in primo luogo, l’indagine cercava di provare un fatto negativo, vale a dire che il pubblico non conosceva la città di Devin, e, in ragione di questa premessa discutibile, la maggior parte dei dati raccolti erano ambigui. Sarebbe stato necessario che le persone intervistate fossero «incoraggiate a essere più precise», ma essa non ha precisato in che modo. In secondo luogo, nessun elemento indicava se persone che vivono in regioni frontaliere della Bulgaria avessero partecipato all’indagine greca e, eventualmente, in qual misura. In terzo luogo, i risultati dell’indagine greca erano viziati da errori e i dati mancavano occasionalmente di affidabilità (dell’ordine di un totale erroneo di 71 invece di 72). Inoltre, anche se i dati erano interpretati nel modo più favorevole dal punto di vista della ricorrente, occorreva tener conto del fatto che, nell’indagine greca, 30 persone intervistate avevano risposto che Devin era una «città», un «luogo», o una «regione della Bulgaria». Essa ne ha dedotto che queste 30 persone intervistate, su un campione di 1 007 persone, corrispondevano a più di 270 000 abitanti su una popolazione greca totale di 11 milioni, il che non costituiva una cifra irrilevante. Sulla base di tutte queste premesse, la commissione di ricorso ha concluso che i dati dell’indagine non erano «evidentemente (…) convincenti» e «concludenti».

57      Orbene, anche a voler ritenere che questa indagine omnibus sia inficiata dalle lacune identificate dalla commissione di ricorso, occorre considerare che le sue conclusioni possono quantomeno essere prese in considerazione, con un margine di errore sufficiente e senza peraltro essere decisive. In tal senso, anche a voler ritenere che la percentuale reale del pubblico greco che riconosce Devin quale luogo geografico (in Bulgaria o altrove) sia del 3%, se non il doppio o il triplo, si tratta pur sempre di una percentuale irrisoria, che non può essere considerata rappresentativa del consumatore greco medio.

58      Soprattutto, anche se un numero di 270 000 abitanti non è insignificante in assoluto, resta il fatto che la questione pertinente è quella della percezione da parte dell’insieme del pubblico di riferimento, rispetto al quale una percentuale relativa del 3% risulta molto poco rappresentativa. Lo stesso risultato può anche essere inteso nel senso che il 97% (o una percentuale prossima) della popolazione greca non riconosce il termine «devin» né come una «città», né come un «luogo», né come una «regione della Bulgaria», il che risulta nettamente più convincente e concludente.

59      Peraltro, quanto all’assenza di indicazioni, nell’indagine greca, di persone frontaliere della Bulgaria, è sufficiente ricordare che, in ogni caso, una larghissima maggioranza dei consumatori greci medi non vive in prossimità della frontiera bulgara.

60      Infine, occorre respingere l’affermazione dell’EUIPO, formulata nella comparsa di risposta, secondo la quale il fatto che la Grecia e la Romania siano parti dell’Accordo di Lisbona implica che i cittadini di questi Stati membri conoscano Devin in quanto indicazione geografica di un’acqua minerale bulgara. Una tale affermazione manca manifestamente in punto di fatto, ove essa presume, in capo al consumatore medio greco o rumeno, un grado di conoscenza estremamente elevato che questi, evidentemente, non possiede, inclusivo dei trattati internazionali e dell’elenco delle indicazioni geografiche protette nel suo paese. A ciò si aggiunge che la tutela giuridica, da parte di uno Stato membro, di un’indicazione geografica non può essere sufficiente a dimostrare automaticamente il riconoscimento, da parte del consumatore medio di questo Stato membro, del termine corrispondente a tale indicazione come descrittivo di un’origine geografica.

61      Conseguentemente, occorre concludere, al pari della ricorrente, che la commissione di ricorso non ha rispettato i requisiti fissati dalla costante giurisprudenza citata supra al punto 24, che esigono che essa «dimostri» che il termine «devin» è conosciuto come designazione di un’origine geografica da parte del consumatore medio in Grecia e in Romania.

