Language of document : ECLI:EU:T:2005:347

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

5 ottobre 2005 (*)

«Ravvicinamento delle legislazioni – Disposizioni nazionali in deroga ad una misura di armonizzazione – Divieto di impiego di organismi geneticamente modificati in Austria Superiore – Presupposti per l’applicazione dell’art. 95, n. 5, CE»

Nelle cause riunite T‑366/03 e T‑235/04,

Land Oberösterreich, rappresentato dall’avv.  F. Mittendorfer,

Repubblica d’Austria, rappresentata dai sigg. H. Hauer e H. Dossi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. U. Wölker, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell’Austria Superiore, notificate dalla Repubblica d’Austria a norma dell’articolo 95, paragrafo 5, del Trattato CE (GU L 230, pag. 34),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. V. Vadapalas, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 marzo 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Art. 95 CE

1        L’art. 95, nn. 4-7, CE dispone quanto segue :

«4.       Allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di cui all’articolo 30 o relative alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, esso notifica tali disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse.

5.       Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4, allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi dell’introduzione delle stesse.

6.       La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o respinge le disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino o no un ostacolo al funzionamento del mercato interno.

In mancanza di decisione della Commissione entro detto periodo, le disposizioni nazionali di cui ai paragrafi 4 e 5 sono considerate approvate.

Se giustificato dalla complessità della questione e in assenza di pericolo per la salute umana, la Commissione può notificare allo Stato membro interessato che il periodo di cui al presente paragrafo può essere prolungato per un ulteriore periodo di massimo sei mesi.

7.       Quando uno Stato membro è autorizzato, a norma del paragrafo 6, a mantenere o a introdurre disposizioni nazionali che derogano a una misura di armonizzazione, la Commissione esamina immediatamente l’opportunità di proporre un adeguamento di detta misura».

 Direttiva 90/220

2        La direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (GU L 117, pag. 15), mirava, ai sensi dell’art. 1, n. 1, a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e a proteggere la salute umana e l’ambiente nei confronti, da una parte, dell’emissione deliberata di organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli «OGM») nell’ambiente e, d’altra parte, dell’immissione sul mercato di prodotti contenenti OGM o costituiti da essi, destinati alla successiva emissione deliberata nell’ambiente.

3        L’art. 4 della direttiva 90/220 imponeva agli Stati membri di prendere tutti i provvedimenti idonei ad evitare eventuali effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente derivanti dall’emissione deliberata o dall’immissione sul mercato di OGM.

4        La parte C della direttiva 90/220 (artt. 10-18) conteneva le disposizioni specifiche relative all’immissione sul mercato di prodotti contenenti OGM. Ai sensi dell’art. 11, n. 5, di tale direttiva, in combinato disposto con il suo n. 1, nessun prodotto contenente OGM poteva essere emesso nell’ambiente prima che l’autorità competente dello Stato membro in cui il prodotto sarebbe stato immesso sul mercato per la prima volta avesse dato il proprio consenso scritto, a seguito della notifica che gli fosse stata presentata dal produttore o dall’importatore nella Comunità. L’art. 11, nn. 1-3, di tale direttiva specificava il contenuto obbligatorio di tale notifica, che doveva consentire, in particolare, all’autorità nazionale di procedere alla valutazione dei rischi imposta dall’art. 10, n. 1. Tale valutazione dei rischi doveva precedere il consenso.

5        L’art. 16 della direttiva 90/220 enunciava quanto segue:

«1.      Se uno Stato membro ha un motivo valido di ritenere che un prodotto che è stato opportunamente notificato e ha ricevuto un consenso scritto ai sensi della presente direttiva costituisce un rischio per la salute umana o per l’ambiente, esso può limitarne o proibirne provvisoriamente l’uso e/o la vendita sul proprio territorio. Esso informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri di tale decisione e ne indica i motivi.

2. Una decisione è presa in merito entro tre mesi, in conformità della procedura di cui all’articolo 21».

 Direttiva 2001/18

6        In seguito a diverse modifiche, la direttiva 90/220 è stata abrogata e sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE (GU L 106, pag. 1). Essa persegue gli stessi obiettivi.

