CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MELCHIOR WATHELET
presentate il 7 settembre 2017 (1)
Cause riunite da C‑66/16 P a C‑69/16 P e cause C‑70/16 P e C‑81/16 P
Comunidad Autónoma del País Vasco,
Itelazpi SA (C‑66/16 P),
Comunidad Autónoma de Cataluña,
Centre de Telecomunicacions i Tecnologies de la Informació de la Generalitat de Catalunya (CTTI) (C‑67/16 P),
Navarra de Servicios y Tecnologías SA (C‑68/16 P),
Cellnex Telecom SA, già Abertis Telecom SA,
Retevisión I SA (C‑69/16 P)
contro
Commissione europea
e
Comunidad Autónoma de Galicia,
Redes de Telecomunicación Galegas Retegal SA (C‑70/16 P)
contro
Commissione europea
e
Regno di Spagna (C‑81/16 P)
contro
Commissione europea
«Impugnazione – Aiuti di Stato – Televisione digitale – Aiuto alla diffusione della televisione digitale terrestre in zone remote e meno urbanizzate – Sovvenzione a favore degli operatori di piattaforme di televisione digitale terrestre – Decisione che dichiara le misure di aiuto in parte incompatibili con il mercato interno – Nozione di aiuto di Stato – Vantaggio – Servizio di interesse economico generale – Definizione – Margine di discrezionalità degli Stati membri»
Introduzione
1. Con le loro impugnazioni, la Comunidad Autónoma del País Vasco (Comunità autonoma del Paese basco, Spagna) e la Itelazpi SA (C‑66/16 P), la Comunidad Autónoma de Cataluña (Comunità autonoma della Catalogna, Spagna) e il Centre de Telecomunicacions i Tecnologies de la Informació de la Generalitat de Catalunya (CTTI) (C‑67/16 P), la Navarra de Servicios y Tecnologías SA (C‑68/16 P), la Cellnex Telecom SA e la Retevisión I SA (C‑69/16 P), la Comunidad Autónoma de Galicia (Comunità autonoma della Galizia, Spagna), la Redes de Telecomunicación Galegas Retegal SA (Retegal) (C‑70/16 P) e il Regno di Spagna (C‑81/16 P) chiedono l’annullamento delle sentenze del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma del País Vasco e Itelazpi/Commissione (T‑462/13, EU:T:2015:902), del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Cataluña e CTTI/Commissione (T‑465/13, non pubblicata, EU:T:2015:900), del 26 novembre 2015, Navarra de Servicios y Tecnologías/Commissione (T‑487/13, non pubblicata, EU:T:2015:899), del 26 novembre 2015, Abertis Telecom e Retevisión I/Commissione (T‑541/13, non pubblicata, EU:T:2015:898), del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), e del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891) (in prosieguo, congiuntamente, le «sentenze impugnate»), con le quali il Tribunale dell’Unione europea ha respinto i loro ricorsi diretti all’annullamento della decisione 2014/489/UE della Commissione, del 19 giugno 2013, relativa all’aiuto di Stato SA.28599 [(C 23/2010) (ex NN 36/2010, ex CP 163/2009)] concesso dal Regno di Spagna a favore della diffusione della televisione digitale terrestre in zone remote e meno urbanizzate (ad eccezione di Castiglia‑La Mancha) (GU 2014, L 217, pag. 52; in prosieguo: la «decisione controversa»).
2. Come richiesto dalla Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate su un motivo comune che si trova al centro delle sei impugnazioni e richiede un’interpretazione della sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415)(in prosieguo: la «sentenza Altmark») e dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.
3. Infatti, ai punti da 119 a 126 e 172 (2) della decisione controversa, la Commissione europea ha considerato che, sebbene le autorità nazionali o regionali dovessero definire con chiarezza un servizio pubblico o un servizio di interesse economico generale (SIEG) e affidarlo a una determinata impresa conformemente sia alla sentenza Altmark che all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, le autorità spagnole in questione non avevano definito chiaramente lo sfruttamento di una piattaforma di trasmissione terrestre come servizio pubblico o SIEG.
4. Le ricorrenti nei procedimenti conclusi con le sentenze impugnate hanno presentato al Tribunale tra il 30 agosto 2013 e il 9 ottobre 2013 ricorsi volti all’annullamento della decisione controversa. Tra i motivi dedotti a sostegno dei rispettivi ricorsi, le ricorrenti hanno contestato l’analisi svolta dalla Commissione ai punti da 119 a 126 e 172 (3) della sua decisione. Il Tribunale ha respinto tali ricorsi.
5. Il motivo comune alle sei impugnazioni mira, da un lato, a precisare i contorni della prima condizione di cui alla sentenza Altmark (4) e una delle condizioni imposte dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, vale a dire la portata del requisito relativo a una definizione «chiara» degli obblighi di servizio pubblico o di SIEG, e, dall’altro, a definire la questione dei limiti del controllo giurisdizionale che deve essere esercitato sotto tale profilo.
Contesto normativo
6. L’articolo 14 TFUE dispone:
«Fatti salvi l’articolo 4 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 93, 106 e 107 del presente trattato, in considerazione dell’importanza dei servizi di interesse economico generale nell’ambito dei valori comuni dell’Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l’Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell’ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. (…)».
7. L’articolo 106, paragrafo 2, TFUE prevede quanto segue:
«Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione».
8. Il protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale, allegato al Trattato UE, nella versione risultante dal Trattato di Lisbona, e al Trattato FUE (in prosieguo: il «protocollo n. 26») così stabilisce:
«(…)
Articolo 1
I valori comuni dell’Unione con riguardo al settore dei servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 14 [TFUE] comprendono in particolare:
– il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti;
(…)
Articolo 2
Le disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di interesse generale non economico».
9. Il protocollo n. 29 sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri, allegato al Trattato UE, nella versione risultante dal Trattato di Lisbona, e al Trattato FUE (in prosieguo: il «protocollo n. 29») enuncia quanto segue:
«(…)
Le disposizioni dei trattati non pregiudicano la competenza degli Stati membri a provvedere al finanziamento del servizio pubblico di radiodiffusione, nella misura in cui tale finanziamento sia accordato agli organismi di radiodiffusione ai fini dell’adempimento della missione di servizio pubblico conferita, definita e organizzata da ciascuno Stato membro e nella misura in cui tale finanziamento non perturbi le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune, tenendo conto nel contempo dell’adempimento della missione di servizio pubblico».
Decisione controversa
10. Le presenti impugnazioni riguardano misure adottate dalle autorità spagnole nell’ambito della transizione dalla radiodiffusione analogica alla radiodiffusione digitale in Spagna, relativamente all’intero territorio spagnolo, fatta eccezione per la Comunidad Autónoma de Castilla-La-Mancha (Comunità autonoma di Castiglia-La Mancha, Spagna). Tale digitalizzazione, che può essere effettuata tecnicamente tramite piattaforme terrestri, satellitari, via cavo o tramite accessi a banda larga su Internet, consente un utilizzo più efficace dello spettro di frequenze radio.
11. Il Regno di Spagna ha istituito un quadro normativo per promuovere il processo di transizione dalla radiodiffusione analogica alla radiodiffusione digitale, promulgando, in particolare, la Ley 10/2005 de Medidas Urgentes para el Impulso de la Televisión Digital Terrestre, de Liberalización de la Televisión por Cable y de Fomento del Pluralismo (legge 10/2005 che stabilisce misure urgenti ai fini dello sviluppo della televisione digitale terrestre, della liberalizzazione della televisione via cavo e che promuove il pluralismo), del 14 giugno 2005 (BOE n. 142, del 15 giugno 2005, pag. 20562; in prosieguo: la «legge 10/2005») e il Real Decreto 944/2005 por el que se aprueba el Plan técnico nacional de la televisión digital terrestre (regio decreto 944/2005 recante approvazione del piano tecnico nazionale a favore della televisione digitale terrestre), del 29 luglio 2005 (BOE n. 181, del 30 luglio 2005, pag. 27006; in prosieguo: il «regio decreto 944/2005»). Tale regio decreto ha imposto alle emittenti nazionali pubbliche e private di garantire che rispettivamente il 96% e il 98% della popolazione ricevano la televisione digitale terrestre (TDT).
12. Per consentire la transizione dalla televisione analogica alla televisione digitale, le autorità spagnole hanno suddiviso il territorio spagnolo in tre zone distinte:
– la zona I, che comprende il 96% della popolazione spagnola e dove, essendo stata considerata redditizia dal punto di vista commerciale, il costo della transizione al digitale doveva essere sostenuto dalle emittenti pubbliche e private;
– la zona II, che comprende regioni meno urbanizzate e remote, costituenti il 2,5% della popolazione spagnola, dove le emittenti, in mancanza di un interesse commerciale, non hanno investito nella digitalizzazione, il che ha indotto le autorità spagnole a predisporre un finanziamento pubblico;
– la zona III, che include l’1,5% della popolazione spagnola, dove la topografia esclude la TDT, cosicché la scelta si è spostata sulla piattaforma satellitare.
13. Nel settembre 2007, il Consejo de Ministros (Consiglio dei ministri, Spagna) ha adottato il piano nazionale a favore della transizione alla TDT, recante attuazione del piano tecnico nazionale previsto dal regio decreto 944/2005. Detto piano ha suddiviso il territorio spagnolo in 90 progetti tecnici di transizione al digitale e ha fissato un termine ultimo per l’abbandono della radiodiffusione analogica per ciascuno di tali progetti. L’obiettivo fissato in tale piano era di raggiungere un tasso di copertura della popolazione spagnola, da parte del servizio di TDT, simile a quello raggiunto da parte della televisione analogica nel 2007, ossia più del 98% di tale popolazione e la totalità o quasi totalità della popolazione del Paese basco, della Catalogna e di Navarra.
14. Per raggiungere gli obiettivi di copertura fissati per la TDT, le autorità spagnole hanno previsto di concedere un finanziamento pubblico, in particolare per sostenere il processo di digitalizzazione terrestre nella zona II e più specificamente nelle comunità autonome situate in tale zona (5).
15. Il 18 maggio 2009, la Commissione ha ricevuto una denuncia dalla SES Astra SA, parte interveniente in primo grado, in merito a un presunto regime di aiuto che le autorità spagnole avrebbero adottato per il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale nella zona II. Secondo detta parte, tale regime avrebbe costituito un aiuto di Stato non notificato che avrebbe determinato una distorsione della concorrenza tra le piattaforma di radiodiffusione terrestre e quella satellitare.
