Language of document : ECLI:EU:T:2016:449

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

8 settembre 2016 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dei medicinali antidepressivi contenenti l’ingrediente farmaceutico attivo citalopram – Nozione di restrizione della concorrenza per oggetto – Concorrenza potenziale – Medicinali generici – Barriere di accesso al mercato derivanti dall’esistenza di brevetti – Accordi conclusi tra il titolare di brevetti e imprese di medicinali generici – Articolo 101, paragrafi 1 e 3, TFUE – Errori di diritto e di valutazione – Obbligo di motivazione – Diritti della difesa – Certezza del diritto – Ammende»

Nella causa T‑472/13,

H. Lundbeck A/S, con sede in Valby (Danimarca),

Lundbeck Ltd, con sede in Milton Keynes (Regno Unito),

rappresentate da R. Subiotto, QC, e T. Kuhn, avvocato,

ricorrenti,

sostenute da

European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA), con sede in Ginevra (Svizzera), rappresentata da F. Carlin, barrister, e M. Healy, solicitor,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da J. Bourke, F. Castilla Contreras, B. Mongin, T. Vecchi e C. Vollrath, successivamente da F. Castilla Contreras, B. Mongin, T. Vecchi, C. Vollrath e T. Christoforou, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione C (2013) 3803 final, del 19 giugno 2013, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT/39226 – Lundbeck), e una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti da tale decisione,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, O. Czúcz e A. Popescu, giudici

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 novembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

I –  Società di cui trattasi nella causa in esame

1        La H. Lundbeck A/S (in prosieguo: la «Lundbeck») è una società di diritto danese che controlla un gruppo di società, tra cui la Lundbeck Ltd, con sede nel Regno Unito, specializzata nella ricerca, nello sviluppo, nella produzione, nella commercializzazione, nella vendita e nella distribuzione di prodotti farmaceutici per la cura di patologie che colpiscono il sistema nervoso centrale, tra cui la depressione.

2        La Lundbeck è un laboratorio produttore di medicinali originali, ossia un’impresa che concentra la propria attività nella ricerca di nuovi medicinali e nella commercializzazione di questi ultimi.

3        La Merck KGaA è una società di diritto tedesco specializzata nel settore farmaceutico che, al momento della conclusione degli accordi in questione, deteneva indirettamente, attraverso il gruppo Merck Generics Holding GmbH, il 100% delle azioni della sua controllata, la Generics UK Ltd (in prosieguo: la «GUK»), responsabile dello sviluppo e della commercializzazione di prodotti farmaceutici generici nel Regno Unito.

4        La Merck e la GUK sono state considerate dalla Commissione europea come costituenti, all’epoca dei fatti, un’unica impresa ai sensi del diritto della concorrenza [in prosieguo: la «Merck (GUK)»].

5        La Arrow Group A/S, ribattezzata Arrow Group ApS nell’agosto 2003 (in prosieguo, senza distinzioni, la «Arrow Group»), è una società di diritto danese a capo di un gruppo di società, presente in vari Stati membri e attiva dal 2001 nello sviluppo e nella vendita di medicinali generici.

6        La Arrow Generics Ltd è una società di diritto del Regno Unito, controllata dapprima al 100% e, successivamente, a partire dal febbraio 2002, al 76%, dalla Arrow Group.

7        La Resolution Chemicals Ltd è una società di diritto del Regno Unito specializzata nella produzione di ingredienti farmaceutici attivi (in prosieguo: gli «IFA») per medicinali generici. Fino al settembre 2009, tale società era controllata dalla Arrow Group.

8        La Arrow Group, la Arrow Generics e la Resolution Chemicals sono state considerate dalla Commissione come costituenti, all’epoca dei fatti, un’unica impresa (in prosieguo: la «Arrow»).

9        La Alpharma Inc. era una società di diritto americano attiva a livello mondiale nel settore farmaceutico, in particolare per quanto riguarda i medicinali generici. Fino al dicembre 2008, era controllata dalla società di diritto norvegese, A.L. Industrier AS. In seguito, è stata acquisita da una società farmaceutica del Regno Unito, che, a sua volta, è stata acquisita da una società farmaceutica statunitense. Nell’ambito di tali ristrutturazioni, la Alpharma Inc. è divenuta, dapprima, nell’aprile 2010, Alpharma, LLC, successivamente, il 15 aprile 2013, Zoetis Products LLC.

10      La Alpharma ApS era una società di diritto danese indirettamente controllata al 100% dalla Alpharma Inc. Tale società aveva diverse controllate nello Spazio economico europeo (SEE). A seguito di varie ristrutturazioni, il 31 marzo 2008, la Alpharma ApS è divenuta la Axellia Pharmaceuticals ApS, ribattezzata nel 2010 Xellia Pharmaceuticals ApS (in prosieguo: la «Xellia»).

11      La Alpharma Inc., la A.L. Industrier AS e la Alpharma ApS sono state considerate dalla Commissione come costituenti, all’epoca dei fatti, un’unica impresa (in prosieguo: la «Alpharma»).

12      La Ranbaxy Laboratories Ltd è una società di diritto indiano specializzata nello sviluppo e nella produzione di IFA nonché di medicinali generici.

13      La Ranbaxy (UK) Ltd è una società di diritto inglese, controllata della Ranbaxy Laboratories, incaricata della vendita dei prodotti di quest’ultima nel Regno Unito.

14      La Ranbaxy Laboratories e la Ranbaxy (UK) sono state considerate dalla Commissione come costituenti, all’epoca dei fatti, un’unica impresa (in prosieguo: la «Ranbaxy»).

II –  Prodotto in questione e brevetti che lo riguardano

15      Il prodotto di cui trattasi nella causa in esame è il farmaco antidepressivo contenente l’IFA denominato citalopram.

16      Nel 1977 la LundBeck ha depositato in Danimarca una domanda di brevetto sull’IFA citalopram nonché sui due processi di alchilazione e di cianazione utilizzati per produrre il suddetto IFA. Brevetti aventi ad oggetto tale IFA e questi due processi (in prosieguo: i «brevetti originari») sono stati rilasciati in Danimarca e in vari paesi dell’Europa occidentale tra il 1977 e il 1985.

17      Per quanto riguarda il SEE, la tutela derivante dai brevetti originari nonché, eventualmente, dai certificati protettivi complementari (in prosieguo: i «CPC»), previsti dal regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio, del 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 182, pag. 1), è scaduta tra il 1994 (per la Germania) e il 2003 (per l’Austria). In particolare, per quanto riguarda il Regno Unito, i brevetti originari sono scaduti nel gennaio 2002.

18      Nel corso del tempo, la Lundbeck ha elaborato altri processi più efficaci per produrre il citalopram, per i quali ha chiesto, e spesso ottenuto, brevetti in vari paesi del SEE nonché presso l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO) e l’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) (in prosieguo: i «nuovi brevetti della Lundbeck»).

19      In particolare, in primo luogo, nel 1998 e nel 1999, la Lundbeck ha presentato all’UEB due domande di brevetto riguardanti la produzione del citalopram mediante processi che utilizzavano rispettivamente lo iodio e l’amido. L’UEB ha rilasciato alla Lundbeck un brevetto a tutela del processo che utilizzava l’amido (in prosieguo: il «brevetto sull’amido») il 19 settembre 2001 e un brevetto a tutela del processo che utilizzava lo iodio (in prosieguo: il «brevetto sullo iodio») il 26 marzo 2003.

20      In secondo luogo, il 13 marzo 2000, la Lundbeck ha presentato alle autorità danesi una domanda di brevetto riguardante un processo di produzione del citalopram che prevedeva un metodo di purificazione dei sali utilizzati mediante cristallizzazione. Domande analoghe sono state presentate ad altri paesi del SEE nonché alla WIPO e all’UEB. La Lundbeck ha ottenuto prevetti a tutela del processo che utilizzava la cristallizzazione in vari Stati membri nel corso della prima metà del 2002, in particolare il 30 gennaio 2002 per quanto riguarda il Regno Unito (in prosieguo: il «brevetto sulla cristallizzazione»). L’UEB ha rilasciato un brevetto sulla cristallizzazione il 4 settembre 2002. Peraltro, nei Paesi Bassi, la Lundbeck aveva già ottenuto, il 6 novembre 2000, un modello di utilità riguardante tale processo (in prosieguo: il «modello di utilità della Lundbeck»), ossia un brevetto valido sei anni, concesso senza un vero e proprio esame preliminare.

21      In terzo luogo, il 12 marzo 2001, la Lundbeck ha presentato una domanda di brevetto alle autorità del Regno Unito riguardante un processo di produzione del citalopram che prevedeva un metodo di purificazione dei sali utilizzati mediante distillazione in pellicola. Le autorità del Regno Unito hanno concesso alla Lundbeck un brevetto riguardante tale metodo di distillazione in pellicola il 3 ottobre 2001 (in prosieguo: il «brevetto sulla distillazione in pellicola»). Tuttavia, tale brevetto è stato revocato per difetto del requisito della novità rispetto a un altro brevetto della Lundbeck il 23 giugno 2004. La Lundbeck ha ottenuto un brevetto analogo in Danimarca il 29 giugno 2002.

22      Infine, la Lundbeck prevedeva di lanciare un nuovo farmaco antidepressivo, il Cipralex, basato sull’IFA denominato escitalopram (o S‑citalopram), per la fine del 2002 o l’inizio del 2003. Questo nuovo medicinale riguardava gli stessi pazienti che potevano essere curati con il medicinale della Lundbeck brevettato con la denominazione Cipramil, basato sull’IFA citalopram. L’IFA escitalopram era protetto da brevetti validi almeno fino al 2012.

III –  Accordi controversi

23      Nel corso del 2002 la Lundbeck ha concluso sei accordi riguardanti il citalopram (in prosieguo: gli «accordi controversi») con quattro imprese attive nella produzione o nella vendita di medicinali generici, ossia la Merck (GUK), la Alpharma, la Arrow e la Ranbaxy (in prosieguo: le «imprese di medicinali generici»).

A –  Accordi con la Merck (GUK)

24      La Lundbeck ha concluso due accordi con la Merck (GUK).

25      Il primo accordo è divenuto efficace il 24 gennaio 2002, inizialmente per la durata di un anno, e riguardava unicamente il territorio del Regno Unito (in prosieguo: l’«accordo GUK per il Regno Unito»). Tale accordo è stato firmato dalla controllata della Lundbeck nel Regno Unito, vale a dire la società di diritto del Regno Unito Lundbeck Ltd. Detto accordo è stato successivamente prorogato per un periodo di sei mesi, conclusosi il 31 luglio 2003. In seguito, dopo un breve ingresso della Merck (GUK) nel mercato, tra il 1° e il 4 agosto, il 6 agosto 2003 è stata firmata dalle parti una seconda proroga dell’accordo, per una durata massima di sei mesi, che poteva essere ridotta, tuttavia, in caso di mancata azione giudiziaria della Lundbeck contro altre imprese di medicinali generici che avessero tentato di entrare nel mercato o in esito alla controversia tra la Lundbeck e la Lagap Pharmaceuticals Ltd, un’altra impresa di medicinali generici (in prosieguo: la «controversia Lagap»).

26      A termini di tale accordo, le parti prevedono, in particolare, che:

–        sussiste il rischio che talune azioni previste dalla GUK riguardo alla commercializzazione, alla distribuzione e alla vendita dei «Prodotti» possano costituire una violazione dei diritti di proprietà intellettuale della Lundbeck e che possano dar luogo a rivendicazioni da parte di quest’ultima (punto 2.1 dell’accordo GUK per il Regno Unito), «Prodotti» che sono definiti al punto 1.1 dell’accordo GUK per il Regno Unito come i «prodotti di citalopram elaborati dalla GUK sotto forma di materia prima, sfusi o in compresse come indicati nell’Allegato e fabbricati conformemente alle specifiche di prodotto, quali sono state fornite dalla GUK alla data della firma, accluse come Allegato 2»;

–        tenuto conto dell’accordo raggiunto tra le parti, la Lundbeck verserà alla GUK un importo pari a 2 milioni di lire sterline (GBP), in contropartita della consegna dei «Prodotti», nelle quantità previste dall’accordo, alla data del 31 gennaio 2002 (punto 2.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito);

–        la GUK si impegna inoltre, dietro pagamento di un ulteriore importo di GBP 1 milione, a consegnare i «Prodotti» come specificati nell’allegato alla data del 2 aprile 2002 (punto 2.3 dell’accordo GUK per il Regno Unito);

–        i pagamenti effettuati e la consegna dei «Prodotti» da parte della GUK in applicazione dei punti 2.2 e 2.3 dell’accordo GUK per il Regno Unito costituiranno il soddisfacimento completo e definitivo di qualsiasi rivendicazione che la Lundbeck possa avanzare nei confronti della GUK per la violazione dei suoi diritti di proprietà intellettuale per quanto riguarda i «Prodotti» consegnati dalla GUK fino a tale data (punto 2.4 dell’accordo GUK per il Regno Unito);

–        la Lundbeck si impegna a vendere i suoi «Prodotti Finiti» alla GUK e la GUK si impegna ad acquistare tali «Prodotti Finiti» esclusivamente dalla Lundbeck affinché siano rivenduti dalla GUK e dalle sue consociate nel Regno Unito per la durata e secondo i termini dell’accordo (punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito), vista la definizione di tali «Prodotti Finiti», al punto 1.1 dell’accordo, come «i prodotti contenenti citalopram sotto forma di prodotti finiti che devono essere forniti dalla [Lundbeck] alla GUK conformemente al presente accordo»;

–        la Lundbeck si impegna a versare un importo pari a GBP 5 milioni di utili netti garantiti alla GUK, a condizione che la GUK ordini alla Lundbeck il volume di «Prodotti Finiti» convenuto per la durata dell’accordo (o un importo inferiore da calcolare in proporzione agli ordini effettuati) (punto 6.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito).

27      La prima proroga dell’accordo prevedeva in particolare il pagamento di un importo pari a GBP 400 000 al mese per l’esecuzione, da parte della GUK, del punto 6.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito e modificava la definizione di «utili netti».

28      La seconda proroga dell’accordo GUK per il Regno Unito prevedeva in particolare il pagamento di un importo pari a GBP 750 000 al mese per l’esecuzione, da parte della GUK, del punto 6.2 di tale accordo.

29      L’accordo GUK per il Regno Unito è scaduto il 1° novembre 2003, in seguito alla composizione amichevole della controversia Lagap. In totale, per tutta la durata dell’accordo, la Lundbeck ha trasferito alla GUK l’equivalente di EUR 19,4 milioni.

30      Il 22 ottobre 2002 è stato concluso un secondo accordo tra la Lundbeck e la GUK, relativo al SEE, ad eccezione del Regno Unito (in prosieguo: l’«accordo GUK per il SEE»). Tale accordo prevedeva il pagamento di un importo pari a EUR 12 milioni, a fronte del quale la GUK si impegnava a non vendere o fornire prodotti farmaceutici contenenti citalopram su tutto il territorio del SEE (ad eccezione del Regno Unito) e a intraprendere ogni ragionevole azione affinché la Natco Pharma Ltd (in prosieguo: la «Natco»), il produttore dell’IFA citalopram utilizzato dalla Merck (GUK) per commercializzare la sua versione di citalopram generico (in prosieguo: l’«IFA della Natco» o il «citalopram della Natco»), cessasse la fornitura del citalopram o dei prodotti contenenti citalopram nel SEE per la durata dell’accordo (punti 1.1 e 1.2 dell’accordo GUK per il SEE). La Lundbeck si impegnava a non proporre azioni giudiziarie nei confronti della GUK, a condizione che quest’ultima rispettasse i suoi obblighi in forza del punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE (punto 1.3 dell’accordo GUK per il SEE).

31      L’accordo GUK per il SEE è scaduto il 22 ottobre 2003. In totale, la Lundbeck ha trasferito alla GUK, in forza di tale accordo, l’equivalente di EUR 12 milioni.

B –  Accordi con la Arrow

32      La Lundbeck ha firmato due accordi con la Arrow.

33      Il primo di tali accordi, riguardante il territorio del Regno Unito, è stato concluso il 24 gennaio 2002 tra la Lundbeck, da un lato, e la Arrow Generics e la Resolution Chemicals (in prosieguo, considerate congiuntamente, la «Arrow UK»), dall’altro (in prosieguo: l’«accordo Arrow UK»).

34      L’accordo Arrow UK aveva una durata iniziale fino al 31 dicembre 2002 o, se anteriore, fino alla data in cui fosse stata pronunciata una decisione giurisdizionale definitiva sull’azione che la Lundbeck intendeva esercitare nei confronti della Arrow UK dinanzi ai giudici del Regno Unito riguardo alla presunta contraffazione dei suoi brevetti da parte di quest’ultima (in prosieguo: l’«azione per contraffazione Arrow») (punto 4.1 dell’accordo Arrow UK). Successivamente, tale accordo è stato prorogato, in due occasioni, con la firma di addenda. La prima proroga riguardava il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 1° marzo 2003 (punto 3.1 del primo addendum all’accordo Arrow UK), mentre la seconda prevedeva che tale accordo cessasse o il 31 gennaio 2004 o sette giorni dopo la firma della decisione giurisdizionale che avesse posto fine alla controversia Lagap (punto 4.1 del secondo addendum all’accordo Arrow UK). Poiché tale controversia è stata definita in via amichevole il 13 ottobre 2003, l’accordo Arrow UK è cessato il successivo 20 ottobre. Ne consegue che la durata complessiva di tale accordo si è protratta dal 24 gennaio 2002 al 20 ottobre 2003 (in prosieguo: la «durata dell’accordo Arrow UK»).

35      Per quanto attiene al contenuto dell’accordo Arrow UK, occorre rilevare quanto segue:

–        il primo considerando del preambolo di tale accordo (in prosieguo: il «preambolo Arrow UK») si riferisce in particolare al fatto che la Lundbeck è titolare di brevetti sulla cristallizzazione e sulla distillazione in pellicola;

–        il quarto considerando del preambolo Arrow UK precisa che «la Arrow [UK] ha ottenuto una licenza da terzi per importare nel Regno Unito citalopram non fabbricato dalla Lundbeck o con l’autorizzazione della Lundbeck (“detto Citalopram”, definizione che include, onde evitare dubbi, unicamente il Citalopram destinato al marketing e alla vendita nel Regno Unito ed esclude quello destinato al marketing e alla vendita in altri paesi)»;

–        il sesto considerando del preambolo Arrow UK rileva che la Lundbeck ha sottoposto «detto Citalopram» a test di laboratorio che le hanno fornito validi motivi per ritenere che quest’ultimo violasse in particolare i brevetti menzionati supra al primo trattino;

–        il settimo considerando del preambolo Arrow UK chiarisce che la Arrow UK non ammette di aver violato tali brevetti, né che questi ultimi siano validi, ma riconosce che la Lundbeck è convinta di quanto afferma, affermazioni che la Arrow UK non può smentire con prove inconfutabili;

–        l’ottavo considerando del preambolo Arrow UK ricorda che la Lundbeck ha minacciato di chiedere l’adozione di un’ingiunzione provvisoria e di aver intenzione di esercitare l’azione per contraffazione Arrow;

–        il punto 1.1 di tale accordo prevede che «la Arrow [UK], in nome proprio e in nome di tutte le entità consociate e collegate, si impegna, per la [durata dell’accordo Arrow UK] e nel territorio del Regno Unito, a non fabbricare, cedere, proporre di cedere, utilizzare o, dopo la seconda data di consegna, importare o conservare a fini di cessione o per altro scopo, 1) [“]detto Citalopram[”] o 2) qualsiasi altro citalopram che, secondo la Lundbeck, violi i suoi diritti di proprietà [intellettuale], e, per consentire alla Lundbeck di stabilire la sussistenza o meno di una violazione, a fornire a quest’ultima per la [durata dell’accordo Arrow UK] un numero sufficiente di campioni a fini di analisi, almeno un mese prima di qualsiasi fabbricazione, importazione, vendita o offerta di vendita che la Arrow [UK] minacci di effettuare in attesa di una decisione definitiva non impugnabile [nell’ambito dell’azione per contraffazione Arrow (…)]»;

–        il punto 1.2 di tale accordo fa riferimento al consenso della Arrow UK a che gli impegni dalla stessa assunti, di cui al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, siano ripresi in un’ordinanza che la Lundbeck chiederà sia adottata dal giudice competente del Regno Unito;

–        il punto 2.1 di tale accordo ricorda che la Lundbeck eserciterà l’azione per contraffazione Arrow quanto prima e in ogni caso non oltre il 31 marzo 2002;

–        il punto 2.2 di tale accordo stabilisce che, tenuto conto degli impegni di cui al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK e del fatto che la Arrow UK non chiederà alcun «cross‑undertaking in damages» (importo che, conformemente al diritto inglese, la Lundbeck avrebbe dovuto depositare dinanzi al giudice se avesse chiesto l’adozione di un’ingiunzione nell’ambito dell’azione per contraffazione Arrow), la Lundbeck versi alla Arrow UK GBP 5 milioni, in quattro rate, somma successivamente aumentata di GBP 450 000, in forza del punto 2.1 del primo addendum all’accordo Arrow UK, e di GBP 1,350 milioni, in applicazione dei punti 2.1 e 3 del secondo addendum a tale accordo;

–        il punto 2.3 di tale accordo stabilisce che, nel caso in cui una decisione definitiva nell’ambito dell’azione per contraffazione Arrow constati che la Arrow UK non aveva violato i diritti di proprietà intellettuale della Lundbeck, l’importo previsto al punto 2.2 di tale accordo costituirebbe il risarcimento completo che la Arrow UK potrebbe ottenere dalla Lundbeck per le perdite che essa avrebbe subito a causa degli obblighi derivanti dal punto 1.1 dell’accordo Arrow UK;

–        il punto 3.4 dell’accordo prevede che la Arrow UK consegni alla Lundbeck il proprio stock «di detto citalopram» in due fasi, di cui la prima, riguardante circa 3,975 milioni di compresse in scatola, deve aver luogo non oltre il 6 febbraio 2002 e la seconda, riguardante circa 1,1 milioni di compresse sfuse, non oltre il 15 febbraio 2002.

36      Inoltre, occorre precisare che, il 6 febbraio 2002, la Lundbeck ha ottenuto l’ordinanza di cui al punto 1.2 dell’accordo Arrow UK (in prosieguo: l’«ordinanza per consenso Arrow»).

37      Il secondo accordo, riguardante il territorio della Danimarca, è stato concluso il 3 giugno 2002 tra la Lundbeck e la Arrow Group (in prosieguo: l’«accordo Arrow danese»).

38      L’accordo Arrow danese è stato inteso con una durata compresa tra la data della firma, il 3 giugno 2002, e il 1° aprile 2003 o, se anteriore, fino alla data in cui fosse stata pronunciata una decisione giurisdizionale definitiva sull’azione per contraffazione Arrow. Poiché siffatta decisione non è stata adottata, detto accordo è stato in vigore dal 3 giugno 2002 al 1° aprile 2003 (in prosieguo: la «durata dell’accordo Arrow danese»).

39      Per quanto riguarda il contenuto dell’accordo Arrow danese, occorre rilevare che:

–        il primo, il terzo e dal quinto al nono considerando del suo preambolo corrispondono, in sostanza, al primo, al quarto e dal sesto all’ottavo considerando del preambolo Arrow UK, con la precisazione che il nono considerando del preambolo Arrow danese si riferisce all’ordinanza per consenso Arrow;

–        il punto 1.1 di tale accordo prevede che «la Arrow [Group] accetta di annullare e di cessare qualsiasi importazione, fabbricazione, produzione, vendita o altra commercializzazione di prodotti contenenti citalopram che violi, secondo la Lundbeck, i diritti di proprietà intellettuale di quest’ultima nel territorio [danese] per la durata [dell’accordo Arrow danese]»;

–        il punto 2.1 di tale accordo stabilisce che, quale compenso per gli impegni assunti dalla Arrow Group, la Lundbeck versa a quest’ultima la somma di 500 000 dollari statunitensi (USD);

–        il punto 2.2 di tale accordo stabilisce che, nel caso in cui una decisione definitiva nell’ambito dell’azione per contraffazione Arrow constati che la Arrow Group non aveva violato i diritti di proprietà intellettuale della Lundbeck, l’importo previsto al punto 2.1 di tale accordo costituirebbe il risarcimento completo che la Arrow Group potrebbe ottenere dalla Lundbeck per le perdite che essa avrebbe subito a causa degli obblighi derivanti dal punto 1.1 dell’accordo Arrow danese;

–        il punto 3.1 di tale accordo aggiunge che la Lundbeck acquista al prezzo di USD 147 000 lo stock di citalopram della Arrow Group, consistente in circa 1 milione di compresse.

C –  Accordo con la Alpharma

40      La Lundbeck ha firmato un accordo con la Alpharma il 22 febbraio 2002 (in prosieguo: l’«accordo Alpharma»), per il periodo compreso tra tale data e il 30 giugno 2003 (in prosieguo: la «durata dell’accordo Alpharma»).

41      Prima della conclusione di tale accordo, nel gennaio 2002, la Alpharma aveva acquistato dalla Alfred E. Tiefenbacher GmbH & Co. (in prosieguo: la «Tiefenbacher») uno stock di compresse di citalopram generico sviluppato a partire dall’IFA citalopram, prodotte dalla società indiana Cipla mediante i suoi procedimenti (in prosieguo: il «citalopram della Cipla» o l’«IFA della Cipla»), e ne aveva ordinate altre.

42      A proposito del preambolo dell’accordo Alpharma, occorre rilevare, in particolare, che:

–        il primo considerando ricorda che «la Lundbeck è titolare di diritti di proprietà intellettuale comprendenti, in particolare, brevetti riguardanti la produzione (…) dell’IFA “Citalopram” (scritto con una “c” maiuscola in tutto il testo dell’accordo), tra i quali sono inclusi i brevetti ripresi nell’allegato A» di tale accordo (in prosieguo: l’«allegato A»);

–        il secondo considerando precisa che la Lundbeck produce e vende prodotti farmaceutici contenenti «Citalopram» in tutti gli Stati membri nonché in Norvegia e in Svizzera, paesi definiti, congiuntamente, il «Territorio»;

–        il terzo e il quarto considerando menzionano la circostanza che la Alpharma ha prodotto o acquistato prodotti farmaceutici contenenti «Citalopram» nel «Territorio», e ciò senza il consenso della Lundbeck;

–        il quinto e il sesto considerando fanno riferimento alla circostanza che i prodotti della Alpharma sono stati sottoposti dalla Lundbeck a test di laboratorio i cui risultati hanno fornito a quest’ultima fondati motivi per ritenere che i metodi di produzione utilizzati per realizzare tali prodotti violassero i suoi diritti di proprietà intellettuale;

–        il settimo considerando ricorda che, il 31 gennaio 2002, la Lundbeck ha proposto un’azione dinanzi a un giudice del Regno Unito (in prosieguo: l’«azione per contraffazione nei confronti della Alpharma») al fine di ottenere un’ingiunzione «contro le vendite, da parte della Alpharma, di prodotti contenenti Citalopram per violazione dei diritti di proprietà intellettuale della Lundbeck»;

–        l’ottavo considerando puntualizza che la Alpharma riconosce che le constatazioni della Lundbeck sono corrette e si impegna a non immettere in commercio «siffatti prodotti»;

–        il nono e il decimo considerando precisano che la Lundbeck:

–        «accetta di versare alla Alpharma un compenso per poter evitare una controversia in materia di brevetti» il cui esito non sarebbe prevedibile con certezza assoluta e che si rivelerebbe dispendiosa in termini di tempo e di denaro;

–        «accetta, per definire la controversia, di acquistare dalla Alpharma il suo intero stock di prodotti contenenti Citalopram e di versare a quest’ultima un compenso per tali prodotti».

43      Per quanto riguarda il corpo dell’accordo Alpharma, occorre rilevare, in particolare, quanto segue:

–        il punto 1.1 stabilisce che la Alpharma e le sue controllate «annullano, cessano e si astengono da qualsiasi importazione, (…) produzione (…) o vendita di prodotti farmaceutici contenenti Citalopram nel Territorio (…) per il [periodo pertinente]» e che la Lundbeck rinuncia all’azione per contraffazione nei confronti della Alpharma;

–        il medesimo punto precisa che esso non si applica all’escitalopram;

–        il punto 1.2 prevede che «[i]n caso di violazione dell’obbligo stabilito al [punto 1.1] o su richiesta della Lundbeck, la Alpharma (…) si sottoporrà volontariamente a un’ingiunzione provvisoria disposta da un qualsiasi giudice competente in qualsiasi paese del Territorio» e la Lundbeck potrà ottenere siffatta ingiunzione senza depositare alcuna cauzione;

–        il punto 1.3 precisa che, a titolo di compensazione per gli obblighi previsti in tale accordo e al fine di evitare le spese e la durata del contenzioso, la Lundbeck versa alla Alpharma la somma di USD 12 milioni, di cui 11 milioni per i prodotti della Alpharma contenenti «Citalopram», in tre rate di 4 milioni ciascuna, da versare rispettivamente il 31 marzo 2002, il 31 dicembre 2002 e il 30 giugno 2003;

–        il punto 2.2 stabilisce che, non oltre il 31 marzo 2002, la Alpharma consegna alla Lundbeck l’intero stock di prodotti contenenti «Citalopram» di cui disporrebbe in tale data, ossia i 9,4 milioni di compresse già in suo possesso al momento della conclusione dell’accordo Alpharma e i 16 milioni di compresse che la stessa aveva ordinato.

44      L’allegato A contiene un elenco di 28 domande di diritti di proprietà intellettuale presentate dalla Lundbeck prima della firma dello stesso, di cui nove, in tale data, erano già state accolte. Tali diritti di proprietà intellettuale riguardavano i processi di produzione dell’IFA citalopram oggetto dei brevetti sulla cristallizzazione e sulla distillazione in pellicola.

45      Inoltre, occorre precisare che, il 2 maggio 2002, un giudice del Regno Unito ha pronunciato un’ordinanza per consenso in cui si prevedeva che il procedimento nell’azione per contraffazione nei confronti della Alpharma fosse sospeso a causa della conclusione di un accordo tra la Lundbeck e, in particolare, la Alpharma, secondo il quale quest’ultima e le sue controllate «annulla[va]no, cessa[va]no e si asten[eva]no da qualsiasi importazione, (…) produzione (…) o vendita, negli [Stati membri], in Norvegia e in Svizzera (“i Territori Pertinenti”), di prodotti farmaceutici contenenti citalopram fabbricato mediante l’utilizzo di procedimenti rivendicati nei [brevetti sulla cristallizzazione e sulla distillazione in pellicola concessi dalle autorità del Regno Unito] o in qualsiasi altro brevetto equivalente ottenuto o richiesto nei Territori Pertinenti fino al 30 giugno 2002» (in prosieguo: l’«ordinanza per consenso Alpharma»).

D –  Accordo con la Ranbaxy

46      La Lundbeck ha firmato un accordo con la Ranbaxy Laboratories il 16 giugno 2002 (in prosieguo: l’«accordo Ranbaxy»), per una durata di 360 giorni. In forza di un addendum firmato il 19 febbraio 2003 (in prosieguo: l’«addendum Ranbaxy»), tale accordo è stato prorogato fino al 31 dicembre 2003. La durata complessiva di tale accordo è quindi compresa tra il 16 giugno 2002 e il 31 dicembre 2003 (in prosieguo: «la durata dell’accordo Ranbaxy»).

47      A termini del preambolo dell’accordo Ranbaxy (in prosieguo: il «preambolo Ranbaxy»):

–        la Ranbaxy Laboratories ha chiesto in India due brevetti di procedimento riguardanti il citalopram e ha prodotto medicinali contenenti citalopram con l’intento di immetterli in commercio, in particolare nel SEE (secondo e terzo considerando del preambolo Ranbaxy nonché allegato A dell’accordo Ranbaxy);

–        la Lundbeck ha sottoposto a test di laboratorio detto citalopram e ne ha concluso che i processi utilizzati violavano il brevetto sull’amido e il brevetto sullo iodio, brevetto, quest’ultimo che non era stato ancora concesso (v. punto 19 supra), mentre la Ranbaxy Laboratories contesta l’esistenza di siffatte violazioni (dal quinto all’ottavo considerando del preambolo Ranbaxy);

–        la Lundbeck e la Ranbaxy Laboratories sono giunte a un accordo al fine di evitare una controversia in materia di brevetti che si sarebbe rivelata dispendiosa in termini di tempo e di denaro e il cui esito non sarebbe stato prevedibile con certezza assoluta (nono considerando).

48      A termini dell’accordo Ranbaxy, in particolare, si precisa quanto segue:

–        «[f]atte salve le condizioni e fatti salvi i pagamenti da parte della Lundbeck previsti in [tale accordo], la Ranbaxy Laboratories non rivendica alcun diritto sulla [d]omanda di [b]revetto [di cui al preambolo di tale accordo] o su qualsiasi metodo di produzione utilizzato dalla Ranbaxy Laboratories e annulla, cessa e rinuncia alla fabbricazione o alla vendita di prodotti farmaceutici basati sulla domanda e sul metodo summenzionati [in particolare nel SEE] per la durata di tale accordo» (punto 1.1 dell’accordo Ranbaxy e punto 1.0 dell’addendum Ranbaxy);

–        «in caso di violazione degli obblighi previsti al punto 1.1 o su richiesta della Lundbeck», la Ranbaxy Laboratories e la Ranbaxy (UK) accettano di sottoporsi alle ingiunzioni provvisorie adottate dai giudici nazionali competenti senza che la Lundbeck debba depositare alcuna cauzione o assumere alcun impegno diversi da quelli derivanti da tale accordo (punto 1.2 dell’accordo Ranbaxy);

–        tenuto conto dell’accordo intervenuto tra le parti, la Lundbeck versa alla Ranbaxy Laboratories un importo di USD 9,5 milioni, in rate scaglionate nel corso del periodo pertinente (punto 1.3 dell’accordo Ranbaxy e punto 2.0 dell’addendum Ranbaxy);

–        la Lundbeck vende alla Ranbaxy Laboratories o alla Ranbaxy (UK) compresse di citalopram, con uno sconto del 40% sul prezzo ex‑fabrica, affinché le stesse provvedano alla vendita di tali compresse nel mercato del Regno Unito (punto 1.3 e allegato B dell’accordo Ranbaxy);

–        la Lundbeck e la Ranbaxy Laboratories si impegnano a non proporre reciprocamente azioni giudiziarie basate su qualsivoglia brevetto indicato in precedenza nell’accordo stesso (punto 1.4 dell’accordo Ranbaxy).

IV –  Interventi della Commissione nel settore farmaceutico e procedimento amministrativo

49      Nell’ottobre 2003 la Commissione è stata informata dal Konkurrence‑ og Forbrugerstyrelsen (KFST, autorità danese garante della concorrenza e dei consumatori) dell’esistenza degli accordi in questione.

50      Poiché la maggior parte di tali accordi riguardava l’intero SEE o, in ogni caso, Stati membri diversi dal Regno di Danimarca, è stato convenuto che la Commissione avrebbe esaminato la loro compatibilità con il diritto della concorrenza mentre il KFST non avrebbe proseguito nell’esame di tale questione.

51      Tra il 2003 e il 2006 la Commissione ha effettuato accertamenti ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), presso la Lundbeck e altre società attive nel settore farmaceutico. La Commissione ha anche inviato alla Lundbeck e ad un’altra società richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, di detto regolamento.

52      Il 15 gennaio 2008 la Commissione ha adottato la decisione di avvio di un’indagine concernente il settore farmaceutico, conformemente all’articolo 17 del regolamento n. 1/2003 (caso COMP/D2/39514). L’articolo unico di tale decisione precisava che l’indagine da svolgere avrebbe riguardato l’introduzione nel mercato di medicinali innovativi e generici per uso umano.

53      L’8 luglio 2009 la Commissione ha adottato una comunicazione avente ad oggetto la sintesi della sua relazione di indagine sul settore farmaceutico. Tale comunicazione conteneva, in un allegato tecnico, la versione integrale di detta relazione di indagine, sotto forma di documento di lavoro della Commissione, disponibile unicamente in lingua inglese.

54      Il 7 gennaio 2010 la Commissione ha avviato il procedimento formale nei confronti della Lundbeck.

55      Nel corso del 2010 e del primo semestre del 2011 la Commissione ha inviato richieste di informazioni alla Lundbeck e alle altre società, che erano parti degli accordi controversi.

56      Il 24 luglio 2012 la Commissione ha avviato un procedimento nei confronti delle società che erano parti degli accordi controversi e ha inviato loro, nonché alla Lundbeck, una comunicazione degli addebiti.

57      Tutti i destinatari di tale comunicazione che ne avevano fatto richiesta sono stati sentiti nel corso delle audizioni tenutesi il 14 e il 15 marzo 2013.

58      Il 12 aprile 2013 la Commissione ha inviato un’esposizione dei fatti ai destinatari della comunicazione degli addebiti.

59      Il consigliere auditore ha emesso la sua relazione finale il 17 giugno 2013.

60      Il 19 giugno 2013 la Commissione ha adottato la decisione C (2013) 3803 final, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.39226 – Lundbeck) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

V –  Decisione impugnata

61      Con la decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che gli accordi controversi costituissero restrizioni della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, e dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE (articolo 1, paragrafo 1, della decisione impugnata).

62      I due accordi conclusi tra la Merck (GUK) e la Lundbeck sono stati considerati come costituenti un’infrazione unica e continuata protrattasi dal 24 gennaio 2002 al 1° novembre 2003.

63      Come risulta dalla sintesi contenuta nei punti 824 e 874 della decisione impugnata, la Commissione si è basata, a tal riguardo, in particolare, sui seguenti elementi:

–        al momento della conclusione degli accordi, la Lundbeck e la Merck (GUK) erano quantomeno concorrenti potenziali nel Regno Unito e nel SEE e concorrenti effettivi nel Regno Unito prima della seconda proroga dell’accordo UK;

–        la Lundbeck ha effettuato un ingente trasferimento di valore a favore della Merck (GUK) in forza di tali accordi;

–        tale trasferimento di valore era collegato all’accettazione, da parte della Merck (GUK), dei limiti all’ingresso nel mercato contenuti in detti accordi, in particolare al suo impegno di non vendere il citalopram della Natco o qualsiasi altro citalopram generico nel Regno Unito e nel SEE per la durata rilevante di tali accordi;

–        tale trasferimento di valore corrispondeva approssimativamente agli utili che la Merck (GUK) sperava di realizzare qualora fosse entrata con successo nel mercato;

–        la Lundbeck non avrebbe potuto ottenere siffatte limitazioni facendo valere i suoi brevetti di procedimento, dato che gli obblighi gravanti sulla Merck (GUK) in forza di tali accordi andavano al di là dei diritti conferiti ai titolari di brevetti di procedimento;

–        tali accordi non prevedevano alcun impegno da parte della Lundbeck di astenersi dal proporre azioni per contraffazione nei confronti della Merck (GUK) nel caso in cui quest’ultima fosse entrata nel mercato con citalopram generico dopo la scadenza di tali accordi.

64      I due accordi conclusi tra la Arrow e la Lundbeck sono stati considerati come costituenti un’infrazione unica e continuata protrattasi dal 24 gennaio 2002 al 20 ottobre 2003.

65      Come risulta dalle sintesi esposte ai punti 962 e 1013 della decisione impugnata, relative, rispettivamente, all’accordo Arrow UK e all’accordo Arrow danese, la Commissione si è basata, in particolare, sui seguenti elementi:

–        al momento della conclusione di tali accordi, la Lundbeck e la Arrow erano concorrenti quantomeno potenziali nel Regno Unito e in Danimarca;

–        la Lundbeck ha effettuato un ingente trasferimento di valore a favore della Arrow in forza di tali accordi;

–        tale trasferimento di valore era collegato all’accettazione, da parte della Arrow, dei limiti al suo ingresso nel mercato del citalopram nel Regno Unito e in Danimarca, contenuti in detti accordi, in particolare all’impegno della Arrow di non vendere citalopram generico, che, secondo la Lundbeck, costituiva una violazione dei suoi brevetti, e ciò per la rispettiva durata di tali accordi;

–        tale trasferimento di valore corrispondeva in sostanza agli utili che la Arrow avrebbe potuto ottenere qualora fosse entrata nel mercato con successo;

–        la Lundbeck non avrebbe potuto ottenere siffatte limitazioni grazie all’applicazione dei suoi nuovi brevetti, dato che gli obblighi gravanti sulla Arrow in forza di tali accordi andavano al di là dei diritti conferiti al titolare di brevetti di procedimento;

–        tali accordi non prevedevano alcun impegno da parte della Lundbeck di astenersi dal proporre azioni per contraffazione nei confronti della Arrow nel caso in cui quest’ultima, dopo la scadenza dell’uno o dell’altro accordo, fosse entrata nel mercato del Regno Unito o in quello della Danimarca con citalopram generico.

66      Per quanto riguarda l’accordo Alpharma, come risulta dalla sintesi contenuta nel punto 1087 della decisione impugnata, la Commissione si è basata, in particolare, sui seguenti elementi:

–        al momento della conclusione di tale accordo, la Lundbeck e la Alpharma erano concorrenti quantomeno potenziali in vari paesi del SEE;

–        la Lundbeck ha effettuato un ingente trasferimento di valore a favore della Alpharma in forza di tale accordo;

–        tale trasferimento di valore era collegato all’accettazione, da parte della Alpharma, dei limiti al suo ingresso nel mercato contenuti in detto accordo, in particolare all’impegno della Alpharma di non vendere alcun citalopram generico nel SEE durante il periodo pertinente;

–        tale trasferimento di valore corrispondeva in sostanza agli utili che la Alpharma avrebbe potuto ottenere qualora fosse entrata nel mercato con successo;

–        la Lundbeck non avrebbe potuto ottenere siffatte limitazioni grazie all’applicazione dei brevetti sulla cristallizzazione e sulla distillazione in pellicola, dato che gli obblighi gravanti sulla Alpharma in forza di tale accordo andavano al di là dei diritti conferiti al titolare di brevetti di procedimento;

–        l’accordo non prevedeva alcun impegno da parte della Lundbeck di astenersi dal proporre azioni per contraffazione nei confronti della Alpharma nel caso in cui quest’ultima fosse entrata nel mercato con citalopram generico dopo la scadenza di tale accordo.

67      Per quanto riguarda l’accordo Ranbaxy, come risulta dalla sintesi contenuta nel punto 1174 della decisione impugnata, la Commissione si è basata, in particolare, sui seguenti elementi:

–        al momento della conclusione di tale accordo, la Lundbeck e la Ranbaxy erano concorrenti quantomeno potenziali nell’ambito del SEE;

–        la Lundbeck ha effettuato un ingente trasferimento di valore a favore della Ranbaxy in forza di tale accordo;

–        tale trasferimento di valore era collegato all’accettazione, da parte della Ranbaxy, dei limiti al suo ingresso nel mercato contenuti in detto accordo, in particolare all’impegno della Ranbaxy di non produrre e a non vendere il suo citalopram nel SEE durante il periodo pertinente, mediante le proprie controllate o attraverso terzi;

–        tale trasferimento di valore superava in modo considerevole gli utili che la Ranbaxy avrebbe potuto ottenere con la vendita del citalopram generico che la stessa aveva prodotto fino a quel momento;

–        la Lundbeck non avrebbe potuto ottenere siffatte limitazioni facendo valere i suoi brevetti di procedimento, dato che gli obblighi gravanti sulla Ranbaxy in forza di tale accordo andavano al di là dei diritti conferiti al titolare di brevetti di procedimento;

–        l’accordo non prevedeva alcun impegno da parte della Lundbeck di astenersi dal proporre azioni per contraffazione nei confronti della Ranbaxy nel caso in cui quest’ultima fosse entrata nel mercato con il suo citalopram generico dopo la scadenza dell’accordo controverso.

68      La Commissione ha anche inflitto ammende a tutte le parti degli accordi controversi. A tal fine, essa ha applicato gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»). Nei confronti della Lundbeck, la Commissione ha seguito la metodologia generale descritta negli orientamenti del 2006, basata sul valore delle vendite del prodotto considerato realizzate da ciascun partecipante a un’intesa (punti da 1316 a 1358 della decisione impugnata). Per contro, riguardo alle altre parti degli accordi controversi, vale a dire le imprese di medicinali generici, la Commissione si è avvalsa della facoltà, prevista al punto 37 di detti orientamenti, di discostarsi da tale metodo, tenuto conto delle particolarità del caso relativamente a tali parti (punto 1359 della decisione impugnata).

69      Pertanto, per quanto riguarda le parti degli accordi diverse dalla Lundbeck, la Commissione ha ritenuto che, per stabilire l’importo di base dell’ammenda e per garantire che quest’ultima avesse un effetto sufficientemente dissuasivo, si dovesse tener conto del valore delle somme che la Lundbeck aveva trasferito loro in forza di tali accordi, e ciò senza operare alcuna distinzione tra le infrazioni a seconda della loro natura o portata geografica, o in funzione delle quote di mercato delle imprese interessate, fattori esaminati nella decisione impugnata soltanto per completezza (punto 1361 della decisione impugnata).

70      Nei confronti della Lundbeck, per contro, la Commissione ha applicato il metodo generale descritto negli orientamenti del 2006, basandosi sul valore delle vendite nel mercato considerato. Dato che le vendite di citalopram della Lundbeck erano notevolmente diminuite durante la vigenza degli accordi controversi e che questi ultimi non riguardavano un esercizio contabile completo, la Commissione ha calcolato un valore medio annuo delle vendite. A tal fine, essa ha calcolato anzitutto il valore medio mensile delle vendite di citalopram, da parte della Lundbeck, per la durata di ciascun accordo controverso, successivamente ha moltiplicato tale valore per dodici (punto 1326 e nota a piè di pagina n. 2215 della decisione impugnata).

71      La Commissione ha peraltro inflitto quattro ammende separate alla Lundbeck, dato che i sei accordi controversi sono stati intesi nel senso che davano luogo a quattro infrazioni distinte, in quanto i due accordi tra la Lundbeck e la Merck (GUK) hanno dato luogo a un’infrazione unica e continuata, al pari dei due accordi tra la Lundbeck e la Arrow. Per evitare di giungere a un’ammenda sproporzionata, la Commissione ha applicato, nondimeno, un fattore di correzione al ribasso alla luce delle circostanze del caso di specie, fondato su un metodo che rifletteva le sovrapposizioni geografiche e temporali tra le diverse infrazioni (punto 1329 della decisione impugnata). Tale metodo ha portato a una riduzione del 15% per ciascuna infrazione in cui sono state constatate sovrapposizioni (nota a piè di pagina n. 2218 della decisione impugnata).

72      Tenuto conto della gravità delle infrazioni constatate, che la Commissione ha qualificato «gravi», in quanto comportavano l’esclusione dal mercato, della quota di mercato elevata della Lundbeck per quanto riguarda i prodotti oggetto di tali infrazioni, della portata geografica assai ampia degli accordi controversi e del fatto che l’insieme di tali accordi era stato attuato, la Commissione ha ritenuto che la percentuale del valore delle vendite da applicare dovesse essere fissata all’11% per le infrazioni la cui portata geografica era costituita dall’intero SEE e al 10% per le altre (punti 1331 e 1332 della decisione impugnata).

73      La Commissione ha applicato un coefficiente moltiplicatore a tale importo onde tener conto della durata delle infrazioni (punti da 1334 a 1337 della decisione impugnata) e un importo supplementare del 10% per la prima infrazione commessa, ossia quella riguardante gli accordi conclusi con la Arrow, ai sensi del punto 25 degli orientamenti del 2006, al fine di assicurarsi che le ammende inflitte alle ricorrenti avessero un effetto sufficientemente dissuasivo (punto 1340 della decisione impugnata).

74      Tenuto conto della durata complessiva dell’indagine, la Commissione ha concesso, tuttavia, una riduzione del 10% dell’importo delle ammende inflitte a tutti i destinatari della decisione impugnata (punti 1349 e 1380 della decisione impugnata).

75      In base a tali considerazioni, e tenuto conto del fatto che l’accordo GUK per il Regno Unito era stato firmato dalla Lundbeck Ltd, la Commissione ha inflitto un’ammenda totale di importo pari a EUR 93 766 000 alla Lundbeck, di cui EUR 5 306 000 in solido con la Lundbeck Ltd, così composta (punti 1238, 1358 e articolo 2 della decisione impugnata):

–        EUR 19 893 000 per gli accordi conclusi con la Merck (GUK), di cui EUR 5 306 000 in solido con la Lundbeck Ltd;

–        EUR 12 951 000 per gli accordi conclusi con la Arrow;

–        EUR 31 968 000 per l’accordo concluso con la Alpharma;

–        EUR 28 954 000 per l’accordo concluso con la Ranbaxy.

 Procedimento e conclusioni delle parti

76      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 agosto 2013, le ricorrenti, Lundbeck e Lundbeck Ltd, hanno proposto il presente ricorso.

77      Con ordinanza del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 20 maggio 2014, la European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (in prosieguo: l’«EFPIA» o l’«interveniente») è stata autorizzata a intervenire nel presente procedimento, a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti.

78      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, le parti principali sono state invitate a pronunciarsi per iscritto, nell’ambito delle loro osservazioni sulla memoria d’intervento dell’EFPIA, sulle eventuali conseguenze sulla causa in esame della sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione (C‑67/13 P, Racc., EU:C:2014:2204).

79      Le parti principali hanno fatto pervenire le loro osservazioni nel termine impartito, con memorie depositate presso la cancelleria del Tribunale il 15 gennaio 2015.

80      La fase scritta del procedimento si è conclusa lo stesso giorno.

81      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del suo regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti alle parti cui le stesse dovevano rispondere per iscritto.

82      Dette parti hanno risposto a tali quesiti nel termine impartito con memorie depositate presso la cancelleria del Tribunale il 30 ottobre 2015.

83      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 26 novembre 2015.

84      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        adottare una misura istruttoria affinché la Commissione produca versioni non espurgate della sua corrispondenza con il KFST;

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare l’importo delle ammende loro inflitte in applicazione di tale decisione;

–        in ulteriore subordine, ridurre sostanzialmente l’importo di dette ammende;

–        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese sostenute;

–        adottare qualsiasi misura che il Tribunale ritenga opportuna.

85      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese di giudizio, ad eccezione di quelle sostenute dall’interveniente;

–        decidere che l’interveniente sopporti le proprie spese.

86      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui riguarda le ricorrenti;

–        condannare la Commissione alle spese sostenute dall’interveniente.

87      Per quanto riguarda il capo delle conclusioni delle ricorrenti diretto a ottenere che il Tribunale adotti una misura istruttoria affinché la Commissione produca versioni non espurgate della sua corrispondenza con il KFST, occorre rilevare che, in seguito alla comunicazione spontanea di tali documenti nell’ambito del presente ricorso, le ricorrenti hanno confermato in udienza di non voler mantenere tale capo.

 In diritto

88      Le ricorrenti deducono dieci motivi a sostegno del loro ricorso. Occorre esaminarli nell’ordine nel quale sono stati presentati.

I –  Sul primo motivo, vertente su errori di diritto e di valutazione commessi in quanto la decisione impugnata considera che le imprese di medicinali generici e la Lundbeck erano quantomeno concorrenti potenziali al momento della conclusione degli accordi controversi

89      Le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata interpreta in modo errato la giurisprudenza pertinente per stabilire se un accordo restringa la concorrenza potenziale, che presuppone l’esistenza di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato in mancanza dell’accordo, e ritengono che la Commissione non abbia tenuto conto dei fatti essenziali a tal riguardo.

90      Prima di esaminare gli argomenti delle ricorrenti, occorre fare brevemente riferimento alla giurisprudenza pertinente nonché all’approccio adottato dalla Commissione nella decisione impugnata sulla concorrenza potenziale tra la Lundbeck e le imprese di medicinali generici.

A –  Analisi relativa alla concorrenza potenziale nella decisione impugnata

91      Ai punti da 615 a 620 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato le particolari caratteristiche del settore farmaceutico e ha distinto due fasi nel corso delle quali la concorrenza potenziale poteva manifestarsi in tale settore.

92      La prima fase può avere inizio diversi anni prima della scadenza del brevetto su un IFA, quando i produttori di medicinali generici che intendono lanciare una versione generica del medicinale in questione iniziano a sviluppare processi di produzione efficaci che sfociano in un prodotto rispondente ai requisiti normativi. In seguito, in una seconda fase, per preparare il suo ingresso effettivo nel mercato, è necessario che un’impresa di medicinali generici ottenga un’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), che si rifornisca di compresse da uno o più produttori di medicinali generici o li produca essa stessa, che trovi distributori o crei una propria rete di distribuzione, vale a dire che adotti una serie di misure preliminari, senza le quali non vi sarebbe mai concorrenza effettiva nel mercato.

93      L’imminente scadenza del brevetto su un IFA genera quindi un processo concorrenziale dinamico, nel corso del quale le varie imprese che producono medicinali generici competono per essere le prime a entrare nel mercato. Infatti, la prima di tali imprese che riesce a entrare nel mercato può realizzare ingenti profitti, prima che la concorrenza si intensifichi e che i prezzi scendano drasticamente. È per questo motivo che tali imprese sono pronte a effettuare investimenti ingenti e ad assumersi notevoli rischi per essere le prime a entrare nel mercato del prodotto interessato sin dal momento in cui scade il brevetto sull’IFA considerato.

94      Nell’ambito di queste due fasi di concorrenza potenziale, le imprese che producono medicinali generici o che prevedono di venderli devono spesso far fronte a questioni di diritto dei brevetti e di proprietà intellettuale. Tuttavia, esse trovano in genere un modo per evitare qualsiasi violazione di brevetti esistenti, come i brevetti di procedimento. Tali imprese dispongono infatti di varie opzioni al riguardo, come la possibilità di chiedere una dichiarazione di non contraffazione o di «rimuovere gli ostacoli» informando il laboratorio produttore di medicinali originali della loro intenzione di entrare nel mercato. Esse possono anche lanciare i loro prodotti «a rischio», difendendosi contro potenziali affermazioni di contraffazione o presentando una domanda riconvenzionale per rimettere in discussione la validità dei brevetti fatti valere a sostegno di un’azione per contraffazione. Infine, esse possono anche collaborare con il loro fornitore di IFA per modificare il processo di produzione o ridurre i rischi di contraffazione oppure rivolgersi a un altro produttore di IFA onde evitare siffatto rischio.

95      Ai punti da 621 a 623 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato che, nel caso di specie, i brevetti originari della Lundbeck erano scaduti nel gennaio 2002 nella maggior parte dei paesi del SEE. Ciò aveva generato un processo concorrenziale dinamico, nel quale più imprese che producevano o vendevano medicinali generici avevano espletato pratiche per essere le prime a entrare nel mercato. La Lundbeck ha percepito tale minaccia sin dal dicembre 1999, quando ha scritto nel suo piano strategico per il 2000 che, «entro il 2002, [era] probabile che i medicinali generici [avrebbero] conquistato una quota sostanziale di mercato delle vendite di Cipramil». Parimenti, nel dicembre 2001, la Lundbeck ha scritto nel suo piano strategico per il 2002 che essa si attendeva che il mercato del Regno Unito, in particolare, fosse gravemente colpito dalla concorrenza dei medicinali generici. Tenuto conto di tali elementi, la Commissione ha concluso che le imprese di medicinali generici esercitavano una pressione concorrenziale sulla Lundbeck al momento della conclusione degli accordi controversi.

96      Inoltre, ai punti da 624 a 633 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che il fatto di contestare brevetti era una manifestazione di concorrenza potenziale nel settore farmaceutico. La Commissione ha ricordato, al riguardo, che, nel SEE, le imprese che intendevano vendere medicinali generici non erano tenute a dimostrare che i loro prodotti non violavano alcun brevetto per poter ottenere un’AIC o per iniziare a commercializzarli. Spetta al laboratorio produttore di medicinali originali provare che tali prodotti violano, quantomeno prima facie, uno dei suoi brevetti, affinché un giudice possa ingiungere all’impresa interessata di cessare la vendita dei suoi prodotti nel mercato. Orbene, nella fattispecie, la Commissione ha ritenuto, basandosi in particolare sulle valutazioni delle parti degli accordi controversi, che il brevetto sulla cristallizzazione, sul quale si fondava essenzialmente la Lundbeck per bloccare l’ingresso nel mercato dei medicinali generici nel Regno Unito, avesse fino al 60% di possibilità di essere invalidato da un giudice e che fosse percepito dalle imprese di medicinali generici come scarsamente innovativo. In tali circostanze, la Commissione ha ritenuto che il fatto, per le imprese di medicinali generici, di entrare «a rischio» nel mercato e di dover far fronte, eventualmente, ad azioni per contraffazione da parte della Lundbeck costituisse una manifestazione di concorrenza potenziale. Pertanto, la Commissione ha concluso che i brevetti di procedimento della Lundbeck non consentivano di bloccare tutte le possibilità offerte alle imprese di medicinali generici di entrare nel mercato.

97      Al punto 635 della decisione impugnata, la Commissione ha individuato nella fattispecie otto possibili vie d’accesso al mercato:

–        la prima: il fatto di lanciare il prodotto «a rischio» affrontando eventuali azioni per contraffazione da parte della Lundbeck;

–        la seconda: il fatto di adoperarsi per «rimuovere gli ostacoli» con il laboratorio produttore di medicinali originali, prima di entrare nel mercato, in particolare nel Regno Unito;

–        la terza: il fatto di chiedere una dichiarazione di non contraffazione dinanzi a un giudice nazionale, prima di entrare nel mercato;

–        la quarta: il fatto di far valere l’invalidità di un brevetto dinanzi a un giudice nazionale, nell’ambito di una domanda riconvenzionale a seguito di un’azione per contraffazione da parte del laboratorio produttore di medicinali originali;

–        la quinta: il fatto di contestare un brevetto dinanzi alle autorità nazionali competenti o dinanzi all’UEB, chiedendo di revocare o di limitare tale brevetto;

–        la sesta: il fatto di collaborare con l’attuale produttore di IFA o con il suo fornitore per modificare il processo del produttore di IFA in modo da eliminare o da ridurre il rischio di contraffazione dei brevetti di procedimento del laboratorio produttore di medicinali originali;

–        la settima: il fatto di rivolgersi a un altro produttore di IFA nell’ambito di un contratto di fornitura esistente;

–        l’ottava: il fatto di rivolgersi a un altro produttore IFA, al di fuori di un contratto di fornitura esistente, o perché detto contratto autorizzava tale scelta, o perché, potenzialmente, un contratto di fornitura in esclusiva potrebbe essere invalidato qualora fosse dichiarato che l’IFA costituisce una violazione dei brevetti di procedimento della Lundbeck.

B –  Principi e giurisprudenza applicabili

1.     Sulla nozione di concorrenza potenziale

98      Occorre rilevare, anzitutto, che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è unicamente applicabile nei settori aperti alla concorrenza, tenuto conto delle condizioni enunciate da detto testo normativo relative all’incidenza sugli scambi tra gli Stati membri e alle ripercussioni sulla concorrenza (v. sentenza del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, T‑360/09, Racc., EU:T:2012:332, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

99      Secondo la giurisprudenza, l’esame delle condizioni di concorrenza in un mercato determinato si basa non soltanto sulla concorrenza attuale tra le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale, al fine di stabilire se, tenuto conto della struttura del mercato e del contesto economico e giuridico che disciplinano il suo funzionamento, vi siano possibilità reali e concrete che le imprese interessate si facciano concorrenza fra loro, o che un nuovo concorrente possa entrare nel mercato considerato e fare concorrenza alle imprese stabilite (sentenze del 15 settembre 1998, European Night Services e a./Commissione, T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, Racc., EU:T:1998:198, punto 137; del 14 aprile 2011, Visa Europe e Visa International Service/Commissione, T‑461/07, Racc., EU:T:2011:181, punto 68, e E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punto 85).