3)      Sul consumatore medio degli altri Stati membri dell’Unione

62      La commissione di ricorso, avendo ritenuto che il marchio contestato fosse descrittivo per il consumatore medio greco o rumeno, si è limitata ad un esame superficiale della stessa questione dal punto di vista del consumatore medio degli altri Stati membri dell’Unione. Al punto 47 della decisione impugnata, essa si è limitata a considerare che si potrebbe dedurre per estrapolazione dall’indagine omnibus, che essa aveva tuttavia respinto in quanto «poco concludente», che circa 455 000 consumatori tedeschi percepiscono il termine «devin» come un nome di città o una città in Bulgaria. Al punto 55 di detta decisione, essa ha aggiunto che «[n]on sarebbe realistico affermare che nessuno di questi membri del grande pubblico di altri Stati membri [che visitano la Bulgaria] non acquisiscano familiarità con la cultura, la storia e le attrazioni naturali della Bulgaria, tra cui la città di Devin, quando preparano il loro viagigo».

63      Orbene, è giocoforza rilevare, al pari della ricorrente, che 455 000 consumatori corrisponderebbero a meno dello 0,6% della popolazione tedesca totale, il che può difficilmente costituire una proporzione considerevole o rappresentare il consumatore medio tedesco di acqua minerale e di bevande. Inoltre, il semplice fatto che alcuni consumatori abbiano risposto «città» a una domanda dell’indagine non risulta probante, dato che questa risposta non può essere assimilata alla conoscenza di una città particolare o all’esistenza di un legame diretto particolare con i prodotti in questione.

64      Quanto alla caratterizzazione del consumatore medio dell’Unione come un turista che prepara un viaggio in Bulgaria e acquisisce dimestichezza con un’attrazione relativamente minore del paese, essa risulta ben più «irrealistica» dell’affermazione opposta. A tal riguardo, occorre sottolineare ancora una volta che il consumatore medio di acqua minerale e di bevande nell’Unione non possiede un elevato livello di specializzazione in geografia o in turismo (v. supra punto 47).

65      Peraltro, l’interveniente non ha presentato elementi di prova specifici che consentano di dimostrare che il consumatore medio dell’Unione percepisce il termine «devin» come un luogo geografico in Bulgaria.

66      Quanto all’affermazione della divisione di annullamento secondo la quale il nome geografico Devin, in futuro, sarebbe stato potenzialmente compreso dal pubblico dell’Unione come una descrizione dell’origine geografica dei prodotti pertinenti, in considerazione degli sforzi di marketing dispiegati e della crescita del settore turistico bulgaro (v. supra, punto 4), occorre rilevare che tale asserzione non è suffragata dagli elementi del fascicolo e costituisce una mera ipotesi, in particolare perché la città di Devin non è ricompreso tra le 50 destinazioni principali della Bulgaria e gode solo molto marginalmente dell’aumento del turismo straniero in questo paese. Pertanto, non è «ragionevole», ai sensi della giurisprudenza citata supra, al punto 24, considerare che il nome Devin possa, agli occhi del pubblico dell’Unione, designare la provenienza geografica dei prodotti interessati. Inoltre, non si può invertire l’onere della prova esigendo che la ricorrente dimostri un fatto negativo, vale a dire che la città di Devin non potrà essere visitata o conosciuta in futuro.

67      Si deve concludere che dal fascicolo non risulta che il termine «devin» sia riconosciuto come la designazione di una provenienza geografica dal consumatore medio degli Stati membri dell’Unione diversi dalla Bulgaria.

68      Alla luce dell’interesse generale a preservare la disponibilità, dei nomi geografici (v. supra, punto 20), occorre esaminare le conseguenze della conclusione che precede quanto alla disponibilità del nome geografico Devin.

b)      Sulla disponibilità del nome geografico Devin

69      La commissione di ricorso, al punto 8 della decisione impugnata, ha ricordato che la divisione di annullamento aveva sottolineato l’interesse generale di preservare la disponibilità dei nomi geografici. Secondo la divisione di annullamento, il caso di Devin illustrava la logica sottesa all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, vale a dire la necessità che talune descrizioni geografiche restino disponibili perché altri operatori possano farne uso, e l’esistenza di un marchio dell’Unione europea non doveva ostacolare gli sforzi economici attuali e futuri intesi allo sviluppo della notorietà di una città termale tradizionale al di là delle frontiere del paese. La divisione di annullamento aveva respinto l’argomento della ricorrente secondo cui l’autorizzazione relativa all’acqua era concessa ad una sola impresa, argomentando che esso non teneva conto della costante giurisprudenza secondo la quale l’interesse generale o l’interesse pubblico che i marchi descrittivi o potenzialmente descrittivi fossero mantenuti disponibili per l’uso di terzi era prestabilito e presunto.

