Language of document : ECLI:EU:T:2011:738

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

14 dicembre 2011(*)

«Medicinali per uso umano – Autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale – Regolamento (CE) n. 1901/2006 – Domanda di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica − Decisione di rigetto dell’EMA − Sviamento di potere»

Nella causa T‑52/09,

Nycomed Danmark ApS, con sede in Roskilde (Danimarca), rappresentata inizialmente dagli avv.ti C. Schoonderbeek e H. Speyart van Woerden, successivamente dall’avv. Schoonderbeek,

ricorrente,

contro

Agenzia europea per i medicinali (EMA), rappresentata dal sig. V. Salvatore e dalla sig.ra N. Rampal Olmedo, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica portoghese, rappresentata dai sigg. L. Inez Fernandes e P. Antunes, in qualità di agenti,

Regno del Belgio, rappresentato dal sig. T. Materne e dalla sig.ra C. Pochet, in qualità di agenti,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dal sig. S. Ossowski e dalla sig.ra H. Walker, in qualità di agenti, assistiti dalla sig.ra J. Stratford, barrister,

Repubblica francese, rappresentata dai sigg. G. de Bergues, A. Adam, dalla sig.ra R. Loosli Surrans e dal sig. J.‑S. Pilczer, in qualità di agenti,

e

Commissione europea, rappresentata dal sig. P. Oliver e dalla sig.ra M. Šimerdová, in qualità di agenti,

intervenienti

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) 28 novembre 2008, recante rigetto della domanda della ricorrente volta alla concessione di una deroga specifica riguardante il perfluorobutano, a norma del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1901/2006 quale modificato,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dal sig. O. Czúcz, presidente, dalla sig.ra I. Labucka e dal sig. D. Gratsias (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra V. Nagy, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 luglio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Direttiva 2001/83

1        Gli artt. 6 e 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), quale modificata segnatamente dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, n. 1901, relativo ai medicinali per uso pediatrico e che modifica il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/20/CE, la direttiva 2001/83/CE e il regolamento (CE) n. 726/2004 (GU L 378, pag. 1), nonché dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE (GU L 136, pag. 34), dispongono quanto segue:

«Articolo 6

1.      «Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1901/2006 (…)».

Articolo 8

1.      La domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale (…), viene presentata all’autorità competente dello Stato membro interessato.

(…).

3.      La domanda è corredata delle informazioni e dei documenti seguenti, presentati in conformità dell’allegato I:

(…)

e)      indicazioni terapeutiche, controindicazioni ed effetti collaterali negativi;

(…)

i)      risultati:

–        delle prove farmaceutiche (chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche),

–        delle prove precliniche (tossicologiche e farmacologiche),

–        delle sperimentazioni cliniche;

(…)».

 Regolamento n. 726/2004

2        L’art. 3 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, n. 726, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU L 136, pag. 1), quale modificato dal regolamento n. 1901/2006 prevede quanto segue:

«Articolo 3

1.      Nessun medicinale contemplato nell’allegato può essere immesso in commercio nella Comunità senza un’autorizzazione rilasciata dalla Comunità secondo il disposto del presente regolamento.

2.      Qualsiasi medicinale non contemplato nell’allegato può essere oggetto di autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dalla Comunità secondo il disposto del presente regolamento, qualora:

a)      il medicinale contenga una nuova sostanza attiva che alla data dell’entrata in vigore del presente regolamento non era autorizzata nella Comunità (…)»

 Regolamento n. 1901/2006

3        Gli artt. 1, 2, 3, 6, 7, 11, 13, 15 e 16 del regolamento n. 1901/2006 hanno il seguente tenore:

«Articolo 1

Il presente regolamento istituisce le norme che disciplinano lo sviluppo di medicinali per uso umano al fine di rispondere alle esigenze terapeutiche specifiche della popolazione pediatrica, senza sottoporre la popolazione pediatrica a sperimentazioni cliniche o d’altro tipo non necessarie e conformemente alla direttiva 2001/20/CE.

Articolo 2

Oltre alle definizioni di cui all’articolo 1 della direttiva 2001/83/CE, ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

1)      “popolazione pediatrica”: la parte della popolazione dalla nascita ai diciotto anni;

2)      “piano d’indagine pediatrica”: programma di ricerca e sviluppo che mira a garantire che siano generati i dati necessari per determinare le condizioni in cui un medicinale può essere autorizzato per uso pediatrico;

(…).

Articolo 3

(...) [U]n comitato pediatrico è istituito all’interno dell’Agenzia europea per i medicinali istituita dal regolamento (CE) n. 726/2004, denominata in seguito “l’Agenzia” (…)

Articolo 6

1.      I compiti del comitato pediatrico includono:

a)      la valutazione del contenuto di qualsiasi piano d’indagine pediatrica per un medicinale presentato conformemente al presente regolamento e l’espressione di un parere;

b)      la valutazione delle deroghe e dei differimenti e l’espressione di un parere;

(…).

2.      Nell’esecuzione dei propri compiti il comitato pediatrico valuta se gli studi eventualmente proposti possano presumibilmente apportare un beneficio terapeutico significativo alla popolazione pediatrica e/o soddisfarne un’esigenza terapeutica. Esso tiene conto di qualsiasi informazione a sua disposizione, inclusi eventuali pareri, decisioni o consulenze forniti dalle autorità competenti di paesi terzi.

Articolo 7

1.      La domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, a norma dell’articolo 6 della direttiva 2001/83/CE, per un medicinale per uso umano non autorizzato nella Comunità al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento è considerata valida soltanto se, oltre alle informazioni e ai documenti di cui all’articolo 8, paragrafo 3 della direttiva 2001/83/CE, include uno degli elementi seguenti:

a)      i risultati di tutti gli studi eseguiti e i dettagli di tutte le informazioni raccolte conformemente al piano d’indagine pediatrica approvato;

b)      una decisione dell’Agenzia che concede una deroga per un prodotto specifico;

c)      una decisione dell’Agenzia che concede una deroga per la classe di medicinale a norma dell’articolo 11;

d)      una decisione dell’Agenzia che concede un differimento.

Ai fini di cui alla lettera a), la decisione dell’Agenzia che approva il piano d’indagine pediatrica in questione deve essere allegata alla domanda.

(…)

Articolo 11

1.      Una deroga alla presentazione delle informazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a) può essere concessa per medicinali specifici o classi di medicinali se esistono dati che dimostrano una delle situazioni seguenti:

(…).

b)      la malattia o l’affezione a cui è destinato il medicinale specifico o la classe di medicinali si verifica solo nelle popolazioni adulte;

(…)

2.      La deroga di cui al paragrafo 1 può essere concessa vuoi in relazione ad una o più sottopopolazioni specifiche della popolazione pediatrica, vuoi ad una o più indicazioni terapeutiche specifiche oppure in relazione ad una combinazione di entrambe.

(…).

Articolo 13

1.      Il richiedente, per i motivi di cui all’articolo 11, paragrafo 1, può chiedere all’Agenzia una deroga per un prodotto specifico.