100    Per stabilire se un’impresa costituisca un concorrente potenziale sul mercato, la Commissione deve verificare se, in mancanza della conclusione dell’accordo oggetto del suo esame, vi sarebbero state possibilità reali e concrete che questa entrasse in detto mercato e facesse concorrenza alle imprese che vi erano stabilite. Una dimostrazione del genere non deve basarsi su una semplice ipotesi, ma deve essere suffragata da elementi di fatto o da un’analisi delle strutture del mercato pertinente. Pertanto, un’impresa non può essere qualificata un potenziale concorrente se il suo ingresso sul mercato non corrisponde ad una strategia economica efficace (v. sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).

101    Ne discende necessariamente che, se l’intenzione di un’impresa di aderire ad un mercato è eventualmente pertinente al fine di stabilire se possa essere considerata un concorrente potenziale sullo stesso mercato, l’elemento essenziale sul quale deve basarsi tale qualificazione è tuttavia costituito dalla sua capacità di entrare in detto mercato (v. sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

102    Si deve a questo proposito ricordare che la restrizione di una concorrenza potenziale, che può essere costituita anche dalla semplice esistenza di un’impresa esterna al mercato, non può essere subordinata alla dimostrazione dell’intenzione di tale impresa di inserirsi a breve scadenza nel predetto mercato. Infatti, per effetto della sua sola esistenza, questa può essere all’origine di una pressione concorrenziale sulle imprese operanti in quel momento su tale mercato, pressione costituita dal rischio dell’entrata di un nuovo concorrente in caso di evoluzione dell’attrattiva del mercato (sentenza Visa Europe e Visa International Service/Commissione, cit. al punto 99 supra, EU:T:2011:181, punto 169).

103    Peraltro, la giurisprudenza ha altresì precisato che il fatto stesso che un’impresa già presente su un mercato cercasse di concludere accordi o di istituire meccanismi di scambio di informazioni con altre imprese non presenti su tale mercato costituiva un indizio serio del fatto che quest’ultimo non era impenetrabile (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 2011, Hitachi e a./Commissione, T‑112/07, Racc., EU:T:2011:342, punto 226, e del 21 maggio 2014, Toshiba/Commissione, T‑519/09, EU:T:2014:263, punto 231).

104    Sebbene risulti da tale giurisprudenza che la Commissione può basarsi in particolare sulla percezione dell’impresa presente sul mercato per valutare se altre imprese sono sue concorrenti potenziali, tuttavia la possibilità puramente teorica di un ingresso nel mercato non è sufficiente per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale. La Commissione deve quindi dimostrare, mediante elementi di fatto o un’analisi delle strutture del mercato pertinente, che l’ingresso nel mercato avrebbe potuto effettuarsi in modo sufficientemente rapido perché la minaccia di un ingresso potenziale pesasse sul comportamento dei partecipanti al mercato mediante costi che sarebbero stati economicamente sopportabili (v., in tal senso, sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punti 106 e 114).

2.     Sull’onere della prova

105    La giurisprudenza prevede, al pari dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, che è la parte o l’autorità che deduce una violazione delle regole di concorrenza a doverne fornire la prova. Pertanto, in caso di controversia sull’esistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova sufficienti a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (v. sentenza del 12 aprile 2013, CISAC/Commissione, T‑442/08, Racc., EU:T:2013:188, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

106    In siffatto contesto, l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui viene accertata l’infrazione. Pertanto, il giudice non può concludere che la Commissione ha dimostrato, in modo giuridicamente valido, l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo, soprattutto nell’ambito di un ricorso volto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda (v. sentenza CISAC/Commissione, cit. al punto 105 supra, EU:T:2013:188, punto 92 e giurisprudenza ivi citata).

107    Infatti, è necessario tener conto della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Alla luce della natura delle infrazioni di cui trattasi nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni che possono discenderne, la presunzione di innocenza si applica, in particolare, alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nell’irrogazione di ammende o penalità di mora (v., in tal senso, sentenza CISAC/Commissione, cit. al punto 105 supra, EU:T:2013:188, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).

108    Inoltre, si deve tener conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona fisica o giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza (v. sentenza CISAC/Commissione, cit. al punto 105 supra, EU:T:2013:188, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

109    Pertanto, la Commissione è tenuta a raccogliere elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione e per corroborare la ferma convinzione che le infrazioni dedotte costituiscano restrizioni della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza CISAC/Commissione, cit. al punto 105 supra, EU:T:2013:188, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

110    Tuttavia, occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che la serie di indizi invocati dall’istituzione, complessivamente considerati, risponda a tale requisito (v. sentenza CISAC/Commissione, cit. al punto 105 supra, EU:T:2013:188, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

111    Infine, occorre rilevare che, qualora la Commissione accerti che un’impresa ha partecipato ad una misura anticoncorrenziale, spetta a tale impresa fornire, ricorrendo non solo a documenti non divulgati, ma altresì a tutti i mezzi di cui dispone, una diversa spiegazione del suo comportamento (v., in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc., EU:C:2004:6, punti 79 e 132).

112    Tuttavia, quando la Commissione dispone di prove documentali di una prassi anticoncorrenziale, le imprese interessate non possono limitarsi a far valere circostanze che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consentano, così, di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta da quest’ultima. Infatti, in presenza di prove documentali, incombe a dette imprese non solo di presentare una pretesa spiegazione alternativa dei fatti accertati dalla Commissione, bensì anche di confutare l’esistenza di tali fatti accertati in base ai documenti prodotti dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza CISAC/Commissione, cit. al punto 105 supra, EU:T:2013:188, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

3.     Sulla portata del controllo esercitato dal Tribunale

113    Occorre ricordare che l’articolo 263 TFUE implica che il giudice dell’Unione eserciti un controllo, tanto in diritto quanto in fatto, degli argomenti dedotti dal ricorrente nei confronti della decisione impugnata e che disponga del potere di valutare le prove e di annullare tale decisione. Pertanto, sebbene negli ambiti che richiedono valutazioni economiche complesse la Commissione disponga di un potere discrezionale, il giudice dell’Unione non deve per ciò stesso astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, dei dati di natura economica. Infatti, il giudice dell’Unione è tenuto in particolare non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, Racc., EU:C:2014:2062, punti 53 e 54 e giurisprudenza ivi citata).

114    È alla luce di tali considerazioni che devono essere esaminati gli argomenti delle ricorrenti relativi alla mancanza di concorrenza potenziale tra le stesse e le imprese di medicinali generici al momento della conclusione degli accordi controversi.

C –  Sulla prima parte, vertente sul fatto che il lancio di medicinali che violano i diritti di proprietà intellettuale di terzi non costituisce una manifestazione di concorrenza potenziale ai sensi dell’articolo 101 TFUE

115    Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto nella parte in cui essa considera che il lancio di medicinali che violano i diritti di proprietà intellettuale di terzi è manifestazione di una concorrenza potenziale ai sensi dell’articolo 101 TFUE. Fondare l’esistenza di una concorrenza potenziale sull’ipotesi di un lancio di medicinali generici sul mercato, con il rischio di dover far fronte a un’azione per contraffazione basata sui loro brevetti, sarebbe incompatibile con la tutela concessa ai brevetti e ai diritti esclusivi che ne derivano. L’articolo 101 TFUE tutelerebbe unicamente la concorrenza lecita e quest’ultima non può esistere quando un diritto esclusivo, quale un brevetto, impedisce, in diritto o in fatto, l’ingresso nel mercato.

116    La Commissione contesta tali argomenti.

117    Occorre ricordare che l’oggetto specifico della proprietà industriale è in particolare il fatto che venga garantito al titolare, per ricompensare lo sforzo creativo concretatosi nell’invenzione, il diritto esclusivo di valersi di questa per la produzione e la prima immissione in commercio di beni industriali, o direttamente o mediante concessione di licenze a terzi, nonché il diritto di opporsi alle contraffazioni (sentenza del 31 ottobre 1974, Centrafarm e de Peijper, 15/74, Racc., EU:C:1974:114, punto 9).

118    Tuttavia, la giurisprudenza non esclude affatto l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE agli accordi di composizione amichevole che possono essere conclusi in materia di brevetti. Tale giurisprudenza prevede per contro che, sebbene detto articolo non influisca sull’esistenza dei diritti attribuiti dalle leggi di uno Stato membro in materia di proprietà industriale, le condizioni di esercizio di tali diritti possono tuttavia ricadere sotto i divieti sanciti dallo stesso articolo. Ciò può avvenire ogni qualvolta l’esercizio di un diritto del genere risulti essere l’oggetto, il mezzo o la conseguenza di un’intesa (v., in tal senso, sentenza Centrafarm e de Peijper, cit. al punto 117 supra, EU:C:1974:114, punti 39 e 40).

119    Parimenti, secondo la giurisprudenza, sebbene non spetti alla Commissione definire la portata di un brevetto, tale istituzione non può astenersi tuttavia da qualunque iniziativa quando la portata del brevetto sia rilevante al fine di valutare una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE (sentenza del 25 febbraio 1986, Windsurfing International/Commissione, 193/83, Racc., EU:C:1986:75, punto 26; in prosieguo: la «sentenza Windsurfing»). La Corte ha altresì precisato che l’oggetto specifico del brevetto non può essere interpretato nel senso di garantire una tutela anche contro le azioni di contestazione della validità del brevetto, tenuto conto dell’interesse pubblico all’eliminazione di ogni ostacolo che potrebbe derivare per l’attività economica da un brevetto concesso indebitamente (sentenza Windsurfing, cit., EU:C:1986:75, punto 92).

120    Orbene, nella fattispecie, l’argomento delle ricorrenti si fonda sulla premessa errata secondo la quale, da un lato, le imprese di medicinali generici violavano senza dubbio i loro brevetti e, dall’altro, tali brevetti avrebbero certamente resistito alle eccezioni di invalidità che sarebbero state sollevate da tali imprese nell’ambito di eventuali azioni per contraffazione.

121    Infatti, se è vero che i brevetti si presumono validi fino a quando non siano espressamente revocati o invalidati da un’autorità o da un giudice a tal fine competente, siffatta presunzione di validità non può equivalere a una presunzione di illiceità dei prodotti generici validamente immessi in commercio che, secondo il titolare di un brevetto, violano quest’ultimo.

122    Come sostiene correttamente la Commissione e senza che ciò sia stato rimesso in discussione dalle ricorrenti, nella fattispecie, spetta a queste ultime dimostrare dinanzi ai giudici nazionali, in caso di ingresso dei medicinali generici nel mercato, che questi ultimi violavano uno dei loro brevetti di procedimento, in quanto un ingresso a rischio non è di per sé illecito. Peraltro, sarebbe stato possibile, in caso di azione per contraffazione proposta dalla Lundbeck nei confronti delle imprese di medicinali generici, che queste ultime contestassero la validità del brevetto fatto valere dalla Lundbeck, attraverso un’azione in via riconvenzionale. Siffatte azioni sono in realtà frequenti in materia di brevetti e sfociano, in molti casi, in una dichiarazione di invalidità del brevetto di procedimento fatto valere dal titolare di tale brevetto (v. punti 75 e 76 della decisione impugnata). Pertanto, dagli elementi di prova contenuti nei punti 157 e 745 della decisione impugnata emerge che, per quanto riguarda il brevetto sulla cristallizzazione, la stessa Lundbeck stimava al 50‑60% tale probabilità.

123    Inoltre, dalla decisione impugnata emerge chiaramente che, per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale nella fattispecie, la Commissione si è basata sulla giurisprudenza derivante dalle sentenze European Night Services e a./Commissione, citata al punto 99 supra (EU:T:1998:198), e Visa Europe e Visa International Service/Commissione, citata al punto 99 supra (EU:T:2011:181), secondo la quale occorre esaminare se, tenuto conto della struttura del mercato e del contesto economico e giuridico che disciplinano il suo funzionamento, vi siano possibilità reali e concrete che le imprese interessate si facciano concorrenza fra loro, o che un nuovo concorrente possa entrare nel mercato considerato e fare concorrenza alle imprese stabilite (punti 610 e 611 della decisione impugnata).

124    A tal proposito, alla luce degli elementi richiamati al punto 122 supra, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in un errore nel ritenere che i brevetti di procedimento della Lundbeck non costituissero necessariamente barriere insormontabili per le imprese di medicinali generici (v., in tal senso, sentenza Toshiba/Commissione, cit. al punto 103 supra, EU:T:2014:263, punto 230), che intendevano entrare nel mercato del citalopram ed erano pronte a farlo, e che avevano già effettuato investimenti ingenti a tal fine al momento della conclusione degli accordi controversi.

125    È vero che, probabilmente, in taluni casi, le ricorrenti avrebbero potuto vincere la causa dinanzi ai giudici competenti ottenendo ingiunzioni o risarcimenti contro le imprese di medicinali generici. Tuttavia, dagli elementi di prova contenuti nella decisione impugnata per ciascuna impresa di medicinali generici emerge che siffatta possibilità non era percepita all’epoca da tali imprese come una minaccia sufficientemente credibile. In tal senso, la Merck (GUK) aveva ritenuto, ad esempio, in seguito alla pubblicazione del brevetto sulla cristallizzazione della Lundbeck, che il citalopram della Natco «non [fosse] controverso», che «nessuna delle domande di brevetto pubblicate (…) [ponesse] problemi» e che, viste le dichiarazioni degli esperti, non sussistessero «affatto problemi in materia di brevetti» (punti 237, 248 e 334 della decisione impugnata).

126    Inoltre, non sussisteva alcuna certezza riguardo al fatto che le ricorrenti avrebbero avviato effettivamente azioni giudiziarie in caso di ingresso dei medicinali generici nel mercato. La decisione impugnata riconosce certamente che esse avevano posto in essere una strategia generale consistente nel formulare minacce di azioni per contraffazione o nel proporre siffatte azioni in base ai loro brevetti di procedimento. Tuttavia, qualsiasi decisione di agire in giudizio dipendeva dal punto di vista delle ricorrenti quanto alla probabilità che un ricorso avesse un esito positivo e che un prodotto generico commercializzato fosse inteso nel senso che violava un loro brevetto. Orbene, esse sapevano benissimo che i «fabbricanti di medicinali generici avrebbero potuto produrre il citalopram applicando il procedimento descritto nel [loro] brevetto originale che tutelava l’IFA (…) o che essi avrebbero potuto investire nella messa a punto di un procedimento completamente nuovo» (punto 150 della decisione impugnata). Peraltro, di fronte a eventuali domande riconvenzionali, la Lundbeck sapeva che il brevetto sulla cristallizzazione non era «il più solido dei brevetti» e che era considerato da alcuni dei suoi concorrenti come la «chimica del liceo» (punto 149 della decisione impugnata).

127    Infine, occorre osservare che, nella fattispecie, i brevetti originari della Lundbeck erano già scaduti al momento della conclusione degli accordi controversi e che il brevetto sulla cristallizzazione non era stato ancora definitivamente concesso nel Regno Unito, ai sensi dell’articolo 25 dell’UK Patents Act 1977 (legge del Regno Unito sui brevetti del 1977), al momento della conclusione dell’accordo GUK per il Regno Unito e dell’accordo Arrow UK. La concessione di misure provvisorie a favore della Lundbeck nel Regno Unito contro la Merck (GUK) e la Arrow sarebbe stata quindi, se non impossibile, quantomeno poco probabile in caso di ingresso nel mercato del Regno Unito di tali imprese prima della data di concessione di tale brevetto. Pertanto, è poco probabile che la Lundbeck avrebbe potuto ottenere ingiunzioni contro tutte le imprese di medicinali generici, anche se avesse proposto sistematicamente azioni giudiziarie nei loro confronti. Parimenti, il brevetto sullo iodio è stato concesso soltanto il 26 marzo 2003.

128    Occorre constatare, pertanto, al pari della Commissione al punto 635 della decisione impugnata, che esistevano, in generale, diverse vie costituenti possibilità concrete e realistiche di entrare nel mercato per le imprese di medicinali generici al momento della conclusione degli accordi controversi (punto 97 supra). Tra queste figura, in particolare, il lancio del prodotto generico «a rischio», con la possibilità di dover affrontare la Lundbeck nell’ambito di eventuali controversie.

129    Siffatta possibilità rappresenta sicuramente una manifestazione di concorrenza potenziale, in una situazione, come nel caso di specie, in cui i brevetti originari della Lundbeck, riguardanti al contempo l’IFA citalopram e i processi di produzione di alchilazione e di cianazione, erano scaduti e in cui esistevano altri processi che consentivano di produrre citalopram generico per i quali non era dimostrato che violassero altri brevetti della Lundbeck, circostanza che le ricorrenti stesse hanno ammesso nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti. Inoltre, le pratiche espletate e gli investimenti effettuati dalle imprese di medicinali generici al fine di accedere al mercato del citalopram prima della conclusione degli accordi controversi, quali esposti dalla Commissione per ciascuna impresa di medicinali generici nella decisione impugnata [v. punti da 738 a 743 e da 827 a 832 per la Merck (GUK), punti da 877 a 883 e da 965 a 969 per la Arrow, punti da 1016 a 1018 per la Alpharma e punti da 1090 a 1102 per la Ranbaxy] e la cui stessa esistenza non è stata contestata dalle ricorrenti, dimostrano che tali imprese erano pronte a entrare nel mercato e a correre i rischi che tale ingresso implicava.

130    Infine, occorre inoltre respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale un ingresso a rischio delle imprese di medicinali generici sarebbe stato illecito, cosicché lo stesso non può essere considerato come esercizio legittimo di una concorrenza reale o potenziale.

131    Infatti, la giurisprudenza richiede unicamente la prova del fatto che le imprese di medicinali generici disponessero di possibilità reali e concrete e della capacità di entrare nel mercato, il che è avvenuto certamente quando tali imprese avevano effettuato investimenti ingenti per entrare nel mercato e avevano già ottenuto AIC o espletato le pratiche necessarie per ottenerne una entro un termine ragionevole. Al riguardo, occorre ricordare che alcune imprese sono anche riuscite a entrare, a proprio rischio, nel mercato prima o dopo la conclusione degli accordi controversi. Infatti, la NM Pharma, il distributore della Merck (GUK) in Svezia, aveva effettuato vendite «assai incoraggianti» per quasi cinque mesi nel mercato svedese, prima della conclusione dell’accordo per il SEE, senza essere osteggiata dalla Lundbeck (punto 837 della decisione impugnata). Anche la Merck (GUK), nell’agosto 2003, aveva potuto vendere compresse di citalopram generico per un valore pari a GBP 3,3 milioni nel Regno Unito, prima di ottenere una seconda proroga più remunerativa dell’accordo GUK per il Regno Unito. Accogliere la tesi delle ricorrenti significherebbe ammettere che anche tale ingresso effettivo nel mercato non costituisce una manifestazione di concorrenza potenziale, semplicemente perché esse erano convinte dell’illiceità di tale ingresso e avrebbero potuto tentare eventualmente di opporvisi facendo valere i loro brevetti di procedimento nell’ambito di azioni per contraffazione. Orbene, per i motivi esposti ai punti da 120 a 122 supra, siffatto argomento non può che essere respinto.

132    Pertanto, le ricorrenti ritengono erroneamente che la Commissione non abbia tenuto conto della presunzione di validità dei loro brevetti e dei diritti di proprietà ad essi collegati, quando ha qualificato l’ingresso «a rischio» delle imprese di medicinali generici nel mercato come manifestazione, nella fattispecie, di una concorrenza potenziale tra la Lundbeck e queste ultime.

133    La prima parte va pertanto respinta.

D –  Sulla seconda parte, vertente sul fatto che la Commissione si sarebbe basata su valutazioni soggettive per concludere che le imprese di medicinali generici erano concorrenti reali o potenziali della Lundbeck

134    Le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata erri nel basarsi sulla valutazione soggettiva effettuata dalle parti degli accordi controversi e vertente sulla validità di un brevetto e sulla natura contraffatta o meno di un prodotto per stabilire se tali parti fossero concorrenti potenziali.

135    In primo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata non provi in modo sufficiente che la valutazione soggettiva delle imprese di medicinali generici consisteva nel fatto che, secondo tali imprese, esisteva una possibilità concreta che un giudice dichiarasse i brevetti della Lundbeck nulli o non contraffatti. Orbene, in forza dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, spetterebbe alla Commissione fornire la prova che un ingresso non illecito era possibile nel corso dei periodi considerati dagli accordi controversi. Tale valutazione si baserebbe inoltre su informazioni insufficienti e non sempre costanti, tanto da non poter essere utilizzate per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti degli accordi controversi.

136    In secondo luogo, le decisione impugnata sarebbe errata e non terrebbe conto degli elementi oggettivi che confermerebbero la difficoltà delle imprese di medicinali generici nell’accedere al mercato, quali gli elementi scientifici forniti dalla Lundbeck che dimostrano l’esistenza di una contraffazione, la conferma, sia da parte della commissione di ricorso dell’UEB che da parte dell’ufficio brevetti dei Paesi Bassi, della validità del brevetto sulla cristallizzazione su tutti gli aspetti rilevanti, oppure il fatto che alla Lundbeck fossero state concesse ingiunzioni preliminari o altre forme di misure temporanee in più del 50% dei procedimenti che la stessa aveva avviato nel corso degli anni 2002‑2003. La decisione impugnata non dimostrerebbe, quindi, in modo sufficiente la capacità delle imprese di medicinali generici di entrare nel mercato e non risolverebbe la questione se i brevetti della Lundbeck fossero validi o fossero stati violati al momento della conclusione degli accordi controversi, il che costituirebbe una questione obiettiva.

137    La Commissione contesta tali argomenti.

138    In via preliminare, occorre confermare l’approccio della Commissione, quale emerge dall’intera decisione impugnata, consistente nel tener conto principalmente degli elementi di prova precedenti o contemporanei alla data in cui sono stati conclusi gli accordi controversi (v., per analogia, sentenza dell’11 luglio 2014, Esso e a./Commissione, T‑540/08, Racc., EU:T:2014:630, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

139    Infatti, da un lato, la Commissione non può ricostruire il passato immaginando i fatti che si sarebbero verificati e che non si sono per l’appunto verificati a causa di tali accordi. D’altro lato, le parti di tali accordi hanno ormai tutto l’interesse a dedurre argomenti diretti a dimostrare che esse non avevano alcuna prospettiva concreta di entrare nel mercato o che esse ritenevano che i loro prodotti violassero uno dei brevetti della Lundbeck. Tuttavia, è solo in base alle informazioni di cui disponevano all’epoca e alla loro percezione del mercato in quel momento che esse hanno deciso di adottare una linea di condotta e di concludere gli accordi controversi.

140    Peraltro, siffatto approccio è conforme agli insegnamenti che si possono trarre dalla sentenza Windsurfing, citata al punto 119 supra (EU:C:1986:75, punto 26), in cui la Corte ha dichiarato che non spettava alla Commissione definire la portata di un brevetto, ma tale istituzione non poteva astenersi da qualunque iniziativa quando la portata del brevetto fosse rilevante al fine di valutare una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

141    La Commissione si è quindi basata, senza commettere errori, su documenti obiettivi che riflettevano il modo in cui le parti degli accordi controversi percepivano la forza dei brevetti di procedimento della Lundbeck al momento della conclusione di tali accordi (v. in particolare punto 669 della decisione impugnata) al fine di valutare la situazione concorrenziale tra dette parti, fermo restando che possono essere anche presi in considerazione elementi di prova successivi nei limiti in cui essi consentano di dimostrare con maggiore precisione qual era la loro posizione all’epoca, di confermare o di smentire le loro tesi a tal proposito nonché di comprendere meglio il funzionamento del mercato considerato. In ogni caso, tali elementi non possono essere decisivi ai fini dell’esame dell’esistenza di una concorrenza potenziale tra le parti degli accordi controversi.

142    Inoltre, erroneamente le ricorrenti sostengono che la Commissione, nella decisione impugnata, si è basata «quasi esclusivamente» su tali valutazioni soggettive per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le stesse e le imprese di medicinali generici. La Commissione ha svolto, infatti, un esame minuzioso, per ciascuna delle imprese di medicinali generici interessate, delle loro possibilità reali e concrete di entrare nel mercato, basandosi su elementi obiettivi quali gli investimenti già effettuati, le pratiche espletate per ottenere un’AIC e i contratti di fornitura conclusi, in particolare, con i fornitori di IFA. Questi diversi elementi sono stati del resto espressamente contestati dalle ricorrenti, per quanto riguarda ciascuna impresa di medicinali generici, e saranno esaminati infra nell’ambito dell’esame delle parti dalla sesta alla nona.

143    Parimenti, inutilmente le ricorrenti fanno valere che la Commissione non avrebbe tenuto sufficientemente conto degli elementi di prova dalle stesse forniti, che dimostrerebbero l’esistenza di una violazione dei loro brevetti da parte delle imprese di medicinali generici o la validità del brevetto sulla cristallizzazione, che sarebbe stato confermato, in particolare, dall’UEB, nel 2009, in tutti i suoi elementi rilevanti.

144    Da un lato, sebbene altre dichiarazioni contemporanee alla conclusione degli accordi controversi lascino intendere che le imprese di medicinali generici nutrivano dubbi riguardo al carattere non contraffatto dei loro prodotti, o che la Lundbeck era convinta della validità dei suoi brevetti, tali dichiarazioni non sono sufficienti a rimettere in discussione la conclusione secondo la quale le imprese di medicinali generici erano percepite come una minaccia potenziale per la Lundbeck e, per effetto della loro semplice esistenza, potevano esercitare una pressione concorrenziale sulla stessa e sulle imprese operanti nello stesso mercato (v., in tal senso, sentenza Visa Europe e Visa International Service/Commissione, cit. al punto 99 supra, EU:T:2011:181, punto 169). L’elemento avente maggiore forza probatoria al riguardo consiste nel fatto stesso che la Lundbeck abbia concluso accordi con le imprese di medicinali generici per ritardare il loro ingresso nel mercato (v., in tal senso, sentenza Toshiba/Commissione, cit. al punto 103 supra, EU:T:2014:263, punto 231).

145    D’altro lato, gli elementi di prova fatti valere dalle ricorrenti, successivi alla conclusione degli accordi controversi, non possono essere decisivi al fine di valutare l’esistenza di una concorrenza potenziale al momento della conclusione di detti accordi. Infatti, anche supponendo che l’UEB abbia confermato il brevetto sulla cristallizzazione in tutti i suoi aspetti rilevanti nel 2009 (v. punto 166 della decisione impugnata), tuttavia, al momento della conclusione degli accordi controversi, le imprese di medicinali generici nonché la stessa Lundbeck dubitavano della validità di tale brevetto e non era escluso che un giudice nazionale potesse dichiararlo invalido, come era avvenuto del resto, in un primo tempo, dinanzi all’UEB (punti 151 e 166 della decisione impugnata).

146    Inoltre, come sostiene correttamente la Commissione, al momento della conclusione degli accordi controversi, la Lundbeck non aveva ottenuto alcuna misura provvisoria, che fosse contro imprese di medicinali generici, quali la Merck (GUK), che utilizzava il citalopram della Natco, contro imprese di medicinali generici, quali la Arrow e la Alpharma, che utilizzavano il citalopram della Cipla o il citalopram generico sviluppato a partire dall’IFA citalopram prodotto dalla società indiana Matrix (in prosieguo: il «citalopram della Matrix» o l’«IFA della Matrix»), oppure contro imprese di medicinali generici che utilizzavano il citalopram generico sviluppato a partire dall’IFA citalopram prodotto dalla Ranbaxy (in prosieguo: il «citalopram della Ranbaxy» o l’«IFA della Ranbaxy»), e nessun giudice del SEE aveva constatato violazioni dei brevetti sulla cristallizzazione, sull’amido o sullo iodio.

147    Erroneamente quindi le ricorrenti fanno valere che la Commissione si sarebbe essenzialmente basata su valutazioni soggettive al fine di constatare che la Lundbeck e le imprese di medicinali generici erano concorrenti potenziali al momento della conclusione degli accordi controversi.

148    Pertanto, la seconda parte deve essere parimenti respinta.

E –  Sulla terza parte, vertente sul fatto che la contestazione di un brevetto valido non costituisce una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato

149    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un errore di diritto nel ritenere che la contestazione di un brevetto valido costituisca una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato. Esse contestano in particolare il fatto che la richiesta di una dichiarazione di non contraffazione, la deduzione della nullità di un brevetto o l’opposizione a un brevetto dinanzi agli organismi nazionali in materia di brevetti o dinanzi all’UEB possano costituire vie atte a consentire alle imprese di medicinali generici di entrare nel mercato, nonostante i brevetti di procedimento della Lundbeck.

150    In primo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata confonda l’ingresso nel mercato con gli investimenti che permettono siffatto ingresso e che tale decisione estenda a oltranza i confini della concorrenza potenziale. La giurisprudenza richiederebbe che siano dimostrate possibilità reali e concrete di entrare nel mercato e che tale ingresso sia effettuato in modo sufficientemente rapido perché la minaccia di un ingresso potenziale pesi sul comportamento dei partecipanti al mercato. Orbene, la dimostrazione di possibilità reali e concrete di effettuare investimenti che, in caso di successo, consentirebbero di entrare nel mercato non soddisferebbe tale criterio.

151    In secondo luogo, la presunzione di validità connessa ai brevetti impedirebbe di ritenere che la possibilità di contestare la validità di tale brevetto costituisca una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato. L’approccio adottato dalla Commissione al riguardo sarebbe contrario alla sentenza European Night Services e a./Commissione, citata al punto 99 supra (EU:T:1998:198, punto 139).

152    In terzo luogo, anche supponendo che le contestazioni di brevetti abbiano potuto costituire una possibilità reale e concreta per le imprese di medicinali generici di entrare nel mercato, tali contestazioni non avrebbero consentito l’ingresso nel mercato in modo sufficientemente rapido. Infatti, a detta della Commissione nella sua indagine sul settore farmaceutico, la contestazione di un brevetto richiederebbe in media quasi tre anni, il che non avrebbe consentito alle imprese di medicinali generici di entrare in modo sufficientemente rapido. La decisione impugnata resterebbe vaga al riguardo, mentre, se le imprese di medicinali generici non potevano entrare nel mercato in modo lecito durante la vigenza degli accordi controversi, questi ultimi non avrebbero potuto incidere sulla concorrenza.

153    In quarto luogo, le ricorrenti ritengono che, anche se si accogliesse la tesi della Commissione, la decisione impugnata avrebbe dovuto quantomeno dimostrare che, senza gli accordi controversi, le imprese di medicinali generici avrebbero agito in giudizio e probabilmente avrebbero vinto la causa dinanzi ai giudici nazionali o, quantomeno, che esse avevano possibilità di vincere in caso di contestazione dei brevetti.

154    Infine, le ricorrenti fanno valere che la tesi della Commissione si fonda su un pregiudizio ingiustificato contro i brevetti di procedimento rispetto ai brevetti riguardanti molecole.

155    L’interveniente fa valere altresì che, nella decisione impugnata, la Commissione incorre in un errore nel ritenere che la Lundbeck e le imprese di medicinali generici fossero concorrenti potenziali. Siffatta conclusione non terrebbe sufficientemente conto della presunzione di validità dei brevetti della Lundbeck e del fatto che misure temporanee avrebbero costituito un ostacolo insormontabile per le imprese di medicinali generici in caso di tentativo di ingresso nel mercato. Essa critica inoltre la tesi secondo la quale la contestazione della validità dei brevetti costituirebbe parte integrante del processo concorrenziale.

156    La Commissione contesta tali argomenti.

157    Occorre constatare, contrariamente a quanto fanno valere le ricorrenti, che la Commissione non ha ritenuto, nella decisione impugnata, che la semplice possibilità di contestare la validità di un brevetto in giudizio o dinanzi alle autorità competenti fosse sufficiente per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale. Infatti, per dimostrare l’esistenza, nella fattispecie, di una concorrenza potenziale tra le imprese di medicinali generici e la Lundbeck, la Commissione ha preso in considerazione vari elementi, come gli investimenti e le iniziative rilevanti già poste in essere dalle imprese di medicinali generici per preparare il loro ingresso nel mercato, il fatto che esse avessero già ottenuto AIC o espletato le pratiche necessarie per ottenerne una entro un termine ragionevole, che le ricorrenti avessero riconosciuto l’esistenza di vari procedimenti disponibili per produrre il citalopram senza violare i loro brevetti, che nessun giudice avesse constatato la natura contraffatta dei prodotti generici al momento della conclusione degli accordi controversi e che sussistesse un rischio non trascurabile che taluni brevetti di procedimento della Lundbeck potessero essere dichiarati invalidi. Inoltre, un’impresa di medicinali generici, ossia la Merck (GUK), era anche riuscita a entrare nel mercato prima e durante la vigenza degli accordi controversi. Infine, il fatto che le ricorrenti abbiano deciso di versare somme ingenti alle imprese di medicinali generici per tenerle fuori dal mercato durante la vigenza degli accordi controversi dimostra altresì che queste ultime erano concorrenti potenziali, in quanto erano percepite dalle ricorrenti come una minaccia che esercitava una pressione concorrenziale sulla loro posizione nel mercato (punti 103 e 144 supra).

158    Nessun argomento dedotto dalle ricorrenti è tale da rimettere in discussione tale conclusione.

159    Infatti, per quanto attiene, in primo luogo, agli investimenti effettuati dalle imprese di medicinali generici per preparare il loro ingresso nel mercato, è sufficiente constatare che la Commissione non ha mai ritenuto che tali investimenti bastassero di per sé soli a dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le stesse e le ricorrenti. La Commissione si è basata, per contro, a tal riguardo, su un insieme di elementi rilevanti, per ciascuna impresa di medicinali generici (v. punto 157 supra). Inoltre, come sostiene correttamente la Commissione, l’esistenza di una concorrenza potenziale non richiede la prova che le imprese di medicinali generici siano entrate certamente nel mercato e che siffatto ingresso sia stato immancabilmente coronato da successo, ma unicamente che esse disponevano di possibilità reali e concrete a tal fine. Affermare il contrario equivarrebbe a negare qualsiasi distinzione tra concorrenza reale e concorrenza potenziale.

160    È vero che la giurisprudenza precisa che la possibilità puramente teorica di un ingresso nel mercato non è sufficiente per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale e che la Commissione deve dimostrare, mediante elementi di fatto o un’analisi delle strutture del mercato pertinente, che l’ingresso nel mercato avrebbe potuto effettuarsi in modo sufficientemente rapido perché la minaccia di un ingresso potenziale pesasse sul comportamento dei partecipanti al mercato mediante costi che sarebbero stati economicamente sopportabili (punto 104 supra).

161    Non risulta, tuttavia, che la Commissione non abbia tenuto conto di tale giurisprudenza nella fattispecie, in quanto l’analisi del settore farmaceutico effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata nonché la particolare situazione di ciascuna impresa di medicinali generici al momento della conclusione degli accordi controversi (punto 129 supra) dimostrano in modo sufficiente che l’ingresso di tali imprese nel mercato del citalopram non costituiva una semplice possibilità teorica, bensì che esse disponevano di possibilità reali e concrete al riguardo, come emerge dal successivo esame delle parti dalla sesta alla nona. Sorprenderebbe, del resto, il fatto che un’impresa dotata di esperienza come la Lundbeck abbia accettato di versare vari milioni di euro alle imprese di medicinali generici in contropartita del loro impegno di non entrare nel mercato per un determinato periodo di tempo, se la possibilità, per queste ultime, di entrare nel mercato fosse stata puramente teorica.

162    In secondo luogo, la sentenza European Night Services e a./Commissione, citata al punto 99 supra (EU:T:1998:198, point 139), fatta valere dalle ricorrenti, non osta all’approccio seguito dalla Commissione nella fattispecie. Infatti, sebbene, in tale sentenza, il Tribunale abbia menzionato l’esistenza di diritti d’esclusiva che impedivano di diritto o di fatto, nella maggioranza degli Stati membri, la prestazione di servizi di trasporto internazionali di viaggiatori nonché l’accesso all’infrastruttura, prima dell’adozione della direttiva 91/440/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie (GU L 237, pag. 25), siffatta situazione non può essere estesa alla fattispecie, in quanto i brevetti di procedimento della Lundbeck non sono in nessun caso paragonabili ai diritti d’esclusiva di cui beneficiavano le imprese ferroviarie prima dell’adozione di tale direttiva e i mercati interessati presentano differenze sostanziali. Inoltre, come osserva correttamente la Commissione, nella causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza, il Tribunale aveva contestato alla Commissione il fatto di non aver svolto un’analisi dettagliata del mercato al fine di dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale e di essersi basata su ipotesi non suffragate da alcun elemento di fatto o da un’analisi delle strutture del mercato pertinente. Nella fattispecie, per contro, le ricorrenti non possono validamente affermare che l’insieme delle circostanze rilevanti, sintetizzate al punto 157 supra e sviluppate nei dettagli nella decisione impugnata, per ciascuna impresa di medicinali generici, consistono in speculazioni puramente teoriche non suffragate da un’analisi dettagliata delle caratteristiche del mercato pertinente.

163    In terzo luogo, occorre ricordare che la giurisprudenza richiede unicamente, per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale, che l’ingresso nel mercato abbia luogo entro un termine ragionevole, senza aver fissato alcun limite preciso al riguardo. Non è necessario, quindi, che la Commissione dimostri che l’ingresso delle imprese di medicinali generici nel mercato abbia avuto luogo con certezza prima della scadenza degli accordi controversi per poter dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale nella fattispecie, tanto più che, come la Corte ha già constatato, nel settore farmaceutico in particolare, la concorrenza potenziale può essere esercitata assai prima della scadenza di un brevetto (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, AstraZeneca/Commissione, C‑457/10 P, Racc., EU:C:2012:770, punto 108).

164    Al riguardo, occorre rilevare che l’osservazione della Corte riguardante il fatto che la concorrenza potenziale possa essere esercitata prima della scadenza di un brevetto è indipendente dal fatto che i CPC in questione fossero stati ottenuti in modo fraudolento o irregolare. Infatti, nella causa che ha dato luogo alla sentenza AstraZeneca/Commissione, citata al punto 163 supra (EU:C:2012:770, punto 108), si trattava in particolare di un abuso di posizione dominante commesso da un’impresa che aveva reso dichiarazioni ingannevoli al fine di ottenere la concessione, da parte delle autorità nazionali competenti, di CPC che le consentissero, anche dopo la scadenza futura dei brevetti che tutelavano il suo medicinale, di opporsi all’ingresso nel mercato di versioni generiche di tale medicinale. In tale contesto, la Corte ha considerato, in sostanza, che la natura anticoncorrenziale di dette dichiarazioni non era rimessa in discussione per il fatto che tali CPC erano stati chiesti tra cinque e sei anni prima della loro entrata in vigore e che, fino a quel momento, i diritti dei ricorrenti erano protetti da brevetti regolari. Secondo la Corte, non solo siffatti CPC irregolari comportavano un effetto di esclusione rilevante dopo la scadenza dei brevetti di base, ma potevano anche alterare la struttura del mercato compromettendo la potenziale concorrenza anche prima di detta scadenza. Pertanto, tale giurisprudenza conferma che la concorrenza potenziale esiste già prima della scadenza dei brevetti che tutelano un medicinale e che le pratiche espletate prima di tale scadenza sono pertinenti al fine di valutare se tale concorrenza sia stata ristretta.

165    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono erroneamente che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che le imprese di medicinali generici avrebbero proposto azioni giudiziarie e che avrebbero vinto la causa dinanzi ai giudici nazionali competenti. Infatti, dai punti 624 e seguenti della decisione impugnata emerge che le imprese di medicinali generici non erano tenute a dimostrare che i loro prodotti generici non violavano alcun brevetto per poter ottenere un’AIC e commercializzare tali prodotti nel mercato, il che non è rimesso, del resto, in discussione dalle ricorrenti. In tal senso, la Merck (GUK) è potuta entrare nel mercato attraverso il suo distributore, la NM Pharma, in Svezia, nel maggio 2002, senza aver dovuto ottenere una dichiarazione di non contraffazione e senza aver costituito oggetto di azioni giudiziarie da parte della Lundbeck. Spetta al laboratorio produttore di medicinali originali, vale a dire, nella fattispecie, alla Lundbeck, dimostrare che tali prodotti violavano uno dei suoi brevetti, il che, secondo le stime proprie di tale società, era particolarmente difficile da dimostrare nel caso dei brevetti di procedimento (v. punto 629 della decisione impugnata). Inoltre, come sostiene la Commissione, non è certo che la Lundbeck avrebbe necessariamente proposto azioni giudiziarie nei confronti delle imprese di medicinali generici nel caso di un loro ingresso nel mercato (v. punto 126 supra). È ancor meno certo che la Lundbeck avrebbe vinto la causa se avesse deciso di proporre siffatte azioni (v. punto 122 supra e punti 75 e 76 della decisione impugnata).

166    Infine, occorre ricordare che la Commissione non ha ignorato la presunzione di validità connessa ai brevetti di procedimento della Lundbeck (punti da 121 a 132 supra). Le ricorrenti non possono sostenere, quindi, che la decisione impugnata è basata su un pregiudizio negativo riguardo a tali brevetti. Infatti, la Commissione ha tenuto conto dell’esistenza di tali brevetti, ma ha ritenuto, senza incorrere in un errore di valutazione al riguardo, che questi ultimi non consentissero di bloccare qualsiasi accesso delle imprese di medicinali generici al mercato nel momento in cui gli accordi controversi erano stati conclusi.

167    La terza parte deve essere quindi respinta.

F –  Sulla quarta parte, vertente sul fatto che la mancanza di un’AIC impedisce l’esistenza di una concorrenza reale o potenziale

168    Le ricorrenti ritengono che la Commissione abbia concluso erroneamente per l’esistenza di una concorrenza potenziale, nonostante la mancanza di AIC per talune imprese di medicinali generici, per il semplice fatto che queste ultime avevano tentato di ottenerle prima di concludere gli accordi controversi (punto 620 della decisione impugnata). Tale conclusione sarebbe in contrasto con taluni passaggi della decisione impugnata (in particolare, al punto 85) nonché con le conclusioni dell’indagine sul settore farmaceutico e con le osservazioni individuali delle parti interessate riguardo al termine necessario per ottenere un’AIC, che sarebbe almeno di quattordici mesi e che potrebbe richiedere fino a venticinque mesi in taluni paesi del SEE. Sarebbe stato meglio, a loro avviso, che la decisione impugnata valutasse in concreto se ciascuna impresa di medicinali generici disponesse di possibilità reali e concrete di ottenere un’AIC durante la vigenza degli accordi controversi, e ciò in ogni paese interessato, dato che ogni paese costituiva un mercato geografico distinto e che taluni accordi riguardavano singoli paesi. In ogni caso, le AIC non avrebbero consentito di entrare immediatamente nel mercato, essendo necessarie, a tal fine, alcune fasi preparatorie supplementari.

169    La Commissione contesta tali argomenti.

170    Al riguardo, occorre rilevare, anzitutto, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che la Commissione ha valutato, per ciascuna impresa di medicinali generici, se quest’ultima disponesse di un’AIC al momento della conclusione degli accordi controversi o se la stessa avesse potuto disporre di un’AIC in un futuro sufficientemente prossimo.

171    Va osservato inoltre che la concorrenza potenziale include in particolare le attività delle imprese di medicinali generici volte a ottenere le AIC necessarie nonché all’espletamento di tutte le pratiche amministrative e commerciali indispensabili per preparare l’ingresso nel mercato (v. punti da 91 a 94 supra). Tale concorrenza potenziale è tutelata dall’articolo 101 TFUE. Infatti, nel caso in cui fosse possibile, senza violare il diritto della concorrenza, pagare le imprese che stanno espletando le pratiche indispensabili per preparare il lancio di un medicinale generico, tra cui l’ottenimento di un’AIC, e che hanno effettuato investimenti ingenti a tal fine, affinché interrompano o semplicemente rallentino tale processo, la concorrenza effettiva non avrebbe mai luogo o subirebbe ritardi significativi, e ciò a spese dei consumatori, vale a dire, nella fattispecie, dei pazienti o delle casse malattia nazionali.

172    In tal senso, per quanto riguarda la Merck (GUK), la Commissione ha constatato che la stessa aveva ottenuto un’AIC nel Regno Unito il 9 gennaio 2002, e che il suo distributore, la NM Pharma, disponeva anch’esso di un’AIC in Svezia dal maggio 2002. La Merck (GUK) e la NM Pharma prevedevano di utilizzare la procedura di reciproco riconoscimento di 90 giorni di cui all’articolo 18 della direttiva 2001/83 per ottenere AIC negli altri paesi del SEE (punto 326 della decisione impugnata).

173    Per quanto attiene alla posizione della Arrow nel Regno Unito, ai punti da 878 a 881 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che tale impresa aveva concluso un accordo con la Tiefenbacher, per poter utilizzare l’AIC che quest’ultima aveva chiesto nel Regno Unito, in base all’AIC di cui la stessa già disponeva nei Paesi Bassi. La Commissione ha altresì precisato che, nella fase immediatamente precedente alla firma dell’accordo Arrow UK, ci si attendeva che le autorità del Regno Unito rilasciassero tale AIC in tempi assai rapidi e che il ritardo verificatosi in seguito era dovuto alla contestazione, da parte delle ricorrenti, dell’AIC olandese.

174    Per quanto riguarda la posizione della Arrow in Danimarca, ai punti 967 e 968 della decisione impugnata, la Commissione ha evidenziato il fatto che il preambolo dell’accordo Arrow danese menzionasse la circostanza che tale impresa stava per ottenere una «licenza» da terzi e che una copia dell’AIC di tali terzi era acclusa in allegato. Come osserva correttamente la Commissione, il fatto che la Arrow, alla fine, non abbia acquistato tale AIC non significa che essa non disponesse di una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato al momento della conclusione di detto accordo.

175    Per quanto attiene alla Alpharma, dai punti 476, 485, 520 e 530 della decisione impugnata risulta in particolare che tale impresa poteva utilizzare le AIC concesse alla Tiefenbacher, in forza del suo contratto di fornitura con quest’ultima, almeno per i Paesi Bassi e per la Germania, e poteva chiedere essa stessa un’AIC per gli altri Stati membri del SEE oppure chiedere alla Tiefenbacher di estendere la procedura di reciproco riconoscimento a tali altri paesi.

176    Inoltre, nell’ottobre 2001, la Alpharma contava di ottenere AIC e di procedere al lancio del citalopram generico, in diverse date nel 2002, in Austria, in Danimarca, in Finlandia, in Germania, nei Paesi Bassi, in Norvegia, in Svezia e nel Regno Unito. Parimenti, nel momento in cui l’accordo Alpharma è stato firmato, erano state concesse quattro AIC (in Danimarca, in Finlandia, nei Paesi Bassi e in Svezia), mentre dell’AIC per il Regno Unito era attesa l’imminente concessione (v. punto 281 infra). Peraltro, durante la vigenza di tale accordo, la Alpharma ha ricevuto AIC per altri quattro paesi del SEE (la Norvegia, la Germania, l’Austria e il Regno Unito).

177    Per quanto riguarda la Ranbaxy, al punto 1094 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato, in sostanza, che tale impresa aveva depositato il dossier generale del farmaco (Drug Master File; in prosieguo il «DMF») riguardante il suo IFA del citalopram presso l’autorità competente del Regno Unito nel giugno 2002. Tale iniziativa, sebbene non fosse indispensabile per ottenere un’AIC, semplificava la procedura consentendo a un’impresa di medicinali generici che disponeva già di un’AIC riguardante compresse di citalopram generico prodotte a partire da un IFA diverso da quello della Ranbaxy di chiedere una modifica della sua AIC affinché quest’ultima includesse anche il citalopram della Ranbaxy. Infatti, il deposito di un DMF presso le autorità competenti consente al fabbricante di IFA di non rivelare informazioni riservate alle imprese di medicinali generici che acquistano il suo IFA e intendono presentare una domanda di AIC per i medicinali che esse producono a partire da tale IFA.

178    Inoltre, al punto 1095 della decisione impugnata, la Commissione si è basata sul fatto che, nel corso di una riunione tenutasi nell’aprile 2002, la Ranbaxy aveva comunicato alla Lundbeck che avrebbe potuto ottenere un’AIC entro otto mesi e che stava trattando con un acquirente potenziale del suo citalopram, acquirente che sarebbe potuto entrare con quest’ultimo nel mercato entro tre o quattro mesi, in seguito a una modifica dell’AIC di cui aveva già la disponibilità. La tesi delle ricorrenti secondo la quale siffatte dichiarazioni costituivano soltanto un «bluff» sarà esaminata più dettagliatamente di seguito, nell’ambito dell’esame della nona parte del presente motivo.

179    Tali elementi dimostrano che le imprese di medicinali generici interessate o avevano già ottenuto un’AIC al momento della conclusione degli accordi controversi, o stavano espletando le pratiche necessarie per ottenerne una a breve o a medio termine, o potevano fare in modo che i loro prodotti potessero rientrare in altre AIC. Sebbene, in taluni casi, l’ottenimento di un’AIC, alla fine, abbia potuto richiedere più tempo del previsto, tuttavia, al momento della conclusione degli accordi controversi, le imprese di medicinali generici disponevano di possibilità reali e concrete di ottenere tali AIC entro un termine sufficientemente breve e di poter entrare nel mercato del citalopram in vari paesi del SEE, avvalendosi della procedura di reciproco riconoscimento di cui all’articolo 18 della direttiva 2001/83, esercitando, quindi, una pressione concorrenziale sulla Lundbeck. Inoltre, occorre ricordare che, nella fattispecie, le imprese di medicinali generici avevano iniziato i preparativi per entrare nel mercato del citalopram da uno a tre anni prima della scadenza dei brevetti originari della Lundbeck (v. punti 219, 373, 476 e 549 della decisione impugnata) e si impegnavano in una corsa sfrenata per essere le prime a entrare nel mercato sin dalla scadenza di tali brevetti (v. punto 622 della decisione impugnata).

180    La Commissione ha quindi constatato, senza commettere errori, al punto 620 della decisione impugnata, che la mancanza di AIC non impediva che i medicinali generici potessero entrare nel mercato in un futuro prossimo fintanto che le imprese di medicinali generici continuavano ad espletare le pratiche dirette a ottenere le autorizzazioni necessarie al riguardo prima di concludere gli accordi controversi con la Lundbeck.

181    Occorre ricordare, peraltro, che, sebbene si tratti di un elemento rilevante al riguardo, la Commissione, nella decisione impugnata, non si è basata unicamente sulla possibilità, per le imprese di medicinali generici, di ottenere un’AIC al fine di dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le stesse e la Lundbeck, ma su un insieme di fattori che tengono conto della situazione specifica di ciascuna impresa di medicinali generici al momento della conclusione degli accordi controversi nonché delle particolarità del settore farmaceutico (v. punti da 91 a 96 e 157 supra). Inoltre, occorre ricordare che il fatto stesso che la Lundbeck abbia deciso di concludere accordi con le imprese di medicinali generici costituisce un indizio importante del fatto che essa percepiva tali imprese come una minaccia potenziale al momento della conclusione degli accordi controversi (v., in tal senso, sentenza Toshiba/Commissione, cit. al punto 103 supra, EU:T:2014:263, punto 231).

182    Pertanto, la quarta parte deve essere parimenti respinta.

G –  Sulla quinta parte, vertente sul fatto che le imprese di medicinali generici non avrebbero potuto ricorrere ad altri procedimenti o ad altri produttori di IFA durante la vigenza degli accordi controversi

183    Le ricorrenti contestano la conclusione della decisione impugnata secondo la quale, tra le possibili vie d’accesso al mercato (punto 635 della decisione impugnata), figuravano in particolare una collaborazione tra l’impresa di medicinali generici e il suo produttore di IFA al fine di modificare il procedimento di tale produttore o il passaggio a un altro produttore di IFA. Si tratterebbe di soluzioni alternative di natura teorica, in quanto, da un lato, non esistevano altri metodi commercialmente sostenibili per produrre citalopram che consentissero di entrare legalmente nel mercato, nell’ambito del SEE, nel 2002 e nel 2003 e, dall’altro, le imprese di medicinali generici non avrebbero avuto a disposizione un tempo sufficiente per cambiare il produttore di IFA prima della scadenza degli accordi controversi.

184    In primo luogo, non sussisterebbe alcun serio indizio che consenta di confutare gli elementi di prova forniti dalla Lundbeck, secondo i quali nessun procedimento commercialmente sostenibile e non contraffatto avrebbe consentito di entrare nel mercato nel 2002 e nel 2003. Nessuno degli elementi fatti valere nella decisione impugnata riguardanti la Merck (GUK), la Alpharma, la Arrow e la Ranbaxy sarebbe sufficiente per dimostrare il contrario.

185    Inoltre, la decisione impugnata si baserebbe erroneamente su dichiarazioni della Lundbeck per dimostrare che esistevano altri procedimenti, non contraffatti, all’epoca della conclusione degli accordi controversi (punto 634 della decisione impugnata). La Commissione si sarebbe basata, erroneamente, sulla presunzione che tutti i procedimenti elencati dalla Lundbeck in una sua dichiarazione fossero non contraffatti e commercialmente sostenibili e rispettosi dei requisiti normativi previsti nel SEE, mentre nessuno di tali procedimenti avrebbe consentito di entrare nel mercato nel periodo 2002‑2003 con medicinali sicuri e non contraffatti. Secondo le ricorrenti, la decisione impugnata non tiene conto dei numerosi elementi di prova che dimostrano che i procedimenti originari di cianazione e di alchilazione non potevano essere utilizzati per produrre citalopram in modo sostenibile.

186    In secondo luogo, in ogni caso, secondo le ricorrenti, quand’anche un citalopram generico, prodotto a partire da un procedimento non contraffatto e commercialmente sostenibile, fosse stato disponibile durante la vigenza degli accordi controversi (ma così non era), le imprese di medicinali generici non avrebbero potuto ricorrere a tale procedimento nei mesi cui si riferivano gli accordi controversi o, quantomeno, non «in modo sufficientemente rapido», affinché la minaccia di un ingresso potenziale esercitasse una pressione concorrenziale effettiva durante la vigenza di tali accordi.

187    Infatti, tale cambiamento avrebbe comportato la richiesta di una variazione di maggiore portata, cosiddetta di tipo II, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 541/95 della Commissione, del 10 marzo 1995, concernente lo studio della modifica dei termini di autorizzazione all’immissione sul mercato rilasciata da un’autorità competente di uno Stato membro (GU L 55, pag. 7; in prosieguo: la «modifica di tipo II»), che costituisce la procedura utilizzata per modificare un’AIC esistente a causa del cambiamento di un produttore di IFA. Orbene, una modifica di tipo II sarebbe la più difficile da ottenere, con una procedura equivalente a quella relativa alla presentazione di una nuova domanda di AIC. La durata complessiva di tale procedura potrebbe protrarsi fino a diciannove mesi. Peraltro, al periodo necessario per ottenere siffatta modifica si dovrebbe aggiungere quello necessario per ricercare e sviluppare il nuovo procedimento, per registrare il medicinale ai fini di rimborso, per ottenere l’approvazione di tale rimborso e per produrre e iniziare a vendere il medicinale.

188    La Commissione contesta tali argomenti.

189    In primo luogo, le ricorrenti ritengono erroneamente che nessun procedimento commercialmente sostenibile e non contraffatto avrebbe consentito di entrare nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi.

190    Infatti, la Lundbeck stessa riteneva, in un primo tempo, in risposta alle richieste di informazioni della Commissione precedenti alla comunicazione degli addebiti, riportata al punto 150 della decisione impugnata, che le imprese di medicinali generici avrebbero potuto produrre citalopram generico utilizzando i procedimenti descritti nei suoi brevetti originari (vale a dire i procedimenti di cianazione e di alchilazione) o inventando un altro tipo di procedimento, cosicché i suoi brevetti non erano tali da impedire qualsiasi concorrenza da parte delle imprese di medicinali generici.

191    Inoltre, la Lundbeck stessa ha confermato che i suoi nuovi brevetti di procedimento non erano in grado di bloccare tutte le possibilità di ingresso nel mercato, anche se il procedimento basato sulla cristallizzazione sembrava il più efficace. Così, a titolo esemplificativo, la Commissione rileva, al punto 163 della decisione impugnata, che la Niche Generics Ltd è entrata nel mercato ottenendo una dichiarazione di non contraffazione per il citalopram generico della Sekhsaria, un altro produttore indiano di IFA. Dagli elementi di prova menzionati al punto 634 della decisione impugnata emerge inoltre che, nel marzo 2002, gli esperti in materia di brevetti della Lundbeck hanno dichiarato che «era possibile produrre un IFA che non [avrebbe richiesto] probabilmente la cristallizzazione della base libera», vale a dire che non era basato sul brevetto sulla cristallizzazione della Lundbeck. Il vicepresidente della Lundbeck ha altresì dichiarato in un comunicato stampa del 9 novembre 2002 che «[sarebbe stato] ingenuo ritenere che non [fosse] possibile, per i produttori di medicinali generici, produrre Cipramil senza violare il [loro] brevetto» (punto 634 della decisione impugnata).

192    Le ricorrenti sostengono tuttavia di non aver mai riconosciuto che avrebbero potuto essere utilizzati altri procedimenti per entrare nel mercato del citalopram senza violare i loro brevetti, da un lato, o con medicinali sicuri, prodotti su scala industriale, dall’altro.

193    Innanzi tutto, occorre ricordare tuttavia che, al momento della conclusione degli accordi controversi, nessun giudice del SEE si era pronunciato sulla natura contraffatta dei prodotti sviluppati dalle imprese di medicinali generici (v. punto 146 supra). Le ricorrenti non possono validamente sostenere, quindi, che i medicinali generici sviluppati dalle imprese di medicinali generici violavano i loro brevetti di procedimento, mentre essi erano, tutt’al più, potenzialmente contraffatti nel momento in cui gli accordi controversi erano stati conclusi.

194    Inoltre, come fa valere la Commissione, l’affermazione secondo la quale non esisteva alcuna versione non contraffatta del citalopram generico, che potesse essere sviluppata su scala industriale non è confermata dai fatti. Da un lato, occorre ricordare che qualsiasi produttore di IFA avrebbe potuto basarsi sui procedimenti originari di cianazione e di alchilazione quali pubblicati unitamente al brevetto sull’IFA citalopram della Lundbeck, già scaduto (punto 16 supra). In tal senso, dal punto 158 della decisione impugnata emerge che, nell’ambito della controversia Lagap, vertente sul citalopram della Matrix, un consulente della Lundbeck ha riconosciuto che era possibile che i procedimenti contenuti nei suoi brevetti originari potessero essere sviluppati economicamente, senza precisare il benché minimo termine al riguardo, che tutto dipendeva dal modo in cui veniva effettuata la cianazione e che la Matrix «realizzava la cianazione in modo più efficace di quanto essi avevano ritenuto fino a quel momento», il che dimostra che era possibile produrre citalopram generico su scala industrale basandosi sui brevetti originari della Lundbeck.

195    In ogni caso, la decisione impugnata dimostra in modo sufficiente che ciascuna impresa di medicinali generici disponeva, o avrebbe potuto disporre entro un termine sufficientemente breve, di una versione generica di citalopram basata su procedimenti per i quali non esisteva la prova che violassero un qualsivoglia brevetto della Lundbeck al momento della conclusione degli accordi controversi.

196    In tal senso, per quanto attiene al citalopram della Natco, utilizzato dalla Merck (GUK), quest’ultimo era basato su procedimenti oggetto dei brevetti originari della Lundbeck, ormai scaduti, o su altri procedimenti i cui brevetti erano anch’essi in scadenza (punti 228 e 281 della decisione impugnata). Il contratto di fornitura concluso tra la Merck (GUK) e la Schweizerhall prevedeva espressamente che l’IFA della Natco non era, per quanto a loro conoscenza, contraffatto (punto 235 della decisione impugnata). Inoltre, occorre sottolineare che, al momento della conclusione dell’accordo GUK per il Regno Unito, il 24 gennaio 2002, il brevetto sulla cristallizzazione non era stato ancora concesso né nel Regno Unito né nell’intero SEE (v. punto 20 supra). La questione se il procedimento della Natco violasse potenzialmente il brevetto sulla cristallizzazione era quindi soltanto una questione ipotetica al momento della conclusione di tale accordo. Quando è stato concluso l’accordo GUK per il SEE, il brevetto sulla cristallizzazione della Lundbeck era stato, naturalmente, già concesso dall’UEB, ma non vi era alcuna certezza riguardo alla natura contraffatta dell’IFA della Natco né riguardo alla circostanza che la validità di tale brevetto sarebbe stata confermata in caso di controversia (v. punto 122 supra).