16. Con lettera del 29 settembre 2010, la Commissione ha comunicato al Regno di Spagna la propria decisione di avviare la procedura di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE in relazione al regime di aiuti in questione per tutto il territorio spagnolo, ad eccezione della Comunità autonoma di Castiglia-La Mancha, regione per la quale è stata avviata una procedura distinta (in prosieguo: la «decisione di avvio»). Contestualmente alla pubblicazione di tale decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 14 dicembre 2010 (GU 2010, C 337, pag. 17), la Commissione ha invitato le parti interessate a presentare le rispettive osservazioni.
17. Dopo aver ricevuto osservazioni dalle autorità spagnole e da altre parti interessate, la Commissione ha adottato la decisione controversa, il cui dispositivo stabilisce quanto segue:
«Articolo 1
L’aiuto di Stato concesso agli operatori della piattaforma di televisione terrestre per la diffusione, la manutenzione e lo sfruttamento della rete di televisione digitale terrestre nella zona II, al quale [il Regno di] Spagna ha dato illegalmente esecuzione in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, è incompatibile con il mercato interno, ad eccezione dell’aiuto concesso in osservanza del criterio di neutralità tecnologica.
Articolo 2
Ogni singolo aiuto concesso in base al regime di cui all’articolo 1 non costituisce un aiuto se, al momento della concessione, soddisfa le condizioni stabilite dal regolamento adottato ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio [del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali, GU 1998, L 142, pag. 1] applicabile al momento dell’erogazione dell’aiuto.
Articolo 3
[Il Regno di] Spagna recupera gli aiuti incompatibili concessi nell’ambito del regime di cui all’articolo 1 presso gli operatori di televisione digitale terrestre che li abbiano ricevuti direttamente o indirettamente.
(…)
Articolo 4
Il recupero degli aiuti concessi nell’ambito del regime di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.
(…)
Articolo 5
Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione».
18. Al fine di motivare la decisione controversa (6), la Commissione ha ritenuto che la misura in questione dovesse essere considerata un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (7). Essa ha considerato che gli operatori della piattaforma di TDT erano i beneficiari diretti dell’aiuto (8), mentre gli operatori di rete che avevano partecipato alle gare d’appalto per l’estensione della copertura TDT erano i beneficiari indiretti dell’aiuto (9). La Commissione ha osservato in particolare che il vantaggio di tale misura per questi ultimi operatori era selettivo, in quanto siffatta misura avvantaggiava soltanto il settore della radiodiffusione e, in tale settore, la stessa misura riguardava unicamente le imprese operanti nel mercato delle piattaforme terrestri (10).
19. Secondo la decisione controversa, le autorità spagnole hanno presentato, come migliore e unico esempio, il caso della Comunità autonoma del Paese basco, dove la digitalizzazione è stata realizzata dall’impresa pubblica Itelazpi, per invocare la mancanza di aiuti di Stato conformemente ai criteri stabiliti dalla Corte nella sentenza Altmark (11). La Commissione ha tuttavia considerato che la prima condizione di detta sentenza, secondo cui l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e tali obblighi devono essere chiaramente definiti, non era soddisfatta (12). Ha inoltre ritenuto che non potesse essere invocata l’eccezione di cui all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (13).
20. A tale proposito, i punti da 119 a 126 della decisione controversa, intitolati «Prima condizione Altmark: chiara definizione degli obblighi di servizio pubblico e conferimento dell’incarico di adempimento», enunciano:
«(119) Il diritto spagnolo non definisce lo sfruttamento della rete terrestre come un servizio pubblico. La [Ley General de Telecomunicaciones (legge [generale] sulle telecomunicazioni) del 1998] (14)asserisce che i servizi di telecomunicazioni, compreso lo sfruttamento delle reti di diffusione della radio e della televisione, sono servizi di interesse economico generale, ma non assumono lo statuto di servizi pubblici, riservato solo a un numero limitato di servizi di telecomunicazioni (15). La legge [generale] sulle telecomunicazioni attualmente in vigore (16) mantiene la medesima definizione. I servizi di trasmissione per la radiodiffusione della televisione, cioè il trasporto del segnale attraverso le reti di telecomunicazione, sono considerati servizi di telecomunicazione e in quanto tali sono servizi di interesse generale ma non un servizio pubblico (17).
(120) In ogni caso, le disposizioni della legge sulle telecomunicazioni sono tecnologicamente neutrali. L’articolo 1 di tale legge definisce le telecomunicazioni come lo sfruttamento delle reti e l’offerta dei servizi di comunicazioni elettroniche e delle risorse associate. Le telecomunicazioni consistono nella trasmissione di segnali attraverso qualsivoglia rete di diffusione e non attraverso la rete terrestre in particolare (18). Inoltre, l’articolo 3 precisa che uno dei suoi obiettivi è incoraggiare, per quanto possibile, la neutralità tecnologica della regolamentazione.
(121) Sebbene la legge in vigore e applicabile all’epoca del trasferimento di fondi a Itelazpi definisse la radiodiffusione pubblica un servizio pubblico, secondo la Commissione non è possibile estendere questa definizione allo sfruttamento di una particolare piattaforma di supporto. Inoltre, quando esistono più piattaforme di trasmissione, non si può reputarne una in particolare “essenziale” per la trasmissione dei segnali di radiodiffusione. Si sarebbe quindi trattato di un errore manifesto, se la legislazione spagnola avesse dichiarato che l’uso di una particolare piattaforma per la trasmissione dei segnali di radiodiffusione costituisce un servizio pubblico.
(122) Si conclude pertanto che nel diritto spagnolo lo sfruttamento delle reti terrestri non goda dello statuto di servizio pubblico.
(123) Le autorità basche sostengono che l’assegnazione della prestazione di questo servizio di interesse economico generale a Itelazpi sia esplicitamente contemplata dalle convenzioni concluse tra il governo basco, [l’Euskadiko Udalen Elkartea, Asociación de Municipios Vascos, EUDEL (associazione dei comuni baschi, EUDEL)] e i tre consigli regionali baschi.
(124) Nelle convenzioni l’amministrazione basca riconosce che i valori quali l’accesso universale alle informazioni e alla pluralità dell’informazione richiedono l’universalizzazione della televisione in chiaro e si impegna a salvaguardare questi valori estendendo la copertura dei multiplex statali (19). Purtuttavia, nessuna disposizione delle convenzioni suggerisce realmente che lo sfruttamento della rete terrestre sia considerato un servizio pubblico. La Commissione ritiene pertanto che la formulazione delle convenzioni non sia sufficiente a definire con chiarezza la portata della missione del servizio pubblico e non si può sostenere su questa base che la trasmissione attraverso la rete terrestre sia un servizio pubblico.
(125) Di conseguenza, non è stato accertato che la prima condizione della sentenza Altmark sia soddisfatta.
(126) I criteri stabiliti nella sentenza Altmark sono cumulativi, ossia devono essere tutti soddisfatti perché la misura non sia considerata un aiuto di Stato. Dato il mancato soddisfacimento del primo criterio, il finanziamento concesso a Itelazpi dalle autorità del Paese basco non soddisfa i requisiti per essere considerato una compensazione per la prestazione di un servizio di interesse economico generale».
21. Il punto 172 della decisione controversa, intitolato «Articolo 106, paragrafo 2, TFUE», è così redatto:
«L’eccezione contemplata dall’articolo 106, paragrafo 2, applicabile alla compensazione statale per i costi relativi alla prestazione di un servizio pubblico non può essere invocata né in questo caso in generale né nel caso specifico del Paese basco. La Commissione reputa che le autorità nazionali (o regionali) debbano definire con chiarezza il servizio di interesse economico generale e affidarlo a una determinata impresa. Come risulta dai considerando da 119 a 122, si ritiene che le autorità spagnole e basche non abbiano definito chiaramente lo sfruttamento di una piattaforma terrestre quale servizio pubblico».
Le sentenze impugnate
22. Nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze del Tribunale del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma del País Vasco e Itelazpi/Commissione (T‑462/13, EU:T:2015:902), del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Cataluña e CTTI/Commissione (T‑465/13, non pubblicata, EU:T:2015:900), e del 26 novembre 2015, Abertis Telecom e Retevisión I/Commissione (T‑541/13, non pubblicata, EU:T:2015:898), le ricorrenti hanno dedotto un motivo vertente sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, secondo cui la Commissione avrebbe constatato erroneamente l’esistenza di un aiuto di Stato.
23. Tale motivo è stato respinto dal Tribunale in quanto infondato.
24. In particolare, il Tribunale ha respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la misura controversa non poteva essere considerata un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in mancanza della concessione di un vantaggio economico ai beneficiari, in quanto ricorrevano le condizioni della sentenza Altmark.
25. Nella causa che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale del 26 novembre 2015, Navarra de Servicios y Tecnologías/Commissione (T‑487/13, non pubblicata, EU:T:2015:899), il ricorrente ha dedotto un motivo vertente, in subordine, sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE e del protocollo n. 29.
26. Tale motivo è stato respinto dal Tribunale in quanto infondato.
27. Nelle quattro cause sopra menzionate, il Tribunale ha dichiarato in particolare che la Commissione non era incorsa in errore nel ritenere che, in mancanza di una definizione chiara e precisa del servizio in questione quale servizio pubblico, il primo criterio della sentenza Altmark non fosse soddisfatto (20).
28. Inoltre, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), il Tribunale ha respinto un motivo dedotto in subordine concernente la violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. In particolare, esso ha dichiarato che le ricorrenti non avevano dimostrato che la Commissione avesse considerato erroneamente che, in mancanza di una definizione chiara e precisa del servizio in questione quale servizio pubblico, la prima condizione della sentenza Altmark non era soddisfatta (21).
29. Infine, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891), il Tribunale ha respinto un motivo concernente la violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Con tale motivo, il Regno di Spagna aveva sostenuto in particolare che la misura controversa costituiva un SIEG e che la prima condizione prevista dalla sentenza Altmark era soddisfatta. Al punto 75 della sentenza citata il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non era incorsa in errore nel ritenere che, in mancanza di una definizione chiara del servizio di sfruttamento di una rete terrestre quale servizio pubblico, il primo criterio della sentenza Altmark non fosse soddisfatto.
