SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
7 novembre 1997(1)
[234s«Agricoltura Pesca Acquicoltura e sistemazione delle zone marittime
protette Contributo finanziario comunitario Dichiarazione di inammissibilità
di talune spese Ricorso d'annullamento Ricorso per risarcimento»[s
Nella causa T-218/95,
Azienda Agricola «Le Canne» S.r.l., società di diritto italiano, con sede in Porto
Viro, con gli avv.ti Giulio Schiller, Giuseppe Carraro, Francesca Mazzonetto, del
foro di Padova, e Guy Arendt, del foro di Lussemburgo, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso lo studio di quest'ultimo, 62, avenue Guillaume,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Eugenio de
March, consigliere giuridico, e Hubertus Van Vliet, membro del servizio giuridico,
in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Alberto Dal Ferro, del foro di Vicenza, con
domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro
del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
avente ad oggetto, in primo luogo, un ricorso di annullamento della decisione della
Commissione di ridurre un contributo finanziario comunitario inizialmente
corrisposto e, in secondo luogo, un ricorso per risarcimento del danno subito dalla
ricorrente a causa di tale riduzione,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),
composto dai signori B. Vesterdorf, presidente, C.P. Briët e A. Potocki, giudici,
cancelliere: J. Palacio González, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 5 giugno
1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto giuridico della causa
- L'art. 1, n. 1, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio 18 dicembre 1986,
n. 4028, relativo alle azioni comunitarie per il miglioramento e l'adeguamento delle
strutture nel settore della pesca e dell'acquicoltura (GU L 376, pag. 7; in prosieguo:
il «regolamento n. 4028/86»), dispone che la Commissione può concedere un
contributo finanziario comunitario alle azioni intraprese nel campo dello sviluppo
dell'acquicoltura e della sistemazione di zone marittime protette, ai fini di una
migliore gestione della fascia costiera di pesca.
- In conformità dell'art. 12, che rinvia all'allegato III del regolamento n. 4028/86, il
contributo comunitario previsto per l'acquicoltura è pari, per la regione Veneto, al
40% delle spese ammissibili, mentre la partecipazione dello Stato membro
interessato, nel caso di specie l'Italia, rappresenta una percentuale compresa tra
il 10 e il 30%.
- L'art. 44 del regolamento n. 4028/86 dispone:
«1. Per tutta la durata dell'intervento comunitario, l'autorità o l'organismo all'uopo
designato dallo Stato membro interessato trasmette alla Commissione, a richiesta
di quest'ultima, tutti i documenti giustificativi e tutti i documenti atti a stabilire che
le condizioni finanziarie o di altro genere prescritte per ciascun progetto sono
soddisfatte. La Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 47, può
decidere di sospendere, sopprimere o ridurre il contributo:
- se il progetto non viene eseguito come previsto ovvero
(...)
La decisione è notificata allo Stato membro interessato e al beneficiario.
La Commissione procede al recupero delle somme il cui versamento non era o non
è giustificato.
2. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate dalla
Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 47».
- Ai termini dell'art. 47:
«1. Nei casi in cui si fa riferimento alle disposizioni del presente articolo, il
comitato permanente per le strutture della pesca è chiamato a pronunciarsi dal suo
presidente, su iniziativa di quest'ultimo o a richiesta del rappresentante dello Stato
membro.
2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle
misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere in merito a tale progetto
entro un termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del
problema. Il comitato si pronuncia a maggioranza di 54 voti, ai voti degli Stati è
attribuita la ponderazione di cui all'articolo 146, paragrafo 2, del Trattato. Il
presidente non partecipa al voto.
3. La Commissione adotta le misure che sono di immediata applicazione. Tuttavia,
le misure non conformi al parere espresso dal comitato sono immediatamente
comunicate dalla Commissione al Consiglio; in tal caso, la Commissione può
rinviarne l'applicazione di un mese al massimo a decorrere dalla comunicazione.
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può adottare misure diverse
entro il termine di un mese».
- Con regolamento (CEE) 20 aprile 1988, n. 1116 (GU L 112, pag. 1; in prosieguo:
il «regolamento n. 1116/88»), la Commissione ha adottato le modalità di
esecuzione delle decisioni di contributo per progetti concernenti le azioni
comunitarie per il miglioramento e l'adeguamento delle strutture nel settore della
pesca, dell'acquicoltura e del riassetto della fascia costiera.