70      La stessa commissione di ricorso, ai punti da 49 a 52 della decisione impugnata, ha respinto un «argomento essenziale» della ricorrente descritto dalla commissione di ricorso come relativo alla «asserita “esclusività” del suo contratto che le consente di utilizzare le riserve di acqua di Devin», una disposizione di diritto bulgaro secondo cui «una autorizzazione di estrazione (…) è concessa a un solo concessionario» (articolo 47, paragrafo 11, della legge relativa all’acqua) nonché un «monopolio di fatto sull’indicazione geografica “Devin Natural Mineral Water”» (v. supra, punto 28) che impedisce, secondo detta commissione, che «questa indicazione continui ad essere disponibile perché altri operatori possano farne uso».

71      A tal fine, la commissione di ricorso ha rilevato, anzitutto, che il monopolio potenziale della ricorrente è limitato nel tempo e rescindibile per diverse ragioni commerciali o giuridiche. Inoltre, essa ha ritenuto che lo «sfruttamento» di una fonte naturale e il suo successivo imbottigliamento possono coinvolgere diverse imprese, ciascuna delle quali deve avere il diritto di far figurare la parola «devin» sulla propria etichetta. Infine, essa ha osservato che, «[i]ndipendentemente dai vincoli giuridici attuali in Bulgaria, (…) la direttiva [2009/54] non limita lo sfruttamento delle fonti di acque minerali a una sola impresa», che «[l]’articolo 8, paragrafo 2, di [detta] direttiva impone unicamente una restrizione in forza della quale l’acqua proveniente da una stessa fonte deve sempre essere immessa in commercio con un’unica “designazione commerciale”, ma non limita l’immissione in commercio a una sola impresa» e che «[t]ale disposizione non è intesa a disciplinare il numero di “concessionari” [come sembrava sostenere la ricorrente]».

72      La commissione di ricorso, al punto 54 della decisione impugnata, ha affrontato un altro argomento della ricorrente, in cui si sottolineava che l’EUIPO aveva registrato i marchi verbali dell’Unione europea VITTEL (con il numero 958322) e EVIAN (con il numero 1422716) per, segnatamente, «acque minerali» comprese nella classe 32. La commissione di ricorso ha replicato che l’EUIPO non aveva necessariamente la «prassi» di accettare senza contestazione la registrazione di tali marchi, perché dall’esame della storia di quest’ultimo marchio risultava che era stata formulata un’obiezione nei suoi confronti nell’esame degli impedimenti assoluti alla registrazione, ancorché essa fosse poi stata respinta dopo la produzione degli elementi di prova.

73      L’EUIPO, sia nella memoria di risposta sia all’udienza, ritiene che la commissione di ricorso abbia in tal modo tutelato, correttamente, l’interesse generale a preservare la disponibilità di un nome geografico come quello della città termale di Devin. Detto Ufficio precisa che la ricorrente può evidentemente continuare lo sfruttamento del suo marchio notorio in Bulgaria. Tuttavia, esso aggiunge che il fatto che la ricorrente possieda un marchio notorio in Bulgaria non le attribuisce il diritto ad avere un monopolio a livello dell’Unione sul termine descrittivo «devin», che costituirebbe un ostacolo agli sforzi economici intesi allo sviluppo della notorietà di una città termale tradizionale al di là delle frontiere della Bulgaria. L’EUIPO non esclude nemmeno che altri concorrenti possano, in futuro, avere un legittimo interesse a utilizzare l’indicazione descrittiva «devin» in altri Stati membri dell’Unione, nei quali Devin è conosciuta e associata alle sue acque, ma non ha acquisito carattere distintivo in ragione dell’uso che ne è stato fatto.

74      La ricorrente sostiene che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 non è inteso a bloccare sistematicamente la registrazione come marchi dei segni distintivi e precisa che un segno distintivo, quando ha acquisito un significato autonomo in quanto marchio, in ragione dell’uso che ne è stato fatto, può essere registrato, il che non impedisce ai terzi di fare un uso descrittivo del segno.