Procedimento dinanzi alla Corte
30. Con decisione della Corte del 28 marzo 2017, le cause Comunidad Autónoma del País Vasco e Itelazpi/Commissione (C‑66/16 P), Comunidad Autónoma de Cataluña e CTTI/Commissione (C‑67/16 P), Navarra de Servicios y Tecnologías/Commissione (C‑68/16 P), e Cellnex Telecom e Retevisión I/Commissione (C‑69/16 P), sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.
31. In dette cause hanno presentato osservazioni scritte la Comunità autonoma del Paese basco e la Itelazpi, la Comunità autonoma della Catalogna e il CTTI, la Navarra de Servicios y Tecnologías, la Cellnex Telecom e la Retevisión I, la SES Astra e la Commissione.
32. Inoltre, nella causa C‑70/16 P hanno presentato osservazioni scritte la Comunità autonoma della Galizia e la Retegal, la SES Astra e la Commissione. Infine, nella causa C‑81/16 P, hanno presentato osservazioni scritte il Regno di Spagna e la Commissione.
33. Al termine della fase scritta del procedimento, la Corte ha ritenuto di essere sufficientemente edotta sulle sei impugnazioni per statuire senza udienza di discussione, conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte di giustizia.
Argomenti delle parti
Sulle cause riunite da C‑66/16 P a C‑69/16 P (22)
34. Le presenti impugnazioni si basano su un motivo unico suddiviso in sei parti. Come indicato supra al paragrafo 2, le mie conclusioni saranno incentrate sul primo e sul secondo capo del motivo unico.
35. Con il primo capo del loro motivo unico, le ricorrenti addebitano al Tribunale di avere applicato erroneamente la giurisprudenza della Corte e del Tribunale in base alla quale la definizione dei SIEG da parte di uno Stato membro può essere messa in discussione dalla Commissione solo in caso di errore manifesto (23).
36. Le ricorrenti sostengono che, per confermare la valutazione della Commissione, il Tribunale si è basato unicamente sul motivo secondo cui la definizione del SIEG in questione da parte delle autorità spagnole non era sufficientemente «chiara e precisa», senza peraltro dichiarare che tale definizione era «manifestamente erronea». Al contrario, il Tribunale non negherebbe che esistesse un fallimento del mercato né che il servizio in questione fosse un’attività qualificabile come SIEG.
37. In tal modo, il Tribunale avrebbe manifestamente superato i limiti del controllo dell’errore manifesto fissati dagli articoli 14 TFUE, 106, paragrafo 2, TFUE e 107, paragrafo 1, TFUE nonché dal protocollo n. 26.
38. La Commissione ritiene che il primo capo del motivo unico sia inoperante o, in ogni caso, infondato.
39. Essa rammenta che la sentenza Altmark esige che le autorità pubbliche incarichino l’operatore interessato di una missione di SIEG con un atto di esercizio del potere pubblico che definisca chiaramente gli obblighi in questione (24). Nel caso di specie, il Tribunale, sulla base degli atti ad esso presentati, avrebbe concluso che nessuno di essi definiva lo sfruttamento di una rete di TDT nella zona II come SIEG, né a livello nazionale, né a livello regionale.
40. Così, la Commissione sostiene che, prima di esaminare la questione dell’esistenza, o dell’assenza, di un errore manifesto nella definizione e nell’assegnazione di un SIEG, il Tribunale doveva accertare se vi fosse(ro) un atto (o più atti) dei pubblici poteri in forza del quale (o dei quali) l’operatore era incaricato di una missione di SIEG, il che non accadrebbe nel caso di specie. Pertanto, non si potrebbe addebitare al Tribunale di avere applicato erroneamente il criterio dell’errore manifesto, dato che esso si sarebbe limitato a verificare se ricorressero le condizioni minime stabilite a tale fine dalla giurisprudenza.
41. La SES Astra ritiene che il primo capo del motivo sia irricevibile e, in ogni caso, infondato.
42. Infatti, con tale prima parte, le ricorrenti contesterebbero in realtà solo una valutazione di fatto compiuta dal Tribunale, che non può essere oggetto di impugnazione. A parere della SES Astra, la questione se ricorra la prima condizione stabilita dalla sentenza Altmark sarebbe una questione di ordine fattuale che andrebbe risolta dal Tribunale, mentre la Corte sarebbe competente solo a determinare, in un caso di questo tipo, se il Tribunale non abbia snaturato il tenore letterale delle disposizioni nazionali in questione, non abbia formulato constatazioni che si pongono manifestamente in contrasto con il loro contenuto e non abbia attribuito al complesso degli elementi, allo scopo di accertare il contenuto della normativa nazionale in questione, una portata che non spetta ad essi in rapporto agli altri elementi (25).
43. Con il secondo capo del loro motivo unico, le ricorrenti sostengono che le sentenze in questione sono viziate da un’incongruenza, in quanto il Tribunale avrebbe ivi considerato che, per rientrare nell’ampio potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri, la scelta di una determinata tecnologia deve essere inclusa nella definizione stessa del SIEG (26), pur avendo dichiarato altresì che, definendo il servizio di sfruttamento della TDT come SIEG, le autorità spagnole non dovevano discriminare le altre piattaforme (27).
44. In ogni caso, le ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto dichiarando che la definizione del SIEG in questione non era sufficientemente chiara e precisa in quanto non menzionava una specifica tecnologia. Infatti, in virtù dell’ampio potere discrezionale loro attribuito dal Trattato, gli Stati membri potrebbero non solo «definire» il SIEG, ma anche «fornire, commissionare e organizzare» quest’ultimo, come peraltro indicherebbe espressamente il Tribunale nelle sentenze in esame (28). Tale potere risulterebbe dal protocollo n. 26 e dal protocollo n. 29, nonché dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale (29).
45. A parere delle ricorrenti, gli Stati membri avrebbero facoltà non solo di includere nella definizione del SIEG la modalità di prestazione di tale servizio, ma anche di fornirlo o di organizzarlo secondo le modalità da essi ritenute adeguate, senza che la Commissione possa rimettere in discussione tale scelta. Pertanto, limitando il potere discrezionale degli Stati membri alla sola definizione del SIEG, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto. A tale proposito, lo stesso Tribunale avrebbe peraltro dichiarato che la decisione controversa era viziata da un errore di diritto là dove considerava che l’inclusione della tecnologia terrestre nella definizione del SIEG costituisse in tutti i casi un errore manifesto di valutazione delle autorità dello Stato membro interessato.
46. Pertanto, le ricorrenti sostengono che il Tribunale avrebbe dovuto esigere che la Commissione esaminasse, in primo luogo, se lo Stato membro avesse commesso un errore manifesto nella definizione del SIEG di cui si trattava, indipendentemente dalla questione se le modalità concrete di prestazione di tale servizio fossero ivi esplicitate. In secondo luogo, l’esame sarebbe dovuto vertere sulla questione se, scegliendo una specifica modalità di prestazione di detto servizio, nella fattispecie la tecnologia terrestre, tale Stato membro avesse commesso un errore manifesto.
47. La Commissione ritiene che l’argomento sul quale si fonda questa seconda parte sia inoperante, in quanto si pone in contrasto con la constatazione del Tribunale secondo cui le autorità spagnole non potevano invocare l’esistenza di un SIEG in assenza di un atto di attribuzione, conforme al diritto dell’Unione, che affidasse a determinate imprese il compito di fornire il servizio di sfruttamento della rete TDT nella zona II (30).
48. Inoltre, secondo la Commissione, l’ampio potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per definire ciò che considerano un SIEG è limitato dall’obbligo di rispettare i principi generali di diritto dell’Unione (31) nonché il criterio di proporzionalità (32). Pertanto, come avrebbe correttamente dichiarato il Tribunale (33), tale potere non è illimitato e non può essere esercitato in maniera arbitraria al solo fine di sottrarre un settore particolare, quale il settore delle telecomunicazioni, all’applicazione delle regole di concorrenza (34).
49. La SES Astra ritiene parimenti che il secondo capo sia inoperante, in quanto la normativa nazionale non definisce chiaramente come SIEG la fornitura di una piattaforma terrestre nella zona II. Inoltre, poiché equivarrebbe a mettere in discussione constatazioni di fatto operate dal Tribunale, detto capo sarebbe altresì irricevibile.
50. In subordine, la SES Astra afferma che le ricorrenti compiono una lettura errata delle sentenze in questione (35) quando affermano che il Tribunale si è limitato a riconoscere un margine di discrezionalità agli Stati membri solo per quanto riguarda la definizione del SIEG e non la sua fornitura, esecuzione od organizzazione. Inoltre, la giurisprudenza richiamata dalle ricorrenti per giustificare il margine di discrezionalità degli Stati membri ai fini dell’organizzazione dei SIEG (36) non sarebbe pertinente nel caso di specie. Infine, la SES Astra sostiene che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’ampio margine di discrezionalità degli Stati membri è limitato dal rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione (37). Così, qualora decidessero di includere una specifica tecnologia nella definizione del SIEG, le autorità degli Stati membri dovrebbero assicurarsi che tali principi e, in particolare, come avrebbe dichiarato il Tribunale (38), il principio di neutralità tecnologica, siano rispettati.
Sulla causa C‑70/16 P, Comunidad Autónoma de Galicia e Redes de Telecomunicación Galegas Retegal SA/Commissione europea
51. La presente impugnazione si fonda su quattro motivi. Come indicato supra al paragrafo 2, le presenti conclusioni saranno incentrate sul primo e sul secondo capo del quarto motivo.
52. Il primo capo del quarto motivo verte su un errore di diritto consistente nell’avere ignorato il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per definire un SIEG.
53. A tale proposito, le ricorrenti sostengono che il Tribunale si è limitato ad escludere, in linea di principio, il fatto che lo sfruttamento di una rete terreste di televisione digitale sia definita come servizio pubblico. Esse ritengono che il Tribunale abbia omesso di esaminare la dodicesima disposizione addizionale del regio decreto 944/2005 al fine di stabilire se ricorressero le condizioni richieste dalla sentenza Altmark per definire il servizio di supporto nella zona II come servizio pubblico. A parere delle ricorrenti, il regio decreto 944/2005 autorizzerebbe gli enti territoriali ad esercitare detta attività, il che, in mancanza di siffatta autorizzazione, sarebbe loro vietato. Tale disposizione nazionale implicherebbe, in definitiva, l’attribuzione di un vero e proprio potere pubblico ai fini della fornitura di un servizio pubblico. Esse rilevano che la missione di servizio pubblico è stata ulteriormente precisata in atti successivi «mediante: i) la convenzione quadro di partenariato e il suo addendum successivo conclusi tra l’amministrazione generale dello Stato e la [C]omunità autonoma della Galizia nell’ambito del processo di digitalizzazione e, in seguito, mediante ii) gli accordi di cooperazione stipulati tra la [C]omunità autonoma della Galizia e i vari comuni della zona II (…)».