197    Peraltro, anche se la Merck (GUK) fosse stata oggetto di azioni per contraffazione da parte della Lundbeck e fosse risultato che i suoi prodotti erano contraffatti, probabilmente, essa avrebbe potuto procurarsi, nonostante tutto, entro un termine ragionevole, citalopram proveniente da altre fonti, riguardo al quale non era dimostrato che fosse contraffatto. Infatti, anche se la Merck (GUK) aveva concluso un accordo di fornitura con la Schweizerhall per un periodo di otto anni, tale accordo si basava sull’ipotesi che il prodotto della Natco non costituisse una violazione (punto 235 della decisione impugnata), cosicché la Merck (GUK) avrebbe potuto probabilmente risolvere tale accordo in caso di contraffazione, in base a disposizioni espresse di tale accordo oppure in forza del diritto tedesco, diritto applicabile a tale contratto. Orbene, dai punti 248 e 351 della decisione impugnata emerge in particolare che esistevano nel mercato altre fonti di citalopram generico, di cui la Merck (GUK) era a conoscenza, in particolare attraverso la Merck dura GmbH, controllata della Merck in Germania. In ogni caso, anche supponendo che la Merck (GUK) fosse stata tenuta, in forza dell’accordo Schweizerhall, a rifornirsi esclusivamente dalla Natco e che il citalopram generico prodotto da quest’ultima violasse il brevetto sulla cristallizzazione, non è escluso che la Natco avesse potuto produrre l’IFA citalopram basandosi su altri procedimenti non contraffatti, come rilevato correttamente dalla Commissione al punto 746 della decisione impugnata.

198    Per quanto riguarda il citalopram generico fornito dalla Tiefenbacher alla Arrow e alla Alpharma, occorre rilevare che, sebbene quest’ultimo fosse prodotto inizialmente a partire dal procedimento iniziale della Cipla (in prosieguo: il «procedimento Cipla I»), per il quale sussisteva il rischio di contraffazione, la Tiefenbacher avrebbe potuto passare agevolmente al citalopram della Matrix, prodotto dapprima secondo il procedimento iniziale della Matrix (in prosieguo: il «procedimento Matrix I»), successivamente secondo il nuovo procedimento utilizzato dalla Matrix (in prosieguo: il «procedimento Matrix II»). Orbene, occorre ricordare che nessun giudice del SEE aveva stabilito, al momento della conclusione degli accordi controversi, che i procedimenti Cipla I e Matrix I erano contraffatti (punto 146 supra).

199    Per quanto attiene al procedimento Matrix II, utilizzato per produrre il citalopram generico al quale la Arrow e la Alpharma potevano avere altresì accesso attraverso la Tiefenbacher, dai punti 154, 155, 421 e 674 nonché dalla nota a piè di pagina n. 1828 della decisione impugnata risulta che tale procedimento era già stato sviluppato nel maggio 2002, al fine di ridurre ulteriormente il rischio che il citalopram della Matrix violasse il brevetto sulla cristallizzazione. Nell’ambito della controversia Lagap, in seguito a un accertamento nei locali della Matrix in India, la Lundbeck ha ammesso che il procedimento Matrix II non costituiva una violazione dei suoi brevetti. Pertanto, come osserva correttamente la Commissione, ha poca rilevanza il fatto che, prima di detta ammissione, qualche giudice nazionale abbia accolto le domande di provvedimenti provvisori della Lundbeck relative a tale procedimento. Parimenti, non è possibile trarre alcuna conclusione dalla circostanza secondo la quale, per far sì che la sua AIC comprendesse anche il procedimento Matrix II, la Tiefenbacher abbia potuto limitarsi a presentare una domanda di modifica di minore portata, cosiddetta di tipo I, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 541/95 (in prosieguo: la «modifica di tipo I»), che costituisce la procedura utilizzata in particolare per la modifica di un’AIC esistente a causa di una modifica del procedimento utilizzato dal medesimo produttore di IFA. Infatti, tale circostanza non rimette in discussione il riconoscimento, da parte della Lundbeck, nell’ambito della controversia Lagap, della natura non illecita di tale procedimento che, del resto, è stato utilizzato in seguito da varie imprese di medicinali generici senza alcuna reazione da parte della Lundbeck.

200    Osservazioni analoghe possono essere formulate riguardo al nuovo procedimento utilizzato dalla Cipla per produrre il citalopram generico (in prosieguo: il «procedimento Cipla II»), che era anch’esso, in via di principio, accessibile attraverso la Tiefenbacher. Infatti, la Commissione ha messo in evidenza, in particolare al punto 898 della decisione impugnata, il fatto che tale procedimento, sviluppato durante il periodo cui si riferivano gli accordi controversi, era potenzialmente non contraffatto ed era stato oggetto di una domanda di modifica di tipo I di un’AIC nel settembre 2002. Pertanto, la Arrow e la Alpharma avrebbero potuto tentare di vendere il citalopram prodotto utilizzando tale procedimento, analogamente a quanto è stato fatto dalla Neolab, senza che la Lundbeck potesse utilmente opporsi, come ha precisato la Commissione nella nota a piè di pagina n. 1671 della decisione impugnata.

201    Per quanto riguarda, infine, il procedimento utilizzato dalla Ranbaxy, va osservato che la Lundbeck, anche dopo aver esaminato i piani di reazione di tale impresa, ha inteso concludere con essa un accordo che prevedeva pagamenti invertiti, piuttosto che adire i giudici nazionali per ottenere ingiunzioni da questi ultimi. Ne consegue che la Lundbeck non aveva alcuna certezza riguardo alla natura contraffatta dell’IFA prodotto secondo detto procedimento, come risulta dai punti 564 e 1109 della decisione impugnata. Inoltre, la Ranbaxy ha sostenuto, sia nei confronti della Lundbeck che di imprese di medicinali generici potenzialmente interessate all’acquisto del suo IFA, che quest’ultimo non era contraffatto, come sottolineato dalla Commissione in particolare al punto 1105 della decisione impugnata.

202    Inoltre, occorre ricordare che, anche supponendo che i prodotti commercializzati dalle imprese di medicinali generici abbiano violato uno dei brevetti della Lundbeck, circostanza che, nella fattispecie, non era dimostrata al momento della conclusione degli accordi controversi, tali imprese avrebbero anche potuto contestare la validità di tali brevetti dinanzi ai giudici competenti (v. punto 122 supra).

203    In secondo luogo, si deve respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che il passaggio a un altro procedimento o a un altro produttore di IFA si sarebbe verificato durante la vigenza degli accordi controversi. Infatti, per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le imprese di medicinali generici e la Lundbeck, la Commissione era unicamente tenuta a dimostrare che tali imprese disponevano di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato entro un termine sufficientemente breve per esercitare una pressione concorrenziale effettiva sulla Lundbeck al momento della conclusione degli accordi controversi. La Commissione non era tenuta a dimostrare che le imprese di medicinali generici avrebbero potuto procurarsi senz’altro un procedimento commercialmente sostenibile e non contraffatto durante la vigenza degli accordi controversi, ma unicamente che esse disponevano di possibilità reali e concrete al riguardo, al momento della conclusione di tali accordi, senza che tali possibilità fossero puramente teoriche.

204    Orbene, le ricorrenti non negano che fosse possibile, per le imprese di medicinali generici, modificare un’AIC esistente o rivolgersi a un altro produttore di IFA in caso di maggior rischio di contraffazione, ma fanno valere che ciò avrebbe potuto richiedere diversi mesi, se non addirittura tempi più lunghi rispetto alla durata degli accordi controversi. Esse non possono tuttavia esigere che la Commissione dimostri ciò che si sarebbe verificato in mancanza degli accordi controversi, in un contesto in cui erano offerte varie opzioni alle imprese di medicinali generici per entrare nel mercato, al momento della conclusione di tali accordi. La possibilità di modificare un’AIC esistente o di procurarsi l’IFA di un altro fornitore non era una possibilità puramente teorica, come dimostrano gli elementi di prova contenuti nella decisione impugnata, per ciascuna impresa di medicinali generici, a tal riguardo (v. infra, le parti dalla sesta alla nona). Le stesse ricorrenti hanno ammesso, ad esempio, che la Tiefenbacher, che agiva come intermediario per la Arrow e la Alpharma, aveva potuto ottenere nei Paesi Bassi una modifica di tipo I della sua AIC, ottenuta per il citalopram della Matrix, in soli due mesi e mezzo (punto 418 della decisione impugnata).

205    In ogni caso, siffatta possibilità, probabilmente, non era neppure necessaria, per la maggior parte delle imprese di medicinali generici, per poter entrare nel mercato, e ancor meno per esercitare una pressione concorrenziale sulla Lundbeck, in quanto tali imprese stavano espletando le pratiche necessarie e, in taluni casi, avevano anche già ottenuto un’AIC per entrare nel mercato con il citalopram generico del loro fornitore (o con il proprio citalopram generico nel caso della Ranbaxy), e quest’ultimo non era stato dichiarato contraffatto da alcun giudice al momento della conclusione degli accordi controversi. Inoltre, come è già stato constatato al punto 181 supra, il fatto stesso che la Lundbeck abbia concluso gli accordi controversi con le imprese di medicinali generici costituisce un indizio importante del fatto che essa percepiva tali imprese come una minaccia potenziale che esercitava una pressione concorrenziale sulla sua posizione nel mercato.

206    Pertanto, la quinta parte deve essere parimenti respinta.

H –  Sulla sesta parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Merck (GUK) al momento della conclusione degli accordi controversi

207    Le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata ha concluso erroneamente che la Merck (GUK) costituiva un concorrente potenziale della Lundbeck nel Regno Unito e, mutatis mutandis, nel SEE, all’epoca dell’asserita infrazione.

208    A loro avviso, sebbene possa rilevare il fatto di sapere che la Merck (GUK) aveva intenzione di entrare nel mercato, il criterio fondamentale resta quello di stabilire se ne avesse la capacità. Orbene, la decisione impugnata celerebbe il fatto che la Merck (GUK) aveva accesso soltanto al citalopram della Natco, che violava il brevetto sulla cristallizzazione della Lundbeck, il che implicherebbe che essa non aveva la capacità di entrare legalmente nel mercato.

209    Inoltre, la decisione impugnata avrebbe concluso erroneamente, al punto 754, basandosi su documenti contemporanei ai fatti, che la Merck (GUK) era assai sicura della sua posizione in materia di brevetti. Le ricorrenti ritengono che la Commissione abbia citato tali documenti in maniera selettiva e li abbia isolati dal loro contesto.

210    Del resto, secondo le ricorrenti, la Merck (GUK) non era un concorrente potenziale della Lundbeck, in quanto non avrebbe potuto ricorrere ad altri IFA prodotti secondo procedimenti esenti da contraffazioni durante la vigenza degli accordi controversi. Infatti, nel 2003, non sarebbe esistito nessun altro prodotto generico commercialmente sostenibile e non contraffatto. In ogni caso, anche supponendo che la Merck (GUK) avesse potuto rivolgersi ad altri produttori di IFA non contraffatti, l’acquisto di citalopram, da parte della Merck (GUK), presso terzi avrebbe violato l’articolo 1.3 dell’accordo concluso tra quest’ultima e la Schweizerhall, in cui si stabiliva che la Merck (GUK) avrebbe coperto il 100% della sua domanda annua dell’IFA citalopram rifornendosi dalla Schweizerhall (punto 235 della decisione impugnata).

211    Infine, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata non motivi la sua conclusione secondo la quale la Merck (GUK) era un concorrente potenziale della Lundbeck nel SEE (escluso il Regno Unito) all’epoca dell’asserita infrazione. Dato che, nella decisione impugnata, la Commissione ha calcolato l’importo dell’ammenda inflitta alla Lundbeck basandosi sul valore delle vendite di citalopram nell’intero SEE, quest’elemento, di per sé solo, sarebbe sufficiente per invalidare la decisione impugnata.

212    Per quanto riguarda le vendite di citalopram in Svezia tramite la NM Pharma (punti da 836 a 838 della decisione impugnata), che hanno indotto la Commissione a concludere che la Merck (GUK) era un concorrente potenziale serio, anche in altri mercati del SEE (punto 840), le ricorrenti sostengono che il fatto che esse avessero scelto di agire in giudizio, in Svezia, in modo selettivo, senza che ciò riguardasse la NM Pharma, non prova che la Merck (GUK) avesse la capacità o possibilità reali e concrete di entrare in altri mercati del SEE. La decisione impugnata non dimostrerebbe in modo sufficiente che la Merck (GUK) costituisse un concorrente reale o potenziale della Lundbeck in tutti i paesi del SEE, in quanto, prima della conclusione dell’accordo GUK per il SEE, essa disponeva di un’AIC solo in Svezia. In Germania, in Italia, nei Paesi Bassi e in Spagna, la Merck (GUK) avrebbe ottenuto un’AIC solo dopo la scadenza dell’accordo GUK per il SEE e, altrove, durante la vigenza di tale accordo.

213    La Commissione contesta tali argomenti.

214    Prima di esaminare gli argomenti delle ricorrenti, occorre richiamare brevemente l’esame della concorrenza potenziale tra la Merck (GUK) e la Lundbeck effettuato dalla Commissione nella decisione impugnata. La Commissione ha operato una distinzione, al riguardo, tra la situazione esistente nel Regno Unito e la situazione esistente nel SEE al momento della conclusione dell’accordo GUK per il Regno Unito, da un lato, e dell’accordo GUK per il SEE, dall’altro.

1.     Situazione nel Regno Unito

215    Per quanto riguarda, anzitutto, la situazione concorrenziale nel Regno Unito, la Commissione ha ritenuto che, durante il periodo precedente al 24 gennaio 2002, data della firma dell’accordo GUK per il Regno Unito, la Lundbeck fosse l’unica impresa che vendeva il citalopram nel Regno Unito. Il 5 gennaio 2002 scadevano nel Regno Unito i brevetti originari della Lundbeck. A partire da tale data, il mercato del citalopram nel Regno Unito era quindi aperto, in via di principio, ai prodotti generici, a condizione che questi ultimi rispettassero gli obblighi di legge in materia di qualità, di sicurezza e di efficacia, quali confermati in un’AIC. Pertanto, le imprese che fabbricavano o che avevano intenzione di vendere prodotti generici contenenti citalopram nel Regno Unito, avendo prospettive realistiche di rifornirsi di citalopram generico e di ottenere un’AIC in un futuro prossimo, potevano essere considerate concorrenti potenziali della Lundbeck. L’ingresso nel mercato dei medicinali generici, in particolare in caso di ingresso simultaneo di varie imprese di medicinali generici, avrebbe generato, con tutta probabilità, un intenso processo concorrenziale sui prezzi che avrebbe ridotto il prezzo del citalopram in modo rapido e significativo (punto 738 della decisione impugnata).

216    La Merck (GUK), dopo aver informato la Lundbeck della sua intenzione di entrare nel mercato del citalopram, era la prima impresa di medicinali generici a ottenere, il 9 gennaio 2002, un’AIC per il mercato del Regno Unito. Durante tale periodo, la Merck (GUK) aveva accumulato uno stock di 8 milioni di pastiglie di citalopram, basate sull’IFA della Natco, pronte per essere vendute nel Regno Unito (punto 741 della decisione impugnata).

217    In seguito all’accordo GUK per il Regno Unito, firmato con la Lundbeck il 24 gennaio 2002, la Merck (GUK) si è astenuta dal lancio del citalopram generico sul mercato, fino al termine del periodo di vigenza dell’accordo, inizialmente previsto per il luglio 2003. Tuttavia, tra il 1° e il 4 agosto 2003, prima che l’accordo fosse prorogato una seconda volta il 6 agosto 2003, la Merck (GUK) ha venduto effettivamente il suo citalopram generico nel Regno Unito per un valore di GBP 3,3 milioni (punto 742 della decisione impugnata).

218    La Commissione ha concluso, al punto 743 della decisione impugnata, che tali fatti dimostravano in modo sufficiente che la Merck (GUK) aveva possibilità reali e concrete di entrare nel mercato del citalopram nel Regno Unito al momento della firma dell’accordo GUK per il Regno Unito. Inoltre, il fatto che la Merck (GUK) sia entrata effettivamente per un breve periodo nel mercato nell’agosto 2003 dimostrerebbe in modo sufficiente che la Merck (GUK) e la Lundbeck erano concorrenti potenziali al momento della firma degli accordi controversi, nel gennaio 2002. Peraltro, il fatto stesso che la Lundbeck abbia accettato di effettuare un ingente trasferimento di valore a favore della Merck (GUK), in forza di tali accordi, dimostrerebbe in modo sufficiente che la Lundbeck percepiva la Merck (GUK) come un concorrente potenziale, il cui ingresso nel mercato era plausibile e che costituiva una minaccia contro la sua posizione nel mercato al momento della firma degli accordi controversi.

219    Le ricorrenti contestano, tuttavia, il fatto che tali elementi fossero sufficienti per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le stesse e la Merck (GUK) e ritengono che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare, innanzi tutto, la capacità della Merck (GUK) di entrare nel mercato anziché tener conto delle sue intenzioni al riguardo. Esse rimettono altresì in discussione diverse dichiarazioni utilizzate dalla Commissione nella decisione impugnata che sarebbero state citate, a loro avviso, al di fuori del loro contesto e che non consentivano di dimostrare che l’IFA della Natco non violava alcun brevetto della Lundbeck e, in particolare, il brevetto sulla cristallizzazione.

220    È sufficiente constatare tuttavia che la Commissione non si è basata unicamente sulle valutazioni soggettive della Merck (GUK) e della Lundbeck per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le stesse, ma su elementi obiettivi, quali il fatto che la Merck (GUK) avesse stipulato, al momento della conclusione dell’accordo GUK per il Regno Unito, un contratto di fornitura con la Schweizerhall, che le consentiva di ottenere il citalopram della Natco, che avesse già costituto un ingente stock di citalopram generico e che avesse ottenuto un’AIC nel Regno Unito il 9 gennaio 2002.

221    In primo luogo, le ricorrenti sostengono tuttavia che la Merck (GUK) non avrebbe potuto lanciare i suoi prodotti generici sul mercato senza violare i loro brevetti. Si tratta, tuttavia, ancora una volta, della loro valutazione soggettiva, in quanto, al momento di concludere l’accordo GUK per il Regno Unito, nessun giudice del SEE aveva dichiarato che l’IFA della Natco, utilizzato dalla Merck (GUK) per produrre il suo citalopram generico, violava un qualsiasi brevetto della Lundbeck. Inoltre, al momento di concludere tale accordo, il brevetto sulla cristallizzazione della Lundbeck non era stato ancora neppure concesso nel Regno Unito. Infine, occorre ricordare che la Merck (GUK) non doveva provare che i suoi prodotti non erano contraffatti per poterli commercializzare nel Regno Unito (v. punto 122 supra). Essa rischiava, tutt’al più, di dover far fronte a domande di ingiunzione o ad azioni per contraffazione da parte della Lundbeck, senza alcuna garanzia, tuttavia, che quest’ultima vincesse la causa, in quanto, secondo le stime proprie della Lundbeck, l’esistenza di una contraffazione era particolarmente difficile da dimostrare, trattandosi di brevetti di procedimento (punto 629 della decisione impugnata). Inoltre, essa avrebbe potuto sollevare, in caso di controversia, la questione della validità dei brevetti della Lundbeck, attraverso una domanda riconvenzionale (v. punto 122 supra).

222    Contrariamente a quanto ritenuto dalle ricorrenti, la Commissione non era tenuta a dimostrare con certezza che la Merck (GUK) sarebbe entrata nel mercato, durante la vigenza degli accordi, mediante un IFA che non violava alcun brevetto della Lundbeck. La Commissione doveva unicamente dimostrare che la Merck (GUK) disponeva di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato, al momento della conclusione degli accordi controversi, e che tali prospettive non costituivano possibilità puramente teoriche, ma dimostravano una capacità reale di ingresso nel mercato entro un termine sufficientemente breve per costituire una pressione concorrenziale sulla Lundbeck.

223    Orbene, alla luce degli elementi contenuti nei punti 738 e seguenti come sintetizzati ai punti da 215 a 218 supra, le ricorrenti non possono validamente sostenere che la Commissione non ha assolto tale compito. Infatti, la circostanza che la Merck (GUK) sia potuta entrare per un breve periodo di tempo nel mercato con i suoi medicinali generici, nell’agosto 2003, quando riteneva che le condizioni del suo accordo con la Lundbeck non fossero più sufficientemente vantaggiose (punto 755 della decisione impugnata), dimostra chiaramente il fatto che la Merck (GUK) era quantomeno un concorrente potenziale della Lundbeck al momento della conclusione dell’accordo GUK per il Regno Unito. Se la tesi delle ricorrenti fosse accolta, ciò significherebbe che, anche in quel momento, la Merck (GUK) non poteva essere considerata un concorrente potenziale della Lundbeck, in quanto non era stato dimostrato che i suoi prodotti non violassero alcun brevetto della Lundbeck, sebbene avesse venduto compresse per un valore pari a GBP 3,3 milioni nel Regno Unito. Siffatta posizione non può essere, evidentemente, accolta. Infine, la circostanza che la Lundbeck abbia preferito concludere un accordo con la Merck (GUK) per ritardare il suo ingresso nel mercato è un’ulteriore dimostrazione del fatto che essa la riteneva una minaccia in grado di esercitare una pressione concorrenziale nel mercato del citalopram, al momento della conclusione di tale accordo (v. punto 103 supra).

224    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la Merck (GUK) non avrebbe avuto la possibilità di rivolgersi a un altro produttore di IFA durante la vigenza degli accordi controversi, occorre constatare che siffatto argomento è inoperante, alla luce delle precedenti considerazioni, in quanto la Commissione non era tenuta a dimostrare con certezza che la Merck (GUK) sarebbe entrata nel mercato mediante un IFA non contraffatto per poterla considerare un concorrente potenziale della Lundbeck al momento della conclusione di tali accordi. In ogni caso, come rileva correttamente la Commissione, il contratto di fornitura che la Merck (GUK) aveva concluso con la Schweizerhall si basava sull’ipotesi che l’IFA della Natco non violasse alcun brevetto della Lundbeck dopo la scadenza dei suoi brevetti originari. Nel caso in cui i prodotti della Merck (GUK), basati sull’IFA della Natco, fossero stati giudicati contraffatti, è assai probabile che la Merck (GUK) avrebbe potuto, quindi, risolvere tale contratto e tentare di rifornirsi di citalopram generico presso un fornitore diverso dalla Schweizerhall, oppure collaborare con la Schweizerhall affinché quest’ultima le fornisse citalopram generico ottenuto a partire da procedimenti non contraffatti (punto 197 supra).

225    Pertanto, correttamente la Commissione ha concluso nella decisione impugnata che la Merck (GUK) aveva possibilità reali e concrete di entrare nel mercato del citalopram nel Regno Unito al momento della firma dell’accordo GUK per il Regno Unito e che essa era, pertanto, in quel momento, quantomeno un concorrente potenziale della Lundbeck.

2.     Situazione nel SEE

226    Per quanto riguarda, inoltre, la situazione concorrenziale nel SEE, la Commissione ha esposto, ai punti 827 e seguenti, le ragioni per cui essa aveva ritenuto che la Merck (GUK) potesse essere considerata un concorrente potenziale della Lundbeck nella maggior parte degli Stati del SEE. Al momento della firma degli accordi, la Merck (GUK) aveva concluso con la Schweizerhall un accordo di distribuzione in esclusiva, riguardante l’IFA della Natco. Tale accordo rendeva la Schweizerhall il distributore privilegiato della Natco per una serie di Stati del SEE (ossia il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi, la Finlandia, la Svezia e la Norvegia) e la Merck (GUK) il suo «cliente privilegiato» nel senso che il suo fabbisogno di citalopram sarebbe stato soddisfatto in via prioritaria (punto 235 della decisione impugnata).

227    Nel maggio 2002 la NM Pharma, il distributore della Merck (GUK) per la Svezia, ha ottenuto un’AIC e ha avuto accesso al mercato svedese. La NM Pharma disponeva altresì di un’importante rete di distribuzione in Norvegia e contava di utilizzare la sua AIC svedese per ottenere AIC in Belgio, in Danimarca, in Spagna, nei Paesi Bassi, in Finlandia e in Norvegia attraverso la procedura di reciproco riconoscimento prevista dalla direttiva 2001/83. La Merck (GUK) intendeva ottenere, dal canto suo, AIC analoghe per la Germania, l’Irlanda, la Grecia, la Francia, l’Italia, l’Austria e il Portogallo utilizzando l’AIC ottenuta nel Regno Unito (punti 829 e 830 della decisione impugnata). Inoltre, il punto D del preambolo dell’accordo GUK per il SEE riconoscerebbe il ruolo di concorrente potenziale della Merck (GUK) nel territorio del SEE (punto 831 della decisione impugnata).

228    Tali elementi hanno consentito alla Commissione di concludere che la Merck (GUK) e la Lundbeck erano quantomeno concorrenti potenziali al momento della firma dell’accordo GUK per il SEE, nell’ottobre 2002. La Merck (GUK) sarebbe stata anche un concorrente effettivo della Lundbeck in Svezia per alcuni mesi precedenti la firma dell’accordo, tramite il suo distributore, la NM Pharma. Peraltro, il fatto stesso che la Lundbeck abbia accettato di effettuare un ingente trasferimento di valore a favore della Merck (GUK) in forza di tale accordo dimostrerebbe in modo sufficiente che la Lundbeck percepiva la Merck (GUK) come un concorrente potenziale, il cui ingresso nel mercato era plausibile e che costituiva una minaccia contro la sua posizione nel mercato del citalopram al momento della firma dell’accordo GUK per il SEE (punto 832 della decisione impugnata).

229    Le ricorrenti fanno valere, tuttavia, che i mercati del prodotto per la fornitura di prodotti farmaceutici come il citalopram hanno una portata nazionale, cosicché la Commissione avrebbe dovuto valutare se la Merck (GUK) e la Lundbeck fossero concorrenti potenziali in ciascuno Stato membro del SEE anziché procedere a una valutazione unica per tutto il SEE.

230    Occorre rilevare, tuttavia, che l’analisi effettuata dalla Commissione ai punti da 827 a 840 della decisione impugnata (v. punti da 226 a 228 supra) dimostra in modo sufficientemente convincente che la Merck (GUK) e la Lundbeck potevano essere considerate concorrenti potenziali in tutto il territorio del SEE al momento della conclusione dell’accordo GUK per il SEE. Il fatto che la Merck (GUK) non avesse ottenuto AIC in tutti gli Stati del SEE al momento della conclusione dell’accordo GUK per il SEE, e neppure durante la vigenza di quest’ultimo, non significa che essa non disponesse di possibilità reali e concrete di entrare nei mercati dei vari Stati del SEE, al momento della conclusione di tale accordo.

231    Infatti, come ha dimostrato la Commissione ai punti 827 e seguenti della decisione impugnata, la Merck (GUK) aveva intenzione di utilizzare la procedura di reciproco riconoscimento prevista dalla direttiva 2001/83 per ottenere AIC in altri Stati membri, basandosi sull’AIC già ottenuta nel Regno Unito nonché sull’AIC del suo distributore, la NM Pharma, in Svezia (v. punto 227 supra).

232    Peraltro, il fatto che l’accordo GUK per il SEE riguardi tutto il territorio del SEE (escluso il Regno Unito) dimostra in modo sufficiente che la Lundbeck percepiva la Merck (GUK) come una minaccia potenziale su tutto il territorio menzionato e che la stessa disponeva di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato del citalopram se non proprio in tutti gli Stati del SEE, almeno nella maggior parte di essi (v. punti 827 e seguenti della decisione impugnata). Come precisa la Commissione nella nota a piè di pagina n. 1540 della decisione impugnata, la medesima non era tenuta a dimostrare che, in mancanza dell’accordo GUK per il SEE, la Merck (GUK) sarebbe entrata certamente in ciascuno Stato membro del SEE durante la vigenza di tale accordo. Infatti, non è possibile ricostruire, a posteriori, la data di ingresso in ciascuno Stato membro del SEE, mentre l’accordo GUK per il SEE aveva proprio come obiettivo e come effetto di interrompere gli sforzi compiuti dalla Merck (GUK) in tal senso.

233    Inoltre, siffatto argomento non tiene conto ancora una volta della distinzione esistente tra concorrenza reale e potenziale, concorrenza, quest’ultima, che non richiede la dimostrazione di un ingresso certo nel mercato, ma unicamente l’esistenza di possibilità reali e concrete a tal riguardo. Orbene, dai punti 328 e 347 della decisione impugnata emerge in particolare che la Merck (GUK) aveva l’intenzione e la capacità di commercializzare il citalopram nel SEE entro un termine sufficientemente breve per poter esercitare una pressione concorrenziale sulla Lundbeck, al momento della conclusione dell’accordo GUK per il SEE.

234    In ogni caso, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha tenuto conto delle differenze esistenti tra gli Stati del SEE quando queste ultime risultavano pertinenti ai fini dell’esame dell’esistenza di una concorrenza potenziale in tale territorio. A tal fine, la Commissione ha menzionato il fatto, segnatamente al punto 827 della decisione impugnata, che il brevetto sull’IFA della Lundbeck scadeva, in Austria, solo nell’aprile 2003, a differenza di altri Stati membri. Essa ha altresì esaminato la situazione riguardante le AIC in vari Stati del SEE ai punti 326, 347 e da 827 a 830 della decisione impugnata.

235    Quanto all’argomento delle ricorrenti secondo il quale la NM Pharma avrebbe dovuto far fronte, inevitabilmente, ad azioni giudiziarie da esse proposte, è sufficiente constatare che un’affermazione di tal genere è smentita dai fatti, in quanto la NM Pharma è entrata effettivamente nel mercato svedese per quasi cinque mesi, realizzandovi vendite «assai incoraggianti» (punto 325 della decisione impugnata), senza essere oggetto di alcuna azione giudiziaria da parte della Lundbeck.

236    Occorre pertanto concludere per il rigetto della sesta parte.

I –  Sulla settima parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Arrow al momento della conclusione degli accordi controversi

237    Le ricorrenti sostengono che, al momento della conclusione degli accordi Arrow UK e Arrow danese, la Arrow non si trovava con esse in una situazione di concorrenza potenziale.

238    Infatti, per quanto riguarda il Regno Unito, in primo luogo, la Arrow avrebbe disposto di un’AIC solo nel luglio 2002, autorizzazione riguardante, per di più, gli IFA della Cipla e della Matrix ottenuti mediante i loro processi di produzione iniziali, i procedimenti Cipla I e Matrix I, che, secondo le ricorrenti, violavano il brevetto sulla cristallizzazione. Niente proverebbe che la Arrow avesse ragionevoli possibilità di far invalidare tale brevetto. Peraltro, essa non avrebbe potuto contare sulla cooperazione della Cipla per dimostrare la mancanza di contraffazione.

239    In secondo luogo, la Arrow non avrebbe neppure disposto di possibilità reali e concrete di passare agli IFA prodotti secondo i procedimenti Cipla II e Matrix II, che, in ogni caso, sarebbero stati anch’essi contraffatti, o al citalopram della Ranbaxy, che, oltre a violare i brevetti sull’amido e sullo iodio, non sarebbe stato oggetto di alcuna AIC.

240    In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere la sentenza della High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Sezione della Cancelleria] del 23 ottobre 2001, Smithkline Beecham Plc c. Generics (UK) Ltd [(2002) 25(1) I.P.D. 25005; in prosieguo: la «sentenza Paroxetine»], da cui discenderebbe che un’impresa di medicinali generici non può entrare nel mercato prima di aver provato che il suo prodotto non comporta alcuna violazione, circostanza che la Arrow non sarebbe stata in grado di dimostrare.

241    In quarto luogo, il fatto che le ricorrenti abbiano accettato di concludere accordi con la Arrow, che prevedevano pagamenti a loro carico significherebbe non già che esse la percepivano come un concorrente potenziale, bensì che esse temevano una violazione dei loro brevetti.

242    Per quanto riguarda la Danimarca, le ricorrenti rinviano alla maggior parte degli argomenti riguardanti il Regno Unito, aggiungendo, al contempo, che la Arrow è entrata nel mercato danese solo nel 2005 e che, durante la vigenza dell’accordo Arrow danese, varie imprese di medicinali generici sono state oggetto di ingiunzioni nel momento in cui hanno tentato di vendere citalopram generico in tale Stato membro.

243    La Commissione contesta tutti gli argomenti esposti.

1.     Situazione nel Regno Unito

244    Occorre esaminare, in primo luogo, gli argomenti delle ricorrenti riguardanti la presunta mancanza di concorrenza potenziale tra le stesse e la Arrow al momento della conclusione dell’accordo Arrow UK.

245    Per quanto riguarda gli argomenti delle ricorrenti relativi alla presunta impossibilità per la Arrow di entrare nel mercato con il citalopram della Cipla o della Matrix, occorre rilevare quanto segue.

246    Sotto un primo profilo, ai punti 375 e 878 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che, il 22 maggio 2001, la Arrow aveva concluso un accordo con la Tiefenbacher al fine di acquistare, da un lato, le AIC che quest’ultima aveva chiesto in vari paesi del SEE riguardanti il citalopram generico nonché, dall’altro, compresse di tale medicinale prodotte a partire dall’IFA della Cipla o della Matrix.

247    Sotto un secondo profilo, ai punti 379 e 878 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, il 10 settembre 2001, la Arrow aveva ordinato alla Tiefenbacher compresse di citalopram generico per un valore pari a 2,8 milioni di marchi tedeschi (DEM), che essa aveva ricevuto in parte nel novembre 2001 e in parte durante la seconda settimana del gennaio 2002. Tali compresse erano state sviluppate a partire dall’IFA della Cipla, prodotto secondo il procedimento Cipla I.

248    Sotto un terzo profilo, dal punto 382 della decisione impugnata risulta che, il 14 dicembre 2001, si è tenuta una riunione tra la Arrow e la Tiefenbacher. Secondo le note di tale riunione, che le ricorrenti hanno prodotto dinanzi al Tribunale, la Tiefenbacher riteneva che il citalopram prodotto secondo il procedimento Cipla I avrebbe potuto violare il brevetto sulla cristallizzazione, se quest’ultimo veniva concesso nel Regno Unito, sebbene la Cipla sostenesse che il suo procedimento corrispondeva a uno di quelli previsti dai brevetti originari. Dette note fanno altresì riferimento al fatto che la Arrow intendeva elaborare una strategia di difesa contro le domande di ingiunzione che la Lundbeck stava per presentare dinanzi ai giudici competenti al fine di opporsi al suo ingresso nel mercato del Regno Unito. Inoltre, il messaggio di posta elettronica con il quale tali note sono state trasmesse menziona il fatto che un collaboratore della Arrow aveva esaminato i procedimenti Cipla I e Matrix I e ne aveva concluso che questi ultimi non sembravano costituire una violazione del brevetto sulla cristallizzazione.

249    Sotto un quarto profilo, secondo il punto 383 della decisione impugnata, il 21 dicembre 2001, la Arrow ha acquistato dalla Tiefenbacher la domanda di AIC che quest’ultima aveva precedentemente depositato presso le autorità competenti nel Regno Unito. Tale domanda, basata, secondo la procedura di reciproco riconoscimento di cui all’articolo 18 della direttiva 2001/83, sull’AIC che la Tiefenbacher aveva ottenuto in precedenza nei Paesi Bassi, è stata accolta nel luglio 2002, dopo l’esito negativo dell’azione che la Lundbeck aveva proposto nei Paesi Bassi contro quest’ultima AIC. A tal riguardo, va osservato che, come è stato sottolineato dalla Commissione al punto 882 della decisione impugnata, la concorrenza potenziale ha inizio prima della concessione di un’AIC (punti da 92 a 94 supra) e che, in ogni caso, quest’ultima è stata concessa durante la vigenza dell’accordo Arrow UK.

250    Sotto un quinto profilo, al punto 387 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato il fatto che, in un messaggio di posta elettronica inviato alla Arrow il 15 gennaio 2002, la Cipla si era dichiarata pronta a sostenerla nell’ambito di un eventuale contenzioso con la Lundbeck, sebbene intendesse fornire le informazioni necessarie riguardanti il suo procedimento direttamente alle autorità competenti, e non prima alla Arrow o alla Tiefenbacher. Pertanto, ha poca rilevanza il fatto che, secondo un messaggio di posta elettronica dell’11 gennaio 2002, menzionato al punto 385 della decisione impugnata, la Cipla non abbia voluto fornire maggiori informazioni sul suo procedimento.

251    Sotto un sesto profilo, dal punto 389 della decisione impugnata risulta che, in un messaggio di posta elettronica del 22 gennaio 2002, in risposta all’avvertimento inviatole il giorno prima dalle ricorrenti, la Arrow ha informato queste ultime del fatto che essa non riteneva di violare i loro nuovi brevetti.

252    Sotto un settimo profilo, in un messaggio di posta elettronica del 23 gennaio 2002, citato ai punti 390, 880 e 887 della decisione impugnata e indirizzato a un altro produttore dell’IFA citalopram, una controllata della Arrow, la Resolution Chemicals, ha affermato che essa «[lanciava il suo prodotto] nel Regno Unito la settimana [seguente]». In tale messaggio, la Resolution Chemicals manifestava altresì interesse per l’IFA di tale fornitore, quale seconda fonte di IFA.

253    Sotto un ottavo profilo, occorre ricordare che, al settimo considerando del preambolo Arrow UK, la Arrow non ha ammesso di aver violato i nuovi brevetti della Lundbeck, ma si è limitata ad osservare che non poteva smentire tale accusa con prove inconfutabili.

254    Sotto un nono profilo, in particolare dai punti 157, 627, 669 e 745 nonché dalla nota a piè di pagina n. 322 della decisione impugnata risulta che altre imprese di medicinali generici e la stessa Lundbeck nutrivano dubbi sulla validità del brevetto sulla cristallizzazione. In particolare, quest’ultima ha stimato la probabilità che tale brevetto fosse invalidato a un livello tra il 50 e il 60%. È vero che le prove riguardanti tale stima risalgono a un periodo successivo alla conclusione degli accordi controversi. Tuttavia, le ricorrenti non hanno fornito alcun elemento che consentisse di spiegare come, in un momento precedente, la loro valutazione di tale questione sarebbe stata diversa. Peraltro, si deve anche tener conto delle considerazioni esposte al punto 122 supra riguardo all’invalidazione dei brevetti di procedimento. Infatti, se il brevetto sulla cristallizzazione fosse stato dichiarato invalido, la sua eventuale violazione da parte della Arrow sarebbe stata senza conseguenze.

255    Tali elementi di prova sono sufficienti per ritenere che, al momento della conclusione dell’accordo Arrow UK, la Arrow si trovava in un rapporto di concorrenza potenziale con la Lundbeck a causa delle possibilità reali e concrete che essa aveva di entrare nel mercato con il citalopram della Cipla, prodotto secondo il procedimento Cipla I.

256    Per quanto riguarda la possibilità che la Arrow cambiasse il produttore di IFA e passasse all’IFA della Matrix, prodotto secondo il procedimento Matrix I, che la Tiefenbacher avrebbe potuto fornirle, va osservato, che, secondo il messaggio di posta elettronica che accompagnava le note sulla riunione del 14 dicembre 2001 (v. punto 248 supra), la Arrow riteneva che il procedimento utilizzato dalla Matrix per produrre tale IFA non violasse probabilmente il brevetto sulla cristallizzazione. Tali note menzionano altresì la possibilità che la Arrow passasse all’IFA della Matrix, pur presumendo che non fosse possibile effettuare siffatto cambiamento nella fase in cui essa si trovava all’epoca. Al riguardo, occorre osservare, come ha rilevato correttamente la Commissione ai punti 885, 886, 889, 895 e nella nota a piè di pagina n. 1636 della decisione impugnata, che l’accordo tra la Arrow e la Tiefenbacher consentiva un passaggio di tal genere, cosicché il fatto che tale opzione possa essere stata una soluzione meno vantaggiosa per la Arrow di quella consistente nel concludere un accordo con la Lundbeck non impedisce di ritenere che essa disponesse di una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato con citalopram prodotto a partire da tale IFA.

257    Per quanto attiene agli argomenti delle ricorrenti riguardanti i procedimenti Matrix II e Cipla II, occorre rinviare ai precedenti punti da 198 a 200.

258    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti vertente sulla sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra, occorre ricordare che una questione relativa all’interpretazione del diritto nazionale di uno Stato membro è una questione di fatto (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 21 dicembre 2011, A2A/Commissione, C‑318/09 P, EU:C:2011:856, punto 125 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 luglio 2014, Zweckverband Tierkörperbeseitigung/Commissione, T‑309/12, EU:T:2014:676, punto 222 e giurisprudenza ivi citata) sulla quale il Tribunale è tenuto, in via di principio, a esercitare un controllo completo (punto 113 supra).

259    Nella causa che ha dato luogo alla sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra, il giudice adito ha applicato i principi che disciplinano l’emissione di ingiunzioni provvisorie nel diritto inglese e ha ritenuto che la ponderazione degli interessi fosse favorevole al laboratorio produttore di medicinali originali, tenuto conto delle particolari circostanze del caso di specie e segnatamente del fatto che l’impresa di medicinali generici in questione non aveva «rimosso gli ostacoli» informando detto laboratorio della sua ferma intenzione di lanciare il suo prodotto generico sul mercato, mentre si era preparata a siffatto ingresso per quattro anni e malgrado sapesse che tale laboratorio deteneva brevetti che gli consentivano di proporre un’azione per contraffazione nei suoi confronti.

260    Tuttavia, senza necessità di pronunciarsi sull’interpretazione e sulla portata esatte da attribuire alla sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra, occorre rilevare che esistono varie differenze tra il caso di specie e quello che ha dato luogo a detta sentenza.

261    Infatti, da un lato, dal punto 374 della decisione impugnata risulta che, già il 15 dicembre 2000, le ricorrenti e la Arrow avevano preso contatto per discutere la questione del citalopram generico. Inoltre, al punto 389 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che, nel gennaio 2002, la Arrow aveva confermato alle ricorrenti che si preparava a entrare nel mercato del Regno Unito.

262    D’altro lato, mentre nella causa che ha dato luogo alla sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra, il brevetto potenzialmente violato dall’impresa di medicinali generici in questione esisteva già per tutto il periodo in cui la stessa si era preparata a entrare nel mercato, nella fattispecie, la domanda di brevetto sulla cristallizzazione nel Regno Unito è stata depositata dalla Lundbeck solo il 12 marzo 2001 ed è stata pubblicata solo il 4 luglio 2001, e lo stesso brevetto è stato concesso definitivamente, ai sensi dell’articolo 25 dell’UK Patents Act, soltanto il 30 gennaio 2002, ossia dopo la conclusione dell’accordo Arrow UK.

263    Peraltro, le ricorrenti non hanno fornito alcuna spiegazione, a parte quella della natura imperfetta del sistema di tutela dei brevetti in Europa e dell’asimmetria dei rischi che ne deriva, delle ragioni per cui l’impresa dalle stesse costituita, che si configura come un’impresa dotata di esperienza e che si avvale della consulenza di avvocati specializzati, abbia preferito concludere un accordo oneroso quale l’accordo Arrow UK, che le ha consentito di ottenere un semplice rinvio dell’ingresso della Arrow nel mercato del Regno Unito. Infatti, se la loro interpretazione della sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra, fosse corretta, come la loro convinzione di poter bloccare l’ingresso dei medicinali generici mediante i loro brevetti, sarebbero state certamente concesse misure provvisorie contro la Arrow nel Regno Unito in caso di tentativo, da parte di quest’ultima, di entrare in tale mercato con i suoi medicinali generici, misure che avrebbero consentito loro di bloccare così tale ingresso in attesa di un giudizio favorevole nel merito.

264    Nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere, in sostanza, l’asimmetria dei rischi tra esse stesse e la Arrow, occorre rilevare che siffatto argomento non può rimettere in discussione, di per sé, la conclusione secondo la quale esse percepivano la Arrow come una minaccia nel mercato del citalopram, al momento della conclusione dell’accordo Arrow UK.

265    Per quanto attiene agli argomenti delle ricorrenti riguardanti il fatto che esse percepivano la Arrow non già come un concorrente potenziale, bensì come un’impresa che poteva violare i loro brevetti, va osservato che il fatto stesso che esse abbiano concluso un accordo con la Arrow è un indizio estremamente forte della percezione di quest’ultima come un concorrente potenziale (v. punto 181 supra). Inoltre, occorre ricordare che la convinzione della Lundbeck quanto al fatto che i suoi brevetti sarebbero stati violati non era condivisa dalla Arrow (v. settimo considerando del preambolo della Arrow UK e punto 35 supra) e non era stata confermata da alcun giudice al momento della conclusione dell’accordo Arrow UK.

266    Pertanto si deve concludere che la Commissione, nella decisione impugnata, non è incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere la Arrow un concorrente potenziale della Lundbeck nel Regno Unito.

2.     Sulla situazione in Danimarca

267    In secondo luogo, per quanto riguarda la concorrenza potenziale in Danimarca, occorre respingere, innanzi tutto, l’argomento delle ricorrenti vertente sul fatto che la Arrow non è entrata nel mercato sin dalla scadenza dell’accordo Arrow danese, nell’aprile 2003, ma solo nel 2005. A tal riguardo, si deve rilevare, anzitutto, che si tratta di una prova ex post e che essa attiene alla concorrenza effettiva, e non già alla concorrenza potenziale. Peraltro, va osservato che la situazione esistente dopo la scadenza di tale accordo non era paragonabile a quella precedente, in quanto le condizioni di tale mercato erano nel frattempo mutate.

268    Inoltre, quanto al fatto che le ricorrenti hanno ottenuto varie ingiunzioni in Danimarca, si deve rilevare che queste ultime sono successive alla data di conclusione dell’accordo Arrow danese, cosicché la Commissione non era tenuta a basarsi su tali ingiunzioni per valutare se le possibilità che la Arrow entrasse nel mercato fossero reali e concrete al momento della conclusione di tale accordo. Anche supponendo che tali ingiunzioni possano essere prese in considerazione, lo stesso dovrebbe valere per le decisioni in appello che hanno revocato varie ingiunzioni ottenute in primo grado, come ha osservato la Commissione al punto 185 della decisione impugnata.

269    Infine, se è vero che, al momento della conclusione dell’accordo Arrow danese, la Arrow sapeva che il procedimento Cipla I era probabilmente contraffatto, tuttavia, da un lato, essa avrebbe potuto cercare di ottenere l’invalidità del brevetto sulla cristallizzazione e, dall’altro, avrebbe potuto cercare di procurarsi dapprima il citalopram della Matrix, prodotto secondo il procedimento Matrix I, successivamente il citalopram prodotto secondo i procedimenti Cipla II o Matrix II oppure quello della Ranbaxy (v. punti da 198 a 201 e 256 supra). Al riguardo, va osservato che la Arrow, anche dopo che la Lundbeck aveva ottenuto il brevetto sulla cristallizzazione in Danimarca, continuava ad espletare le pratiche volte a consentirle di disporre di un’AIC entro un termine ragionevole, per poter vendere nel mercato danese il citalopram generico fornito dalla Tiefenbacher, prodotto a partire dagli IFA della Cipla o della Matrix (v. punti 450, 454, 967 e 968 della decisione impugnata nonché il terzo considerando del preambolo dell’accordo Arrow danese).

270    Ne consegue che la Commissione ha ritenuto correttamente che la Arrow fosse un concorrente potenziale della Lundbeck anche in Danimarca.

271    Pertanto, la settima parte deve essere respinta.

J –  Sull’ottava parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Alpharma al momento della conclusione degli accordi controversi

272    Le ricorrenti sostengono che, al momento della conclusione dell’accordo Alpharma, la Alpharma non si trovava con esse in una situazione di concorrenza potenziale.

273    Infatti, in primo luogo, la Alpharma non avrebbe avuto accesso ad alcun citalopram che non violava i loro brevetti, in quanto essa era obbligata ad acquistare i suoi prodotti dalla Tiefenbacher. Orbene, quest’ultima avrebbe fornito alla Alpharma citalopram generico ottenuto secondo il procedimento Cipla I, che sarebbe stato chiaramente contraffatto, e avrebbe potuto fornirle soltanto altri prodotti contraffatti, ottenuti secondo il procedimento Matrix I o, successivamente, secondo i procedimenti Cipla II e Matrix II. Peraltro, i dubbi della Alpharma sulla validità del brevetto sulla cristallizzazione non significherebbero che essa fosse un concorrente potenziale, tenuto conto in particolare del fatto che tali dubbi si basavano su valutazioni soggettive.

274    In secondo luogo, le ricorrenti osservano che la Alpharma disponeva di un’AIC solo per otto paesi del SEE, tra cui quella per il Regno Unito, concessa soltanto nel luglio 2002.

275    La Commissione contesta tali argomenti.

276    Al riguardo, occorre ricordare che, al punto 1035 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, secondo un messaggio di posta elettronica del 19 febbraio 2002 del direttore generale della Alpharma, responsabile del fascicolo pertinente, anziché concludere l’accordo Alpharma, il gruppo Alpharma sarebbe potuto entrare nel mercato con le compresse di citalopram già ricevute o ordinate, prodotte secondo il procedimento Cipla I, e avrebbe potuto far valere l’invalidità del brevetto sulla cristallizzazione, di cui tale procedimento costituiva una violazione, secondo le informazioni di cui disponevano, all’epoca, il gruppo Alpharma e la Lundbeck.

277    In primo luogo, va osservato che il fatto che la Alpharma non avesse affatto escluso di entrare nel mercato con le compresse già ricevute o ordinate risulta altresì dal messaggio di posta elettronica interno del 14 febbraio 2002, del medesimo direttore generale, citato al punto 516 della decisione impugnata. Infatti, l’autore di tale messaggio ha spiegato a una sua collega che, in quel momento, la Alpharma seguiva una doppia strategia, come dimostra l’espressione «we are riding two horses» (teniamo il piede in due staffe), consistente, da un lato, nel preparare il lancio del citalopram in vari paesi del SEE e, dall’altro, nel negoziare con la Lundbeck, e che, la settimana successiva, sarebbe stato probabilmente necessario prendere una decisione. A tal proposito, il direttore generale precisava che, per adottare la miglior decisione possibile, aveva necessità di ricevere una descrizione della situazione dal punto di vista giuridico nei suddetti paesi e dei rischi ai quali era esposta la Alpharma.

278    Dai messaggi di posta elettronica del 14 e del 19 febbraio 2002 risulta quindi che la Alpharma, pur essendo a conoscenza dei rischi che l’ingresso nel mercato poteva comportare, non avrebbe rinunciato ai suoi piani se non avesse potuto concludere con la Lundbeck un accordo sufficientemente vantaggioso. Dato che si tratta di messaggi di posta elettronica interni, non è pensabile che le posizioni che vi erano espresse mirassero a «bluffare» con la Lundbeck. Del resto, quest’ultima era un’impresa dotata di esperienza che aveva seguito da tempo le iniziative della Alpharma, come dimostrano, in particolare, le lettere menzionate ai punti 477 e 496 della decisione impugnata. Tali lettere si riferivano in particolare al modello di utilità della Lundbeck nonché al brevetto sulla cristallizzazione, cosicché non si può ritenere che detti messaggi di posta elettronica presentassero posizioni espresse senza conoscere i rischi relativi a tali diritti di proprietà intellettuale.

279    Peraltro, occorre ricordare le considerazioni formulate ai punti 122 e 254 supra riguardo all’eventuale invalidità del brevetto sulla cristallizzazione.

280    Le dichiarazioni contenute nei messaggi di posta elettronica summenzionati devono essere lette alla luce delle pratiche espletate dalla Alpharma fino a quel momento per preparare il suo ingresso nel mercato.

281    Al riguardo, dai punti 476, 486, 490, 516 e 1017 della decisione impugnata risulta in particolare che, al momento della conclusione dell’accordo Alpharma, quest’ultima:

–        aveva già concluso con la Tiefenbacher un contratto, datato 25 giugno 2001, di fornitura di citalopram generico prodotto a partire dall’IFA della Cipla o della Matrix;

–        poteva, in forza di tale contratto e di un contratto precedente tra le stesse parti, del 31 luglio 2000, ottenere un’AIC nei Paesi Bassi, in base a quella ricevuta dalla Tiefenbacher il 31 agosto 2001 dalle autorità di tale Stato membro, e poteva, in applicazione della procedura di reciproco riconoscimento prevista dalla direttiva 2001/83, ottenere AIC in altri paesi del SEE;

–        aveva già uno stock di 9,4 milioni di compresse di citalopram e ne aveva ordinati altri 16 milioni;

–        aveva già ottenuto AIC nei Paesi Bassi, in Finlandia, in Danimarca e in Svezia e, il 9 gennaio 2002, aveva ricevuto assicurazioni riguardo al fatto che ne avrebbe ottenuto una nel Regno Unito in un futuro assai prossimo;

–        aveva già pubblicato un listino prezzi per il suo citalopram nel Regno Unito.

282    In secondo luogo, va osservato, al pari della Commissione al punto 1035 della decisione impugnata, che, secondo il messaggio di posta elettronica del 19 febbraio 2002, anziché concludere l’accordo Alpharma, la Alpharma avrebbe potuto anche rinviare il suo ingresso nel mercato fino alla primavera o all’estate dello stesso anno passando al citalopram della Matrix, che si riteneva non ponesse problemi relativamente al brevetto sulla cristallizzazione.

283    È certamente vero che, secondo il messaggio di posta elettronica del 19 febbraio 2002, il passaggio al citalopram della Matrix presentava seri inconvenienti. Tuttavia, va osservato, anzitutto, che il contratto concluso tra la Tiefenbacher e la Alpharma consentiva a quest’ultima di ottenere sia il citalopram della Cipla che quello della Matrix (v. punto 480 della decisione impugnata).

284    Inoltre, sebbene il messaggio di posta elettronica del 19 febbraio 2002 precisi che il passaggio all’IFA della Matrix avrebbe comportato un rinvio dell’ingresso nel mercato, il che avrebbe ridotto gli utili previsti, tale svantaggio deve essere soppesato rispetto al vantaggio costituito dal fatto di ridurre il rischio di violazione del brevetto sulla cristallizzazione. In ogni caso, detto messaggio non sminuisce affatto la circostanza che, malgrado il suddetto rinvio e le sue conseguenze, il passaggio all’IFA della Matrix costituiva un’opzione economicamente sostenibile. Si trattava semplicemente di un fattore che rendeva finanziariamente preferibile concludere un accordo vantaggioso con la Lundbeck. Orbene, tale questione è irrilevante al fine di valutare se esistessero possibilità reali e concrete che la Alpharma entrasse nel mercato.

285    Infine, la circostanza che, in una data successiva a quella della conclusione dell’accordo Alpharma, la Matrix abbia modificato il procedimento dalla stessa utilizzato per produrre l’IFA citalopram, come emerge dalla nota a piè di pagina n. 155 della decisione impugnata, non dimostra che il procedimento disponibile in precedenza violasse il brevetto sulla cristallizzazione, ma dimostra soltanto i tentativi della Matrix di porsi ulteriormente al riparo da qualsiasi rischio di contraffazione. Peraltro, tale modifica ha avuto luogo durante la vigenza di tale accordo, cosicché la Alpharma avrebbe potuto utilizzare il nuovo IFA della Matrix, prodotto secondo il procedimento Matrix II, qualora non fosse stata pagata per restare fuori dal marcato. In ogni caso, il 19 febbraio 2002, il gruppo Alpharma riteneva che l’IFA della Matrix, basato sul procedimento Matrix I che la stessa utilizzava all’epoca, potesse consentirle di entrare nel mercato senza violare il brevetto sulla cristallizzazione.

286    Ne consegue che, al momento della conclusione dell’accordo Alpharma, tale impresa disponeva di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato con citalopram generico prodotto secondo i procedimenti Cipla I o Matrix I. Peraltro, come è stato esaminato ai punti 198 e 200 supra, durante la vigenza di tale accordo, è divenuto disponibile anche il citalopram generico prodotto secondo i procedimenti Matrix II e Cipla II.

287    La constatazione che la Alpharma era un concorrente potenziale delle ricorrenti non è rimessa in discussione dal riferimento fatto da queste ultime a una dichiarazione resa alla stampa dalla Alpharma il 28 febbraio 2002. Con tale dichiarazione, la Alpharma ha annunciato, in sostanza, che essa rinviava le vendite del citalopram almeno fino al termine delle ferie estive e che avrebbe potuto, eventualmente, abbandonare il progetto concernente tali vendite, per il fatto che il suo stock poneva problemi riguardo ai brevetti delle ricorrenti. Essa ha aggiunto che doveva cercare un altro produttore di IFA e ottenere le autorizzazioni necessarie.

288    A tal proposito, va osservato che, come ha rilevato la Commissione al punto 1055 della decisione impugnata, tale dichiarazione fa apparire il cambiamento di programma della Alpharma quale conseguenza di una sua decisione unilaterale. Infatti, tale dichiarazione non contiene il benché minimo riferimento all’accordo Alpharma, il che è conforme alla segretezza di tale accordo, come previsto al punto 3.1 dello stesso. Inoltre, si deve tener conto del fatto che lo scopo di tale dichiarazione era quello di fornire spiegazioni ai clienti potenziali della Alpharma.

289    Pertanto, tale dichiarazione non inficia la tesi della Commissione, basata in particolare sui messaggi di posta elettronica del 14 e del 19 febbraio 2002 e sulle pratiche espletate dalla Alpharma fino a quel momento, secondo la quale, in caso di mancata conclusione dell’accordo Alpharma, tale impresa disponeva di una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato.

290    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo al fatto che la Alpharma non disponeva di un’AIC in tutti i paesi del SEE, è sufficiente osservare che essa poteva già contare su varie AIC e che aveva possibilità reali e concrete di ottenerne altre in applicazione della procedura di reciproco riconoscimento di cui all’articolo 18 della direttiva 2001/83. Inoltre, in forza delle considerazioni esposte ai punti 163 e 171 supra, siffatte possibilità costituiscono certamente una concorrenza potenziale.

291    Alla luce di quanto precede, l’ottava parte deve essere respinta.

K –  Sulla nona parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Ranbaxy al momento della conclusione degli accordi controversi

292    Le ricorrenti sostengono che, al momento della conclusione dell’accordo Ranbaxy, la Ranbaxy non si trovava con esse in una situazione di concorrenza potenziale.

293    In primo luogo, le ricorrenti affermano che, sebbene la Ranbaxy le abbia certamente informate, nel corso di una riunione tenutasi il 17 aprile 2002, del fatto che essa disponeva di un procedimento che non violava alcun brevetto, che prevedeva di ottenere un’AIC entro otto mesi e che stava per concludere un accordo con un’altra impresa di medicinali generici che avrebbe potuto acquistare il suo IFA ed entrare nel mercato con citalopram generico prodotto a partire da tale IFA entro quattro mesi al massimo, si sarebbe trattato tuttavia di un «bluff», cui si è fatto ricorso per convincerle a concludere un accordo favorevole alla Ranbaxy. Non costituirebbe una prova neppure il fatto che quest’ultima abbia reso dichiarazioni dello stesso tenore ad altre imprese di medicinali generici, acquirenti potenziali del suo IFA. In particolare, la sua dichiarazione resa alla Alpharma sarebbe precedente all’esame, svolto dalla Lundbeck, degli schemi di reazione della Ranbaxy, esame che avrebbe consentito di dimostrare che il procedimento di quest’ultima violava i suoi brevetti sull’amido e sullo iodio.

294    In secondo luogo, le ricorrenti osservano che la Ranbaxy non aveva alcuna possibilità reale e concreta di ottenere un’AIC durante la vigenza dell’accordo Ranbaxy. Nel corso del procedimento amministrativo, quest’ultima avrebbe ammesso tutte le difficoltà connesse alla procedura di reciproco riconoscimento di cui all’articolo 18 della direttiva 2001/83.