75      A tal riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che, a termini dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto, in una forma leggermente modificata, l’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001], «[i]l diritto conferito dal marchio [dell’Unione europea] non consente al titolare di impedire ai terzi l’uso in commercio (…) di (…) indicazioni (…) relativ[e] (…) alla provenienza geografica (…) del prodotto o d[ella] prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio».

76      La Corte ha statuito che, limitando così gli effetti del diritto esclusivo del titolare del marchio, l’articolo 12 del regolamento n. 207/2009 mira a conciliare gli interessi fondamentali della tutela dei diritti di marchio con quelli della libera circolazione delle merci nonché della libera prestazione dei servizi nel mercato interno, in modo tale che il diritto di marchio possa svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il TFUE intende introdurre e conservare (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 aprile 2008, Adidas e Adidas Benelux, C‑102/07, EU:C:2008:217, punto 45 e giurisprudenza citata).

77      Più specificamente, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 mira a salvaguardare la possibilità per tutti gli operatori economici di utilizzare indicazioni descrittive. Questa disposizione costituisce quindi un’espressione dell’imperativo di disponibilità. Tuttavia, l’imperativo di disponibilità non può in alcun caso costituire una limitazione autonoma degli effetti del marchio che si aggiungono a quelli espressamente previsti da tale articolo (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 aprile 2008, Adidas e Adidas Benelux, C‑102/07, EU:C:2008:217, punti 46 e 47 e giurisprudenza citata).

78      Occorre certamente rilevare che, in circostanze differenti da quelle in esame, si è statuito che il principio giurisprudenziale evocato supra ai punti 19 e 20, relativo all’interesse generale sotteso all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 non è contraddetto dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), del regolamento medesimo, che non influenza in modo determinante nemmeno l’interpretazione della prima disposizione. Tuttavia, anche se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, che è volto a disciplinare, segnatamente, i problemi che sorgono allorché un marchio composto in tutto o in parte da un nome geografico è stato registrato, non conferisce ai terzi l’uso di tale nome in quanto marchio, esso peraltro garantisce loro la possibilità di utilizzarlo in modo descrittivo, vale a dire quale indicazione relativa alla provenienza geografica, purché l’utilizzo sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale [v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2003, Nordmilch/UAMI (OLDENBURGER), T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 55, e del 20 luglio 2016, Internet Consulting/EUIPO – Provincia Autonoma di Bolzano‑Alto Adige (SUEDTIROL), T‑11/15, EU:T:2016:422, punto 55; v. anche, in tal senso e per analogia, sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punti da 26 a 28].

79      In tal modo viene consentita, segnatamente, un’utilizzazione descrittiva del nome «Devin» al fine di promuovere la città in quanto destinazione turistica. Contrariamente a quanto teme l’interveniente, il marchio contestato non può pertanto costituire un ostacolo agli sforzi economici dispiegati per lo sviluppo, al di là delle frontiere della Bulgaria, della reputazione della città di Devin per le sue acque termali.

80      Ai fini di una migliore chiarezza, occorre precisare che questo richiamo legislativo e giurisprudenziale non si risolve nel preconizzare un controllo minimo degli impedimenti alla registrazione previsti all’articolo 7 del regolamento n. 207/2009, all’atto dell’esame della domanda di registrazione, con il pretesto che il rischio che alcuni operatori possano appropriarsi di taluni segni che dovrebbero continuare ad essere disponibili sarebbe neutralizzato dai limiti imposti, ai sensi dell’articolo 12 del medesimo regolamento, nella fase della realizzazione degli effetti del marchio registrato. Infatti, la valutazione degli impedimenti alla registrazione di cui all’articolo 7 di detto regolamento deve essere effettuata dall’autorità competente per la procedura di registrazione o di nullità del marchio, e non può esserle sottratta per essere poi trasferita ai giudici incaricati di garantire l’esercizio concreto dei diritti conferiti dal marchio (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 maggio 2003, Libertel, C‑104/01, EU:C:2003:244, punto 58).

