Language of document : ECLI:EU:C:2004:255

Arrêt de la Cour

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
29 aprile 2004 (1)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Mercato dello zucchero – Art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) – Intesa – Impatto sul commercio tra Stati membri – Ammenda – Proporzionalità»

Nel procedimento C-359/01 P,

British Sugar plc, con sede in Peterborough (Regno Unito), rappresentata dai sigg. T. Sharpe, QC, e D. Jowell, barrister, nonché dal sig. A. Nourry, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

avente ad oggetto un ricorso diretto all'annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Quarta Sezione) il 12 luglio 2001 nelle cause riunite T-202/98, T-204/98 e T-207/98, Tate & Lyle e a./Commissione (Racc. pag. II-2035),

procedimento in cui le altre parti sono:

Tate & Lyle plc, con sede in Londra (Regno Unito),

Napier Brown & Co. Ltd, con sede in Londra (Regno Unito),

ricorrenti in primo grado,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. K. Wiedner, in qualità di agente, assistito dal sig. N. Khan, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,



LA CORTE (Quinta Sezione),



composta dai sigg. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, C.W.A. Timmermans e S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 10 luglio 2003, nel corso della quale la British Sugar plc è stata rappresentata dal sig. T. Sharpe e dalla sig.ra K. Fisher, solicitor, e la Commissione dai sigg. K. Wiedner e N. Khan,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 21 ottobre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 21 settembre 2001 la British Sugar plc (in prosieguo: la «British Sugar») ha presentato, ai sensi dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, un ricorso contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il 12 luglio 2001 nelle cause riunite T‑202/98, T-204/98 e T-207/98, Tate & Lyle e a./Commissione (Racc. pag. II‑2035; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 14 ottobre 1998, 1999/210/CE, relativa ad una procedura a norma dell’art. 85 del Trattato CE (IV/F-3/33.708 – British Sugar Plc, IV/F-3/33.709 – Tate & Lyle Plc, IV/F-3/33.710 – Napier Brown & Company Ltd, IV/F-3/33.711 – James Budgett Sugars Ltd) (GU 1999, L 76, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).


Contesto normativo

2
Al punto 1, intitolato «Importo di base», dei suoi orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), la Commissione delle Comunità europee indica:

«(…)

A. Gravità

Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

(…)».


Fatti all’origine della controversia

3
Nella sentenza impugnata il regime comunitario del mercato dello zucchero e la situazione di tale mercato in Gran Bretagna nonché gli altri fatti pertinenti all’origine della controversia sono descritti come segue:

«1
Il regime comunitario del mercato dello zucchero è destinato a sostenere e a tutelare la produzione dello zucchero all’interno della Comunità. Esso prevede un prezzo minimo, al quale il produttore potrà sempre vendere il proprio zucchero alle autorità pubbliche, ed un prezzo soglia, al quale può essere importato da paesi terzi lo zucchero non soggetto a contingentamenti.

2
Il sostegno alla produzione comunitaria mediante prezzi garantiti è tuttavia limitato alle quote nazionali di produzione (quote A e B) assegnate dal Consiglio a ciascuno Stato membro, che le ripartisce poi tra i suoi produttori. Lo zucchero che rientra nella quota B è soggetto ad un prelievo alla produzione maggiore rispetto a quello previsto per la quota A. Lo zucchero prodotto in eccedenza delle quote A e B è chiamato “zucchero C” e non può essere venduto all’interno della Comunità europea, [salvo essere] immagazzinato per dodici mesi. Le esportazioni extracomunitarie beneficiano di restituzioni all’esportazione, ad eccezione dello zucchero C. Il fatto che la vendita con restituzione è, di regola, più vantaggiosa di quella effettuata nell’ambito del sistema di intervento consente di smerciare le eccedenze comunitarie verso l’esterno della Comunità.

3
La British Sugar è l’unico trasformatore britannico che produce zucchero a partire dalle barbabietole e si è vista attribuire l’intera quota di barbabietole britanniche, pari a 1 144 000 tonnellate. La Tate & Lyle acquista zucchero di canna nei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), per poi trasformarlo.

4
Il mercato dello zucchero in Gran Bretagna è di natura oligopolistica. A causa del regime dello zucchero nella Comunità, la Tate & Lyle soffre tuttavia uno svantaggio strutturale nei confronti della British Sugar, ed è pacifico che quest’ultima domina il mercato in Gran Bretagna. La British Sugar e la Tate & Lyle producono, insieme, una quantità di zucchero pari quasi alla domanda totale di zucchero in Gran Bretagna.

5
Un elemento supplementare che incide sulla concorrenza nel mercato dello zucchero in Gran Bretagna è l’esistenza di distributori di zucchero. Tali distributori esercitano la loro attività tanto in conto proprio, vale a dire acquistando lo zucchero all’ingrosso presso la British Sugar, la Tate & Lyle o altri importatori per poi rivenderlo, quanto per conto di terzi, cioè assumendosi la responsabilità della trasmissione degli ordini, della fatturazione ai clienti in nome del committente e della riscossione dei crediti. Nel caso di negozio concluso per conto di terzi le trattative in materia di prezzi e di condizioni di consegna dello zucchero si svolgono direttamente tra la British Sugar o la Tate & Lyle e il cliente finale, sebbene i distributori siano quasi sempre al corrente dei prezzi convenuti.

(…)

6
Tra il 1984 e il 1986 la British Sugar ha messo in pratica una guerra di prezzi che ha condotto a prezzi anormalmente bassi sul mercato dello zucchero industriale e dello zucchero al dettaglio. Nel 1986 la Napier Brown, distributore di zucchero, ha ripresentato la denuncia inizialmente depositata presso la Commissione nel 1980, lamentando il fatto che la British Sugar aveva sfruttato in modo abusivo la propria posizione dominante, in violazione dell’art. 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE).