(…).

Articolo 15

1.      Per le domande di autorizzazione all’immissione in commercio presentate conformemente alle disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere a) o d), dell’articolo 8 o dell’articolo 30 è necessario elaborare un piano d’indagine pediatrica da sottoporre all’Agenzia con una richiesta di approvazione.

2.      Il piano d’indagine pediatrica specifica il calendario e le misure proposte per accertare la qualità, la sicurezza e l’efficacia del medicinale in tutte le sottopopolazioni pediatriche interessate. Esso descrive inoltre qualsiasi misura volta ad adattare la formulazione del medicinale in modo da rendere il suo impiego più accettabile, facile, sicuro o efficace per le diverse sottopopolazioni pediatriche.

Articolo 16

1. Per le domande di autorizzazione all’immissione in commercio di cui agli articoli 7 e 8 e per le domande di deroga di cui agli articoli 11 e 12, il piano d’indagine pediatrica o la domanda di deroga sono presentati con una richiesta di approvazione, salvo in casi debitamente motivati, al più tardi alla conclusione degli studi farmacocinetici negli adulti di cui all’allegato I, parte I, sezione 5.2.3 della direttiva 2001/83/CE, in modo da garantire che un parere relativo all’impiego del medicinale in questione nella popolazione pediatrica possa essere formulato al momento della valutazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio o di altre domande.

(…)».

 Fatti

4        La ricorrente, la Nycomed Danmark ApS, ha elaborato un agente di visualizzazione tramite ultrasuoni per l’ecocardiografia (perfluorobutano) da immettere in commercio con il marchio Imagify (in prosieguo: l’«agente Imagify»).

5        Il 3 marzo 2008, la ricorrente ha chiesto all’Agenzia europea per i medicinali (EMA), a norma dell’art. 11, n. 1, lett. b), e dell’art. 13, n. 1, del regolamento n. 1901/2006, di beneficiare, per quanto riguarda l’agente Imagify, di una deroga all’obbligo di presentare i risultati di un piano di indagine pediatrica. A sostegno della sua domanda, essa ha indicato che tale agente di visualizzazione tramite ultrasuoni era finalizzato a diagnosticare malattie delle arterie coronarie che si verificano soltanto nella popolazione adulta. Pur ammettendo che i processi fisiopatologici che conducono allo sviluppo di malattie delle arterie coronarie iniziano fin dalla prima infanzia, essa deduce che nei bambini tali malattie hanno solamente il carattere di affezioni cliniche nascenti e riguardano, essenzialmente, soltanto i soggetti affetti da ipercolesterolemia familiare o da diabete «mellito» del tipo 1. Peraltro, essa ha sottolineato che, persino presso queste due popolazioni di pazienti pediatrici ad alto rischio, i segni e sintomi clinici, quali dolori pettorali, respiro affannoso o ancora l’angina pectoris e l’infarto miocardiaco, non si manifestano prima dell’inizio dell’età adulta.

6        In base alla domanda della ricorrente, nell’ambito delle sperimentazioni cliniche, l’efficacia e la sicurezza dell’agente Imagify sono state confrontate con quelle dei metodi attualmente usati per diagnosticare malattie delle arterie coronarie. Secondo questa stessa domanda, il vantaggio della tecnica diagnostica applicata durante l’impiego dell’agente Imagify consiste nel fatto che essa non comporta alcuna esposizione alle radiazioni e che risulta quindi relativamente innocua.

7        L’8 maggio 2008, il comitato pediatrico dell’EMA (in prosieguo: il «comitato pediatrico»), mediante un parere preliminare, ha chiesto alla ricorrente di modificare la sua domanda di deroga per affrontare la questione del potenziale beneficio dell’agente Imagify nell’ecocardiografia pediatrica. Il 10 luglio 2008, la ricorrente ha comunicato che essa non intendeva procedere alla modifica richiesta.

8        In seguito ad una riunione con la ricorrente, il comitato pediatrico ha adottato un primo parere il 19 settembre 2008 (in prosieguo: il «primo parere»). Esso ha raccomandato all’EMA di rifiutare la deroga richiesta, reputando che la ricorrente avesse limitato, a torto, la portata della sua domanda di deroga alla diagnosi delle malattie delle arterie coronarie, allorché l’agente di visualizzazione tramite ultrasuoni, di cui trattasi, poteva essere impiegato anche per la diagnosi di altre malattie.

9        Con lettera 20 ottobre 2008, la ricorrente ha presentato una domanda motivata volta ad ottenere un nuovo parere da parte del comitato pediatrico. In tale domanda, essa ha sottolineato, da un lato, che spettava al richiedente definire la portata dell’indicazione del medicinale oggetto della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio e, dall’altro, che il comitato pediatrico non aveva il potere di esigere una modifica della medesima.

10      Il 3 novembre 2008, alla ricorrente è stato notificato un progetto di parere, nuovamente sfavorevole, del comitato pediatrico. Dopo aver ricordato che l’agente di visualizzazione tramite ultrasuoni elaborato dalla ricorrente era concepito per individuare i difetti di perfusione miocardiaca, il comitato pediatrico ha indicato, in particolare, che tali difetti potevano essere provocati da malattie che si verificano nei bambini. In tale progetto di parere, il comitato pediatrico ha segnatamente proposto alla ricorrente di inoltrare, a norma degli artt. 20 e 21 del regolamento n. 1901/2006, una richiesta di differimento dell’avvio o del completamento delle misure previste nel piano di indagine pediatrica, di cui all’art. 15 del medesimo regolamento.

11      Con lettera 6 novembre 2008, la ricorrente ha contestato tale valutazione del comitato pediatrico. Il 14 novembre 2008, quest’ultimo ha adottato la versione definitiva del suo secondo parere (in prosieguo: il «secondo parere»). In quest’ultimo, esso si è pronunciato contro la concessione di una deroga. Con lettera 19 novembre 2008, la ricorrente ha invitato l’EMA a riesaminare tale parere.

12      Il 28 novembre 2008, l’EMA ha respinto la domanda della ricorrente volta alla concessione della deroga da essa richiesta (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Tale decisione rinvia al secondo parere del comitato pediatrico ad essa allegato. Il secondo parere fa a sua volta riferimento al rapporto di sintesi ad esso allegato. Quanto a tale rapporto, esso consta di due parti, di cui la prima corrisponde al primo parere (v. punto 8 supra), mentre la seconda è dedicata al riesame di questo primo parere.

13      La decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente il 2 dicembre 2008.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 febbraio 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

15      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale in pari data, la ricorrente ha presentato una domanda di provvedimenti urgenti volta, da un lato, alla sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata e, dall’altro, all’adozione di misure provvisorie.

16      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 febbraio 2009, ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale, la ricorrente ha presentato una domanda di procedura accelerata, la quale è stata respinta con decisione del Tribunale (Quinta Sezione) 1°aprile 2009.

17      Con ordinanza del presidente del Tribunale 24 aprile 2009, la domanda di provvedimenti urgenti, presentata dalla ricorrente, è stata respinta con riserva delle spese.