81      Quanto alla citazione, da parte della commissione di ricorso della sentenza del 23 ottobre 2003, UAMI/Wrigley (C‑191/01 P, EU:C:2003:579, punto 32), secondo cui «[u]n segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione (…) qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi», è sufficiente ricordare che questa giurisprudenza risponde, in senso negativo, alla questione se sia «necessario che i segni e le indicazioni componenti il marchio (…) siano effettivamente utilizzati, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi». Orbene, nella specie, la questione pertinente non è questa – dal momento che il termine «devin» è descrittivo in Bulgaria, con riserva di un carattere distintivo acquisito con l’uso del marchio contestato per i prodotti interessati – bensì quella della percezione di detto termine da parte del pubblico di riferimento al di fuori dalla Bulgaria.

82      A tal riguardo, se è pur vero che la probabilità che un’indicazione geografica di provenienza possa influire sui rapporti di concorrenza è elevata quando si tratta di un ampio territorio rinomato per la qualità di un’ampia gamma di prodotti e servizi, essa è scarsa, di contro, quando si tratta di un luogo ben determinato, la cui rinomanza è limitata in relazione ad un ristretto numero di prodotti o servizi [v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 2011, Mövenpick/UAMI (PASSIONATELY SWISS), T‑377/09, non pubblicata, EU:T:2011:753, punto 41, e del 20 luglio 2016, SUEDTIROL, T‑11/15, EU:T:2016:422, punto 44]. Orbene, nella specie, Devin è un luogo ben determinato conosciuto dal consumatore medio solo in Bulgaria e ampiamente sconosciuto dal consumatore medio nel resto dell’Unione, e la cui reputazione verte unicamente sulle acque.

83      In secondo luogo, occorre rilevare che, anche a voler ritenere che il marchio contestato abbia acquisito un significato autonomo e un carattere distintivo in Bulgaria, unico Stato membro in cui il termine «devin» è descrittivo e, pertanto, sia valido in quanto marchio dell’Unione europea, cionondimeno il regolamento n. 207/2009 prevede, nella definizione stessa del diritto esclusivo conferito da tale marchio, delle misure di salvaguardia destinate a preservare gli interessi dei terzi.

84      In tal senso, la Corte ha ricordato che il regolamento n. 207/2009 è diretto, in maniera generale, a contemperare, da un lato, l’interesse del titolare di un marchio a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi. Ne consegue che la tutela dei diritti che il titolare del marchio trae da tale regolamento non è incondizionata (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 27 aprile 2006, Levi Strauss, C‑145/05, EU:C:2006:264, punti 29 e 30 e giurisprudenza citata; del 22 settembre 2011, Budějovický Budvar, C‑482/09, EU:C:2011:605, punti 34 e 48; del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punti da 41 a 43, e del 30 maggio 2018, Tsujimoto/EUIPO, C‑85/16 P e C‑86/16 P, EU:C:2018:349, punto 90).

85      Da un canto, la tutela della funzione di indicazione di origine del marchio, prevista dall’articolo 9, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 9, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n. 2017/1001], si limita a coprire il suo uso per prodotti (o servizi) identici o simili ed esige un rischio di confusione nello spirito del pubblico di riferimento, che si presume in caso di doppia identità dei segni e dei prodotti.

86      D’altro canto, la tutela della funzione pubblicitaria del marchio notorio, prevista dall’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 9, paragrafo 2, lettera c), del regolamento 2017/1001], copre anche prodotti non simili, ma esige un rischio di diluizione, corrosione o parassitismo e, inoltre, non riguarda gli usi che hanno un «giusto motivo».

87      Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «giusto motivo» non può essere interpretata nel senso che si limita a ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio. Questa nozione mira non a dirimere un conflitto tra un marchio notorio e un segno simile il cui utilizzo è anteriore alla registrazione di tale marchio o a limitare i diritti riconosciuti al titolare del citato marchio, bensì a trovare un equilibrio tra gli interessi in questione tenendo conto, nel contesto specifico dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 207/2009 e, in considerazione della tutela estesa di cui gode il medesimo marchio, degli interessi del terzo utilizzatore di tale segno (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punti da 45 a 48).

88      Dall’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 207/2009 risulta che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo», a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del marchio notorio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Del pari, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento medesimo (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001), il titolare medesimo non può opporsi alla registrazione di tale segno [sentenza del 5 luglio 2016, Future Enterprises/EUIPO – McDonald’s International Property (MACCOFFEE), T‑518/13, EU:T:2016:389, punto 113; v. anche, in questo senso e per analogia, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 60].