295    In terzo luogo, le ricorrenti sottolineano che, nell’ottobre 2002, la Ranbaxy ha dichiarato di non aver venduto citalopram dopo il giugno 2002, e ciò non solo in Europa, ma in tutto il mondo, il che proverebbe che essa non poteva venderlo, indipendentemente dall’accordo Ranbaxy, che riguardava soltanto il SEE.

296    In quarto luogo, le ricorrenti osservano che la Ranbaxy, dopo la scadenza dell’accordo che la riguardava, ha chiesto loro una licenza sul brevetto concernente lo iodio, anziché utilizzare semplicemente il suo procedimento, il che confermerebbe che quest’ultimo violava detto brevetto.

297    In quinto luogo, la decisione impugnata non presenterebbe alcuna prova del fatto che le ricorrenti o la Ranbaxy nutrivano dubbi sulla validità dei brevetti sull’amido e sullo iodio, in quanto le dichiarazioni menzionate riguardavano soltanto il brevetto sulla cristallizzazione.

298    La Commissione contesta tali argomenti.

299    In primo luogo, per quanto attiene agli argomenti delle ricorrenti relativi al presunto «bluff» della Ranbaxy, occorre ricordare, come ha evidenziato la Commissione segnatamente ai punti 1095 e 1096 della decisione impugnata, che secondo il verbale della riunione del 17 aprile 2002, tenutasi tra le stesse e la Ranbaxy, in tale occasione, quest’ultima aveva sostenuto che:

–        utilizzava un procedimento che non violava i brevetti della Lundbeck;

–        la Lundbeck era a conoscenza di tale procedimento;

–        aveva intenzione di presentare domande di AIC per il Regno Unito e per la Germania, paesi in cui aveva le proprie controllate, e prevedeva di ricevere le sue AIC entro otto mesi;

–        era vicina alla conclusione di un accordo con un’altra impresa di medicinali generici, di cui non aveva rivelato l’identità, ma che la Lundbeck riteneva fosse la Tiefenbacher o una società del gruppo Merck, attraverso il quale contava di fare in modo che il suo IFA fosse nel mercato dell’Europa settentrionale entro tre o quattro mesi;

–        la sua capacità produttiva era di 4,5 tonnellate di IFA all’anno in tutto il mondo;

–        era pronta a concludere un accordo con la Lundbeck.

300    Parimenti, si deve rilevare che, secondo tale verbale, la Lundbeck sapeva che siffatto accordo poteva essere oneroso e di difficile attuazione, segnatamente dal punto di vista del diritto della concorrenza (v. punti 188 e 1095 della decisione impugnata).

301    Tuttavia, la Lundbeck ha deciso di concludere l’accordo Ranbaxy, il che dimostra che ha considerato seriamente la minaccia che tale impresa rappresentava.

302    In tale contesto, occorre rilevare che, conformemente alla giurisprudenza (v. punti 101 e 104 supra), la percezione che la Lundbeck aveva della Ranbaxy è un elemento che può essere preso in considerazione, sebbene non sia sufficiente, di per sé, per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale.

303    Per quanto riguarda la possibilità che sulla percezione delle ricorrenti abbia inciso la riuscita del «bluff» posto in essere dalla Ranbaxy, occorre rilevare, anzitutto, che le ricorrenti costituiscono un’impresa dotata di esperienza, che aveva monitorato da tempo le iniziative delle imprese di medicinali generici relative al citalopram (v., in particolare, punti da 172 a 183 della decisione impugnata).

304    Riguardo alla Ranbaxy, in particolare, il monitoraggio da parte delle ricorrenti era stato particolarmente attento, in quanto, tra il gennaio e il luglio 2001, esse avevano avuto contatti frequenti, al fine dichiarato di esplorare la possibilità di utilizzare il citalopram della Ranbaxy, mentre si trattava, in realtà, di una strategia dilatoria da parte loro (v. punti da 549 a 552 della decisione impugnata). Inoltre, nel maggio 2002, le ricorrenti hanno appreso che la Ranbaxy aveva presentato in India due domande di brevetto e, dopo aver analizzato gli schemi di reazione della Ranbaxy, esse hanno ritenuto che tali domande potessero essere in conflitto con i brevetti sull’amido e sullo iodio (v. punti da 560 a 564 della decisione impugnata).

305    Anche in seguito alla firma dell’accordo Ranbaxy, le ricorrenti non si sono mai lamentate del fatto di essere state vittime di uno stratagemma, bensì, come risulta dal punto 206 della decisione impugnata, si sono rallegrate, nel dicembre 2002, del fatto di aver ottenuto il rinvio del lancio del citalopram generico, previsto per il primo trimestre del 2002, il che creava condizioni positive per l’incremento delle vendite del loro nuovo medicinale, il Cipralex (v. punto 22 supra). Esse hanno anche inteso prorogare tale accordo fino al 31 dicembre 2003 con la firma di un addendum, il 19 febbraio 2003. Orbene, in mancanza di prove in tal senso, non è pensabile che la Ranbaxy abbia potuto ingannare la Lundbeck in due occasioni, durante un periodo così lungo.

306    Peraltro, come risulta in particolare dal punto 1105 della decisione impugnata, prima e dopo la conclusione dell’accordo Ranbaxy, tale impresa ha sostenuto presso terzi che i suoi procedimenti non violavano i nuovi brevetti della Lundbeck. In particolare, ai punti 554, 557 e 1093 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che la Ranbaxy aveva avuto contatti con la Arrow, dapprima nel gennaio 2002, successivamente nell’aprile 2002, che si sono conclusi con un’offerta concreta a favore di quest’ultima, riguardante la vendita di un quantitativo compreso tra 500 e 1000 kg di IFA. Orbene, non è pensabile che la Ranbaxy abbia fornito deliberatamente false informazioni ai suoi clienti potenziali allo scopo di convincerli ad acquistare il suo IFA. Infatti, tale comportamento l’avrebbe esposta ad azioni di risarcimento danni proposte da tali clienti. Inoltre, uno di questi aveva ricevuto, da parte della Ranbaxy, tutta la documentazione necessaria a riprova del fatto che i suoi procedimenti non erano illeciti.

307    La circostanza che la Ranbaxy non stesse ricorrendo a un «bluff» nei confronti delle ricorrenti è altresì confermato da altri elementi di prova che la Commissione ha evidenziato nella decisione impugnata.

308    In tal senso, occorre ricordare, anzitutto, che, come ha rilevato la Commissione al punto 1091 della decisione impugnata, la Ranbaxy aveva già iniziato a sviluppare un procedimento per produrre citalopram nel gennaio 2001. Dal documento citato ai punti 552 e 1091 della decisione impugnata risulta che, quando, nel luglio 2001, la Lundbeck ha informato la Ranbaxy della sua intenzione di non acquistare i 400 kg di IFA, che quest’ultima le aveva proposto, la Ranbaxy ne era rimasta particolarmente delusa per il fatto che, durante tutto il periodo precedente, nel corso del quale la Lundbeck le aveva fatto credere di essere interessata al suo IFA, essa aveva rinunciato deliberatamente ad altre possibilità che si erano presentate.

309    Inoltre, ai punti 566 e 1092 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto, innanzi tutto, che la Ranbaxy avesse fornito dati tecnici relativi al suo IFA a un cliente potenziale in Italia nel dicembre 2001, seguiti, nel primo semestre del 2002, dall’invio di 16 kg di IFA. In seguito, nel gennaio 2002, un cliente potenziale in Francia aveva ricevuto anch’esso dati tecnici. Successivamente, nel 2002, la Ranbaxy aveva inviato una piccola quantità di IFA a un potenziale cliente svedese.

310    Va poi osservato che, come sottolineato dalla Commissione al punto 584 della decisione impugnata, nel luglio 2002, la Ranbaxy ha venduto una piccola quantità del suo IFA al cliente italiano con il quale era stato in contatto qualche mese prima. Orbene, se la Ranbaxy era in grado di vendere una piccola quantità di IFA proprio dopo la conclusione dell’accordo Ranbaxy, è giocoforza constatare che essa disponeva quantomeno di possibilità reali e concrete di farlo in precedenza.

311    Infine, va osservato che, anche dopo che le ricorrenti avevano esaminato i suoi schemi di reazione, la Ranbaxy ha deciso di depositare il suo DMF presso le autorità competenti del Regno Unito e, successivamente, ha chiesto un’AIC. Orbene, siffatte pratiche non sarebbero state espletate se, in seguito a detto esame, fosse stato concluso che il procedimento utilizzato dalla Ranbaxy per produrre il suo IFA violava i brevetti sull’amido e sullo iodio.

312    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo al tempo necessario per ottenere un’AIC, occorre ricordare le considerazioni esposte ai punti 171, 177 e 178 supra nonché gli elementi relativi ai termini annunciati dalla Ranbaxy nel corso della riunione del 17 aprile 2002 (v. supra, punto 299, terzo e quarto trattino).

313    Infatti, quando, da un lato, le pratiche espletate da un’impresa di medicinali generici come la Ranbaxy per preparare il suo ingresso nel mercato con citalopram generico, compreso il procedimento necessario per ottenere AIC, sono pertinenti ai fini della valutazione della concorrenza potenziale e, dall’altro, tali pratiche sono state considerate seriamente dalla Lundbeck, ha poca rilevanza il fatto di sapere se le procedure necessarie per la concessione di tali AIC potessero concludersi entro i termini previsti dalla Ranbaxy o in un momento successivo.

314    Occorre precisare che, sebbene la conclusione della procedura per ottenere un’AIC sia indispensabile affinché possa esistere una concorrenza effettiva, l’iter da seguire per giungere a tale risultato, quando questo è avviato da un’impresa che prepara da tempo seriamente il suo ingresso nel mercato, rientra nella concorrenza potenziale, per quanto possa richiedere, in realtà, un periodo più lungo di quello previsto dagli interessati.

315    Al riguardo, anche supponendo che la Ranbaxy abbia sottovalutato la durata del periodo necessario per ottenere un’AIC, anzitutto, va osservato che la Lundbeck ha sentito, nondimeno, una pressione concorrenziale, a tal punto da ritenere che fosse nel suo interesse pagare la Ranbaxy per limitare, se non addirittura escludere, il suo accesso al mercato durante la vigenza dell’accordo Ranbaxy.

316    Inoltre, tale pagamento ha reso necessariamente meno pressante la necessità per la Ranbaxy di accelerare al massimo la procedura per il rilascio di un’AIC, dato che, con la conclusione dell’accordo Ranbaxy, essa si era assicurata utili ingenti, per il suo livello, in contropartita di tale limitazione o esclusione. Il fatto che, a causa di una «riformattazione» del fascicolo, essa abbia depositato la sua domanda di AIC nell’agosto 2002, mentre, secondo le constatazioni della Commissione contenute nella nota a piè di pagina n. 1887 della decisione impugnata, tutti i risultati dei test pertinenti erano stati trasmessi dall’India in giugno, conferma che essa non si sentiva più particolarmente pressata dalla necessità di ottenere un’AIC, dopo la conclusione dell’accordo concluso con la Lundbeck.

317    In ogni caso, occorre rilevare anzitutto che, secondo l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché il procedimento per l’AIC di un medicinale si concluda entro 210 giorni dalla presentazione di una domanda convalidata. Pertanto, nel caso in cui la Ranbaxy avesse presentato una domanda contenente tutte le precisazioni necessarie, le autorità competenti avrebbero dovuto trattarla entro un termine ancora più breve di quello di otto mesi menzionato nel verbale della riunione del 17 aprile 2002.

318    È vero che il termine di 210 giorni previsto dall’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 è sospeso quando l’autorità competente ritiene che una domanda non sia valida e invita l’impresa interessata a presentarle informazioni integrative.

319    Tuttavia, quando ha redatto il verbale della riunione del 17 aprile 2002, la Lundbeck, non ha inserito alcuna osservazione per indicare che il termine di otto mesi previsto dalla Ranbaxy non era realistico, ma ha osservato unicamente che un accordo avrebbe potuto avere un costo dell’ordine di USD 10‑20 milioni, o addirittura più elevato (punto 1095 della decisione impugnata).

320    Ne consegue che la Ranbaxy disponeva di una possibilità reale e concreta di ottenere un’AIC durante la vigenza dell’accordo Ranbaxy, il che era sufficiente, nelle circostanze del caso di specie, per esercitare una pressione concorrenziale sulla Lundbeck.

321    Inoltre, va ricordato che, secondo il verbale del 17 aprile 2002, la Ranbaxy aveva la possibilità di acquistare un’AIC esistente o di vendere il suo IFA a un’impresa di medicinali generici che disponeva già di un’AIC, due opzioni che richiedevano, tuttavia, che tali AIC fossero sottoposte a una modifica di tipo II.

322    Occorre constatare che, come è stato rilevato ai punti 306 e 309 supra, prima di concludere l’accordo con la Lundbeck, la Ranbaxy aveva espletato varie pratiche per vendere il suo IFA, non già per vendere prodotti finiti realizzati a partire da quest’ultimo. Il fatto che la vendita di prodotti finiti possa essere stata più redditizia non impedisce di ritenere che la vendita del suo IFA fosse una possibilità reale e concreta per la Ranbaxy di fare concorrenza alla Lundbeck, come era stato menzionato nel verbale della riunione del 17 aprile 2002.

323    Infine, come ha sottolineato la Commissione nella nota a piè di pagina n. 1885 della decisione impugnata, il termine di tre o quattro mesi menzionato nel verbale del 17 aprile 2002 è compatibile con le statistiche dell’autorità competente del Regno Unito relative alla durata delle procedure riguardanti le modifiche di tipo II, prodotte dalla Commissione dinanzi al Tribunale, da cui risulta che, tra il marzo 2001 e il febbraio 2002, la maggior parte di tali procedure erano state portate a termine entro un periodo di 90 giorni.

324    Al riguardo, è certamente vero che, come risulta dalle spiegazioni introduttive di tali statistiche, detto periodo è stato calcolato a partire dal deposito di una domanda completa, senza tener conto delle sospensioni dovute a richieste di informazioni supplementari. Tuttavia, come ha evidenziato la Commissione in risposta a un quesito del Tribunale, l’autorità competente del Regno Unito ha confermato che, durante il periodo considerato dalle statistiche in questione, il 50% delle domande di modifica di tipo II presentate erano state trattate entro un termine massimo di 90 giorni. Infatti, nel 40% dei casi, non era stata formulata alcuna richiesta di informazioni supplementari e, nel 10% dei casi, l’invio di tale richiesta non ha allungato i tempi della procedura oltre detto termine.

325    Tali statistiche confermano quindi che sussisteva una possibilità reale e concreta di modificare un’AIC esistente affinché quest’ultima comprendesse il citalopram prodotto secondo i procedimenti della Ranbaxy entro un termine come quello menzionato nel verbale della riunione del 17 aprile 2002, dato che la domanda di modifica poteva rientrare in uno dei casi cui fa riferimento il punto 324 supra.

326    Peraltro, va osservato che, sebbene le spiegazioni fornite dall’autorità competente del Regno Unito risalgano a una data successiva alla firma dell’accordo Ranbaxy e anche successiva all’adozione della decisione impugnata, dato che sono state redatte ai fini del procedimento dinanzi al Tribunale, esse si riferiscono alla situazione esistente all’epoca delle negoziazioni condotte ai fini della conclusione dell’accordo Ranbaxy e forniscono precisazioni per quanto riguarda l’interpretazione di elementi contenuti nella decisione impugnata. Pertanto, tali spiegazioni possono essere prese in considerazione alle condizioni esposte ai punti da 138 a 141 supra.

327    In terzo luogo, quanto al fatto che la Ranbaxy ha dichiarato che, durante la vigenza dell’accordo Ranbaxy, non aveva venduto citalopram né in Europa né nel resto del mondo dopo il giugno 2002 (v. punto 577 della decisione impugnata), occorre rilevare che non si tratta di una circostanza pertinente ai fini della valutazione della concorrenza potenziale nel SEE al momento della conclusione di detto accordo. Infatti, la circostanza che la Ranbaxy non abbia effettuato vendite neanche al di fuori del SEE dimostra tutt’al più che tale impresa non era un concorrente effettivo della Lundbeck al di fuori del SEE, ma non incide in alcun modo sull’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale, nel SEE o al di fuori di tale territorio. Peraltro, occorre rilevare che la Commissione non era affatto tenuta ad esaminare la concorrenza potenziale al di fuori del SEE.

328    In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo al fatto che, nel gennaio 2004, la Ranbaxy ha chiesto loro una licenza riguardante il brevetto sullo iodio, concesso il 23 marzo 2003, occorre rilevare che tale circostanza non significa che essa non disponesse di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato con i suoi prodotti prima del 2004. Infatti, una domanda di licenza può essere giustificata da varie ragioni distinte, come quella di evitare qualsiasi azione per contraffazione. La Ranbaxy poteva ritenere che le ricorrenti avrebbero accettato di concedere una licenza a prezzo ridotto, il che le avrebbe consentito di premunirsi, a basso costo, contro qualsiasi rischio di violazione potenziale del brevetto sullo iodio. Pertanto, il contratto di licenza fatto valere dalle ricorrenti non è decisivo ai fini della questione se esse fossero concorrenti potenziali della Ranbaxy al momento della conclusione dell’accordo Ranbaxy.

329    In quinto luogo, occorre rilevare, al pari delle ricorrenti, che la decisione impugnata non sembra contenere alcun riferimento alla sussistenza di dubbi quanto alla validità dei brevetti sull’amido e sullo iodio. Tuttavia, a parte il fatto che il brevetto sullo iodio non era stato ancora concesso al momento della conclusione dell’accordo Ranbaxy, cosicché non poteva essere utilizzato quale fondamento di un’azione per contraffazione, va osservato che la valutazione della concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Ranbaxy, effettuata nella decisione impugnata, si basa più sulle prove che dimostrano che la Ranbaxy si preparava a entrare nel mercato in quanto riteneva che il suo procedimento non fosse illecito, che non sulla possibilità di ottenere l’annullamento dei brevetti della Lundbeck che potevano essere violati.

330    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere la nona parte, nonché il primo motivo nel suo insieme.

II –  Sul secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo, vertenti, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

331    Prima di esaminare gli argomenti delle ricorrenti relativi al contenuto, alla finalità e al contesto degli accordi controversi, occorre fare brevemente riferimento all’approccio seguito dalla Commissione nella decisione impugnata per qualificare, nella fattispecie, gli accordi controversi come restrizione della concorrenza per oggetto nonché alla giurisprudenza pertinente.

A –  Analisi relativa all’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto nella decisione impugnata

332    La Commissione ha considerato, nella decisione impugnata, che gli accordi controversi costituivano una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, basandosi, al riguardo, su una serie di fattori relativi al contenuto, al contesto e alla finalità di detti accordi (punti da 61 a 67 supra).

333    Essa ha ritenuto, quindi, che un elemento rilevante del contesto economico e giuridico in cui gli accordi controversi erano stati conclusi consistesse nel fatto che i brevetti originari della Lundbeck erano scaduti prima della conclusione degli accordi controversi, ma che quest’ultima aveva ottenuto – o stava per ottenere – vari brevetti di procedimento nel momento in cui erano stati conclusi tali accordi, tra cui il brevetto sulla cristallizzazione. La Commissione ha ritenuto, tuttavia, che un brevetto non concedesse il diritto di limitare l’autonomia commerciale delle parti andando al di là dei diritti conferiti dallo stesso (punto 638 della decisione impugnata).

334    Essa ha considerato, pertanto, che, sebbene tutti gli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti non ponessero necessariamente problemi alla luce del diritto della concorrenza, tali problemi sussistevano quando siffatti accordi prevedevano l’esclusione dal mercato di una delle parti, che costituiva quantomeno un concorrente potenziale della controparte, per un determinato periodo, e quando tali accordi erano accompagnati da un trasferimento di valore dal titolare del brevetto a favore dell’impresa di medicinali generici, che poteva violare tale brevetto (in prosieguo: il «pagamento invertito») (punti 639 e 640 della decisione impugnata).

335    Dalla decisione impugnata emerge altresì che, anche se le restrizioni previste dagli accordi controversi rientrassero nell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, vale a dire che tali accordi impedivano unicamente l’ingresso nel mercato di citalopram generico dichiarato dalle parti degli accordi come costituente, potenzialmente, una violazione di tali brevetti, e non già l’ingresso di qualsiasi tipo di citalopram generico, detti accordi sarebbero, nonostante tutto, restrittivi della concorrenza per oggetto, in quanto, in particolare, essi avevano impedito o reso inutile qualsiasi tipo di contestazione dei brevetti della Lundbeck dinanzi ai giudici nazionali, mentre, secondo la Commissione, questo tipo di contestazione faceva parte del gioco normale della concorrenza in materia di brevetti (punti da 603 a 605, 625, 641 e 674 della decisione impugnata).

336    In altri termini, secondo la Commissione, gli accordi controversi avrebbero trasformato l’incertezza quanto all’esito di tali azioni contenziose in certezza che i medicinali generici non sarebbero entrati nel mercato, il che poteva anche costituire una restrizione della concorrenza per oggetto quando siffatte limitazioni non risultavano da un’analisi, ad opera delle parti, delle prerogative del diritto esclusivo in questione, quanto piuttosto dall’entità del pagamento invertito che, in tal caso, eclissava tale valutazione e incitava l’impresa di medicinali generici a non proseguire nel suo tentativo di entrare nel mercato (punto 641 della decisione impugnata).

337    È alla luce di tali considerazioni che vanno esaminati gli argomenti delle ricorrenti volti a rimettere in discussione l’esistenza, nella fattispecie, di una restrizione per oggetto.

B –  Principi e giurisprudenza applicabili

338    Occorre ricordare che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, prevede che: «[s]ono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate (…) che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel:

a)      fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;

b)      limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;

d)      applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;

e)      subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi».

339    A tal proposito, dalla giurisprudenza risulta che alcune forme di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario (sentenza CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 49; v. anche, in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, Racc., EU:C:1966:38, pagg. 359 e 360, e del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, Racc., EU:C:2013:160, punto 34).

340    Tale giurisprudenza si fonda sul fatto che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (sentenza CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 50; v. anche, in tal senso, sentenza Allianz Hungária Biztosító e a., cit. al punto 339 supra, EU:C:2013:160, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

341    È infatti pacifico che la probabilità che certi comportamenti collusivi, quali quelli che portano alla fissazione orizzontale dei prezzi da parte di cartelli o consistenti nell’escludere taluni concorrenti dal mercato, abbiano effetti negativi, in particolare, sul prezzo, sulla quantità o sulla qualità dei prodotti e dei servizi, è talmente alta che può essere ritenuto inutile, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dimostrare che tali comportamenti hanno effetti concreti sul mercato. L’esperienza, infatti, dimostra che tali comportamenti determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori (v. sentenza CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 51 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, Racc., EU:C:2008:643, punti 33 e 34; in prosieguo: la «sentenza BIDS»).

342    Nel caso in cui l’analisi di un tipo di coordinamento tra imprese non presenti un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, occorrerà, per contro, esaminarne gli effetti e, per vietarlo, dovranno sussistere tutti gli elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo (sentenze Allianz Hungária Biztosító e a., cit. al punto 339 supra, EU:C:2013:160, punto 34, e CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 52).

343    Per dimostrare la natura anticoncorrenziale di un accordo e per valutare se quest’ultimo presenti un grado sufficiente di dannosità per essere considerato come una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre riferirsi al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi che esso mira a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale esso si colloca. Nella valutazione di tale contesto, occorre prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (sentenze Allianz Hungária Biztosító e a., cit. al punto 339 supra, EU:C:2013:160, punto 36, e CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 53).

344    Inoltre, sebbene l’intenzione delle parti non costituisca un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo tra imprese, nulla vieta alle autorità garanti della concorrenza ovvero ai giudici nazionali e dell’Unione di tenerne conto (sentenze Allianz Hungária Biztosító e a., cit. al punto 339 supra, EU:C:2013:160, punto 37, e CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 54).

C –  Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto e di fatto e su un difetto di motivazione commessi nella valutazione del ruolo dei trasferimenti di valore negli accordi controversi

345    Secondo le ricorrenti, la decisione erra quando considera che il fatto di prevedere negli accordi controversi pagamenti da parte della Lundbeck significa che tali accordi avevano un oggetto anticoncorrenziale, per il motivo che tali pagamenti dimostravano che le restrizioni contenute in ciascuno di detti accordi non corrispondevano alle valutazioni delle parti riguardanti la forza dei brevetti pertinenti e la loro violazione (prima parte). Inoltre, la decisione incorrerebbe in un errore nella parte in cui conclude che le restrizioni contenute negli accordi controversi riducevano o eliminavano gli incentivi alle imprese di medicinali generici a proseguire autonomamente nel loro tentativo di entrare nel mercato, anche se tali restrizioni non andavano oltre quelle inerenti all’esistenza dei brevetti della Lundbeck. La decisione non dimostrerebbe che i pagamenti effettuati dalla Lundbeck avessero avuto tale effetto né che le restrizioni in questione non concordassero con la valutazione delle parti (seconda parte). La tesi accolta al riguardo dalla Commissione nella decisione impugnata sarebbe incoerente e irrealistica e applicherebbe un criterio giuridico impraticabile (terza parte).

1.     Sulla prima parte

346    Le ricorrenti ritengono che la decisione sia viziata da un errore sia di diritto che di fatto quando conclude che gli accordi controversi non riflettevano la valutazione della forza dei brevetti ad opera delle parti.

347    Esse osservano che la decisione impugnata constata che un accordo di composizione amichevole è probabilmente legittimo quando «è stato concluso in base a una valutazione discordante, ad opera di ciascuna parte, dello stato dei brevetti» (punto 604), ma che le restrizioni previste nell’ambito di una composizione amichevole «possono violare l’articolo 101 [TFUE] quando tali limitazioni sono ingiustificate e non derivano dalla valutazione, ad opera delle parti, delle prerogative del diritto esclusivo propriamente detto» (punto 641). Orbene, la constatazione, da parte della decisione impugnata, secondo la quale gli accordi controversi non riflettevano la valutazione della forza dei brevetti ad opera delle parti, da un lato, non sarebbe suffragata da alcuna prova scritta che dimostri la sfiducia delle parti nella forza dei brevetti in questione e, dall’altro, si fonderebbe sulla presunzione arbitraria secondo la quale i trasferimenti di valore implicavano che le restrizioni contenute in tali accordi non concordavano con l’idea che le parti si formavano riguardo alla forza di detti brevetti.

348    La Commissione contesta tali argomenti.

349    Occorre ricordare che la Commissione ha considerato, nella decisione impugnata, che il fatto che le restrizioni contenute negli accordi controversi fossero state ottenute mediante ingenti pagamenti invertiti costituiva un elemento decisivo ai fini della valutazione giuridica di tali accordi (punto 660 della decisione impugnata).

350    La decisione impugnata riconosce tuttavia che l’esistenza di un pagamento invertito nell’ambito di una composizione amichevole in materia di brevetti non è sempre problematica, in particolare quando tale pagamento è collegato alla forza del brevetto, come percepita da ciascuna parte, quando è necessario per trovare una soluzione accettabile e legittima agli occhi delle due parti e quando non è accompagnato da restrizioni volte a ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato (punti 638 e 639 della decisione impugnata). La decisione impugnata ha quindi preso come esempio la Neolab, con la quale la Lundbeck aveva ugualmente concluso un accordo di composizione amichevole, che non era stato considerato problematico, sebbene avesse implicato un pagamento invertito, in quanto tale pagamento a favore della Neolab aveva avuto luogo in contropartita di un impegno da parte di quest’ultima di non chiedere alcun risarcimento dinanzi ai giudici competenti e la Lundbeck aveva rinunciato a far valere qualsiasi rivendicazione in materia di brevetti per un determinato periodo (punti 164 e 639 della decisione impugnata). In tal caso, tuttavia, il pagamento invertito aveva effettivamente lo scopo di comporre una controversia fra le parti, senza ritardare tuttavia l’ingresso dei medicinali generici nel mercato.

351    Se è vero, come sostengono le ricorrenti, che, anche nel caso della Neolab, vi era stata una prima composizione amichevole tra le parti che prevedeva di ritardare l’ingresso della Neolab nel mercato, in attesa dell’esito della controversia Lagap, siffatta composizione non era accompagnata essa stessa da un trasferimento di valore ed era subordinata alla condizione che la Lundbeck versasse un risarcimento alla Neolab in caso di sentenza sfavorevole nell’ambito di tale controversia. Dopo che la Lundbeck aveva deciso, alla fine, di comporre la sua controversia con la Lagap in via amichevole, la Neolab aveva sempre mantenuto un interesse a ricevere un risarcimento ottenendo l’invalidità del brevetto della Lundbeck. È in tale contesto che la Lundbeck ha preferito comporre anche la sua controversia con la Neolab in via amichevole, accettando di versarle il risarcimento dei danni subiti per l’anno in cui si era ritirata dal mercato e impegnandosi a non avanzare rivendicazioni in materia di brevetti in caso di ingresso nel mercato di quest’ultima (punto 164 della decisione impugnata). Quest’ultimo impegno è quindi cruciale, in quanto, contrariamente agli accordi controversi nella fattispecie, il pagamento invertito effettuato dalla Lunbeck non costituiva la contropartita di un’esclusione dal mercato, ma si accompagnava, al contrario, a un’ammissione di non contraffazione e all’impegno di non ostacolare l’ingresso nel mercato della Neolab con i suoi medicinali generici.

352    Per contro, quando un pagamento invertito si combina con l’esclusione di concorrenti dal mercato o con una limitazione degli incentivi perché avvenga tale ingresso, la Commissione ha considerato, correttamente, la possibilità che tale limitazione non derivasse esclusivamente dalla valutazione della forza dei brevetti ad opera delle parti, ma che fosse ottenuta attraverso tale pagamento (punto 604 della decisione impugnata), configurandosi, pertanto, come una sorta di “comprarsi” la concorrenza.

353    Infatti, l’entità di un versamento invertito può costituire un indice della forza o della debolezza di un brevetto, come percepita dalle parti degli accordi al momento della conclusione di questi ultimi e del fatto che il laboratorio produttore di medicinali originali non fosse intimamente convinto delle sue possibilità di successo in caso di controversia. Nello stesso senso, anche la Supreme Court of the United States (Corte suprema degli Stati Uniti) ha dichiarato che la presenza di un ingente pagamento invertito in un accordo di composizione amichevole in materia di brevetti poteva costituire una alternativa praticabile in caso di debolezza di un brevetto, senza che un giudice dovesse procedere, a sua volta, a un esame approfondito della validità di tale brevetto [sentenza della Supreme Court of the United States del 17 giugno 2013, Federal Trade Commission c. Actavis, 570 U.S. (2013); in prosieguo: la «sentenza Actavis»]. Le ricorrenti, citando il punto 640 della decisione impugnata nelle loro difese scritte, sembrano riconoscere del resto che, più sono elevate, secondo il laboratorio produttore di medicinali originali, le probabilità che un brevetto sia revocato o dichiarato non violato e più è grave il danno derivante dall’ingresso di medicinali generici nel mercato, più tale laboratorio sarà incline a versare somme ingenti alle imprese di medicinali generici per evitare tale rischio.

354    Occorre sottolineare, al riguardo, che la Commissione non ha dimostrato, nella decisione impugnata, che tutti gli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti contenenti pagamenti invertiti fossero contrari all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma unicamente che la natura sproporzionata di tali pagamenti, combinata con diversi altri fattori, quali la circostanza che gli importi di tali pagamenti sembravano corrispondere quantomeno ai profitti previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato, la mancanza di clausole che consentissero alle imprese di medicinali generici di lanciare i loro prodotti sul mercato alla scadenza degli accordi senza dover temere azioni per contraffazione da parte della Lundbeck, oppure la presenza, in tali accordi, di restrizioni che andassero al di là della portata dei brevetti della Lundbeck, permetteva di concludere che gli accordi controversi avevano, nella fattispecie, lo scopo di restringere la concorrenza per oggetto, ai sensi di tale disposizione (v. punti 661 e 662 della decisione impugnata).

355    Si deve quindi constatare che, senza commettere errori, la Commissione ha ritenuto, nella decisione impugnata, che l’esistenza stessa di pagamenti invertiti e la loro natura sproporzionata fossero elementi rilevanti al fine di dimostrare che gli accordi controversi costituivano violazioni della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101 TFUE in quanto, con tali pagamenti, il laboratorio produttore di medicinali originali ha incentivato le imprese di medicinali generici a non proseguire più autonomamente nel tentativo di entrare nel mercato.

356    Nessuno degli argomenti dedotti dalle ricorrenti è tale da rimettere in discussione tale conclusione.

357    Le ricorrenti fanno valere, in primo luogo, che la decisione impugnata non dimostra che gli accordi controversi non riflettevano la valutazione della forza dei brevetti ad opera delle parti. La decisione impugnata rinvierebbe a un’interpretazione letterale delle clausole specifiche degli accordi controversi e a dichiarazioni isolate della Lundbeck e delle imprese di medicinali generici riguardo all’eventuale nullità o all’eventuale non violazione del brevetto sulla cristallizzazione, e ne trarrebbe la conclusione che le parti non erano giunte a un accordo basandosi sulla forza dei brevetti. Orbene, tali clausole e tali dichiarazioni, che sarebbero le uniche indicazioni scritte contenute nella decisione, non consentirebbero di dimostrare che le parti dubitavano della forza dei brevetti della Lundbeck.

358    Le ricorrenti non contestano tuttavia il fatto che i pagamenti previsti negli accordi controversi abbiano rappresentato una «contropartita» e che fossero «collegati agli» impegni assunti dalle imprese di medicinali generici di astenersi dal lancio del citalopram che violava i brevetti della Lundbeck. Esse non negano neppure il fatto che i pagamenti abbiano potuto rappresentare un ulteriore incentivo per le imprese di medicinali generici a trovare un accordo. Tuttavia, a loro avviso, una semplice contropartita o un semplice collegamento non prova che i pagamenti abbiano «eclissato» la valutazione del valore dei brevetti ad opera delle parti degli accordi controversi in modo tale che «il risultato dell’esclusione dal mercato [è stato] ottenuto, non già grazie alla forza del brevetto, ma grazie all’importo del trasferimento di valore» (punti 604 e 641 della decisione impugnata).

359    È sufficiente constatare che siffatto argomento è inoperante in quanto si basa su un’interpretazione errata della decisione impugnata.

360    Infatti, la Commissione non ha ritenuto, nella decisione impugnata, che solo le composizioni amichevoli basate «esclusivamente» sulla valutazione della forza dei brevetti ad opera delle parti non rientrassero nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. La Commissione ha ritenuto, al contrario, tenendo conto, al riguardo, di una serie di fattori (v. punto 354 supra), che, quando tali accordi contenevano ingenti pagamenti invertiti, che riducevano o eliminavano qualsiasi incentivo per le imprese di medicinali generici a entrare nel mercato per un determinato periodo, senza definire tuttavia la controversia sottostante in materia di brevetti, siffatti accordi ricadevano nell’ambito di applicazione di tale disposizione (punto 604 della decisione impugnata). Infatti, in tal caso, il trasferimento di valore si sostituisce alla valutazione autonoma, ad opera delle parti, della forza dei brevetti del laboratorio produttore di medicinali originali e alla valutazione delle possibilità di queste ultime di vincere la causa nel caso di un’eventuale controversia fondata su tali brevetti o vertente sulla loro validità (v. punto 353 supra).

361    Orbene, anzitutto, nella fattispecie, occorre ricordare, al pari della Commissione, che le parti degli accordi controversi dissentivano sulla questione se i brevetti della Lundbeck fossero sufficientemente solidi per escludere un ingresso del citalopram generico nel mercato, cosicché tali brevetti non possono essere stati determinanti nella decisione delle imprese di medicinali generici di impegnarsi a non entrare nel mercato. I pagamenti sono così serviti da fattore scatenante per giungere alla conclusione di un accordo (dealclincher) e sono stati determinanti nel convincere le imprese di medicinali generici a porre fine ai loro tentativi di entrare nel mercato.

362    Inoltre, le ricorrenti non contestano il fatto che gli importi che esse hanno versato alle imprese di medicinali generici possano essere stati calcolati considerando come base i profitti o il fatturato che queste ultime speravano di ottenere durante la vigenza degli accordi controversi qualora fossero entrate nel mercato, il che costituisce un indizio rilevante al riguardo. In udienza, le ricorrenti hanno sostenuto che solo le imprese di medicinali generici, e non esse stesse, potevano aver effettuato siffatto calcolo, il che non cambia nulla ai fini di tale constatazione.

363    Infine, gli elementi di prova riguardanti il periodo precedente alla conclusione degli accordi controversi dimostrano che le imprese di medicinali generici avevano compiuto notevoli sforzi per preparare il loro ingresso nel mercato e non avevano intenzione di rinunciarvi a causa dei brevetti della Lundbeck. È vero che vi era incertezza sulla questione se i loro prodotti sarebbero stati eventualmente dichiarati contraffatti da un giudice competente. La decisione impugnata dimostra, tuttavia, che le imprese di medicinali generici disponevano di possibilità reali di vincere la causa in caso di controversia (v. punto 122 supra e punti 75 e 76 della decisione impugnata). Pertanto, nel concludere gli accordi controversi, le ricorrenti hanno scambiato tale incertezza con la certezza che le imprese di medicinali generici non sarebbero entrate nel mercato, mediante ingenti pagamenti invertiti (punto 604 della decisione impugnata), eliminando così qualsiasi concorrenza, anche potenziale, sul mercato, durante la vigenza di tali accordi.

364    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata non dimostri come l’esistenza di un trasferimento di valore sia indicativa del fatto che le restrizioni non concordavano con la valutazione, ad opera delle parti, della forza dei brevetti in questione. A loro avviso, la decisione impugnata si basa sull’esistenza di pagamenti da parte loro a favore delle imprese di medicinali generici per presumere la sussistenza di dubbi riguardo alla validità dei brevetti pertinenti o alla loro violazione. Sarebbe errato affermare che «più il laboratorio produttore di medicinali originali ritiene che il suo brevetto sia probabilmente nullo o non violato (…), più è ingente la somma che esso è disposto a versare al fabbricante di medicinali generici per eludere siffatto rischio» (punto 640 della decisione impugnata). Pertanto, la decisione impugnata violerebbe le norme applicabili in materia di prova, che impongono alla Commissione di confutare tutte le spiegazioni dei trasferimenti di valore diverse dalla concertazione anticoncorrenziale.

365    Le ricorrenti sostengono che una presunzione economica, come quella di cui si avvarrebbe la Commissione nella decisione impugnata, può essere ammessa solo se fondata su basi empiriche e teoriche solide e che la Commissione può eccepire una presunzione non sufficientemente chiara solo qualora abbia provato che si trattava dell’unica spiegazione plausibile. Tale norma dovrebbe essere applicata per analogia alla deduzione secondo la quale un pagamento invertito contenuto in un accordo di composizione amichevole implica che le parti dubitavano della forza del brevetto pertinente.

366    È giocoforza constatare al riguardo che, conformemente alla giurisprudenza menzionata ai punti da 105 a 112 supra, nella fattispecie, la Commissione si è basata su un insieme di elementi di prova, nella decisione impugnata, volti a dimostrare che è principalmente l’entità dei pagamenti invertiti a favore delle imprese di medicinali generici ad aver incentivato queste ultime ad accettare le limitazioni che regolavano la loro condotta e non già l’esistenza dei brevetti di procedimento della Lundbeck oppure la volontà di evitare le spese di un’eventuale controversia (v., in particolare, punti 255 e 748 della decisione impugnata e punti 354 e 363 supra). Nel caso della Merck (GUK), ad esempio, la decisione impugnata dimostra che tali importi corrispondevano agli utili che essa contava di realizzare entrando nel mercato, senza che essa abbia dovuto proseguire nei suoi tentativi e assumere i rischi di siffatto ingresso (punti 350, 809 e 862 della decisione impugnata). Considerazioni analoghe sono contenute nei punti 398, 460, 1071 e 1157 della decisione impugnata per quanto riguarda la Arrow, la Alpharma e la Ranbaxy.

367    Inoltre, nelle loro difese, le stesse ricorrenti citano il punto 640 della decisione impugnata (punto 353 supra), in cui la Commissione ha constatato che l’entità di un pagamento invertito è spesso collegata al rischio, quale percepito dal laboratorio produttore di medicinali originali, di ottenere una sentenza che constata l’invalidità del suo brevetto o il fatto che i prodotti generici non sono contraffatti nonché dei danni derivanti allo stesso dall’ingresso di tali prodotti nel mercato. Le ricorrenti non contestano neppure il fatto che i pagamenti invertiti rappresentavano una contropartita degli impegni assunti dalle imprese di medicinali generici di astenersi dall’entrare nel mercato con citalopram generico che, a loro avviso, violava i loro brevetti, né che tali pagamenti abbiano potuto rappresentare un ulteriore incentivo per le imprese di medicinali generici a concludere gli accordi controversi.

368    Del resto, le prove contemporanee agli accordi controversi dimostrano che le ricorrenti avevano intenzione di utilizzare «una grossa pila di [USD]» per escludere i medicinali generici dal mercato (punto 131 della decisione impugnata), mentre dubitavano della validità dei loro brevetti e delle loro possibilità di vincere la causa in caso di controversia dinanzi a un giudice (punto 149 della decisione impugnata e punto 126 supra).

369    In ogni caso, la Commissione non era tenuta a dimostrare, in modo inconfutabile, che le ricorrenti dubitavano della validità dei loro brevetti al fine di provare l’esistenza, nella fattispecie, di un’infrazione per oggetto, in quanto gli elementi di prova contenuti nella decisione impugnata dimostrano che le imprese di medicinali generici confidavano, dal canto loro, nelle proprie possibilità di entrare nel mercato entro un termine sufficientemente breve, vuoi opponendosi alle affermazioni di contraffazione delle ricorrenti, vuoi contestando la validità dei loro brevetti, in caso di controversia (v. supra, primo motivo). Ciò che rileva, quindi, è che vi era incertezza, al momento della conclusione degli accordi controversi, riguardo alla possibilità, per le imprese di medicinali generici, di entrare nel mercato senza incorrere in ingiunzioni o in azioni per contraffazione o di contestare con successo la validità dei brevetti delle ricorrenti, e che tali accordi avevano sostituito a tale incertezza, mediante ingenti pagamenti invertiti, la certezza che le imprese di medicinali generici non sarebbero entrate nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi (punti 336 e 363 supra).

370    In terzo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata non confuti le altre spiegazioni dei trasferimenti di valore e ricordano che, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, hanno fatto valere che i pagamenti in questione dimostravano la pressione che esse subivano da parte delle imprese di medicinali generici a causa dell’asimmetria tra i loro rischi e quelli affrontati da tali imprese. Infatti, le ricorrenti, avrebbero rischiato di subire un danno notevole e irreversibile a causa della contraffazione commessa dalle imprese di medicinali generici, mentre queste ultime si sarebbero esposte a un rischio basso, se non addirittura inesistente. Tale asimmetria spiegherebbe il motivo per cui le ricorrenti hanno accettato di prevedere pagamenti invertiti a loro carico negli accordi controversi. Tale problema di «ricatto» trasparirebbe da ciascuno degli accordi individuati nella comunicazione degli addebiti.

371    La decisione impugnata, in particolare al punto 644, riconoscerebbe l’esistenza di tale asimmetria dei rischi, affermando che il profitto che un’impresa di medicinali generici ricaverebbe entrando nel mercato sarebbe inferiore, o addirittura assai inferiore, alle perdite che il laboratorio produttore di medicinali originali subirebbe, probabilmente, in caso di ingresso dei medicinali generici nel mercato. Inoltre, il risarcimento al quale potrebbero essere condannate le imprese di medicinali generici sarebbe anch’esso assai inferiore al probabile risarcimento potenziale e rappresenterebbe soltanto una parte del danno causato al laboratorio produttore di medicinali originali dall’ingresso illecito delle imprese di medicinali generici. Infatti, in taluni casi, le imprese di medicinali generici non dovrebbero risarcire nessuno dei danni irreparabili causati dal loro ingresso illecito. Del resto, i livelli dei prezzi o dei rimborsi, fissati dai pubblici poteri, potrebbero essere ridotti automaticamente a decorrere dall’ingresso di versioni generiche nel mercato, indipendentemente dalla questione se tali versioni violino o meno brevetti validi. L’ammontare delle spese relative a molteplici controversie in materia di brevetti sarebbe anch’esso estremamente elevato.

372    Sarebbe quindi tale asimmetria dei rischi ad essere stata sfruttata dalle imprese di medicinali generici facendo credere che si apprestavano a vendere i loro prodotti contraffatti e ad aver conferito loro il potere necessario per estorcere pagamenti alla Lundbeck. Tanto la letteratura economica quanto la decisione impugnata, segnatamente al punto 640, riconoscerebbero altresì che più il laboratorio produttore di medicinali originali riteneva grave il danno causato dall’ingresso delle imprese di medicinali generici nel mercato, più ingente era la somma che lo stesso era disposto a versare a tali imprese per evitare siffatto rischio.

373    Pertanto, secondo le ricorrenti, nella decisione impugnata, la Commissione incorre in un errore quando presume che solo la valutazione della forza di un brevetto da parte di un’impresa di medicinali generici determini la sua motivazione di lanciare un medicinale, mentre tale valutazione rappresenta soltanto un criterio tra altri criteri rilevanti ai fini della decisione di procedere al lancio e può non rivelarsi pertinente quando le imprese genericiste sperano di poter trarre profitto da una contraffazione.

374    Di conseguenza, in mancanza di un collegamento tra i versamenti e la percezione soggettiva delle parti degli accordi controversi riguardo alle rispettive rivendicazioni in materia di brevetti, la decisione impugnata non sarebbe in grado di suffragare la considerazione secondo la quale il pagamento aveva indotto le imprese di medicinali generici ad accettare restrizioni che esse non avrebbero ammesso semplicemente in base alla loro valutazione della forza dei brevetti, cosicché il primo nesso di causalità sul quale la decisione impugnata fondava la sua teoria crollerebbe e la conclusione secondo la quale gli accordi controversi violavano l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE sarebbe priva di fondamento.

375    Anche l’interveniente ritiene che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che non esisteva altra spiegazione legittima per il trasferimento di valore, tenuto conto, innanzi tutto, del rischio di danno irreparabile per il titolare di brevetti in caso di ingresso illecito dei medicinali generici nel mercato, inoltre, della probabilità di poter ottenere un adeguato indennizzo a titolo di risarcimento danni o di poter ottenere misure temporanee e, infine, dei costi inerenti al fatto di investire vari giudici di molteplici domande, compreso il rischio di giungere a risultati diversi dinanzi a organi giurisdizionali diversi. La Commissione sarebbe tenuta a dimostrare, pertanto, il motivo per cui l’esistenza di un trasferimento di valore trasforma una composizione amichevole legittima in un accordo orizzontale anticoncorrenziale.

376    Occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, la Commissione ha confutato, nella decisione impugnata, le altre spiegazioni addotte dalle ricorrenti riguardo all’esistenza di pagamenti invertiti negli accordi controversi, in particolare quelle relative alla «teoria del bluff» e all’asimmetria dei rischi.

377    La Commissione ha quindi riconosciuto, nella decisione impugnata, che il laboratorio produttore di medicinali originali poteva avere interesse, da un punto di vista commerciale, a pagare le imprese di medicinali generici onde evitare il loro ingresso nel mercato, considerati gli importi che esso avrebbe potuto perdere qualora si fosse verificato siffatto ingresso. Inoltre, tali importi sarebbero stati probabilmente superiori agli utili che le imprese di medicinali generici avrebbero realizzato qualora si fosse verificato siffatto ingresso, anche supponendo che i loro prodotti non fossero stati ritenuti contraffatti o che esse fossero riuscite a ottenere l’invalidità dei brevetti considerati. In tal caso, tuttavia, la Commissione ha ritenuto che i consumatori sarebbero risultati perdenti, in quanto sarebbero stati privati della possibilità di pagare prezzi inferiori dovuti all’ingresso dei medicinali generici nel mercato (punto 640 della decisione impugnata).

378    Le ricorrenti fanno valere al riguardo che, in taluni casi, i rischi relativi a un ingresso nel mercato sarebbero assai bassi, se non addirittura inesistenti per le imprese di medicinali generici, che potrebbero evitare di essere oggetto di ingiunzioni che vietano loro tale ingresso o di essere condannate a pagare un risarcimento in caso di ingresso illecito, in particolare mediante artifici quali il trasferimento di profitti tra persone giuridiche distinte. La decisione impugnata riconoscerebbe, inoltre, che il risarcimento al quale potrebbero essere condannate sarebbe spesso ampiamente inferiore ai danni subiti dal laboratorio produttore di medicinali originali in caso di ingresso illecito nel mercato, a causa della spirale negativa sui prezzi innescata da siffatto ingresso (punti 93 e 645 della decisione impugnata).

379    È vero che l’asimmetria dei rischi affrontati dalle imprese di medicinali generici e dal laboratorio produttore di medicinali originali consente in parte di spiegare le ragioni per le quali quest’ultimo può essere indotto a concedere ingenti pagamenti invertiti onde evitare qualsiasi rischio, sia pure minimo, che i medicinali generici possano entrare nel mercato. Ciò è quanto avviene in particolare quando il medicinale brevettato, come il Cipramil nel caso di specie, costituisce il prodotto di punta del laboratorio produttore di medicinali originali, rappresentando la maggior parte del suo fatturato (punti 26 e 120 della decisione impugnata).

380    Occorre ricordare, tuttavia, che il fatto che l’adozione di un comportamento anticoncorrenziale possa rivelarsi la soluzione più redditizia o la meno rischiosa per un’impresa non esclude affatto l’applicazione dell’articolo 101 TFUE (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 2004, Corus UK/Commissione, T‑48/00, Racc., EU:T:2004:219, punto 73, e Dalmine/Commissione, T‑50/00, Racc., EU:T:2004:220, punto 211), in particolare quando si tratta di pagare concorrenti reali o potenziali affinché restino fuori dal mercato e di condividere con essi gli utili derivanti dalla mancanza di medicinali generici nel mercato, a danno dei consumatori, come nel caso di specie.

381    Secondo le ricorrenti, l’asimmetria dei rischi avrebbe consentito alle imprese di medicinali generici di ricorrere a un ricatto (o a un «bluff»), che permetteva loro di ottenere ingenti somme di denaro, facendo credere che si apprestavano a entrare nel mercato mediante prodotti non contraffatti.

382    Tuttavia, ciò non fa che confermare la tesi della Commissione secondo la quale vi era grande incertezza, al momento della conclusione degli accordi controversi, riguardo all’esito di eventuali contenziosi in materia di brevetti, e tale incertezza era stata eliminata sostituendola con la certezza che le imprese di medicinali generici non sarebbero entrate nel mercato durante la vigenza degli accordi.

383    Peraltro, il fatto che un pagamento invertito possa costituire l’unico mezzo per giungere a un accordo, «colmando il divario» tra le parti di tale accordo, non significa che siffatto pagamento costituisca un mezzo lecito per giungere a tale accordo o che detto accordo non sia soggetto all’applicazione del diritto della concorrenza, segnatamente in circostanze in cui l’importo di tale pagamento sembri collegato ai profitti previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato, in cui l’accordo non consenta di comporre la controversia sottostante in materia di brevetti tra le parti e in cui tale accordo contenga restrizioni che vanno al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti del laboratorio produttore di medicinali originali (v. punto 354 supra e punti 661 e 662 della decisione impugnata).

384    Inoltre, se le ricorrenti erano talmente convinte della validità dei loro brevetti e del fatto che i prodotti che le imprese di medicinali generici avevano intenzione di commercializzare violavano tali brevetti, vi era la possibilità per le stesse di ottenere ingiunzioni per impedire siffatto ingresso dinanzi ai giudici nazionali competenti o, in caso di ingresso illecito delle imprese di medicinali generici, di ottenere un risarcimento da parte di queste ultime. Vi era anche la possibilità, come nel caso della Neolab, (punto 350 supra), di concludere un accordo di composizione amichevole avente come vero obiettivo di definire la controversia sottostante in materia di brevetti, senza che le limitazioni all’autonomia commerciale delle imprese di medicinali generici, eventualmente ottenute nell’ambito di siffatto accordo, fossero motivate da un pagamento invertito.

385    Sebbene sia ipotizzabile, come ammette la Commissione, che si potesse verificare un danno irreparabile, per il laboratorio produttore di medicinali originali, in caso di ingresso illecito delle imprese di medicinali generici nel mercato, a causa di riduzioni irreversibili dei prezzi che siffatto ingresso avrebbe determinato, la riduzione dei prezzi regolamentari conseguente alla scadenza di un brevetto sull’IFA è una caratteristica dei mercati farmaceutici nota alle ricorrenti e costituisce quindi un normale rischio commerciale, che non può giustificare la conclusione di accordi anticoncorrenziali. Peraltro, tali riduzioni dei prezzi derivanti da un intervento regolamentare, in un contesto in cui il brevetto sull’IFA è già scaduto, illustrano l’equilibrio stabilito dagli Stati membri tra la protezione concessa al brevetto del laboratorio produttore di medicinali originali, da un lato, e i risparmi per i bilanci statali e per i consumatori, realizzati grazie all’ingresso dei medicinali generici nel mercato e al gioco della concorrenza, dall’altro.

386    Pertanto, accogliere la tesi delle ricorrenti relativa all’asimmetria dei rischi equivarrebbe, in definitiva, a ritenere che queste ultime potessero, nel concludere accordi, come gli accordi controversi, con le imprese di medicinali generici, premunirsi contro una riduzione irreversibile dei prezzi, che, secondo le affermazioni delle ricorrenti stesse, non avrebbe potuto essere evitata anche se avessero vinto la causa nell’ambito di azioni per contraffazione dinanzi ai giudici nazionali. Esse potrebbero, pertanto, concludendo tali accordi, mantenere prezzi più elevati per i loro prodotti, a danno dei consumatori e dei bilanci dei sistemi sanitari, mentre un risultato di tal genere non si sarebbe potuto ottenere se i giudici nazionali avessero confermato la validità dei loro brevetti e i prodotti delle imprese di medicinali generici fossero stati giudicati contraffatti. Tale risultato sarebbe manifestamente contrario agli obiettivi delle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, che mirano in particolare a tutelare i consumatori dagli aumenti ingiustificati dei prezzi derivanti da una collusione tra concorrenti (v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, Racc., EU:C:2015:184, punto 115 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, Racc., EU:C:2015:451, punto 61). Non vi è alcuna ragione di ritenere che siffatta collusione sia lecita nella fattispecie, con il pretesto che erano in discussione brevetti di procedimento, mentre la difesa di tali brevetti dinanzi ai giudici nazionali, anche nello scenario più favorevole per le ricorrenti, non avrebbe potuto portare agli stessi risultati negativi per la concorrenza e, in particolare, per i consumatori.

387    Occorre ricordare, infatti, che non si può accettare che alcune imprese tentino di porre rimedio agli effetti di norme giuridiche che esse ritengono troppo sfavorevoli concludendo intese finalizzate a correggere tali svantaggi con il pretesto che dette norme creano uno squilibrio a loro danno (v. sentenza del 27 luglio 2005, Brasserie nationale e a./Commissione, da T‑49/02 a T‑51/02, Racc., EU:T:2005:298, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

388    Infine, nei limiti in cui le ricorrenti, sostenute dall’interveniente, affermano che gli accordi controversi avrebbero consentito di evitare i costi ingenti dei contenziosi nei vari Stati membri, nonché il rischio di decisioni contrastanti, derivanti da tali contenziosi dinanzi a una molteplicità di giudici, occorre rilevare, innanzi tutto, che la maggior parte degli accordi controversi non conteneva alcun riferimento preciso alle spese di contenzioso che sarebbero state evitate, né la benché minima stima di tali spese. Inoltre, le ricorrenti non hanno fornito alcuna spiegazione riguardo al modo in cui erano stati calcolati gli importi dei pagamenti invertiti, se non che essi risultavano dalle negoziazioni con le imprese di medicinali generici, mentre la decisione impugnata contiene numerosi elementi di prova che dimostrano che tali importi corrispondevano, più o meno, agli utili previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato o al risarcimento che esse avrebbero potuto ottenere se avessero vinto la causa contro la Lundbeck in sede contenziosa (v., in particolare, punti 398, 460, 809, 862, 1071 e 1157 della decisione impugnata).

389    In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, è poco probabile che l’ammontare dei costi relativi a eventuali contenziosi nei vari paesi del SEE sarebbe stato superiore all’importo dei pagamenti ottenuti, nella fattispecie, dalle imprese di medicinali generici in forza degli accordi controversi, che corrispondeva a diversi milioni di euro. Infatti, accade poco di frequente che le società farmaceutiche avviino procedimenti in tutti gli Stati membri contemporaneamente. In genere, come dimostra il caso della Lagap nel Regno Unito (punto 63 della decisione impugnata), esse decidono di concentrarsi su alcune controversie di prova, piuttosto che moltiplicare le controversie dinanzi a vari giudici quando sono in gioco le stesse questioni. Nel caso della Lagap, tuttavia, le ricorrenti, alla fine, hanno preferito transigere onde evitare una sconfitta che sarebbe stata utilizzata contro le stesse in altri sedi giudiziarie (punto 160 della decisione impugnata).

390    La decisione impugnata riconosce, peraltro, che esistono modalità di composizione amichevole di una controversia, ammissibili alla luce del diritto della concorrenza, diverse da quelle consistenti nel ritardare l’ingresso nel mercato di concorrenti potenziali mediante pagamenti invertiti, come nella fattispecie (punto 354 supra). Secondo la giurisprudenza, l’oggetto specifico del brevetto non può essere interpretato nel senso di garantire una tutela anche contro le azioni di contestazione della validità del brevetto, tenuto conto dell’interesse pubblico all’eliminazione di ogni ostacolo che potrebbe derivare per l’attività economica da un brevetto concesso indebitamente (v., in tal senso, sentenza Windsurfing, cit. al punto 119 supra, EU:C:1986:75, punto 92). Sebbene le ricorrenti avessero il diritto di concludere accordi di composizione amichevole con le imprese di medicinali generici onde evitare eventuali spese di contenzioso, esse non potevano, in tal modo, sostituire la propria valutazione sulla validità dei loro brevetti e sulla natura contraffatta o meno dei prodotti delle imprese di medicinali generici a quella di un giudice indipendente, pagando al contempo tali imprese affinché si conformassero a tale valutazione e restassero fuori dal mercato per un determinato periodo.

391    Pertanto, correttamente la decisione impugnata ha concluso che i pagamenti invertiti avevano incentivato le imprese di medicinali generici ad accettare le limitazioni alla loro autonomia commerciale previste dagli accordi controversi, senza che le altre spiegazioni addotte dalle ricorrenti per giustificare tali pagamenti consentano di rimettere in discussione tale conclusione.

392    La prima parte deve essere pertanto respinta.

2.     Sulla seconda parte

393    Le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata affermi erroneamente che le restrizioni contrattuali derivanti dagli accordi controversi avrebbero eliminato gli altri incentivi a entrare nel mercato.

394    Esse sostengono, in primo luogo, che le limitazioni rientranti nell’ambito di applicazione dei brevetti non attenuano né eliminano gli incentivi a proseguire autonomamente nel tentativo di entrare nel mercato. Pertanto, le imprese di medicinali generici che accettino di astenersi dall’entrare nel mercato con medicinali contraffatti in contropartita di un trasferimento di valore potrebbero mantener fermo l’intento di ottenere una sentenza che constati che i loro medicinali non sono contraffatti o che il brevetto asseritamente violato è nullo. Inoltre, niente autorizzerebbe a concludere che un pagamento che compensa un’astensione dal lancio di medicinali contraffatti ridurrebbe l’incentivo di un’impresa di medicinali generici a proseguire nel tentativo di entrare nel mercato mediante medicinali non contraffatti. Il fatto che un’impresa di medicinali generici si accontenti del valore trasferito dal laboratorio produttore di medicinali originali e non tenti di contestare il brevetto pertinente, nonostante la mancanza di clausole di non contestazione, indicherebbe unicamente che tale impresa dubita delle sue possibilità di ottenere l’annullamento del brevetto.