18      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 maggio 2009, la Repubblica portoghese ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dell’EMA.

19      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2009, il Regno del Belgio e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dell’EMA.

20      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente il 19 e 20 maggio 2009, la Repubblica francese e la Commissione delle Comunità europee hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dell’EMA.

21      Le istanze di intervento sono state notificate alle parti, in conformità dell’art. 116, n. 1, del regolamento di procedura.

22      Con ordinanza 9 luglio 2009, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della Repubblica portoghese a sostegno delle conclusioni dell’EMA. La Repubblica portoghese ha depositato la propria memoria d’intervento il 27 luglio 2009.

23      Con ordinanza 2 settembre 2009, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento del Regno del Belgio, del Regno Unito, della Repubblica francese e della Commissione a sostegno delle conclusioni dell’EMA. Il Regno Unito ha depositato la sua memoria d’intervento il 18 novembre 2009. Il Regno del Belgio, la Repubblica francese e la Commissione hanno presentato le loro memorie d’intervento in data 19 novembre 2009.

24      La ricorrente ha depositato le sue osservazioni sulle memorie d’intervento il 22 marzo 2010.

25      Con atti separati, depositati presso la cancelleria del Tribunale il 22 giugno e il 22 luglio 2009, la ricorrente ha chiesto, in particolare, la riservatezza di taluni punti del ricorso, del controricorso dell’EMA e della replica, nei confronti di tutte le parti intervenienti.

26      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2009, il Regno Unito ha sollevato obiezioni in merito alle richieste di riservatezza sopra citate.

27      Con ordinanza 26 marzo 2010, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha respinto le richieste di riservatezza, in quanto erano state contestate dal Regno Unito.

28      In seguito alla modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore inizialmente designato è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale è stata di conseguenza attribuita la causa in esame. A causa del rinnovo parziale del Tribunale, la presente causa è stata attribuita ad un nuovo giudice relatore assegnato a questa stessa sezione.

29      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 12 luglio 2011.

30      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EMA alle spese.

31      L’EMA, sostenuta dalla Repubblica portoghese, dal Regno del Belgio, dal Regno Unito, dalla Repubblica francese e dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Nel merito

32      A sostegno del suo ricorso la ricorrente solleva due motivi. Il primo motivo verte su un’erronea interpretazione dell’espressione «la malattia o l’affezione a cui è destinato il medicinale (...)», di cui all’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006. Il secondo motivo verte sulla sussistenza di uno sviamento di potere.

 Sul primo motivo, vertente su un’erronea interpretazione dell’espressione «la malattia o l’affezione a cui è destinato il medicinale (...)», di cui all’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006

33      Va rilevato che l’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, di cui la ricorrente ha contestato l’interpretazione proposta dall’EMA, si inserisce in un contesto normativo definito principalmente da tre atti normativi.

34      In primo luogo, la direttiva 2001/83 ha codificato e riunito in un testo unico le direttive riguardanti il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative ai medicinali per uso umano.

35      Ai sensi dell’art. 1, punto 2, lett. a), della direttiva 2001/83, quale modificato dalla direttiva 2004/27, è medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane». Ai sensi dell’art. 1, punto 2, lett. b), viene anche considerato come medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica». Un prodotto è un medicinale se rientra nell’una o nell’altra di tali definizioni che, secondo giurisprudenza costante, vanno interpretate estensivamente (v. sentenza della Corte 20 settembre 2007, causa C‑84/06, Antroposana e a., Racc. pag. I‑7609, punto 31, e la giurisprudenza ivi citata).

36      Ai termini dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/83, nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro, rilasciata a norma della suddetta direttiva oppure senza un’autorizzazione rilasciata a norma del regolamento n. 726/2004, in combinato disposto con il regolamento n. 1901/2006.

37      In secondo luogo, il regolamento n. 726/2004 delinea, in particolare, una procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione in commercio nell’Unione europea, applicabile segnatamente ai medicinali menzionati nel suo allegato, nonché a quelli contenenti una nuova sostanza attiva non autorizzata nell’Unione. L’autorizzazione all’immissione in commercio viene rilasciata dalla Commissione, previo parere del comitato per i medicinali per uso umano, facente parte dell’EMA. In base a tale procedura, la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio è rivolta all’EMA, cui spetta coordinare la valutazione scientifica della qualità, della sicurezza e dell’efficacia del medicinale di cui trattasi.

38      In terzo luogo, il regolamento n. 1901/2006 definisce norme specifiche riguardanti i medicinali per uso pediatrico.

39      Alla data della sua pubblicazione, oltre il 50% dei medicinali somministrati ai bambini in Europa non aveva ottenuto un’autorizzazione in tal senso e non era stato oggetto di appropriate sperimentazioni [v. parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai medicinali per uso pediatrico e che modifica il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/83 e il regolamento n. 726/2004», (GU 2005, C 267, pag. 1, punto 2.1)].

40      Orbene, ai termini del terzo ‘considerando’ del regolamento n. 1901/2006, tra i problemi che risultano dalla mancanza di medicinali adatti alla popolazione pediatrica, occorre citare la mancanza di informazioni sul dosaggio che aumenta i rischi di reazioni avverse, tra cui segnatamente il decesso, cure inefficaci per sottodosaggio, non disponibilità per la popolazione pediatrica dei progressi terapeutici e di adeguati preparati e modalità di somministrazione e impiego nella popolazione pediatrica di preparati magistrali o officinali potenzialmente di scarsa qualità.

41      Il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 1901/2006 indica che il mercato da solo si è rivelato insufficiente per stimolare in modo adeguato la ricerca, lo sviluppo e l’autorizzazione di medicinali per uso pediatrico.

42      In tale contesto, come emerge dal suo quarto ‘considerando’, il regolamento n. 1901/2006 mira, in primo luogo, ad agevolare lo sviluppo e l’accessibilità di medicinali per uso pediatrico, in secondo luogo, a garantire che tali medicinali siano oggetto di una ricerca di qualità elevata, conforme alle norme etiche e di un’autorizzazione specifica per l’uso pediatrico, nonché, in terzo luogo, a migliorare le informazioni disponibili sull’uso dei medicinali nelle diverse popolazioni pediatriche. Questo stesso ‘considerando’ rileva che occorre conseguire tali obiettivi senza sottoporre la popolazione pediatrica a sperimentazioni cliniche non necessarie e senza ritardare l’autorizzazione di medicinali destinati a popolazioni diverse da quella pediatrica.

43      Per conseguire tali obiettivi, il regolamento n. 1901/2006 prevede un meccanismo volto a costringere le imprese farmaceutiche a prevedere sistematicamente la possibilità di un uso pediatrico per i medicinali da esse sviluppati.

44      L’elemento centrale di tale meccanismo è dato dal piano di indagine pediatrica, definito dall’art. 2, n. 2, del regolamento n. 1901/2006.