7        L’emissione deliberata o l’immissione in commercio di OGM è soggetta ad un regime d’autorizzazione. Chiunque voglia ottenere un’autorizzazione deve procedere ad una previa valutazione dei rischi sanitari e ambientali. Ai sensi dell’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/18:

«Gli Stati membri e, ove opportuno, la Commissione assicurano che i potenziali effetti negativi, sia diretti che indiretti, sulla salute umana e sull’ambiente, eventualmente provocati dal trasferimento di un gene dall’OGM ad un altro organismo, siano attentamente valutati caso per caso. Tale valutazione è effettuata a norma dell’allegato II, tenendo conto dell’impatto ambientale in funzione del tipo di organismo introdotto e dell’ambiente ospite».

8        La direttiva 2001/18 introduce due distinti regimi per l’immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti e la loro emissione deliberata per scopi diversi dalla loro immissione in commercio.

9        Le autorizzazioni all’immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti concesse a norma della direttiva 90/220 prima del 17 ottobre 2002 possono essere rinnovate, prima del 17 ottobre 2006, in base alla procedura semplificata di cui all’art. 17, nn. 2-9, della direttiva 2001/18.

10      L’art. 23 della direttiva 2001/18, intitolato «Clausola di salvaguardia», è così formulato:

«1.      Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell’autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l’ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l’uso o la vendita sul proprio territorio.

Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell’immissione in commercio, e l’informazione del pubblico.

Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri circa le azioni adottate a norma del presente articolo e motiva la propria decisione, fornendo un nuovo giudizio sulla valutazione di rischi ambientali, indicando se e come le condizioni poste dall’autorizzazione debbano essere modificate o l’autorizzazione debba essere revocata e, se necessario, le nuove o ulteriori informazioni su cui è basata la decisione.

2.       Una decisione in materia è adottata entro 60 giorni, secondo la procedura di cui all’articolo 30, paragrafo 2 (…)».

 Fatti della controversia

11      Il 13 marzo 2003 la Repubblica d’Austria ha notificato alla Commissione l’Oberösterreichisches Gentechnik-Verbotsgesetz 2002, un progetto di legge del Land Oberösterreich (Austria Superiore) sul divieto di utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica (in prosieguo: la «misura notificata»). La misura notificata mirava a vietare la coltivazione di sementi e di materiale di propagazione contenenti OGM o costituiti da essi nonché la riproduzione e l’emissione nell’ambiente di animali transgenici ai fini della caccia e della pesca. La notifica aveva come scopo la concessione di una deroga alle disposizioni della direttiva 2001/18, ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE. Essa si fondava su una relazione intitolata «GVO freie Bewirtschaftungsgebiete: Konzeption und Analyse von Szenarien und Umsetzungsschritten» (Zone agricole esenti da OGM: concezione e analisi degli scenari e delle fasi di realizzazione).

12      La Commissione ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (AESA o, in inglese, European Food Security Agency – EFSA; in prosieguo: l’«AESA») di formulare un parere sul carattere probatorio degli elementi scientifici prodotti dalla Repubblica d’Austria, conformemente alle disposizioni dell’art. 29, n. 1, e dell’art. 22, n. 5, lett. c), del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1).

13      In sostanza, nel suo parere del 4 luglio 2003 (in prosieguo: il «parere dell’AESA»), l’AESA è giunta alla conclusione che tali elementi non racchiudevano alcuna nuova prova scientifica idonea a giustificare il divieto di OGM nel Land Oberösterreich.

14      È in tali circostanze che la Commissione ha adottato la decisione 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell’Austria Superiore, notificate dalla Repubblica d’Austria a norma dell’articolo 95, paragrafo 5, del Trattato CE (GU L 230, pag. 34; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

15      Ai sensi della decisione impugnata, la Repubblica d’Austria non ha fornito nuove prove scientifiche né ha dimostrato che nel Land Oberösterreich si sia posto un problema specifico, insorto dopo l’adozione della direttiva 2001/18, che ha reso necessaria l’introduzione della misura notificata. Non essendo soddisfatti i requisiti prescritti dall’art. 95, n. 5, CE, la Commissione ha respinto la domanda di deroga presentata dalla Repubblica d’Austria.

 Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 novembre 2003, il Land Oberösterreich ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T-366/03.

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 13 novembre 2003, la Repubblica d’Austria ha proposto un ricorso al quale è stato attribuito il numero di ruolo C-492/03.

18      Con ordinanza della Corte 8 giugno 2004, tale causa è stata rinviata al Tribunale, ai sensi delle disposizioni dell’art. 2 della decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/407/CE, Euratom, che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia (GU L 132, pag. 5). Essa è stata registrata con il numero di ruolo T-235/04.