54. Le ricorrenti asseriscono che il servizio, quale concepito e fornito alle condizioni previste dalla dodicesima disposizione addizionale del regio decreto 944/2005 e negli accordi di cooperazione tra le amministrazioni, è un servizio pubblico la cui fornitura è riservata agli enti pubblici territoriali della zona II e pertanto, a livello dell’Unione, costituisce un SIEG. Esse sostengono che gli atti ufficiali affidano la missione di servizio pubblico ai comuni, in partenariato con la comunità autonoma. Le ricorrenti rilevano che l’intervento delle autorità pubbliche della Galizia non è consistito nel creare una rete suscettibile di sfruttamento commerciale, né nello sfruttare la rete così creata, bensì nell’adattare la rete dei centri analogici esistenti di proprietà dei comuni, in modo da poter continuare a fornire ai loro amministrati il servizio di supporto del segnale televisivo alle condizioni fissate dalla dodicesima disposizione addizionale del regio decreto 944/2005.
55. Per quanto riguarda la questione se gli obblighi di servizio pubblico siano chiaramente definiti negli atti ufficiali, le ricorrenti rilevano che la dodicesima disposizione addizionale del regio decreto 944/2005 precisa che il servizio la cui fornitura è affidata agli enti territoriali è quello della «diffusione presso i loro amministrati del servizio di televisione digitale terrestre». Esse aggiungono che non vi è alcun dubbio neppure circa il carattere vincolante e universale della missione di servizio pubblico, tenuto conto degli atti ufficiali che assegnano loro tale missione.
56. Le ricorrenti osservano che, secondo costante giurisprudenza, gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione di ciò che essi considerano SIEG, definizione che può essere messa in discussione dalla Commissione solo in caso di «errore manifesto» (39). Secondo le ricorrenti, l’estensione del controllo effettuato dal Tribunale sulle valutazioni della Commissione dovrebbe necessariamente tenere conto di tale limitazione. Siffatto controllo dovrebbe nondimeno garantire il rispetto di taluni criteri minimi relativi alla presenza di un atto di esercizio del potere pubblico che incarica gli operatori di cui trattasi di una funzione di SIEG (40) nonché all’universalità e obbligatorietà di detta funzione (41).
57. Le ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia superato i limiti di tale controllo e che siano stati commessi errori evidenti che l’hanno indotto a concludere per l’assenza di un atto di esercizio del potere pubblico che attribuisca una missione di servizio pubblico. In tal modo, il Tribunale avrebbe ignorato e violato il potere discrezionale e il margine di valutazione di cui dispongono gli Stati membri ai fini della definizione di un SIEG.
58. Le ricorrenti rilevano inoltre che «l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare» tali servizi è la formula ripresa nel protocollo n. 26, che il Tribunale ha ripreso a sua volta al punto 95 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901).
59. Secondo le ricorrenti, il potere discrezionale riconosciuto dal Trattato agli Stati membri comprende sia il potere di «definire» sia quello di «fornire, commissionare e organizzare» detti servizi, il che autorizza le autorità nazionali anche a scegliere la modalità di prestazione del servizio, optando, in particolare, per una determinata piattaforma di supporto e, pertanto, a scegliere validamente la modalità di intervento pubblico delle autorità regionali e locali in Galizia. A tale proposito, le ricorrenti ritengono che il riconoscimento, al punto 95 della sentenza citata, del potere discrezionale in parola è puramente formale, in quanto tale potere non si riflette, con la portata per il medesimo prevista dal Trattato, nell’applicazione concreta al caso di specie da parte del Tribunale, il quale l’avrebbe snaturato, privato di contenuto e ignorato.
60. Per quanto concerne il primo capo del quarto motivo, la Commissione fa valere in particolare che le ricorrenti non negano la constatazione di fatto operata dal tribunale al punto 110 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), secondo cui esse «non sono state in grado di stabilire quali obblighi di servizio pubblico siano stati posti a carico degli operatori di reti di TDT, dal diritto spagnolo o dagli accordi di gestione, e ancor meno di fornire la prova di tali obblighi». A parere della Commissione, siffatta constatazione (che non è censurata nell’impugnazione e contiene una valutazione del valore delle prove) sarebbe sufficiente, di per sé, ad escludere che sia soddisfatta la prima condizione della sentenza Altmark, condizione peraltro necessaria ai fini dell’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.
61. La SES Astra sostiene che il primo capo del quarto motivo è inoperante, in quanto, dal momento che la normativa nazionale non definisce chiaramente il servizio di cui trattasi come SIEG, la questione del potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri sarebbe irrilevante. Inoltre, gli argomenti delle ricorrenti sarebbero diretti in realtà a contestare le valutazioni di fatto operate dal Tribunale in merito alla prima condizione della sentenza Altmark e sarebbero pertanto irricevibili in sede di impugnazione.
62. In subordine, nell’ipotesi in cui la Corte dichiarasse ricevibile il primo capo, quod non, la SES Astra ritiene che esso sia infondato, dato che il Tribunale ha riconosciuto agli Stati membri un potere discrezionale non solo ai fini della definizione dei SIEG, ma anche riguardo la fornitura, l’esecuzione e l’organizzazione degli stessi (42). Così, la prima condizione della sentenza Altmark (43) esigerebbe, oltre alla definizione del SIEG da parte dello Stato membro interessato, anche che l’impresa beneficiaria sia incaricata di obblighi di servizio pubblico, il che non accadrebbe nel caso di specie. La SES Astra sottolinea che, in ogni caso, lo Stato membro interessato non può esercitare il suo potere discrezionale ai fini della definizione dei SIEG in un modo contrario ai principi generali del diritto dell’Unione (44) e, in particolare, al principio di neutralità tecnologica.
63. Il secondo capo del quarto motivo verte su un’asserita violazione da parte del Tribunale del limite dell’errore manifesto, nell’ambito dell’esame del diritto nazionale che definisce il SIEG in questione.
64. Le ricorrenti addebitano al Tribunale di avere limitato la sua valutazione al fatto che non esisteva una definizione chiara e precisa del SIEG di cui trattasi, senza avere stabilito, al punto 112 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901) (45), se la definizione di tale servizio da parte delle autorità spagnole fosse manifestamente erronea. A parere delle ricorrenti, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto ignorando il fatto che il potere discrezionale degli Stati membri consente loro di optare per una particolare modalità di esecuzione dei SIEG, quale, nella fattispecie, la piattaforma terrestre. A tale proposito, le ricorrenti rilevano una contraddizione con il punto 78 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma del País Vasco e Itelazpi/Commissione (T‑462/13, EU:T:2015:902), in cui il Tribunale avrebbe dichiarato che la Commissione aveva constatato erroneamente, al punto 121 della decisione controversa, un errore manifesto delle autorità spagnole nella definizione del SIEG in questione. Le ricorrenti asseriscono che, in presenza di un fallimento del mercato nella zona interessata e di un obiettivo di universalità previsto dal diritto nazionale pertinente, la definizione di tale servizio conteneva gli elementi essenziali per la sua definizione in quanto SIEG.
65. La Commissione ritiene che il secondo capo del quarto motivo sia irricevibile in sede di impugnazione. Infatti, in primo luogo, essa sostiene che il punto 121 della decisione controversa (46) non è stato oggetto di critiche da parte delle ricorrenti in primo grado e che il Tribunale non era tenuto a controllare d’ufficio tale aspetto della decisione controversa. In secondo luogo, detta istituzione fa valere che una parte non può modificare l’oggetto della controversia sollevando per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che avrebbe potuto eccepire dinanzi al Tribunale, in quanto ciò equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte una controversia più ampia di quella sulla quale è stato chiamato a pronunciarsi il Tribunale. In ogni caso, la Commissione sottolinea che, nel merito, il secondo capo del motivo delle ricorrenti «non è ricevibile», poiché dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale risulterebbe in particolare che il potere discrezionale degli Stati membri nell’organizzazione dei SIEG non può essere esercitato in maniera contraria al principio di neutralità tecnologica (47).
66. La SES Astra ritiene in sostanza, per le stesse ragioni invocate dalla Commissione, che detto capo del quarto motivo sia manifestamente irricevibile. Inoltre, nell’ipotesi in cui la Corte dichiarasse che il SIEG in questione era chiaramente definito, la SES Astra sostiene che, a tale proposito, le autorità spagnole hanno commesso in ogni caso un errore manifesto di valutazione sotto il profilo del principio di neutralità tecnologica. Sul punto, la Commissione avrebbe motivato, in misura giuridicamente sufficiente, la conclusione sulla compatibilità dell’aiuto contenuta nei punti 121 e da 152 a 167 della decisione controversa.
67. Nella replica, le ricorrenti sostengono che gli argomenti dedotti dalla Commissione e dalla SES Astra in merito alla presunta irricevibilità del capo in esame sono infondati. Esse ritengono che non si possa addebitare loro di non avere criticato in primo grado le considerazioni esposte al punto 121 della decisione controversa, in quanto tali considerazioni non riguardano la Galizia, bensì i Paesi Baschi.
Sulla causa C‑81/16 P, Regno di Spagna/Commissione europea
68. La presente impugnazione si fonda su due motivi. Come indicato supra al paragrafo 2, le mie conclusioni saranno incentrate sul primo capo del primo motivo.
69. Tale motivo verte su un errore di diritto riguardo al controllo degli Stati membri sulla definizione e sull’applicazione di un SIEG.
70. Con il primo capo del primo motivo, il Regno di Spagna critica i punti da 53 a 78 della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891), nei quali è esposto il ragionamento svolto dal Tribunale in merito alla prima condizione della sentenza Altmark.