45      Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1901/2006, qualsiasi domanda di autorizzazione all’immissione in commercio deve, in via di principio, contenere i risultati di tutti gli studi eseguiti e i dettagli di tutte le informazioni raccolte conformemente ad un siffatto piano approvato. Pertanto, il richiedente, che intende inoltrare una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale, ha l’obbligo di elaborare un piano di indagine pediatrica e di sottoporlo all’EMA per approvazione, a norma dell’art. 15, n. 1, del regolamento n. 1901/2006.

46      Al fine di evitare che tale meccanismo freni la ricerca e lo sviluppo di nuovi medicinali, il regolamento n. 1901/2006 prevede, in particolare, un sistema di deroghe a tale obbligo, di cui fa parte la deroga controversa prevista dall’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006.

47      In virtù di tale articolo, si può derogare all’obbligo di presentare le informazioni di cui all’art. 7, n. 1, lett. a), per medicinali specifici o per determinate classi di medicinali, se viene dimostrato che la malattia o l’affezione a cui è destinato il medicinale specifico o la classe di medicinali si verifica solo nelle popolazioni adulte. Sarebbe, infatti, illogico richiedere l’elaborazione di un piano di indagine pediatrica per un medicinale riguardante unicamente malattie o affezioni che non si manifestano mai nella popolazione pediatrica.

48      Alla luce di queste considerazioni, occorre procedere all’esame degli argomenti addotti dalla ricorrente secondo cui, adottando la decisione impugnata, l’EMA si è fondata su un’erronea interpretazione dell’espressione «la malattia o l’affezione a cui è destinato il medicinale specifico (…)», di cui all’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006.

49      Va ricordato, in via preliminare, che dalla definizione del termine «medicinale», di cui all’art. 1, punto 2, lett. b), della direttiva 2001/83, emerge che tale termine designa, in particolare, ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica. A tal riguardo, va considerato che la diagnosi costituisce, come emerge peraltro dal complesso degli argomenti della ricorrente, l’individuazione di una o più malattie o affezioni in base ai loro segni.

50      È certamente vero che il regolamento n. 1901/2006 non opera alcuna distinzione tra i medicinali e che, di conseguenza e come fatto valere a giusto titolo dalla ricorrente, i medicinali ad uso diagnostico sono sottoposti alle stesse condizioni di ogni altro medicinale per quanto riguarda la concessione di una deroga all’obbligo di presentazione di un piano di indagine pediatrica. Rimane nondimeno il fatto, tuttavia, che, per loro natura, i medicinali ad uso diagnostico sono diversi da quelli ad uso terapeutico. Infatti, essi servono solo indirettamente alla cura di una malattia o di un’affezione, poiché il loro obiettivo immediato è l’individuazione dei segni di una malattia o di un’affezione.

51      Tenuto conto di tale peculiarità dei medicinali ad uso diagnostico, si deve considerare che, allorquando la deroga di cui all’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006 riguardi, come nella presente fattispecie, un siffatto medicinale, essa deve essere concessa se viene dimostrato che la malattia o l’affezione, alla cui diagnosi è destinato il medicinale o la classe di medicinali in esame, si verifica soltanto nella popolazione adulta.

52      In base a questa lettura, la disposizione in parola solleva la questione dell’individuazione della malattia o dell’affezione alla cui diagnosi «è destinato» il medicinale o la classe di medicinali in causa. Si tratta, più specificatamente, di determinare se la destinazione di un medicinale debba essere valutata oggettivamente, previa considerazione delle sole proprietà di tale medicinale, o se essa corrisponda all’indicazione diagnostica definita dal promotore del medicinale in esame, rivestendo quindi carattere soggettivo.

53      Nel primo caso, un medicinale ad uso diagnostico dovrebbe essere considerato come destinato alla diagnosi di qualsiasi malattia o affezione associata ad un segno che è atto ad individuare. Nel secondo caso, l’indicazione definita dal promotore del medicinale sarebbe vincolante; un medicinale non potrebbe essere considerato destinato alla diagnosi di malattie o affezioni diverse da quelle corrispondenti all’indicazione prescelta dal suo promotore.

54      È giocoforza constatare, come emerge dalla motivazione della decisione impugnata, che questa poggia sulla prima interpretazione della disposizione in esame.

55      A tal riguardo, va rilevato che la decisione impugnata non contiene una motivazione autonoma, ma rinvia al secondo parere ad essa allegato a norma dell’art. 25, n. 5, secondo periodo, del regolamento n. 1901/2006. La motivazione di tale parere è contenuta nel rapporto di sintesi ad esso allegato (v. altresì punto 12 supra). Rinviando al secondo parere, la decisione impugnata ha manifestamente fatto propria la motivazione di tale parere. Di conseguenza, si deve concludere che la motivazione della decisione impugnata corrisponde a quella del rapporto di sintesi.

56      Tale rapporto assume la forma di un’esposizione delle tesi del coordinatore pediatrico dell’EMA, del relatore e del controllore del comitato pediatrico, con i quali hanno concordato gli altri membri di tale comitato. Pertanto, nella parte del rapporto dedicato al riesame del primo parere, il coordinatore pediatrico ha rilevato quanto segue «[L]’ecocardiografia realizzata con [l’agente Imagify] viene proposta dal richiedente come metodo destinato a rivelare anomalie/difetti di perfusione miocardiaca. Le possibili cause di tali anomalie possono risiedere in diverse patologie cardiache che si verificano tanto nei bambini quanto negli adulti. Tra queste anomalie non si rinviene soltanto l’arteriosclerosi coronaria, ma anche difetti cardiaci congeniti, anomalie coronarie, cardiomiopatie, problemi coronari consecutivi ad un intervento chirurgico per difetti cardiaci congeniti e problemi cardiaci avuti in seguito ad una vasculite, quale la sindrome di Kawasaki. È evidente che il fine strategico del richiedente è di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio per l’indicazione specifica della diagnosi delle malattie delle arterie coronarie unicamente nell’adulto, indubbiamente in quanto si tratta della causa più frequente delle anomalie della perfusione miocardiaca nell’adulto. Poiché le anomalie della perfusione miocardiaca esistono effettivamente nella popolazione pediatrica, il regolamento non consente di concedere una deroga, con la motivazione che una delle affezioni sottese, ossia le malattie delle arterie coronarie, non si verifica nei bambini». Il relatore del comitato pediatrico ha approvato tale valutazione rilevando quanto segue: «[S]e tale prodotto è benefico per gli adulti, come assume il richiedente, prima o poi sarà applicato in pediatria. Infatti, una serie di pazienti, che presentano disturbi della perfusione miocardiaca, potrebbero beneficiare di tale tecnica ed evitare quindi tecniche più invasive». Quanto al controllore, egli ha rilevato in conclusione che «Tale prodotto è una diagnosi per valutare la perfusione miocardiaca ed è possibile utilizzarlo a tale scopo sui bambini. Una deroga è inopportuna».