7
L’8 luglio 1986 la Commissione ha inviato alla British Sugar una comunicazione delle censure, corredata da misure provvisorie dirette a far cessare la violazione dell’art. 86 del Trattato. Il 5 agosto 1986, la British Sugar ha proposto alla Commissione taluni impegni relativi alla sua condotta futura, accettati dalla Commissione con lettera 7 agosto 1986 (in prosieguo: gli “impegni”).

8
Il procedimento avviato a seguito della denuncia della Napier Brown si è concluso con la decisione della Commissione 18 luglio 1988, 88/518/CEE, relativa ad una procedura a norma dell’art. 86 del Trattato CEE (IV/30.178 –Napier Brown – British Sugar) (GU L 284, pag. 41), che constatava la violazione dell’art. 86 del Trattato da parte della British Sugar e le irrogava un’ammenda.

9
Intanto, il 20 giugno 1986, si è svolta una riunione fra i rappresentanti della British Sugar e quelli della Tate & Lyle nel corso della quale la British Sugar ha annunciato la fine della guerra dei prezzi sui mercati dello zucchero industriale e dello zucchero al dettaglio nel Regno Unito.

10
La detta riunione è stata seguita, precisamente fino al 13 giugno 1990, da 18 altre riunioni relative ai prezzi dello zucchero industriale, alle quali hanno partecipato altresì i rappresentanti della Napier Brown e della James Budgett Sugars, principali distributori di zucchero nel Regno Unito (in prosieguo: i “distributori”). Nel corso di tali riunioni, la British Sugar ha fornito a tutti i partecipanti informazioni relative ai suoi prezzi futuri. Durante una di tali riunioni, la British Sugar ha altresì distribuito agli altri partecipanti una tabella dei suoi prezzi per lo zucchero industriale in rapporto ai quantitativi di acquisto.

11
Inoltre, fino al 9 maggio 1990, la Tate & Lyle e la British Sugar si sono incontrate in otto occasioni per discutere i prezzi dello zucchero al dettaglio. La British Sugar ha consegnato i suoi prontuari alla Tate & Lyle in tre occasioni, una volta cinque giorni e una volta due giorni prima della loro messa in circolazione ufficiale.

12
Il 4 maggio 1992, in seguito a due lettere inviate dalla Tate & Lyle all’Office of Fair Trading inglese, recanti le date del 16 luglio e del 29 agosto 1990, copia delle quali è stata inviata dalla Tate & Lyle alla Commissione, quest’ultima ha avviato un procedimento nei confronti della British Sugar, della Tate & Lyle, della Napier Brown, della James Budgett Sugars e di taluni altri produttori di zucchero dell’Europa continentale ed ha inviato loro, il 12 giugno 1992, una comunicazione delle censure riguardanti una violazione degli artt. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) e 86 del Trattato.

13
Il 18 agosto 1995 la Commissione ha inviato alla British Sugar, alla Tate & Lyle, alla James Budgett Sugars ed alla Napier Brown una seconda comunicazione delle censure, il cui contenuto era più circoscritto rispetto a quello della comunicazione delle censure del 12 giugno 1992, in quanto riguardava soltanto la violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato.

14
Il 14 ottobre 1998 la Commissione ha adottato la decisione [controversa]. In tale decisione, inviata alla British Sugar, alla Tate & Lyle, alla James Budgett Sugars ed alla Napier Brown, la Commissione constata la violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato da parte di quest[e] ultim[e] e stabilisce, all’art. 3, un’ammenda pari a ECU 39,6 milioni nei confronti della British Sugar, e a ECU 7 milioni nei confronti della Tate & Lyle per la violazione dell’art. 85, n. 1, [del Trattato] sui mercati dello zucchero industriale e dello zucchero al dettaglio, nonché un’ammenda pari a ECU 1,8 milioni nei confronti della Napier Brown per la violazione dell’art. 85, n. 1, [del Trattato] sul mercato dello zucchero industriale».


Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

4
La Tate & Lyle plc (in prosieguo: la «Tate & Lyle»), la British Sugar e la Napier Brown & Co. Ltd (in prosieguo: la «Napier Brown») presentavano ricorsi dinanzi al Tribunale, rispettivamente il 18 dicembre 1998, (causa T-202/98), il 21 dicembre 1998 (causa T-204/98) e il 23 dicembre 1998 (causa T-207/98), diretti all’annullamento della decisione controversa. Con ordinanza 20 luglio 2000 il Tribunale decideva di riunire le tre cause ai fini della trattazione orale e della sentenza.

5
Con la sentenza impugnata il Tribunale accoglieva il primo motivo dedotto dalla Tate & Lyle nella causa T-202/98, riducendo l’importo dell’ammenda a EUR 5,6 milioni.

6
Al contrario, il Tribunale respingeva i differenti motivi fatti valere dalla British Sugar e dalla Napier Brown nelle cause T-204/98 e T-207/98. Quelli da esse presentati a sostegno della domanda in via principale di annullamento della decisione controversa vertevano, il primo, su errori manifesti di fatto e di diritto nella determinazione di cosa rappresenti un accordo o una pratica concordata, il secondo, sulla mancanza di effetto anticoncorrenziale delle riunioni controverse e, il terzo, su un’errata valutazione dell’impatto delle dette riunioni sul commercio tra Stati membri. I motivi dedotti a sostegno della domanda in via subordinata di annullamento relativa all’importo dell’ammenda vertevano, invece, il primo, sulla proporzionalità delle ammende e sulla presa in considerazione della struttura del mercato, il secondo, sull’asserita violazione del principio di parità di trattamento, il terzo, sull’asserita mancanza di dolo nei comportamenti contestati, il quarto, sulla presa in considerazione dell’effetto dissuasivo delle ammende, il quinto, sulla cooperazione nel procedimento amministrativo e, il sesto, sul danno asseritamene derivato dal ritardo con cui la Commissione aveva adottato la decisione.

