Language of document : ECLI:EU:T:2022:608

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione)

5 ottobre 2022 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Accesso ai documenti – Documenti relativi a progetti di ricerca e sviluppo tecnologico – Decisione che limita la domanda di accesso e nega parzialmente l’accesso – Annullamento parziale di tale decisione da parte del Tribunale – Condanne da parte di organi giurisdizionali nazionali – Illiceità dei comportamenti addebitati – Nesso di causalità»

Nella causa T‑257/21,

Giorgio Basaglia, residente in Milano (Italia), rappresentato da G. Balossi, G. Borriello e F. Fimmanò, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Ehrbar, F. Moro e A. Spina, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione),

composto, al momento della deliberazione, da A. Kornezov, presidente, K. Kowalik-Bańczyk (relatrice) e D. Petrlík, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento

vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso basato sull’articolo 268 TFUE, il ricorrente, il sig. Giorgio Basaglia, chiede il risarcimento del danno patrimoniale, morale e reputazionale che avrebbe subito a causa dell’illegittimo rigetto da parte della Commissione europea delle sue domande di accesso agli atti e del mancato rispetto di quanto statuito nella sentenza del 23 settembre 2020 Basaglia/Commissione (T‑727/19, non pubblicata, in prosieguo: la «sentenza di annullamento», EU:T:2020:446).

 Fatti, procedimento e fatti successivi alla proposizione del ricorso

2        Il ricorrente è un imprenditore italiano. Egli era in particolare amministratore della Sineura SpA, successivamente Sineura Srl, con sede in Milano (Italia) (in prosieguo: la società «Sineura»).

 Indagini, procedimenti e condanne nei confronti del ricorrente in Italia

3        L’8 maggio 2008 l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha emesso una relazione vertente sulle attività di diverse società, tra cui la società Sineura, riguardanti la gestione di finanziamenti erogati dall’Unione europea nell’ambito di 22 progetti di ricerca e sviluppo tecnologico.

4        A seguito di tale relazione, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano (Italia) ha avviato un’indagine penale e ha successivamente avviato procedimenti penali a carico di diverse persone fisiche, tra cui il ricorrente.

5        Nell’ambito di un primo procedimento penale sono stati formulati tredici capi d’imputazione a carico del ricorrente. Tali capi d’imputazione riguardavano, da un lato, il reato di associazione a delinquere di cui all’articolo 416, commi 1 e 2, del Codice penale italiano e, dall’altro, i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 640 bis del medesimo Codice. Con sentenza dell’8 giugno 2012, pronunciata ai sensi del procedimento di applicazione della pena su richiesta, previsto dall’articolo 444 del Codice di procedura penale italiano, il Tribunale di Milano ha condannato il ricorrente, su sua richiesta, a una pena finale di un anno e dieci mesi di reclusione, sospesa per la durata di cinque anni.

6        Nell’ambito di un secondo procedimento penale il ricorrente è stato perseguito per i reati di bancarotta fraudolenta in qualità di amministratore della società Sineura. Con sentenza del 21 ottobre 2020, pronunciata ai sensi del procedimento di applicazione della pena su richiesta, previsto dall’articolo 444 del Codice di procedura penale italiano, il Tribunale di Milano ha condannato il ricorrente, su sua richiesta, a una pena finale pari a due anni di reclusione, pena che è stata sospesa.

7        Inoltre, con atto di citazione depositato il 10 dicembre 2013, il Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Lombardia (Italia) ha avviato un procedimento per responsabilità amministrativo-contabile a carico del ricorrente e di diverse altre persone.

8        Con sentenza del 30 dicembre 2015 la Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia (Italia) ha condannato il ricorrente, in solido con altri soggetti, a versare alla Commissione la somma pari a EUR 1 269 223,87 a titolo di risarcimento del danno erariale causato da attività illecite commesse in relazione a dodici progetti di ricerca e sviluppo tecnologico (in prosieguo: i «dodici progetti in questione»).