57      Dal secondo parere emerge, quindi, che il comitato pediatrico ha ritenuto che l’agente Imagify mirasse ad individuare anomalie della perfusione miocardiaca. Orbene, queste ultime non costituiscono soltanto un segno evocatore di malattie delle arterie coronarie, ma anche un segno di altre malattie o affezioni, di cui alcune si manifestano nella popolazione pediatrica. Avendo adottato la prima delle interpretazioni proposte al precedente punto 52, il comitato pediatrico ha dunque concluso che la domanda di deroga, presentata dalla ricorrente, dovesse essere respinta.

58      A tal riguardo, si deve respingere la tesi, sostenuta dal Regno Unito nella sua memoria di intervento, secondo cui il comitato pediatrico ha respinto la domanda di deroga in quanto le malattie delle arterie coronarie, benché rare, non sono inesistenti nei bambini. Sebbene sia certamente vero che quest’ultima circostanza viene effettivamente menzionata, in modo incidentale, nel rapporto di sintesi, dalla lettura complessiva del suddetto rapporto emerge che il secondo parere e, conseguentemente, la decisione impugnata, sono fondati sulla motivazione menzionata al punto precedente.

59      Non si può neppure ammettere la tesi sostenuta della ricorrente, secondo cui la decisione impugnata è fondata sull’erroneo motivo che i difetti di perfusione miocardiaca costituiscono un’affezione ai sensi dell’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, che può manifestarsi nei bambini, mentre invece essi costituiscono, in realtà, un segno comune a diverse malattie.

60      Certamente, il rapporto di sintesi impiega talvolta il termine «affezione» per designare i difetti di perfusione miocardiaca. Nondimeno, alla luce degli estratti del rapporto di sintesi, sopra citati al punto 56, è evidente che il comitato pediatrico e, di conseguenza, l’EMA, quando ha adottato la decisione impugnata, erano senz’altro consapevoli del fatto che i difetti di perfusione miocardiaca costituiscono un segno comune a varie malattie e non un’affezione autonoma ai sensi della summenzionata disposizione. Ciò è sufficientemente dimostrato, in primo luogo, dall’affermazione del controllore secondo cui «(…) una serie di affezioni nei bambini si traducono in anomalie della perfusione miocardiaca (…)» e, in secondo luogo, dal riferimento operato dal relatore a «(…) l’affezione legata a disturbi di perfusione miocardiaca (…)». Ne consegue che la decisione impugnata è fondata sulla motivazione sopra indicata al punto 57 e non su quella menzionata dalla ricorrente nella sua argomentazione esposta al punto precedente.

61      Allorché, come già evidenziato, la decisione impugnata è fondata sulla prima delle interpretazioni dell’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, proposta al precedente punto 52, la ricorrente propugna la seconda di tali interpretazioni e addebita quindi all’EMA di avere fondato la sua decisione su un’erronea interpretazione della disposizione pertinente. Più precisamente, la ricorrente sostiene che l’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006 deve essere interpretato alla luce dell’art. 2, n. 2, nonché degli artt. 7, 8 e 15 del medesimo regolamento. Dalla lettura congiunta di tali disposizioni emergerebbe che il piano di indagine pediatrica è legato all’indicazione terapeutica menzionata nella domanda di deroga.

62      Ai fini dell’esame di tale argomentazione, in primo luogo, occorre constatare che l’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006 si riferisce alla malattia o all’affezione alla cui cura (o, nel caso di medicinali per uso diagnostico, alla cui diagnosi) il medicinale è «destinato», senza che venga menzionato il termine «indicazione». Tale differenza terminologica depone contro l’interpretazione sostenuta dalla ricorrente e ciò, a fortiori, in quanto il termine «indicazione» viene impiegato, in altri contesti, da questo stesso regolamento; ciò avviene segnatamente all’art. 11, n. 2, del suddetto regolamento.

63      In secondo luogo, nell’ambito di un approccio teleologico, va rilevato che la tesi della ricorrente, ove venisse accolta, darebbe alle imprese farmaceutiche la possibilità di aggirare facilmente gli obblighi ad esse imposti dal regolamento n. 1901/2006. Infatti, per beneficiare di una deroga a tali obblighi, sarebbe sufficiente restringere adeguatamente l’ambito dell’indicazione dei medicinali da esse elaborati. In particolare all’impresa che abbia ideato un medicinale idoneo ad individuare un segno evocatore di malattie che colpiscono sia la popolazione adulta che quella pediatrica basterebbe soltanto proporre un’indicazione dal cui ambito sia esclusa la popolazione pediatrica per beneficiare, in modo certo, di una deroga. Orbene, in una siffatta eventualità, non si sarebbe posto fine alla mancanza di medicinali, perlomeno ad uso diagnostico, adatti alla popolazione pediatrica, mentre questo è uno degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1901/2006.

64      In terzo luogo, l’interpretazione adottata nella decisione impugnata è conforme al ruolo e alle competenze attribuite al comitato pediatrico dal regolamento n. 1901/2006. Infatti, ai sensi dell’ottavo ‘considerando’ del suddetto regolamento, tale comitato è l’unico organo che disponga «delle conoscenze e competenze necessarie nell’ambito dello sviluppo e della valutazione di tutti gli aspetti dei medicinali destinati alle popolazioni pediatriche». Peraltro, ai termini dell’art. 6, n. 2, secondo periodo, dello stesso regolamento, il comitato pediatrico tiene conto di qualsiasi informazione di cui dispone, il che depone nuovamente contro la tesi secondo cui esso deve fondarsi esclusivamente sull’indicazione menzionata nella domanda di deroga. 

65      In quarto luogo, va sottolineato che l’interpretazione adottata nella decisione impugnata non significa affatto che l’indicazione, menzionata dal promotore di un medicinale nella sua domanda di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica, non verrà presa in considerazione dal comitato pediatrico e in definitiva dall’EMA in sede di esame di tale domanda. Al contrario, tale indicazione costituirà necessariamente il punto di partenza della valutazione del comitato pediatrico.

66      Pertanto, la deroga richiesta sarà concessa nel caso in cui il comitato pediatrico constaterà che il medicinale di cui trattasi consente di diagnosticare un segno imputabile unicamente a malattie o affezioni che presentano la duplice caratteristica, da un lato, di essere coperti dall’indicazione proposta dal richiedente e, dall’altro, di verificarsi soltanto nella popolazione adulta.

67      Tuttavia, a differenza dell’interpretazione della disposizione pertinente, proposta dalla ricorrente, l’interpretazione adottata nella decisione impugnata consente al comitato pediatrico di dichiarare, mediante un parere motivato e fondato su dati oggettivi scientificamente giustificati, che il medicinale ad uso diagnostico di cui trattasi consente di individuare un segno che può essere associato, non soltanto alle malattie o affezioni menzionate nell’indicazione proposta dal suo promotore, ma anche a una o più malattie o affezioni diverse che si verificano, segnatamente, nella popolazione pediatrica. In un caso del genere, l’EMA è tenuta a respingere la domanda di deroga, a meno che il richiedente non riesca, nell’ambito del procedimento amministrativo istituito dal regolamento n. 1901/2006, a confutare tale tesi dimostrando dinanzi al comitato pediatrico, in base a dati oggettivi, che il medicinale di cui trattasi consente unicamente di individuare segni imputabili a malattie o affezioni che si verificano soltanto nella popolazione adulta.