19      Con decisione del presidente della Quarta Sezione del Tribunale 22 febbraio 2005, sentite le parti, le cause T‑366/03 e T‑235/04 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.

20      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, nel contesto delle misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura, ha posto per iscritto alcuni quesiti alla Repubblica d’Austria e alla Commissione.

21      All’udienza del 17 marzo 2005 sono state sentite le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti loro rivolti dal Tribunale.

22      Nella causa T‑366/03, il Land Oberösterreich chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

23      Nella causa T‑235/04, la Repubblica d’Austria chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      Nelle cause T-366/03 e T-235/04, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 Sulla ricevibilità dei ricorsi proposti dal Land Oberösterreich

25      Benché la Commissione non abbia contestato la ricevibilità del ricorso proposto dal Land Oberösterreich, occorre rilevare che la decisione impugnata è stata indirizzata alla Repubblica d’Austria. Al fine di valutare la ricevibilità del ricorso nella causa T‑366/03, il Tribunale considera utile accertare, d’ufficio, se essa riguardi direttamente e individualmente il Land Oberösterreich, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

26      Il Land Oberösterreich sostiene di avere un proprio interesse ad agire, distinto da quello della Repubblica d’Austria. Al riguardo esso sottolinea che, per sua natura, la misura notificata è di sua esclusiva competenza. Inoltre, esso afferma che, poiché la decisione impugnata lo riguarda direttamente e individualmente, il ricorso proposto nella causa T‑366/03 sarebbe ricevibile. Per quanto riguarda, nello specifico, il suo interesse individuale, il Land Oberösterreich sostiene che, benché la misura notificata fosse allo stadio di progetto, la decisione impugnata pregiudica i suoi poteri di autogoverno in materia legislativa.

27      Per una giurisprudenza costante, i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE solo se tale decisione li concerne a causa di determinate qualità personali o di una situazione di fatto che li caratterizzi rispetto a chiunque altro e quindi li identifichi in modo analogo al destinatario di tale decisione (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 197, in particolare pag. 220, e 28 gennaio 1986, causa 169/84, COFAZ e a./Commissione, Racc. pag. 391, punto 22). La ratio di questa norma è infatti quella di garantire una tutela giuridica anche a colui che, senza essere destinatario dell’atto controverso, è in effetti interessato da quest’ultimo in modo analogo a quello del destinatario (sentenza della Corte 11 luglio 1984, causa 222/83, Comune di Differdange e a./Commissione, Racc. pag. 2889, punto 9).

28      Nella fattispecie, il Land Oberösterreich è l’autore di un progetto di legge che rientra nella sua competenza propria e per il quale la Repubblica d’Austria ha chiesto una deroga in forza dell’art. 95, n. 5, CE. La decisione impugnata ha quindi come conseguenza non solo di pregiudicare un atto che promana dal Land Oberösterreich, ma anche d’impedire a quest’ultimo di esercitare a suo piacimento le competenze proprie attribuitegli direttamente dall’ordinamento costituzionale austriaco. Ne deriva che la decisione impugnata riguarda individualmente il Land Oberösterreich, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Vlaamse Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punti 29 e segg., e 23 ottobre 2002, cause riunite T‑346/99, T‑347/99 e T‑348/99, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. II‑4259, punto 37).

29      Inoltre, benché la decisione impugnata sia stata indirizzata alla Repubblica d’Austria, quest’ultima non ha esercitato alcun potere discrezionale al momento della comunicazione al Land Oberösterreich, cosicché quest’ultimo è a sua volta direttamente interessato dalla decisione impugnata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 maggio 1971, cause riunite 41/70-44/70, International Fruit Company e a./Commissione, Racc. pag. 411, punti 25-28).

30      Ne deriva che il Land Oberösterreich è legittimato a chiedere l’annullamento della decisione impugnata.

 Nel merito

31      I ricorrenti deducono quattro motivi relativi alla violazione, rispettivamente, del principio del contraddittorio, dell’obbligo di motivazione, dell’art. 95, n. 5, CE e del principio di precauzione.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione del principio del contraddittorio

 Argomenti delle parti

32      I ricorrenti contestano alla Commissione di non averli sentiti prima di adottare la decisione impugnata.

33      Benché la Corte abbia statuito che il principio del contraddittorio è inapplicabile alla procedura prevista dall’art. 95 CE (sentenza della Corte 20 marzo 2003, causa C‑3/00, Danimarca/Commissione, Racc. pag. I‑2643), i ricorrenti sostengono che le circostanze della presente fattispecie richiedono una diversa soluzione.