9        Il ricorrente e gli altri soggetti accusati nell’ambito del procedimento per responsabilità amministrativo-contabile hanno appellato la sentenza di cui al precedente punto 8. Con sentenza del 29 novembre 2019 la Corte dei Conti – Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello (Italia) ha condannato il ricorrente, in solido con gli altri accusati, a versare alla Commissione la somma di EUR 4 827 772,16 a titolo di risarcimento del danno menzionato al precedente punto 8.

 Richieste di accesso ai documenti da parte del ricorrente, decisioni della Commissione e successivi ricorsi giurisdizionali

10      Il 20 luglio 2011, il 17 marzo 2014 e l’8 aprile 2015 il ricorrente ha chiesto alla Commissione l’accesso a documenti relativi ai dodici progetti in questione sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43).

11      Queste tre domande di accesso ai documenti (in prosieguo: le «domande di accesso ai documenti del 2011, del 2014 e del 2015») hanno portato all’adozione, da parte della Direzione generale Società dell’informazione e Media della Commissione e successivamente della Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie di tale medesima istituzione, di decisioni in relazione, innanzitutto, alla domanda di accesso ai documenti del 2011, il 7 ottobre 2011; in relazione poi alla domanda di accesso ai documenti del 2014, il 31 marzo, il 4 giugno e il 6 agosto 2014 e, infine, in relazione alla domanda di accesso ai documenti del 2015, il 5 maggio 2015. Inoltre, a seguito delle decisioni del 4 giugno e del 6 agosto 2014, il ricorrente ha avanzato domande di conferma in data 10 giugno e 8 agosto 2014. Di conseguenza, il Segretario generale della Commissione ha altresì adottato due decisioni in data 24 luglio e 2 ottobre 2014 pronunciandosi su tali domande di conferma. In applicazione di tali varie decisioni (in prosieguo, congiuntamente, le «decisioni del 2011, del 2014 e del 2015»), al ricorrente è stato concesso un accesso parziale a taluni documenti relativi ai dodici progetti in questione.

12      Inoltre, con lettera del 26 febbraio 2019 (in prosieguo: la «domanda di accesso ai documenti del 2019»), il ricorrente ha nuovamente chiesto alla Commissione l’accesso a documenti relativi ai dodici progetti in questione e rientranti in sette diverse categorie.

13      Con decisione del 24 aprile 2019 la Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione si è pronunciata sulla domanda di accesso ai documenti del 2019 (in prosieguo: la «decisione del 24 aprile 2019»). In primo luogo, essa ha deciso di limitare unilateralmente l’ambito di applicazione della domanda di accesso ai documenti del 2019 a due progetti scelti in modo aleatorio tra i dodici progetti in questione e a tre categorie di documenti riguardanti tali progetti. In secondo luogo, dopo aver individuato ventotto documenti rientranti nell’ambito di applicazione della domanda di accesso così limitata, ha innanzitutto concesso l’accesso integrale a un documento. Essa ha poi consentito l’accesso parziale a ventuno documenti con omissioni fondate sulle eccezioni al diritto di accesso di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Infine, essa ha negato completamente l’accesso a sei documenti sulla base delle stesse eccezioni.

14      L’8 maggio 2019 il ricorrente ha depositato una domanda di conferma di accesso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001.

15      Il 4 settembre 2019 la Segretaria generale della Commissione ha adottato la decisione C(2019) 6474 final che si pronuncia su una domanda di conferma per l’accesso a documenti ai sensi del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «decisione del 4 settembre 2019»). In primo luogo, essa ha concesso l’accesso parziale a due documenti ai quali era stato negato l’accesso con la decisione del 24 aprile 2019, con omissioni basate sulle eccezioni al diritto di accesso già menzionate al precedente punto 13. In secondo luogo, essa ha confermato, per il resto, la decisione del 24 aprile 2019 nella parte in cui, da un lato, quest’ultima aveva limitato la domanda di accesso ai documenti del 2019 e, dall’altro, aveva negato del tutto o parzialmente l’accesso a determinati documenti.