71. Il Regno di Spagna sostiene che tale ragionamento si basa su tre premesse erronee. In primo luogo, il Tribunale ha dichiarato che non occorreva prendere in considerazione, oltre al contesto normativo, tutti gli atti delle autorità spagnole con cui gli operatori interessati sono stati incaricati dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico. In secondo luogo, il Tribunale ha dichiarato che il Regno di Spagna non gli aveva fornito alcun contratto che imponesse obblighi di servizio pubblico. In terzo luogo, secondo il Tribunale, nessun’altra Comunità autonoma oltre al Paese basco avrebbe presentato argomentazioni a sostegno dell’affermazione secondo cui lo sfruttamento della rete terrestre era un servizio pubblico.
72. In primo luogo, l’analisi del contesto normativo effettuata dal Tribunale sarebbe manifestamente erronea. Infatti, la legge 32/2003 recante disposizioni generali in materia di telecomunicazioni, del 3 novembre 2003, qualificherebbe espressamente come SIEG lo sfruttamento delle reti radio e televisive e, secondo la giurisprudenza, non si potrebbe escludere la rilevanza di tale legge in ragione del fatto che si applicherebbe a tutti e non a determinati operatori del settore (48).
73. In secondo luogo, gli atti di diritto nazionale e i contratti conclusi dalle autorità spagnole non solo definirebbero e affiderebbero l’esecuzione del SIEG a determinati operatori, ma farebbero anche espressamente riferimento alla tecnologia terrestre. Tali atti sarebbero stati presi in considerazione dalla Commissione (49) e dal Tribunale per concludere nel senso dell’esistenza di un aiuto di Stato.
74. A tale proposito, il Regno di Spagna fa valere che gli elementi di prova che possono essere forniti nell’ambito del procedimento giurisdizionale, nella fattispecie i contratti che impongono obblighi di servizio pubblico, non sono pertinenti ai fini del controllo di legittimità di una decisione della Commissione (50). Inoltre, tra gli obblighi procedurali che devono essere rispettati rientra l’obbligo della Commissione di esaminare, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e di motivare la sua decisione (51). Nel caso in esame, secondo detto Stato membro, la Commissione avrebbe dovuto tenere conto delle gare d’appalto, le quali, come risulta peraltro dalla descrizione della misura di aiuto esposta nella decisione controversa (52), formano parte integrante di tali misure.
75. In terzo luogo, il Regno di Spagna sostiene che il Tribunale non poteva affermare che nessun’altra comunità autonoma oltre ai Paesi Baschi aveva dimostrato la qualità di SIEG dello sfruttamento della rete terrestre, in quanto dalla decisione controversa risulta che la Commissione ha esaminato un campione di 82 gare d’appalto per valutare la compatibilità dell’aiuto (53).
76. Secondo il Regno di Spagna, il Tribunale «ha rifiutato di verificare se la Commissione avesse effettivamente esaminato tutti gli elementi pertinenti al fine di valutare la definizione di un servizio pubblico. Come indicato nel ricorso [dinanzi al Tribunale], la Commissione, allorché ha istruito il fascicolo nel caso di specie, non ha proceduto ad un esame circostanziato in base al quale sia giunta alla conclusione che una missione di interesse pubblico è stata, o non è stata, affidata all’impresa. Pertanto, essa non ha verificato se lo Stato membro avesse commesso un errore manifesto nell’esercizio del suo potere discrezionale in occasione dell’affidamento della missione di cui trattasi».
77. Nella replica, il Regno di Spagna rileva che il primo capo del primo motivo di impugnazione riguarda il rifiuto del Tribunale di verificare se la Commissione avesse effettivamente esaminato tutti gli elementi pertinenti al fine di valutare la definizione di un servizio pubblico. Secondo detto Stato membro, la Commissione, allorché ha istruito il fascicolo nel caso di specie, non ha proceduto a un esame circostanziato che le avrebbe consentito di stabilire se una missione di interesse pubblico fosse stata, o meno, affidata all’impresa. Secondo il Regno di Spagna, il Tribunale avrebbe commesso errori diritto omettendo di verificare se la Commissione avesse svolto tale analisi.
78. La Commissione sostiene che il primo capo del primo motivo è inoperante e, in ogni caso, irricevibile e infondato.
79. In primo luogo, secondo la Commissione, le critiche del Regno di Spagna riguarderebbero un motivo ultroneo della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891), cosicché detto capo sarebbe inoperante. A tale proposito, il Tribunale avrebbe escluso in misura giuridicamente sufficiente la prima condizione della sentenza Altmark al punto 74 della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891) (54), che non formerebbe oggetto dell’impugnazione.
80. In secondo luogo, il capo in esame sarebbe anche irricevibile, in quanto detto Stato membro contesta la valutazione operata dal Tribunale in ordine agli appalti e al diritto nazionale, che sfuggirebbe al sindacato della Corte. A tale proposito, il Regno di Spagna non invocherebbe alcuno snaturamento del diritto nazionale e, quand’anche i suoi argomenti dovessero essere intesi in tal senso, detto Stato membro si limiterebbe a formulare mere affermazioni.
81. In terzo luogo, tale capo sarebbe altresì infondato, in quanto il Regno di Spagna non avrebbe addotto dinanzi al Tribunale alcun elemento che consenta di concludere che il servizio di diffusione del segnale mediante una determinata piattaforma possa essere qualificato come SIEG.
82. A tale proposito, la Commissione sostiene che né la legge spagnola, né le altre normative o la giurisprudenza della Corte suprema spagnola consentono di giungere a una siffatta conclusione. Al contrario, la legge nazionale riserverebbe la qualità di «servizio pubblico» a un numero limitato di servizi, quali le telecomunicazioni per la difesa nazionale e la protezione civile o il servizio telefonico universale. Secondo la Commissione, l’espressione «servizio di interesse pubblico» contenuta nella legge 32/2003 recante disposizioni generali in materia di telecomunicazioni, del 3 novembre 2003, designa un’attività economica che presenta un interesse per la collettività, senza essere necessariamente connessa a una missione di servizio pubblico ai sensi del diritto spagnolo e senza che si tratti necessariamente di un SIEG ai sensi della prima condizione della sentenza Altmark o dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.
83. Inoltre, l’argomentazione di tale Stato membro relativa agli obblighi di copertura dei radiodiffusori nella zona II non consentirebbe di rimettere in discussione i punti 67 e 68 della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891).
84. Per di più, gli argomenti del Regno di Spagna concernenti l’asserita omessa presa in considerazione degli appalti pubblici sarebbero inoperanti, in quanto riguarderebbero il punto 71 della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891), che esporrebbe un motivo ultroneo. Inoltre, a parere della Commissione, detto Stato membro confonderebbe il controllo di legittimità spettante al Tribunale nell’ambito di un ricorso di annullamento con un controllo d’ufficio che non gli compete (55). L’impugnazione del Regno di Spagna si limiterebbe quindi ad addebitare al Tribunale di non avere sollevato d’ufficio motivi o elementi di prova che detto Stato membro non ha esso stesso invocato dinanzi al Tribunale. Pertanto, la conclusione del Tribunale non sarebbe viziata da errori di diritto.
Analisi
Sul nesso tra l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la sentenza Altmark e l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE
85. Le compensazioni concesse dagli Stati membri per la prestazione di un servizio pubblico (56) o di un SIEG (57) sono soggette al rispetto delle regole fissate dal legislatore dell’Unione agli articoli 107 TFUE e 108 TFUE(58).
86. Secondo costante giurisprudenza, la qualificazione di «aiuto» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, richiede che siano soddisfatte tutte le condizioni menzionate in tale disposizione. Pertanto, per qualificare una misura nazionale quale aiuto di Stato, occorre anzitutto che vi sia un intervento dello Stato ovvero effettuato mediante risorse statali, in secondo luogo, che tale intervento sia idoneo a incidere sugli scambi tra Stati membri, in terzo luogo, che conceda un vantaggio al suo beneficiario e, in quarto luogo, che falsi o minacci di falsare la concorrenza (59).
87. Poiché tali condizioni sono cumulative, una misura statale non può essere qualificata come aiuto di Stato ove una di esse non risulti soddisfatta (60).
88. Per quanto riguarda la terza condizione di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, vale a dire l’esistenza di un vantaggio concesso a un’impresa beneficiaria, vengono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (61).
89. Al punto 87 della sentenza Altmark, la Corte ha dichiarato che, «nei limiti in cui un intervento statale deve essere considerato come una compensazione diretta a rappresentare la contropartita delle prestazioni effettuate dalle imprese beneficiarie per assolvere obblighi di servizio pubblico, cosicché tali imprese non traggono, in realtà, un vantaggio finanziario e il suddetto intervento non ha quindi l’effetto di collocarle in una posizione concorrenziale più favorevole rispetto a quelle che fanno loro concorrenza, tale intervento non ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo [107, paragrafo 1, TFUE]».
90. Secondo la Corte, siffatta compensazione può sfuggire alla qualificazione come aiuto di Stato se ricorrono quattro condizioni (62) indicate ai punti da 89 a 93 della sentenza Altmark (63).
91. Va rilevato che, se non ricorrono le quattro condizioni della sentenza Altmark e la misura statale costituisce un aiuto di Stato (64), quest’ultima può ancora essere giustificata in particolare dalla deroga prevista all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (65).
92. Infatti, l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con il paragrafo 1 dello stesso articolo, consente di giustificare la concessione, da parte di uno Stato membro, ad un’impresa incaricata della gestione di SIEG, di diritti speciali o esclusivi contrari alle disposizioni del Trattato FUE, qualora l’adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purché lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione (66).
93. Per quanto riguarda il rapporto tra l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, le condizioni imposte dalla sentenza Altmark e l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, la Corte ha dichiarato che «il controllo dell’osservanza delle condizioni imposte da[lla sentenza Altmark] si colloca a monte, cioè al momento dell’esame della questione se le misure di cui trattasi debbano essere qualificate come aiuti di Stato [ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE]. Tale questione infatti precede quella volta ad accertare, ove necessario, se un aiuto incompatibile sia nondimeno necessario al compimento della missione conferita al beneficiario della misura di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE» (67).
94. Secondo la Corte, dunque, le condizioni imposte dalla giurisprudenza Altmark non sono più applicabili quando la Commissione, avendo constatato che una misura deve essere qualificata come aiuto, stabilisce se tale aiuto possa essere giustificato ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (68). A tale proposito, al punto 38 della sentenza dell’8 marzo 2017, Viasat Broadcasting UK/Commissione (C‑660/15 P, EU:C:2017:178), la Corte ha dichiarato che l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE non impone alla Commissione di prendere in considerazione la seconda e la quarta condizione della sentenza Altmark al fine di decidere se un aiuto di Stato sia compatibile con il mercato interno ai sensi di tale disposizione.