34      Innanzi tutto, la citata sentenza Danimarca/Commissione riguardava una domanda di deroga, ai sensi dell’art. 95, n. 4, CE, relativa ad una misura nazionale allora in vigore. Nella presente fattispecie, essendo la misura notificata ancora allo stadio di progetto, la Commissione avrebbe potuto, senza pregiudicare il funzionamento del mercato interno né l’interesse dello Stato membro richiedente, proseguire il procedimento, conformemente all’art. 95, n. 6, terzo comma, CE, al fine di sentire i ricorrenti.

35      In secondo luogo, nella presente fattispecie, la Commissione, contrariamente a quanto da essa fatto nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Danimarca/Commissione, non si sarebbe limitata a statuire sulla notifica, ma ha chiesto una perizia all’AESA, sulla quale si fonda la decisione impugnata. Quindi, la Commissione avrebbe dovuto sentire i ricorrenti in merito al parere dell’AESA prima di adottare la decisione impugnata. Se fosse stata loro data la possibilità, essi avrebbero potuto confutare tale parere, mettendo così la Commissione in grado di prendere una diversa decisione.

36      La Commissione contesta tali argomenti. Essa evidenzia che il Land Oberösterreich non può avvalersi del diritto di essere sentito, non essendo parte del procedimento di cui trattasi, il quale riguardava esclusivamente la Repubblica d’Austria. Essa sostiene inoltre che il principio del contraddittorio non è applicabile alla procedura di cui all’art. 95, n. 5, CE (sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 50).

 Giudizio del Tribunale

37      La Corte ha statuito che il principio del contraddittorio non si applica alla procedura di cui all’art. 95, n. 4, CE (sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 50). Occorre esaminare se, come sostengono i ricorrenti, la procedura prevista dall’art. 95, n. 5, CE risponda ad una regola diversa.

38      Al riguardo occorre ricordare che, nella citata sentenza Danimarca/Commissione, la Corte si è fondata sul fatto che la procedura prevista dall’art. 95, n. 4, CE non era avviata da un’istituzione comunitaria, bensì da uno Stato membro, e che pertanto la decisione dell’istituzione comunitaria veniva presa solo in risposta a tale iniziativa. Infatti, tale procedura è diretta all’approvazione di misure nazionali che derogano a una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario. Nella sua domanda tale Stato ha piena libertà di esprimersi sulla decisione di cui richiede l’adozione, come risulta espressamente dall’art. 95, n. 4, CE, che obbliga tale Stato a precisare i motivi del mantenimento in vigore delle norme nazionali di cui trattasi. A sua volta, la Commissione dev’essere in grado, nei termini ad essa impartiti, di ottenere le informazioni che si rivelano necessarie, senza essere costretta ad interpellare nuovamente lo Stato membro richiedente (sentenza Danimarca/Commissione, cit., punti 47 e 48).

39      Ai sensi della citata sentenza Danimarca/Commissione (punto 49), tali elementi sono confermati, da un lato, dall’art. 95, n. 6, secondo comma, CE, in base al quale le disposizioni nazionali derogatorie sono considerate approvate in mancanza di decisione della Commissione entro un certo termine. D’altro lato, in forza del terzo comma dello stesso art. 95, n. 6, il prolungamento di tale termine è possibile solo in caso di pericolo per la salute umana. La Corte ne ha dedotto che l’intenzione degli autori del Trattato, sia nell’interesse dello Stato membro richiedente sia nell’interesse del buon funzionamento del mercato interno, era che la procedura prevista dall’art. 95, n. 4, CE fosse conclusa rapidamente. La Corte ha giudicato che tale obiettivo sarebbe difficilmente conciliabile con un’esigenza che imponga scambi prolungati di informazioni e di argomenti (sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 49).

40      A parere del Tribunale, tale ragionamento è applicabile alla procedura di cui all’art. 95, n. 5, CE. Infatti, come quella prevista dell’art. 95, n. 4, CE, tale procedura è avviata su domanda di uno Stato membro che intende fare approvare misure nazionali che derogano a una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario. In entrambi i casi, la procedura è avviata dallo Stato membro notificante, che ha piena libertà di esprimersi sulla decisione di cui richiede l’adozione. Le due procedure devono, allo stesso modo, essere concluse rapidamente, nell’interesse sia dello Stato membro richiedente sia del buon funzionamento del mercato interno.