7
A sostegno del ricorso d’impugnazione la British Sugar invoca due motivi, attinenti, l’uno, a un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nel valutare l’impatto delle riunioni controverse sul commercio tra Stati membri e, l’altro, a un’errata valutazione da parte del Tribunale della proporzionalità delle ammende e alla presa in considerazione della struttura del mercato.

8
Quanto al primo motivo del ricorso d’impugnazione, concernente le valutazioni del Tribunale in merito al terzo motivo della domanda in via principale di cui era investito, la sentenza impugnata così disponeva:

«78
Secondo una costante giurisprudenza, un accordo tra imprese, o una pratica concordata, per poter pregiudicare il commercio tra Stati membri, deve consentire di prevedere con sufficiente grado di probabilità, in base ad un insieme di elementi oggettivi di fatto o di diritto, che esso sia atto ad incidere direttamente o indirettamente, effettivamente o potenzialmente, sui flussi commerciali fra Stati membri, in modo da poter nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico fra Stati membri (sentenze della Corte 9 luglio 1969, causa 5/69, Völk, Racc. pag. 295, punto 5; 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Lande[w]yck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 171, e 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a Cタム129/85, Ahlström Osakeytihö, Racc. pag. I-1307, punto 143; sentenze del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II-1739, punto 175, e 8 ottobre 1996, cause riunite da T-24/93 a T-26/93 e T-28/93, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. II-1201, punto 201). Così, non è necessario che il comportamento censurato abbia effettivamente pregiudicato il commercio tra Stati membri in misura rilevante; è sufficiente dimostrare che tale comportamento è atto a produrre questo effetto (sentenza del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T-29/92, SPO e a./Commissione, Racc. pag. II-289, punto 235).

79
Inoltre, la circostanza che un accordo abbia per oggetto soltanto la distribuzione dei prodotti in un unico Stato membro non è sufficiente ad escludere che il commercio tra Stati membri possa essere pregiudicato. Qualora si tratti di un mercato permeabile alle importazioni, le imprese aderenti ad un accordo nazionale in materia di prezzi possono conservare la loro quota di mercato soltanto se si tutelano contro la concorrenza straniera (sentenza della Corte 11 luglio 1989, causa 246/86, Belasco e a./Commissione, Racc. pag. 2117, punti 33 e 34).

80
Nel caso di specie, non è contestato che il mercato dello zucchero in Gran Bretagna sia permeabile alle importazioni, nonostante la regolamentazione comunitaria del mercato dello zucchero e i costi del trasporto contribuiscano a renderle più difficili.

81
D’altra parte, risulta dalla decisione impugnata e dall’insieme della pratica che una delle maggiori preoccupazioni della British Sugar e della Tate & Lyle consisteva nel limitare il livello delle importazioni, in quanto queste ultime non [avrebbero consentito] loro di smerciare la [propria] produzione all’interno del mercato nazionale (sedicesimo e diciassettesimo ‘considerando’ della decisione [controversa]). Infatti, da un lato, la stessa British Sugar ha sostenuto di aver coscientemente adottato, durante il periodo di riferimento, una politica dei prezzi diretta a impedire le importazioni, poiché la sua priorità era di vendere sul mercato in Gran Bretagna la totalità delle sue quote A e B (ricorso, punti 257 e 258). Dall’altro, risulta dal diciassettesimo ‘considerando’ della decisione [controversa] che la Tate & Lyle aveva attivamente applicato, durante il periodo di riferimento, una politica diretta a ridurre il rischio di un aumento del livello delle importazioni.

82
Non a torto, pertanto, la Commissione ha ritenuto che l’intesa di cui trattasi, che copriva la quasi totalità del territorio nazionale e che era stata realizzata da imprese rappresentanti circa il 90% del mercato rilevante, potesse incidere sul commercio tra gli Stati membri.

83
La British Sugar fa valere che l’effetto potenziale sui flussi di scambio tra Stati membri non era rilevante.

84
Al riguardo, la giurisprudenza ha stabilito che la Commissione non ha l’obbligo di dimostrare che la partecipazione della ricorrente ad un accordo o ad una pratica concordata ha un effetto rilevante sugli scambi fra Stati membri. Infatti, ciò che importa, ai fini dell’art. 85, n. 1, del Trattato, è solo che gli accordi e le pratiche concordate restrittivi della concorrenza possano pregiudicare il commercio fra Stati membri (sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 279).

85
Alla luce di quanto precede, la Commissione ha a ragione ritenuto che l’intesa contestata pote[sse] incidere sugli scambi intracomunitari.

86
Il terzo motivo deve, pertanto, essere respinto nel suo insieme».

9
Quanto al secondo motivo del ricorso d’impugnazione, concernente le sue valutazioni in merito al primo motivo della domanda in via subordinata di cui era investito, il Tribunale statuiva quanto segue:

«98
Ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 [del Consiglio 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204)], la Commissione può infliggere ammende da un minimo di 1 000 euro [a] un massimo di un milione di euro, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10% del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato alla violazione. Per determinare l’importo dell’ammenda all’interno di tali limiti, la detta disposizione prevede che debbano essere prese in considerazione la gravità e la durata della violazione.

99
Secondo una giurisprudenza costante, l’importo dell’ammenda dev’essere commisurato alle circostanze della violazione ed alla gravità dell’infrazione e la valutazione della gravità dell’infrazione per stabilire l’importo dell’ammenda deve essere effettuata tenendo conto, in particolare, della natura delle restrizioni provocate alla concorrenza (v. [segnatamente] sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punto 92).