68      In quinto luogo, va rilevato che gli altri argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno della sua tesi non sono convincenti.

69      In primo luogo, la ricorrente sostiene che non spetta all’EMA estendere l’indicazione terapeutica proposta dal richiedente una deroga. Essa considera che l’indicazione menzionata nella domanda di autorizzazione all’immissione in commercio può essere perfettamente compatibile con quella proposta nel piano di indagine pediatrica. Peraltro, l’autorità che rilascia l’autorizzazione all’immissione in commercio non estenderebbe mai − o soltanto in circostanze molto particolari − l’indicazione proposta dal richiedente. Infatti, l’indicazione approvata dovrebbe poggiare sui dati forniti dal richiedente, propri della popolazione considerata.

70      È giocoforza constatare che tale argomentazione della ricorrente deriva da una confusione tra, da una parte, l’indicazione menzionata dal promotore di un medicinale nella sua domanda di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica e, dall’altro, l’indicazione che sarà successivamente menzionata da detto promotore nella domanda di autorizzazione all’immissione in commercio dello stesso medicinale. La ricorrente, pertanto, non ha preso in considerazione la circostanza che la domanda di deroga viene presentata in una fase precoce del procedimento che, al suo termine, condurrà eventualmente alla concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio.

71      Va rilevato al riguardo che, ai sensi dell’art. 8, n. 3, lett. e), e dell’art. 11 della direttiva 2001/83, altresì applicabili alle domande di autorizzazione all’immissione in commercio, previste dall’art. 6 del regolamento n. 726/2004, tali domande devono fare riferimento all’indicazione (terapeutica o diagnostica) per la quale l’autorizzazione all’immissione in commercio è richiesta. Conformemente all’art. 13, n. 1, secondo comma, del regolamento n. 726/2004, in combinato disposto con l’art. 21, n. 1, della direttiva 2001/83, la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio implica l’approvazione del riassunto proposto delle caratteristiche del prodotto che, in base all’art. 11, punto 4.1, della direttiva 2001/83, menziona l’indicazione del prodotto. Del pari, l’art. 26, n. 1, della direttiva 2001/83 sancisce che l’autorizzazione all’immissione in commercio venga negata qualora risulti, tra l’altro, che il rapporto rischio/beneficio non è favorevole. Tale rapporto, definito dall’art. 1, punti 28 e 28 bis della stessa direttiva, è chiaramente valutato con particolare riguardo alle indicazioni per le quali viene richiesta l’autorizzazione all’immissione in commercio.

72      Ne consegue che l’indicazione (terapeutica o diagnostica) di un medicinale, prescelta dal suo promotore, è determinante tanto sul piano della definizione della portata delle sperimentazioni farmaceutiche, precliniche e cliniche che devono essere condotte al fine di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio, quanto sul piano della determinazione dei diritti conferiti dalla suddetta autorizzazione, una volta che questa sia stata rilasciata.

73      Orbene, anche se l’approvazione di un piano d’indagine pediatrica, ai sensi del regolamento n. 1901/2006, o la concessione di una deroga all’obbligo di presentare un siffatto piano, costituisce un presupposto necessario per l’introduzione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un determinato medicinale, rimane comunque il fatto che tale approvazione o deroga è soggetta a norme procedurali e di trattamento nel merito, ad essa specifiche. Essa interviene d’altronde ben prima dell’avvio del procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio.

74      Infatti, ai sensi dell’art. 16, n. 1, del regolamento n. 1901/2006, il piano di indagine pediatrica, o la domanda di deroga all’obbligo di sottoporre un siffatto piano, deve essere presentato in una fase poco avanzata dello sviluppo del prodotto e, ad ogni modo, anteriormente al deposito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio.

75      Inoltre, sebbene sia certamente vero, come fatto notare dalla ricorrente, che il formulario standardizzato, da usare per chiedere segnatamente l’approvazione di un piano di indagine pediatrica o una deroga all’obbligo di presentare un siffatto piano, preveda la menzione dell’indicazione (terapeutica o diagnostica) del medicinale di cui trattasi, l’indicazione così menzionata servirà unicamente all’esame, da parte del comitato pediatrico e, in definitiva, da parte dell’EMA, della fondatezza della suddetta domanda e, come già menzionato (punto 65 supra), costituirà soltanto il punto di partenza di tale esame.

76      Di conseguenza, tale indicazione non deve essere confusa con quella che, al momento opportuno, sarà menzionata dal promotore del medicinale in esame nella sua domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Nessuna disposizione del regolamento n. 1901/2006 autorizza il comitato pediatrico a determinare, nell’ambito dell’esame di una domanda di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica, l’indicazione che figurerà nell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale di cui trattasi. Pertanto, l’indicazione menzionata nella domanda di deroga non pregiudica quella per cui l’interessato chiederà successivamente un’autorizzazione all’immissione in commercio.

77      Peraltro, se, in caso di rigetto della domanda di deroga, gli studi previsti dal piano di indagine pediatrica vengono realizzati e giustificano che l’ambito, inizialmente previsto, dell’indicazione di un medicinale sia esteso alla popolazione pediatrica, nulla impedisce al promotore di tale medicinale, al momento della presentazione della sua domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, di estendere esso stesso, in tal senso, l’indicazione del suo medicinale e ciò a maggior ragione in quanto una siffatta estensione appare conforme al suo interesse commerciale.

78      Le precedenti considerazioni non sono rimesse in discussione dal riferimento della ricorrente alla comunicazione della Commissione sugli orientamenti relativi al formato e al contenuto delle domande di approvazione o di modificazione di un piano di indagine pediatrica e delle richieste di deroga o di differimento nonché alle modalità relative allo svolgimento della verifica della conformità e ai criteri per la valutazione di studi importanti (GU 2008, C 243, pag. 1).

79      La ricorrente richiama, più in particolare, i primi paragrafi dei punti 2.3, 2.3.1 e 2.3.2 di tale comunicazione che menzionano, tutti, il termine «indicazione». Orbene, nulla in questi paragrafi indica che l’indicazione (terapeutica o diagnostica), menzionata in fase della domanda di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica, debba essere la stessa di quella che figurerà nella domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Al contrario, la stessa comunicazione distingue, nella parte 1 «Introduzione», da un lato, rispettivamente alla lett. c) e b), l’indicazione terapeutica proposta e adottata nel piano di indagine pediatrica e, dall’altro, alla lett. d), l’indicazione terapeutica assegnata, che figura nell’autorizzazione all’immissione in commercio.

80      Infine, la ricorrente sostiene che il piano di indagine pediatrica deve essere considerato accessorio rispetto alla serie di studi prescritti dall’art. 8, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/83. Essa aggiunge che gli studi e le sperimentazioni eseguiti, da essa stessa o per conto suo, al fine di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio, riguardano esclusivamente le indicazioni per le quali il prodotto, di cui trattasi, è stato sviluppato.