41      Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il fatto che la procedura di cui all’art. 95, n. 5, CE riguardi misure nazionali ancora allo stadio di progetto non consente di differenziarla dalla procedura prevista dal n. 4 dello stesso articolo al punto di considerare ad essa applicabile il principio del contraddittorio. Al riguardo, i ricorrenti non possono validamente sostenere che le esigenze imperative di celerità sarebbero minori nel caso di esame di una misura nazionale non ancora entrata in vigore, dimodoché la Commissione possa agevolmente prorogare il termine di sei mesi previsto dall’art. 95, n. 6, CE al fine di procedere ad un contraddittorio.

42      Innanzi tutto, tale argomento contrasta con la lettera dell’art. 95, n. 6, CE. Da un lato, questo si applica indistintamente alle domande di deroga relative a misure nazionali vigenti, previste dall’art. 95, n. 4, CE, e alle domande relative a misure allo stadio di progetto, alle quali si applica l’art. 95, n. 5, CE. Dall’altro, la facoltà di prorogare il termine semestrale per la decisione previsto al terzo comma di tale disposizione può essere esercitata dalla Commissione solo se richiesto dalla complessità della questione sottoposta e in assenza di pericolo per la salute umana. Risulta quindi che l’art. 95, n. 6, terzo comma, CE non consente alla Commissione di prorogare il termine semestrale per la decisione al solo scopo di poter sentire lo Stato membro che l’ha investita di una domanda di deroga ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE.

43      In secondo luogo, l’argomento dei ricorrenti non è conforme alla ratio dell’art. 95, n. 5, CE. La circostanza che tale disposizione riguardi una misura nazionale non ancora in vigore non diminuisce l’interesse a che la Commissione statuisca rapidamente sulla domanda di deroga di cui è stata investita. Infatti, la rapida conclusione di tale procedimento è stata voluta dagli autori del Trattato al fine di tutelare l’interesse dello Stato membro richiedente all’individuazione delle norme ad esso applicabili nonché nell’interesse del buon funzionamento del mercato interno.

44      Relativamente a quest’ultimo punto, occorre sottolineare che, per evitare di pregiudicare il carattere vincolante e l’applicazione uniforme del diritto comunitario, le procedure di cui all’art. 95, nn. 4 e 5, CE sono entrambe intese a garantire che nessuno Stato membro applichi una normativa nazionale che deroga alle regole armonizzate senza avere ottenuto la previa autorizzazione della Commissione. Orbene, da tale punto di vista, il regime applicabile alle misure nazionali notificate ai sensi dell’art. 95, n. 4, CE non si differenzia significativamente da quello applicabile alle misure nazionali ancora allo stadio di progetto e notificate ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE. In entrambe le procedure, infatti, le misure in questione sono inapplicabili fintantoché la Commissione non ha adottato la sua decisione relativamente alla concessione di una deroga. Nell’ambito dell’art. 95, n. 5, CE, tale situazione deriva dalla natura stessa delle misure di cui trattasi, ancora allo stadio di progetto. Per quanto riguarda l’art. 95, n. 4, CE, tale situazione deriva dall’oggetto della procedura da esso prevista. Infatti, la Corte ha ricordato che le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri finalizzate all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno verrebbero rese inoperanti se gli Stati membri conservassero la facoltà di applicare unilateralmente una disciplina nazionale derogatoria. Pertanto, uno Stato membro è autorizzato ad applicare le disposizioni nazionali notificate ai sensi dell’art. 95, n. 4, CE solo dopo aver ottenuto una decisione di approvazione da parte della Commissione (v., per analogia con la procedura di cui all’art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, sentenze della Corte 17 maggio 1994, causa C‑41/93, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑1829, punti 29 e 30, e 1º giugno 1999, causa C‑319/97, Kortas, Racc. pag. I‑3143, punto 28).

45      Infine, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui le circostanze della presente causa si differenzierebbero da quelle che hanno dato luogo alla citata sentenza Danimarca/Commissione, nella parte in cui la Commissione non si è limitata a statuire sulla base delle informazioni trasmesse dalla Repubblica d’Austria, ma ha chiesto all’AESA di produrre una perizia, sulla quale si fonda la decisione impugnata, occorre respingerlo. Infatti, essendo il principio del contraddittorio inapplicabile alla procedura in questione, tale argomento è ininfluente.