100
Occorre inoltre rammentare che il potere della Commissione d’infliggere ammende alle imprese le quali, intenzionalmente o per negligenza, trasgrediscono l’art. 85, n. 1, o l’art. 86 del Trattato costituisce uno dei mezzi di cui dispone la Commissione per poter svolgere il compito di sorveglianza assegnatole dal diritto comunitario. Questo compito comprende indubbiamente quello di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 105).

101
Ne consegue che, per valutare la gravità di un’infrazione, onde determinare l’importo dell’ammenda, la Commissione deve tener conto non solo delle circostanze particolari della fattispecie, ma anche del contesto in cui si colloca l’infrazione e curare che la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 106).

102
Ora, per quanto riguarda la proporzionalità delle ammende inflitte, le ricorrenti nelle cause T-204/98 e T-207/98 fanno valere sostanzialmente che il carattere sproporzionato delle ammende sarebbe la conseguenza della qualificazione della violazione come “grave”. Infatti, la loro argomentazione può essere riassunta nel senso che, alla luce degli orientamenti, la loro intesa, sebbene di tipo orizzontale, dovrebbe essere qualificata come “poco grave” a causa della mancanza di sostanziali effetti anticoncorrenziali sul mercato.

103
Basti constatare, al riguardo, da un lato, che l’intesa contestata deve essere considerata orizzontale, in quanto i distributori vi partecipavano in qualità di concorrenti dei produttori e, dall’altro, che essa era relativa alla fissazione dei prezzi. Ora, una siffatta intesa è sempre stata considerata particolarmente nociva ed è qualificata “molto grave” negli orientamenti. Inoltre, come sottolinea la Commissione nei suoi scritti, la qualifica di “grave” dell’intesa di cui trattasi, a causa del suo limitato impatto sul mercato, rappresenta già una qualifica attenuata rispetto ai criteri generalmente applicati nella fissazione delle ammende nel caso di cartelli di prezzo che avrebbero dovuto condurla a qualificare l’intesa molto grave.

104
Per quanto riguarda la censura sollevata dalla British Sugar in merito alla proporzionalità della maggiorazione dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione, occorre ricordare che l’art. 15, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 17 dispone che: “Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata”. La durata della violazione costituisce quindi, ai sensi di tale disposizione, uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l’importo della sanzione pecuniaria da infliggere alle imprese che hanno commesso violazioni delle regole di concorrenza (sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 154). È quindi a ragione che la Commissione ha proceduto, nella fissazione delle ammende inflitte, alla valutazione della durata della violazione.

105
In tale valutazione, la Commissione ha constatato di essere in presenza di una violazione di media durata ed ha, di conseguenza, applicato una maggiorazione di circa il 40% dell’importo stabilito in funzione della gravità. Al riguardo, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della determinazione dell’importo di ciascuna ammenda, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità e non può esserle imposto l’obbligo di applicare, a tal fine, una precisa formula matematica (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59, e 14 maggio 1998, causa T-352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II-1989, punto 268, confermata dalla Corte dietro impugnazione con sentenza 16 novembre 2000, causa C-283/98 P, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. I-9855, punto 45).

106
Ciononostante, spetta al giudice comunitario verificare se l’importo dell’ammenda irrogata è proporzionato alla durata e agli altri fattori che possono entrare nella valutazione della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 127). Al riguardo, non può essere condivisa l’opinione della British Sugar secondo cui la Commissione potrebbe procedere ad una maggiorazione dell’ammenda in funzione della durata della violazione soltanto se, e nella misura in cui, esiste un rapporto diretto tra la durata e un danno maggiore eventualmente apportato agli obiettivi della Comunità sanciti dalle regole di concorrenza, rapporto che sarebbe escluso in mancanza di effetti della violazione sul mercato. Al contrario, si deve considerare che l’incidenza della durata della violazione sul calcolo dell’importo dell’ammenda deve essere valutata anche in funzione degli altri elementi che caratterizzano la violazione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, citata, punto 178). Occorre considerare che, nel caso di specie, la maggiorazione del 40% applicata dalla Commissione all’importo calcolato in funzione della gravità della violazione non ha un carattere sproporzionato.

107
L’argomento fatto valere dalla British Sugar, secondo cui la nozione di circostanze aggravanti presente negli orientamenti sarebbe contraria all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, è del tutto privo di fondamento.

108
In primo luogo, occorre analizzare le pertinenti disposizioni degli orientamenti. Il punto 1 A dispone che “[p]er valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante”. Il punto 2, intitolato “[C]ircostanze aggravanti”, riporta un elenco non tassativo di circostanze che possono condurre ad un aumento dell’importo di base calcolato in funzione della gravità e della durata della violazione, come la recidiva, il rifiuto di cooperazione, l’istigazione, l’applicazione di misure di ritorsione e la necessità di tener conto degli utili illeciti realizzati grazie all’infrazione.

109
Ora, risulta dalle disposizioni sopra citate che la valutazione della gravità della violazione viene svolta in due tappe. In una prima fase, la gravità viene valutata esclusivamente in funzione degli elementi propri alla violazione, come la sua natura e il suo impatto sul mercato, e, in una seconda fase, la valutazione della gravità è modulata sulla base delle circostanze proprie all’impresa interessata, ciò che, d’altra parte, conduce la Commissione a prendere in considerazione non soltanto eventuali circostanze aggravanti, bensì anche, se del caso, circostanze attenuanti (v. punto 3 degli orientamenti). Questa pratica, lungi dall’essere contraria alla lettera e alla ratio dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, consente, in particolare nell’ambito di violazioni nelle quali sono implicate diverse imprese, di tener conto, in sede di valutazione della gravità della violazione, del diverso ruolo svolto da ciascuna impresa e dell’attitudine avuta nei confronti della Commissione durante lo svolgersi del procedimento.