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 ottobre 2019 il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione del 4 settembre 2019. Tale ricorso è stata registrato con il numero T‑727/19.

17      Con la sentenza di annullamento, pronunciata il 23 settembre 2020, il Tribunale ha annullato la decisione del 4 settembre 2019, in quanto recava, da un lato, una limitazione della domanda di accesso ai documenti del 2019 e, dall’altro, un diniego di accesso fondato sull’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

18      Con lettera del 6 ottobre 2020 il ricorrente ha chiesto alla Commissione di dare esecuzione alla sentenza di annullamento. Con lettera del 29 dicembre 2020 egli ha nuovamente invitato tale istituzione a dare esecuzione a tale sentenza e a trasmettergli i documenti richiesti. La Commissione ha confermato l’avvenuta ricezione delle lettere del ricorrente, ma non vi ha dato alcun seguito immediato.

19      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2021 il ricorrente ha proposto il presente ricorso per risarcimento danni.

20      Il 27 luglio 2021 la Segretaria generale della Commissione ha adottato la decisione C(2021) 5741 final relativa a una domanda di conferma di accesso a documenti ai sensi del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «decisione del 27 luglio 2021»). In primo luogo, essa ha informato il ricorrente che non era stato possibile reperire alcuni documenti richiesti. In secondo luogo, essa ha confermato la limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso ai documenti del 2019 effettuata nelle decisioni del 24 aprile e del 4 settembre 2019. In terzo luogo, essa ha concesso un accesso totale o un accesso parziale più ampio agli undici documenti fino ad allora non divulgati o parzialmente divulgati. Ha invece ribadito, per alcuni documenti, il diniego parziale di accesso fondato sull’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

21      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2021 il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione del 27 luglio 2021. Tale ricorso è stato registrato con il numero T‑597/21.

 Conclusioni delle parti

22      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia condannare la Commissione a versargli una somma non inferiore a EUR 5 013 328,64 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, morale e alla reputazione che avrebbe subito a causa dell’illegittimo rigetto delle domande di accesso ai documenti del 2011, del 2014, del 2015 e del 2019 e del mancato rispetto di quanto statuito nella sentenza di annullamento.

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

24      Occorre rammentare che, conformemente a una giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (v. sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

25      Innanzitutto, per quanto concerne l’illiceità del comportamento contestato, il giudice dell’Unione ha già più volte precisato che occorre che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

26      Per quanto attiene poi alla condizione relativa all’effettività del danno, essa esige che il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento sia effettivo e certo, circostanza che spetta al ricorrente dimostrare (v. sentenza del 14 ottobre 2014, Giordano/Commissione, C‑611/12 P, EU:C:2014:2282, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

27      Infine, per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità fra l’asserito comportamento e il danno lamentato, detto danno deve derivare in maniera sufficientemente diretta dal comportamento censurato, cioè tale comportamento deve costituire la causa determinante del danno. Spetta al ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento contestato e il danno lamentato (v. sentenze del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punti 61 e 62 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 dicembre 2015, Chart/SEAE, T‑138/14, EU:T:2015:981, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

28      Quando una delle condizioni rammentate ai precedenti punti da 24 a 27 non è soddisfatta, il ricorso deve essere respinto nella sua interezza senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione (v. sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

29      Nel caso di specie, si deve esaminare innanzitutto se siano soddisfatte le condizioni connesse, da un lato, all’illiceità dei comportamenti addebitati alla Commissione e, dall’altro, all’esistenza di un siffatto nesso di causalità tra tali comportamenti e i danni lamentati dal ricorrente.