81      Orbene, è sufficiente rilevare, a tal riguardo, che l’argomento vertente sulla presunta accessorietà del piano di indagine pediatrica non si basa su nessuna disposizione del regolamento n. 1901/2006 e che, ad ogni modo, alla luce del tenore letterale dell’art. 15, n. 2, del suddetto regolamento, non è affatto escluso che tale piano preveda la realizzazione di studi supplementari, oltre a quelli previsti dall’art. 8, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/83.

82      In secondo luogo, la ricorrente deduce che l’esposizione di adulti a sperimentazioni cliniche supplementari, affinché un prodotto possa essere somministrato ai bambini, è contrario allo spirito delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di medicinali. Tali sperimentazioni potrebbero essere anche considerate contrarie ai principi enunciati nella dichiarazione di Helsinki dell’Associazione medica mondiale del giugno 1964, quale emendata, prevista dall’art. 3, secondo comma, della direttiva della Commissione 8 aprile 2005, 2005/28/CE, che stabilisce i principi e le linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione a uso umano nonché i requisiti per l’autorizzazione alla fabbricazione o importazione di tali medicinali (GU L 91, pag. 13). Secondo tale disposizione, «[l]e sperimentazioni cliniche sono realizzate in conformità con la Dichiarazione di Helsinki sui principi etici per le sperimentazioni mediche sugli esseri umani (…)». Le suddette sperimentazioni integrerebbero anche una violazione del quarto ‘considerando’ del regolamento n. 1901/2006.

83      È giocoforza constatare che qualsiasi sperimentazione clinica prevista da un piano di indagine pediatrica deve essere effettuata in osservanza delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, comprese le disposizioni della direttiva 2005/28 summenzionata, nonché della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 aprile 2001, 2001/20/CE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano (GU L 121, pag. 34), il cui art. 4 dispone quanto segue:

«In aggiunta a tutte le altre restrizioni pertinenti, la sperimentazione clinica sui minori può essere intrapresa solo se:

(…)

e)      il gruppo di pazienti trae dalla sperimentazione clinica determinati benefici diretti e solo nel caso in cui la ricerca è essenziale per convalidare dati ottenuti in sperimentazioni cliniche su persone in grado di dare il loro consenso informato o ottenuti con altri metodi di ricerca; inoltre, la ricerca deve ricollegarsi direttamente ad uno stato clinico di cui soffre il soggetto minore o essere di natura tale da poter essere intrapresa solo su minori;

(…)»

84      Orbene, nulla in tali direttive o nella dichiarazione di Helsinki, alla quale rinvia la prima direttiva citata, conforta la tesi della ricorrente secondo cui le norme etiche applicabili vietano, in tutti i casi, l’esposizione di adulti a sperimentazioni cliniche al fine di ottenere un beneficio per i soli bambini. Del pari, il quarto ‘considerando’ del regolamento n. 1901/2006, ad ogni modo, non contiene nessuna indicazione atta a confortare la suddetta tesi.

85      Per giunta, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, l’art. 4, lett. e), della direttiva 2001/20 non richiede necessariamente che le sperimentazioni cliniche siano dapprima effettuate su adulti per potere essere poi intraprese sulla popolazione pediatrica. Infatti, tale disposizione prevede segnatamente la possibilità di effettuare siffatte sperimentazioni sulla popolazione pediatrica qualora siano essenziali per convalidare dati ottenuti da «metodi di ricerca» diversi rispetto alle sperimentazioni realizzate sugli adulti.

86      Infine, pur ammettendo che i difetti di perfusione miocardiaca non costituiscono soltanto un segno evocatore di malattie delle arterie coronarie, ma anche un segno di altre malattie o affezioni, la ricorrente afferma che detti difetti si manifestano talmente di rado in seno alla popolazione pediatrica che essi non possono essere oggetto di sperimentazioni o di studi statisticamente attendibili.

87      Tuttavia, anche se così fosse, è giocoforza constatare che ciò non inciderebbe sulla soluzione della presente controversia. Invero, il meccanismo del piano di indagine pediatrica, istituito dal regolamento n. 1901/2006, riguarda (ad eccezione delle categorie di medicinali tassativamente elencate al suo art. 9), tutti i medicinali per uso pediatrico, con lo scopo di facilitarne lo sviluppo e l’accessibilità. Orbene, tale scopo non potrebbe essere pienamente conseguito se un medicinale fosse dispensato a priori dal piano di indagine pediatrica, per la mera circostanza che esso consentirebbe soltanto di individuare segni rari in seno alla popolazione pediatrica e, di conseguenza, di diagnosticare malattie rare in seno a questa stessa popolazione. 

88      In terzo luogo, la ricorrente ritiene che l’interpretazione, da essa proposta, dell’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, sia l’unica in linea con i principi generali della libertà d’impresa, della proporzionalità, della certezza del diritto e dello Stato di diritto.

89      Per quanto riguarda i primi due principi evocati dalla ricorrente, si deve ricordare che il diritto al libero esercizio di un’attività professionale è stato riconosciuto come parte integrante dei principi generali del diritto comunitario (v., sentenze della Corte 5 ottobre 1994, causa C‑280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I‑4973, punto 78 e del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punto 74). Esso è stato d’altronde sancito dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1), alla quale, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1°dicembre 2009, l’art. 6, n. 1, primo comma, TUE conferisce lo stesso valore giuridico dei trattati. È tuttavia di giurisprudenza costante che possono esservi apportate restrizioni, a condizione che queste ultime rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto garantito (v., in tal senso, sentenze della Corte, Germania/Consiglio, cit., punto 78; 17 luglio 1997, causa C‑183/95, Affish, Racc. pag. I‑4315, punto 42, e Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, cit., punto 74). L’importanza degli scopi perseguiti può giustificare restrizioni aventi conseguenze negative, anche notevoli, per taluni operatori economici (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 17, e Affish, cit., punto 42).

90      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che fa parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli strumenti istituiti da un atto dell’Unione siano idonei a realizzare l’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v. sentenze della Corte 8 giugno 2010, causa C‑58/08, Vodafone e a., Racc. pag. I‑4999, punto 51, e 9 novembre 2010, cause riunite C‑92/09 e C‑93/09, Volker und Markus Schecke e Eifert, Racc. pag. I-11063, punto 74, e la giurisprudenza ivi citata).

91      Nella specie, è pur vero che l’interpretazione dell’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, adottata nella decisione impugnata, limita la possibilità di ottenere una deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica e, così facendo, costituisce in definitiva una restrizione del diritto delle imprese farmaceutiche ad esercitare liberamente la loro attività professionale.

92      Tuttavia, è giocoforza constatare che la restrizione del suddetto diritto, che mira a garantire un obiettivo di interesse generale perseguito dal regolamento n. 1901/2006, ossia il miglioramento delle cure mediche della popolazione pediatrica, lascia intatta la sostanza stessa di tale diritto, poiché le possibilità di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio non sono, infatti, né ridotte a zero né eccessivamente diminuite.