- Secondo il sesto 'considerando del regolamento n. 1116/88, «non è opportuno
avviare la procedura di sospensione, riduzione o soppressione del contributo senza
aver consultato in precedenza lo Stato membro interessato, che può prendere
posizione, e senza aver dato la possibilità ai beneficiari di presentare le loro
osservazioni».
- In proposito, l'art. 7 del regolamento n. 1116/88 dispone:
«Prima di avviare la procedura di sospensione, riduzione o soppressione del
contributo di cui all'articolo 44, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 4028/86, la
Commissione:
ne informa lo Stato membro sul cui territorio il progetto dev'essere
realizzato, affinché prenda posizione in merito;
consulta l'autorità competente incaricata di trasmettere i documenti
giustificativi;
invita il beneficiario o i beneficiari ad esprimere, tramite l'autorità o
l'organismo competente, i motivi per cui non hanno rispettato le condizioni
previste».
Fatti all'origine della causa
- Con decisione C(90) 1923/99, del 30 ottobre 1990, la Commissione ha concesso alla
ricorrente un contributo di 1 103 646 181 LIT, pari al 40% dell'importo delle spese
ammissibili di 2 759 115 453 LIT per lavori di ammodernamento e di sistemazione
di impianti di piscicoltura (progetto ITA/16/90). Un contributo proporzionale del
30% delle spese ammissibili, pari a 827 734 635 LIT, era previsto a carico dello
Stato italiano.
- Nella decisione si precisava che «l'ammontare del contributo effettivo che la
Commissione verserà a progetto ultimato dipende dalla natura dei lavori realizzati
rispetto a quelli previsti nel progetto». Nella stessa decisione veniva altresì
precisato che «conformemente all'avvertenza riportata nella parte B) della
domanda di contributo presentata dal beneficiario, i lavori previsti non possono
subire cambiamenti o modifiche senza previo accordo dell'amministrazione
nazionale e, se del caso, della Commissione. Modifiche importanti apportate senza
l'accordo della Commissione possono comportare la riduzione o la soppressione del
contributo, se venissero ritenute inaccettabili dall'amministrazione nazionale o dalla
Commissione. All'occorrenza l'amministrazione nazionale indicherà a ciascun
beneficiario la procedura da seguire».
- La Commissione pagava alla ricorrente, il 23 giugno 1993, una prima rata di
343 117 600 LIT.
- Dopo aver controllato mediante sopralluogo lo stato finale del progetto, il genio
civile comunicava alla ricorrente, con lettera 7 aprile 1994, che, salvo alcune
variazioni apportate al progetto, limitatamente alle opere murarie ed affini e a
movimenti di terra, era del parere che i lavori realizzati potessero ritenersi
conformi, sotto il profilo tecnico ed economico, al progetto approvato.
- Con decisione C(94) 1531/99, del 27 luglio 1994, la Commissione accoglieva una
seconda domanda di contributo della ricorrente, legata all'ultimazione delle opere
di ammodernamento dei propri impianti (progetto ITA/100/94).
- Con lettera 12 dicembre 1994, inviata al Ministero dell'Agricoltura italiano (in
prosieguo: il «Ministero») e alla Commissione, la ricorrente osservava che
circostanze assolutamente indipendenti dalla sua volontà, sopravvenute dopo l'invio
del progetto al Ministero, avevano reso indispensabili alcune modifiche ai lavori
previsti nell'ambito del progetto ITA/16/90. La ricorrente precisava che la
convinzione del rispetto degli obiettivi proposti e della correttezza delle scelte
operate, da una parte, e il desiderio di raggiungere rapidamente i risultati auspicati,
dall'altra, le avevano impropriamente fatto dimenticare la necessità di comunicare
in anticipo al Ministero le variazioni introdotte, il che costituiva un notevole
ostacolo alla definizione della pratica. La ricorrente riteneva cionondimeno che il
progetto ITA/16/90 non avesse subito, nel suo complesso, modifiche sostanziali,
salvo la differenza di localizzazione e di configurazione dei bacini di allevamento
intensivo.
- Quindi, pur dichiarando di essersi resa conto, ma soltanto a lavori ultimati, di non
aver osservato la formalità della previa comunicazione delle modifiche, la ricorrente
chiedeva al Ministero e, se del caso, alla stessa Commissione di procedere ad un
esame tecnico delle variazioni effettuate con lo scopo di stabilire la correttezza
oltre che la necessità e l'opportunità delle scelte operate. A tal fine, la ricorrente
faceva presente che tutte le varianti menzionate erano state presentate e recepite
in sede di approvazione del progetto integrativo di sistemazione (ITA/100/94)
ammesso a fruire del contributo finanziario comunitario con la decisione
C(94) 1531/99.