110
In secondo luogo, per quanto riguarda la proporzionalità della maggiorazione applicata all’ammenda inflitta alla British Sugar in funzione delle circostanze aggravanti, si deve constatare che, tenuto conto delle circostanze fatte valere dalla Commissione ai punti 207-209 della decisione [controversa], una maggiorazione del 75% non è da considerare sproporzionata.

(…)

112
Il motivo fatto valere dalla British Sugar e dalla Tate & Lyle, attinente al carattere asseritamente sproporzionato delle ammende, deve quindi essere respinto.

113
Per quanto riguarda la censura relativa alla mancata considerazione della struttura del mercato rilevante, occorre rilevare che la Corte, nella sentenza [16 dicembre 1975, cause riunite 40/73‑48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73,] Suiker Unie [e a./Commissione (Racc. pag. 1663, punti 615-619)], ha considerato che il contesto regolamentare ed economico nel mercato dello zucchero è di natura tale da giustificare un trattamento meno severo delle pratiche potenzialmente anticoncorrenziali. Ciononostante, la Commissione ha correttamente rilevato che le intese oggetto della sentenza Suiker Unie non riguardano un aumento di prezzo, bensì la ripartizione dei mercati secondo quote determinate. Inoltre, la stessa Corte ha sottolineato, nella sentenza Suiker Unie, che, in caso di intesa sui prezzi, le sue conclusioni sarebbero state diverse. Essa ha aggiunto, al riguardo, che “il danno che il comportamento in esame ha potuto causare agli utilizzatori o ai consumatori non è stato rilevante, visto che la stessa Commissione non ha fatto carico agl’interessati di aver determinato aumenti concertati o abusivi dei prezzi, e che gli ostacoli posti alla libera scelta del fornitore grazie alla ripartizione dei mercati, pur essendo criticabili, hanno effetti meno gravi allorché si tratti di un prodotto largamente omogeneo come lo zucchero” (punto 621). Poiché, nella fattispecie in esame, si tratta proprio di un’intesa sui prezzi, la Commissione si è correttamente allontanata dalle conclusioni raggiunte nella sentenza Suiker Unie.

114
Occorre quindi concludere nel senso che anche la censura relativa alla mancata presa in considerazione della struttura del mercato rilevante per le violazioni deve essere respinta.

115
Occorre pertanto respingere tale motivo nel suo insieme».


Ricorso d’impugnazione

10
La British Sugar chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la decisione controversa in toto o, in subordine, parzialmente;

in subordine ancora:

annullare gli artt. 3 e 4 della decisione impugnata o ridurre l’ammenda, e

condannare la Commissione alle spese sostenute dalla British Sugar per il presente ricorso e alle spese inerenti alla causa T-204/98, comprese quelle relative al procedimento sommario.

11
La Commissione chiede che la Corte voglia:

dichiarare il ricorso parzialmente irricevibile e per il resto respingerlo come infondato o, in subordine, respingerlo in toto come infondato, e

condannare la ricorrente alle spese sostenute dalla Commissione per il presente ricorso.


Sul ricorso d’impugnazione

Sul motivo vertente sull’impatto sul commercio tra Stati membri

Argomenti delle parti

12
La British Sugar afferma innanzi tutto che nessuno dei fatti o delle circostanze evocati dal Tribunale ai punti 80 e 81 della sentenza impugnata è sufficiente in diritto a comportare gli effetti giuridici da esso considerati.

13
Al riguardo sostiene che l’attuazione di un’intesa sull’intero territorio di uno Stato membro o su gran parte di esso non incide di per sé sul commercio interstatale (v. sentenza 21 gennaio 1999, cause riunite C-215/96 e C-216/96, Bagnasco e a., Racc. pag. I-135). Sarebbe infatti necessario dimostrare che l’intesa abbia avuto, o possa aver avuto, un tale effetto.

14
Orbene, i fatti citati dal Tribunale ai punti 80 e 81 della sentenza impugnata non proverebbero che l’intesa sia stata atta a ripercuotersi sul commercio tra Stati membri. Al più proverebbero che sono accaduti altri fatti o circostanze nel periodo interessato, indipendenti dall’intesa, che potrebbero aver dispiegato un tale effetto sul commercio interstatale.

15
Il primo fatto su cui si baserebbe il Tribunale, al punto 80 della sentenza impugnata, mostrerebbe unicamente che nel periodo in questione è stato importato zucchero in Gran Bretagna.

16
Con riguardo al secondo fatto, la British Sugar osserva che è vero che una delle maggiori preoccupazioni della Tate & Lyle e sua stessa consisteva nel limitare il livello delle importazioni in quanto queste ultime non avrebbero consentito loro di smerciare la propria produzione all’interno del mercato nazionale (punto 81 della sentenza impugnata). I motivi di ciascuna parte sarebbero stati, però, diversi.

17
Quanto al terzo fatto su cui si basa, alla seconda frase del punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale sembra aver ammesso, secondo la British Sugar, che la politica di prezzi di quest’ultima sia consistita nello stabilire i prezzi a un livello al quale le importazioni di zucchero nel Regno Unito non potevano risultare convenienti. Tale politica non avrebbe tuttavia niente a che vedere con l’accordo o con la pratica concordata.

18
Relativamente al quarto fatto su cui si basa il Tribunale, alla terza frase del punto 81 della sentenza impugnata, la British Sugar fa valere che la politica della Tate & Lyle sarebbe unilaterale e non avrebbe niente a che vedere con l’accordo o con la pratica concordata.