46      Peraltro, occorre sottolineare che l’inapplicabilità del principio del contraddittorio non significa che la Commissione sia tenuta a statuire sulla base dei soli elementi prodotti a sostegno della domanda di deroga. Al contrario, dalla citata sentenza Danimarca/Commissione (punto 48) emerge che la Commissione dev’essere in grado, nei termini ad essa impartiti, di ottenere le informazioni che si rivelano necessarie, senza essere costretta ad interpellare nuovamente lo Stato membro richiedente.

47      Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto come ininfluente, senza che occorra pronunciarsi sul punto specifico se il Land Oberösterreich, anche se terzo nel procedimento amministrativo, potesse far valere la violazione del principio del contraddittorio.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

48      Secondo i ricorrenti, la decisione impugnata non soddisfa i requisiti di cui all’art. 253 CE. La decisione impugnata ometterebbe di pronunciarsi sulla durata della misura notificata, limitata a tre anni. Tale questione sarebbe però cruciale per la valutazione della proporzionalità di tale misura. Infatti, il rinnovo delle autorizzazioni concesse sulla base della direttiva 90/220 dovrebbe avvenire alla luce dei criteri più restrittivi di cui alla direttiva 2001/18, e ciò prima del 17 ottobre 2006. I ricorrenti dichiarano che la durata di validità della misura notificata era limitata a tre anni al fine di farla coincidere con tale termine e per evitare che, prima della scadenza della moratoria decisa dal Consiglio nel 1999, OGM non conformi alle esigenze di protezione dell’ambiente di cui alla direttiva 2001/18 fossero impiegati nel territorio del Land Oberösterreich. La Commissione avrebbe dovuto rispondere agli argomenti di cui alla notifica secondo i quali il livello di protezione ambientale garantito dalla direttiva 2001/18 era insufficiente.

49      La Commissione nega di aver violato l’art. 253 CE. Essa ritiene che non fosse necessario pronunciarsi in modo particolareggiato sulla durata limitata della misura notificata, essendo tale circostanza irrilevante alla luce dei presupposti di cui all’art. 95, n. 5, CE.

 Giudizio del Tribunale

50      Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in causa e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice comunitario di esercitare il suo controllo (sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e 29 aprile 2004, causa C‑159/01, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑4461, punto 65).

51      Il problema di stabilire se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE dev’essere risolto alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punti 15 e 16, e 19 settembre 2002, causa C‑114/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7657, punti 62 e 63).

52      Anche se la Commissione deve motivare le proprie decisioni menzionando gli elementi di fatto e di diritto dai quali dipende la giustificazione giuridica del provvedimento e le considerazioni che l’hanno indotta ad adottare la propria decisione, non è prescritto che essa discuta tutti i punti di fatto e di diritto sollevati durante il procedimento amministrativo (sentenza del Tribunale 27 novembre 1997, causa T‑290/94, Kaysersberg/Commissione, Racc. pag. II‑2137, punto 150).

53      Per rispettare l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE, una decisione adottata dalla Commissione sulla base dell’art. 95, n. 5, CE deve contenere un’indicazione sufficiente e pertinente degli elementi presi in considerazione per determinare se sussistano i presupposti prescritti da tale articolo ai fini della concessione di una deroga.

54      L’art. 95, n. 5, CE richiede che l’introduzione di disposizioni nazionali che derogano a una misura di armonizzazione sia basata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, a causa di un problema specifico al detto Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione, e che le disposizioni previste nonché i motivi della loro adozione siano notificati alla Commissione. Trattandosi chiaramente di condizioni cumulative, esse devono essere tutte soddisfatte a pena di rigetto, da parte della Commissione, della domanda di deroga (sentenza della Corte 21 gennaio 2003, causa C-512/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I-845, punti 80 e 81).

55      Nella fattispecie è giocoforza constatare che la Commissione ha sviluppato la sua argomentazione in maniera particolareggiata e circostanziata, permettendo al destinatario della decisione impugnata di prendere conoscenza della sua motivazione di fatto e di diritto e al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità.

56      Infatti, la Commissione si è fondata su tre elementi principali per respingere la domanda della Repubblica d’Austria. Innanzi tutto, essa ha dichiarato che tale Stato membro non aveva dimostrato che la misura notificata era giustificata alla luce di nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente (‘considerando’ 63-68 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha ritenuto che la misura notificata non fosse giustificata da un problema specifico alla Repubblica d’Austria (‘considerando’ 70 e 71 della decisione impugnata). Infine, la Commissione ha respinto le argomentazioni delle autorità austriache dirette a giustificare le misure nazionali tramite il ricorso al principio di precauzione, ritenendole troppo generiche e prive di consistenza (‘considerando’ 72 e 73 della decisione impugnata).