89      Nella specie, risulta dalle suesposte considerazioni che il nome della città di Devin continua ad essere disponibile per i terzi non solo per un uso descrittivo, quale la promozione del turismo in questa città, ma anche quale segno distintivo in caso di «giusto motivo» e in assenza di rischio di confusione che escluda l’applicazione degli articoli 8 e 9 del regolamento n. 207/2009.

90      L’interesse generale a preservare la disponibilità di un nome geografico come quello della città termale di Devin può quindi essere protetto grazie all’ammissibilità di utilizzazioni descrittive di tali nomi e alle misure di salvaguardia che limitano il diritto esclusivo del titolare del marchio contestato, senza che occorra l’annullamento di detto marchio e l’annientamento totale del diritto esclusivo che esso conferisce per i prodotti della classe 32 oggetto della registrazione.

91      Del resto, è proprio questo necessario equilibrio tra i diritti dei titolari e gli interessi dei terzi che consente la registrazione di marchi provenienti da un nome geografico eponimo, come i marchi nominativi dell’Unione europea VITTEL e EVIAN menzionati dalla ricorrente, in presenza di talune condizioni relative, segnatamente, all’acquisizione di un significato autonomo e di un carattere distintivo in seguito all’uso sui territori in cui il segno è intrinsecamente descrittivo di una provenienza geografica nonché all’assenza di carattere ingannevole di detto segno quanto a tale provenienza.

2.      Conclusione sul primo motivo e sulla domanda di annullamento

92      Alla luce delle suesposte considerazioni contenute, in particolare, supra ai punti da 32 a 67, si deve concludere, al pari della ricorrente, che la commissione di ricorso non ha dimostrato l’esistenza di un grado sufficiente di riconoscimento della città di Devin da pare del consumatore medio dell’Unione, segnatamente greco o rumeno, e che l’interveniente non ha fondato la sua domanda di dichiarazione di nullità su alcun elemento di prova tale da consentire di concludere che il consumatore medio dell’Unione assocerebbe il termine «devin» a una città della Bulgaria. Se deve ritenersi che una parte dei consumatori dell’Unione conosca la città di Devin, detta parte deve, in ogni caso, essere considerata minima. Tale conclusione non rimette affatto questione la bellezza naturale di Devin e le virtù curative delle sue acque termali, né gli sforzi economici dispiegati per promuovere il turismo in Bulgaria.

93      Ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 22, in linea di principio, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 non osta alla registrazione di nomi geografici ignoti negli ambienti interessati o, quantomeno, sconosciuti in quanto designazione di un luogo geografico. Orbene, nella specie, mentre al denominazione geografica Devin è conosciuta dagli ambienti interessati in Bulgaria, paese per il quale la ricorrente invoca un carattere distintivo acquisito del marchio contestato, è giocoforza rilevare che, per quanto riguarda gli ambienti interessati degli altri Stati membri dell’Unione, segnatamente la Grecia e la Romania, la denominazione geografica Devin è loro ampiamente sconosciuta o, quantomeno, sconosciuta in quanto designazione di un luogo geografico.

94      Del pari, in forza della giurisprudenza citata supra al punto 24, nella sua valutazione, l’EUIPO era tenuto a dimostrare che il nome geografico fosse noto negli ambienti interessati in quanto designazione di un luogo. Orbene, nella specie è giocoforza rilevare che, negli ambienti interessati, costituiti da consumatori medi, il nome geografico Devin è, per un’ampia maggioranza del pubblico, sconosciuto. La parte del pubblico di riferimento che conosce questo nome in quanto luogo geografico è infima e trascurabile, di uno o tutt’al più qualche punto percentuale. Inoltre, questa percentuale sembra, prima facie, inferiore a quella della parte del pubblico di riferimento che conosce Devin in quanto marchio di acqua minerale.

95      Da quanto precede risulta che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione nel concludere che il marchio contestato era descrittivo di una provenienza geografica per quanto riguarda il consumatore medio dei paesi vicini alla Bulgaria, vale a dire la Grecia e la Romania, nonché quello di tutti gli altri Stati membri dell’Unione, con la sola eccezione della Bulgaria. In tal modo, essa ha violato l’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), dello stesso regolamento.