19
La British Sugar afferma poi che, ai punti 84 e 85 della sentenza impugnata, il Tribunale sembra respingere il suo argomento secondo il quale è necessario dimostrare che l’asserito effetto potenziale sui flussi commerciali sia rilevante. Ebbene, dalla giurisprudenza risulterebbe che, per rientrare nel divieto di cui all’art. 85 del Trattato, l’asserito effetto potenziale sui flussi commerciali dev’essere rilevante (v. sentenze 25 novembre 1971, causa 22/71, Béguelin, Racc. pag. 949; Bagnasco e a., cit., e del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T-375/94, T-384/94 e T-388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II-3141).

20
Infine, la British Sugar fa valere che la sentenza impugnata non fa alcuna distinzione tra lo zucchero industriale e lo zucchero al dettaglio, benché per l’uno e per l’altro valgano elementi ben diversi. A differenza dello zucchero industriale, non ci sarebbe stata, e non ci sarebbe, virtualmente nessuna vendita dello zucchero al dettaglio confezionato a causa degli elevati costi di consegna, delle lingue e delle differenze nazionali quanto al formato e al peso dei pacchetti.

21
La Commissione afferma innanzi tutto che un accordo va valutato nel suo contesto e che, pertanto, le questioni ad esso estranee ben possono essere pertinenti.

22
Sostiene poi che il diritto comunitario presume un’incidenza sugli scambi intracomunitari allorché un’intesa si estende all’intero territorio di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3851, punto 48).

23
In merito alle constatazioni dei fatti della sentenza impugnata, la Commissione ritiene che esse bastino a causare l’effetto giuridico derivato dal Tribunale, secondo il quale l’accordo in questione era suscettibile di pregiudicare gli scambi intracomunitari. Essa ricorda al riguardo che per la giurisprudenza il pregiudizio agli scambi intracomunitari deriva in generale dalla combinazione di più fattori che di per sé non sarebbero necessariamente determinanti (v. sentenza Bagnasco e a., cit., punto 47). La conclusione al punto 82 della sentenza impugnata poggerebbe su una valutazione dell’insieme dei fatti esposti ai punti 80 e 81 della stessa, sicché questi ultimi non andrebbero considerati isolatamente.

24
Per quanto riguarda la politica di fissazione dei prezzi della British Sugar, la Commissione osserva che non importa che la British Sugar abbia adottato unilateralmente una politica di prezzi destinata ad impedire occasioni redditizie per gli importatori, poiché essa aveva concluso un accordo con le altre partecipanti per circa il 90% dello zucchero immesso sul mercato britannico.

25
Relativamente all’argomento della British Sugar secondo cui l’effetto potenziale sugli scambi intracomunitari dev’essere rilevante, la Commissione considera che la British Sugar ha mal interpretato la sentenza impugnata. Infatti, al punto 78 di quest’ultima, il Tribunale avrebbe ricordato che la giurisprudenza non richiede che gli scambi intracomunitari siano stati realmente pregiudicati, bensì semplicemente che l’accordo sia stato atto a produrre un effetto rilevante. Ogni riferimento ad un impatto sugli scambi intracomunitari fatto nel prosieguo della sentenza impugnata dovrebbe essere interpretato secondo questo criterio.

26
Infine, quanto all’argomento della British Sugar vertente sulla distinzione tra zucchero industriale e zucchero al dettaglio, la Commissione rileva che, al suo ‘considerando’ 59, la decisione controversa definisce rilevante il mercato dello zucchero bianco cristallizzato e ammette la distinzione evocata dalla British Sugar solo a titolo di sottomercati.

Giudizio della Corte

27
Giustamente il Tribunale ha ricordato, al punto 78 della sentenza impugnata, che un accordo tra imprese, per poter pregiudicare il commercio tra Stati membri, deve consentire di prevedere con sufficiente grado di probabilità, in base ad un insieme di elementi oggettivi di diritto o di fatto, che esso sia atto ad incidere direttamente o indirettamente, effettivamente o potenzialmente, sui flussi commerciali fra Stati membri, in modo da poter nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico interstatale (v. sentenza 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione, Racc. pag. 2545, punto 22). Così, il pregiudizio agli scambi intracomunitari risulta, in generale, dalla combinazione di più fattori che di per sé non sarebbero necessariamente determinanti (v. sentenze 15 dicembre 1994, causa C-250/92, DLG, Racc. pag. I-5461, punto 54, e Bagnasco e a., cit., punto 47).

28
Inoltre, come il Tribunale ha ricordato al punto 79 della sentenza impugnata, la circostanza che un’intesa abbia per oggetto soltanto la distribuzione dei prodotti in un unico Stato membro non è sufficiente ad escludere che il commercio interstatale possa essere pregiudicato. Qualora si tratti di un mercato permeabile alle importazioni, le imprese aderenti ad un’intesa nazionale in materia di prezzi possono conservare la loro quota di mercato solo se si tutelano contro la concorrenza straniera (v., in particolare, sentenza Belasco e a./Commissione, cit., punti 33 e 34).

29
Orbene, risulta dal punto 80 della sentenza impugnata che è pacifico che il mercato dello zucchero in Gran Bretagna è permeabile alle importazioni. È pacifico anche che, durante le riunioni concernenti i prezzi dello zucchero industriale, la British Sugar forniva informazioni a tutte le partecipanti circa i suoi futuri prezzi e che essa e la Tate & Lyle si sono incontrate più volte per discutere dei prezzi dello zucchero al dettaglio. Inoltre, la British Sugar non contesta l’affermazione del Tribunale, al punto 53 della sentenza impugnata, secondo cui a ragione la Commissione ha considerato che tali riunioni avessero per oggetto la limitazione della concorrenza mediante il coordinamento delle politiche dei prezzi. Infine, la stessa British Sugar riconosceva, da un lato, di essere capofila per i prezzi e, dall’altro, di aver stabilito i propri prezzi, e dunque quelli del mercato, in riferimento al prezzo immediatamente al di sotto del quale più nessuna importazione sarebbe stata redditizia. Il fatto che la limitazione delle importazioni da altri Stati membri era una delle maggiori preoccupazioni della British Sugar e della Tate & Lyle emerge, come ha osservato il Tribunale al punto 81 della sentenza impugnata, dai ‘considerando’ 16 e 17 della decisione controversa.