 Sullilliceità dei comportamenti addebitati alla Commissione

30      Il ricorrente lamenta, in sostanza, che la Commissione ha più volte rifiutato illegittimamente di fornirgli i documenti relativi ai dodici progetti in questione. Egli sostiene che sia la decisione del 4 settembre 2019 sia le decisioni del 2011, del 2014 e del 2015 sono illegittime. Inoltre, la Commissione avrebbe persistito nel proprio inadempimento non dando esecuzione alla sentenza di annullamento e adottando la decisione del 27 luglio 2021.

31      A tal riguardo, in primo luogo, per quanto attiene alla decisione del 4 settembre 2019, è pacifico che tale decisione è stata parzialmente annullata dal Tribunale nella sentenza di annullamento (v. punto 17 supra). Ne consegue che, invocando tale sentenza di annullamento, il ricorrente dimostra l’illegittimità di detta decisione, in quanto essa recava, da un lato, una limitazione della domanda di accesso ai documenti del 2019 e, dall’altro, un diniego di accesso fondato sull’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

32      In secondo luogo, per quanto riguarda le decisioni del 2011, del 2014 e del 2015, la Commissione osserva correttamente che, nella sentenza di annullamento, il Tribunale non si è pronunciato sulla legittimità di tali decisioni e che, inoltre, il ricorrente non ha mai presentato un ricorso di annullamento avverso le menzionate decisioni.

33      Inoltre, nell’ambito del presente ricorso, il ricorrente non muove alcuna censura dettagliata e specifica idonea a dimostrare l’illegittimità delle decisioni del 2011, del 2014 e del 2015. Infatti, si limita a segnalare al Tribunale che «analoghe considerazioni» a quelle esposte nella sentenza di annullamento per quanto riguarda la decisione del 4 settembre 2019 «si impongono». Per giustificare tale analogia, si limita ad affermare, senza fornire alcuna concreta precisazione, che il tenore delle domande di accesso ai documenti del 2011, del 2014 e del 2015 era identico a quello della domanda di accesso ai documenti del 2019 e che i motivi su cui si basavano le decisioni del 2011, 2014 e 2015 erano identici a quelli della decisione del 4 settembre 2019. Del resto, la Commissione rileva che, con le decisioni del 2011, del 2014 e del 2015, essa ha consentito l’accesso ad una parte dei documenti richiesti (v. punto 11 supra), circostanza che illustra che tali decisioni differivano, perlomeno rispetto alla loro portata, dalla decisione del 4 settembre 2019.

34      Ne consegue che il ricorrente non dimostra l’illegittimità delle decisioni del 2011, del 2014 e del 2015.

35      In terzo luogo, per quanto riguarda la mancata esecuzione della sentenza di annullamento, il ricorrente si è limitato ad indicare, in sede di ricorso, che la Commissione non si era conformata a tale sentenza nonostante le sue domande in tal senso contenute nelle lettere del 6 ottobre e del 29 dicembre 2020 (v. punto 18 supra). Tuttavia, non ha spiegato né dimostrato in che misura e per quali ragioni la mancata adozione, alla data di presentazione del presente ricorso, di una decisione che concedesse l’accesso ai documenti relativi ai dodici progetti in questione costituisse una mancata esecuzione della sentenza di annullamento e, quindi, un comportamento illegittimo. In particolare, non ha addotto che il periodo di inattività della Commissione dopo la pronuncia della sentenza di annullamento si sarebbe protratto oltre il termine entro il quale la sentenza di annullamento avrebbe dovuto ragionevolmente essere eseguita.

36      Nella replica, il ricorrente sostiene, per la prima volta, che la decisione del 27 luglio 2021, nella misura in cui limita nuovamente la sua domanda di accesso ai documenti, «evidentemente viola» la sentenza di annullamento nonché il «principio (...) della buona fede dell’[amministrazione] nel rapporto con il cittadino». Tuttavia, come riconosce lo stesso ricorrente, le argomentazioni che adduce contro tale decisione sono, di per sé, «estranee alla materia del presente giudizio». Inoltre, egli precisa di voler contestare la legittimità di detta decisione con separato ricorso di annullamento, registrato con il numero T‑597/21 (v. punto 21 supra).