395    Le ricorrenti ritengono, quindi, che una presunzione legale, in forza della quale un’esclusione dal mercato mediante un pagamento restringe la concorrenza per oggetto, riducendo o eliminando l’incentivo delle imprese di medicinali generici a proseguire autonomamente nel tentativo di entrare nel mercato, può sorgere solo quando le restrizioni contrattuali non rientrano nell’ambito di applicazione del brevetto pertinente.

396    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata non motivi sufficientemente la sua conclusione secondo la quale i trasferimenti di valore riducono indubbiamente gli incentivi delle imprese di medicinali generici ad agire in giudizio. La decisione impugnata ammetterebbe che la prospettiva di concludere, qualche tempo dopo l’esercizio di un’azione giudiziaria contro il laboratorio produttore di medicinali originali, un accordo di composizione amichevole che preveda un pagamento invertito, sia tale da incentivare le imprese di medicinali generici a proporre siffatta azione (punto 711). Tale ammissione sarebbe in contrasto con l’argomento della decisione impugnata secondo il quale i pagamenti invertiti, probabilmente, porterebbero soltanto a dissuadere le imprese di medicinali generici dall’agire in giudizio (punto 966). Tale incongruenza intrinseca indicherebbe che la decisione impugnata non si fonda su una base economica rigorosa e comprometterebbe la conclusione secondo la quale pagamenti invertiti «ingenti» sarebbero necessariamente effettuati a danno dei consumatori (punto 646).

397    La Commissione contesta tali argomenti.

398    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale gli accordi controversi non contenevano alcuna clausola che impedisse alle imprese di medicinali generici di contestare la validità dei loro brevetti, cosicché tali accordi non avevano eliminato qualsiasi incentivo, per le stesse, a entrare nel mercato, occorre constatare, anzitutto, che siffatto argomento è inoperante, in quanto la decisione impugnata dimostra unicamente che i pagamenti invertiti, previsti dagli accordi controversi, hanno incoraggiato o incentivato le imprese di medicinali generici ad accettare limitazioni alla loro autonomia commerciale, limitazioni che esse non avrebbero accettato in mancanza di tali pagamenti e non già che hanno eliminato qualsiasi incentivo al riguardo (punti 604 e da 659 a 661 della decisione impugnata).

399    In ogni caso, anche se gli accordi controversi non contenevano clausole di non contestazione, le imprese di medicinali generici non avevano alcun interesse a contestare i brevetti della Lundbeck dopo aver concluso gli accordi controversi, in quanto i pagamenti invertiti corrispondevano approssimativamente ai profitti che esse contavano di realizzare in caso di ingresso nel mercato o al risarcimento che esse avrebbero potuto ottenere se avessero vinto la causa contro la Lundbeck in sede contenziosa (v. punto 388 supra). Anche supponendo che tali pagamenti fossero stati inferiori agli utili previsti, si trattava, nonostante tutto, di un profitto certo e immediato, senza che esse dovessero incorrere nei rischi che l’ingresso nel mercato avrebbe comportato. I fatti, quali si sono effettivamente verificati nella fattispecie, confermano del resto tale interpretazione, in quanto nessuna impresa di medicinali generici ha contestato i brevetti della Lundbeck o è entrata nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi. Sebbene la Merck (GUK) sia entrata effettivamente nel mercato del citalopram per alcuni giorni nel Regno Unito, dopo la scadenza dell’accordo GUK per il Regno Unito, ciò è avvenuto in quanto essa riteneva che le condizioni proposte dalla Lundbeck ai fini della proroga di tale accordo non fossero abbastanza vantaggiose e auspicava un compenso più remunerativo in contropartita di una seconda proroga di tale accordo (punto 299 della decisione impugnata).

400    Inoltre, nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere che le imprese di medicinali generici sarebbero potute entrare nel mercato mediante prodotti generici non contraffatti, occorre rinviare all’esame del sesto motivo, di seguito esposto, riguardante l’analisi del contenuto e della portata degli accordi controversi.

401    In ogni caso, anche se le restrizioni contenute negli accordi controversi rientravano potenzialmente nell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, nel senso che sarebbe stato possibile ottenerle anche nell’ambito di azioni giudiziarie, la decisione impugnata constata, correttamente, che si trattava soltanto di una potenzialità, nel momento in cui sono stati conclusi gli accordi controversi. Orbene, il fatto di aver sostituito tale incertezza relativa alla natura contraffatta o meno dei prodotti delle imprese di medicinali generici e alla validità dei brevetti delle ricorrenti con la certezza che le imprese di medicinali generici non sarebbero entrate nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi costituisce, in quanto tale, nella fattispecie, una restrizione della concorrenza per oggetto, in quanto siffatto risultato è stato ottenuto mediante un pagamento invertito (v. punti 336 e 363 supra).

402    Infine, inutilmente le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata non sarebbe sufficientemente motivata al riguardo. Infatti, i vari passaggi della decisione impugnata dedicati ai pagamenti invertiti, menzionati dalle stesse ricorrenti, dimostrano che queste ultime hanno compreso la tesi della Commissione a tal proposito, anche se non la condividono. Del resto, non sussiste alcuna contraddizione, nella decisione impugnata, per il fatto che essa riconosce, da un lato, che la prospettiva di poter ottenere pagamenti invertiti da parte del laboratorio produttore di medicinali originali può incoraggiare le imprese di medicinali generici a proporre azioni giudiziarie, mentre, dall’altro, i pagamenti invertiti ottenuti in forza degli accordi controversi avrebbero dissuaso le imprese di medicinali generici dal proporre siffatte azioni nella fattispecie. Infatti, come precisa, in sostanza, la Commissione ai punti 639 e 660 della decisione impugnata, in particolare, gli accordi di composizione amichevole che prevedono pagamenti – anche invertiti – non sono sempre problematici alla luce del diritto della concorrenza, segnatamente quando non sono accompagnati da alcuna restrizione all’ingresso dei medicinali generici nel mercato e quando mirano, al contrario, a offrire una compensazione alle imprese di medicinali generici per il loro mancato guadagno, una volta che il laboratorio produttore di medicinali originali riconosce che i loro prodotti generici non violano alcun brevetto.

403    Di conseguenza, si deve concludere che la Commissione non è incorsa in alcun errore di valutazione nel constatare, nella decisione impugnata, che le restrizioni contenute negli accordi controversi, ottenute in contropartita di ingenti pagamenti invertiti, avevano ridotto gli incentivi delle imprese di medicinali generici ad entrare nel mercato.

404    Pertanto, la seconda parte deve essere parimenti respinta.

3.     Sulla terza parte

405    Le ricorrenti ritengono che il criterio applicato dalla decisione, secondo il quale gli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti, indotti da un trasferimento di valore, hanno un oggetto restrittivo della concorrenza, sia impraticabile.

406    In primo luogo, esse fanno valere che tale criterio è intrinsecamente incoerente e ha un effetto dissuasivo sulla conclusione di accordi in cui è previsto un ingresso rapido nel mercato, che avvantaggia i consumatori, in quanto esso porta a risultati diversi a seconda che il trasferimento assuma la forma di un versamento in contanti oppure di un ingresso rapido nel mercato.

407    In secondo luogo, esse ritengono che un accordo non possa fondarsi «unicamente» sulla valutazione della forza del brevetto ad opera delle parti e che il criterio applicato dalla Commissione vieti in concreto qualsiasi pagamento invertito. Nessuna composizione amichevole potrebbe fondarsi «unicamente» sulla valutazione, ad opera delle parti, della forza del brevetto, per il semplice motivo che la «forza» di un brevetto non costituirebbe una nozione precisa. Se si esigesse che le composizioni amichevoli siano basate «unicamente» sulla valutazione, ad opera delle parti, della forza del brevetto, ciò equivarrebbe a imporre alle parti di agire in giudizio. La decisione non lascerebbe alcun margine di discrezionalità alle parti per utilizzare un pagamento invertito al fine di dissuadere un’impresa di medicinali generici dal violare i brevetti di un laboratorio produttore di medicinali originali.

408    In terzo luogo, le ricorrenti ritengono che il criterio giuridico fondato sull’importo della somma versata sia impraticabile, in quanto la decisione impugnata non fissa alcuna soglia precisa che consenta di stabilire se un pagamento sia ammissibile o anticoncorrenziale.

409    La Commissione contesta tali argomenti.

410    In primo luogo, l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la decisione impugnata avrebbe un effetto dissuasivo sulla conclusione di accordi di composizione amichevole che prevedono un ingresso rapido dei medicinali generici nel mercato è manifestamente infondato, in quanto la Commissione, al contrario, ha ritenuto che gli accordi controversi fossero problematici alla luce del diritto della concorrenza, dato che avevano come obiettivo di ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato e non già di agevolare siffatto ingresso. Occorre ricordare, peraltro, che la Commissione ha anche tenuto conto del fatto che gli accordi controversi non contenevano alcun impegno, da parte della Lundbeck, ad astenersi dal proporre azioni per contraffazione nei confronti delle imprese di medicinali generici nel caso in cui queste ultime fossero entrate nel mercato con citalopram generico dopo la scadenza di tali accordi (punto 662 della decisione impugnata).

411    Inoltre, la decisione riconosce che, in taluni casi, gli accordi di composizione amichevole non sono problematici, anche quando contengono pagamenti invertiti, qualora prevedano, peraltro, un ingresso immediato dei medicinali generici nel mercato (v. l’esempio della Neolab, citato al punto 350 supra). Il fatto che la Commissione abbia trattato gli accordi che si accompagnano a un pagamento invertito in modo diverso da quelli che non prevedono siffatto pagamento è del tutto giustificato, tenuto conto dell’effetto incentivante che tale pagamento esercita sulle imprese di medicinali generici al fine di accettare restrizioni che esse non avrebbero accettato in mancanza di tale pagamento (v. supra, punti 349 e seguenti). Del resto, un accordo che consente un ingresso più rapido nel mercato non è evidentemente problematico alla luce del diritto della concorrenza, cosicché tale contropartita di altri impegni contenuti in un accordo di composizione amichevole non può essere paragonata a un pagamento invertito volto a ritardare siffatto ingresso.

412    In secondo luogo, occorre ricordare che la decisione impugnata non dimostra che un accordo debba basarsi esclusivamente sulla valutazione della forza di un brevetto ad opera delle parti di tale accordo per non rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (punto 360 supra). Le ricorrenti sostengono quindi erroneamente che la decisione impugnata ha come effetto di ridurre qualsiasi incentivo a concludere accordi di composizione amichevole in materia di brevetti, che portano così a una valanga di controversie in tutto il SEE. Infatti, la Commissione ha condannato unicamente gli accordi conclusi sotto forma di composizione amichevole, come nella fattispecie, che non hanno realmente per oggetto di comporre la controversia sottostante in materia di brevetti tra le parti di tale accordo e che prevedono pagamenti invertiti in contropartita dell’impegno delle imprese di medicinali generici di restare fuori dal mercato. Inoltre, se è vero che la Commissione ha ritenuto che siffatti accordi fossero anticoncorrenziali, non sussiste alcun obbligo, per il laboratorio produttore di medicinali originali, di avviare procedimenti dinanzi a tutti i giudici del SEE al fine di tutelare i suoi brevetti, in quanto è sempre possibile, ad esempio, concludere accordi di composizione amichevole che non contengono alcun pagamento invertito o concludere accordi di composizione amichevole che, sebbene prevedano siffatti pagamenti, non si accompagnano ad alcuna restrizione all’ingresso dei medicinali generici nel mercato (v. l’esempio della Neolab, citato al punto 350 supra).

413    Infine, l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la decisione impugnata non lascia loro alcun margine di discrezionalità per utilizzare pagamenti invertiti al fine di dissuadere le imprese di medicinali generici dal violare i loro brevetti si basa ancora una volta sulla premessa errata secondo la quale i prodotti delle imprese di medicinali generici violavano i loro brevetti, mentre ciò non era stato dimostrato al momento della conclusione degli accordi controversi.

414    In terzo luogo, la Commissione ha spiegato, nella decisione impugnata, che i pagamenti invertiti erano particolarmente problematici, nella fattispecie, in quanto gli importi previsti dagli accordi controversi corrispondevano, più o meno, agli utili previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato o al risarcimento che esse avrebbero potuto ottenere se avessero vinto la causa contro la Lundbeck in sede contenziosa (punto 388 supra). Infatti, in tal caso, qualsiasi incentivo per le imprese di medicinali generici a entrare nel mercato è notevolmente ridotto, se non addirittura eliminato. Ciò che rileva, quindi, è il fatto che, nella fattispecie, gli importi dei pagamenti invertiti previsti in ciascuno degli accordi controversi siano stati sufficientemente elevati per consentire alle imprese di medicinali generici di accettare le limitazioni alla loro autonomia e per ridurre gli incentivi di queste ultime a entrare nel mercato con i loro prodotti generici (v. in particolare punto 644 della decisione impugnata).

415    È vero che la Commissione si è basata su un insieme di fattori al fine di dimostrare l’esistenza, nella fattispecie, di una restrizione per oggetto (v. punto 354 supra e punti 661 e 662 della decisione impugnata). Le ricorrenti non possono contestare, tuttavia, alla Commissione di non aver chiarito in modo sufficiente, nella decisione impugnata, l’importanza che essa attribuiva al fatto che i pagamenti invertiti corrispondevano ai profitti previsti dalle imprese di medicinali generici. In ogni caso, occorre sottolineare, al pari della Commissione, che quest’ultima non è tenuta, nelle sue decisioni, a fissare criteri giuridici generalmente applicabili, ma unicamente a stabilire, in ciascun caso di specie, se gli accordi che essa esamina siano compatibili con le disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, motivando tali decisioni in modo sufficientemente chiaro e convincente al riguardo. Orbene, alla luce degli elementi che precedono, occorre constatare che, nella fattispecie, la Commissione ha ottemperato a tali obblighi.

416    Pertanto, occorre respingere la terza parte, nonché il secondo motivo nel suo insieme.

D –  Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto commesso nell’applicazione dei principi relativi all’oggetto restrittivo della concorrenza

417    Le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata sia viziata da un errore di diritto in quanto conclude che gli accordi controversi hanno un oggetto restrittivo della concorrenza in applicazione dei principi consolidati in materia di interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1 TFUE. In particolare, la decisione impugnata sarebbe viziata da errore, in primo luogo, nell’assimilare tali accordi a quelli in questione nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), nonché in altre cause classiche riguardanti ripartizioni di mercato che non vertevano sull’attuazione di brevetti, in secondo luogo, nel considerare che un trasferimento di valore poteva rendere, di per sé, un accordo di composizione amichevole in materia di brevetti restrittivo per oggetto, in terzo luogo, nel non riconoscere che l’obiettivo perseguito dagli accordi controversi, ossia far rispettare i brevetti della Lundbeck, ostava alla constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto e, in quarto luogo, nel non comprendere che la situazione che si sarebbe verificata in mancanza degli accordi controversi (in prosieguo: lo «scenario controfattuale») escludeva, nella fattispecie, l’esistenza di qualsiasi restrizione della concorrenza per oggetto.

1.     Sulla prima parte

418    Le ricorrenti ritengono che la Commissione, nella decisione impugnata, incorra in un errore quando assimila gli accordi controversi ad accordi di ripartizione dei mercati come quelli di cui trattasi nella sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643).

419    Al riguardo, in primo luogo, le ricorrenti fanno valere che, contrariamente a quanto avviene nella fattispecie, gli accordi in questione nella sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), non miravano a preservare un brevetto conferendo al suo titolare il diritto di impedire l’ingresso nel mercato di prodotti contraffatti e il danno irreparabile che sarebbe derivato da tale ingresso.

420    In secondo luogo, contrariamente a quanto avviene nella fattispecie, le imprese che uscivano dal mercato pertinente in forza degli accordi in questione nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), avrebbero fatto certamente concorrenza alle imprese rimaste su tale mercato se detti accordi non fossero stati conclusi.

421    In terzo luogo, contrariamente all’argomento dedotto nel caso di specie, gli accordi in questione nella sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), sarebbero stati ritenuti restrittivi della concorrenza, anche in mancanza di un pagamento. Il fatto che, nella suddetta causa, fossero in gioco versamenti compensativi, non sarebbe stato decisivo per ritenere che tali accordi avessero ad oggetto una restrizione della concorrenza.

422    La Commissione contesta tali argomenti.

423    In primo luogo, occorre rilevare che l’analogia creata dalla Commissione, ai punti 657 e 658 della decisione impugnata, tra gli accordi di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), e gli accordi controversi non è viziata da alcun errore di diritto.

424    Infatti, come risulta in particolare dal punto 8 di detta sentenza, in tale causa, le imprese attive nel mercato della trasformazione della carne bovina in Irlanda avevano creato un meccanismo in base al quale talune imprese si impegnavano a restare fuori da detto mercato per due anni in contropartita di pagamenti da parte delle imprese che restavano in tale mercato. Una dinamica analoga si è verificata nella fattispecie con la conclusione degli accordi controversi, in forza dei quali la Lundbeck, che costituiva la principale, se non addirittura l’unica impresa presente sul mercato nei paesi interessati da tali accordi, ha pagato le imprese di medicinali generici, che erano concorrenti potenziali, affinché restassero fuori dal mercato per un periodo determinato.

425    Ne consegue che, sia nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), che nella causa in esame, si trattava di accordi che avevano limitato la facoltà degli operatori economici concorrenti di stabilire in modo autonomo la politica che intendevano perseguire nel mercato, impedendo al normale processo concorrenziale di seguire il suo corso (v., in tal senso, sentenza BIDS, cit. al punto 341 supra EU:C:2008:643, punti da 33 a 35).

426    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, a differenza di quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), gli accordi controversi nella fattispecie sono stati conclusi in un contesto in cui esse erano in possesso di brevetti che consentivano loro di impedire l’ingresso nel mercato di prodotti contraffatti, occorre, anzitutto, ricordare che, nella fattispecie, l’esistenza di nuovi brevetti di procedimento della Lundbeck non ostava a che le imprese di medicinali generici potessero essere considerate sue concorrenti potenziali, come risulta dall’esame del primo motivo. Orbene, l’articolo 101 TFUE tutela la concorrenza potenziale al pari della concorrenza effettiva (v. punto 99 supra).

427    Inoltre, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, un accordo non è immune dal diritto della concorrenza per il semplice fatto che riguarda un brevetto o che mira a risolvere in via amichevole una controversia in materia di brevetti (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 1988, Bayer e Maschinenfabrik Hennecke, 65/86, Racc., EU:C:1988:448, punto 15). Peraltro, si può ritenere che un accordo abbia un oggetto restrittivo anche se non ha come unico obiettivo una restrizione della concorrenza, ma persegue altresì il conseguimento di altri obiettivi legittimi (v. sentenza BIDS, cit. al punto 341 supra, EU:C:2008:643, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

428    In secondo luogo, se è vero che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), le imprese in questione erano concorrenti effettivi, in quanto si trattava di far uscire dal mercato interessato imprese già presenti, mentre, nella fattispecie, la Lundbeck e le imprese di medicinali generici erano solo concorrenti potenziali, la Corte non ha richiesto, tuttavia, alla Commissione, in tale sentenza, di dimostrare che, in mancanza di accordi, le imprese sarebbero rimaste nel mercato. Infatti, nel caso di una restrizione della concorrenza per oggetto, l’analisi degli effetti degli accordi è superflua (v. punto 341 supra). La Corte si è quindi limitata a constatare, in tale causa, che gli accordi in questione avevano lo scopo di attuare una politica comune che aveva per oggetto di favorire l’uscita dal mercato di talune imprese e di ridurre così le sovraccapacità che, impedendo la realizzazione di economie di scala, pregiudicavano la loro redditività. La Corte ha constatato, pertanto, che questo tipo di accordi collideva manifestamente con la concezione intrinseca alle norme del Trattato in materia di concorrenza, in base alla quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende praticare sul mercato, ricordando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE intende evitare ogni forma di coordinamento che sostituisca scientemente una cooperazione pratica tra imprese ai rischi della concorrenza (sentenza BIDS, cit. al punto 341 supra, EU:C:2008:643, punti 33 e 34).

429    Orbene, nella fattispecie, le parti degli accordi controversi hanno preferito sostituire ai rischi inerenti al normale svolgimento del gioco della concorrenza e allo stato di incertezza che circondava la validità dei brevetti di procedimento della Lundbeck nonché la questione se i prodotti che le imprese di medicinali generici avevano intenzione di commercializzare violassero o meno tali brevetti, la certezza che esse non sarebbero entrate nel mercato durante la vigenza di tali accordi, mediante ingenti pagamenti invertiti che corrispondevano approssimativamente agli utili che le stesse avrebbero realizzato se fossero entrate nel mercato. Ha poca rilevanza, pertanto, la questione se le imprese sarebbero entrate con certezza nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi, in quanto tali accordi hanno eliminato proprio tale possibilità sostituendola con la certezza che tali imprese non vi sarebbero entrate con i loro prodotti durante tale periodo. Orbene, così facendo, le parti degli accordi controversi hanno potuto spartirsi una parte degli utili di cui la Lundbeck ha continuato a beneficiare, a danno dei consumatori che hanno continuato a pagare prezzi più elevati di quelli che avrebbero pagato in caso di ingresso dei medicinali generici nel mercato (v. punti da 644 a 646 della decisione impugnata).

430    In terzo luogo, va respinto anche l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, a differenza degli accordi controversi, gli accordi in questione nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), sarebbero stati anticoncorrenziali anche in mancanza dei pagamenti effettuati in forza di tali accordi. Infatti, occorre rilevare, al pari della Commissione, che, in queste due cause, i pagamenti hanno svolto un ruolo determinante in quanto hanno incentivato le imprese a ritirarsi dal mercato. Pertanto, nella causa che ha dato luogo alla sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), è poco probabile che le imprese uscenti avrebbero accettato di ritirarsi dal mercato in mancanza dei pagamenti effettuati dalle imprese restanti. Parimenti, nella fattispecie, dagli elementi contenuti nel fascicolo emerge che le imprese di medicinali generici non avrebbero accettato di restare fuori dal mercato unilateralmente, dopo aver espletato pratiche ed effettuato investimenti ingenti, in mancanza di pagamenti invertiti.

431    È vero che la Commissione ha riconosciuto che, in taluni casi, la conclusione di un accordo di composizione amichevole in materia di brevetti non era anticoncorrenziale, in particolare quando quest’ultimo si basava sulla valutazione della forza dei brevetti ad opera di ciascuna parte dell’accordo o quando tale accordo prevedeva un pagamento invertito senza tuttavia ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato (punti 638 e 639 della decisione impugnata). Nella fattispecie, tuttavia, la Commissione ha ritenuto, correttamente, che i pagamenti invertiti avessero svolto un ruolo decisivo, in quanto avevano consentito alla Lundbeck di ottenere impegni, da parte delle imprese di medicinali generici, che non avrebbe potuto ottenere in mancanza di tali pagamenti, ritardando, in tal modo, il loro ingresso nel mercato.

432    In risposta a un quesito del Tribunale relativo alle implicazioni della sentenza CB/Commissione, citata al punto 78 supra (EU:C:2014:2204), le ricorrenti hanno fatto valere che tale sentenza confermava il loro punto di vista secondo il quale la Commissione aveva qualificato erroneamente come restrizione per oggetto gli accordi controversi. Infatti, sotto un primo profilo, la Corte avrebbe ricordato che la nozione di restrizione per oggetto doveva essere interpretata in modo restrittivo. Sotto un secondo profilo, l’esistenza di una restrizione per oggetto avrebbe potuto essere constatata solo se l’accordo presentava, di per sé, un grado sufficiente di dannosità. Tuttavia, secondo la decisione impugnata, la questione se un accordo di composizione amichevole possa essere ritenuto conforme o meno al diritto della concorrenza necessiterebbe di un’analisi approfondita del singolo accordo, tenendo conto del contesto di fatto, economico e giuridico. Da una nota interna del KFST emergerebbe altresì che la Commissione non aveva ritenuto che l’entità dei pagamenti, nel caso della Lundbeck, costituisse un chiaro esempio di un’impresa che paga i suoi concorrenti affinché restino fuori del mercato. Esse ritengono, quindi, che, con il suo approccio, la Commissione tenti, in realtà, di sottrarsi all’analisi fattuale e all’onere della prova ad essa incombenti quando si tratta di dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza basata sugli effetti prodotti da un accordo. Sotto un terzo profilo, non si potrebbe ignorare il contesto nel quale sono stati conclusi gli accordi controversi, ossia in particolare l’esistenza di brevetti di procedimento validi, la durata limitata degli accordi, il quadro normativo specifico nel SEE e la mancanza di prodotti non contraffatti disponibili entro un termine sufficientemente breve. Sotto un quarto profilo, l’esperienza maturata sarebbe rilevante al fine di dimostrare se un comportamento sia finalizzato a restringere la concorrenza. Con tale esperienza dovrebbe intendersi quanto emerge tradizionalmente dall’analisi economica, quale è stata approvata dalle autorità garanti della concorrenza, confermata, se del caso, dalla giurisprudenza. Orbene, nella fattispecie, non esisterebbe un’esperienza di tal genere.

433    La Commissione ha spiegato, a sua volta, di aver applicato la giurisprudenza costante in materia, come richiamata dalla Corte nella sentenza CB/Commissione, citata al punto 78 supra (EU:C:2014:2204).

434    Occorre rilevare, infatti, che, con la sentenza CB/Commissione, citata al punto 78 supra (EU:C:2014:2204), la Corte non ha rimesso in discussione i principi fondamentali relativi alla nozione di restrizione per oggetto quali risultano dalla giurisprudenza precedente. È vero che, nella sentenza, la Corte ha respinto l’analisi formulata dal Tribunale nella sentenza del 29 novembre 2012, CB/Commissione (T‑491/07, EU:T:2012:633), in cui era stato dichiarato che la nozione di restrizione della concorrenza per oggetto non doveva essere interpretata in modo restrittivo. La Corte ha ricordato che, salvo esimere la Commissione dall’obbligo di provare gli effetti concreti sul mercato di accordi rispetto ai quali non era affatto dimostrato che fossero, per loro natura, dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, la nozione di restrizione della concorrenza per oggetto poteva essere applicata solo ad alcuni tipi di coordinamento tra imprese che presentavano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si potesse ritenere che l’esame dei loro effetti non fosse necessario (sentenza CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 58).

435    Orbene, dall’intero impianto sistematico della decisione impugnata, e in particolare dai punti 802 e 1338, emerge che gli accordi controversi erano paragonabili ad accordi di esclusione dal mercato, rientranti fra le restrizioni più gravi della concorrenza. Infatti, l’esclusione di concorrenti dal mercato costituisce una forma estrema di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione. Le ricorrenti non possono contestare alla Commissione di non aver tenuto conto dell’esistenza dei loro brevetti di procedimento o del quadro normativo specifico del SEE nella fattispecie, quali elementi contestuali pertinenti al riguardo. Infatti, dai punti da 666 a 671 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha tenuto conto dei brevetti di procedimento delle ricorrenti, ma ha ritenuto che questi ultimi, anche se si presumevano validi, non consentissero di escludere qualsiasi concorrenza relativa all’IFA citalopram. Inoltre, la Commissione ha anche tenuto conto del fatto che vi fosse incertezza, al momento della conclusione degli accordi controversi, sulla questione della validità dei brevetti delle ricorrenti, in particolare del brevetto sulla cristallizzazione, e del fatto che nessun giudice del SEE si fosse pronunciato su tale questione al momento della conclusione degli accordi controversi.

436    Pertanto, si deve ritenere che la Commissione abbia correttamente applicato la giurisprudenza quale richiamata ai punti da 338 a 344 supra, consistente nel determinare se un accordo possa essere considerato, per sua natura, restrittivo della concorrenza in modo sufficientemente grave per essere qualificato, nella fattispecie, come restrizione per oggetto (v. in particolare punto 651 della decisione impugnata).

437    Pertanto, la Commissione non era tenuta, inoltre, ad esaminare gli effetti concreti degli accordi controversi sulla concorrenza, e in particolare la questione se, in mancanza di tali accordi, le imprese di medicinali generici sarebbero entrate nel mercato senza violare uno dei brevetti della Lundbeck, per poter dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto esse disponevano di possibilità reali e concrete al riguardo ed erano concorrenti potenziali della Lundbeck al momento della conclusione degli accordi controversi (v. supra, primo motivo).

438    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non è necessario che lo stesso tipo di accordi sia già stato condannato dalla Commissione perché possa essere considerato una restrizione della concorrenza per oggetto. Il ruolo dell’esperienza, menzionato dalla Corte al punto 51 della sentenza CB/Commissione, citata al punto 78 supra (EU:C:2014:2204), non riguarda la categoria specifica di un accordo in un settore particolare, ma rinvia al fatto che è dimostrato che la probabilità che talune forme di collusione abbiano effetti negativi sulla concorrenza, in generale e alla luce dell’esperienza maturata, è talmente alta che non è necessario dimostrare che esse hanno effetti nel particolare caso di specie. Il fatto che la Commissione, in passato, non abbia ritenuto che un accordo di un certo tipo fosse, per il suo stesso oggetto, restrittivo della concorrenza non impedisce di farlo in futuro, in seguito a un esame individuale e circostanziato delle misure controverse alla luce del loro contenuto, della loro finalità e del loro contesto (v., in tal senso, sentenza CB/Commissione, cit. al punto 78 supra, EU:C:2014:2204, punto 51; conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa CB/Commissione, C‑67/13 P, Racc., EU:C:2014:1958, paragrafo 142, e dell’avvocato generale Wathelet nella causa Toshiba Corporation/Commissione, C‑373/14 P, Racc., EU:C:2015:427, paragrafo 74).

439    Erroneamente quindi le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha dimostrato in modo sufficiente che gli accordi controversi potessero essere considerati, per il loro contenuto e per i loro obiettivi, valutati nel loro contesto economico e giuridico, come sufficientemente dannosi per la concorrenza (v. punto 343 supra).

440    La prima parte deve essere quindi respinta.

2.     Sulla seconda parte

441    Le ricorrenti ritengono che la Commissione incorra in un errore di diritto quando conclude, nella decisione impugnata, che un trasferimento di valore è sufficiente, di per sé, a rendere restrittivo per oggetto un accordo di composizione amichevole in materia di brevetti.

442    Le ricorrenti osservano che, nella decisione impugnata, si constata che «vengono presi in considerazione i mezzi utilizzati dai titolari di brevetto per difendere i loro diritti» (punto 641), il che significherebbe che i «mezzi», di per sé, possono rendere un accordo anticoncorrenziale per oggetto. Orbene, nessuna causa precedente indicherebbe che una misura incentivante esterna, sotto forma di vantaggi economici o di una pressione fisica o psicologica, è idonea, di per sé, a rendere anticoncorrenziale un accordo altrimenti lecito. Inoltre, se l’esistenza di un incentivo esterno non può giustificare un accordo peraltro anticoncorrenziale, tale esistenza non può neppure rendere anticoncorrenziale un accordo peraltro lecito. Infine, la giurisprudenza della Corte confermerebbe che l’oggetto anticoncorrenziale di un accordo deve essere dimostrato indipendentemente da qualsiasi considerazione sugli incentivi finanziari delle parti. La decisione impugnata sarebbe quindi viziata da errore in quanto attribuisce un’importanza decisiva al pagamento, mentre quest’ultimo non rileverebbe ai fini del diritto della concorrenza.

443    La Commissione contesta tali argomenti.

444    Nei limiti in cui, con la presente parte, le ricorrenti rimettono in discussione la valutazione effettuata dalla Commissione, nella decisione impugnata, dei pagamenti invertiti, occorre rinviare, al riguardo, alla trattazione dedicata a tale questione nell’ambito del secondo motivo (v. punti da 345 a 416 supra).

445    Inoltre, occorre aggiungere che la giurisprudenza fatta valere dalle ricorrenti, secondo la quale è indifferente, per quanto riguarda l’esistenza dell’infrazione, che la conclusione di un accordo sia stata o meno nell’interesse commerciale delle parti che concludono tale accordo (v., in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, Racc., EU:C:2007:52, punti 44 e 45 e giurisprudenza ivi citata), significa unicamente che le parti di un accordo non possono sostenere che tale accordo costituiva la soluzione più redditizia per eludere il divieto sancito dall’articolo 101 TFUE (v. punto 380 supra). Tale giurisprudenza non osta, per contro, a che la Commissione tenga conto del contenuto di un accordo nonché della sua finalità e del contesto nel quale è stato concluso, come, nella fattispecie, la presenza di ingenti pagamenti invertiti, al fine di dimostrare l’esistenza di una restrizione per oggetto.

446    Pertanto, la seconda parte deve essere parimenti respinta.

3.     Sulla terza parte

447    Le ricorrenti affermano che la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto, in primo luogo, in quanto omette di riconoscere che gli accordi controversi erano necessari per realizzare un obiettivo legittimo, ossia la tutela e l’attuazione di un brevetto, e in secondo luogo, in quanto essa applica in modo errato al caso di specie la giurisprudenza sugli «altri obiettivi legittimi».

448    Le ricorrenti invocano una giurisprudenza costante dei giudici dell’Unione secondo la quale una restrizione della libertà di agire delle parti non restringe sistematicamente la concorrenza, in particolare quando tale restrizione è necessaria per il perseguimento di un obiettivo principale che si presenta neutrale sul piano della concorrenza oppure la favorisce. Orbene, la tutela dell’investimento realizzato dal titolare di un diritto di proprietà intellettuale potrebbe costituire, a loro avviso, tale obiettivo legittimo.

449    Nella fattispecie, gli accordi controversi avrebbero perseguito l’obiettivo legittimo di proteggere e di far rispettare i brevetti di procedimento della Lundbeck e di tutelare quindi l’investimento della Lundbeck, impedendo il danno irreparabile che sarebbe stato causato dal lancio di medicinali generici. Tali accordi avrebbero dato, peraltro, alle imprese di medicinali generici il tempo necessario per stabilire se i brevetti della Lundbeck fossero violati, senza dover sostenere spese o altri oneri o subire ritardi inerenti a una controversia. Inoltre, la portata e la durata degli accordi controversi sarebbero proporzionate, in quanto questi ultimi avevano come unico obiettivo di impedire alle imprese di medicinali generici di commercializzare citalopram che violasse i brevetti della Lundbeck e in quanto la loro durata sarebbe stata collegata, in definitiva, all’esito della controversia Lagap nel Regno Unito, che doveva consentire di esaminare i contenziosi sottostanti e di dimostrare se la Lundbeck fosse ancora legittimata a dare attuazione ai suoi brevetti di procedimento.

450    La Commissione contesta tali argomenti.

451    Occorre ricordare al riguardo che, secondo la giurisprudenza, se un’operazione o una determinata attività non rientra nell’ambito di applicazione del principio di divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, a causa della sua neutralità o del suo effetto positivo sul piano della concorrenza, neppure una restrizione dell’autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività rientra nel citato principio di divieto qualora detta restrizione sia obiettivamente necessaria per l’attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell’una o dell’altra (v. sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, Racc., EU:C:2014:2201, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

452    Qualora non sia possibile dissociare una siffatta restrizione dall’operazione o dall’attività principale senza comprometterne l’esistenza e gli obiettivi, occorre infatti esaminare la compatibilità con l’articolo 101 TFUE di tale restrizione congiuntamente con la compatibilità dell’operazione o dell’attività principale cui essa è accessoria, e ciò sebbene, considerata isolatamente, tale restrizione possa rientrare, a prima vista, nel principio di divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. (sentenza MasterCard e a./Commissione, cit. al punto 450 supra, EU:C:2014:2201, punto 90).

453    Quando si tratta di chiarire se una restrizione anticoncorrenziale possa sottrarsi al divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE sulla base del rilievo che è accessoria ad un’operazione principale priva di tale carattere anticoncorrenziale, occorre appurare se la realizzazione di tale operazione risulterebbe impossibile in mancanza della restrizione in questione. La circostanza che la citata operazione sia semplicemente resa più difficilmente realizzabile o meno redditizia in assenza della restrizione in oggetto non può essere considerata tale da conferire a detta restrizione il carattere «obiettivamente necessario» richiesto per poter essere qualificata come accessoria. Un’interpretazione del genere, infatti, equivarrebbe a estendere tale nozione a restrizioni che non sono strettamente indispensabili per la realizzazione dell’operazione principale. Siffatto risultato pregiudicherebbe l’effetto utile del divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza MasterCard e a./Commissione, cit. al punto 450 supra, EU:C:2014:2201, punto 91).

454    La condizione relativa al carattere necessario di una restrizione implica un duplice esame. Infatti, occorre stabilire, da un lato, se la restrizione sia oggettivamente necessaria alla realizzazione dell’operazione principale e, dall’altro, se la stessa sia proporzionata a quest’ultima (v. sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

455    Va sottolineato peraltro che, in quanto non può essere ammessa l’esistenza di una regola della ragionevolezza nel diritto dell’Unione in materia di concorrenza, sarebbe errato interpretare, nell’ambito della qualificazione delle restrizioni accessorie, la condizione della necessità oggettiva nel senso che essa implica un contemperamento degli effetti pro e anticoncorrenziali di un accordo (v., in tal senso, sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

456    Nella fattispecie, le ricorrenti affermano che le restrizioni dell’autonomia commerciale delle imprese di medicinali generici sarebbero accessorie alla realizzazione di un obiettivo principale, consistente nella tutela dei loro diritti di proprietà intellettuale.

457    Siffatto argomento non può essere accolto.

458    In primo luogo, infatti, le ricorrenti non hanno dimostrato che le restrizioni convenute in forza degli accordi controversi fossero obiettivamente necessarie per tutelare i loro diritti di proprietà intellettuale, ai sensi della giurisprudenza citata. Da un lato, esse avrebbero potuto tutelare tali diritti proponendo azioni dinanzi ai giudici nazionali competenti in caso di violazione dei loro brevetti. D’altro lato, come ha precisato la Commissione ai punti 638 e seguenti della decisione impugnata, esistevano vari modi di comporre in via amichevole una controversia in materia di brevetti, senza convenire restrizioni relative all’ingresso dei medicinali generici nel mercato, mediante pagamenti invertiti corrispondenti approssimativamente ai profitti previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato (v. punti 334 e 411 supra). Le ricorrenti non dimostrano, pertanto, che tali restrizioni fossero obiettivamente necessarie alla realizzazione dell’obiettivo asserito, consistente nel far rispettare i loro diritti di proprietà intellettuale.

459    In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, un accordo non è immune dal diritto della concorrenza per il semplice fatto che riguarda un brevetto o che mira a risolvere in via amichevole una controversia in materia di brevetti e si può ritenere che abbia un oggetto restrittivo anche se non ha come unico obiettivo di restringere la concorrenza, ma persegue anche altri obiettivi legittimi (v. punto 427 supra e giurisprudenza ivi citata). Il fatto che si sia potuto trattare della soluzione più redditizia o della meno rischiosa dal punto di vista commerciale non esclude in alcun modo l’applicazione dell’articolo 101 TFUE (punto 380 supra).

460    In terzo luogo, e in ogni caso, anche supponendo che le restrizioni convenute in forza degli accordi controversi possano essere considerate obiettivamente necessarie per il conseguimento dell’obiettivo principale richiamato dalle ricorrenti, consistente nel far rispettare i loro diritti di proprietà intellettuale, resta comunque il fatto che tali restrizioni sono sproporzionate rispetto alla realizzazione di tale obiettivo. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, gli accordi controversi non hanno definito alcuna controversia in materia di brevetti, in quanto prevedevano unicamente che le imprese di medicinali generici restassero fuori dal mercato del citalopram per un determinato periodo, dietro pagamento, senza neppure prevedere che, al termine di tale periodo, esse sarebbero potute entrare in tale mercato senza dover far fronte ad azioni per contraffazione da parte della Lundbeck. Inoltre, la portata delle restrizioni contenute in tali accordi andava spesso al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck (v. infra, sesto motivo). Infine, le ricorrenti sostengono erroneamente che la causa Lagap nel Regno Unito sarebbe servita da causa di riferimento, che consentiva di definire il contenzioso con le imprese di medicinali generici, in quanto, come ha sostenuto la Commissione ai punti 683 e seguenti della decisione impugnata, gli accordi GUK per il Regno Unito, Arrow UK, Arrow danese, Alpharma e Ranbaxy sono stati tutti conclusi prima che la Lundbeck proponesse un’azione per contraffazione nei confronti della Lagap nel Regno Unito, il 14 ottobre 2002. Per quanto riguarda l’unico accordo concluso successivamente, ossia l’accordo GUK per il SEE, la controversia con la Lagap non era effettivamente pertinente, in quanto l’IFA in questione nel processo Lagap, basato sul procedimento Matrix II, era diverso dall’IFA della Natco, dal quale si produceva il citalopram generico che la Merck (GUK) prevedeva di commercializzare (punto 687 della decisione impugnata).

461    Erroneamente quindi le ricorrenti affermano che le restrizioni convenute negli accordi controversi erano obiettivamente necessarie e proporzionate al fine di tutelare i loro diritti di proprietà intellettuale.

462    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che, nella decisione impugnata, la Commissione applichi in modo errato, nella fattispecie, la giurisprudenza sugli altri obiettivi legittimi. Infatti, in tale decisione, essa dichiarerebbe che il fatto che un accordo possa perseguire anche altri obiettivi perfettamente legittimi non osta alla possibilità di constatare l’esistenza di una restrizione per oggetto. Le cause citate dalla Commissione a sostegno di tale affermazione riguarderebbero tuttavia situazioni il cui obiettivo legittimo avrebbe potuto essere realizzato senza restringere la concorrenza, mentre nella fattispecie gli accordi controversi erano necessari per garantire il rispetto dei brevetti della Lundbeck.

463    L’interveniente sostiene gli argomenti delle ricorrenti e ritiene altresì che la Commissione abbia utilizzato erroneamente il criterio giuridico relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. A suo avviso, la giurisprudenza della Corte si baserebbe su un criterio di «necessità obiettiva» per stabilire se l’articolo 101 TFUE debba essere o meno applicato. Pertanto, la Commissione avrebbe dovuto esaminare se fosse stato concluso in buona fede un accordo di composizione amichevole per definire una controversia reale in materia di brevetti e se le restrizioni convenute fossero necessarie e proporzionate a tale obiettivo legittimo.

464    Occorre rilevare al riguardo che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti nonché l’interveniente, la Commissione, nella fattispecie, ha applicato la giurisprudenza sugli altri obiettivi legittimi senza commettere errori di diritto (v. supra, punto 427 e giurisprudenza ivi citata) e ha respinto gli argomenti delle ricorrenti al riguardo, al punto 653 della decisione impugnata, in quanto tali argomenti si basano anche sulla premessa errata secondo la quale l’obiettivo legittimo asserito dalle ricorrenti, consistente nel tutelare i loro diritti di proprietà intellettuale, non si sarebbe potuto realizzare senza restringere la concorrenza (v. punti da 458 a 461 supra).

465    Pertanto, la terza parte deve essere respinta.

4.     Sulla quarta parte

466    Le ricorrenti ritengono che la decisione sia viziata da un errore di diritto in quanto non ammette che lo scenario controfattuale, nella fattispecie, esclude la possibilità di constatare una restrizione della concorrenza per oggetto.

467    Esse affermano che la decisione impugnata non tiene conto del fatto che, anche senza gli accordi controversi, le imprese di medicinali generici non avrebbero venduto citalopram non contraffatto. Orbene, da una giurisprudenza costante deriverebbe che il criterio generale per valutare se un accordo abbia per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza consiste nell’esaminare quale sarebbe stato il gioco della concorrenza nell’ambito del mercato considerato in mancanza dell’accordo in questione. Il minimo dubbio quanto al fatto che vi sarebbe stata concorrenza in mancanza di accordo sarebbe sufficiente, quindi, per escludere qualsiasi violazione dell’articolo 101 TFUE. Inoltre, l’eliminazione dell’incertezza sarebbe insita in qualsiasi accordo di composizione amichevole e la decisione impugnata ammetterebbe che gli accordi di composizione amichevole che ritardano un ingresso nel mercato possano, in taluni casi, non violare l’articolo 101 TFUE.

468    Le prospettive realistiche di entrare in uno o più mercati del SEE, menzionate dalla decisione impugnata, durante il periodo cui si riferivano gli accordi controversi sarebbero prive di fondamento e sarebbero, in ogni caso, soltanto prospettive, il che implica quantomeno che non vi era certezza che, in mancanza di tali accordi, le imprese di medicinali generici avrebbero venduto citalopram non contraffatto. Infatti, secondo le ricorrenti, le imprese di medicinali generici non disponevano di alcuna AIC e, anche supponendo che avessero potuto lanciare i loro prodotti generici contraffatti, sarebbero state oggetto di ingiunzioni richieste dalle stesse ricorrenti. Inoltre, tali imprese avrebbero potuto scegliere di restare fuori da mercato o di uscirne per evitare un contenzioso con la Lundbeck. Del resto, varie imprese di medicinali generici avrebbero continuato attivamente a preparare il loro ingresso nel mercato, in particolare proseguendo le loro ricerche su un citalopram non contraffatto, e gli accordi controversi non avrebbero neppure impedito loro di contestare la validità dei brevetti della Lundbeck.

469    La Commissione contesta tali argomenti.

470    In primo luogo, nei limiti in cui, con i loro argomenti, le ricorrenti sembrano voler rimettere in discussione la conclusione secondo la quale le imprese di medicinali generici erano concorrenti potenziali della Lundbeck al momento della conclusione degli accordi controversi e tali argomenti sono già stati confutati supra, nell’ambito del primo motivo, occorre rinviare alla trattazione esposta a tal riguardo.

471    Inoltre, va ricordato che l’articolo 101 TFUE mira a tutelare la concorrenza potenziale al pari della concorrenza effettiva che le imprese si fanno nel mercato (v. punto 99 supra). Le ricorrenti sostengono quindi inutilmente, ancora una volta, che non vi era alcuna certezza quanto al fatto che le imprese sarebbero entrate effettivamente nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi, dato che siffatto argomento non tiene conto della distinzione tra concorrenza effettiva e concorrenza potenziale.

472    In secondo luogo, nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe dovuto esaminare, nella fattispecie, lo scenario controfattuale, occorre ricordare che, trattandosi di restrizioni della concorrenza per oggetto, la Commissione era unicamente tenuta a dimostrare che gli accordi controversi presentavano un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, tenuto conto del tenore delle loro disposizioni, degli obiettivi che essi miravano a raggiungere nonché del contesto economico e giuridico nel quale essi si collocavano, senza essere tenuta, tuttavia, a esaminarne gli effetti (punto 341 supra).

473    L’esame di un ipotetico scenario controfattuale, oltre ad essere difficilmente attuabile in quanto imporrebbe alla Commissione di ricostruire gli avvenimenti che si sarebbero verificati in mancanza degli accordi controversi, mentre questi ultimi hanno proprio lo scopo di ritardare l’ingresso delle imprese di medicinali generici nel mercato (v. punti 138 e 139 supra), equivarrebbe più a un esame degli effetti degli accordi controversi nel mercato che a un esame obiettivo della loro natura sufficientemente lesiva della concorrenza. Orbene, siffatto esame degli effetti non è necessario nell’ambito di un’analisi basata sull’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto (punto 341 supra).

474    Pertanto, anche supponendo che talune imprese di medicinali generici non siano entrate nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi, a causa di azioni per contraffazione proposte dalla Lundbeck o a causa dell’impossibilità di ottenere un’AIC entro un termine sufficientemente breve, ciò che rileva è il fatto che tali imprese disponevano di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato al momento della conclusione degli accordi controversi con la Lundbeck, cosicché esse esercitavano una pressione concorrenziale su quest’ultima. Orbene, tale pressione concorrenziale è stata eliminata durante la vigenza degli accordi controversi, il che costituisce, di per sé, una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

475    Se è vero che gli accordi di composizione amichevole hanno spesso come obiettivo di ridurre le incertezze inerenti allo svolgimento di un contenzioso, siffatti accordi non sono tuttavia immuni dall’applicazione del diritto della concorrenza (v. punto 427 supra). Inoltre, come ha constatato la Commissione nella decisione impugnata, tali accordi sono particolarmente problematici quando mirano a pagare concorrenti potenziali affinché restino fuori dal mercato per un periodo determinato, senza tuttavia definire la benché minima controversia sottostante in materia di brevetti, come nel caso di specie.

476    Pertanto, la Commissione ha ritenuto correttamente che gli accordi controversi si configurassero come accordi di esclusione dal mercato tra concorrenti e che potessero avere effetti negativi sulla concorrenza, senza che fosse necessario, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE dimostrare che essi avevano avuto effetti di tal genere.

477    Pertanto, la quarta parte va parimenti respinta, al pari del terzo motivo nel suo insieme.

E –  Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto e su un difetto di motivazione commessi nel respingere il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto quale criterio essenziale di valutazione degli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

478    Le ricorrenti ritengono che la Commissione si rifiuti erroneamente di ammettere che gli accordi contenenti restrizioni corrispondenti a quelle inerenti all’esercizio dei diritti conferiti da un brevetto al suo titolare non rientrano nell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e suggerisce erroneamente che gli accordi che prevedono restrizioni che vanno al di là dell’ambito di applicazione di tale brevetto rientrano verosimilmente in tale disposizione. A loro avviso, in primo luogo, la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto in quanto essa esclude il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto quale criterio di controllo pertinente per valutare gli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, in secondo luogo, l’argomento accolto dalla Commissione nella decisione impugnata per respingere tale criterio è astruso, assurdo e contraddetto dall’argomento fondamentale sotteso al resto della decisione impugnata.

1.     Sulla prima parte

479    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che le restrizioni contrattuali rientranti nell’ambito temporale, territoriale e materiale dei diritti del titolare del brevetto non violano il diritto della concorrenza, in quanto tali restrizioni sono analoghe a quelle inerenti al brevetto sottostante, indipendentemente dalla questione se l’accordo di composizione amichevole implichi o meno, peraltro, un trasferimento di valore dal laboratorio produttore di medicinali originali a favore del fabbricante di medicinali generici.

480    Siffatta condizione sarebbe conforme al principio secondo il quale i brevetti si presumono validi fino alla dichiarazione espressa di nullità degli stessi. Nella sentenza Windsurfing, citata al punto 119 supra (EU:C:1986:75), la Corte avrebbe riconosciuto che qualsiasi clausola riguardante i prodotti oggetto di un brevetto trovava una giustificazione nella tutela di un diritto di proprietà intellettuale. La portata del brevetto sarebbe quindi pertinente ai fini della valutazione della violazione dell’articolo 101 TFUE.

481    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che qualsiasi accordo di composizione amichevole debba essere collegato a un contenzioso «di buona fede» tra le parti dell’accordo, vertente sulla validità o sulla violazione di un brevetto. Siffatti accordi si presenterebbero intrinsecamente legittimi e utili e dovrebbero temere un controllo «antitrust» solo se il contenzioso sottostante fosse fittizio.

482    Orbene, in materia di accordi di composizione amichevole riguardanti brevetti e medicinali generici, un contenzioso dovrebbe essere qualificato come autentico quando, da un lato, non è dimostrato che il titolare di un brevetto sapesse o fosse intimamente convinto che tale brevetto era nullo e, dall’altro, detto titolare disponeva di elementi di prova sufficienti per sostenere che i medicinali generici violavano il suo brevetto. Se il titolare di un brevetto nutre semplici dubbi sulla sua validità, tali dubbi, che riflettono l’incertezza inerente all’esito di qualsiasi controversia, non sarebbero sufficienti a incidere sulla autenticità di quest’ultima e per rendere illecito un accordo di composizione amichevole. Pertanto, dichiarazioni come quella più volte citata dalla decisione impugnata, resa più di un anno e mezzo dopo la conclusione degli accordi controversi, in cui si suggerisce che un dipendente della Lundbeck aveva stimato al 60% il rischio che il brevetto sulla cristallizzazione fosse annullato dai giudici del Regno Unito, non possono essere in nessun caso ammesse per dimostrare che la Lundbeck riteneva che il brevetto sulla cristallizzazione fosse nullo o che essa non avesse alcuna possibilità di ottenerne l’attuazione dinanzi a un giudice.

483    In terzo luogo, le ricorrenti ritengono, quindi, che il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto costituisca l’unico criterio appropriato. Innanzi tutto, siffatto criterio consentirebbe di stabilire un equilibrio ragionevole tra il diritto della concorrenza e il diritto dei brevetti. Inoltre, tale criterio risponderebbe alle preoccupazioni della Commissione relative agli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti, in quanto un’impresa di medicinali generici che conclude un accordo di tal genere può entrare, in particolare, nel mercato secondo modalità che non violano la portata materiale, temporale o territoriale del brevetto in questione. Infine, non sarebbe inficiato dagli errori che viziano il criterio adottato dalla decisione impugnata.

484    In quarto luogo, secondo le ricorrenti, nessuno degli accordi controversi viola l’articolo 101 TFUE, in quanto tutti soddisfano, da un lato, la condizione del mantenimento entro l’ambito di applicazione del brevetto, poiché le restrizioni contrattuali erano limitate ai medicinali contraffatti e non andavano al di là della portata territoriale e temporale dei brevetti di procedimento della Lundbeck e, dall’altro, la condizione del contenzioso autentico, poiché nessun elemento di prova indica che, secondo la Lundbeck, i suoi brevetti erano nulli e, inoltre, che essa disponeva di elementi scientifici che dimostrassero la violazione dei suoi brevetti di procedimento da parte delle imprese di medicinali generici.

485    La Commissione contesta tali argomenti.

486    Occorre anzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non fa nessuna distinzione tra gli accordi diretti a porre fine ad una controversia e quelli che perseguono altri obiettivi (sentenza Bayer e Maschinenfabrik Hennecke, cit. al punto 427 supra, EU:C:1988:448, punto 15). Benché l’articolo 101 TFUE non influisca sull’esistenza dei diritti attribuiti dalle leggi di uno Stato membro in materia di proprietà industriale, le condizioni di esercizio di tali diritti possono tuttavia ricadere sotto i divieti sanciti dal suddetto articolo. Ciò può avvenire ogni qualvolta l’esercizio di un diritto del genere risulti essere l’oggetto, il mezzo o la conseguenza di un’intesa (sentenza Centrafarm e de Peijper, cit. al punto 117 supra, EU:C:1974:114, punti 39 e 40).

487    Pertanto, se è vero che oggetto specifico della proprietà industriale è fra l’altro il fatto che venga garantito al titolare, per ricompensare lo sforzo creativo concretatosi nell’invenzione, il diritto esclusivo di valersi di questa per la produzione e la prima immissione in commercio di beni industriali, sia direttamente, sia mediante concessione di licenze a terzi, nonché il diritto di opporsi alle contraffazioni (sentenza Centrafarm e de Peijper, cit. al punto 117 supra, EU:C:1974:115, punto 9), tale oggetto non può essere interpretato nel senso di garantire una tutela anche contro le azioni di contestazione della validità del brevetto, tenuto conto dell’interesse pubblico all’eliminazione di ogni ostacolo che potrebbe derivare per l’attività economica da un brevetto concesso indebitamente (sentenza Windsurfing, cit. al punto 119 supra, EU:C:1986:75, punto 92).

488    Va osservato, al riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, che le considerazioni espresse al punto 92 della sentenza Windsurfing, citata al punto 119 supra (EU:C:1986:75), non possono valere unicamente per le clausole che non rientrano manifestamente nell’ambito di applicazione del brevetto. Infatti, al punto 46 della medesima sentenza, la Corte ha dichiarato che, anche a voler supporre che il brevetto tedesco abbia coperto l’intera tavola a vela, e quindi anche lo scafo, il che avrebbe implicato che la clausola in questione fosse rientrata nell’ambito di applicazione del brevetto, ciò non significava che siffatta clausola fosse compatibile con l’articolo 101 TFUE.

489    Inoltre, secondo la giurisprudenza, anche se la Commissione non può astenersi da qualunque iniziativa quando la portata del brevetto sia rilevante al fine di valutare una violazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, non spetta a tale istituzione definire la portata di un brevetto (sentenza Windsurfing, cit. al punto 119 supra, EU:C:1986:75, punto 26).

490    Alla luce di tale giurisprudenza, nonché degli obiettivi inerenti all’articolo 101 TFUE, che impongono, in particolare, che ogni operatore economico determini autonomamente la politica che intende praticare sul mercato (v., in tal senso, sentenza BIDS, cit. al punto 341 supra, EU:C:2008:643, punti 33 e 34) al fine di tutelare i consumatori dagli aumenti ingiustificati dei prezzi derivanti da una collusione tra concorrenti (v. punto 386 supra), la Commissione ha respinto correttamente, nella fattispecie, l’applicazione del criterio dell’ambito di applicazione del brevetto ai fini della valutazione degli accordi controversi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

491    Infatti, come ha sostenuto la Commissione al punto 698 della decisione impugnata, tale criterio risulta problematico dal punto di vista del diritto della concorrenza sotto vari aspetti. In primo luogo, esso porta a presumere che un medicinale generico violi il brevetto del laboratorio produttore di medicinali originali e consente quindi di escludere, su tale base, il medicinale generico, mentre la natura illecita o meno di tale medicinale resta una questione irrisolta. In secondo luogo, esso si fonda sulla presunzione secondo la quale qualsiasi brevetto fatto valere nell’ambito di un accordo di composizione amichevole sarebbe considerato valido in caso di contestazione della sua validità, benché non esista, a tal riguardo, alcun fondamento in diritto o nella prassi (punto 122 supra). Il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto si basa quindi sulla valutazione soggettiva, da parte delle ricorrenti, dell’ambito di applicazione dei loro brevetti e della validità di questi ultimi, mentre un giudice nazionale o un’autorità competente avrebbe potuto avere un diverso punto di vista.

492    La Supreme Court of the United States, ponendo fine a un dibattito acceso al riguardo, ha seguito del resto lo stesso approccio respingendo il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto applicato da taluni giudici di grado inferiore con la sentenza Actavis, menzionata al punto 353 supra, in cui detta corte ha dichiarato che il fatto che un accordo rientrasse nell’ambito di applicazione di un brevetto non lo rendeva immune da un’azione «antitrust».

493    Infatti, la questione se una restrizione rientri o meno nell’ambito di applicazione di un brevetto è una conclusione derivante da un esame relativo alla portata e alla validità di tale brevetto e non già, come suggeriscono le ricorrenti, il punto di partenza di siffatto esame (v. punto 353 supra a proposito della sentenza Actavis).

494    Pertanto, quando le ricorrenti tentano di sostenere che i prodotti che le imprese di medicinali generici avevano intenzione di commercializzare violavano i loro brevetti o rientravano nell’ambito di applicazione materiale, temporale e territoriale di questi ultimi, si tratta, in realtà, solo di speculazioni basate su valutazioni soggettive proprie, in quanto esse non contestano il fatto che, al momento della conclusione degli accordi controversi, nessun giudice nazionale o nessuna autorità competente aveva stabilito che tali prodotti violavano uno dei loro brevetti d procedimento (punto 145 supra). Inoltre, come sottolinea la Commissione, il brevetto sulla cristallizzazione non era stato ancora neppure rilasciato nel momento in cui la maggior parte degli accordi controversi erano stati conclusi (punto 127 supra), cosicché l’ambito di applicazione dei brevetti delle ricorrenti non era definito, al pari della portata delle restrizioni contenute in tali accordi.

495    Peraltro, il fatto che talune restrizioni contenute negli accordi controversi siano state considerate dalla Commissione come rientranti potenzialmente nell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck significa unicamente che le ricorrenti avrebbero potuto ottenere restrizioni analoghe mediante decisioni giurisdizionali adottate per l’attuazione dei loro brevetti, ammesso che avessero vinto la causa dinanzi ai giudici nazionali competenti. In tal senso, anche se gli accordi controversi contenevano altresì restrizioni rientranti potenzialmente nell’ambito di applicazione dei brevetti delle ricorrenti, tali accordi andavano al di là dell’oggetto specifico dei loro diritti di proprietà intellettuale, che includevano, certamente, il diritto di opporsi alle contraffazioni, ma non quello di concludere accordi con i quali concorrenti reali o potenziali del mercato venivano pagati per non entrare nel mercato (v. punto 487 supra e punto 698 della decisione impugnata).