- Dopo aver proceduto alla verifica dello stato finale dei lavori, il Ministero
trasmetteva alla ricorrente, il 3 giugno 1995, il certificato di verifica dello stato
finale dei lavori (in prosieguo: il «certificato») redatto in data 24 maggio 1995. A
parere del Ministero, la ricorrente aveva apportato modifiche supplementari
rispetto a quelle già rilevate dal genio civile:
- mancata costruzione di sedici vasche, di un impianto idrico e di una centrale
termica; il tutto sostituito dalla previsione di vasche da ingrasso da
realizzare con il progetto integrativo approvato dalla Commissione con la
decisione C(94) 1531/99;
- mancata acquisizione di una serie di macchinari;
- mancata costruzione della nuova cavana e delle vasche d'ingrasso esterne
al capannone.
Il Ministero ne concludeva che la ricorrente avrebbe dovuto chiedere, ai sensi della
normativa comunitaria, la preventiva autorizzazione per procedere a tali varianti.
- Il Ministero riduceva a 1 049 556 101 LIT l'importo delle spese ammissibili nella
fase finale del progetto, concludendo che, tenuto conto delle spese già riconosciute
ammissibili nel primo stato d'avanzamento dei lavori per un importo di
857 794 000 LIT, l'ammontare totale delle spese riconosciute ammissibili
rappresentava 1 907 350 101 LIT, pari al 69,13% circa delle spese ammissibili del
progetto inizialmente autorizzato dalla Commissione.
- Con ordine di pagamento finale emesso il 5 luglio 1995, la Commissione pagava
alla ricorrente il saldo di 419 822 440 LIT, riducendo così da 1 103 646 181 LIT a
762 940 040 LIT l'importo totale del contributo comunitario dovuto a titolo dei
lavori che, in base al certificato, l'istituzione ha ritenuto conformi al progetto
inizialmente approvato.
- La ricorrente faceva pervenire al Ministero e alla Commissione, il 28 luglio e,
rispettivamente, il 3 agosto 1995, una serie di osservazioni scritte con cui deduceva
l'infondatezza del certificato e ne chiedeva il riesame.
- Su richiesta delle autorità nazionali, la Commissione trasmetteva loro le sue
osservazioni con telex n. 12497 del 27 ottobre 1995. L'istituzione ha ritenuto che
non apparisse dalle informazioni disponibili la necessità di rivedere il procedimento
seguito dal Ministero per la liquidazione della pratica del progetto ITA/16/90, in
quanto:
1) modifiche importanti erano state apportate al progetto senza previa
comunicazione all'amministrazione nazionale;
la concessione di un contributo al successivo progetto ITA/100/94 non
implicava l'accettazione da parte della Commissione delle modifiche
anteriori;
2) nell'ambito del progetto ITA/16/90 erano stati effettuati taluni lavori previsti
al progetto ITA/100/94 e che quindi non erano ammissibili per il contributo
concesso al progetto ITA/16/90;
3) l'art. 7 del regolamento n. 1116/88, cui faceva riferimento il difensore della
ricorrente, non era applicabile nel contesto evocato dallo stesso difensore;
4) dalle informazioni fornite dal Ministero risultava che le osservazioni inserite
alla pag. 18 della memoria presentata dal difensore della ricorrente, relative
alle deduzioni di spese che sarebbero intervenute per la loro indicazione in
capitoli non previsti, erano erronee.
- Con lettera 14 novembre 1995, il Ministero ha respinto la richiesta di riesame
presentata dalla ricorrente per gli stessi motivi di cui al telex n. 12497 della
Commissione, del 27 ottobre 1995.
Procedimento contenzioso
- Alla luce di quanto sopra, con atto introduttivo depositato nella cancelleria del
Tribunale il 1° dicembre 1995, la ricorrente ha proposto, in primo luogo, un ricorso
d'annullamento avverso il telex n. 12497 della Commissione, del 27 ottobre 1995,
e, in secondo luogo, un ricorso per risarcimento del danno da essa subito a causa
dell'adozione di tale atto.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di passare
alla fase orale e ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti scritti prima
dell'udienza. Le parti hanno ottemperato all'invito del Tribunale.
- All'udienza del 5 giugno 1997, le parti sono state sentite nelle loro deduzioni orali
e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale.