37      Ne consegue che, nell’ambito del presente ricorso, il ricorrente non ha dimostrato che la Commissione ha agito illecitamente non dando esecuzione alla sentenza di annullamento e adottando la decisione del 27 luglio 2021.

38      Alla luce di quanto precede, il ricorrente dimostra l’illiceità di uno solo dei comportamenti addebitati alla Commissione, vale a dire l’adozione della decisione del 4 settembre 2019, in quanto tale decisione reca, da un lato, una limitazione della domanda di accesso ai documenti del 2019 e, dall’altro, un diniego di accesso fondato sull’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

39      Nelle circostanze del caso e senza che sia necessario, in questa fase, esaminare se le illegittimità che inficiano la decisione del 4 settembre 2019 costituiscano violazioni sufficientemente qualificate di una norma giuridica volta a conferire diritti ai singoli, si deve esaminare se esista un nesso di causalità tra tali illegittimità e i danni lamentati dal ricorrente.

 Sullesistenza di un nesso di causalità tra la decisione del 4 settembre 2019 e i danni lamentati

40      Il ricorrente deduce, in sostanza, tre voci di danno distinte. Si deve quindi verificare, per ciascuno degli asseriti danni, se esso derivi in modo sufficientemente diretto dalle illegittimità che inficiano la decisione del 4 settembre 2019.

41      In primo luogo, il ricorrente afferma di aver subito un danno patrimoniale corrispondente all’ammontare della condanna pari a EUR 4 827 772,16 pronunciata dalla Corte dei Conti – Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello, oltre alle spese del giudizio pari a EUR 3 056,48, ossia EUR 4 830 828,64 in totale.

42      Al fine di stabilire un nesso di causalità tra, da un lato, la decisione del 4 settembre 2019 e, dall’altro, l’asserito danno patrimoniale, il ricorrente sostiene, essenzialmente, che, non avendo avuto accesso ai documenti richiesti, non ha potuto soddisfare l’onere della prova per potersi discolpare nell’ambito di due procedimenti penali né, di conseguenza, per dimostrare l’infondatezza della domanda di risarcimento avanzata dalla Commissione nel procedimento per responsabilità amministrativo-contabile. Pertanto, le decisioni degli organi giurisdizionali italiani, e in particolare quella che lo condanna a versare la somma di EUR 4 827 772,16 alla Commissione, sarebbero state adottate in violazione del suo diritto a un equo processo e del suo diritto di difendersi. Di conseguenza, esisterebbe un nesso di causalità diretto tra, da un lato, le decisioni della Commissione che negano l’accesso ai documenti richiesti e, dall’altro, la violazione del diritto di difesa dinanzi agli organi giurisdizionali italiani nonché il danno patrimoniale subito dal ricorrente.

43      A tal riguardo, occorre innanzitutto rilevare che il danno patrimoniale invocato dal ricorrente corrisponde, in sostanza, all’importo della condanna pecuniaria pronunciata il 29 novembre 2019 dalla Corte dei Conti – Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello, all’esito di un procedimento per responsabilità amministrativo-contabile avviato il 10 dicembre 2013, ossia diversi anni prima dell’adozione della decisione del 4 settembre 2019. Ne consegue che il danno patrimoniale addotto dal ricorrente è la conseguenza diretta di tale condanna pecuniaria e non risulta direttamente dalla decisione del 4 settembre 2019, che si è limitata a pronunciarsi sulla domanda di accesso ai documenti del 2019.

44      Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento del ricorrente secondo cui la mancata trasmissione di alcuni documenti gli avrebbe impedito di difendersi davanti alla magistratura penale e contabile italiana (punto 42 supra).