496    Le ricorrenti fanno valere, tuttavia, che, nella fattispecie, esistevano controversie reali in materia di brevetti tra le parti degli accordi controversi, cosicché esse potevano comporre tali controversie in via amichevole senza violare l’articolo 101 TFUE.

497    Non è certo, tuttavia, se gli accordi controversi abbiano consentito realmente di porre fine alle controversie sottostanti in materia di brevetti tra le ricorrenti e le imprese di medicinali generici, in quanto tali accordi non prevedevano alcun ingresso immediato dei medicinali generici nel mercato alla scadenza dei medesimi accordi, accompagnato da una rinuncia, da parte delle ricorrenti, alle loro rivendicazioni in materia di brevetti (v. punto 354 supra e punto 662 della decisione impugnata).

498    Peraltro, anche supponendo che gli accordi controversi abbiano consentito di comporre una controversia in via amichevole tra le parti, è sufficiente ricordare che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non fa nessuna distinzione tra gli accordi diretti a porre fine ad una controversia e quelli che perseguono altri obiettivi (v., in tal senso, sentenza Bayer e Maschinenfabrik Hennecke, cit. al punto 427 supra, EU:C:1988:448, punto 15). Orbene, poiché l’oggetto anticoncorrenziale di tali accordi era sufficientemente dimostrato, trattandosi di accordi che escludevano concorrenti potenziali dal mercato dietro pagamento, anche supponendo che abbiano potuto altresì avvantaggiare la concorrenza e i consumatori, tali effetti avrebbero dovuto essere dimostrati dalle ricorrenti ed essere esaminati sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE (v. infra, esame del settimo motivo) e non essere valutati dalla Commissione nell’ambito del paragrafo 1 del medesimo articolo (v., in tal senso, sentenza Brasserie nationale e a./Commissione, cit. al punto 387 supra, EU:T:2005:298, punto 85).

499    Pertanto, erroneamente le ricorrenti sostengono che il criterio giuridico applicato dalla Commissione sarebbe privo di fondamento nella giurisprudenza o che l’esercizio di diritti di proprietà intellettuale potrebbe rientrare nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE solo in circostanze eccezionali. La Commissione non è incorsa in alcun errore di diritto nel respingere il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto quale criterio pertinente ai fini dell’esame degli accordi controversi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Come fa valere la Commissione, il criterio pertinente nella fattispecie era la nozione di restrizione per oggetto, quale elaborata dalla giurisprudenza dei giudici dell’Unione (punti da 338 a 344 supra).

500    Pertanto, la Commissione era legittimata, nella fattispecie, a basarsi su una serie di fattori, in quanto elementi contestuali, quali l’esistenza di un pagamento invertito, l’entità di tale pagamento e il fatto che quest’ultimo sembrasse corrispondere agli utili previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato, nonché la mancanza di clausole che consentissero di agevolare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato alla scadenza degli accordi controversi e la presenza di restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti delle ricorrenti, per constatare che tali accordi avevano lo scopo di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101 TFUE (v. punti 661 e 662 della decisione impugnata).

501    Pertanto, la prima parte deve essere respinta.

2.     Sulla seconda parte

502    Le ricorrenti fanno valere, in primo luogo, che la motivazione del rigetto del criterio dell’ambito di applicazione del brevetto figura soltanto al punto 698 della decisione impugnata, che è, per di più, viziato da un ragionamento assurdo, in quanto, a loro avviso, tale criterio non incoraggia le imprese di medicinali generici ad abbandonare ogni tentativo di entrare nei mercati, ma unicamente ogni tentativo di vendere prodotti contraffatti.

503    Inoltre, il diritto di opporsi a contraffazioni implicherebbe altresì che il titolare di brevetti potesse opporsi a contraffazioni risolvendo una controversia in via amichevole. Siffatto diritto deriverebbe anche dall’oggetto specifico di un brevetto, contrariamente a quanto sottintende la decisione impugnata. La sentenza Windsurfing, citata al punto 119 supra (EU:C:1986:75), menzionata nella decisione impugnata, potrebbe essere invocata solo per sostenere che la Lundbeck non è autorizzata a dirimere un conflitto tra i prodotti di due fabbricanti terzi, il che non corrisponderebbe al caso di specie. Peraltro, l’argomento dedotto nella decisione impugnata, secondo il quale gli accordi di composizione amichevole sono autorizzati soltanto se sono basati sulla valutazione soggettiva delle parti riguardo alla forza del brevetto sarebbe in contrasto con l’affermazione secondo la quale i titolari di un brevetto non dovrebbero essere in grado di valutare essi stessi se i medicinali generici violino il loro brevetto. La decisione impugnata non spiegherebbe neppure per quale motivo tale criterio dell’ambito di applicazione del brevetto, che esisterebbe nel diritto degli Stati Uniti d’America, non potrebbe essere applicato anche nel diritto dell’Unione.

504    Le ricorrenti ritengono, in secondo luogo, che il rigetto, da parte della Commissione, del criterio dell’ambito di applicazione del brevetto non sia coerente con il ragionamento fondamentale seguito nella decisione impugnata, sul quale la Commissione ha incentrato la sua valutazione degli accordi controversi. Infatti, la Commissione avrebbe basato la sua conclusione secondo la quale tali accordi avevano lo scopo di restringere la concorrenza sull’affermazione secondo la quale essi contenevano restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, in quanto miravano a impedire l’ingresso di qualsiasi citalopram generico nel mercato, indipendentemente dalla questione se quest’ultimo fosse o meno contraffatto. Orbene, in altri punti, la Commissione avrebbe dichiarato che i pagamenti invertiti, in quanto tali, indicherebbero che gli accordi controversi avevano lo scopo di costringere le imprese di medicinali generici a restare fuori dal mercato del citalopram generico per tutta la durata di tali accordi, indipendentemente dalla questione se i medicinali che tali imprese avrebbero potuto vendere fossero o meno contraffatti.

505    Ciò dimostrerebbe che il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto ha svolto un ruolo essenziale nell’analisi della Commissione, il che sarebbe in contrasto con la sua affermazione secondo la quale la questione se gli accordi controversi rimanessero nell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck non avrebbe modificato sostanzialmente l’analisi giuridica di tali restrizioni da parte della Commissione.

506    La Commissione contesta tali argomenti.

507    In primo luogo, occorre ricordare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, Racc., EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

508    Pertanto, nel contesto delle decisioni individuali, da una giurisprudenza costante emerge che l’obbligo di motivare siffatta decisione ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione è eventualmente affetta da un vizio che consente di contestarne la validità. Occorre ricordare, tuttavia, che l’obbligo di motivazione previsto all’artico 296 TFUE costituisce una forma prescritta ad substantiam che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legalità sostanziale dell’atto controverso (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 507 supra, EU:C:2011:620, punti 146 e 148 e giurisprudenza ivi citata).

509    Nella fattispecie, per quanto riguarda la motivazione, nella decisione impugnata, del rigetto del criterio della portata del brevetto, è giocoforza constatare che la Commissione ha risposto esplicitamente agli argomenti delle ricorrenti su tale questione al punto 698 della decisione impugnata. La Commissione ha spiegato in particolare, in tale punto, le ragioni per cui tale criterio non consentiva di rispondere alle preoccupazioni suscitate dagli accordi controversi sotto il profilo del diritto della concorrenza (v. punto 491 supra). Inoltre, dall’intera struttura della decisione impugnata emerge che la Commissione ha applicato la nozione di restrizione per oggetto, in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, agli accordi controversi, tenendo conto del contesto economico e giuridico nel quale tali accordi erano stati conclusi e tenendo conto di una serie di fattori al riguardo (v. punto 354 supra), escludendo, pertanto, necessariamente, il criterio della portata del brevetto come criterio giuridico pertinente al fine di valutare tali accordi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

510    Le ricorrenti non possono quindi contestare alla Commissione di non aver sufficientemente motivato, nella decisione impugnata, il rigetto del criterio dell’ambito di applicazione del brevetto, nonché la questione se i titolari di brevetti siano legittimati ad opporsi a contraffazioni risolvendo le loro controversie in via amichevole, questione riguardante l’esame nel merito della decisione impugnata, effettuato supra nell’ambito dell’analisi del secondo e del terzo motivo.

511    Inoltre, inutilmente le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe dovuto motivare la decisione impugnata facendo riferimento ai criteri giuridici applicabili nel diritto degli Stati Uniti d’America. Infatti, è già stato dichiarato che una soluzione giuridica adottata dal diritto di un paese terzo non si applica nel diritto dell’Unione e che una violazione di tale diritto non costituisce di per sé un vizio idoneo a determinare l’illegittimità di una decisione adottata sulla base del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2003, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑191/98 e da T‑212/98 a T‑214/98, Racc., EU:T:2003:245, punti 1406 e 1407 e giurisprudenza ivi citata).

512    In ogni caso, è sufficiente constatare che la sentenza contenente il parere maggioritario della Supreme Court of the United States nella causa che ha dato luogo alla sentenza Actavis, menzionata al punto 353 supra – e non l’opinione dissenziente del giudice Roberts – stabilisce chiaramente che il fatto che un accordo rientri nell’ambito di applicazione di un brevetto non rende immune tale accordo da un’azione «antitrust», respingendo, in tal modo, il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto quale norma pertinente al fine di esaminare la natura anticoncorrenziale di accordi di composizione amichevole in materia di brevetti contenenti pagamenti invertiti, cosiddetti «pay for delay», come gli accordi controversi nel caso di specie.

513    È vero che, come hanno sostenuto le ricorrenti in udienza, il contesto normativo vigente negli Stati Uniti è diverso da quello esistente nei diversi Stati membri dell’Unione. Giustamente, quindi, la Commissione non ha esaminato in modo più approfondito gli argomenti delle ricorrenti relativi all’applicazione del criterio dell’ambito di applicazione del brevetto, che era stato applicato da alcuni giudici di grado inferiore negli Stati Uniti prima della sentenza Actavis, punto 353 supra, al fine di esaminare gli accordi controversi sotto il profilo dell’articolo 101 TFUE.

514    In secondo luogo, erroneamente le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata è contraddittoria, in quanto riconosce, da un lato, che gli accordi controversi erano anticoncorrenziali, indipendentemente dal fatto che contenessero o meno restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei loro brevetti e, dall’altro, che tali accordi contenevano restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei loro brevetti, in quanto miravano a impedire la vendita di qualsiasi tipo di citalopram generico da parte delle imprese di medicinali generici.

515    Infatti, la Commissione ha spiegato, in particolare ai punti 661 e 662 della decisione impugnata, che il fatto che la Lundbeck non avrebbe potuto ottenere le stesse limitazioni all’ingresso dei medicinali generici nel mercato facendo valere i suoi brevetti di procedimento, costituiva un indizio importante, tra altri, del fatto che gli accordi controversi erano contrari all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In altri termini, la questione se le restrizioni contenute negli accordi controversi esulassero dall’ambito di applicazione dei brevetti delle ricorrenti è stata considerata un fattore pertinente, ma non decisivo al fine di dimostrare l’esistenza di una restrizione per oggetto ai sensi di tale disposizione, il che emerge chiaramente anche dal punto 641 della decisione impugnata (punti 335, 336 e 354 supra). Non sussiste quindi alcuna contraddizione nella decisione impugnata su tale punto.

516    Il quarto motivo deve essere quindi respinto.

F –  Sul quinto motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione dei fatti, sulla violazione dell’obbligo di diligenza e su un difetto di motivazione commessi in quanto le azioni della Lundbeck sono state qualificate come strategia globale ostile all’ingresso dei medicinali generici e come pertinenti al fine di valutare gli accordi controversi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

517    Secondo le ricorrenti, la decisione impugnata è insufficientemente motivata, è viziata da errori manifesti di valutazione dei fatti e viola l’obbligo di diligenza al quale la Commissione è tenuta, in quanto ha focalizzato la propria attenzione su alcune dichiarazioni selezionate e ha ignorato fatti essenziali per concludere che esse perseguivano una «strategia globale» di opposizione alle versioni generiche del citalopram e si è basata su tale asserita strategia per valutare gli accordi controversi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

518    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che la loro strategia globale è consistita in azioni unilaterali prive di qualsiasi collegamento con gli accordi controversi e, in ogni caso, non illecite. Esse ritengono che la Commissione sia incorsa in diversi errori gravi nel sostenere, nella decisione impugnata, che esse avevano perseguito varie politiche che si inserivano in una presunta strategia globale contraria all’ingresso dei medicinali generici nel mercato del citalopram, ossia, come prima politica, la creazione di un periodo propizio per il lancio dell’escitalopram, come seconda politica, il deposito di brevetti di procedimento per la fabbricazione di citalopram, come terza politica, l’intervento nelle procedure di AIC per le versioni generiche del citalopram, come quarta politica, l’eliminazione della minaccia concorrenziale rappresentata dai futuri fabbricanti dell’IFA citalopram e, come quinta politica, gli incentivi alle imprese di medicinali generici affinché ponessero fine ai loro tentativi di entrare nel mercato del citalopram.

519    In secondo luogo, esse affermano che la decisione impugnata non spiega come le loro azioni sarebbero pertinenti al fine di constatare l’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Secondo le ricorrenti, l’intenzione delle parti non può rendere incompatibili con il diritto della concorrenza accordi peraltro leciti. L’intento soggettivo di tali parti sarebbe accessorio rispetto alla questione principale consistente nell’accertare se una restrizione della concorrenza risulti dagli scopi obiettivi perseguiti da tali accordi, alla luce del contesto nel quale essi si inseriscono. Orbene, la decisione impugnata si focalizzerebbe erroneamente sul comportamento unilaterale della Lundbeck e non spiegherebbe come le imprese di medicinali generici hanno condiviso l’asserita intenzione della Lundbeck o se esse fossero a conoscenza di tale intenzione. Pertanto, la Commissione non può far valere tale comportamento per dimostrare l’esistenza di una concordanza di volontà tra la Lundbeck e le imprese di medicinali generici, volta a contenere la concorrenza esercitata dalla versione generica del citalopram.

520    In terzo luogo, le ricorrenti ritengono che la Commissione non abbia osservato l’obbligo di diligenza cui è tenuta, che le impone di esaminare, con accuratezza e imparzialità, tutti gli elementi pertinenti del caso di specie, omettendo di tener conto di tutti gli altri fatti che indicavano che le loro azioni miravano a dare attuazione a obiettivi legittimi, quali l’applicazione di un brevetto valido per opporsi a un ingresso di medicinali contraffatti, il lancio di un prodotto innovativo a favore dei consumatori, la comunicazione alle autorità sanitarie dell’esistenza di rischi potenziali per la sicurezza o l’ottenimento di una capacità produttiva supplementare.

521    In quarto luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata abbia qualificato erroneamente alcune loro azioni come illecite, quali il trasferimento dei loro sforzi commerciali verso un nuovo prodotto più efficace, il Cipralex, il deposito, da parte loro, di varie domande di brevetti aventi ad oggetto procedimenti che consentivano di fabbricare il citalopram, i loro interventi nelle procedure di concessione di AIC, o le loro operazioni con i produttori di IFA. Le ricorrenti ritengono inoltre che la decisione impugnata sottintenda erroneamente che, nel corso della controversia Lagap, esse avrebbero riconosciuto che i prodotti generici basati sul procedimento utilizzato dalla Matrix non erano contraffatti, mentre l’AIC basata sul procedimento Matrix II, comprendente una fase supplementare di lavaggio, sarebbe stata concessa nel Regno Unito solo il 4 giugno 2003. La Lundbeck non avrebbe mai ammesso, del resto, la circostanza che la Matrix abbia fatto ricorso a un procedimento utilizzato su scala industriale che fosse al contempo commercialmente sostenibile e non contraffatto.

522    La Commissione contesta tali argomenti.

523    Occorre ricordare, anzitutto, che la Commissione era pienamente legittimata a tener conto dell’intenzione delle ricorrenti al momento della conclusione degli accordi controversi, in quanto la giurisprudenza riconosce che l’intenzione delle parti può costituire un elemento pertinente al fine di dimostrare l’esistenza di una restrizione per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (punto 344 supra).

524    Inoltre, nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere che la loro strategia non era illecita, in quanto consisteva, in particolare, nell’elaborare un nuovo prodotto brevettato, l’escitalopram, nel registrare brevetti di procedimento per il citalopram o nel difendere tali brevetti di procedimento intervenendo nelle procedure di concessione di AIC delle imprese di medicinali generici, si deve constatare che la decisione impugnata non stabilisce che siffatte azioni siano state, di per sé, illecite. La Commissione ha unicamente tenuto conto di tali elementi, quali elementi fattuali pertinenti, che consentivano di collocare gli accordi controversi nel loro più ampio contesto e dimostravano che le ricorrenti miravano a ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato al fine di trovare una via propizia per il lancio dell’escitalopram (punti 123 e seguenti della decisione impugnata), con tutti i mezzi possibili, leciti e illeciti. Tali argomenti sono quindi ampiamente inoperanti.

525    Tuttavia, nei limiti in cui gli argomenti delle ricorrenti possono anche essere interpretati nel senso che mirano a contestare le valutazioni di fatto effettuate dalla Commissione nella decisione impugnata, facendo valere uno snaturamento degli elementi di prova al riguardo, occorre rilevare quanto segue.

526    In primo luogo, per quanto riguarda le affermazioni delle ricorrenti secondo le quali i loro brevetti di procedimento si presumevano validi e nessun giudice aveva constatato la mancanza di contraffazione da parte delle imprese di medicinali generici al momento della conclusione degli accordi controversi, occorre ricordare che la Commissione non ha affatto stabilito, nella decisione impugnata, che i brevetti di procedimento delle ricorrenti non fossero validi o che le stesse non avessero alcuna possibilità di opporsi all’ingresso dei medicinali generici nel mercato in caso di ingresso a rischio di questi ultimi, ma che vi era incertezza al riguardo, incertezza notevolmente ridotta o eliminata dagli accordi controversi (punti 336, 363 e 429 supra).

527    Inoltre, le stime interne della Lundbeck relative alle possibilità che il brevetto sulla cristallizzazione fosse invalidato sono state utilizzate principalmente dalla Commissione, nella decisione impugnata, al fine di accertare che la Lundbeck e le imprese di medicinali generici erano concorrenti potenziali al momento della conclusione degli accordi controversi (v. punto 96 supra e punto 627 della decisione impugnata). A prescindere dal contesto nel quale tale dichiarazione è stata formulata, o dall’identità del suo autore, ne risulta chiaramente, come ha constatato la Commissione nella decisione impugnata, che vi era incertezza riguardo alla questione se i brevetti della Lundbeck avrebbero consentito di bloccare qualsiasi ingresso delle imprese di medicinali generici nel mercato e che tali imprese disponevano di possibilità reali e concrete a tal proposito al momento della conclusione degli accordi controversi. Le ricorrenti riconoscono, del resto, che i procedimenti diretti a ottenere una dichiarazione di nullità a livello nazionale erano particolarmente aleatori.

528    In secondo luogo, erroneamente le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata non si basi su alcun documento concreto per stabilire l’esistenza di un nesso tra gli accordi controversi e il lancio dell’escitalopram. Infatti, la decisione impugnata si basa in particolare, al riguardo, su un estratto del piano strategico della Lundbeck per il 1993 (punto 135), su un documento redatto per una riunione del consiglio di amministrazione della Lundbeck del 24 aprile 1998 (punto 136), su un documento della Lundbeck del 24 settembre 1999 (punto 138), sul piano strategico di attività e sul bilancio della Lundbeck per il 1999 (punto 137), il 2001 (punto 139) e il 2002 (punto 140), e su note scritte in occasione di una riunione strategica della Lundbeck tenutasi all’inizio del 2003 (punto 141). Quest’ultimo documento dimostra, ad esempio, che la Lundbeck prevedeva di contrastare i medicinali generici al fine di creare un’opportunità per il passaggio all’escitalopram. Inoltre, nel suo piano strategico di attività e nel suo bilancio per il 2003, la Lundbeck aveva concluso che l’ingresso nel mercato dei medicinali generici, inizialmente previsto per il primo quadrimestre del 2002, era stato rinviato in modo assai efficace fino all’ottobre 2002 ed era evidente che la mancanza di medicinali generici aveva avuto un effetto positivo sullo sviluppo delle vendite del Cipralex (escitalopram) nel 2003 (punto 206 della decisione impugnata).

529    In terzo luogo, altrettanto inutilmente le ricorrenti accennano a uno snaturamento, nella decisione impugnata, degli elementi del processo Lagap nel Regno Unito. Infatti, dagli elementi di prova presentati dalla Commissione, che, del resto, non sono rimessi in discussione dalle ricorrenti, risulta che, sebbene nell’ambito di tale processo, le ricorrenti abbiano effettivamente sostenuto che il citalopram prodotto dalla Matrix violava il brevetto sulla cristallizzazione, si trattava tuttavia, ancora una volta, della loro valutazione soggettiva, in quanto tale affermazione non era mai stata confermata dal giudice investito della causa, dato che le ricorrenti hanno preferito transigere con la Lagap al fine di evitare una sconfitta che, secondo le parole dalle stesse pronunciate, sarebbe stata «umiliante» e «sarebbe stata utilizzata contro di loro in altre sedi giurisdizionali» (punto 160 della decisione impugnata). Le ricorrenti non hanno dimostrato come la decisione impugnata avrebbe snaturato gli elementi di prova al riguardo contenuti in tale decisione.

530    Le ricorrenti affermano, tuttavia, che l’AIC relativa alla fase supplementare di lavaggio (vale a dire il procedimento Matrix II) è stata concessa nel Regno Unito solo il 3 dicembre 2003, cosicché il citalopram generico commercializzato nel Regno Unito prima di tale data si sarebbe basato sul procedimento Matrix I, che a loro avviso violava i loro brevetti in quanto basato su dati falsificati. Tale circostanza, tuttavia, non è mai stata provata, in quanto, dal punto 155 della decisione impugnata emerge che, in una sentenza provvisoria del 14 febbraio 2003, il giudice del Regno Unito, investito della controversia contro la Lagap, ha dichiarato che «la Lundbeck era ormai costretta ad ammettere l’infondatezza della sua ferma e incrollabile convinzione secondo la quale era impossibile per la Lagap e per i suoi fornitori utilizzare un procedimento non contraffatto», cosicché le ricorrenti non possono far valere uno snaturamento degli elementi di prova al riguardo.

531    In quarto luogo, per quanto riguarda l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale le loro operazioni con i produttori di IFA avevano unicamente lo scopo di trovare una soluzione ai problemi di capacità che esse erano chiamate ad affrontare, occorre rilevare che siffatta spiegazione è poco plausibile, alla luce degli elementi di prova presentati dalla Commissione ai punti 172 e seguenti della decisione impugnata. In particolare, è difficile comprendere per quale motivo fosse stato indispensabile o addirittura utile per la Lundbeck acquisire l’impresa italiana VIS Farmaceutici SpA (in prosieguo: la «VIS») e ritirare il DMF di quest’ultima dalla domanda di AIC della Tiefenbacher, ancora pendente dinanzi alle autorità olandesi (punto 176 della decisione impugnata), al fine di risolvere siffatti problemi di capacità.

532    Infine, le ricorrenti affermano erroneamente che la decisione impugnata avrebbe constatato che le loro azioni per contraffazione sarebbero state infruttuose. Tale decisione riconosce, al contrario, che, in un primo tempo, le ricorrenti hanno potuto ottenere ingiunzioni dinanzi ad alcuni giudici o sequestri in taluni Stati, ma che, in seguito al passaggio di numerose imprese di medicinali generici al procedimento Matrix II, tali misure sono stati revocate o rifiutate, oppure hanno portato ad accordi di composizione amichevole. La decisione impugnata conclude unicamente che, al momento della conclusione degli accordi controversi, nessun giudice del SEE aveva constatato che il brevetto sulla cristallizzazione era valido e che era stato violato (punto 185 decisione impugnata), circostanza che le ricorrenti, peraltro, non contestano (punto 145 supra).

533    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il quinto motivo deve essere respinto in quanto inoperante o, in ogni caso, infondato.

G –  Sul sesto motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione dei fatti commesso in quanto la decisione impugnata conclude che gli accordi controversi contenevano restrizioni che andavano al di là di quelle inerenti all’esercizio dei diritti conferiti dai brevetti della Lundbeck

534    Le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata è viziata da un errore manifesto di valutazione in quanto non esamina tutte le circostanze relative agli accordi controversi e conclude erroneamente che tali accordi contenevano restrizioni che andavano al di là di quelle inerenti all’esercizio dei diritti ad esse conferiti dai brevetti. Ciascun accordo controverso sarebbe rimasto entro l’ambito di applicazione dei loro brevetti e avrebbe impedito soltanto la vendita del citalopram contraffatto.

535    In primo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata concluda erroneamente che gli accordi controversi hanno impedito alle imprese di medicinali generici di vendere citalopram, compreso quello non contraffatto, e sono quindi andati al di là dei diritti che esse traevano dai loro brevetti.

536    Esse fanno valere che, se avessero avuto intenzione di impedire alle imprese di medicinali generici di vendere qualsiasi tipo di citalopram, avrebbero dovuto concludere accordi con tutte le potenziali entranti, dato che, all’epoca, vi sarebbero state più di 300 imprese di medicinali generici che vendevano antidepressivi nel SEE. La Lundbeck non avrebbe avuto alcun motivo plausibile per impedire la vendita dei medicinali non contraffatti soltanto di quattro imprese di medicinali generici.

537    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che, per ciascun accordo controverso, la decisione impugnata non tiene conto di tutte le circostanze in cui si inseriscono tali accordi e non esamina la fedele manifestazione dell’intenzione delle parti, che può risultare sia dalle clausole di un contratto che dal comportamento delle imprese in questione, per concludere che detti accordi andavano al di là dell’ambito di applicazione dei loro brevetti.

538    La Commissione contesta tali argomenti.

539    In via preliminare, occorre rilevare, al pari della Commissione, che, anche se gli accordi controversi non fossero andati al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti delle ricorrenti, tali accordi avrebbero tuttavia costituito restrizioni della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dato che sono consistiti in intese volte a ritardare l’ingresso delle imprese di medicinali generici nel mercato, in contropartita di ingenti pagamenti invertiti (v. supra, secondo, terzo e quarto motivo), che hanno trasformato l’incertezza relativa a tale ingresso nella certezza che quest’ultimo non avrebbe avuto luogo durante la vigenza degli accordi controversi (punto 363 supra).

540    Il presente motivo è quindi inoperante.

541    Occorre tuttavia esaminare, in subordine, gli argomenti delle ricorrenti al riguardo, in quanto la Commissione ritiene che le ricorrenti non soddisfino le condizioni che esse stesse hanno stabilito, poiché le restrizioni contrattuali contenute negli accordi controversi non si limitavano ai prodotti potenzialmente contraffatti e andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti in questione.

1.     Accordo GUK per il Regno Unito

542    Secondo le ricorrenti, la decisione impugnata erra quando considera, anzitutto, che l’obbligo per la Merck (GUK) di non lanciare citalopram basato unicamente sull’IFA della Natco si applicava indipendentemente dalla questione se l’IFA della Natco fosse o meno contraffatto e, inoltre, che l’obbligo di acquisto in esclusiva contenuto in tale accordo impediva alla Merck (GUK) di vendere qualsiasi altra versione generica di citalopram.

543    La Commissione contesta tali argomenti.

544    In primo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata concluda erroneamente che l’accordo GUK per il Regno Unito ostacolava le vendite del citalopram della Natco, indipendentemente dalla questione se quest’ultimo fosse contraffatto. Esse affermano che l’accordo GUK per il Regno Unito riguardava un solo prodotto, ossia il citalopram della Natco, che la Lundbeck aveva sottoposto a test e considerato come costituente una violazione dei suoi brevetti.

545    La decisione impugnata si baserebbe erroneamente su dichiarazioni contenute in due messaggi di posta elettronica interni della Merck (GUK) per concludere che i brevetti della Lundbeck, nella fattispecie il brevetto sulla cristallizzazione, non erano né validi né violati e che nessuna domanda di brevetto pubblicata poneva problemi. Peraltro, la decisione impugnata non terrebbe conto di altri documenti della Merck (GUK) contemporanei ai fatti, i quali dimostrano che quest’ultima aveva forti timori che l’IFA della Natco violasse i brevetti della Lundbeck, né del fatto che, nel corso del procedimento amministrativo, la Merck (GUK) avrebbe ammesso di non essere certa che il procedimento della Natco non violasse i brevetti di procedimento della Lundbeck.

546    Inoltre, le ricorrenti ritengono che l’accordo GUK per il Regno Unito non potesse in nessun caso includere il citalopram prodotto secondo procedimenti diversi e non contraffatti, in quanto la Natco e la Merck (GUK) non sarebbero state in grado di ricorrere a un nuovo medicinale durante il breve periodo di vigenza di tale accordo.

547    Occorre ricordare, a tal riguardo, che dal punto C del preambolo dell’accordo GUK per il Regno Unito emerge chiaramente che la Merck (GUK) non ha accettato che il suo prodotto fosse riconosciuto come contraffatto, ma ha ammesso, per contro, che sussisteva un rischio di contenzioso in materia di brevetti, il che avrebbe potuto provocare ritardi e inconvenienti.

548    Inoltre, è giocoforza constatare, al pari della Commissione al punto 768 della decisione impugnata, che l’accordo GUK per il Regno Unito neppure individuava quale brevetto delle ricorrenti sarebbe stato violato.

549    Le ricorrenti, ancora una volta, tentano quindi erroneamente di far valere che i prodotti generici della Merck (GUK) erano contraffatti, affermazione, quest’ultima, basata soltanto sulla percezione soggettiva propria delle ricorrenti (punto 221 supra). Il fatto che la Merck (GUK) abbia potuto nutrire dubbi riguardo alla natura contraffatta dei suoi prodotti non fa che confermare lo stato di incertezza nel quale si trovavano le ricorrenti e le imprese di medicinali generici al momento della conclusione degli accordi controversi, ma non consente in nessun caso di dimostrare che l’IFA della Natco fosse contraffatta. Inoltre, gli elementi di prova obiettivi sui quali si è basata la Commissione nella decisione impugnata dimostrano piuttosto che la Merck (GUK) era fiduciosa riguardo alle proprie possibilità di vincere la causa in caso di controversia con la Lundbeck (punto 125 supra).

550    Dato che gli altri argomenti delle ricorrenti sono già stati respinti nell’ambito dell’esame del primo motivo relativo alla concorrenza potenziale, occorre rinviare all’esame di tale motivo e ai punti da 207 a 236 supra per quanto riguarda, in particolare, la situazione della Merck (GUK).

551    Pertanto, deve essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la Commissione ha concluso erroneamente che l’accordo GUK per il Regno Unito aveva limitato le vendite del citalopram della Natco, indipendentemente dalla questione se quest’ultimo fosse contraffatto.

552    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata concluda erroneamente che la clausola di esclusiva contenuta nel punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito impediva alla Merck (GUK) di entrare nel mercato con un’altra versione generica di citalopram, sotto forma di prodotto finito o sotto forma di IFA. A loro avviso, il punto 3.2 avrebbe imposto unicamente alla Merck (GUK) di acquistare i blister da 28 compresse di Cipramil da 20 mg esclusivamente dalla Lundbeck e non avrebbe limitato la libertà della GUK di acquistare o medicinali finiti contenenti citalopram che non fossero della Lundbeck o citalopram in qualsiasi altra forma, ad esempio l’IFA citalopram, da qualunque terzo.

553    Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione nella decisione impugnata, siffatta interpretazione avrebbe senso, poiché, in mancanza di una clusola di tal genere, la Merck (GUK) avrebbe potuto acquistare il Cipramil della Lundbeck da terzi, come i grossisti, il che avrebbe vanificato l’obiettivo della Lundbeck di incrementare tutte le vendite di tale medicinale nel Regno Unito.

554    Inoltre, la decisione impugnata ammetterebbe che, «se si interpretano in senso letterale i termini utilizzati in tali clausole, è possibile che alla Merck (GUK) non sia stato effettivamente impedito, al punto 3.2, di acquistare l’IFA citalopram da terzi» (punto 781). Tuttavia, la decisione impugnata concluderebbe erroneamente che alla Merck (GUK) sarebbe stato impedito di acquistare l’IFA citalopram da terzi in quanto non aveva alcun incentivo a farlo. Infatti, da un lato, la Merck (GUK) sarebbe stata libera di vendere citalopram non proveniente dalla Lundbeck, sotto forma di prodotto finito, escluso il citalopram contraffatto della Natco e, dall’altro, se la Merck (GUK), acquistando l’IFA citalopram da terzi, aveva violato l’articolo 1.3 del suo accordo con la Schweizerhall, ai sensi del quale la Merck (GUK) si impegnava a soddisfare tutta la sua domanda annua di IFA citalopram approvvigionandosi da quest’ultima (punto 783), la Lundbeck non conosceva tale disposizione e non poteva quindi essere consapevole della presunta mancanza di incentivi della Merck (GUK) ad acquistare l’IFA presso terzi. In ogni caso, tale mancanza di incentivi non deriverebbe dall’accordo GUK per il Regno Unito e non può essere quindi considerata per definire l’ambito di applicazione di quest’ultimo.

555    La Commissione contesta tali argomenti e ricorda che il punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito prevede che «la GUK accetta di acquistare esclusivamente i prodotti finiti dalla [Lundbeck] affinché siano rivenduti dalla GUK e dalle sue consociate». Tale disposizione indicherebbe, secondo il suo significato comune, che la Merck (GUK) poteva acquistare i prodotti finiti solo dalla Lundbeck, esclusi altri fornitori. Tale interpretazione sarebbe confermata dal punto D del preambolo, il quale prevede che «le parti hanno inoltre convenuto che la GUK soddisfi il suo fabbisogno di Prodotti Finiti acquistandoli dalla [Lundbeck]». Le ricorrenti avrebbero anche ammesso, durante il procedimento amministrativo, che la Merck (GUK) «[aveva] convenuto di soddisfare il suo fabbisogno di citalopram acquistandolo esclusivamente dalla Lundbeck affinché fosse rivenduto nel Regno Unito». Orbene, tali impegni andrebbero chiaramente al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck.

556    La Commissione respinge l’interpretazione proposta dalle ricorrenti, secondo la quale i termini «Prodotti Finiti» si riferirebbero unicamente al Cipramil della Lundbeck. Infatti, detti termini sarebbero definiti all’articolo 1.1 dell’accordo come «i prodotti contenenti citalopram sotto forma di pacchetto finito che devono essere forniti dalla [Lundbeck] alla GUK conformemente al presente accordo». L’interpretazione proposta dalle ricorrenti renderebbe ridondante il termine «esclusivamente», in quanto, chiaramente, la Merck (GUK) avrebbe potuto acquistare il Cipramil della Lundbeck solo dalla Lundbeck. Il termine «esclusivamente» significherebbe quindi che la Merk (GUK) doveva soddisfare tutto il suo fabbisogno di citalopram sotto forma di prodotto finito acquistandolo dalla Lundbeck. Inoltre, si dovrebbe interpretare tale disposizione alla luce dell’intenzione delle ricorrenti, consistente nell’evitare una presenza indipendente delle imprese di medicinali generici nel mercato.

557    Per quanto riguarda l’acquisto dell’IFA citalopram presso terzi, la decisione impugnata avrebbe ammesso che un’interpretazione letterale dell’articolo 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito non impediva probabilmente di acquistare quantitativi di IFA presso terzi. Tuttavia, la decisione impugnata avrebbe concluso che, dato l’accordo di fornitura concluso tra la Merck (GUK) e la Schweizerhall nel maggio 2011, le cui condizioni rafforzavano quelle dell’accordo GUK per il Regno Unito, la Merck (GUK) non aveva più alcun incentivo ad acquistare l’IFA citalopram presso terzi. Infatti, anche se la Merck (GUK) avesse acquistato quantitativi di IFA non provenienti dalla Natco per produrre e vendere essa stessa un prodotto finito, avrebbe rischiato di violare l’obbligo, cui era tenuta in forza dell’accordo GUK per il Regno Unito, di «soddisfare il suo fabbisogno» di citalopram sotto forma di prodotti finiti, rifornendosi esclusivamente dalla Lundbeck.

558    Al riguardo, si deve ritenere, al pari delle ricorrenti, che non possa essere accolta l’interpretazione del punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito adottata dalla Commissione nella decisione impugnata, secondo la quale la Merck (GUK) si sarebbe impegnata ad acquistare esclusivamente il citalopram sotto forma di prodotti finiti provenienti dalla Lundbeck per commercializzarli nel Regno Unito, ad esclusione di qualsiasi altro citalopram.

559    Infatti, risulta chiaramente dalla definizione di «Prodotti Finiti» di cui al punto 1.1 dell’accordo GUK per il Regno Unito (punto 26 supra) che questi ultimi si riferiscono ai prodotti finiti provenienti dalla Lundbeck, vale a dire al Cipramil. Con tale clausola, la Merck (GUK) si è quindi impegnata unicamente ad acquistare le compresse di Cipramil della Lundbeck, al fine di rivenderle nel Regno Unito, in forza di un accordo di distribuzione. Il termine «esclusivamente» utilizzato in tale disposizione non significa, contrariamente a quanto afferma la Commissione, che la Merck (GUK) si sarebbe impegnata ad acquistare e a vendere esclusivamente il citalopram sotto forma di prodotti finiti provenienti dalla Lundbeck, ad esclusione di qualsiasi altro citalopram, bensì che essa si era impegnata ad acquistare il Cipramil, affinché fosse rivenduto nel Regno Unito, unicamente dalla Lundbeck, esclusi altri fornitori. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione al punto 779 della decisione impugnata, siffatta interpretazione non è assurda, in quanto il termine «esclusivamente» contenuto nel punto 3.2 poteva avere, in tal modo, come obiettivo di evitare che la Merck (GUK) potesse rifornirsi di Cipramil da grossisti o da fornitori diversi dalla Lundbeck, conformemente all’obiettivo di quest’ultima di aumentare il volume delle vendite di Cipramil.

560    Inoltre, erroneamente la Commissione si basa sul punto D del preambolo dell’accordo GUK per il Regno Unito, il cui testo è essenzialmente identico al punto 3.2 dell’accordo, per sostenere la sua interpretazione, in quanto anche in esso viene fatto riferimento ai «Prodotti Finiti» con la maiuscola, che sono chiaramente definiti al punto 1.1 del medesimo accordo.

561    Peraltro, come ammette la stessa Commissione al punto 781 della decisione impugnata, un’interpretazione letterale del punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito porta alla conclusione secondo la quale tale disposizione non impediva alla Merck (GUK) di rifornirsi di citalopram sotto forma di IFA presso terzi.

562    Infatti, occorre rilevare che il punto 2.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito prevede unicamente che la Merck (GUK) si impegni a consegnare alla Lundbeck tutti i suoi «Prodotti», definiti al punto 1.1 dell’accordo come i «prodotti di citalopram (…) sotto forma di materia prima, sfusi o in compresse come indicati nell’Allegato e fabbricati conformemente alle specifiche di prodotto, quali sono state fornite dalla GUK alla data della firma [dell’accordo], accluse come Allegato 2». Orbene, tale allegato fa effettivamente riferimento all’IFA della Natco. Ciò implica che la Merck (GUK) era unicamente tenuta, in forza di tale disposizione, a consegnare il suo stock di citalopram esistente, già costituito al momento della firma dell’accordo, e non qualsiasi altro tipo di citalopram generico, proveniente da produttori diversi dalla Natco, che essa avrebbe potuto procurarsi successivamente. La Commissione riconosce peraltro, in particolare al punto 763 della decisione impugnata, che tale obbligo riguardava unicamente l’IFA della Natco.

563    Al punto 783 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto tuttavia che, se la Merck (GUK) si fosse rifornita di citalopram sotto forma di IFA presso terzi, avrebbe violato il punto 1.3 del suo contratto di fornitura concluso con la Schweizerhall, che prevedeva che la Merck (GUK) avrebbe soddisfatto il 100% del suo fabbisogno annuo di citalopram generico presso quest’ultima (punto 210 supra). La Commissione ha ritenuto, pertanto, nella nota a piè di pagina n. 1435 della decisione impugnata, che, anche se era formalmente possibile per la Merck (GUK) entrare nel mercato con citalopram generico proveniente da fonti diverse dalla Natco in forza dell’accordo GUK per il Regno Unito, ciò non era possibile a causa dell’accordo Schweizerhall. Orbene, secondo la Commissione, questi due accordi si rafforzavano reciprocamente, cosicché dovevano essere interpretati congiuntamente.

564    Occorre tuttavia rilevare, al pari delle ricorrenti, che, anche supponendo che esse fossero state a conoscenza dell’obbligo della Merck (GUK) di rifornirsi di citalopram generico esclusivamente dalla Natco, in forza del contratto di fornitura concluso con la Schweizerhall, siffatto obbligo non deriva dalle disposizioni dell’accordo GUK per il Regno Unito, bensì dall’accordo Schweizerhall.

565    Orbene, la Commissione non può basarsi sulle disposizioni di un altro accordo che non riguarda le stesse parti al fine di determinare il contenuto delle clausole dell’accordo GUK per il Regno Unito e, in particolare, al fine di accertare se tali clausole contenessero o meno restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck. Infatti, un’interpretazione di tal genere consentirebbe di ritenere che qualsiasi tipo di accordo concluso dalla Merck (GUK), contenente restrizioni riguardanti l’IFA della Natco, che era tuttavia individuato come potenzialmente contraffatto dalle parti dell’accordo GUK per il Regno Unito, andasse al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, a causa dell’obbligo di fornitura in esclusiva derivante dall’accordo Schweizerhall, concluso in precedenza e da parti diverse.

566    Pertanto, anche se la Lundbeck poteva essere stata a conoscenza dell’esistenza dell’accordo Schweizerhall, la Commissione non può basarsi su tale circostanza per concludere che il punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito mirava, di per sé, a impedire alla Merck (GUK) di entrare nel mercato con qualsiasi tipo di citalopram, proveniente o meno dalla Natco e ritenuto o meno, dalle parti, come potenzialmente contraffatto.

567    È vero, come fa valere la Commissione, che gli accordi controversi devono essere interpretati tenendo conto non solo della loro terminologia, ma anche del loro contesto e degli obiettivi che essi perseguono. Siffatto metodo interpretativo non può tuttavia indurre la Commissione a ignorare il testo delle disposizioni di un accordo quando detto testo è sufficientemente chiaro.

568    Occorre peraltro rilevare, al riguardo, che la stessa Commissione, al punto 635 e nella nota a piè di pagina n. 1562 della decisione impugnata, nonché in risposta a un quesito del Tribunale, ha sostenuto che l’accordo Schweizerhall avrebbe potuto essere risolto in caso di violazione dei brevetti della Lundbeck (v. punto 224 supra). Orbene, siffatta interpretazione dell’accordo Schweizerhall è difficilmente conciliabile con l’interpretazione dell’accordo GUK per il Regno Unito, proposta dalla Commissione nella decisione impugnata, secondo la quale le restrizioni andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck a causa dell’obbligo della Merck (GUK), derivante dall’accordo Schweizerhall, di rifornirsi esclusivamente di citalopram generico da quest’ultima. Infatti, la circostanza che la Merck (GUK) possa non aver avuto l’intenzione di acquistare citalopram non prodotto dalla Natco non significa che l’accordo GUK per il Regno Unito contenesse tali restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck.

569    Pertanto si deve constatare che la Commissione, alla quale incombe l’onere della prova al riguardo (punti da 105 a 112 supra), non ha dimostrato in modo sufficiente, nella decisione impugnata, che le restrizioni contenute nell’accordo GUK per il Regno Unito andassero al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, vale a dire che siffatte restrizioni non avrebbero potuto essere ottenute dalla Lundbeck dinanzi a un giudice competente in materia di brevetti se i prodotti generici basati sull’IFA della Natco, che la Merck (GUK) intendeva commercializzare, fossero stati ritenuti contraffatti e se tali brevetti avessero resistito alle eventuali domande riconvenzionali volte a rimettere in discussione la loro validità.

570    Tuttavia, tale constatazione non può avere conseguenze nell’ambito dell’esame della legittimità della decisione impugnata, in quanto la censura dedotta dalle ricorrenti è inoperante, per le ragioni esposte infra.

571    In primo luogo, è giocoforza constatare che le ricorrenti non contestano che, in forza del punto 1.1 dell’accordo GUK per il Regno Unito, la Merck (GUK) si è impegnata a non entrare nel mercato con i suoi prodotti generici basati sull’IFA della Natco e che, in forza dei punti 2.2 e 2.3 del medesimo accordo, si è impegnata a consegnare loro l’intero stock di citalopram dalla stessa costituito (punti 771 e 772 della decisione impugnata), né il fatto che esse abbiano versato una somma pari a GBP 3 milioni alla Merck (GUK) in contropartita di tale impegno (punto 26 supra). Parimenti, le ricorrenti non contestano che, in forza del punto 2.7 dell’accordo GUK per il Regno Unito, la Merck (GUK) si è impegnata a non concedere o a non vendere su licenza una copia delle sue AIC già ottenute nel Regno Unito, durante la vigenza di tale accordo.

572    Orbene, come sostenuto dalla Commissione, siffatti impegni sono, in ogni caso, anticoncorrenziali per il loro stesso oggetto, a prescindere dal fatto che vadano o meno al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, in quanto, lungi dal definire una qualsiasi controversia in materia di brevetti tra le parti dell’accordo GUK per il Regno Unito, tali impegni sono stati ottenuti in contropartita di ingenti pagamenti invertiti ed avevano come obiettivo di impedire alla Merck (GUK) – e a qualsiasi altra impresa che intendesse utilizzare la sua AIC – di entrare nel mercato per tutta la durata dell’accordo con i suoi prodotti generici, basati sull’IFA della Natco, sui quali essa aveva fondato sino a quel momento tutta la sua strategia per entrare nel mercato.

573    Come ha sottolineato la Commissione, in particolare ai punti 641 e 820 della decisione impugnata, ciò che rileva, a tal proposito, è il fatto che l’accordo GUK per il Regno Unito abbia trasformato l’incertezza riguardo all’esito di eventuali azioni per contraffazione nella certezza che la Merck (GUK) non sarebbe entrata con i suoi prodotti generici nel mercato per tutta la durata di tale accordo, mentre le limitazioni all’autonomia commerciale della Merck (GUK) non risultavano esclusivamente da un’analisi, ad opera delle parti dell’accordo, dei brevetti della Lundbeck, ma piuttosto dall’entità del pagamento invertito che, in tal caso, ha prevalso su tale valutazione e ha incentivato l’impresa di medicinali generici a non proseguire nei suoi tentativi di entrare nel mercato.

574    In secondo luogo, occorre rilevare, ad abundantiam, che la Commissione ha constatato correttamente, in particolare al punto 784 della decisione impugnata, che la Merck (GUK) non aveva più alcun incentivo, a causa delle disposizioni dell’accordo GUK per il Regno Unito, considerate nel loro contesto, a procurarsi citalopram sotto forma di IFA presso terzi o a vendere citalopram sotto forma di prodotti finiti, diverso da quello della Lundbeck, pur essendo libera di farlo, in via di principio, in forza di tale accordo.

575    Infatti, occorre rilevare, anzitutto, che la Merck (GUK) si è impegnata, in forza del punto 3.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito, a vendere il Cipramil della Lundbeck nel Regno Unito durante la vigenza dell’accordo e che, in forza del punto 6.2 di tale accordo, il pagamento di un importo pari a GBP 5 milioni, qualificato come «profitti netti», era subordinato alla condizione della vendita nel Regno Unito di un determinato volume di tali medicinali durante la vigenza dell’accordo. Occorre ricordare, inoltre, che tale somma doveva essere versata in più rate, il che consentiva alla Lundbeck di avere la sicurezza della corretta esecuzione dell’accordo.

576    Pertanto, anche se la Merck (GUK) avesse potuto procurarsi, teoricamente, citalopram generico sotto forma di IFA presso terzi e vendere tipologie di prodotti finiti diverse da quelle della Lundbeck, non aveva alcun interesse a farlo, in quanto poteva ottenere, senza assumere il benché minimo rischio, la somma di GBP 5 milioni quali utili garantiti per la vendita del Cipramil in forza del punto 6.2 dell’accordo GUK per il Regno Unito, mentre qualsiasi tentativo di entrare nel mercato con altri prodotti generici avrebbe potuto esporla ad azioni per contraffazione e di risarcimento danni da parte della Lundbeck. Inoltre, come sostenuto dalla Commissione al punto 784 della decisione impugnata, è difficile percepire l’eventuale interesse dei terzi ad acquistare citalopram generico sotto forma di IFA tramite la Merck (GUK), per rivenderlo nel Regno Unito sotto forma di prodotti finiti, se essi potevano procurarselo presso il produttore di IFA o direttamente presso il suo fornitore preferito.

577    Pertanto, l’argomento delle ricorrenti, secondo il quale la Commissione ha concluso erroneamente che l’accordo GUK per il Regno Unito aveva limitato le vendite del citalopram diverso da quello prodotto a partire dall’IFA della Natco, deve essere respinto in quanto inoperante.

2.     Accordo GUK per il SEE

578    Per quanto riguarda l’accordo GUK per il SEE, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata abbia concluso erroneamente che l’ambito di applicazione di tale accordo includeva il citalopram non contraffatto e che tendeva a eliminare Natco quale fornitore di IFA.

579    In primo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata abbia concluso erroneamente che l’accordo GUK per il SEE si applicava a qualsiasi tipo di citalopram. La decisione impugnata procederebbe, erroneamente, a un’interpretazione letterale del punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE, in cui si prevede che la GUK «cesserà la vendita e la fornitura dei prodotti farmaceutici contenenti Citalopram», mentre, nel diritto danese, diritto applicabile a tale accordo, l’interpretazione degli accordi dovrebbe basarsi sull’intenzione comune delle parti. Orbene, l’intenzione delle parti suffragata dai punti D, F e G del preambolo dell’accordo, era nel senso che quest’ultimo si applicava solo al citalopram basato sull’IFA della Natco. Inoltre, si dovrebbe interpretare tale accordo congiuntamente e conformemente all’accordo GUK per il Regno Unito, in quanto questi due accordi costituiscono, secondo la Commissione, un’infrazione unica e continuata.

580    L’interpretazione effettuata dalla Commissione del punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE non terrebbe conto neppure del fatto che la Merck dura, una controllata tedesca della Merck, ha continuato a vendere in Germania citalopram della Tiefenbacher a decorrere dal 15 aprile 2002 e per tutto il periodo cui si riferisce l’accordo GUK per il SEE e che la Lundbeck ha perseguito la Merck dura per contraffazione piuttosto che attuare detto accordo. Orbene, in forza del punto 1.1 di tale accordo, che prevede il divieto per la Merck (GUK) di vendere e di fornire prodotti contenenti citalopram, la Merck dura era una «una consociata» della Merck (GUK) ai sensi di tale disposizione, il che implicherebbe che l’espressione «prodotti contenenti citalopram» poteva riferirsi soltanto al citalopram della Natco e non a qualsiasi tipo di citalopram.

581    Infine, le ricorrenti contestano la conclusione della Commissione formulata al punto 845 della decisione impugnata, secondo la quale dal semplice fatto che la Merck (GUK) abbia concluso un contratto in forza del quale doveva soddisfare tutto il suo fabbisogno rifornendosi dalla Natco fino al 2008 non deriverebbe logicamente che anche il suo impegno di astenersi dal vendere citalopram durante la vigenza dell’accordo GUK per il SEE dovesse essere circoscritto al citalopram della Natco. Siffatta conclusione sarebbe chiaramente in contrasto con l’argomento della decisione impugnata relativo all’accordo GUK per il Regno Unito, secondo il quale l’impegno contrattuale della Merck (GUK) di soddisfare tutto il suo fabbisogno rifornendosi presso la Natco dimostrerebbe che la Merck (GUK) non era incentivata a vendere l’IFA o prodotti finiti di terzi su tale base.

582    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata abbia concluso erroneamente che l’accordo stipulato con la Merck (GUK) relativo al SEE mirava a eliminare la Natco quale fornitore di IFA.

583    Esse contestano il fatto che il punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE, ai sensi del quale la Merck (GUK) «[avrebbe dovuto] adoperarsi quanto più possibile per accertarsi che la Natco [cess]asse la fornitura del Citalopram e dei medicinali contenenti il Citalopram nel Territorio», fosse destinato a eliminare la Nacto quale fornitore di IFA. Tale disposizione sarebbe stata un semplice strumento destinato a garantire che la Merck (GUK) non potesse eludere detto accordo e vendere citalopram contraffatto basato sull’IFA della Natco attraverso, ad esempio, una società distinta. Essa si baserebbe sul fatto che la Lundbeck riteneva – erroneamente – almeno fino al giugno 2002, che la Merck (GUK) fosse il distributore esclusivo della Natco. Peraltro, se la Commissione ammette, per quanto riguarda l’accordo GUK per il Regno Unito, che le restrizioni apportate all’IFA della Natco non esulavano dall’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, la stessa conclusione dovrebbe essere applicata alle restrizioni contrattuali contenute nell’accordo GUK per il SEE.

584    La Commissione contesta tali argomenti.

585    Occorre rilevare, al riguardo, che il testo della prima frase del punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE prevede che la Merck (GUK) «si impegna a cessare la vendita e la fornitura di prodotti farmaceutici contenenti citalopram nel territorio del SEE (tra cui, senza limitazioni, cessare di vendere e di fornire alla NM Pharma AB) per la durata dell’accordo», senza ulteriori precisazioni.

586    I punti D ed E del preambolo di tale accordo fanno certamente riferimento al fatto che la Merck (GUK) era il distributore di prodotti contenenti citalopram fabbricato o consegnato dalla Natco e al fatto che la vendita e la fornitura da parte della Merck (GUK) di prodotti contenenti citalopram nel Regno Unito erano state effettuate senza licenza da parte della Lundbeck.

587    Ciò non consente di confermare, tuttavia, l’interpretazione delle ricorrenti, secondo la quale il punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE riguardava unicamente il citalopram della Natco.

588    Infatti, se le parti dell’accordo GUK per il SEE avessero voluto considerare unicamente il citalopram della Natco, avrebbero fatto espressamente riferimento, al punto 1.1 dell’accordo, a tale citalopram, come nel preambolo dell’accordo, e non ai «prodotti farmaceutici contenenti citalopram», in generale, come sostiene correttamente la Commissione. Esse avrebbero anche potuto definire il termine «citalopram» in modo da precisare che tale termine riguardava solo alcuni tipi di citalopram prodotti secondo determinati metodi, come nell’ambito dell’accordo UK (v. punto 562 supra).

589    Inoltre, l’interpretazione proposta dalle ricorrenti è poco plausibile, se confrontata con il testo del punto 1.3 dell’accordo GUK per il SEE, in cui si prevede che la Lundbeck si impegna a non promuovere alcuna azione giudiziaria nei confronti della Merck (GUK) fintanto che quest’ultima rispetta il punto 1.1 dell’accordo. Se l’interpretazione delle ricorrenti fosse accolta, ciò significherebbe infatti che la Lundbeck si sarebbe impegnata a non promuovere azioni per contraffazione nei confronti della Merck (GUK) fintanto che quest’ultima si asteneva dal vendere o dal fornire il citalopram della Natco nell’ambito del SEE e anche se vendeva un’altra versione di citalopram proveniente da un altro produttore. Ciò è difficilmente conciliabile con il contesto nel quale sono stati conclusi gli accordi controversi, che dimostra in particolare il fatto che la Lundbeck aveva la ferma intenzione di impedire qualsiasi ingresso dei medicinali generici nel mercato.

590    Le ricorrenti fanno valere tuttavia che la Merck dura, una controllata tedesca della Merck (GUK), è potuta entrare nel mercato del citalopram in Germania, sebbene fosse una consociata ai sensi del punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE, il che implicherebbe che l’espressione «prodotti contenenti citalopram», utilizzata in detto punto, poteva riferirsi soltanto al citalopram della Natco e non a qualsiasi tipo di citalopram.

591    Occorre rilevare, tuttavia, al pari della Commissione, che il punto 1.1. dell’accordo per il SEE si applicava unicamente alla Merck (GUK), come il resto dell’accordo, in forza dell’effetto relativo a tale contratto, cosicché l’obbligo della Merck (GUK) di non vendere citalopram generico alle sue consociate non significa che tali società, come la Merck dura, non potessero rifornirsi da un’altra fonte e vendere esse stesse citalopram generico, come ha fatto la Merck dura nella fattispecie rifornendosi dalla Tiefenbacher. Pertanto, dal fatto che la Merck dura è entrata nel mercato tedesco durante la vigenza dell’accordo per il SEE e dal fatto che le ricorrenti hanno avviato azioni per contraffazione contro quest’ultima non si può dedurre che i termini «prodotti contenenti citalopram», utilizzati al punto 1.1 di tale accordo, non riguardassero qualsiasi tipo di citalopram, ma unicamente il citalopram della Natco.

592    Pertanto, prevedendo l’obbligo per la Merck (GUK) di astenersi dal vendere o dal fornire prodotti contenenti citalopram alle sue consociate o a qualsiasi terzo (compresa la NM Pharma che aveva iniziato a vendere il citalopram in Svezia) per tutta la durata dell’accordo GUK per il SEE, il punto 1.1 di tale accordo conteneva restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, in quanto siffatto obbligo non era limitato al citalopram ritenuto potenzialmente contraffatto dalle parti di tale accordo.

593    Inoltre, occorre ricordare che il punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE prevedeva non solo l’obbligo per la Merck (GUK) di astenersi dal vendere o dal fornire prodotti contenenti citalopram per tutta la durata dell’accordo, ma anche che tale società avrebbe compiuto ogni ragionevole sforzo per accertarsi che la Natco cessasse di rifornire il territorio del SEE di citalopram e di prodotti contenenti citalopram durante la vigenza dell’accordo.

594    Orbene, nessun elemento indica che siffatto obbligo fosse solo un impegno di scarsa rilevanza, se non addirittura inesistente o che sia stato fondato sull’errata convinzione delle ricorrenti che la Merck (GUK) fosse il distributore esclusivo della Natco. Infatti, come fa valere la Commissione, tale clausola è stata ritenuta sufficientemente rilevante dalle parti dell’accordo per condizionare il pagamento di una somma pari a EUR 12 milioni. Peraltro, il punto 1.2 dell’accordo GUK per il SEE prevedeva espressamente che la Lundbeck non sarebbe stata tenuta a effettuare i pagamenti non ancora scaduti nel caso in cui la Natco avesse fornito citalopram o prodotti contenenti citalopram nel territorio del SEE durante la vigenza dell’accordo.

595    Pertanto, anche se la Merck (GUK) non aveva la capacità di impedire alla Natco di fornire citalopram nel territorio del SEE, come sostengono le ricorrenti, tuttavia il punto 1.1 dell’accordo GUK per il SEE costituiva un forte incentivo per la Merck (GUK) a intraprendere ogni azione necessaria e a compiere «ogni ragionevole sforzo» in tal senso, salvo essere privata di una parte sostanziale dei pagamenti promessi dalla Lundbeck in forza di tale accordo.

596    Ciò dimostra, come ha constatato correttamente la Commissione al punto 848 della decisione impugnata, che il fine oggettivo dell’accordo GUK per il SEE era non solo di eliminare la Merck (GUK) dai mercati del SEE, quale venditore di prodotti generici basati sul citalopram della Natco, ma anche di eliminare la Natco quale produttore di citalopram generico in tale territorio.

597    Occorre constatare, quindi, che, dal contenuto dell’accordo GUK per il SEE, considerato nel suo contesto, emerge in modo sufficientemente chiaro che la Merck (GUK), in forza delle clausole di tale accordo, ha rinunciato a qualsiasi possibilità di vendere la sua versione generica di citalopram, indipendentemente dal fatto che il citalopram provenisse o meno dalla Natco e che lo stesso avesse potenzialmente violato o meno un brevetto della Lundbeck.