Conclusioni delle parti
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
- dichiarare nullo e non avvenuto l'atto n. 12497 della Commissione, del 27
ottobre 1995, qui impugnato;
- condannare la Commissione al risarcimento del danno, nella misura esposta
nel ricorso;
- condannare la Commissione alle spese.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
- dichiarare il ricorso, ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE, irricevibile e, insubordine, infondato;
- respingere il ricorso ai sensi degli artt. 178 e 215 del Trattato;
- porre, in ogni caso, le spese del giudizio a carico della ricorrente.
Sulla domanda di annullamento
1. Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
- Secondo la Commissione, l'atto impugnato 27 ottobre 1995 non è idoneo a
produrre alcun effetto vincolante nei confronti della ricorrente e, in ogni caso, non
la riguarda direttamente. In tale atto, la Commissione si è, infatti, limitata a
valutare il comportamento delle autorità nazionali nell'ambito del procedimento di
cofinanziamento del progetto stabilito dal regolamento n. 4028/86.
- La ricorrente ribatte, in primo luogo, che lo Stato membro interessato si limita a
fungere da «organo» della Comunità operando «per conto» della Commissione,
la quale resta titolare per intero del potere decisionale, e, in secondo luogo, che la
semplice esistenza formale dell'atto nazionale, adottato in attuazione del
provvedimento comunitario, non può essere sufficiente per negare che l'atto
comunitario riguardi direttamente la ricorrente.
Giudizio del Tribunale
- E' sufficiente leggere il telex n. 12497, del 27 ottobre 1995, alla luce dell'ordine di
pagamento del saldo del contributo comunitario emesso dalla Commissione in data
5 luglio 1995, per constatare che esso ha avuto l'effetto di ridurre l'importo del
contributo comunitario inizialmente concesso con la decisione della Commissione
C(90) 1923/99.
- Impedendo così alla ricorrente di ottenere per intero il contributo finanziario che
le era stato inizialmente concesso, senza che lo Stato membro interessato disponga
al riguardo di un proprio potere discrezionale, il telex controverso costituisce, nei
confronti della ricorrente stessa, una decisione individuale che produce effetti
giuridici vincolanti tali da pregiudicare i suoi interessi, modificando in modo grave
la sua situazione giuridica (sentenze della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81,
IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9, 7 maggio 1991, causa C-291/89,
Interhotel/Commissione, Racc. pag. I-2257, punti 12 e 13, e causa C-304/89,
Oliveira/Commissione, Racc. pag. I-2283, punti 12 e 13, e 4 giugno 1992, causa
C-189/90, Cipeke/Commissione, Racc. pag. I-3573, punti 11 e 12).
- L'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione va quindi respinta.
2. Nel merito
- A sostegno del ricorso d'annullamento, la ricorrente deduce cinque motivi relativi
alla mancata notifica della decisione impugnata, alla violazione del principio di
collegialità, delle norme di procedura, dell'obbligo di motivazione e, infine, allo
sviamento di potere.
Sul primo motivo, relativo alla mancata notifica dell'atto impugnato
- La ricorrente rileva che l'atto impugnato non le è mai stato notificato ed è stato
solo casualmente portato a sua conoscenza, sotto forma di una copia che le è stata
trasmessa a sua domanda.
- La Commissione non presenta osservazioni su questo punto.
- Il Tribunale rileva che la ricorrente è stata, in realtà, in grado di prendere
debitamente conoscenza del contenuto dell'atto impugnato e di proporre utilmente
il presente ricorso entro il termine di impugnazione contenziosa. Di conseguenza,
non occorre statuire sulla questione se tale atto sia stato formalmente notificato.
Sul secondo motivo, relativo alla violazione del principio di collegialità
- La ricorrente sostiene che la Commissione non ha rispettato il principio di
collegialità. Non è dato ricavare dell'atto impugnato, che appare semplicemente
promanare dal «capo di unità facente funzione», se e quando i membri della
Commissione, tenuti collegialmente ad assumersene la responsabilità, ne abbiano
deliberato in comune.
- La Commissione ribatte, in primo luogo, che le deleghe della firma rappresentano
lo strumento normale con cui la Commissione esercita i propri poteri e, in secondo
luogo, che l'atto impugnato è stato adottato nell'ambito della gestione del Fondo
europeo agricolo d'orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione orientamento,
che spetta alla Direzione generale Pesca (DG XIV).