45      Infatti, è pacifico che, nell’ambito del procedimento per responsabilità amministrativo-contabile, il ricorrente ha chiesto, sia in primo grado sia in appello, l’adozione di misure istruttorie affinché la Commissione presentasse documenti, ossia relazioni e rapporti di valutazione e di audit relativi ai dodici progetti in questione.

46      Tuttavia, gli organi giurisdizionali contabili italiani, vale a dire, da un lato, in primo grado, la Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, e, dall’altro, in secondo grado, la Corte dei Conti – Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello, hanno entrambi rifiutato di adottare una misura d’istruzione consistente nell’esigere dalla Commissione l’accesso alle relazioni e ai rapporti relativi ai dodici progetti in questione per il motivo che la presentazione di tali documenti non era necessaria ai fini della valutazione della fondatezza della domanda di risarcimento danni formulata dalla Commissione nell’ambito del procedimento per responsabilità amministrativo‑contabile.

47      Orbene, nel caso in cui gli organi giurisdizionali contabili italiani avessero avuto bisogno di taluni documenti posseduti della Commissione per pronunciarsi sulla difesa del ricorrente, nulla ostava a che tali organi giurisdizionali esigessero che tale istituzione presentasse dinanzi ad essi tali documenti. A tal riguardo, si deve ricordare che, come dichiarato dal Tribunale al punto 29 della sentenza di annullamento, quando un organo giurisdizionale nazionale necessita di informazioni che soltanto un’istituzione dell’Unione può fornire, il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4 TUE impone in linea di principio a tale istituzione di comunicare nel più breve termine le dette informazioni qualora esse le siano richieste dal giudice nazionale (v. sentenza del 26 novembre 2002, First e Franex, C‑275/00, EU:C:2002:711, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

48      In tali circostanze, e come correttamente rilevato dalla Commissione, l’asserito danno subito dal ricorrente in ragione dell’impossibilità per quest’ultimo di avvalersi dinanzi ai giudici contabili italiani di taluni documenti posseduti dalla Commissione avrebbe come causa determinante la pronuncia di una condanna pecuniaria da parte della Corte dei Conti – Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello, senza previa adozione di un mezzo istruttorio che imponga alla Commissione di presentare detti documenti. Ne consegue che tale danno, anche qualora fosse dimostrato, non risulterebbe direttamente dalla decisione del 4 settembre 2019 e, di conseguenza, non potrebbe per tale motivo essere addebitato alla Commissione.

49      Inoltre, nella misura in cui il ricorrente adduce un’asserita violazione dei suoi diritti della difesa dinanzi agli organi giurisdizionali penali e contabili italiani e mette in discussione la fondatezza delle condanne pronunciate nei suoi confronti da detti organi giurisdizionali, occorre rammentare che il Tribunale è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso per risarcimento danni proposto da una persona fisica e diretto a ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito a causa di decisioni adottate da organi giurisdizionali nazionali (v., in tal senso, ordinanze del 17 dicembre 2015, Guja/Polonia, C‑352/15 P, non pubblicata, EU:C:2015:837, punti 1 e 10, e del 6 luglio 2020, Jantek/Kúria e a., T‑375/20, non pubblicata, EU:T:2020:333, punti da 5 a 8).

50      In secondo luogo, il ricorrente sostiene di aver subito un danno morale, da valutare in via equitativa, a causa delle condanne penali che sono state ingiustamente pronunciate nei suoi confronti. Egli invoca inoltre un danno reputazionale connesso all’eco mediatica assunta dal primo procedimento penale.

51      Al fine di stabilire un nesso di causalità tra, da un lato, la decisione del 4 settembre 2019 e, dall’altro, i danni morale e reputazionale asseriti, il ricorrente sostiene, essenzialmente, che, non avendo avuto accesso ai documenti richiesti, non ha potuto difendersi dinanzi agli organi giurisdizionali penali italiani. Egli spiega che, essendosi trovato nell’impossibilità di dimostrare la propria innocenza, non ha avuto altra scelta che accettare l’applicazione della pena su richiesta secondo la procedura prevista dall’articolo 444 del Codice di procedura penale italiano.