30
Ciò considerato, il Tribunale non ha commesso nessun errore di diritto nel constatare, al punto 82 della sentenza impugnata, che non a torto la Commissione ha ritenuto che l’intesa di cui trattasi potesse incidere sul commercio tra Stati membri.

31
Quanto all’argomento della British Sugar secondo cui il Tribunale non ha considerato che la Commissione era tenuta a dimostrare che il potenziale effetto sugli scambi tra Stati membri fosse rilevante, esso si basa su una lettura errata della sentenza impugnata. Il Tribunale ha infatti osservato, al punto 78 di quest’ultima, che va dimostrato che il comportamento denunciato sia atto a pregiudicare il commercio tra Stati membri in misura rilevante. Al punto 84 della stessa sentenza il Tribunale non fa che ricordare la sua giurisprudenza per la quale la Commissione non ha l’obbligo di dimostrare che un’intesa abbia davvero un impatto rilevante sugli scambi fra Stati membri, bensì che sia idonea a produrre un tale effetto.

32
Infine, in merito all’argomento della British Sugar relativo al fatto che la sentenza impugnata non opera nessuna distinzione tra lo zucchero industriale e lo zucchero al dettaglio nell’esame degli effetti dell’intesa sul commercio tra gli Stati membri e che non è stata condotta, di conseguenza, un’analisi corretta degli effetti di quest’ultima sul mercato interstatale dello zucchero al dettaglio, si deve constatare, da un lato, che, come ha notato la Commissione, la decisione controversa, al suo ‘considerando’ 59, definisce rilevante il mercato dello zucchero bianco cristallizzato, ritenendo invece lo zucchero al dettaglio e quello industriale due sottomercati. Dall’altro lato, la Commissione ha valutato l’effetto dell’intesa sui flussi commerciali tra Stati membri anzitutto nel mercato dello zucchero bianco cristallizzato, ai ‘considerando’ 159-161 della decisione controversa, e poi nei due sottomercati, ai ‘considerando’ 163-168 della stessa decisione, dopo aver indicato al ‘considerando’ 162 che, per quanto riguardava lo zucchero industriale e quello al dettaglio, anche altri elementi di fatto permettevano di concludere che l’intesa poteva aver avuto un effetto rilevante sui detti flussi.

33
Siccome la British Sugar non ha invocato nel suo ricorso dinanzi al Tribunale nessun motivo vertente sull’irregolarità della definizione del mercato offerta dalla Commissione né, più in particolare, della sua analisi del sottomercato dello zucchero al dettaglio, è giocoforza constatare che il suddetto argomento contiene elementi nuovi, non presentati in tale forma nel procedimento di primo grado. Ai sensi dell’art. 113, n. 2, del regolamento di procedura, essi sono pertanto irricevibili nel presente ricorso d’impugnazione (v. sentenza 17 maggio 2001, causa C-450/98 P, IECC/Commissione, Racc. pag. I-3947, punto 36).

34
Il primo motivo è, dunque, in parte irricevibile e in parte infondato. Di conseguenza va completamente respinto.

Sul motivo vertente sulla proporzionalità dell’ammenda e sulla presa in considerazione della struttura del mercato

Argomenti delle parti

35
In limine la British Sugar ricorda che spetta al Tribunale verificare se l’importo dell’ammenda imposta sia proporzionato alla durata e alla gravità dell’infrazione (v. sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689) e, in particolare, valutare quest’ultima alla luce delle circostanze invocate da chi ricorre (v. sentenza 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. I-5951). Nella fattispecie, il Tribunale non avrebbe correttamente adempiuto a tale compito.

36
Al riguardo la British Sugar fa valere, nella prima parte del suo motivo, che il Tribunale non ha tenuto nel debito conto il fatto che l’intesa non avesse nessun impatto attuale sui prezzi, sulla concorrenza o sul commercio tra Stati membri. Ora, alla circostanza che gli effetti di un accordo siano limitati o, come nella fattispecie, inesistenti dovrebbe essere attribuita un’importanza maggiore nella valutazione della gravità di un’infrazione, come si evincerebbe dal primo e dal secondo comma del punto I, lett. A, degli orientamenti.

37
Una restrizione alla concorrenza, infatti, benché di tipo orizzontale, che non ha avuto un impatto attuale sulla concorrenza o sui prezzi, non ha inciso sul commercio tra Stati, non ha implicato la fissazione dei prezzi per i privati né la fissazione di un prezzo minimo e che era limitata a una parte del territorio di uno Stato membro dovrebbe essere considerata una violazione «poco grave» e non «grave».

38
In ogni caso, l’infrazione denunciata, se pure la si dovesse classificare tra le «infrazioni gravi», avrebbe dovuto essere posta al gradino più basso della scala. Orbene, in un ventaglio compreso tra 1 e 20 milioni di ECU, la Commissione avrebbe fissato a ECU 18 000 000 l’ammenda di base in funzione della gravità dell’infrazione.

39
Al riguardo sia la Commissione, fissando in tale misura l’ammenda di base nella decisione controversa, sia il Tribunale, confermando sul punto la stessa decisione, non avrebbero tenuto nel debito conto il fatto che l’infrazione denunciata non avrebbe avuto alcun impatto sulla concorrenza; essi avrebbero così violato il quarto e il sesto comma del punto I, lett. A, degli orientamenti.

40
La sproporzione dell’ammenda di base di ECU 18 000 000 risulterebbe con flagranza comparando la decisione controversa con altre decisioni della Commissione in cui le infrazioni sarebbero state classificate a loro volta tra quelle «gravi».