93      Inoltre, come già rilevato al precedente punto 63, l’interpretazione dell’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, proposta dalla ricorrente, può facilitare l’elusione dell’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica. Per contro, l’interpretazione alternativa della disposizione in esame, adottata nella decisione impugnata, è in grado di garantire la realizzazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito da tale regolamento. Ciò posto, poiché non esiste un’ulteriore alternativa meno vincolante, non si può sostenere che l’interpretazione della disposizione in questione, adottata nella decisione impugnata, è contraria al principio di proporzionalità.

94      Ciò è tanto più vero in quanto l’art. 20, n. 1, del regolamento n. 1901/2006 prevede, in presenza di determinate condizioni, la possibilità di differire l’avvio o il completamento di alcune o di tutte le misure contenute in un piano di indagine pediatrica. In tal modo non vi è rischio che l’obbligo di presentare dati derivanti da studi pediatrici, effettuati nell’ambito di un piano di indagine pediatrica, produca l’effetto di bloccare o di ritardare l’autorizzazione di medicinali destinati ad altre popolazioni (v. quattordicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1901/2006).

95      La proroga, di cui all’art. 36, n. 1, del regolamento n. 1901/2006, della protezione ai sensi della proprietà industriale, di un medicinale per il quale è stato realizzato un piano di indagine pediatrica, costituisce altresì uno strumento atto ad ovviare agli inconvenienti risultanti, per l’impresa interessata, dall’imposizione dell’obbligo di realizzare un siffatto piano. Infatti, tale disposizione prevede che, qualora una domanda presentata a norma degli artt. 7 o 8 del regolamento n. 1901/2006 includa i risultati di tutti gli studi effettuati conformemente al piano d’indagine pediatrica approvato, il titolare del brevetto o del certificato protettivo complementare abbia diritto ad una proroga di sei mesi del periodo previsto dall’art. 13, nn. 1 e 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768 sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 182, pag. 1).

96      Infine, le disposizioni dell’art. 22 del regolamento n. 1901/2006 attenuano anche tali inconvenienti. Infatti, esse prevedono che se, successivamente alla decisione di approvazione del piano d’indagine pediatrica, il richiedente incontra difficoltà tali da rendere il piano non eseguibile o non appropriato, questi può proporre al comitato pediatrico modificazioni o anche richiedere sia il differimento che la deroga.

97      Per quanto riguarda i principi della certezza del diritto e dello Stato di diritto, parimenti invocati dalla ricorrente, quest’ultima fa valere che essi richiedono che le imprese farmaceutiche sappiano in anticipo quale esito possono aspettarsi quando chiedono sia l’approvazione di un piano di indagine pediatrica sia una deroga, in virtù dell’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006. Gli stessi principi implicherebbero anche che l’EMA segua un complesso di norme sufficientemente precise quando applica tale articolo. Perché un «regime di previa autorizzazione amministrativa», come quello in esame, sia giustificato, esso dovrebbe essere fondato in ogni caso su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo alle imprese interessate, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità competenti, affinché esso non sia usato in modo arbitrario.

98      Va anzitutto rilevato che è erroneo il riferimento ad un potere discrezionale, operato dalla ricorrente, nel contesto dell’art. 11, n. 1, lett. b) del regolamento n. 1901/2006. Le decisioni che l’EMA è indotta ad adottare in forza di questa disposizione rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Infatti, previo esame del parere motivato del comitato pediatrico, che si limita a procedere, come già precedentemente rilevato al punto 67, ad un accertamento dei fatti, fondato su dati oggettivi scientificamente giustificati, l’EMA è tenuta a concedere la deroga richiesta se ricorrono i presupposti previsti a tal fine. In caso contrario, essa è tenuta a negarla.

99      Ne consegue che, ove venga ammessa l’interpretazione adottata nella decisione impugnata, i principi della certezza del diritto e dello Stato di diritto non ne risultano affatto lesi. Invero, in siffatta ipotesi, il rigetto di una domanda di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica sarà fondato su elementi oggettivi di carattere scientifico, noti all’interessato. D’altronde, quest’ultimo disporrà della possibilità di contestare effettivamente tali elementi prima dell’adozione di una decisione definitiva, nell’ambito del procedimento amministrativo previsto dagli artt. 13 e 25 del regolamento n. 1901/2006.

100    Da tutte le considerazioni che precedono emerge che l’interpretazione della disposizione controversa, adottata nella decisione impugnata, è esatta. Il primo motivo deve dunque essere dichiarato infondato.

 Sul secondo motivo, vertente sulla sussistenza di uno sviamento di potere

101    Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che l’EMA ha commesso uno sviamento di potere, in quanto la vera ragione della negata concessione della deroga richiesta risiede nella volontà di costringerla a presentare un piano di indagine pediatrica, al fine di utilizzare l’agente Imagify per diagnosticare tutti i tipi di difetti di perfusione miocardiaca nella popolazione pediatrica. Tale obiettivo emergerebbe segnatamente dall’evoluzione dei pareri del comitato pediatrico.

102    Detto argomento non può essere accolto.

103    Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di sviamento di potere fa riferimento al fatto che un’autorità amministrativa abbia fatto uso dei propri poteri per raggiungere fini diversi da quelli per i quali le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere fini diversi da quelli dichiarati (v. sentenza del Tribunale 13 dicembre 2005, cause riunite T‑155/03, T‑157/03 e T‑331/03, Cwik/Commissione, RaccFP pag. I‑A‑411 e II‑1865, e la giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che il rischio di uno sviamento di potere si presenta soltanto qualora l’autorità interessata disponga di un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza Tribunale 15 dicembre 1994, causa T‑489/93, Unifruit Hellas/Commissione, Racc. pag. II‑1201, punto 84). Per contro, uno sviamento di potere non è configurabile qualora si tratti dell’esercizio di una competenza vincolata.

104    Orbene, come rilevato al precedente punto 98, da un lato, gli interventi del comitato pediatrico, che si limitano alla formulazione di pareri basati sull’accertamento dei fatti, fondato su dati oggettivi scientificamente giustificati, e dall’altro, le decisioni dell’EMA in risposta alle domande di deroga all’obbligo di presentare un piano di indagine pediatrica, previsto dall’art. 11, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1901/2006, rientrano proprio nell’esercizio di una competenza vincolata. Pertanto, nel loro caso, non può configurarsi uno sviamento di potere.

105    Ne deriva che il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato, così come l’intero ricorso.

 Sulle spese

106    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dall’EMA, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, conformemente alla domanda in tal senso di quest’ultima.

107    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del suddetto regolamento, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, la Repubblica portoghese, il Regno del Belgio, il Regno Unito, la Repubblica francese e la Commissione sopporteranno le proprie spese, comprese quelle afferenti al procedimento sommario.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Nycomed Danmark ApS è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), comprese quelle afferenti al procedimento sommario.

3)      La Repubblica portoghese, il Regno del Belgio, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese, comprese quelle afferenti al procedimento sommario.

Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2011.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.