95. Infatti, per quanto attiene all’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, il Tribunale ha dichiarato (correttamente, secondo me), al punto 61 della sentenza del 24 settembre 2015, Viasat Broadcasting UK/Commissione (T‑125/12, EU:T:2015:687), che devono essere soddisfatte tre condizioni affinché un aiuto di Stato concesso quale compensazione per l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico possa essere considerato compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. Secondo il Tribunale, «[l]a prima condizione, relativa alla definizione del servizio pubblico, richiede che il servizio in questione sia effettivamente un servizio di interesse economico generale e che sia definito chiaramente come tale dallo Stato membro. La seconda condizione, relativa all’incarico di servizio pubblico, richiede che l’impresa beneficiaria sia espressamente incaricata dallo Stato membro della fornitura del servizio pubblico in questione. Infine, la terza condizione è fondata sulla nozione di proporzionalità. Secondo tale condizione, il finanziamento di un’impresa incaricata di obblighi di servizio pubblico deve essere considerato compatibile con il mercato interno nella misura in cui l’applicazione delle regole di concorrenza del TFUE – nella fattispecie il divieto degli aiuti di Stato – osterebbe all’adempimento della specifica missione affidata a tale impresa e la deroga alle regole di concorrenza non deve incidere sullo sviluppo degli scambi in misura contraria agli interessi dell’Unione» (69).
96. A mio avviso, le prime due condizioni sopra menzionate corrispondono alla prima condizione della sentenza Altmark.
97. Sebbene la Corte abbia dichiarato che la seconda e la quarta condizione della sentenza Altmark non sono pertinenti per verificare se la deroga di cui all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, sia applicabile a un aiuto di Stato, ritengo invece che debba ricorrere una condizione equivalente alla prima condizione della sentenza Altmark, vale a dire che un’impresa (70) sia effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico/SIEG e che tali obblighi siano chiaramente definiti, affinché possa applicarsi la deroga prevista da detta disposizione.
98. Infatti, nella sentenza del 27 marzo 1974, BRT e Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs (127/73, EU:C:1974:25, punto 22), la Corte ha stabilito che un’impresa che invoca le disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE per avvalersi di una deroga alle norme del Trattato deve essere stata effettivamente incaricata di gestire un SIEG (71). Inoltre, nella sentenza dell’11 aprile 1989, Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebüro (66/86, EU:C:1989:140, punto 56), la Corte ha sottolineato la necessità di definire chiaramente la missione di SIEG affidata all’impresa, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (72).
Sulla prima condizione prevista dalla sentenza Altmark (73)
La prerogativa degli Stati membri di designare determinati servizi come SIEG
99. Secondo costante giurisprudenza, l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE mira a contemperare l’interesse degli Stati membri ad utilizzare determinate imprese come strumento di politica economica o sociale con l’interesse dell’Unione all’osservanza delle regole di concorrenza e al mantenimento dell’unità del mercato comune. In quest’ambito, gli Stati membri possono, nel rispetto del diritto dell’Unione, definire l’ampiezza e l’organizzazione dei loro SIEG. In particolare essi possono prendere in considerazione obiettivi propri della loro politica nazionale (74).
100. In tale contesto, ritengo che siffatto potere riconosciuto agli Stati membri di «definire» i SIEG implichi quello di designare determinati servizi come SIEG e di «definire» l’ampiezza e l’organizzazione di tali SIEG. La designazione dei SIEG nonché la definizione della loro ampiezza e della loro organizzazione dipendono da una scelta di ordine politico, caratterizzata da un «ampio potere discrezionale».
101. Infatti, sebbene il protocollo n. 26 non preveda espressamente che gli Stati membri dispongano di un ampio potere di valutazione quanto alla definizione dei loro SIEG, l’articolo 1, primo trattino, di detto protocollo sottolinea il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare SIEG il più vicini possibile alle esigenze degli utenti. A mio avviso, la possibilità di fornire, commissionare e organizzare SIEG è strettamente connessa e non può essere separata dal diritto di designare tali servizi.
102. Conformemente alle sentenze in questione (75), ritengo che, in assenza di una normativa dell’Unione armonizzata in materia (76), gli Stati membri dispongano di un ampio potere discrezionale ai fini della definizione dei servizi che considerano come SIEG (77), nonché della loro ampiezza e organizzazione.
103. Stante tale vasto potere discrezionale degli Stati membri, il Tribunale ha correttamente dichiarato che, in linea di principio, «la Commissione non è legittimata a pronunciarsi sui contenuti delle missioni di servizio pubblico incombenti all’esercente pubblico (…) né sull’opportunità delle scelte politiche effettuate al riguardo dalle autorità nazionali, né sull’efficienza economica di tale esercente» (78).
104. Di conseguenza, conformemente alle sentenze in questione (79), la designazione da parte di uno Stato membro di determinati servizi come SIEG può essere messa in discussione dalla Commissione solo in caso di errore manifesto (80). La Commissione esercita quindi un controllo limitato sulla designazione dei servizi come SIEG.
105. Per gli stessi motivi, in caso di ricorso di annullamento contro una decisione della Commissione vertente sulla designazione dei servizi come SIEG e sulla definizione dell’ampiezza e dell’organizzazione di tali SIEG da parte degli Stati membri, il Tribunale deve tenere conto dell’ampio potere discrezionale di questi ultimi e dei limiti del controllo spettante alla Commissione sotto tale profilo.
106. Tuttavia, si deve rilevare che, nonostante l’ampio potere discrezionale degli Stati membri ai fini della «designazione» dei loro SIEG, tale prerogativa non è illimitata.
107. Nella sentenza dell’8 marzo 2017, Viasat Broadcasting UK/Commissione (C‑660/15 P, EU:C:2017:178, punto 29), la Corte ha dichiarato che «il tenore stesso dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE evidenzia come deroghe alle norme del Trattato siano consentite purché necessarie all’adempimento della specifica missione affidata all’impresa incaricata della gestione di un [SIEG]» (81).
108. Inoltre, al punto 26 della sentenza del 10 dicembre 1991, Merci convenzionali porto di Genova (C‑179/90, EU:C:1991:464, punti 26 e 27), la Corte ha dichiarato che «la deroga all’applicazione delle norme del Trattato prevista dall’[articolo 106, paragrafo 2, TFUE] è subordinata non solo al fatto che i pubblici poteri abbiano affidato all’impresa di cui trattasi la gestione di un servizio economico d’interesse generale, (…) anche al fatto che l’applicazione delle norme del Trattato osti all’adempimento della specifica missione affidatale e che non venga compromesso l’interesse [dell’Unione]». Al punto 27 di tale sentenza, la Corte ha considerato che l’interesse economico generale legato alle operazioni portuali in questione non aveva un carattere specifico rispetto a quello di altre attività della vita economica e che, se così fosse stato, l’applicazione delle norme del Trattato, in particolare di quelle in materia di concorrenza e in materia di libera circolazione, non ostava all’adempimento di siffatta missione.
109. Inoltre, va rilevato che tale prerogativa degli Stati membri è stata esercitata sotto il controllo della Commissione. Infatti, nella sentenza del 14 luglio 1971, Muller e Hein (10/71, EU:C:1971:85, punti 14 e 15), la Corte ha dichiarato che l’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE «implica (…) la valutazione delle esigenze inerenti sia all’adempimento dello specifico compito affidato alle imprese di cui trattasi, sia alla tutela dell’interesse [dell’Unione]» e che «una valutazione del genere dipende dagli obiettivi di politica economica generale perseguiti dagli Stati sotto il controllo della Commissione» (82).
L’obbligo degli Stati membri di affidare con un atto di esercizio del potere pubblico l’esecuzione di obblighi di servizio pubblico all’impresa beneficiaria di sovvenzioni pubbliche e di definire chiaramente tali obblighi
110. Sebbene gli Stati membri dispongano di un ampio potere discrezionale per «designare» determinati servizi come SIEG e definire la loro ampiezza e organizzazione, la prima condizione della sentenza Altmark e la lettera dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, esigono inequivocabilmente che un’impresa (83) sia effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico (84) e che tali obblighi siano chiaramente definiti (85).
111. Queste due esigenze, che a mio avviso correttamente il Tribunale ha qualificato come «criteri minimi» (86), sono chiaramente distinte dalla prerogativa di natura politica di cui dispongono gli Stati membri per designare determinati servizi come SIEG.
112. A tale proposito, è giurisprudenza costante che, affinché un’impresa possa essere considerata incaricata della gestione di un servizio pubblico/SIEG, occorre che essa lo sia in forza di un atto di esercizio del potere pubblico (87). Tale requisito è di stretta applicazione e spetta allo Stato membro interessato dimostrarne la sussistenza al fine di beneficiare dell’applicazione della sentenza Altmark o della deroga di cui all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. La portata del controllo giurisdizionale operato dal Tribunale sotto tale profilo è un controllo di legittimità.
113. Non si richiede tuttavia che si tratti di un atto legislativo o regolamentare (88). La Corte, infatti, ha già ammesso che un’impresa possa essere incaricata della gestione di SIEG in forza di una concessione di diritto pubblico (89).
114. Inoltre, per quanto riguarda la definizione chiara degli obblighi incombenti all’impresa incaricata di un SIEG, ritengo che, sebbene l’elencazione e la delimitazione di tali obblighi varino caso per caso a seconda dei servizi specifici di cui trattasi e delle circostanze esistenti nei vari Stati membri, esse debbano comprendere quanto meno la natura, la durata e la portata degli obblighi imposti (90). Tale requisito è parimenti di stretta applicazione.
115. Siffatti criteri minimi non possono essere obblighi puramente formalistici. Essi sono volti a garantire in particolare la trasparenza (91) nella designazione dei SIEG e la definizione della loro ampiezza e organizzazione da parte degli Stati membri. Inoltre, tale obiettivo di trasparenza mira a sua volta a rafforzare la certezza del diritto per gli Stati membri, le imprese incaricate dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico, i loro eventuali concorrenti e i consumatori (92).