52      A tal riguardo, occorre innanzitutto rilevare che il danno morale invocato dal ricorrente è la conseguenza diretta delle due condanne penali pronunciate nei suoi confronti. Parimenti, il danno reputazionale che egli lamenta è la conseguenza diretta del primo procedimento penale e dell’eco mediatica data a quest’ultimo.

53      Inoltre, le illegittimità che inficiano la decisione del 4 settembre 2019 non possono in alcun modo essere la causa diretta o anche indiretta dei danni morale e reputazionale indicati dal ricorrente per quanto concerne il primo procedimento penale, che si è concluso con una condanna pronunciata l’8 giugno 2012, ossia più di sette anni prima dell’adozione di detta decisione.

54      Ne consegue che i danni morale e reputazionale asseriti dal ricorrente non risultano direttamente dalla decisione del 4 settembre 2019, che si è limitata a pronunciarsi sulla domanda di accesso ai documenti del 2019.

55      Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento del ricorrente secondo cui la mancata trasmissione di alcuni documenti gli avrebbe impedito di difendersi dinanzi agli organi giurisdizionali penali italiani (punto 51 supra).

56      Infatti, anche supponendo che i danni morale e reputazionale asseriti dal ricorrente siano accertati, il nesso di causalità tra tali danni e la mancata trasmissione da parte della Commissione di taluni documenti relativi ai dodici progetti in questione sarebbe tutt’al più indiretto, cosicché tali danni non potrebbero essere addebitati alla Commissione, come emerge dai precedenti punti 52 e 54.

57      Inoltre, nella misura in cui il ricorrente invoca una violazione dei diritti della difesa dinanzi agli organi giurisdizionali penali italiani nonché l’ingiustizia delle condanne penali pronunciate nei suoi confronti, occorre ricordare che il Tribunale non è competente a controllare la regolarità e la fondatezza delle decisioni adottate dagli organi giurisdizionali nazionali (v. punto 49 supra).

58      In terzo luogo, il ricorrente sostiene che i danni patrimoniale, morale e reputazionale menzionati ai precedenti punti 41 e 50 sono stati aggravati dalla persistenza dell’inadempimento successivamente all’adozione della decisione del 4 dicembre 2019. Egli sostiene che, a causa della persistenza di tale inadempimento, gli è stato impedito di chiedere la revisione delle condanne penali, passate in giudicato, sul fondamento degli articoli 630 e seguenti del Codice di procedura penale italiano nonché la revocazione della decisione di condanna per responsabilità amministrativo-contabile, passata in giudicato, sul fondamento degli articoli 202 e seguenti del Codice di giustizia contabile italiano.

59      A tal riguardo, è sufficiente rilevare che i danni menzionati ai precedenti punti 41 e 50 non derivano direttamente dalle illegittimità che inficiano la decisione del 4 dicembre 2019. Ne consegue che l’aggravamento di tali danni a causa del persistere dell’inadempimento addebitato alla Commissione successivamente all’adozione di tale decisione non può neppure risultare direttamente dalle illegittimità che inficiano detta decisione.

60      In tali circostanze, il ricorrente non dimostra che le varie voci di danno da esso addotte derivino in modo sufficientemente diretto dalle illegittimità che inficiano la decisione del 4 settembre 2019.

61      Ne consegue che, senza che sia necessario esaminare se le illegittimità che inficiano la decisione del 4 settembre 2019 costituiscano violazioni sufficientemente qualificate di una norma giuridica volta a conferire diritti ai singoli e se la condizione relativa alla realtà del danno sia soddisfatta nel caso di specie, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione non può sussistere.

62      Di conseguenza, il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

63      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

64      Il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute della Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Giorgio Basaglia è condannato alle spese.

Kornezov

Kowalik-Bańczyk

Petrlík

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 ottobre 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.