- Il Tribunale rileva che, come risulta dal regolamento interno della Commissione,
funzionari dell'istituzione possono essere abilitati ad adottare, a suo nome e sotto
il suo controllo, misure di gestione o amministrative chiaramente definite, come il
provvedimento controverso, e che le deleghe della firma rappresentano lo
strumento normale, con cui la Commissione esercita i propri poteri (sentenza della
Corte 11 ottobre 1990, causa C-200/89, FUNOC/Commissione, Racc. pag. I-3669,
punti 13 e 14).
- Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito alcun indizio che consenta di
ritenere che l'amministrazione non abbia osservato le norme applicabili in materia.
Occorre rilevare, al contrario, che il capo di unità facente funzione che ha firmato
la decisione impugnata opera in seno alla DG XIV, direzione generale competente
per la pesca, cioè per il settore economico che fruisce dei contributi comunitari
concessi in base al regolamento n. 4028/86.
- Il secondo motivo deve quindi essere respinto.
Sul terzo motivo, relativo alla violazione delle norme di procedura
Argomenti delle parti
- In primo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione di aver ridotto il
contributo finanziario comunitario inizialmente concesso senza aver previamente
attivato la procedura di riduzione prevista dall'art. 44, n. 1, del regolamento
n. 4028/86, né adempiuto, anzitutto, gli obblighi che le incombono ai sensi dell'art.
7 del regolamento n. 1116/88, fra cui quello di invitare il beneficiario ad esporre,
tramite l'autorità o l'organo dello Stato membro interessato, i motivi per cui non
ha rispettato le condizioni previste.
- In secondo luogo, la ricorrente rileva che, nel caso di una decisione di riduzione,
l'art. 44, n. 1, primo trattino, del regolamento n. 4028/86 impone la procedura di
cui all'art. 47 dello stesso regolamento.
- La Commissione ribatte che la decisione impugnata non può essere qualificata
come una decisione che richiede il ricorso alla procedura prevista dall'art. 44 del
regolamento n. 4028/86. Tale disposizione riguarda i casi in cui il contributo
comunitario venga ridotto a seguito di una rivalutazione del progetto che, a causa
delle modifiche, non corrisponde più a quello originario.
- Non rientra in un'ipotesi del genere il caso in cui, come nella fattispecie, mentre
il contributo comunitario resta immutato, solo le spese ammissibili diminuiscono,
perché il progetto non viene eseguito secondo le previsioni. Non si tratta più di una
riduzione del contributo ai sensi dell'art. 44 del regolamento n. 4028/86, bensì del
semplice diniego di riconoscere talune spese, che ha come conseguenza un
adeguamento in termini assoluti dell'importo versato dalla Comunità. Questa
semplice determinazione delle spese ammissibili non implicherebbe alcuna
valutazione giuridica ed economica, ma unicamente considerazioni tecniche.
- Nel caso di specie, la ricorrente non ha mai chiesto la revisione del progetto
presentato e approvato con la decisione C(90) 1923/99. In mancanza di una
qualsiasi comunicazione della ricorrente circa una modifica del progetto, il
Ministero ha dunque verificato, nel certificato, da una parte, che alcune delle spese
non corrispondevano al progetto approvato e pertanto non erano ammissibili e,
dall'altra, che le altre spese erano ammissibili. La Commissione ha quindi pagato
le spese ritenute ammissibili senza che ciò abbia comportato alcuna ulteriore
valutazione del progetto.
- In un'ipotesi del genere, la convocazione del comitato permanente per le strutture
della pesca (in prosieguo: il «comitato»), secondo la procedura prevista dall'art. 47
del regolamento n. 4028/86, non avrebbe alcun senso, salvo voler stravolgere le
attività del comitato, che dovrebbe allora pronunciarsi, non più su progetti, bensì
sulla non ammissibilità delle diverse spese sostenute.
- La Commissione rileva che la ricorrente ha, comunque, avuto modo di presentare
le sue osservazioni attraverso il carteggio con le autorità nazionali, che le hanno
trasmesse alla Commissione. Questa ha espresso il proprio punto di vista con l'atto
impugnato, il quale menziona espressamente la lettera del difensore della
ricorrente pervenuta alla DG XIV il 3 agosto 1995. Dalla documentazione
scambiata emerge come l'atto impugnato sia stato adottato proprio a seguito di
alcune osservazioni della ricorrente.