57      Per quanto riguarda la questione se la Commissione abbia violato l’art. 253 CE omettendo di pronunciarsi sugli argomenti addotti dalla Repubblica d’Austria con cui questa ha sostenuto, in sostanza, che la misura notificata era giustificata da un insufficiente livello di protezione dell’ambiente fino alla scadenza del termine fissato dall’art. 17, n. 1, lett. b), della direttiva 2001/18 per il rinnovo delle autorizzazioni all’immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti, concesse a norma della direttiva 90/220 prima del 17 ottobre 2002, occorre dichiarare che la decisione impugnata non prende espressamente posizione su tale punto. Tuttavia, tale lacuna non è imputabile ad una carenza di motivazione, ma alla natura del ragionamento seguito dalla Commissione per esporre i motivi di fatto e di diritto che giustificano la decisione impugnata. La Commissione, avendo esposto le ragioni per le quali essa riteneva che la notifica non soddisfacesse i requisiti prescritti dall’art. 95, n. 5, CE, relativi all’esistenza di nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente e di un problema specifico al detto Stato membro, non era tenuta a rispondere agli argomenti addotti dalla Repubblica d’Austria relativamente al livello di protezione dell’ambiente garantito dalla direttiva 2001/18 fino al 17 ottobre 2006.

58      Pertanto, tale motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’art. 95, n. 5, CE

 Argomenti delle parti

59      I ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto accogliere la domanda della Repubblica d’Austria, essendo soddisfatti i requisiti di cui all’art. 95, n. 5, CE. Essi sostengono che la misura notificata era diretta alla protezione dell’ambiente, era fondata su nuove prove scientifiche, era giustificata da un problema specifico all’Austria ed era conforme al principio di proporzionalità.

60      La Commissione contesta tali argomenti.

 Giudizio del Tribunale

61      L’art. 95 CE, che, in forza del Trattato di Amsterdam, sostituisce e modifica l’art. 100 A del Trattato CE, opera una distinzione a seconda che le disposizioni notificate siano norme nazionali preesistenti all’armonizzazione o norme nazionali che lo Stato membro interessato intenda introdurre. Nel primo caso, previsto dall’art. 95, n. 4, CE, il mantenimento delle disposizioni nazionali preesistenti dev’essere giustificato da esigenze importanti di cui all’art. 30 CE o relative alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro. Nel secondo caso, previsto all’art. 95, n. 5, CE, l’introduzione di nuove disposizioni nazionali dev’essere fondata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico al detto Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione.

62      La differenza tra i due casi previsti all’art. 95 CE è che, nel primo, norme nazionali preesistevano alla misura di armonizzazione. Queste erano dunque note al legislatore comunitario che non ha potuto o non ha voluto ispirarvisi al fine dell’armonizzazione. Esso ha dunque ritenuto accettabile che lo Stato membro possa chiedere che le proprie norme restino in vigore. A tal fine il Trattato CE esige che simili misure siano giustificate da esigenze importanti contemplate dall’art. 30 CE ovvero relative alla protezione dell’ambiente di lavoro o dell’ambiente in generale. Al contrario, nel secondo caso, l’adozione di una normativa nazionale nuova rischia di mettere maggiormente in pericolo l’armonizzazione. Le istituzioni comunitarie, ovviamente, non hanno potuto tenere conto del testo nazionale nel momento dell’elaborazione della misura di armonizzazione. In questo caso le esigenze di cui all’art. 30 CE non sono prese in considerazione e sono ammesse solamente ragioni relative alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, a condizione che lo Stato membro apporti nuove prove scientifiche e che la necessità d’introdurre norme nazionali nuove risulti da un problema specifico allo Stato interessato, successivo all’adozione della misura di armonizzazione (citate sentenze Germania/Commissione, punti 40 e 41, e Danimarca/Commissione, punti 56-58).

63      Spetta allo Stato membro che invochi l’art. 95, n. 5, CE provare che i presupposti per l’applicazione di tale disposizione sono soddisfatti (conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Germania/Commissione, cit., Racc. pag. I‑847, paragrafo 71; v. anche, per analogia con l’art. 95, n. 4, CE, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 84).