598    Pertanto, senza commettere errori la Commissione, al punto 846 della decisione impugnata, ha ritenuto che l’accordo GUK per il SEE e, in particolare il punto 1.1 di tale accordo, dovesse essere interpretato nel senso che aveva obbligato la Merck (GUK) a cessare la vendita e la fornitura di qualsiasi tipo di citalopram per la durata dell’accordo, in tutto il territorio del SEE, il che andava al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck.

599    In ogni caso, a prescindere dall’interpretazione di tale accordo e dal fatto che le restrizioni imposte alla Merck (GUK) derivino o meno dall’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, tali restrizioni sarebbero nonostante tutto anticoncorrenziali per oggetto, dato che non era dimostrato che il citalopram prodotto dalla Natco violasse uno di tali brevetti, che la Merck (GUK) aveva espressamente contestato che i suoi prodotti generici fossero contraffatti (v. punto G del preambolo dell’accordo GUK per il SEE) e che le restrizioni della sua autonomia commerciale erano state indotte da ingenti pagamenti invertiti, che ne costituivano la contropartita (v. punti 572 e 573 supra).

600    Inoltre, come ha constatato la Commissione al punto 847 della decisione impugnata, gli accordi controversi non contenevano alcuna contropartita alle restrizioni in questione diversa dai pagamenti invertiti promessi dalla Lundbeck, come la possibilità per la Merck (GUK) di entrare immediatamente nel mercato alla scadenza di tali accordi senza dover temere azioni per contraffazione da parte della Lundbeck, cosicché tali accordi non miravano a definire una qualsiasi controversia in materia di brevetti.

601    Pertanto, la censura delle ricorrenti secondo la quale l’accordo GUK per il SEE non conteneva alcuna restrizione che andasse al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck deve essere respinta in quanto inoperante e, in ogni caso, infondata.

3.     Accordo Arrow UK

602    Le ricorrenti sostengono che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’interpretare l’accordo Arrow UK nel senso che quest’ultimo impediva alla Arrow di vendere qualsiasi forma di citalopram generico durante la vigenza di tale accordo, che riguarderebbe soltanto il citalopram costituente una violazione dei loro brevetti. Ciò sarebbe dimostrato dai termini di tale accordo e dalle circostanze relative alla sua conclusione, tra cui, in particolare, l’esistenza di un contenzioso in materia di brevetti con la Arrow e la controversia Lagap.

603    La Commissione contesta tali argomenti.

604    In primo luogo, le ricorrenti contestano il fatto che l’espressione «detto citalopram», definita al quarto considerando del preambolo Arrow UK e utilizzata al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK (v. supra, punto 35, secondo e sesto trattino), si riferisca a qualsiasi tipo di citalopram che la Arrow avrebbe potuto acquistare dalla Tiefenbacher. A loro avviso, tale espressione riguarderebbe soltanto il citalopram che la Arrow aveva già acquistato o ordinato da quest’ultima e che violava i loro brevetti.

605    L’interpretazione proposta dalle ricorrenti per detta espressione, da un lato, sarebbe confermata dal fatto, enunciato al sesto considerando del preambolo Arrow UK (v. supra, punto 35, terzo trattino), che «detto Citalopram» era stato sottoposto a test di laboratorio e, dall’altro, non sarebbe rimessa in discussione dal riferimento, contenuto al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, al divieto di importare, in particolare, «detto citalopram» dopo la seconda data di consegna definita al punto 3.4 dell’Accordo Arrow UK (v. supra, punto 35, ultimo trattino) (in prosieguo: la «seconda data di consegna»). Infatti, tale riferimento sarebbe applicabile soltanto all’espressione «qualsiasi altro citalopram», utilizzata al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK. In ogni caso, anche dopo la seconda data di consegna, la Arrow avrebbe avuto a disposizione compresse di citalopram ordinate alla Tiefenbacher, che non erano state consegnate alle ricorrenti.

606    Occorre ricordare che il punto 1.1 dell’accordo Arrow UK è così formulato:

«la Arrow [UK], in nome proprio e in nome di tutte le entità consociate e collegate, si impegna, per la [durata dell’accordo UK] e nel territorio del Regno Unito, a non fabbricare, cedere, proporre di cedere, utilizzare o, dopo la seconda data di consegna, importare o conservare a fini di cessione o per altro scopo, 1) [“]detto Citalopram[”] o 2) qualsiasi altro citalopram che, secondo la Lundbeck, violi i suoi diritti di proprietà [intellettuale], e, per consentire alla Lundbeck di stabilire la sussistenza o meno di una violazione, a fornire a quest’ultima per la [durata dell’accordo Arrow UK] un numero sufficiente di campioni a fini di analisi, almeno un mese prima di qualsiasi fabbricazione, importazione vendita o offerta di vendita che la Arrow [UK] minacci di effettuare in attesa di una decisione definitiva non impugnabile [nell’ambito dell’azione per contraffazione Arrow] (…)».

607    Per interpretare il significato dell’espressione «detto citalopram», contenuta nel punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, occorre ricordare che:

–        tale espressione è una convenzione di scrittura adottata nel quarto considerando del preambolo Arrow UK, nei seguenti termini: «la Arrow [UK] ha ottenuto una licenza da terzi per importare nel Regno Unito citalopram non fabbricato dalla Lundbeck o con l’autorizzazione della Lundbeck (“detto Citalopram”, definizione che include, onde evitare dubbi, unicamente il Citalopram destinato al marketing e alla vendita nel Regno Unito ed esclude quello destinato al marketing e alla vendita in altri paesi)»;

–        dal punto 3.4 dell’accordo Arrow UK risulta che la «seconda data di consegna», menzionata al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, è la data in cui la Arrow UK doveva consegnare alla Lundbeck la seconda parte del suo stock «di detto Citalopram» e che tale consegna doveva essere effettuata non oltre il 15 febbraio 2002.

608    Ai punti 905, da 910 a 913 e 916 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’espressione «detto Citalopram» dovesse essere interpretata nel senso che riguardava non solo il citalopram che la Arrow aveva già acquistato dalla Tiefenbacher, ma anche qualsiasi citalopram che essa avrebbe potuto acquistare successivamente dalla stessa impresa, e ciò anche se l’IFA utilizzato veniva ormai prodotto secondo i procedimenti Cipla II o Matrix II. A tal fine, la Commissione si è basata sul riferimento, contenuto nel punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, al periodo successivo alla «seconda data di consegna», quale risulta dal punto 3.4 dell’accordo Arrow UK, il che impedisce, a suo avviso, di limitare la nozione cui si riferisce l’espressione «di detto Citalopram» a quello che la Arrow aveva già in stock, e sul testo del quarto considerando del preambolo Arrow UK, da cui risulterebbe che «detto Citalopram» è qualsiasi citalopram prodotto dalla Tiefenbacher e rientrante della sua AIC.

609    Alla luce degli elementi appena richiamati, va osservato che uno degli obblighi previsti al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK consiste nel vietare alla Arrow di importare o di conservare «detto Citalopram» dopo la seconda data di consegna di cui al punto 3.4 di tale accordo. Orbene, tale obbligo ha un significato e un effetto utile solo se tale espressione si riferisce altresì a citalopram proveniente, naturalmente, dalla Tiefenbacher, ma che la Arrow avrebbe ordinato dopo tale consegna. Su tale punto, va osservato che nessun elemento contenuto nel testo di tale clausola consente di ritenere che l’obbligo summenzionato non riguardi «detto Citalopram», ma si riferisca soltanto a «qualsiasi altro citalopram che, secondo la Lundbeck, violi i suoi diritti di proprietà [intellettuale]».

610    Parimenti, la definizione corrispondente all’espressione «di detto Citalopram», contenuta nel quarto considerando del preambolo Arrow UK, è formulata in termini che non possono essere interpretati nel senso che essi riguardano solo il citalopram che la Arrow aveva già acquistato dalla Tiefenbacher. Infatti, tale considerando significa che qualsiasi citalopram rientrante nell’AIC di cui la Tiefenbacher disponeva era incluso nella definizione corrispondente all’espressione «di detto Citalopram». Orbene, tale AIC si applicava al citalopram prodotto secondo i procedimenti Cipla I e Matrix I, indipendentemente dal fatto che le compresse che la Arrow aveva in stock fossero prodotte unicamente mediante il procedimento Cipla I.

611    Se è vero che il richiedente o il titolare di un’AIC può chiedere modifiche all’amministrazione che deve concedere o che ha concesso tale autorizzazione al fine di estenderne la portata anche ad altri procedimenti, le ricorrenti hanno tuttavia fondati motivi per sostenere che nessun elemento contenuto nel considerando in questione consente di dimostrare che le parti dell’accordo Arrow UK, quando hanno definito «detto Citalopram», hanno considerato anche l’IFA citalopram prodotto secondo i procedimenti Cipla II e Matrix II, che non erano inclusi nella «licenza» menzionata nel suddetto considerando. Infatti, tali procedimenti avrebbero potuto essere compresi nell’AIC della Tiefenbacher solo in seguito a una modifica di tale autorizzazione.

612    Infine, tale interpretazione non è rimessa in discussione dal fatto, invocato dalla Commissione, che, nell’ordinanza per consenso Arrow (punto 36 supra), l’espressione «detto Citalopram» sia stata sostituita dall’espressione «Citalopram non prodotto dalla Lundbeck o con la sua autorizzazione». Infatti, l’ordinanza per consenso, pur essendo stata adottata successivamente alla conclusione dell’accordo Arrow UK, è uno strumento giuridico distinto da quest’ultimo.

613    Pertanto, l’espressione «detto Citalopram» va intesa come qualsiasi citalopram generico prodotto dalla Tiefenbacher secondo i procedimenti utilizzati dalla Cipla o dalla Matrix, che la Arrow aveva già acquistato alla data della firma dell’accordo Arrow UK o che avrebbe potuto acquistare successivamente, rientrante nell’AIC della Tiefenbacher.

614    In secondo luogo, secondo le ricorrenti, l’espressione «qualsiasi altro citalopram che, secondo la Lundbeck, violi i suoi diritti di proprietà [intellettuale]», utilizzata al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, non conferiva loro un diritto di veto, in quanto esse non potevano limitarsi a invocare la natura contraffatta del citalopram che la Arrow avrebbe potuto cercare di utilizzare, ma avrebbero dovuto fornire la prova della violazione dei loro brevetti, attraverso il meccanismo di campionatura previsto in detto punto, il che sarebbe conforme agli insegnamenti ricavabili dalla sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra. Al riguardo, le ricorrenti sottolineano che l’accordo Arrow UK non impediva alla Arrow di contestare dinanzi ai giudici competenti le eventuali affermazioni, da parte delle ricorrenti, riguardo al fatto che il citalopram che la Arrow avrebbe potuto cercare di utilizzare violasse i loro brevetti.

615    Occorre ricordare che, in particolare ai punti 917 e da 922 a 924 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’espressione di cui trattasi consentiva alla Lundbeck di opporre un veto all’importazione o alla vendita, da parte della Arrow, di citalopram prodotto secondo un qualsiasi procedimento, in quanto la Lundbeck poteva limitarsi a dichiarare che, a suo avviso, un determinato procedimento violava i suoi diritti di proprietà intellettuale. La Commissione ha altresì rilevato che il meccanismo di campionatura previsto al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK non era stato mai utilizzato, in quanto la Arrow non aveva alcun interesse a rimettere in discussione le affermazioni della Lundbeck relative ai risultati di eventuali test e neppure a fornirle IFA da sottoporre a test fintanto che la Lundbeck effettuava i pagamenti previsti.

616    Al riguardo, va sottolineato che, come osserva correttamente la Commissione, la Arrow, in risposta a una richiesta di informazioni di quest’ultima del 18 dicembre 2008, che le stesse ricorrenti hanno prodotto in allegato all’atto introduttivo del ricorso e che è stata oggetto di discussione in udienza, ha ammesso quanto segue:

«Il test previsto [al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK] è un test soggettivo riguardante un’asserita infrazione, e non già un’infrazione comprovata. Pertanto, prodotti contenenti citalopram rispetto ai quali nessun giudice ha stabilito la mancanza di violazione [dei diritti di proprietà intellettuale della Lundbeck], ma che non costituiscono realmente una violazione [di tali diritti], avrebbero potuto essere inclusi nell’ambito di applicazione di [detto punto], ma ciò è del tutto normale in accordi di tal genere».

617    Tale dichiarazione conferma la tesi della Commissione secondo la quale la Lundbeck disponeva, in sostanza, di un diritto di veto. Contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, siffatto diritto non può essere considerato equivalente alla situazione asseritamente creata dalla sentenza Paroxetine, menzionata al punto 240 supra. Infatti, oltre alle considerazioni esposte ai punti da 258 a 263 supra, va osservato che il meccanismo previsto al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK non implica l’intervento di un giudice, mentre ciò è quanto avviene chiaramente nel caso trattato da detta sentenza, fermo restando che non è possibile che un giudice adotti una misura provvisoria in base a semplici affermazioni formulate dal titolare di un brevetto asseritamente violato.

618    Peraltro, va osservato che l’esistenza di tale diritto di veto non rende superflua la parte del punto 1.1 dell’accordo Arrow UK riguardante «detto Citalopram», in quanto, rispetto a quest’ultimo, la Lundbeck non doveva neppure esercitare il suo diritto di veto, dato che i divieti imposti alla Arrow, relativi a tale citalopram, erano applicabili senza che la Lundbeck fosse tenuta a fare alcunché, a parte l’esecuzione dei pagamenti previsti.

619    Il fatto che il test previsto al punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, a causa della sua natura soggettiva, equivalesse al conferimento alla Lundbeck di un diritto di veto, di cui la Arrow era consapevole, è suffragato dal mancato utilizzo di tale test per tutta la durata di tale accordo. Infatti, sebbene, durante la vigenza di detto accordo, la Arrow abbia continuato a cercare nuove fonti di IFA, non ha mai fornito campioni alla Lundbeck affinché li esaminasse.

620    Su tale punto occorre rilevare, anzitutto, che le ricerche della Arrow a tal fine possono essere spiegate con la volontà di entrare in mercati diversi da quello del Regno Unito. Infatti, da un lato, la Arrow preparava il suo ingresso nel mercato danese fino al momento della conclusione dell’accordo Arrow danese, avvenuta diversi mesi dopo l’accordo Arrow UK. D’altro lato, come ha precisato la Commissione al punto 931 della decisione impugnata, la Arrow era interessata anche al mercato svedese. Inoltre, la Arrow necessitava di un’alternativa alla Tiefenbacher per portare a termine il suo progetto consistente nel poter produrre, alla fine, essa stessa le sue compresse di citalopram generico, acquistando l’IFA direttamente dai produttori senza passare attraverso un intermediario come la Tiefenbacher che trasformava tale IFA in compresse (v. nota a piè di pagina n. 1935 della decisione impugnata).

621    Peraltro, siffatte ricerche potevano rientrare nelle pratiche espletate per preparare il periodo successivo alla scadenza dell’accordo Arrow UK, che era stato concluso inizialmente per un periodo inferiore a un anno e prorogato, successivamente, per due volte. Tali considerazioni sono altresì valide per quanto riguarda il fatto che, durante la vigenza dell’accordo Arrow UK, la Arrow ha chiesto una modifica dell’AIC riguardante gli IFA della Cipla e della Matrix affinché potesse comprendere anche i procedimenti Cipla II e Matrix II.

622    Tali considerazioni consentono anche di respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il fatto che la Arrow, anche dopo la conclusione dell’accordo Arrow UK, abbia continuato a cercare fornitori in grado di consegnarle un IFA che non violasse i brevetti della Lundbeck confermerebbe che tale accordo riguardava soltanto il citalopram che violava tali brevetti.

623    In terzo luogo, le ricorrenti ricordano che, conformemente al diritto inglese, che disciplina l’accordo Arrow UK, quest’ultimo deve essere interpretato in base, segnatamente, al suo obiettivo commerciale, consistente nel fungere da soluzione alternativa alla richiesta di un’ingiunzione provvisoria dinanzi al giudice nazionale. Orbene, siffatta ingiunzione avrebbe potuto riguardare soltanto il citalopram generico che violava i brevetti della Lundbeck.

624    Va osservato, tuttavia, che il riferimento fatto dalle ricorrenti ai principi di diritto inglese riguardanti l’interpretazione dei contratti non rimette in discussione l’interpretazione adottata dalla Commissione.

625    Occorre ricordare, certamente, che una questione relativa all’interpretazione del diritto nazionale di uno Stato membro è una questione di fatto sulla quale il Tribunale è chiamato a esercitare, in via di principio, un controllo completo (punto 258 supra).

626    Tuttavia, l’obiettivo commerciale della Lundbeck, che la Arrow non poteva ignorare, era di impedire a quest’ultima di entrare nel mercato con citalopram generico. È per questo motivo che la Lundbeck ha pagato alla Arrow importi collegati ai profitti che quest’ultima sperava di ottenere con il suo ingresso nel mercato. In tali circostanze, non sorprende il fatto che le parti dell’accordo Arrow UK abbiano accettato di concedere alla Lundbeck un diritto di veto, opponibile anche al citalopram prodotto secondo i procedimenti Cipla II e Matrix II.

627    In realtà, siffatto pagamento era difficilmente compatibile con la possibilità, per la Arrow, di essere ancora libera di iniziare a vendere citalopram diverso da «detto citalopram», ossia quello prodotto secondo i procedimenti Cipla I o Matrix I. Infatti, in caso contrario, la Arrow avrebbe potuto beneficiare non solo dei pagamenti effettuati dalla Lundbeck, ma anche degli utili derivanti dall’ingresso nel mercato, ad esempio con il citalopram generico prodotto secondo i procedimenti Cipla II o Matrix II, mentre la Lundbeck avrebbe dovuto assumere l’onere sia dei pagamenti che delle perdite derivanti da detto ingresso.

628    In quarto luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non può trarre alcuna conseguenza, quanto alla portata dell’accordo Arrow UK, dal punto 3 del secondo addendum di tale accordo, secondo il quale, nel caso in cui la controversia Lagap avesse dimostrato che il brevetto sulla cristallizzazione era invalido, esse avrebbero dovuto pagare alla Arrow la somma di GBP 750 000 per farsi consegnare le compresse che quest’ultima aveva ancora in stock. Infatti, tale pagamento sarebbe stato giustificato dal fatto che la validità delle compresse in questione scadeva nell’ottobre 2003, cosicché non sarebbe stato possibile che la Arrow le vendesse nel mercato. Peraltro, le ricorrenti eccepiscono l’irricevibilità di tale censura della Commissione, in quanto né la decisione impugnata né la comunicazione degli addebiti vi farebbero riferimento.

629    Al riguardo, va osservato che tale argomento è inoperante, in quanto l’interpretazione della portata dell’accordo Arrow UK adottata nella decisione impugnata non si basa affatto sul punto 3 del secondo addendum di tale accordo. Infatti, è solo dinanzi al Tribunale che la Commissione si è basata su tale punto, che la stessa si era limitata a citare al punto 441 della decisione impugnata, senza trarne conseguenze.

630    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha interpretato il punto 1.1 dell’accordo Arrow UK, senza commettere errori, nel senso che tale disposizione mirava a impedire alla Arrow di entrare nel mercato del Regno Unito durante la vigenza di tale accordo, non solo con il citalopram generico che essa aveva già ordinato o acquistato presso la Tiefenbacher, ma anche con qualsiasi altro citalopram generico che essa avrebbe potuto procurarsi successivamente, compreso quello prodotto secondo i procedimenti Cipla II e Matrix II.

631    Pertanto, la presente censura deve essere respinta.

4.     Accordo Arrow danese

632    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’interpretare l’accordo Arrow danese nel senso che quest’ultimo impediva alla Arrow di vendere qualsiasi forma di citalopram generico durante la vigenza di tale accordo, che riguarderebbe soltanto il citalopram costituente una violazione dei loro brevetti.

633    In primo luogo, il punto 1.1 dell’accordo Arrow danese (v. supra, punto 39, secondo trattino), interpretato alla luce del preambolo e del contesto generale di tale accordo, riguarderebbe soltanto il citalopram che la Arrow aveva già importato e che le ricorrenti avevano sottoposto a test di laboratorio. Si tratterebbe quindi del citalopram proveniente dalla Tiefenbacher, che violava i loro brevetti.

634    In secondo luogo, le ricorrenti affermano che, secondo il diritto danese, che disciplina tale accordo, si deve attribuire particolare rilevanza all’intenzione comune delle parti, che sarebbe stata quella di far rispettare i brevetti delle ricorrenti. L’interpretazione troppo ampia adottata dalla Commissione violerebbe quindi il diritto danese.

635    In terzo luogo, le ricorrenti deducono argomenti analoghi a quelli menzionati relativamente all’accordo Arrow UK, in particolare per quanto riguarda il fatto che la Arrow abbia continuato a cercare altre fonti di IFA e abbia avuto la possibilità di adire un giudice nazionale affinché si pronunciasse sull’eventuale mancanza di violazione dei loro brevetti.

636    In quarto luogo, le ricorrenti fanno valere che, se l’accordo Arrow danese e l’accordo Arrow UK costituiscono un’infrazione unica e continuata, come afferma la decisione impugnata, non è possibile che il primo riguardi anche il citalopram non contraffatto, mentre così non è per il secondo.

637    La Commissione contesta tali argomenti.

638    Va ricordato che il punto 1.1 dell’accordo Arrow danese è formulato come segue:

«la Arrow [Group] accetta di annullare e di cessare qualsiasi importazione, fabbricazione, produzione, vendita o altra commercializzazione di prodotti contenenti citalopram che violi, secondo la Lundbeck, i diritti di proprietà intellettuale di quest’ultima nel territorio [danese] per la durata [dell’accordo Arrow danese]».

639    Le ricorrenti sostengono che il preambolo dell’accordo Arrow danese consente di comprendere che detto punto deve essere interpretato nel senso che riguarda soltanto il citalopram che la Arrow aveva già acquistato dalla Tiefenbacher.

640    Va osservato che, certamente, il terzo e il quinto considerando del preambolo dell’accordo Arrow danese, interpretati alla luce delle precisazioni che li riguardano, contenute nel punto 986 della decisione impugnata, non rimesse in discussione dalle ricorrenti, si riferiscono al fatto che la Arrow stava per acquistare un’AIC che le avrebbe consentito di vendere in Danimarca citalopram generico, che era stato prodotto a partire dall’IFA della Cipla o della Matrix e che era stato oggetto di test di laboratorio da parte della Lundbeck. Il quarto considerando di tale preambolo menziona altresì l’intenzione della Arrow di esportare dalla Germania verso la Danimarca citalopram sfuso proveniente dalla Tiefenbacher.

641    Tuttavia, tali riferimenti, sebbene spieghino il contesto nel quale l’accordo Arrow danese è stato concluso, non sono sufficienti per rimettere in discussione il fatto che il punto 1.1 di tale accordo presenta un testo chiaro, la cui portata non può essere ridotta a quella proposta dalle ricorrenti.

642    Infatti, se le parti di tale accordo avessero voluto ridurre la portata degli obblighi dallo stesso previsti al citalopram che la Arrow aveva in stock, avrebbero potuto scegliere un testo adeguato a tal fine, anziché sceglierne uno assai ampio, ma la cui portata doveva essere limitata da un’interpretazione effettuata alla luce di considerando del preambolo che, per giunta, non erano formulati in termini che lasciassero chiaramente emergere la volontà di introdurre limitazioni.

643    Per quanto riguarda, più in particolare, il riferimento fatto dalle ricorrenti alla rilevanza dell’intenzione comune delle parti secondo il diritto danese, che disciplina l’accordo in questione, va osservato che le ricorrenti non hanno fornito alcuna prova del fatto che tale intenzione era diversa da quella risultante chiaramente dal testo dell’accordo e non rimessa in discussione dai considerando del suo preambolo.

644    Peraltro, non può essere accolto neppure l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, dato che i due accordi dalle stesse conclusi con la Arrow costituiscono un’infrazione unica e continuata, all’accordo Arrow danese dovrebbe essere riconosciuta una portata limitata per motivi di coerenza con l’accordo Arrow UK, Infatti, quest’ultimo accordo non ha la portata limitata che le attribuiscono le ricorrenti, come risulta dall’esame effettuato ai punti da 604 a 629 supra.

645    Pertanto, si deve concludere che la Commissione non è incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere che il punto 1.1 dell’accordo Arrow danese dovesse essere interpretato nel senso che la Arrow non sarebbe entrata nel mercato danese durante la vigenza di tale accordo, con un qualsiasi citalopram generico.

646    Alla luce delle suesposte considerazioni, la quarta parte deve essere respinta.

5.     Accordo Alpharma

647    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che l’accordo Alpharma contenesse il divieto, per tale impresa, di vendere qualsiasi forma di citalopram generico durante la vigenza di tale accordo, che riguarderebbe soltanto il citalopram generico prodotto in violazione dei brevetti della Lundbeck, tra cui quelli ripresi nell’allegato A.

648    La Commissione contesta tali argomenti.

649    Occorre rilevare che, in particolare ai punti 1042, 1059 e 1061 della decisione impugnata, la Commissione ha interpretato il punto 1.1 dell’accordo Alpharma nel senso che, con tale accordo, la Alpharma si era impegnata a non vendere alcun citalopram durante il periodo pertinente o, quantomeno, aveva accettato limitazioni alle sue possibilità di vendere citalopram che andavano ampiamente al di là di quelle che la Lundbeck avrebbe potuto ottenere in via contenziosa in base ai suoi nuovi brevetti.

650    Secondo le ricorrenti, in primo luogo, il testo del punto 1.1 dell’accordo Alpharma deve essere interpretato alla luce del contesto e degli elementi di prova disponibili, che consentirebbero di concludere che il termine «Citalopram» ivi contenuto riguarda soltanto il citalopram costituente una violazione dei loro brevetti. Tale interpretazione deriverebbe dalla lettura del preambolo dell’accordo Alpharma e dell’allegato A, che dimostrerebbero che tale era l’intenzione delle parti di detto accordo.

651    Occorre ricordare, al riguardo, che il punto 1.1 dell’accordo Alpharma stabilisce che la Alpharma, comprese le sue «[c]ontrollate», «annulla, cessa e si astiene da qualsiasi importazione, (…) produzione (…) o vendita di prodotti farmaceutici contenenti Citalopram nel Territorio (…) per il [periodo pertinente]» e che la Lundbeck rinuncia all’azione per contraffazione nei confronti della Alpharma. Vi si precisa altresì che tale punto non si applica «a qualsiasi prodotto contenente escitalopram».

652    È giocoforza constatare che l’accordo Alpharma, anche al punto 1.1, utilizza sempre il termine «Citalopram» scritto con la «c» maiuscola. Parimenti, tale accordo utilizza termini scritti con l’iniziale maiuscola quando ricorre a convenzioni di scrittura, come nel caso dei termini «Territorio», al secondo considerando del preambolo, e «Controllate», al suddetto punto 1.1. Tuttavia, tali convenzioni di scrittura sono adottate in modo esplicito, con la definizione precisa della loro portata, fornita nel punto in cui esse compaiono per la prima volta. Pertanto, è evidente che «Territorio» è un termine utilizzato per fare riferimento all’insieme formato dagli Stati membri dell’Unione, dalla Norvegia e dalla Svizzera, mentre il termine «Controllate» si riferisce a qualsiasi società che, direttamente o indirettamente, controlla, è controllata o si trova sotto un controllo comune con la Alpharma ApS.

653    Per contro, l’accordo Alpharma non contiene alcuna definizione del termine «Citalopram» che consenta di attribuirgli un significato più limitato di quello proprio della denominazione comune internazionale del citalopram, in quanto IFA, riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), come sostenuto dalla Commissione.

654    Peraltro, come ha osservato correttamente la Commissione al punto 1050 della decisione impugnata, la circostanza che il punto 1.1 dell’accordo Alpharma preveda, in fine, che esso non si applica all’escitalopram conferma il fatto che, quando le parti di tale accordo hanno voluto limitare la portata degli obblighi risultanti da detto punto, lo hanno fatto in modo esplicito.

655    Al riguardo, sebbene la mancanza, evidenziata dalle ricorrenti, di una «e» maiuscola per quanto riguarda il termine «escitalopram» riveli un’incoerenza nell’ortografia dei termini utilizzati nell’accordo Alpharma per indicare gli IFA, va osservato, tuttavia, che tale circostanza non è sufficiente per ritenere che le parti di tale accordo abbiano voluto limitare la portata del termine «Citalopram».

656    Per quanto attiene, poi, al preambolo dell’accordo Alpharma, occorre rilevare che il primo considerando di tale preambolo prevede che «la Lundbeck è titolare di diritti di proprietà intellettuale comprendenti, in particolare, brevetti riguardanti la produzione dell’IFA Citalopram, tra i quali sono inclusi i brevetti ripresi nell’allegato A».

657    Dal settimo considerando del preambolo dell’accordo Alpharma risulta che la Lundbeck aveva proposto l’azione per contraffazione Alpharma «cercando di ottenere un’ingiunzione contro le vendite, da parte [del gruppo] Alpharma, di prodotti contenenti Citalopram per violazione dei diritti di proprietà intellettuale della Lundbeck».

658    Infine, dall’ottavo considerando del preambolo deriva che la Alpharma ha riconosciuto che le osservazioni della Lundbeck relative all’infrazione commessa a danno dei suoi brevetti erano corrette e che essa si impegnava a non immettere in commercio «siffatti prodotti».

659    Va osservato al riguardo, come ha rilevato, in sostanza, la Commissione al punto 1047 della decisione impugnata, che il semplice riferimento, nel primo considerando del preambolo, al fatto che la Lundbeck deteneva brevetti riguardanti il «Citalopram», il cui elenco è contenuto nell’allegato A, non consente di concludere che le parti dell’accordo Alpharma abbiano voluto, sia pure in maniera implicita, introdurvi una definizione del termine «Citalopram» che non coinciderebbe con quella normalmente attribuibile al citalopram, senza «c» maiuscola, vale a dire l’IFA citalopram, a prescindere dal procedimento utilizzato per produrlo.

660    Inoltre, come ha osservato la Commissione ai punti da 1047 a 1049 della decisione impugnata, il settimo e l’ottavo considerando del preambolo richiamano, certamente, il contesto nel quale l’accordo Alpharma è stato concluso, ma non sono decisivi al fine di poter attribuire al termine «Citalopram» un significato limitato. Infatti, da un lato, il settimo considerando non è redatto in termini che definiscano tale parola, ma si riferisce alla domanda di ingiunzione formulata al fine di vietare la vendita di prodotti contenenti «Citalopram» a causa della violazione di brevetti appartenenti alla Lundbeck. D’altro lato, anche supponendo che, all’ottavo considerando, l’espressione «siffatti prodotti» indichi unicamente i prodotti contenenti il citalopram sintetizzato secondo procedimenti cui si riferiva la suddetta domanda e di cui la Alpharma ammetteva la natura contraffatta, tale circostanza non consente di concludere che, nell’ambito dell’intero accordo Alpharma, compreso il punto 1.1, il termine «Citalopram» includeva solo tali prodotti.

661    Pertanto, in mancanza di limitazioni chiare del significato del termine «Citalopram», derivanti dal preambolo, non è possibile ritenere che, con semplici riferimenti ai fatti antecedenti alla conclusione dell’accordo Alpharma, le parti di tale accordo abbiano voluto limitare la portata degli obblighi assunti dalla Alpharma solo al citalopram riguardo al quale si ammetteva che era stato prodotto in violazione dei nuovi brevetti della Lundbeck.

662    In secondo luogo, le ricorrenti invocano il fatto che detto accordo mirava a risolvere un conflitto tra le stesse e la Alpharma riguardante proprio la violazione, da parte di quest’ultima, dei loro brevetti. Le ricorrenti accennano anche alla rilevanza della controversia Lagap.

663    Al riguardo, va osservato, sotto un primo profilo, che il fatto che l’accordo Alpharma sia stato concluso dopo la proposizione, da parte delle ricorrenti, dell’azione per contraffazione Alpharma, che riguardava specificamente le compresse già ricevute o ordinate da tale impresa, detto elemento del contesto non significa che gli obblighi previsti al punto 1.1 di tale accordo, nonostante la sua ampia formulazione, debbano essere interpretati nel senso che sono limitati a quanto le ricorrenti avrebbero potuto ottenere mediante detta azione. Sotto un secondo profilo, l’accordo Alpharma non ha posto fine a tale azione, che è stata semplicemente sospesa durante la vigenza dell’accordo Alpharma, senza alcuna garanzia che fosse revocata al termine di tale periodo. Infatti, l’accordo Alpharma non prevede affatto che la Lundbeck si astenga, successivamente, dal perseguire il gruppo Alpharma per violazione dei suoi brevetti. Inoltre, dalla dichiarazione della Lundbeck, ripresa al punto 80 della decisione impugnata risulta che quest’ultima non riteneva che gli accordi controversi, tra cui l’accordo Alpharma, consentissero di porre fine a una controversia. Sotto un terzo profilo, la controversia Lagap, che era stata avviata nell’ottobre 2002, come risulta dal punto 63 della decisione impugnata, non può aver inciso in alcun modo sulla portata degli obblighi derivanti dal punto 1.1 dell’accordo Alpharma.

664    In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere una dichiarazione resa alla stampa, il 28 febbraio 2002, dal direttore generale della Alpharma responsabile del fascicolo pertinente (in prosieguo: la «dichiarazione del 28 febbraio 2002»), in cui si accennerebbe al fatto che il lancio del citalopram generico era rinviato, ma non si escludeva che potesse aver luogo al termine delle ferie estive, qualora le difficoltà derivanti dai nuovi brevetti della Lundbeck si fossero nel frattempo risolte. Tenuto conto della durata dell’accordo Alpharma, tale dichiarazione confermerebbe che il punto 1.1 dell’accordo non riguardava qualsiasi tipo di citalopram.

665    Va osservato che, con la dichiarazione del 28 febbraio 2002, la Alpharma ha annunciato, in sostanza, alla stampa che rinviava le vendite del citalopram almeno sino alla fine delle ferie estive e che avrebbe potuto, se del caso, abbandonare il progetto concernente tali vendite, per il fatto che il suo stock poneva problemi riguardo ai brevetti della Lundbeck. Essa ha aggiunto che doveva cercare un altro produttore di IFA e ottenere le autorizzazioni necessarie.

666    Va osservato al riguardo che, come ha rilevato la Commissione al punto 1055 della decisione impugnata, tale dichiarazione, che è successiva alla conclusione dell’accordo Alpharma, fa apparire la modifica dei piani della Alpharma come conseguenza di una decisione unilaterale da parte di quest’ultima, indipendente dai pagamenti previsti nell’accordo Alpharma. Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte ai punti 138 e 139 supra, a tale dichiarazione non può essere conferita una forza probatoria rilevante, tanto più che la Alpharma, che aveva accettato segretamente le limitazioni alla sua autonomia commerciale derivanti dall’accordo Alpharma in contropartita dei pagamenti ivi previsti, doveva giustificare, se non altro dinanzi ai suoi clienti potenziali, i mutamenti nei piani che aveva annunciato in precedenza. Ne deriva che la dichiarazione del 28 febbraio 2002 non è un elemento contestuale rilevante ai fini dell’interpretazione della portata dell’accordo Alpharma.

667    In ogni caso, va osservato che, sebbene la Alpharma abbia menzionato l’eventualità di un suo ingresso nel mercato dopo l’estate, essa ha altresì accennato alla possibilità di rinunciare al progetto, possibilità conforme all’interpretazione dell’accordo Alpharma adottata dalla Commissione.

668    In tali circostanze, detta dichiarazione non consente di concludere che il punto 1.1 dell’accordo Alpharma riguardava soltanto il citalopram prodotto secondo procedimenti di cui si ammetteva la natura contraffatta.

669    In quarto luogo, le ricorrenti fanno riferimento all’ordinanza per consenso Alpharma (v. punto 45 supra), il cui contenuto sarebbe rilevante ai fini dell’interpretazione del punto 1.1 dell’accordo Alpharma, in quanto tale ordinanza sarebbe stata pronunciata per porre fine all’azione per contraffazione Alpharma. A tal proposito, le ricorrenti sottolineano che tale ordinanza precisa che la portata delle restrizioni che incombono alla Alpharma è limitata al citalopram che viola i loro brevetti. Peraltro, le ricorrenti contestano la tesi proposta nella decisione impugnata secondo la quale l’ordinanza per consenso Alpharma era stata redatta in termini meno restrittivi rispetto al punto 1.1 dell’accordo Alpharma per il motivo che, altrimenti, sarebbe stato difficile che un giudice la approvasse. Esse osservano che sarebbe stato altresì difficile che un giudice garantisse il rispetto di detto punto, come interpretato dalla Commissione.

670    Al riguardo, è certamente vero che l’ordinanza per consenso Alpharma del 2 maggio 2002 è formulata nei termini richiamati dalle ricorrenti (punto 45 supra), che contengono chiaramente limitazioni al comportamento della Alpharma di portata meno ampia di quelle derivanti dal punto 1.1 dell’accordo Alpharma come interpretato dalla Commissione nella decisione impugnata.

671    È altresì vero che esiste un nesso tra tale ordinanza e l’accordo Alpharma. Infatti, tale ordinanza è stata adottata per sospendere l’azione per contraffazione nei confronti della Alpharma, proprio per il fatto che era stato concluso detto accordo.

672    Tuttavia, tali elementi non sono sufficienti per adottare un’interpretazione del punto 1.1 dell’accordo Alpharma che coincida con la portata dell’ordinanza per consenso Alpharma.

673    Infatti, come ha rilevato la Commissione al punto 1054 della decisione impugnata, si tratta di due strumenti giuridici distinti. Ciò che rileva, affinché l’accordo Alpharma abbia potuto costituire la ragion d’essere dell’ordinanza per consenso Alpharma, è che gli obblighi accettati dalla Alpharma in forza dell’accordo Alpharma fossero sufficienti per far sì che, durante la vigenza di tale accordo, la Lundbeck non avesse più interesse a proseguire l’azione per contraffazione nei confronti della Alpharma, che era limitata alla questione se la Alpharma stesse già violando i nuovi brevetti della Lundbeck. Orbene, tale condizione è soddisfatta anche se la portata dell’accordo Alpharma è più ampia di quella della suddetta ordinanza.

674    Peraltro, poiché non era necessario rivelare al giudice nazionale che aveva adottato l’ordinanza per consenso Alpharma quale fosse l’esatta portata dell’accordo Alpharma, è del tutto ragionevole che le parti di tale accordo si siano limitate a riprendere, nel testo dell’ordinanza presentato a tale giudice, gli obblighi, derivanti da tale accordo, rilevanti ai fini del procedimento sull’azione per contraffazione nei confronti della Alpharma. Del resto, la mancanza di corrispondenza diretta tra l’accordo Alpharma e detta ordinanza è confermata dal fatto che tale ordinanza non fa alcun accenno alla circostanza che tale accordo prevedesse un pagamento invertito a favore della Alpharma, mentre si trattava di un elemento fondamentale per la conclusione di tale accordo.

675    Ne consegue che l’ordinanza per consenso Alpharma non consente di interpretare il punto 1.1 dell’accordo Alpharma nel senso suggerito dalle ricorrenti.

676    In quinto luogo, le ricorrenti fanno riferimento al messaggio di posta elettronica del 12 marzo 2002 di un loro dirigente coinvolto nella gestione della pratica (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica del 12 marzo 2002»), il quale ha affermato che, pur essendovi molta incertezza, non riteneva che la Alpharma sarebbe entrata nel mercato del Regno Unito in un futuro prevedibile. Secondo le ricorrenti, non vi sarebbe stata alcuna incertezza se il punto 1.1 dell’accordo Alpharma avesse avuto la portata che la Commissione gli attribuiva.

677    Occorre rilevare, al riguardo, che detto messaggio costituisce la risposta a un altro messaggio di posta elettronica nel quale viene menzionato un listino prezzi della Alpharma relativo al citalopram e nel quale viene chiesto al destinatario di tale messaggio di verificare presso la stessa Alpharma quale fosse la situazione. Secondo la Commissione, poiché nella risposta a tale domanda, l’autore del messaggio di posta elettronica del 12 marzo 2002 rileva che si trattava probabilmente di un vecchio listino prezzi e precisa di non aver contattato la Alpharma su tale questione, nessun elemento, contenuto in tale messaggio, consente di rimettere in discussione l’interpretazione della portata dell’accordo Alpharma adottata nella decisione impugnata.

678    Infatti, se l’accordo Alpharma avesse una portata limitata al citalopram, prodotto secondo il procedimento Cipla I, che la Alpharma aveva già ricevuto o ordinato, come fanno valere le ricorrenti, queste ultime avrebbero dovuto preoccuparsi di tale listino prezzi, tanto che l’autore del messaggio di posta elettronica del 12 marzo 2002 avrebbe intrapreso probabilmente iniziative per stabilire se la Alpharma avesse già potuto procurarsi citalopram prodotto secondo altri procedimenti, che non sarebbe rientrato negli obblighi derivanti dall’accordo Alpharma così interpretato. Pertanto, il fatto che l’autore di detto messaggio di posta elettronica non abbia dato seguito alla domanda ricevuta dal suo collega, affermando al contempo che non riteneva che la Alpharma sarebbe entrata nel mercato in un futuro prevedibile, induce a ritenere che, a suo avviso, l’accordo Alpharma non riguardava soltanto il citalopram prodotto secondo il procedimento Cipla I.

679    Tuttavia, poiché si tratta solo di ipotesi, occorre rilevare che il messaggio di posta elettronica del 12 marzo 2002 non consente di trarre vere e proprie conclusioni sulla portata dell’accordo Alpharma. Al riguardo, va osservato che la Commissione non si è basata su tale messaggio di posta elettronica per suffragare la sua interpretazione dell’accordo Alpharma, ma lo ha unicamente menzionato nella decisione impugnata per respingere un argomento delle ricorrenti a sostegno della loro interpretazione di detto accordo.

680    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve ritenere che la Commissione abbia provato in modo sufficiente che un’interpretazione letterale, contestuale e teleologica dell’accordo Alpharma permetteva di concludere che gli obblighi assunti dalla Alpharma in forza del punto 1.1 di tale accordo non erano limitati al citalopram prodotto secondo procedimenti riguardo ai quali la Alpharma e la Lundbeck avevano ammesso che violavano i nuovi brevetti di quest’ultima. Infatti, tali obblighi riguardavano non solo il citalopram che la Alpharma aveva già in stock, prodotto secondo il procedimento Cipla I, ma anche il citalopram che essa aveva ordinato o avrebbe ordinato alla Tiefenbacher, indipendentemente dal procedimento utilizzato dal produttore di IFA che riforniva quest’ultima.

681    Tale interpretazione del punto 1.1 dell’accordo Alpharma consente di ritenere che gli obblighi che venivano assunti in tale clausola dalla Alpharma fossero più ampi di quelli che la Lundbeck avrebbe potuto ottenere in applicazione dei suoi nuovi brevetti.

682    Dato che le ricorrenti non sono riuscite a confutare gli elementi che hanno consentito alla Commissione di provare che l’accordo Alpharma prevedeva, per tale impresa, restrizioni più ampie di quelle che avrebbero potuto ottenere basandosi sui loro nuovi brevetti e vincendo la causa in caso di contenzioso al riguardo, la presente parte deve essere respinta.

6.     Accordo Ranbaxy

683    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che l’accordo Ranbaxy contenesse il divieto, per tale impresa, di vendere non solo il citalopram prodotto secondo il procedimento che essa già utilizzava, ma anche quello prodotto secondo procedimenti che avrebbe potuto sviluppare durante la vigenza di tale accordo.

684    La Commissione contesta tale interpretazione.

685    In primo luogo, le ricorrenti sostengono, al riguardo, che il punto 1.1 dell’accordo Ranbaxy (v. supra, punto 48, primo trattino), quando menziona «qualsiasi metodo di produzione utilizzato dalla Ranbaxy», non si riferisce ai metodi che quest’ultima avrebbe avuto la possibilità di sviluppare successivamente alla conclusione dell’accordo Ranbaxy e che avrebbero potuto non violare i loro brevetti, possibilità che, peraltro, sarebbe stata inesistente. A loro avviso, l’interpretazione adottata dalla Commissione sarebbe incompatibile con i considerando del preambolo Ranbaxy e con le circostanze relative alla conclusione di tale accordo.

686    Occorre ricordare che gli obblighi assunti dalla Ranbaxy in forza dell’accordo Ranbaxy sono quelli contenuti al punto 1.1 di tale accordo, formulato come segue:

«Fatti salvi i requisiti e i pagamenti da parte della Lundbeck previsti in [tale accordo], la Ranbaxy Laboratories non rivendica alcun diritto sulla [d]omanda di [b]revetto [di cui al preambolo] o su qualsiasi metodo di produzione utilizzato dalla Ranbaxy Laboratories e annulla, cessa e rinuncia alla fabbricazione o alla vendita di prodotti farmaceutici basati sulla domanda e sul metodo summenzionati [in particolare nel SEE] per la durata di tale accordo (…)».

687    Va osservato che la Commissione ha concluso, in particolare ai punti da 1131 a 1137 della decisione impugnata, che l’espressione «qualsiasi metodo di produzione utilizzato dalla Ranbaxy Laboratories» comprendeva non solo il procedimento che la Ranbaxy già utilizzava al momento della conclusione dell’accordo Ranbaxy, ma anche quelli che avrebbe potuto sviluppare successivamente, durante la vigenza di tale accordo.

688    Le ricorrenti contestano tale interpretazione e fanno valere che detta espressione riguarda soltanto i procedimenti di cui la Ranbaxy già disponeva al momento della conclusione dell’accordo Ranbaxy.

689    Per quanto riguarda il testo di detto punto, va osservato che l’uso dell’espressione «qualsiasi metodo» consente, di per sé, di ritenere che non si trattasse soltanto dei metodi che la Ranbaxy già utilizzava quando aveva firmato tale accordo e che fossero parimenti considerati i metodi che essa avrebbe potuto sviluppare successivamente, come ha ritenuto la Commissione nella decisione impugnata.

690    Occorre tuttavia verificare se detta interpretazione sia inficiata da altri elementi derivanti dallo stesso accordo Ranbaxy o dal contesto nel quale tale accordo è stato concluso.

691    A tal riguardo, anzitutto, le ricorrenti osservano che il quinto e il sesto considerando del preambolo Ranbaxy menzionano le domande di brevetto che la Ranbaxy aveva depositato in India (terzo considerando) e che, dal loro punto di vista, derivante da risultati di analisi di laboratorio, riguardavano procedimenti che violavano i suoi brevetti sull’amido e sullo iodio.

692    Tuttavia, si tratta di elementi che spiegano il contesto nel quale l’accordo Ranbaxy è stato concluso, ma che non sono sufficienti per rimettere in discussione il fatto che, alla luce della sua chiara formulazione, il punto 1.1 dell’accordo Ranbaxy non contiene limitazioni relative ai procedimenti oggetto degli obblighi accettati dalla Ranbaxy. Orbene, se le parti di tale accordo avessero voluto limitare la portata di tali obblighi ai procedimenti corrispondenti alle domande di brevetto della Ranbaxy, avrebbero potuto scegliere un testo adeguato a tal fine, anziché sceglierne uno assai ampio, ma la cui portata avrebbe dovuto essere limitata da un’interpretazione costruttiva alla luce del preambolo del medesimo accordo.

693    Inoltre, il contesto nel quale è stato concluso l’accordo Ranbaxy conferma l’interpretazione del punto 1.1 di detto accordo adottata al punto 689 supra. Infatti, come ha rilevato, in sostanza, la Commissione, in particolare ai punti da 130 a 132, 140, 204 e 206 della decisione impugnata, la Lundbeck voleva ritardare l’ingresso del citalopram generico nel mercato, al fine di creare le migliori condizioni possibili per il lancio del suo nuovo medicinale, il Cipralex, che era tutelato da un brevetto (v. punto 22 supra).

694    Alla luce di tale obiettivo, non è ipotizzabile che le ricorrenti abbiano accettato di pagare alla Ranbaxy gli importi previsti nell’accordo Ranbaxy, se quest’ultimo le avesse consentito di produrre e di vendere citalopram generico mediante procedimenti diversi da quelli oggetto delle loro domande di brevetto depositate in India. In realtà, è poco probabile che la Lundbeck avrebbe concluso un accordo oneroso se tale accordo non avesse implicato la certezza che Ranbaxy sarebbe rimasta fuori dal mercato con il suo citalopram generico durante il periodo di vigenza di tale accordo, nel corso del quale la Lundbeck contava di iniziare a commercializzare il Cipralex.

695    Se è vero che la Ranbaxy non condivideva l’obiettivo delle ricorrenti relativo al Cipralex, tuttavia non poteva ignorarlo e, soprattutto, aveva chiaramente interesse a ottenere importi certi piuttosto che correre i rischi che il suo ingresso nel mercato avrebbe comportato.

696    Tali considerazioni consentono di respingere anche l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, in applicazione del diritto svedese, che disciplina l’accordo Ranbaxy, la Commissione avrebbe dovuto tener maggiormente conto dell’intenzione comune delle parti di tale accordo.

697    Da quanto precede risulta che la Commissione non è incorsa in un errore nel concludere, in particolare ai punti 1137 e 1172 della decisione impugnata, che gli obblighi accettati dalla Ranbaxy ai sensi del punto 1.1 dell’accordo Ranbaxy, interpretati anche alla luce del loro contesto, non erano limitati al citalopram prodotto secondo i procedimenti che la stessa utilizzava al momento della firma di tale accordo, cosicché tali obblighi andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck.

698    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che l’interpretazione della Commissione non è conciliabile con l’ammissione, da parte di quest’ultima, del fatto che la Ranbaxy restava libera di vendere citalopram che violava i loro brevetti, purché l’IFA utilizzato per produrlo provenisse da terzi.

699    Al riguardo, come osserva correttamente la Commissione, ha poca rilevanza il fatto che quest’ultima abbia ammesso, al punto 694 della decisione impugnata, che l’accordo Ranbaxy non impediva a tale impresa di vendere prodotti farmaceutici contenenti citalopram, purché l’IFA utilizzato a tal fine provenisse da terzi. Infatti, gli obblighi accettati dalla Ranbaxy secondo l’interpretazione del punto 1.1 dell’accordo Ranbaxy adottata dalla Commissione, riguardanti la vendita del citalopram prodotto dalla stessa impresa, non sono collegati alla possibilità puramente teorica che la Ranbaxy venda prodotti contenenti citalopram proveniente da altri produttori di IFA. Al riguardo, occorre rilevare che la Ranbaxy era inizialmente un produttore di IFA, cosicché non aveva alcun interesse a procurarsi l’IFA altrove per produrre compresse di citalopram sotto forma di prodotti finiti.

700    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che il punto 1.4 dell’accordo Ranbaxy (v. supra, punto 48, ultimo trattino) non impediva a tale impresa di contestare la validità dei loro brevetti. Infatti, un’azione giudiziaria diretta a ottenere l’annullamento di un brevetto non sarebbe «basata» su quest’ultimo, mentre tale punto menzionerebbe l’impegno di non proporre azioni «basate» sui brevetti citati nell’accordo Ranbaxy. L’unico divieto per la Ranbaxy riguarderebbe la possibilità di proporre un’azione giudiziaria nei confronti delle ricorrenti per violazione dei brevetti che la stessa aveva richiesto in India.

701    Al riguardo, va osservato, anzitutto, che tali argomenti sono inoperanti per il motivo che, come risulta dai punti 398 e 399 supra, la qualificazione degli accordi controversi come restrizioni per oggetto non si fonda sulla presenza, in tali accordi, di clausole di non contestazione. Inoltre, dal punto 1174 risulta chiaramente che la presenza di siffatta clausola nell’accordo Ranbaxy non è stata indicata dalla Commissione come uno dei fattori rilevanti al fine di concludere per l’esistenza di un’infrazione per oggetto.

702    In ogni caso, occorre rilevare che l’espressione «si impegnano a non proporre (…) azioni giudiziarie basate su qualsivoglia brevetto indicato in precedenza nell’accordo stesso», contenuta nel punto 1.4 dell’accordo Ranbaxy, è sufficientemente flessibile affinché sia possibile includervi azioni volte a contestare la validità dei brevetti in questione. Peraltro, va osservato che la Ranbaxy non ha contestato la validità di questi ultimi durante la vigenza dell’accordo Ranbaxy.

703    In quarto luogo, le ricorrenti affermano che la censura riguardante il punto 1.4 dell’accordo Ranbaxy è stata dedotta solo nell’esposizione dei fatti, e non già nella comunicazione degli addebiti, il che avrebbe costituito una violazione dei loro diritti della difesa.

704    È sufficiente rilevare, al riguardo, che le ricorrenti ammettono che tale clausola e la sua interpretazione, effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, erano contenute nell’esposizione dei fatti, alla quale esse hanno risposto, anche su tale punto. Ne consegue che le ricorrenti hanno avuto la possibilità di pronunciarsi al riguardo, cosicché i loro diritti della difesa non sono stati violati (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, Racc., EU:T:2002:75, punto 190 e giurisprudenza ivi citata).

705    Occorre quindi respinger la presente parte, nonché il sesto motivo nel suo insieme.

III –  Sul settimo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione commesso in quanto gli incrementi di efficienza degli accordi controversi non sono stati correttamente valutati

706    Le ricorrenti ricordano di aver dedotto, nell’ambito della loro risposta alla comunicazione degli addebiti, che gli accordi controversi favorivano la concorrenza, in quanto gli accordi di composizione amichevole avrebbero preservato la motivazione a innovare, da un lato, e avrebbero potuto agevolare un ingresso più precoce dei medicinali generici, dall’altro. La Commissione non avrebbe esaminato tali argomenti con il necessario grado di accuratezza. Inoltre, le spiegazioni fornite a posteriori dalla Commissione nel controricorso sarebbero irricevibili.

707    La Commissione contesta tali argomenti.

708    Occorre rilevare che la Commissione ha esaminato l’eventuale applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE agli accordi controversi ai punti 1212 e seguenti della decisione impugnata.

709    Essa ha quindi ricordato, correttamente, che l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE consentiva alle imprese di difendersi dalla constatazione dell’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE dimostrando la sussistenza di quattro condizioni:

–        in primo luogo, l’accordo in questione deve contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico;

–        in secondo luogo, l’accordo in questione non deve imporre restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi;

–        in terzo luogo, tale accordo deve dare ai consumatori una congrua parte degli utili ottenuti;

–        in quarto luogo, tale accordo non deve consentire alle imprese di eliminare tutta la concorrenza o una sua parte sostanziale per i prodotti in questione.

710    L’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 prevede, al pari della giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, Racc., EU:C:2009:610, punto 82), che incombe alla parte che si avvale dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE dimostrare, sulla base di argomenti ed elementi di prova convincenti, la sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare dell’esenzione.

711    L’onere della prova incombe, quindi, sull’impresa che chiede di poter beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Tuttavia, gli elementi di fatto invocati da detta impresa possono essere tali da obbligare la controparte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto (v., in tal senso, sentenza GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit. al punto 710 supra, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

712    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione ha esaminato con il necessario grado di accuratezza, nella decisione impugnata, i diversi argomenti fatti valere dalle imprese di medicinali generici nonché dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo.

713    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale gli accordi controversi avrebbero incoraggiato l’incentivo a innovare delle ricorrenti, se è vero che siffatto argomento non è stato esaminato dettagliatamente dalla Commissione nella parte della decisione relativa all’esame dell’applicabilità dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, occorre rilevare, al pari della Commissione, che, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, le ricorrenti si sono limitate ad affermare, in generale, che gli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti preservavano l’incentivo a innovare, basandosi su uno studio economico, senza spiegare tuttavia come gli accordi controversi avrebbero contribuito a creare tale incentivo nella fattispecie, al di là della tutela normativa inerente ai brevetti, né come le quattro condizioni di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE erano soddisfatte nella fattispecie. Infatti, lo studio fatto valere dalle ricorrenti rimetteva maggiormente in discussione l’applicabilità stessa dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto contestava il fatto che accordi di composizione amichevole in materia di brevetti, come gli accordi controversi, possano avere effetti negativi per i consumatori. Pertanto, dato che tale argomento è già stato respinto dalla Commissione nell’ambito dell’esame dell’esistenza di una restrizione per oggetto (punti da 710 a 713 della decisione impugnata), essa non era tenuta a esaminarlo nuovamente sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE in mancanza di argomenti più fondati al riguardo.

714    In ogni caso, è evidente, nella fattispecie, che gli accordi controversi, che prevedevano di ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato mediante pagamenti invertiti, non erano indispensabili per preservare l’incentivo a innovare delle ricorrenti. Inoltre, è difficile ravvisare i vantaggi per i consumatori che sarebbero stati generati da tali accordi. Infine, non è soddisfatta, nella fattispecie, neppure la condizione relativa alla mancata eliminazione di qualsiasi concorrenza, dato che le imprese di medicinali generici erano certamente concorrenti potenziali al momento della conclusione degli accordi controversi e si erano impegnate, dietro pagamento, a non entrare nel mercato durante la vigenza di detti accordi.

715    Occorre constatare quindi che, senza commettere errori, la Commissione non ha esaminato ulteriormente, nella decisione impugnata, l’argomento delle ricorrenti relativo all’incentivo a innovare degli accordi controversi, sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 3 TFUE.

716    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale gli accordi controversi avrebbero consentito di garantire un ingresso più rapido dei medicinali generici nel mercato, la Commissione ha respinto correttamente tale affermazione ai punti da 1228 a 1230 della decisione impugnata, ritenendo che non fosse suffragata dai fatti, dato che gli accordi controversi non prevedevano alcun impegno, da parte della Lundbeck, di autorizzare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato alla scadenza di tali accordi e che tali accordi hanno impedito, in realtà, un ingresso potenzialmente immediato degli stessi nel mercato.

717    Infatti, dagli elementi del fascicolo e, in particolare, dal contenuto degli accordi controversi emerge che tali accordi non prevedevano alcuna data precisa in cui le imprese di medicinali generici sarebbero potute entrare nel mercato prima della scadenza dei brevetti della Lundbeck. Come ha constatato la Commissione al punto 662 della decisione impugnata, gli accordi controversi non contenevano alcun impegno da parte della Lundbeck di non proporre azioni per contraffazione in caso di ingresso dei medicinali generici dopo la scadenza di tali accordi. Pertanto, gli accordi controversi non hanno realmente definito una controversia in materia di brevetti o consentito un ingresso più rapido dei medicinali generici nel mercato, come sostengono le ricorrenti, ma hanno semplicemente consentito alla Lundbeck di guadagnare tempo ritardando l’ingresso dei medicinali generici nel mercato mediante il pagamento di somme ingenti alle imprese di medicinali generici.

718    In terzo luogo, non è corroborata dai fatti neppure l’affermazione secondo la quale gli accordi controversi avrebbero consentito di evitare ingenti spese di contenzioso o decisioni giurisdizionali divergenti, in quanto tali accordi non hanno consentito di porre fine alla controversia sottostante in materia di brevetti tra le parti di tali accordi, dato che non era escluso che la Lundbeck potesse proporre azioni giudiziarie nei confronti delle imprese di medicinali generici alla scadenza di tali accordi, anche dinanzi a giudici diversi con sede in Stati diversi del SEE. Pertanto, le cifre fatte valere dalle ricorrenti, che indicano vari milioni di euro di spese di contenzioso evitate per l’intero SEE, non sono pertinenti, in quanto non risulta che tali costi sarebbero stati sicuramente sostenuti in mancanza degli accordi controversi. Se è vero che, alla fine, la Lundbeck non ha avviato alcun contenzioso dopo la scadenza di tali accordi, ciò è avvenuto principalmente perché siffatto contenzioso non costituiva più un interesse per la Lundbeck, dato che, in quel momento, erano già entrate nel mercato altre imprese di medicinali generici, come la Lagap nel Regno Unito.