Giudizio del Tribunale
- Dall'argomentazione che la ricorrente svolge, il motivo risulta, in realtà, suddiviso
in due parti, la prima relativa alla violazione del principio del contraddittorio, la
seconda alla mancata consultazione del comitato. Infatti, giacché l'art. 47 del
regolamento n. 4028/86 ha lo scopo di disciplinare le modalità di consultazione di
tale organo, il Tribunale ne desume che la ricorrente, sostenendo che l'art. 44, n. 1,
primo trattino, del regolamento n. 4028/86 impone la procedura di cui all'art. 47,
ha con ciò stesso inteso sollevare pure, al di là della censura relativa alla violazione
del principio del contraddittorio, quella mossa per mancata consultazione del
comitato.
- Sul terzo motivo, considerato nella sua prima parte
- Il Tribunale ricorda che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento
promosso nei confronti di una persona che possa sfociare in un atto per essa lesivo
costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e deve essere
garantito anche in mancanza di qualsiasi disciplina riguardante il procedimento di
cui trattasi. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che, come nel caso
di specie, pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in
condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (sentenza della Corte
24 ottobre 1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I-5373,
punto 21).
- Risulta tuttavia dal punto 5 dell'atto introduttivo del ricorso che la ricorrente ha
contestato la fondatezza del certificato e ne ha chiesto il riesame in osservazioni
scritte che sono pervenute al Ministero il 28 luglio 1995 e alla Commissione il 3
agosto successivo, ossia prima che la Commissione adottasse la sua decisione
definitiva con il telex n. 12497, del 27 ottobre 1995.
- Il Tribunale rileva che, come la ricorrente stessa precisa al medesimo punto del suo
ricorso, la Commissione ha deciso, con telegramma 7 agosto 1995, di porre in atto
il procedimento di pagamento del contributo comunitario, determinato in base alle
valutazioni indicate nel certificato.
- Ne consegue che la ricorrente è stata in grado di esporre, prima dell'adozione della
decisione controversa, i motivi dell'inosservanza delle condizioni previste e che le
prescrizioni sancite, in proposito, dall'art. 7 del regolamento n. 1116/88 sono state,
in sostanza, osservate dalla Commissione.
- Di conseguenza, si deve quindi respingere il terzo motivo, considerato nella sua
prima parte.
- Sul terzo motivo, considerato nella seconda parte
- E' pacifico che, come ha essa stessa ammesso, la ricorrente ha proceduto a
modifiche del progetto senza rispettare la formalità della loro previa comunicazione
alle autorità comunitarie e nazionali, il che, per la stessa confessione
dell'interessata, costituiva un notevole ostacolo alla definizione della pratica (v.
punto 13 supra).
- Ora nella decisione di concessione del contributo era espressamente indicato, a
questo riguardo, che «i lavori previsti non [potevano] subire modifiche né
cambiamenti senza previo accordo dell'amministrazione nazionale ed
eventualmente della Commissione».
- Di conseguenza, la Commissione ha potuto, previo esame, limitarsi a concludere,
alla luce del certificato redatto dall'amministrazione nazionale, che le spese
considerate inammissibili non potevano essere prese in considerazione, in quanto
non rientranti nel progetto approvato.
- Il Tribunale ritiene, quindi, che la decisione impugnata non costituisce una
decisione recante riduzione, ai sensi dell'art. 44, n. 1, del regolamento n. 4028/86,
del contributo inizialmente assegnato alla ricorrente, ma si limita, in realtà, a
constatare che una parte delle spese di cui la ricorrente chiede il pagamento non
si ricollega al progetto così come inizialmente accettato.
- Si deve quindi respingere il terzo motivo considerato nella sua seconda parte.
- Ne consegue che il terzo motivo va disatteso nel suo complesso.
Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione
Argomenti delle parti
- La ricorrente svolge il motivo in due parti. In primo luogo, essa osserva che, salvo
un richiamo assolutamente generico al regolamento n. 4028/86, l'atto impugnato
omette di indicare la sua base legale.
- La Commissione ribatte che l'oggetto dell'atto impugnato fa esplicito riferimento
al regolamento n. 4028/86 e che lo stesso atto menziona tale regolamento e il
regolamento n. 1116/88.
- In secondo luogo, la ricorrente assume che la motivazione dell'atto impugnato non
le consente di conoscere le ragioni del diniego di erogare una quota del contributo
inizialmente ammesso né mette il Tribunale in grado di esercitare il suo sindacato
giurisdizionale. In particolare, la Commissione non spiega nemmeno in che cosa
consista l'errore che la ricorrente avrebbe commesso nelle osservazioni relative ad
imputazioni di spese effettivamente sostenute, ma in capitoli non previsti, né quale
sia la corretta lettura che dovrebbe offrirsi di questi dati tecnico-contabili.