116. Infatti, la Corte ha dichiarato che, affinché gli obblighi imposti a un’impresa incaricata della gestione di un SIEG possano essere considerati riconducibili alla specifica missione affidatale, occorre che essi presentino un nesso con l’oggetto del SIEG di cui trattasi e siano volti direttamente a contribuire alla soddisfazione di tale interesse. Di tali obbligazioni o vincoli si può tener conto allorché si tratta di valutare se le deroghe alle norme del Trattato che si vogliono giustificare siano necessarie a consentire all’impresa de qua di adempiere le funzioni di interesse generale affidatele (93).
117. Orbene, è impossibile verificare se uno Stato membro si sia attenuto ai limiti del suo ampio potere discrezionale nella designazione dei SIEG laddove non si sappia con certezza chi sia stato incaricato dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e quale sia la natura, la durata e la portata degli obblighi che gli incombono (94).
118. Inoltre, ritengo che tale obbligo di trasparenza sulla missione affidata sia necessario per verificare se ricorrano le altre condizioni della sentenza Altmark e dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. Sarebbe impossibile, in particolare, verificare se sia soddisfatta la seconda condizione della sentenza Altmark, vale a dire che «la compensazione non ecceda quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico (…)», laddove la natura e la portata di tali obblighi non fossero chiaramente definite. Per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, sarebbe impossibile verificare se l’applicazione di norme del Trattato osti all’adempimento dei SIEG, laddove non fossero chiaramente definite la natura e la portata dei servizi che le imprese sono state incaricate di gestire (95).
Applicazione alle presenti impugnazioni
Sulle cause riunite da C‑66/16 P a C‑69/16 P
119. In limine, ritengo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla SES Astra, il primo capo del motivo unico non sia irricevibile (96).
120. Infatti, con il primo capo del loro motivo unico, le ricorrenti addebitano al Tribunale di avere applicato erroneamente la giurisprudenza della Corte e del Tribunale, secondo cui la definizione dei SIEG da parte di uno Stato membro può essere messa in discussione dalla Commissione solo in caso di errore manifesto. A mio avviso, così facendo, e contrariamente a quanto sostenuto dalla SES Astra (97), le ricorrenti non contestano una valutazione di fatto compiuta dal Tribunale, bensì chiedono alla Corte di controllare se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto (98) quando ha precisato gli obblighi imposti dalla prima condizione della sentenza Altmark (99). Una simile questione di diritto può essere soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione.
121. Nel merito, ritengo che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti (100), il Tribunale non abbia superato il limite dell’errore manifesto nell’esame dei vari atti di definizione e attribuzione della missione di SIEG. Infatti, come rilevato ai paragrafi da 113 a 115 delle presenti conclusioni, l’obbligo di incaricare effettivamente l’impresa beneficiaria di sovvenzioni pubbliche dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico con un atto di esercizio del potere pubblico, nonché di definire chiaramente tali obblighi, è di stretta applicazione. L’esecuzione di questi obblighi minimi non rientra nell’ampio potere discrezionale degli Stati membri di designare determinati servizi come SIEG. Solo tale potere discrezionale ai fini della designazione può essere rimesso in discussione dalla Commissione unicamente in caso di errore manifesto (101).
122. Il fatto che sia pacifico che esiste un fallimento del mercato e che il servizio in questione costituisce materialmente un’attività qualificabile come SIEG non è pertinente. Tali circostanze devono essere prese in considerazione al momento di valutare se un servizio sia idoneo ad essere designato come SIEG, questione che rientra nell’ampio potere discrezionale degli Stati membri, e tale valutazione non può essere messa in discussione, salvo errore manifesto. Per contro, le suddette circostanze non sono pertinenti per stabilire se l’impresa beneficiaria delle sovvenzioni pubbliche sia stata effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico con un atto di esercizio del potere pubblico e se tali obblighi siano stati chiaramente definiti.
123. Di conseguenza, ritengo che il primo capo del motivo unico nelle cause da C‑66/16 P a C‑69/16 P debba essere respinto in quanto infondato.
124. Con il secondo capo del loro motivo unico, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto limitando l’ampio potere discrezionale degli Stati membri alla sola definizione dei SIEG, mentre essi disponevano altresì di un ampio potere discrezionale per «fornire, commissionare e organizzare» tali servizi. Esse ritengono che il potere discrezionale comprenda necessariamente la scelta di una specifica tecnologia, la quale, contrariamente a quanto affermato nelle sentenze in questione (102), costituirebbe semplicemente una modalità di prestazione.
125. Ritengo, al pari della SES Astra, che dal capo in esame emerga una lettura erronea delle sentenze di cui trattasi (103).
126. Infatti, il Tribunale non ha rimesso in discussione l’ampio potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri (104) per «fornire, commissionare e organizzare» i SIEG scegliendo una particolare tecnologia; esso ha semplicemente constatato che le ricorrenti non soddisfacevano la prima condizione della sentenza Altmark, ritenendo, dopo una valutazione della normativa nazionale e regionale spagnola, che il Regno di Spagna non avesse definito in modo chiaro e preciso il servizio di sfruttamento di una rete terrestre come servizio pubblico conformemente alla prima condizione della sentenza Altmark. Rilevo che il Tribunale ha dichiarato (105) che «le ricorrenti non sono mai state in grado di stabilire quali obblighi di servizio pubblico siano stati posti a carico degli operatori di reti di TDT, dal diritto spagnolo o dagli accordi di gestione, e ancor meno di fornire la prova di tali obblighi» (106).
127. Ad abundantiam, rilevo che, per quanto concerne le sentenze del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma del País Vasco et Itelazpi/Commissione (T‑462/13, EU:T:2015:902), del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Cataluña e CTTI/Commissione (T‑465/13, non pubblicata, EU:T:2015:900), e del 26 novembre 2015, Abertis Telecom e Retevisión I/Commissione (T‑541/13, non pubblicata, EU:T:2015:898), se pure il Tribunale ha ritenuto che le autorità spagnole, nel definire come SIEG il servizio di sfruttamento di una rete di TDT, dovessero rispettare il principio della parità di trattamento (107) e pertanto non dovessero discriminare le altre piattaforme rispetto alla piattaforma terrestre, da tali sentenze risulta chiaramente che, secondo il Tribunale, «il rispetto del principio di neutralità tecnologica non implica che, in tutti i casi, la definizione di una determinata piattaforma per lo sfruttamento delle reti di radiodiffusione costituisca un errore manifesto» (108). Il Tribunale ha quindi addebitato alla Commissione di non avere esaminato la questione di sapere se la scelta di una determinata piattaforma fosse obiettivamente giustificata nel caso di specie tenendo conto dell’ampio potere discrezionale delle autorità spagnole ai fini della definizione di ciò che esse consideravano un SIEG. Ne consegue che il Tribunale ha riconosciuto che gli Stati membri disponevano di un ampio potere discrezionale per «fornire, commissionare e organizzare» i SIEG.
128. Pertanto, il secondo capo del motivo unico nelle cause da C‑66/16 P a C‑69/16 P deve essere respinto in quanto infondato.
Sulla causa C‑70/16 P
129. Per quanto riguarda il primo capo del loro quarto motivo, le ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia trascurato di considerare il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per definire un SIEG (109).
130. Rilevo che le ricorrenti, pur senza mettere direttamente in discussione la constatazione operata dal Tribunale al punto 110 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), sostengono che la dodicesima disposizione addizionale del regio decreto 944/2005 e gli accordi di cooperazione tra amministrazioni contengono una definizione chiara del servizio pubblico in questione, segnatamente, la diffusione del servizio di televisione digitale terrestre, e che tali atti ufficiali affidano detto servizio ai comuni in partenariato con la comunità autonoma (110).
131. A mio avviso, tale argomento, che verte sulla valutazione del diritto nazionale applicabile effettuata dal Tribunale, deve essere respinto in quanto irricevibile in assenza di un argomento relativo allo snaturamento di tale diritto (111).
132. A tale proposito, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, qualora il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente soltanto, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica degli stessi e sulle conseguenze di diritto che ne sono state tratte. La valutazione dei fatti non costituisce quindi, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte. Di conseguenza, per quanto riguarda l’esame, nell’ambito di un’impugnazione, delle valutazioni del Tribunale in merito al diritto nazionale, la Corte è competente soltanto a verificare se vi sia stato uno snaturamento di tale diritto (112).
133. Pertanto, ritengo che il primo capo del quarto motivo nella causa C‑70/16 P debba essere respinto in quanto parzialmente irricevibile.
134. Inoltre, dal punto 95 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), risulta che, secondo il Tribunale, «gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione di ciò che considerano come SIEG e, di conseguenza, la definizione di tali servizi da parte di uno Stato membro può essere messa in discussione dalla Commissione solo in caso di errore manifesto».
135. Il Tribunale ha tuttavia considerato che non erano soddisfatti «taluni criteri minimi relativi, segnatamente, alla presenza di un atto di una pubblica autorità che incarica gli operatori di cui trattasi di una funzione di SIEG» (113).
136. Infatti, al punto 110 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), il Tribunale ha constatato che «le ricorrenti [non sono state] in grado di stabilire quali obblighi di servizio pubblico siano stati posti a carico degli operatori di reti di TDT, dal diritto spagnolo o dagli accordi di gestione, e ancor meno di fornire la prova di tali obblighi».
137. Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato che le ricorrenti non erano state in grado di dimostrare che la Commissione avesse erroneamente considerato che, in assenza di una definizione chiara del servizio di sfruttamento di una rete terrestre in quanto servizio pubblico, il primo criterio della sentenza Altmark non era soddisfatto (114).
138. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il Tribunale non ha escluso, «in linea di principio, che lo sfruttamento di una rete terreste [possa essere] definita come servizio pubblico» (115).
139. Ritengo pertanto che il primo capo del quarto motivo debba essere parimenti respinto in quanto infondato. Per quanto riguarda il secondo capo del loro quarto motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto al punto 112 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), consistente nell’ignorare il fatto che il potere discrezionale degli Stati membri include non solo la definizione, ma altresì la fornitura e l’organizzazione del SIEG. A parere delle ricorrenti, la fornitura del servizio di supporto di TDT tramite una piattaforma terrestre sarebbe una mera modalità di organizzazione della fornitura del servizio, che spetta allo Stato membro (116).