41
La British Sugar sostiene, inoltre, che, nel calcolare l’importo o la maggiorazione dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione, la Commissione e il Tribunale avrebbero dovuto considerare anche, in conformità al terzo comma del punto I, lett. B, degli orientamenti, la totale assenza di pregiudizi ai consumatori.

42
Infine, la British Sugar osserva come, mancando quasi tutti gli elementi considerati pertinenti nella decisione controversa, una maggiorazione del 75% dell’ammenda per circostanze aggravanti sia sproporzionata ed ingiusta.

43
Con la seconda parte del suo motivo la British Sugar deduce che il Tribunale non ha considerato in maniera adeguata la struttura del mercato rilevante. Asserisce che tale struttura spieghi perché l’infrazione di cui trattasi non abbia avuto, né potrebbe avere, un effetto sui prezzi, sulla concorrenza o sul commercio e invoca a sostegno di tale argomento la citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione (punti 615-619).

44
La British Sugar sostiene in proposito che l’interpretazione della citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione, offerta dal Tribunale al punto 113 della sentenza impugnata, è errata. La Corte non avrebbe indicato, infatti, che, in caso di intesa sui prezzi, sarebbe pervenuta a una conclusione differente. Essa avrebbe dichiarato, piuttosto, che le sue conclusioni sarebbero state diverse se l’intesa avesse arrecato un danno agli utilizzatori o ai consumatori per aver determinato «aumenti concertati o abusivi dei prezzi» (v. sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., punti 619-621). Ora, nella fattispecie, non sarebbe stato affermato né che l’accordo o la pratica concordata abbiano determinato un qualsivoglia aumento dei prezzi, né che gli utilizzatori o i consumatori abbiano subito un danno effettivo.

45
La Commissione fa valere che tale motivo è irricevibile perché equivale a richiedere alla Corte di sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale in merito all’importo dell’ammenda (v. sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punto 129) e, in ogni caso, perché presuppone che la Corte possa procedere a un riesame generale dell’ammenda per assicurarne la proporzionalità.

46
Quanto all’argomento della British Sugar attinente alla struttura del mercato rilevante, la Commissione ritiene che, come è indicato al punto 113 della sentenza impugnata, la posizione della British Sugar non possa essere paragonata a quella delle parti nel detto procedimento. Secondo la Commissione, la Corte ha indicato chiaramente che sarebbe stata di diverso avviso sulla questione in esame se l’accordo fosse stato un’intesa sui prezzi. Ebbene, nella fattispecie l’accordo verterebbe «sull’aumento del livello dei prezzi dello zucchero bianco cristallizzato in Gran Bretagna e sull’astensione da ogni tentativo di acquisire [le] quote di mercato mediante l’abbassamento dei prezzi».

Giudizio della Corte

47
Si deve ricordare che solo il Tribunale è competente a controllare il modo in cui la Commissione ha valutato caso per caso la gravità dei comportamenti illeciti. Nell’ambito di un ricorso d’impugnazione il controllo della Corte è volto, in primo luogo, a verificare se il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 85 del Trattato e 15 del regolamento n. 17 e, in secondo luogo, ad accertare se il Tribunale abbia risolto esaurientemente le questioni poste dal complesso degli argomenti invocati dalla ricorrente e diretti alla revoca o alla riduzione dell’ammenda (v., in particolare, sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 128).

48
In merito al carattere asseritamente sproporzionato dell’ammenda, si deve osservare che non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso d’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, sull’ammontare delle ammende inflitte ad imprese a seguito della violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario (sentenze 17 luglio 1997, causa C‑219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punto 31, e Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 129).

49
Ne consegue che tale motivo, avendo ad oggetto un riesame generale delle ammende, dev’essere dichiarato irricevibile (v. sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 129).

50
Per il resto, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, la British Sugar non ha per nulla dimostrato che il Tribunale non abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità del comportamento censurato alla luce degli artt. 85 del Trattato e 15 del regolamento n. 17. Al riguardo è sufficiente osservare che, al punto 103 della sentenza impugnata, il Tribunale, dopo aver affermato che l’intesa contestata doveva essere considerata orizzontale e relativa alla fissazione dei prezzi, ha precisato che una siffatta intesa è sempre stata ritenuta particolarmente nociva ed è qualificata «molto grave» negli orientamenti.

51
La British Sugar non ha neppure addotto che il Tribunale non abbia risposto esaurientemente ai suoi complessivi argomenti diretti alla revoca o alla riduzione dell’ammenda. In ogni caso, occorre rilevare in particolare che nella sentenza impugnata il Tribunale ha risposto, ai punti 101-103, all’argomento attinente al carattere asseritamene poco grave dell’intesa, ai punti 104-106, all’argomento attinente alla durata dell’infrazione, ai punti 107-110, all’argomento attinente alle circostanze aggravanti e, al punto 113, all’argomento attinente alla struttura del mercato rilevante.

52
Infine, si deve osservare che, contrariamente a quanto pretende la British Sugar, il Tribunale, al punto 113 della sentenza impugnata, ha interpretato in modo corretto i punti 619-621 della citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione, constatando che la Corte medesima ha affermato che, in caso di intesa sui prezzi, le sue conclusioni sarebbero state diverse.

53
Ne discende che anche tale motivo dev’essere respinto, in parte come irricevibile e in parte come infondato.

54
Poiché la ricorrente è rimasta integralmente soccombente, il ricorso d’impugnazione dev’essere respinto per intero.


Sulle spese

55
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al ricorso d’impugnazione a norma dell’art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.


Per questi motivi

LA CORTE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La British Sugar plc sopporterà le spese.

Jann

Timmermans

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: l'inglese.