- La Commissione ribatte che l'atto impugnato si fonda, come risulta dalla sua
lettura, sui documenti in esso menzionati, forniti alla Commissione stessa dalle
autorità nazionali, ed in particolare sul certificato.
Giudizio del Tribunale
- Sul quarto motivo, considerato nella prima parte
- Il Tribunale constata che nella decisione impugnata si parla espressamente dei
regolamenti nn. 4028/86 e 1116/88, applicabili nel caso di specie. Tenuto conto del
contesto della causa e, in particolare, dell'argomento da essa svolto a sostegno del
terzo motivo, la ricorrente non può aver equivocato sulla portata di questi due
riferimenti. Non si può quindi ritenere che essa sia stata lasciata nell'incertezza a
proposito della base legale della decisione impugnata (sentenza della Corte 26
marzo 1987, causa 45/86, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 1493, punto 9).
- Si deve perciò respingere la prima parte del motivo.
- Sul quarto motivo, considerato nella seconda parte
- Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall'art. 190 del
Trattato deve essere adeguata alla natura dell'atto controverso e far apparire in
forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione da cui promana
l'atto, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento
adottato e onde permettere al Tribunale di esercitare il proprio controllo. Non si
può esigere che la motivazione di un atto specifichi i vari elementi di fatto e di
diritto rilevanti, in quanto la sufficienza della motivazione deve essere valutata allaluce non soltanto del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso
delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (sentenza della Corte
9 novembre 1995, causa C-466/93, Atlanta e a., Racc. pag. I-3799, punto 16).
- Nel caso di specie, gli antecedenti della causa, il carteggio scambiato dalla
ricorrente con l'amministrazione nazionale e con la Commissione nonché la
decisione impugnata mettono in evidenza i motivi su cui la Commissione ha
fondato tale decisione con una chiarezza sufficiente per consentire alla ricorrente
di far valere i suoi diritti dinanzi al giudice comunitario e a quest'ultimo di
esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione.
- In primo luogo, come risulta dalla lettera 12 dicembre 1994 da essa indirizzata al
Ministero e alla Commissione, la ricorrente ha, in primo luogo, ammesso che, dopo
la presentazione del progetto, talune condizioni avevano subito una sostanziale
modifica che aveva imposto taluni adeguamenti e, in secondo luogo, dichiarato di
essere consapevole di non aver osservato la formalità della previa comunicazione
delle modifiche, il che, per sua stessa confessione, costituiva un notevole ostacolo
alla definizione della pratica (v. punto 13 supra).
- In secondo luogo, dalle particolareggiate delucidazioni che il certificato fornisce a
sostegno della dichiarazione di inammissibilità delle spese che rientrano nelle
diverse voci di cui trattasi risultano con adeguata chiarezza i motivi che giustificano
la decisione impugnata, come richiesto dalla giurisprudenza in materia (sentenza
Cipeke/Commissione, citata, punti 18-22).
- In terzo luogo, la decisione impugnata enuncia, in modo succinto ma chiaro, i
motivi tenuti presenti dalla Commissione, in primo luogo, rispondendo a taluni
degli argomenti svolti dalla ricorrente nelle osservazioni pervenute alla
Commissione il 3 agosto 1995 e, in secondo luogo, richiamandosi alle delucidazioni
fornite dal Ministero nel certificato. Ora, tenuto conto del sistema di stretta
collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri sul quale si basa la
concessione dei contributi finanziari (sentenza del Tribunale 12 gennaio 1995, causa
T-85/94, Branco/Commissione, Racc. pag. II-45, punto 36), giustamente la decisione
si è pure richiamata a tali delucidazioni.
- Di conseguenza, risulta che la motivazione della decisione impugnata ha dato alla
ricorrente un'indicazione adeguata per conoscere i principali elementi di fatto e di
diritto che sono alla base dell'iter logico seguito, indipendentemente dall'esattezza
materiale di tali motivi e dell'importo delle spese dichiarate inammissibili, questione
che non è stata sollevata dalla ricorrente dinanzi al Tribunale e che attiene alla
fondatezza della decisione (sentenze della Corte 20 marzo 1957, causa 2/56,
Geitling/Alta Autorità, Racc. pag. 9, in particolare pag. 37, 8 febbraio 1966, causa
8/65, Acciaierie e Ferriere Pugliesi, Racc. pag. 1, in particolare pag. 10; sentenza
del Tribunale 2 ottobre 1996, causa T-356/94, Vecchi/Commissione, Racc. PI pag.