64      Ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE, nella fattispecie spettava alla Repubblica d’Austria provare, sulla base di nuove prove scientifiche, che il livello di protezione dell’ambiente garantito dalla direttiva 2001/18 non era accettabile, tenuto conto di un problema specifico a tale Stato membro e insorto dopo l’adozione della direttiva 2001/18. Occorre quindi esaminare, innanzi tutto, se la Commissione abbia erroneamente ritenuto che la Repubblica d’Austria non fosse pervenuta a dimostrare l’esistenza di un problema specifico insorto dopo l’adozione della direttiva 2001/18.

65      Nella decisione impugnata, la Commissione ha respinto gli argomenti addotti dalla Repubblica d’Austria diretti a provare l’esistenza di un problema specifico, ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE, in quanto dalla notifica emergeva chiaramente che le piccole dimensioni delle aziende agricole, lungi dall’essere specifiche al Land Oberösterreich, erano una caratteristica comune, presente in tutti gli Stati membri. La Commissione ha anche fatto proprie le conclusioni dell’AESA, in particolare quelle secondo cui, da un lato, «le prove scientifiche presentate non contengono informazioni scientifiche nuove o di carattere specificamente locale riguardanti l’impatto sull’ambiente o sulla salute umana di colture o animali geneticamente modificati già esistenti o che potranno esistere in futuro», e, dall’altro, non sono state fornite «prove scientifiche che dimostrino che questa zona dell’Austria [presentasse] ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere un’apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per l’Austria nel suo insieme o per altre analoghe regioni europee» (‘considerando’ 70 e 71 della decisione impugnata).

66      È giocoforza constatare che i ricorrenti non hanno prodotto elementi probatori che consentano di dubitare della fondatezza di tali valutazioni relative all’esistenza di un problema specifico, ma si sono limitati a sottolineare le piccoli dimensioni delle aziende agricole e l’importanza dell’agricoltura biologica nel Land Oberösterreich.

67      In particolare, i ricorrenti non hanno addotto elementi diretti a confutare le conclusioni dell’AESA secondo le quali la Repubblica d’Austria non ha provato che il territorio del Land Oberösterreich contiene ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere un’apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per l’Austria nel suo insieme o per altre analoghe regioni europee. I ricorrenti, invitati in udienza a pronunciarsi sulla portata del problema posto dagli OGM nel territorio del Land Oberösterreich, non sono stati neppure in grado di affermare se la presenza di tali organismi fosse stata quanto meno rilevata. Il Land Oberösterreich ha precisato che l’adozione della misura notificata era dovuta al timore di dover subire la presenza di OGM a causa dell’annunciata scadenza di un accordo in forza del quale gli Stati membri si erano temporaneamente impegnati a non concedere più autorizzazioni relative a tali organismi. Tali considerazioni, a causa del loro carattere di ordine generale, non sono idonee a infirmare le valutazioni concrete figuranti nella decisione impugnata.

68      Conseguentemente, occorre respingere gli argomenti con i quali i ricorrenti hanno contestato le valutazioni formulate dalla Commissione relativamente al requisito dell’esistenza di un problema specifico allo Stato membro notificante.

69      Essendo le condizioni previste dall’art. 95, n. 5, CE cumulative, basta che una sola di esse non sia soddisfatta perché la domanda di deroga sia respinta (sentenza Germania/Commissione, cit., punto 81). Poiché i ricorrenti non sono riusciti a provare la sussistenza di uno dei presupposti prescritti dall’art. 95, n. 5, CE, si deve respingere il terzo motivo, senza che occorra statuire sulle altre censure e sugli ulteriori argomenti.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione del principio di precauzione

70      I ricorrenti rimproverano alla Commissione di avere ignorato che la misura notificata era una misura di azione preventiva ai sensi dell’art. 174, n. 2, CE, giustificata dal principio di precauzione. La Commissione contesta tale argomento.

71      Il Tribunale dichiara tale motivo ininfluente. Infatti, la Commissione era investita di una domanda ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE. Essa ha deciso che i requisiti richiesti per l’applicazione di tale articolo non erano soddisfatti. Al termine dell’esame del terzo motivo, il Tribunale ha statuito che la decisione impugnata non era erronea. La Commissione poteva quindi, in ogni caso, solo respingere la domanda di cui era stata investita.

72      Pertanto, il quarto motivo dev’essere respinto.

73      Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere integralmente respinti.

 Sulle spese

74      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

75      Nella fattispecie, i ricorrenti, poiché sono rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese sostenute dalla Commissione, che ne ha fatto domanda.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      I ricorrenti sono condannati alle spese.

Legal

Lindh

Vadapalas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 ottobre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      H. Legal


* Lingua processuale: il tedesco.