96      Conseguentemente, occorre accogliere il primo capo del primo motivo e, pertanto, annullare la decisione impugnata, conformemente al primo capo delle conclusioni della ricorrente, senza che occorra esaminare il secondo capo del primo motivo o il secondo motivo, comprese le eccezioni di irricevibilità che sono state loro opposte, rispettivamente, dall’interveniente o dall’EUIPO, né pronunciarsi in ordine alla ricevibilità di taluni allegati prodotti dall’interveniente per la prima volta dinanzi al Tribunale secondo la ricorrente.

B.      Sulla domanda di riforma

97      Quanto al secondo e al terzo capo delle conclusioni della ricorrente, intesi al rigetto della domanda di dichiarazione di nullità dell’interveniente in toto e relative, in sostanza, alla riforma della decisione impugnata (v. supra, punto 10), giova rammentare che il potere di riforma, riconosciuto al Tribunale in forza dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, non ha come effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di procedere a una valutazione in ordine alla quale la commissione di ricorso non ha ancora preso posizione. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base di elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la commissione di ricorso era tenuta a prendere (sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72, e del 13 maggio 2015, easyAir-tours, T‑608/13, non pubblicata, EU:T:2015:282, punto 68).

98      Orbene, nella specie, le condizioni per l’esercizio del potere di riforma del Tribunale, quali risultano dalla sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452), non ricorrono. Infatti, se risulta effettivamente dalle considerazioni formulate supra, al punto 95, che la commissione di ricorso era tenuta a rilevare che il marchio contestato non possedeva carattere descrittivo per quanto riguarda la parte non bulgare del pubblico di riferimento, segnatamente per il consumatore medio greco o rumeno, cionondimeno la commissione di ricorso – avendo considerato, erroneamente, che il carattere asseritamente descrittivo del marchio contestato per la parte greca o rumena del pubblico di riferimento era sufficiente a stabilire l’esistenza di una causa di nullità che giustificasse il rigetto del ricorso avverso la decisione della divisione di annullamento – non si è pronunciata chiaramente in ordine all’acquisizione di un carattere distintivo con l’uso del marchio contestato per quanto riguarda la parte bulgara del pubblico di riferimento, unica parte per la quale il marchio contestato è descrittivo di una provenienza geografica. La questione dell’acquisizione del carattere descrittivo con l’uso del marchio contestato in Bulgaria non essendo stata chiaramente esaminata e decisa dalla commissione di ricorso, non spetta al Tribunale decidere in merito, per la prima volta, nel contesto del suo controllo di legittimità della decisione impugnata [v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punti 72 e 73, e del 13 maggio 2015, easyAir-tours, T‑608/13, non pubblicata, EU:T:2015:282, punti 69 e 70 e giurisprudenza citata].

99      Ne consegue che, allo stato attuale del procedimento, il Tribunale non può esercitare il suo potere di riforma della decisione impugnata per annullare la decisione della divisione di annullamento del 29 gennaio 2016 – in cui si era peraltro ritenuto, su questo punto, che, «alla luce degli elementi prodotti dalla [ricorrente], (…) non può sussistere dubbio alcuno quanto al fatto che il marchio Devin abbia acquisito un carattere distintivo in Bulgaria» – e per respingere la domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato.

100    Occorre pertanto respingere il secondo e il terzo capo della domanda della ricorrente.

IV.    Sulle spese

101    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

102    Poiché l’EUIPO e l’interveniente sono rimaste soccombenti occorre, da un lato, condannare l’EUIPO a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, e, dall’altro, decidere che l’interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 2 dicembre 2016 (procedimento R 579/2016–2) è annullata.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      L’EUIPO sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Devin AD.

4)      La Haskovo Chamber of Commerce and Industry sopporterà le proprie spese.

Collins

Kancheva

Passer

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 ottobre 2018.

Firme


Indice


I. Fatti

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla domanda di annullamento

1. Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento

a) Sulla percezione del termine «devin» da parte del consumatore medio dell’Unione

1) Sul consumatore medio bulgaro

2) Sul consumatore medio greco o rumeno

3) Sul consumatore medio degli altri Stati membri dell’Unione

b) Sulla disponibilità del nome geografico Devin

2. Conclusione sul primo motivo e sulla domanda di annullamento

B. Sulla domanda di riforma

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.