140. Dal combinato disposto dell’articolo 127, paragrafo 1, e dell’articolo 190, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte emerge che non è consentito sollevare nuovi motivi in sede di impugnazione. Infatti, tali disposizioni sono intese ad evitare, conformemente a quanto previsto dall’articolo 170, paragrafo 1, di detto regolamento, che si addivenga in sede di impugnazione ad una modifica dell’oggetto della controversia rispetto a quello sottoposto al Tribunale (117).
141. A mio avviso, il secondo capo del quarto motivo della presente impugnazione ha l’effetto di sottoporre alla Corte una controversia più ampia di quella su cui il Tribunale è stato chiamato a pronunciarsi.
142. Infatti, al punto 112 della sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione (T‑463/13 e T‑464/13, non pubblicata, EU:T:2015:901), il Tribunale ha rilevato che le ricorrenti non hanno contestato la valutazione compiuta dalla Commissione al punto 121 della decisione controversa, secondo cui la definizione quale servizio pubblico dello sfruttamento di una determinata piattaforma di supporto, nella fattispecie quello della piattaforma terreste, avrebbe costituito un errore manifesto delle autorità spagnole, dato che, quando esistono più piattaforme di trasmissione, non si può reputarne una in particolare «essenziale» per la trasmissione dei segnali di radiodiffusione.
143. Pertanto, ritengo che il secondo capo del quarto motivo debba essere respinto in quanto irricevibile.
Sulla causa C‑81/16 P
144. Per quanto riguarda il primo capo del primo motivo del Regno di Spagna e, in particolare, l’argomento del Regno di Spagna secondo cui l’analisi del contesto normativo effettuata dal Tribunale sarebbe manifestamente erronea (118) e gli atti di diritto nazionale nonché i contratti stipulati dalle autorità spagnole non solo definirebbero e affiderebbero l’esecuzione del SIEG a determinati operatori, ma farebbero anche espressamente riferimento alla tecnologia terrestre (119), ritengo che tale argomento, che rimette in discussione la valutazione compiuta dal Tribunale in merito al diritto nazionale applicabile e ai contratti conclusi dalla autorità spagnole, la quale costituisce una valutazione di fatto, debba essere respinto in quanto irricevibile, data l’assenza di un argomento relativo alla snaturamento di tale diritto (120).
145. Pertanto, sono dell’avviso che il primo capo del primo motivo del Regno di Spagna debba essere respinto in quanto irricevibile.
146. Quanto al merito, ritengo che dal primo capo del primo motivo del Regno di Spagna emerga un’interpretazione erronea della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891).
147. Contrariamente a quanto sostenuto dal Regno di Spagna (121), il Tribunale non ha dichiarato che non occorreva prendere in considerazione, oltre al contesto normativo, tutti gli atti delle autorità spagnole con cui gli operatori interessati sono stati incaricati dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico.
148. Dai punti 69 e seguenti della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891), risulta chiaramente che il Tribunale ha esaminato gli atti delle autorità spagnole con cui gli operatori interessati sarebbero stati incaricati, secondo il Regno di Spagna, dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico.
149. Infatti, al punto 70 della sentenza in questione, il Tribunale ha esaminato il piano nazionale a favore della transizione alla TDT, adottato dal Consiglio dei ministri spagnolo il 7 settembre 2007, e ha considerato che, con tale piano, nessun operatore era stato incaricato dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico.
150. Al punto 71 di tale sentenza, il Tribunale ha confermato che, conformemente alla giurisprudenza, il mandato che conferisce la missione di servizio pubblico può avere la forma di atti convenzionali, purché essi promanino dalla pubblica autorità e siano vincolanti, a fortiori qualora tali atti concretizzino gli obblighi imposti dalla normativa. Tuttavia, secondo il Tribunale, il Regno di Spagna non ha fornito alcun contratto che consenta di suffragare la sua affermazione secondo cui gli operatori interessati sarebbero stati incaricati dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico. Inoltre, secondo il Tribunale, per il solo fatto che un servizio sia oggetto di un appalto pubblico, tale servizio non assume automaticamente, e senza alcuna precisazione da parte delle autorità interessate, la qualità di SIEG ai sensi della sentenza Altmark.
151. Inoltre, al punto 72 della sentenza in questione, il Tribunale ha esaminato gli accordi interistituzionali conclusi tra il governo basco, l’EUDEL e i tre consigli regionali baschi. Esso ha dichiarato che nemmeno tali accordi definivano lo sfruttamento di una rete terrestre come servizio pubblico.
152. Inoltre, al punto 73 della sentenza in questione, il Tribunale ha constatato che le autorità spagnole non erano mai state in grado di stabilire quali obblighi di servizio pubblico fossero stati posti a carico degli operatori di reti di TDT, vuoi dal diritto spagnolo vuoi dagli accordi di gestione, e ancor meno di fornirne la prova.
153. Ritengo inoltre, al pari della Commissione, che il Tribunale non abbia commesso alcun errore quando ha affermato che il Regno di Spagna non ha dimostrato che la Commissione avesse erroneamente considerato, ai punti da 119 a 122 e 172 della decisione controversa, che la diffusione, la manutenzione e lo sfruttamento della rete di TDT nella zona II non erano stati definiti con precisione come servizio pubblico ai sensi della prima condizione della sentenza Altmark.
154. A tale proposito, non è in discussione l’ampio potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per definire i loro SIEG, in assenza di una normativa armonizzata dell’Unione in materia, bensì l’esigenza, conformemente alla prima condizione della sentenza Altmark e al testo dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, che l’impresa beneficiaria delle sovvenzioni pubbliche sia stata effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e che tali obblighi siano stati chiaramene definiti.
155. Rilevo che, al punto 67 della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891), il Tribunale ha constatato che, sebbene tutti i servizi di telecomunicazioni, ivi comprese le reti di diffusione radiotelevisiva, siano stati qualificati dallo Stato spagnolo come servizio di interesse generale, dalle leggi in esame non risulta che tutti i servizi di telecomunicazioni in Spagna si configurano come SIEG. Al riguardo, il Tribunale rileva che l’articolo 2, paragrafo 1, della legge 32/2003 recante disposizioni generali in materia di telecomunicazioni, del 3 novembre 2003, dispone espressamente che i servizi di interesse generale ai sensi di tale legge devono essere forniti nell’ambito di un regime di libera concorrenza, mentre la qualificazione di un servizio come SIEG ai sensi della prima condizione della sentenza Altmark richiede che la responsabilità della sua gestione sia affidata a talune imprese. Inoltre, al punto 68 della sentenza citata, il Tribunale ha considerato che, dal momento che le disposizioni nazionali erano tecnologicamente neutrali e le telecomunicazioni consistevano nella trasmissione di segnali attraverso qualsivoglia rete di diffusione e non attraverso la rete terrestre in particolare, il che non è stato contestato dal Regno di Spagna, non si poteva concludere che la Commissione avesse erroneamente ritenuto che lo sfruttamento di una rete terrestre non fosse definita come servizio pubblico ai sensi della sentenza Altmark.
156. Alla luce degli elementi equivoci e contraddittori delle disposizioni nazionali in questione, la cui sostanza peraltro non è stata contestata dal Regno di Spagna, il Tribunale non ha commesso errori di diritto dichiarando che la Commissione non ha ritenuto erroneamente che tali disposizioni nazionali non contenessero una definizione chiara del servizio di sfruttamento di una rete terrestre come servizio pubblico.
157. Infine, non condivido l’argomento del Regno di Spagna secondo cui il Tribunale non avrebbe potuto affermare che nessun’altra comunità autonoma oltre ai Paesi Bassi aveva dimostrato la qualità di SIEG dello sfruttamento della rete terrestre, dato che la Commissione aveva esaminato una campione di 82 gare d’appalto al fine di valutare la compatibilità dell’aiuto (122).
158. Dal punto 77 della sentenza del 26 novembre 2015, Spagna/Commissione (T‑461/13, EU:T:2015:891) risulta che il Tribunale ha dichiarato che spettava alle comunità autonome invocare l’assenza di aiuti di Stato ai sensi della sentenza Altmark e che, come migliore e unico esempio, le suddette autorità avevano sottoposto il caso del Paese basco.
159. A mio avviso, il fatto che la Commissione avesse esaminato un campione di 82 gare d’appalto al fine di valutare la compatibilità dell’aiuto in questione non dimostra che un’altra comunità autonoma oltre ai Paesi Baschi avesse dimostrato, né tanto meno fatto valere, la qualità di SIEG dello sfruttamento della rete terrestre.
160. A tale proposito, occorre ricordare che, al punto 71 della sentenza citata, il Tribunale ha confermato che in determinate circostanze il mandato che conferisce la missione di servizio pubblico possa anche comprendere atti convenzionali. Tuttavia, il Tribunale ha considerato che il Regno di Spagna non aveva dimostrato che un mandato di missione di servizio pubblico fosse stato conferito mediante contratti pubblici conclusi tra l’amministrazione pubblica e gli operatori interessati. Il Tribunale ha inoltre osservato, correttamente, che la mera circostanza che un servizio sia oggetto di un appalto pubblico non implica che tale servizio assuma automaticamente, e senza alcuna precisazione da parte delle autorità interessate, la qualità di SIEG ai sensi della sentenza Altmark.
161. Pertanto, ritengo che il primo capo del primo motivo dedotto dal Regno di Spagna sia infondato.
162. Sulla scorta di quanto precede, il primo capo del primo motivo dedotto dal Regno di Spagna deve essere respinto in quanto irricevibile e infondato.
Conclusione
163. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco che la Corte voglia:
– nelle cause riunite Comunidad Autónoma del País Vasco e Itelazpi/Commissione (C‑66/16 P), Comunidad Autónoma de Cataluña e CTTI/Commissione (C‑67/16 P), Navarra de Servicios y Tecnologías/Commissione (C‑68/16 P) nonché Cellnex Telecom e Retevisión I/Commissione (C‑69/16 P), respingere in quanto infondati il primo e il secondo capo del motivo unico;
– nella causa Comunidad Autónoma de Galicia e Redes de Telecomunicación Galegas Retegal /Commissione (C‑70/16 P), respingere in quanto parzialmente irricevibile e infondato il primo capo del quarto motivo e respingere in quanto irricevibile il secondo capo del quarto motivo, e,
– nella causa Spagna/Commissione (C‑81/16 P), respingere in quanto irricevibile e infondato il primo capo del primo motivo.