II-1251, punto 82).
- La seconda parte del motivo va quindi respinta.
- Ne consegue che il quarto motivo va disatteso nel suo complesso.
Sul quinto motivo, relativo allo sviamento di potere
- La ricorrente sostiene che la Commissione, che detiene la competenza esclusiva in
materia di erogazione e di riduzione del contributo, ha, con l'emissione di un atto
presentato formalmente come un parere, eluso l'applicazione della procedura di
riduzione prevista dall'art. 44 del regolamento n. 4028/86 e dall'art. 7 del
regolamento n. 1116/88. Affermando che la riduzione per via di decisione adottata
a seguito della previa consultazione del comitato permanente delle strutture della
pesca appesantirebbe eccessivamente l'attività di tale organo, la Commissione ha
rivelato che l'atto impugnato avrebbe avuto il vero scopo di conseguire l'effetto
pratico della riduzione contributiva, evitando il ricorso alla procedura prescritta ad
hoc.
- La Commissione ribatte che la ricorrente attribuisce erroneamente all'atto
impugnato un valore vincolante nei confronti delle autorità nazionali.
- Il Tribunale constata che la ricorrente non ha fatto valere indizi obiettivi, pertinenti
e concordanti tali da provare che la decisione impugnata è stata adottata allo scopo
esclusivo, o quantomeno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli
dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato o dagli
atti di diritto derivato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenza
della Corte 13 luglio 1995, causa C-156/93, Parlamento/Commissione, Racc. pag.
I-2019, punto 31).
- Risulta al contrario dalle considerazioni che precedono che il motivo che ha
ispirato l'azione della Commissione consisteva nelle modifiche che la ricorrente ha
apportato al progetto ITA/16/90.
- Il quinto motivo va quindi respinto.
- Ne consegue che il ricorso d'annullamento deve essere disatteso per intero.
Sulla domanda di risarcimento dei danni
Nel merito
- La ricorrente sostiene che la Commissione le deve risarcire il danno che essa
asserisce di aver subito a causa della decurtazione di una parte rilevante del
contributo finanziario accordato tanto dalla Comunità quanto dalle autorità
nazionali.
- La ricorrente si rimette all'equa valutazione del danno da parte del Tribunale,
purché l'importo del danno da riconoscere non sia inferiore all'interesse
compensativo ovvero, quantomeno, all'interesse moratorio prodotto dalla somma
contestata, a partire dalla diffida ricevuta dalla Commissione il 3 agosto 1995.
- La Commissione osserva, invece, che non esiste alcun diretto legame di causalità
fra l'atto impugnato e il presunto danno subito dalla ricorrente, pur ritenendo che
facciano di certo difetto le altre due condizioni cui è subordinato il sorgere della
responsabilità extracontrattuale della Comunità, e cioè l'illiceità del comportamento
censurato e la realtà dell'asserito danno.
- Il Tribunale ricorda che la responsabilità extracontrattuale della Comunità
presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, relative all'illiceità del
comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, all'effettività del danno e
all'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento illecito e il danno
lamentato (sentenza della Corte 17 dicembre 1981, cause riunite 197/80, 198/80,
199/80, 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, Ludwigshafener Walzmühle e a./Consiglio
e Commissione, Racc. pag. 3211, punto 18; sentenza del Tribunale 9 gennaio 1996,
causa T-575/93, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 89, e 16 gennaio
1996, causa T-108/94, Candiotte/Consiglio, Racc. pag. II-87, punto 54).
- Ora, come risulta dall'esame dei motivi di annullamento, la ricorrente non ha
fornito alcuna prova di un vizio che infici la legittimità della decisione impugnata.
In questa misura, l'illegittimità del comportamento addebitato alla Commissione
non è stata affatto provata e la domanda di risarcimento dell'asserito danno va
quindi disattesa.
- Ne consegue che il ricorso per risarcimento dei danni va disatteso.
- Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che il ricorso dev'essere
respinto nel suo complesso.
Sulle spese
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Dato che la ricorrente è rimasta
soccombente e la Commissione ha concluso per la sua condanna alle spese, la
ricorrente va condannata alle spese.
Per questi motivi,IL TRIBUNALE (Terza Sezione)
dichiara e statuisce:
- Il ricorso è respinto.
- La ricorrente è condannata alle spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 novembre 1997.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
B. Vesterdorf
1: Lingua processuale: l'italiano.