719    In ogni caso, anche supponendo che gli accordi controversi abbiano consentito di evitare taluni costi connessi ai potenziali contenziosi dinanzi a giudici diversi, le ricorrenti non hanno dimostrato come le restrizioni della concorrenza che derivavano da tali accordi, fossero indispensabili per raggiungere tale obiettivo, quando invece era possibile la conclusione di altri tipi di accordi di composizione amichevole, che non presentavano alcun carattere anticoncorrenziale (v. punti 350 e 529 supra). Le ricorrenti non hanno neppure spiegato come tali accordi avrebbero riservato ai consumatori una congrua quota degli utili asseritamente ottenuti.

720    Occorre constatare, quindi, che la Commissione ha concluso, senza commettere errori né violare le norme relative all’onere della prova, che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE non erano soddisfatte nella fattispecie.

721    Pertanto, il settimo motivo deve essere respinto.

IV –  Sull’ottavo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

722    Le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata viola i loro diritti della difesa, in quanto la Commissione ha modificato gli elementi costitutivi dell’infrazione asserita nella comunicazione degli addebiti, senza sentirle preventivamente. Le ricorrenti non avrebbero potuto confutare le affermazioni della Commissione secondo le quali le imprese di medicinali generici erano loro concorrenti potenziali nonostante la violazione eventuale o probabile dei loro brevetti, nonché il punto di vista della Commissione secondo il quale i pagamenti invertiti erano sufficienti, di per sé, a dimostrare che gli accordi controversi costituivano infrazioni per oggetto. La Commissione avrebbe dovuto peraltro consentire alle ricorrenti di accedere alla sua corrispondenza con il KFST, in quanto tale corrispondenza poteva contenere elementi di prova a discarico.

A –  Sulla prima parte

723    Le ricorrenti ritengono che la rielaborazione completa della teoria della Commissione violi il loro diritto di essere ascoltate. Esse ricordano che, secondo la giurisprudenza, anche se tutti gli elementi di fatto considerati dalla Commissione nella decisione impugnata erano già presenti nella comunicazione degli addebiti, i diritti della difesa non erano rispettati quando tali elementi di fatto erano stati ripresi in diversi punti di tale comunicazione degli addebiti, senza che fosse stato stabilito alcun collegamento tra gli stessi o che la Commissione avesse loro attribuito una qualsiasi qualificazione.

724    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata ha sostanzialmente modificato la posizione espressa nella comunicazione degli addebiti per quanto riguarda la questione della concorrenza potenziale, elemento costitutivo essenziale dell’asserita infrazione. In tal senso, nella decisione impugnata, la Commissione, innanzi tutto, avrebbe modificato sostanzialmente la sua posizione dichiarando che anche le imprese di medicinali generici che non avevano accesso a un citalopram non contraffatto dovevano essere ritenute concorrenti potenziali della Lundbeck, inoltre, avrebbe distinto due fasi nelle quali si esercitava la concorrenza potenziale e, infine, avrebbe aggiunto che la concorrenza potenziale si esprimeva anche attraverso le contestazioni della validità dei brevetti, i tentativi di innovare a partire dai brevetti di procedimento o l’azione giudiziaria diretta a ottenere dichiarazioni di non contraffazione, e anche mediante l’ingresso «a rischio», che costituirebbe l’essenza stessa della concorrenza nel settore farmaceutico.

725    La Commissione contesta tali argomenti.

726    Occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un diritto fondamentale del diritto dell’Unione, sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, che esige il rispetto di tali diritti in qualsiasi procedimento.

727    Il rispetto dei diritti della difesa esige quindi che l’impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione del Trattato (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, EU:C:2004:6, punto 66; v. anche, in tal senso, sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann‑La Roche/Commissione, 85/76, Racc., EU:C:1979:36, punto 9).

728    In tal senso, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede, da un lato, che la Commissione dà modo alle imprese e alle associazioni di imprese oggetto del procedimento dalla stessa avviato di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa, e, dall’altro, che la Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite.

729    Tale requisito deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza secondo la quale la comunicazione degli addebiti deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in quello stadio del procedimento. Tuttavia, tale indicazione può farsi in modo sommario e la decisione non deve necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti, poiché tale comunicazione rappresenta un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 111 supra, EU:C:2004:6, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

730    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la Commissione avrebbe sostanzialmente modificato la sua posizione riguardo alla questione della concorrenza potenziale nella decisione impugnata rispetto alla comunicazione degli addebiti, sotto un primo profilo, occorre constatare, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, che la Commissione non ha ritenuto che solo le imprese di medicinali generici che avevano accesso a citalopram non contraffatto potessero essere considerate concorrenti potenziali della Lundbeck. Infatti, dai punti 468 e 469 della comunicazione degli addebiti, in particolare, emerge che, secondo la Commissione, le imprese di medicinali generici e il laboratorio produttore di medicinali originali potevano essere considerati concorrenti potenziali, indipendentemente dalla questione se i prodotti generici che tali imprese avevano intenzione di commercializzare avrebbero potuto violare o meno un brevetto di procedimento. Inoltre, dai punti 519, 550, 586, 612, 645 e 683 della comunicazione degli addebiti emerge che la Commissione si è basata su una serie di fattori, tra i quali la circostanza che le imprese di medicinali generici avessero già compiuto notevoli sforzi per preparare il loro ingresso nel mercato, e in taluni casi, avevano già ottenuto le AIC necessarie o accumulato un ingente stock di citalopram generico a tal fine, per concludere nel senso dell’esistenza di una concorrenza quantomeno potenziale tra le stesse e la Lundbeck.

731    Sotto un secondo profilo, sebbene la Commissione abbia operato, nella decisione impugnata, una distinzione tra due fasi relative alla concorrenza potenziale nel settore farmaceutico (punto 91 supra), occorre rilevare che, nel caso di specie, è pacifico che i brevetti originari della Lundbeck erano scaduti in quasi tutti i paesi del SEE al momento della conclusione degli accordi controversi, cosicché le imprese di medicinali generici si trovavano tutte in una fase avanzata nei loro preparativi per entrare nel mercato. Il fatto che la Commissione abbia ritenuto, al punto 616 della decisione impugnata, che la concorrenza potenziale avesse potuto iniziare già anni prima della scadenza del brevetto sull’IFA non era decisivo, e neppure rilevante, ai fini della valutazione della situazione relativa alla concorrenza potenziale tra le ricorrenti e le imprese di medicinali generici nella fattispecie. Pertanto, a fortiori, siffatta valutazione non ha potuto avere effetti sui diritti della difesa delle ricorrenti a tal riguardo.

732    Sotto un terzo profilo, dalla comunicazione degli addebiti emerge altresì che l’ingresso «a rischio» delle imprese di medicinali generici era considerato quale parte integrante del processo concorrenziale tra le stesse e la Lundbeck (v., in particolare, punti 29, 488, 528, 562, 594, 621 e 656 della comunicazione degli addebiti). Se è vero che la decisione impugnata contiene un’elaborazione più ampia al riguardo, occorre ricordare che tale decisione non deve necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti (punto 729 supra) e che la Commissione deve poter prendere in considerazione le risposte delle imprese alla comunicazione degli addebiti, anche completando, approfondendo o riformulando argomenti a sostegno delle censure che essa ritiene di dover mantenere (v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, C‑328/05 P, Racc., EU:C:2007:277, punto 62, e del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc., EU:T:2006:74, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).

733    Sotto un quarto profilo, le ricorrenti sostengono erroneamente che la Commissione avrebbe constatato, nella decisione impugnata, che la possibilità di controversie in materia di brevetti sarebbe sufficiente per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale tra le stesse e le imprese di medicinali generici. Infatti, la decisione impugnata, al pari della comunicazione degli addebiti, si basa su una serie di fattori al riguardo, tra cui il fatto che le imprese di medicinali generici avessero intrapreso importanti iniziative al fine di preparare il loro ingresso nel mercato (punti 96 e 730 supra). Inoltre, la comunicazione degli addebiti faceva altresì riferimento al fatto che le controversie in materia di brevetti costituissero parte integrante del processo concorrenziale nel settore farmaceutico (v., in particolare, punto 27 della comunicazione degli addebiti).

734    Le ricorrenti sostengono quindi erroneamente che la Commissione avrebbe modificato sostanzialmente la sua posizione sulla concorrenza potenziale tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata.

735    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che la comunicazione degli addebiti non abbia enunciato un criterio giuridico chiaro e coerente per esaminare i pagamenti invertiti contenuti in accordi di composizione amichevole in materia di brevetti alla luce del diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

736    Parimenti, la comunicazione degli addebiti non avrebbe fornito alcuna indicazione sulla soglia a partire dalla quale una somma di denaro dovesse essere qualificata come «ingente», in quanto l’unico punto di riferimento era il fatto che alle imprese di medicinali generici fosse stato proposto «più denaro di quanto potessero guadagnarne sul mercato con la vendita di versioni generiche di citalopram», il che le avrebbe «incentivate a rinunciare a porsi come rivali della Lundbeck» (punto 710 della comunicazione degli addebiti).

737    La mancanza di un criterio di valutazione chiaro avrebbe impedito alle ricorrenti di far valere utilmente il loro punto di vista, il che costituirebbe un errore di diritto particolarmente grave, in quanto il caso di specie solleverebbe questioni giuridiche complesse e nuove e dalla giurisprudenza precedente non sarebbe stato possibile desumere orientamenti diversi dal criterio della portata del brevetto, che viene respinto dalla decisione.

738    Occorre constatare al riguardo, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, che il punto 480 della comunicazione degli addebiti rileva espressamente che l’esistenza di pagamenti invertiti è decisiva ai fini della valutazione giuridica degli accordi controversi, in termini identici a quelli contenuti nel punto 660 della decisione impugnata. Inoltre, al pari della comunicazione degli addebiti, la decisione impugnata si basa altresì sull’affermazione secondo la quale l’esistenza di pagamenti invertiti negli accordi controversi costituisce uno dei fattori pertinenti al fine di constatare l’esistenza di una restrizione per oggetto (v. punti 661 e 662 della decisione impugnata). Peraltro, la comunicazione degli addebiti rileva, al pari della decisione impugnata, che gli importi dei pagamenti invertiti erano problematici in quanto tenevano conto dei profitti o del fatturato che sarebbero stati realizzati dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato, il che riduceva gli incentivi per le imprese di medicinali generici a proseguire nei loro tentativi di entrare nel mercato (v., in particolare, punti 469, 496, 543, 588, 638, 687 della comunicazione degli addebiti e punto 366 supra).

739    Pertanto, la seconda censura delle ricorrenti deve essere parimenti respinta.

740    In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata nonché l’esposizione dei fatti contengono vari elementi che non comparivano nella comunicazione degli addebiti, quali le quote di mercato della Lundbeck detenute nel mercato del SEE degli antidepressivi (punto 215 della decisione impugnata e punto 17 dell’esposizione dei fatti). Il metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare tali quote di mercato nonché l’esatta definizione del mercato resterebbero oscuri e non chiariti e non sarebbero contenuti neppure nell’esposizione dei fatti.

741    Per quanto riguarda le quote di mercato delle ricorrenti presentate dalla Commissione nell’esposizione dei fatti del 12 aprile 2013 al fine di rafforzare la sua conclusione relativa alle distorsioni della concorrenza causate dagli accordi controversi, occorre ricordare, anzitutto, che un accordo idoneo a pregiudicare il commercio tra Stati membri e avente un oggetto anticoncorrenziale costituisce, per sua natura e indipendentemente da qualsiasi suo effetto concreto, una restrizione sensibile del gioco della concorrenza (sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, Racc., EU:C:2012:795, punto 37). La Commissione non era quindi tenuta a dimostrare in modo dettagliato, nella comunicazione degli addebiti o nella decisione impugnata, l’esistenza di una restrizione sensibile della concorrenza, in quanto ha sufficientemente dimostrato che gli accordi controversi avevano un oggetto anticoncorrenziale ed erano idonei a pregiudicare il commercio tra Stati membri (v. in particolare punti 196, 197, da 209 a 213, 724 e 726 della decisione impugnata). In ogni caso, le ricorrenti hanno potuto far valere le loro osservazioni in seguito alla comunicazione dell’esposizione dei fatti, cosicché non possono invocare la violazione dei loro diritti della difesa al riguardo (v. punto 704 supra).

742    Pertanto, la prima parte deve essere respinta in toto.

B –  Sulla seconda parte

743    Le ricorrenti ritengono che a torto la Commissione abbia negato loro l’accesso alle sue comunicazioni con il KFST. Sebbene sia corretto, a loro avviso, che la comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nei casi relativi all’applicazione degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE], degli articoli 53, 54 e 57 dell’accordo SEE e del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (GU 2005, C 325, pag. 7), sottrae la corrispondenza tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza nazionale al diritto di accesso al fascicolo, da una giurisprudenza costante deriva che, se le circostanze eccezionali del caso di specie lo esigono, i documenti interni della Commissione possono essere portati a conoscenza delle parti. Orbene, sarebbe sufficiente che esse dimostrassero l’esistenza di una possibilità, sia pure ridotta, che i documenti non divulgati durante il procedimento amministrativo avrebbero potuto essere utili per la loro difesa. Così sarebbe nel caso di specie, in quanto la corrispondenza con il KFST conterrebbe prove potenzialmente a discarico, che consentirebbero di provare, sotto il profilo fattuale e contrariamente a quanto sostiene la Commissione, lo stato di incertezza del diritto della concorrenza riguardo agli accordi di composizione amichevole che stabiliscono un pagamento invertito alla data in cui le ricorrenti hanno concluso gli accordi controversi. In ogni caso, la divulgazione successiva di tali documenti, da parte della Commissione, dimostrerebbe che essi non contenevano alcuna informazione riservata, cosicché la Commissione avrebbe dovuto renderli accessibili immediatamente. Ciò sarebbe sufficiente per annullare la decisione impugnata.

744    La Commissione contesta tali argomenti.

745    Secondo la giurisprudenza, nell’ipotesi in cui la Commissione abbia respinto, nel corso del procedimento amministrativo, la domanda di un ricorrente diretta ad ottenere l’accesso a documenti che non compaiono nel fascicolo istruttorio, la violazione dei diritti della difesa può essere constatata solo ove venga dimostrato che il procedimento amministrativo avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso nel caso in cui il ricorrente avesse avuto accesso ai documenti in questione nel corso di tale procedimento (v. sentenza del 16 giungo 2011, Solvay/Commissione, T‑186/06, Racc., EU:T:2011:276, punto 227 e giurisprudenza ivi citata).

746    Occorre ricordare altresì che, in ogni caso, l’inosservanza delle prerogative della difesa non può, di per sé, inficiare la validità della decisione impugnata nel suo complesso, dal momento che quest’ultima non è basata esclusivamente su tali elementi. Per contro, in tal caso, spetta al Tribunale prescindere dal contenuto di tali documenti nell’esaminare il merito della decisione (v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, Racc., EU:C:1983:158, punto 30, e del 14 maggio 1998, Mo och Domsjö/Commissione, T‑352/94, Racc., EU:T:1998:103, punto 74).

747    Nella fattispecie, per quanto riguarda questi due documenti, che riportavano la corrispondenza tra la Commissione e il KFST, occorre ricordare che la Commissione li ha prodotti spontaneamente, in allegato al suo controricorso, in risposta alla domanda delle parti. Si tratta, da un lato, di una relazione del KFST del 7 ottobre 2003, vertente sull’indagine svolta da tale autorità sulle attività della Lundbeck, e sugli accordi conclusi da quest’ultima nel mercato degli antidepressivi farmaceutici e, dall’altro, di un promemoria del KFST, del 10 giugno 2005, che riportava, in sintesi, le conclusioni di detta autorità sulla valutazione di tali accordi alla luce delle disposizioni del Trattato sulla libera concorrenza.

748    Si deve constatare, anzitutto, che non si tratta di documenti provenienti direttamente dalla Commissione o dai suoi servizi, ma di comunicati di un’autorità nazionale garante della concorrenza. Orbene, secondo la giurisprudenza, le autorità nazionali garanti della concorrenza non possono far sorgere nei confronti delle imprese un legittimo affidamento quanto al fatto che il loro comportamento non viola l’articolo 101 TFUE, poiché esse non sono competenti a prendere una decisione negativa, ossia una decisione che conclude per la mancanza di una violazione di detta disposizione (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2013, Schenker & Co. e a., C‑681/11, Racc., EU:C:2013:404, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, anche supponendo che abbiano constatato la mancanza di un’infrazione o che abbiano rimesso in discussione la teoria adottata dalla Commissione nella decisione impugnata, tali documenti non possono essere utilmente invocati dalle ricorrenti quali elementi a discarico, in quanto, anche supponendo che fossero stati comunicati alle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo, siffatta comunicazione non avrebbe avuto effetti sull’esito di tale procedimento.

749    In ogni caso, tali documenti, lungi dal rimettere in discussione la valutazione degli accordi controversi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, ne costituiscono piuttosto una conferma, in quanto, secondo il KFST, nella sua relazione del 7 ottobre 2003, gli accordi controversi potevano influire sulla concorrenza, dato che la Lundbeck aveva pagato i concorrenti affinché restassero fuori dal mercato e l’effetto di tale pagamento era costituito indubbiamente da prezzi più elevati. La Commissione ha quindi ritenuto che tali accordi costituissero violazioni gravissime dell’articolo 101 TFUE.

750    Se è vero che dal promemoria del KFST del 10 giugno 2005 emerge altresì che, secondo la Commissione, sussistevano dubbi sulla questione se siffatti accordi fossero o meno anticoncorrenziali, alla luce, in particolare, dell’entità del pagamento effettuato dalla Lundbeck a favore delle imprese di medicinali generici, occorre ricordare che si trattava soltanto di una valutazione preliminare della Commissione e che, a seguito di tali informazioni, quest’ultima ha deciso di avviare un’indagine più estesa su questo tipo di accordi nel settore farmaceutico per formarsi un’opinione più precisa sul funzionamento di tale settore e sulla compatibilità di tali accordi con gli articoli 101 TFUE e 102 TFUE. Orbene, a seguito di tale indagine, la Commissione ha avviato un procedimento ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE nei confronti della Lundbeck e delle imprese di medicinali generici.

751    Inoltre, da tale promemoria del KFST emerge altresì che la Commissione attribuiva la massima importanza alla circostanza che un ingente pagamento invertito potesse costituire un indizio del fatto che il laboratorio produttore di medicinali originali aveva pagato le imprese di medicinali generici affinché restassero fuori dal mercato. Risulta, infatti, da detto promemoria che «la questione se un accordo possa essere giustificato dipende, tra l’altro, dall’entità del pagamento», che, «[s]e quest’ultimo copre soltanto i costi che possono essere stimati nel caso in cui la controversia fosse portata dinanzi ai tribunali, allora tale accordo potrebbe esulare dall’ambito di applicazione dell’articolo [101 TFUE] o dell’articolo [102 TFUE]» e che, «[p]er contro, se il pagamento è più ingente, può essere considerato come un mezzo per pagare i suoi concorrenti affinché restino fuori dal mercato, il che costituisce una violazione dell’articolo [101 TFUE] o dell’articolo [102 TFUE]». Orbene, anche dalla decisione impugnata emerge chiaramente che il fatto che, nella fattispecie, i pagamenti invertiti contenuti negli accordi controversi fossero ingenti e corrispondessero, più o meno, ai profitti previsti dalle imprese di medicinali generici in caso di ingresso nel mercato e non alle eventuali spese di contenzioso che sarebbero state evitate, costituiva un elemento decisivo per concludere nel senso dell’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (punti 354, 414 e 415 supra).

752    Erroneamente quindi le ricorrenti fanno valere che tali documenti avrebbero potuto essere utili per la loro difesa se ne avessero ricevuto comunicazione immediatamente, nel corso del procedimento amministrativo, in quanto tali documenti consentono unicamente di sostenere, eventualmente, che sussistevano dubbi, all’epoca, sulla questione se gli accordi controversi potessero essere qualificati immediatamente, senza un esame approfondito, come restrizioni della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. La giurisprudenza non richiede, tuttavia, che un accordo debba essere considerato sufficientemente dannoso per la concorrenza prima facie o senza alcun dubbio, senza che si proceda a un esame approfondito del suo contenuto, della sua finalità e del contesto economico e giuridico nel quale esso si inserisce, per poter essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi di tale disposizione (punti da 338 a 344 e 438 supra).

753    Si deve concludere, pertanto, che i diritti della difesa delle ricorrenti non sono stati violati nella fattispecie, in quanto non risulta che il procedimento amministrativo avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso nel caso in cui le ricorrenti avessero avuto accesso ai documenti in questione nel corso di tale procedimento (punto 745 supra).

754    Pertanto, occorre respingere la seconda parte nonché l’ottavo motivo nel suo insieme.

V –  Sul nono motivo, vertente, in subordine, sul fatto che l’imposizione di ammende alla Lundbeck è viziata da un errore di diritto

755    Le ricorrenti fanno valere, in primo luogo, la mancanza di cause precedenti in cui si valutavano accordi di composizione amichevole in materia di brevetti e, in secondo luogo, l’inapplicabilità della sentenza del 1° luglio 2010, AstraZeneca/Commissione (T‑321/05, Racc., EU:T:2010:266), agli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti, cosicché l’imposizione di ammende nei loro confronti era priva di qualsiasi base giuridica ed era contraria al principio della certezza del diritto nella fattispecie.

756    La Commissione contesta tali argomenti.

A –  Sulla prima parte

757    Le ricorrenti fanno valere anzitutto che, anche supponendo che la Commissione avesse fondati motivi per concludere che gli accordi controversi avevano violato l’articolo 101 TFUE, nessun motivo valido la autorizzava a imporre loro ammende nella fattispecie, tenuto conto della novità e della complessità delle questioni di fatto e di diritto sollevate, circostanza riconosciuta, peraltro, dalla Commissione. L’imposizione di ammende in un caso del genere violerebbe i principi della certezza del diritto e della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege). Peraltro, il controricorso riconoscerebbe che si tratta della prima decisione della Commissione che constata un’infrazione per quanto riguarda accordi cosiddetti «pay for delay» (accordi diretti a ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato dietro pagamento).

758    La giurisprudenza esistente, in particolare la sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), non avrebbe fornito alcun orientamento che consenta di stabilire che i pagamenti invertiti, previsti negli accordi controversi, servirebbero alla Commissione come elemento decisivo per constatare che essi violavano l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, la Commissione avrebbe sostenuto che, se tali accordi non avessero previsto pagamenti invertiti, avrebbero costituito, in via di principio, strumenti legittimi che consentivano di far rispettare i brevetti della Lundbeck. Peraltro, le ricorrenti fanno valere che la sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), non era stata pronunciata al momento della conclusione degli accordi controversi.

759    Inoltre, il KFST avrebbe fornito, all’inizio del 2004, indicazioni fondamentali sull’incertezza giuridica di cui erano intrisi gli accordi in materia di brevetti che stabilivano pagamenti invertiti. In particolare, il comunicato stampa del KFST del 28 gennaio 2004 dimostrerebbe che la Commissione, all’epoca, riteneva che gli importi dei pagamenti effettuati dalla Lundbeck fossero tali da non poter dimostrare in modo plausibile che essi servivano per compensare l’esclusione dal mercato di un concorrente. Peraltro, il fatto che sia stato necessario più di un decennio perché la Commissione si formasse un’opinione sulla qualificazione giuridica di accordi che stabiliscono un pagamento invertito dimostrerebbe l’estrema complessità e la particolare novità delle questioni sottostanti.

760    La Commissione contesta tali argomenti.

761    Si deve ricordare che il principio della certezza del diritto esige che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro, e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (v. sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc., EU:C:2011:190, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

762    Tuttavia, per quanto riguarda la questione se un’infrazione sia stata commessa intenzionalmente o per negligenza e sia, pertanto, sanzionabile con un’ammenda ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 1/2003, dalla giurisprudenza risulta che tale condizione è soddisfatta qualora l’impresa di cui trattasi non possa ignorare il carattere anticoncorrenziale del proprio comportamento, a prescindere dalla sua consapevolezza o meno di violare le norme del Trattato in materia di concorrenza (v. sentenza Schenker & Co. e a., cit. al punto 748 supra, EU:C:2013:404, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

763    Occorre ricordare, inoltre, che i principi della certezza del diritto e della legalità delle pene, previsti dall’articolo 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, nonché dall’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali, non possono essere interpretati nel senso che vietano il graduale chiarimento delle norme in materia di responsabilità penale, ma possono ostare all’applicazione retroattiva di una nuova interpretazione di una norma che stabilisce un’infrazione (v., in tal senso, sentenza Telefónica e Telefónica de España/Commissione, cit. al punto 113 supra, EU:C:2014:2062, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

764    Nella fattispecie, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non era imprevedibile che accordi con i quali il laboratorio produttore di medicinali originali fosse riuscito a escludere concorrenti potenziali dal mercato per un periodo determinato, mediante ingenti pagamenti invertiti, potessero essere contrari all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, a prescindere dal fatto che essi andassero o meno al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti di tale laboratorio (v. supra, punti da 486 a 490).

765    Come ha constatato correttamente la Commissione ai punti 1312 e 1313 della decisione impugnata, un’interpretazione letterale dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE consentiva di comprendere che accordi tra concorrenti diretti a escludere alcuni di loro dal mercato erano illeciti. Infatti, gli accordi di ripartizione o di esclusione dal mercato sono annoverati tra le restrizioni più gravi della concorrenza espressamente menzionate dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (punto 338 supra).

766    La circostanza che, nel caso di specie, gli accordi controversi siano stati conclusi sotto forma di composizioni amichevoli vertenti su diritti di proprietà intellettuale non può consentire alle ricorrenti di desumere che la loro illiceità alla luce del diritto della concorrenza fosse totalmente nuova o imprevedibile.

767    La portata della nozione di prevedibilità dipende, infatti, in larga parte dal contenuto del testo di cui si tratta, dal settore interessato nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere a un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale in particolare per professionisti, abituati a dover dar prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Così ci si può attendere da loro una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc., EU:C:2005:408, punto 219 e giurisprudenza ivi citata).

768    Nessuno degli argomenti dedotti dalle ricorrenti può rimettere in discussione tale conclusione.

769    Infatti, in primo luogo, se è vero che la sentenza BIDS, citata al punto 341 supra (EU:C:2008:643), fatta valere dalla Commissione nella decisione impugnata, è stata pronunciata successivamente alla conclusione degli accordi controversi, la giurisprudenza precedente precisava tuttavia che un accordo non era immune dal diritto della concorrenza per il semplice fatto che riguardava un brevetto o che mirava a risolvere in via amichevole una controversia in materia di brevetti (v., in tal senso, sentenza Bayer e Maschinenfabrik Hennecke, cit. al punto 427 supra, EU:C:1988:448, punto 15) e che il fatto di sostituire la valutazione discrezionale di una delle parti alle decisioni dei giudici nazionali al fine di constatare l’esistenza della violazione di un brevetto non rientrava manifestamente nell’oggetto specifico del brevetto e costituiva una restrizione al libero gioco della concorrenza (v., in tal senso, sentenza Windsurfing, cit. al punto 119 supra, EU:C:1986:75, punti 52 e 92).

770    La sentenza Centrafarm e de Peijper, citata al punto 117 supra (EU:C:1974:114, punti 39 e 40), precisava altresì che le condizioni di esercizio di un diritto di proprietà intellettuale potevano ricadere sotto i divieti sanciti dall’articolo 101 TFUE, che ciò poteva avvenire ogni qualvolta l’esercizio di un diritto del genere risultava essere l’oggetto, il mezzo o la conseguenza di un’intesa.

771    In secondo luogo, per quanto riguarda i documenti provenienti dal KFST e, in particolare, il comunicato stampa del 28 gennaio 2004, occorre ricordare, anzitutto, che non si tratta di un documento proveniente dalla Commissione e che non poteva quindi, in quanto tale, suscitare aspettative legittime nelle ricorrenti. Inoltre, occorre ricordare che le autorità nazionali garanti della concorrenza non sono competenti ad adottare una decisione negativa, ossia una decisione che conclude per la mancanza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (punto 748 supra).

772    Inoltre, dal comunicato del KFST emerge chiaramente che gli accordi che hanno come oggetto di acquistare l’esclusione dal mercato di un concorrente sono anticoncorrenziali. Al termine della sua indagine approfondita sul settore farmaceutico, la Commissione ha potuto affinare il suo approccio e cogliere pienamente la natura anticoncorrenziale di taluni accordi, in particolare quando detti accordi implicavano un ingente pagamento invertito, come nella fattispecie (punti da 349 a 403 supra).

773    In terzo luogo, nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere la prassi precedente della Commissione per affermare che l’infrazione constatata nella fattispecie era inedita e richiedeva unicamente un’ammenda simbolica, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nel fissare l’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle norme in materia di concorrenza. Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica di concorrenza dell’Unione. L’efficace applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (v. sentenza del 25 ottobre 2011, Aragonesas Industrias y Energía/Commissione, T‑348/08, Racc., EU:T:2011:621, punto 293 e giurisprudenza ivi citata).

774    Inoltre, il fatto che la Commissione, in passato, non abbia ritenuto che un accordo di un certo tipo fosse, per il suo stesso oggetto, restrittivo della concorrenza non impedisce di farlo in futuro, in seguito a un esame individuale e circostanziato delle misure controverse alla luce del loro contenuto, della loro finalità e del loro contesto. Non è necessario, pertanto, che lo stesso tipo di accordi sia già stato condannato dalla Commissione perché tali accordi possano essere considerati restrittivi della concorrenza per oggetto (punto 438 supra).

775    La giurisprudenza non richiede neppure che un accordo debba essere sufficientemente dannoso per la concorrenza prima facie o senza alcun dubbio, senza che si proceda a un esame approfondito del suo contenuto, della sua finalità e del contesto economico e giuridico nel quale esso si inserisce, per poter essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi di tale disposizione (punto 752 supra).

776    Infine, dalla decisione impugnata emerge che talune imprese di medicinali generici avevano inteso perfettamente la natura illecita di accordi analoghi agli accordi controversi e hanno rifiutato di partecipare a tali accordi proprio per questa ragione (v. punto 190 della decisione impugnata). Parimenti, un dipendente della Lundbeck ha reagito a taluni scambi di messaggi di posta elettronica che stabilivano i prezzi e i volumi di citalopram acquistati dalla Merck (GUK) presso la Lundbeck in forza degli accordi controversi, precisando che egli «[era] fortemente contrario al contenuto di [tale] mail» e che «[non potevano] e non [dovevano] accordar[si] sui prezzi di rivendita», poiché «ciò [era] illegale» (punto 265 della decisione impugnata). Per quanto riguarda l’accordo Ranbaxy, la Lundbeck aveva altresì rilevato, nel corso delle negoziazioni riguardanti tale accordo, che sarebbe stato oneroso e difficile, in particolare dal punto di vista del diritto della concorrenza (v. punto 188 della decisione impugnata).

777    Tali elementi dimostrano che, lungi dall’essere imprevedibili all’epoca, le restrizioni della concorrenza previste dagli accordi controversi potevano essere ragionevolmente percepite dalle parti di tali accordi come contrarie all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

778    Pertanto, erroneamente le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato, nella fattispecie, i principi della certezza del diritto e della legalità delle pene.

779    La prima parte deve essere quindi respinta.

B –  Sulla seconda parte

780    Secondo le ricorrenti, dalla sentenza AstraZeneca/Commissione, citata al punto 755 supra (EU:T:2010:266) deriva che non è giustificato infliggere ammende data la natura inedita di una causa quando, da un lato, nessuna giurisprudenza precedente ha considerato il comportamento in questione e, dall’altro, tale comportamento non è fortemente anticoncorrenziale, cosicché l’impresa interessata non poteva attendersi che tale comportamento fosse illecito. Orbene, a loro avviso, il punto 1300 della decisione impugnata riconosce che la prima condizione è soddisfatta nella fattispecie, mentre, per quanto riguarda la seconda condizione, gli accordi controversi non costituiscono pratiche abusive, come quelle in discussione nella causa che ha dato luogo alla sentenza AstraZeneca/Commissione, citata al punto 755 supra (EU:T:2010:266). Inoltre, nessuna responsabilità particolare graverebbe sulle imprese che, al pari della Lundbeck, non sono in posizione dominante. La Commissione non può, quindi, riutilizzare nell’ambito di un’indagine ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, criteri elaborati in una causa vertente su un abuso di posizione dominante.

781    La Commissione contesta tali argomenti.

782    Occorre rilevare, al riguardo, come ha ricordato la Commissione al punto 1300 della decisione impugnata, che, nella sentenza AstraZeneca/Commissione, citata al punto 163 supra (EU:C:2012:770), la Corte ha constatato, rispondendo a un argomento analogo della ricorrente in tale causa, che, «anche se la Commissione e i giudici dell’Unione non avevano ancora avuto l’occasione di pronunciarsi specificamente su un comportamento come quello che ha caratterizzato tali abusi, l’[AstraZeneca] era consapevole della natura fortemente anticoncorrenziale del suo comportamento e avrebbe dovuto attendersi che quest’ultimo fosse incompatibile con le norme in materia di concorrenza del diritto dell’Unione». Le ricorrenti deducono quindi erroneamente da tale sentenza che non è possibile, per la Commissione, infliggere un’ammenda in mancanza di precedenti analoghi confermati dai giudici dell’Unione (punti 438 e 774 supra).

783    Inoltre, come nella causa che ha dato luogo alla sentenza AstraZeneca, citata al punto 755 supra (EU:T:2010:266), i comportamenti delle ricorrenti, nella fattispecie, non rientravano manifestamente nel gioco normale della concorrenza in quanto miravano ad escludere concorrenti potenziali dal mercato mediante ingenti pagamenti invertiti. La circostanza che taluni accordi di composizione amichevole in materia di brevetti possano essere, peraltro, legittimi e non violare le disposizioni del Trattato sulla libera concorrenza, non cambia il fatto che, nella fattispecie, gli accordi controversi conclusi dalle ricorrenti fossero anticoncorrenziali, per le ragioni esposte dalla Commissione nella decisione impugnata (v. punto 354 supra e punti 661 e 662 della decisione impugnata).

784    Infine, se è vero che le imprese in posizione dominante hanno la responsabilità speciale, in forza dell’articolo 102 TFUE, di non adottare certi tipi di comportamento unilaterale che arrecano pregiudizio alla concorrenza, come quelli in discussione nella sentenza AstraZeneca, citata al punto 755 supra (EU:T:2010:266), nondimeno tutte le imprese, che si trovino o meno in posizione dominante, sono parimenti soggette all’articolo 101 TFUE quando sussistono le condizioni di applicazione di tale articolo ed è possibile che siano inflitte loro ammende a tale titolo. Orbene, è proprio quest’ultima disposizione, e non l’articolo 102 TFUE, ad essere stata applicata dalla Commissione nella fattispecie.

785    Occorre quindi respingere la seconda parte, nonché il nono motivo nel suo insieme.

VI –  Sul decimo motivo, vertente, in ulteriore subordine, su errori di diritto e di fatto nel calcolo dell’importo delle ammende

786    Le ricorrenti ritengono che, nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe dovuto, in ogni caso, per calcolare l’importo dell’ammenda, in primo luogo, utilizzare un tasso di gravità inferiore, in secondo luogo, tener conto del fatto che le infrazioni asserite erano state di breve durata, in terzo luogo, astenersi dall’imporre un qualsiasi importo supplementare e, in quarto luogo, applicare circostanze attenuanti.

787    La Commissione contesta tali argomenti.

788    Va ricordato, in via preliminare, che, per quanto riguarda le ricorrenti, la Commissione ha seguito il metodo generale descritto negli orientamenti del 2006, basato sul valore delle vendite del prodotto considerato, al quale l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate nell’area geografica interessata all’interno del territorio del SEE (punti 13 e 19 di detti orientamenti). La percentuale applicata è stata del 10 o dell’11%, a seconda della portata geografica degli accordi controversi (v. punti da 68 a 75 supra e punti da 1316 a 1358 della decisione impugnata).

789    Occorre altresì ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per determinare l’importo delle ammende da infliggere in caso di violazione delle norme in materia di concorrenza, si deve tenere conto della durata delle infrazioni e di tutti gli elementi idonei a rientrare nella valutazione della loro gravità, quali il comportamento di ciascuna delle imprese, il ruolo svolto da ciascuna di esse nell’instaurazione delle pratiche concordate, il profitto che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché il rischio che infrazioni di tale tipo rappresentano (v. sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑272/09 P, Racc., EU:C:2011:810, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

790    La Corte ha altresì indicato che dovevano essere presi in considerazione elementi obiettivi come il contenuto e la durata dei comportamenti anticoncorrenziali, il loro numero e la loro intensità, l’estensione del mercato interessato e il deterioramento subito dall’ordine pubblico economico (v. sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 789 supra, EU:C:2011:810, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

791    Al riguardo, va ricordato che l’obbligo di motivazione riveste un’importanza del tutto particolare. Spetta alla Commissione motivare la propria decisione e, in particolare, spiegare la ponderazione e la valutazione che essa ha effettuato degli elementi considerati. La presenza di una motivazione deve essere verificata d’ufficio dal giudice (v., in tal senso, sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 789 supra, EU:C:2011:810, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

792    Peraltro, il giudice dell’Unione ha il compito di effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi invocati. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto (sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 789 supra, EU:C:2011:810, punto 102).

793    Il controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’art. 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’importo dell’ammenda o della penalità inflitta (v., in tal senso, sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 789 supra, EU:C:2011:810, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

794    Occorre tuttavia sottolineare che l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e ricordare che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico, che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, come il difetto di motivazione della decisione impugnata, spetta al ricorrente sollevare motivi contro tale decisione e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi (sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 789 supra, EU:C:2011:810, punto 104).

795    È alla luce di tali considerazioni che vanno esaminati gli argomenti delle ricorrenti.

A –  Sulla prima parte

796    Le ricorrenti fanno valere che i tassi di gravità, fissati all’11% del valore delle vendite per gli accordi conclusi con la Merck (GUK), la Alpharma e la Ranbaxy e al 10% per gli accordi conclusi con la Arrow, sono troppo elevati. Infatti, in primo luogo, la decisione impugnata non terrebbe conto della portata limitata delle restrizioni contenute negli accordi controversi, che rientrerebbero, almeno in parte, nell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck. La quota di mercato della Lundbeck sarebbe stata inferiore al 19% nella maggior parte dei paesi del SEE e la portata geografica degli accordi avrebbe dovuto essere limitata ai paesi del SEE per i quali le imprese di medicinali generici avevano prospettive realistiche di entrare nel mercato.

797    In secondo luogo, la decisione non terrebbe conto del fatto che gli accordi controversi non erano segreti e che contenevano clausole classiche per questo tipo di accordi, il che giustificherebbe un tasso di gravità inferiore, conformemente alla prassi decisionale della Commissione. In terzo luogo, gli accordi controversi non sarebbero di natura collusiva, circostanza che, peraltro, sarebbe riconosciuta dalla decisione impugnata. Orbene, in passato, la Commissione o non avrebbe inflitto alcuna ammenda, o avrebbe inflitto un’ammenda decisamente inferiore, oppure avrebbe fissato il tasso di gravità al livello minimo della forcella prevista per questo tipo di accordi restrittivi non collusivi. La decisione sarebbe quindi errata quando constata che gli accordi controversi costituiscono violazioni gravi dell’articolo 101 TFUE. Il principio di proporzionalità esigerebbe, per contro, che il tasso di gravità, nel caso di specie, sia fissato al livello minimo della forcella.

798    La Commissione contesta tali argomenti.

799    Al riguardo, occorre ricordare che, in forza del punto 21 degli orientamenti del 2006, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite. Il punto 22 di detti orientamenti precisa che, per stabilire se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite.

800    In primo luogo, occorre rilevare che la Commissione, correttamente, ha qualificato «gravi» le infrazioni di cui trattasi nella fattispecie, in quanto si trattava di restrizioni della concorrenza per oggetto, la cui dannosità per la concorrenza è stata sufficientemente dimostrata, consistenti nel pagare i concorrenti affinché restassero fuori dal mercato per un periodo determinato (punto 1331 della decisione impugnata).

801    La circostanza che talune restrizioni contenute negli accordi controversi siano potute rientrare l’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck (come definito ai punti 335 e 569 supra) non è tale da rimettere in discussione tale conclusione, in quanto si trattava soltanto di un elemento fra altri presi in considerazione dalla Commissione per dimostrare l’esistenza, nella fattispecie, di una restrizione per oggetto (punto 354 supra). Ha poca rilevanza, quindi, il fatto che tali accordi contenessero, eventualmente, anche restrizioni rientranti nell’ambito di applicazione di tali brevetti, in quanto, come ha concluso la Commissione nella decisione impugnata, l’aspetto decisivo è che, al momento della conclusione degli accordi controversi, vi era incertezza sulla questione se i prodotti che le imprese di medicinali generici intendevano commercializzare violassero o meno uno dei brevetti della Lundbeck, che la validità di tali brevetti avrebbe anche potuto essere rimessa in discussione dinanzi a un giudice e che è attraverso un ingente pagamento invertito che le ricorrenti avevano ottenuto la certezza che le imprese di medicinali generici non sarebbero entrate nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi (punti 363 e 429 supra). In ogni caso, la Commissione ha ritenuto correttamente che gli accordi controversi contenessero, nella maggior parte dei casi, restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck (v. supra, sesto motivo).

802    In secondo luogo, la Commissione ha ritenuto, senza commettere errori, che la Lundbeck detenesse una quota di mercato assai ampia del prodotto interessato dalle infrazioni in questione nei mercati geografici pregiudicati dagli accordi controversi. Dalla decisione impugnata risulta infatti, quantomeno implicitamente, che la Lundbeck beneficiasse di un monopolio, per quanto riguarda il citalopram, al momento della conclusione degli accordi controversi, in quanto i suoi brevetti originari riguardanti l’IFA citalopram erano appena scaduti e nessuna impresa che commercializzava medicinali generici era ancora entrata nel mercato. Inoltre, anche supponendo che il mercato pertinente sia stato più ampio e che abbia incluso tutti i medicinali antidepressivi, la Commissione ha rilevato, al punto 215 della decisione impugnata, che la Lundbeck deteneva una quota di mercato sostanziale in tale mercato nella maggior parte dei paesi del SEE.

803    In terzo luogo, la Commissione ha ritenuto, correttamente, che le infrazioni in questione avessero un’ampia portata geografica in quanto, fatta eccezione per l’infrazione con la Arrow, riguardavano tutte l’intero SEE.

804    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti al riguardo, la Commissione non era tenuta a ridurre l’importo di base dell’ammenda per tener conto soltanto del valore delle vendite nei paesi in cui le imprese di medicinali generici si trovavano in una fase più avanzata nei loro preparativi diretti a entrare nel mercato. Infatti, trattandosi di infrazioni per oggetto, poiché le infrazioni costituite dagli accordi controversi (fatta eccezione per gli accordi conclusi con la Arrow) avevano una portata geografica estesa a tutto il SEE, la Commissione era legittimata a basarsi su tale portata geografica, senza procedere a un esame approfondito delle prospettive concrete di ingresso delle imprese di medicinali generici in ciascuno Stato del SEE. Infatti, sono le parti degli accordi controversi ad aver definito la portata geografica di tali accordi e quindi delle infrazioni di cui trattasi nella fattispecie, decidendo che tali accordi avrebbero riguardato l’intero SEE (ad eccezione dell’infrazione con la Arrow).

805    In quarto luogo, la Commissione ha preso in considerazione, sempre senza commettere errori, il fatto che tutti gli accordi controversi fossero stati attuati, il che non è stato contestato dalle ricorrenti, dato che le imprese di medicinali generici non erano entrate nel mercato durante la vigenza degli accordi controversi, fatta eccezione per la Merck (GUK) prima della seconda proroga dell’accordo GUK per il Regno Unito (punti 28, 131 e 399 supra).

806    Pertanto, alla luce di tutte queste circostanze, si deve constatare che, nel fissare la percentuale dei valori delle vendite da prendere in considerazione per stabilire l’importo di base dell’ammenda inflitta alla Lundbeck, rispettivamente, all’11% e al 10%, a seconda che la portata geografica degli accordi oggetto dell’infrazione fosse o meno l’intero SEE, la Commissione non è incorsa in alcun errore di diritto. Peraltro, alla luce dei suesposti elementi, siffatti tassi di gravità, che si situano su valori piuttosto bassi all’interno della forcella prevista dal punto 21 degli orientamenti del 2006, non possono essere considerati sproporzionati.

807    Le ricorrenti affermano altresì inutilmente che la mancanza di segretezza degli accordi giustificava il fatto che la Commissione fissasse un tasso di gravità inferiore per determinare l’importo dell’ammenda che era stata loro inflitta.

808    Infatti, il punto 23 degli orientamenti del 2006 prevede che «[p]er la loro stessa natura, gli accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza», che «[n]ell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati» e che, «[p]ertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti».

809    Orbene, è sufficiente constatare che, anche se gli accordi controversi non erano affatto segreti, nel fissare la percentuale delle vendite prese in considerazione, rispettivamente, al 10% e all’11%, nella fattispecie, la Commissione non si è situata sul valore più alto all’interno della forcella prevista dal paragrafo 21 degli orientamenti del 2006, che è fissato al 30% del valore delle vendite.

810    Inoltre, sebbene la Commissione, in taluni casi, possa aver ritenuto, per varie ragioni, che non fosse necessario infliggere una ammenda o prendere in considerazione una percentuale del valore delle vendite che si situasse sui valori minimi della scala di gravità, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la prassi decisionale precedente della Commissione di per sé non serve come quadro giuridico per l’imposizione delle ammende in materia di concorrenza, atteso che questo è unicamente definito dal regolamento n. 1/2003 e dagli orientamenti. Pertanto, decisioni concernenti altri casi non rivestono che un carattere indicativo per quanto concerne l’eventuale esistenza di una discriminazione, poiché è poco verosimile che le circostanze proprie di questi, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi considerati, siano identiche (v., in tal senso, sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punti da 260 a 262 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nella fattispecie, le circostanze delle cause relative alle decisioni precedenti fatte valere dalle ricorrenti, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi considerati, non sono analoghe a quelle della fattispecie, cosicché le suddette decisioni non sono pertinenti alla luce del rispetto del principio della parità di trattamento, conformemente alla giurisprudenza citata.

811    Infine, le ricorrenti invocano erroneamente la violazione, nella fattispecie, del principio di proporzionalità. Infatti, tale principio implica unicamente, in tale contesto, che la Commissione debba fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e che essa debba applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata (v. sentenza del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, Racc., EU:T:2006:270, punto 228 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, dai punti da 1330 a 1333 della decisione impugnata emerge che la Commissione, nella fattispecie, ha applicato i principi fissati al punto 22 degli orientamenti del 2006 in maniera coerente e obiettivamente giustificata.

812    La prima parte va pertanto respinta.

B –  Sulla seconda parte

813    Le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata rifiuta, erroneamente, al punto 1335, di considerare una durata più breve per le infrazioni asserite. Tale durata dovrebbe essere limitata al periodo nel corso del quale le imprese di medicinali generici erano effettivamente pronte a entrare nel mercato, il che richiedeva che esse disponessero almeno di un’AIC nei paesi pertinenti. Orbene, in Austria, ad esempio, il brevetto sull’IFA sarebbe scaduto solo nell’aprile 2003, cosicché le infrazioni commesse con la GUK, la Alpharma e la Ranbaxy non avrebbero potuto restringere la concorrenza in Austria prima di tale data. Detto approccio sarebbe analogo alla posizione adottata dalla Commissione nella decisione C (2009) 5355 definitivo, dell’8 luglio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [101 TFUE] (caso COMP/39.401 – E.ON/GDF) (sintesi in GU C 248, pag. 5; in prosieguo: la «decisione E.ON/GDF»), nella quale è stato preso in considerazione, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, soltanto il periodo successivo al 1998.

814    La Commissione contesta tali argomenti.

815    Al riguardo, occorre rilevare, al pari della Commissione, che siffatto argomento equivale a negare la distinzione esistente tra la concorrenza reale e la concorrenza potenziale, e il fatto che l’articolo 101 TFUE tuteli quest’ultima in ugual misura (punto 99 supra). Orbene, la Commissione ha sufficientemente dimostrato, per tutte le imprese di medicinali generici interessate, che queste disponevano di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato e che erano quindi concorrenti potenziali della Lundbeck al momento della conclusione degli accordi controversi (v. supra, primo motivo).

816    La causa che ha dato luogo alla sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, citata al punto 98 supra (EU:T:2012:332), non è di alcun aiuto per le ricorrenti, poiché in tale causa, come le stesse riconoscono, qualsiasi concorrenza sarebbe stata impossibile anche in mancanza dell’accordo anticoncorrenziale durante una parte del periodo dell’infrazione, dato che il mercato era legittimamente sottratto a qualsiasi concorrenza in forza della normativa nazionale applicabile durante tale periodo, il che creava una situazione di monopolio di fatto. È, del resto, per tale motivo che la decisione della Commissione era stata in parte annullata dal Tribunale in tale causa, in quanto l’esistenza di una restrizione della concorrenza nel mercato tedesco del gas non era stata sufficientemente dimostrata durante tale periodo (sentenza E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, cit. al punto 98 supra, EU:T:2012:332, punti 105 e 155). Nella fattispecie, per contro, la Commissione ha dimostrato in modo sufficiente, nella decisione impugnata, che la concorrenza era stata ristretta a causa degli accordi controversi, per tutta la loro durata. Le ricorrenti non hanno dimostrato che, in mancanza degli accordi controversi, la concorrenza – anche potenziale – tra le stesse e le imprese di medicinali generici sarebbe stata impossibile o inesistente, né che tali accordi non avevano affatto ristretto la concorrenza.

817    La seconda parte deve essere pertanto respinta.

C –  Sulla terza parte

818    Le ricorrenti ritengono che non non si sarebbe dovuto infliggere loro alcun importo supplementare, neppure per gli accordi conclusi con la Arrow (v. punto 73 supra), in quanto le infrazioni asserite non corrispondono a nessuno dei casi di specie nei quali gli orientamenti del 2006 raccomandano l’applicazione di un importo supplementare (casi consistenti negli «accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione») e dato che non sarebbe necessario alcun effetto dissuasivo rafforzato riguardo a infrazioni il cui inizio risale a più di dieci anni e che non sono state oggetto di recidiva.

819    La Commissione contesta tali argomenti.

820    Occorre ricordare, anzitutto, che il punto 25 degli orientamenti del 2006, che prevede l’inclusione di un diritto di ingresso nell’importo di base dell’ammenda, dispone quanto segue:

«[A] prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite (…) al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. Essa può applicare tale importo supplementare anche ad altre infrazioni. Per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, fra cui in particolare quelli indicati al punto 22 [ossia la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite]».

821    Le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione non poteva includere siffatto diritto di ingresso nell’importo dell’ammenda ad esse inflitta, a titolo dissuasivo, in quanto le infrazioni asserite non corrisponderebbero ad alcun caso di specie nel quale gli orientamenti del 2006 raccomandano l’applicazione di un importo supplementare e dato che le infrazioni, che risalgono a più di dieci anni, non sarebbero state oggetto di alcuna recidiva.

822    Occorre ricordare, tuttavia, che la missione di vigilanza conferita alla Commissione dal diritto dell’Unione, nel settore del diritto della concorrenza, comprende il compito di svolgere indagini e di reprimere le singole infrazioni nonché il dovere di perseguire una politica generale volta a dare applicazione, in materia di concorrenza, ai principi fissati dal Trattato e a orientare in tal senso il comportamento delle imprese. Ne consegue che la Commissione deve garantire la natura dissuasiva delle ammende (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2014, Pilkington Group e a./Commissione, T‑72/09, EU:T:2014:1094, punto 302 e giurisprudenza ivi citata).

823    Pertanto, l’effetto dissuasivo dell’importo dell’ammenda non è finalizzato unicamente a distogliere l’impresa in questione dalla recidiva. La Commissione ha il potere di decidere il livello delle ammende al fine di rafforzare il loro effetto dissuasivo in generale, segnatamente quando infrazioni di un certo tipo sono ancora relativamente frequenti o devono essere considerate gravi (v. sentenza Pilkington Group e a./Commissione, cit. al punto 822 supra, EU:T:2014:1094, punto 303 e giurisprudenza ivi citata).

824    Inoltre, come sostenuto dalla Commissione, nella fattispecie, gli accordi controversi erano assai simili ad accordi di ripartizione del mercato o di limitazione della produzione, che sono espressamente previsti dal punto 25 degli orientamenti del 2006 (punto 820 supra). In ogni caso, lo stesso punto di detti orientamenti autorizza la Commissione, conformemente alla giurisprudenza, ad applicare tale importo supplementare al fine di garantire un carattere dissuasivo all’ammenda per altri tipi di infrazioni.

825    Si deve concludere, pertanto, che la Commissione non ha ecceduto i limiti del potere discrezionale di cui disponeva in materia di ammende né ha violato i suoi orientamenti del 2006 nell’applicare un importo supplementare pari al 10% del valore delle vendite annue per la prima infrazione commessa con la Arrow, al fine di garantire un carattere sufficientemente dissuasivo all’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti (punto 1340 della decisione impugnata).

826    Pertanto, la terza parte deve essere parimenti respinta.

D –  Sulla quarta parte

827    Le ricorrenti ritengono, in primo luogo, che la Commissione abbia rifiutato erroneamente di concedere alla Lundbeck il beneficio della circostanza attenuante derivante dall’esistenza di un dubbio ragionevole dell’impresa sulla natura illecita del comportamento restrittivo. L’argomento della decisione impugnata, secondo il quale la circostanza attenuante relativa al dubbio ragionevole sull’esistenza dell’infrazione non compariva più negli orientamenti del 2006 (punto 1343 della decisione impugnata), non costituirebbe un motivo valido per non applicarla, dato che sia tali orientamenti che il Tribunale ammetterebbero che l’elenco delle circostanze attenuanti non è tassativo. Inoltre, dalle comunicazioni tra il KFST e la Commissione emergerebbe chiaramente che, secondo quest’ultima, il criterio giuridico applicabile agli accordi controversi non era chiaro all’epoca, cosicché non poteva esserlo neppure per la Lundbeck.

828    In secondo luogo, le ricorrenti affermano di essere state private ingiustamente del beneficio della circostanza attenuante relativa al fatto che le infrazioni asserite erano state commesse per negligenza, ove esse avevano concluso gli accordi controversi in buona fede, al fine di impedire la violazione dei loro brevetti da parte delle imprese di medicinali generici, circoscrivendo la portata di detti accordi solamente ai prodotti che violavano tali brevetti, e senza aver tentato in alcun modo di tenerli segreti, ciò che esse avrebbero fatto se avessero avuto intenzione di violare il diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

829    La Commissione contesta tali argomenti.

830    In primo luogo, occorre rilevare, al pari delle ricorrenti, che il fatto che l’esistenza di un dubbio ragionevole riguardo all’esistenza di un’infrazione non figuri più in maniera espressa tra le circostanze attenuanti esplicitamente menzionate dagli orientamenti del 2006 non è sufficiente perché la Commissione escluda automaticamente la sua applicazione quale circostanza attenuante. La giurisprudenza ha infatti precisato, al riguardo, che, in mancanza di un’indicazione imperativa negli orientamenti riguardo alle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, la Commissione ha conservato un certo potere discrezionale per valutare in maniera globale l’importanza di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende a titolo di circostanze attenuanti (v., in tal senso, sentenza Dalmine/Commissione, cit. al punto 380 supra, EU:T:2004:220, punto 326 e giurisprudenza ivi citata).

831    Tuttavia, la circostanza che una decisione della Commissione rappresenti il primo caso di applicazione delle regole di concorrenza in un determinato settore dell’economia non può essere qualificata come attenuante se l’autore dell’infrazione sapeva o non poteva ignorare che il suo comportamento era tale da comportare una restrizione della concorrenza nel mercato e porre problemi sotto il profilo del diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2011, World Wide Tobacco España/Commissione, T‑37/05, EU:T:2011:76, punto 160).

832    Orbene, nella fattispecie, le ricorrenti non hanno potuto ignorare che gli accordi controversi potevano violare l’articolo 101 TFUE. Infatti, tali accordi miravano a escludere concorrenti potenziali dal mercato durante la loro vigenza, dietro pagamento, il che rientra nell’ambito delle gravi infrazioni previste espressamente dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

833    Inoltre, dalla decisione impugnata emerge che la Lundbeck era consapevole della natura potenzialmente illecita di detti accordi (v. punto 776 supra).

834    Peraltro, per quanto riguarda i comunicati del KFST, fatti valere dalle ricorrenti, occorre ricordare che un’impresa che abbia violato l’articolo 101 TFUE non può sottrarsi all’imposizione di un’ammenda qualora l’infrazione in parola abbia origine in un errore della medesima impresa quanto alla legittimità del proprio comportamento a motivo del contenuto di un parere giuridico di un avvocato o di quello di una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza (sentenza Schenker & Co. e a., cit. al punto 748 supra, EU:C:2013:404, punto 43). Inoltre, nella fattispecie, lungi dal dare adito a dubbi sull’applicabilità dell’articolo 101 TFUE agli accordi controversi, tali comunicati precisavano che gli accordi controversi potevano influire sulla concorrenza se risultava che la Lundbeck aveva pagato i concorrenti affinché restassero fuori dal mercato.

835    In ogni caso, anche supponendo che sia potuto esistere un dubbio ragionevole, al momento della conclusione degli accordi controversi, sulla concatenazione tra gli elementi da prendere in considerazione al fine di dimostrare l’esistenza, nella fattispecie, di una restrizione della concorrenza per oggetto in un contesto in cui le ricorrenti detenevano brevetti di procedimento che potevano ostacolare l’ingresso delle imprese di medicinali generici nel mercato, tuttavia non potevano esservi dubbi, in quel momento, sul fatto che accordi che, come nella fattispecie, avevano ad oggetto di pagare concorrenti potenziali affinché restassero fuori dal mercato durante un periodo definito non potevano essere conformi all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dato che non consentivano in alcun modo di agevolare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato, anche dopo la loro scadenza, e che non consentivano realmente di definire la controversia sottostante tra le parti in materia di brevetti (punti 475 e 497 supra).

836    Inoltre, come è stato accertato supra, nell’ambito del sesto motivo, gli accordi controversi, ad eccezione dell’accordo GUK per il Regno Unito, contenevano restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, cosicché, anche se il criterio dell’ambito di applicazione dei brevetti, proposto dalle ricorrenti, fosse stato il criterio giuridico pertinente per valutare la liceità di tali accordi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, gli accordi controversi non sarebbero stati conformi a tale criterio e avrebbero anche costituito, pertanto, restrizioni della concorrenza per oggetto ai sensi di tale disposizione. Quanto all’accordo GUK per il Regno Unito, occorre rilevare che tale accordo fa parte, con l’accordo GUK per il SEE, della stessa infrazione, unica e continuata, commessa dalla Lundbeck e dalla Merck (GUK). Orbene, come è stato rilevato supra, la Commissione ha sufficientemente dimostrato che l’accordo GUK per il SEE conteneva restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck.

837    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che le infrazioni di cui trattasi nella fattispecie sono state commesse per negligenza, il che costituirebbe parimenti una circostanza attenuante che giustifica una riduzione dell’importo dell’ammenda.

838    Il punto 29 degli orientamenti del 2006 precisa che l’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti, come, ad esempio, nel caso in cui l’impresa fornisca la prova che l’infrazione è stata commessa per negligenza.

839    Nella fattispecie, tuttavia, occorre ricordare che gli accordi controversi sono stati conclusi dalle ricorrenti intenzionalmente e che tali accordi facevano parte di una strategia deliberata volta a evitare l’ingresso potenzialmente immediato dei medicinali generici nel mercato (punti 126 e 528 supra).

840    Infatti, l’argomento delle ricorrenti si basa ancora una volta sulla premessa secondo la quale gli accordi controversi hanno unicamente impedito l’accesso al mercato dei prodotti generici che violavano potenzialmente i loro brevetti. Orbene, come è stato dimostrato supra, nell’ambito del sesto motivo, così non è nel caso di specie. In ogni caso, vi era incertezza riguardo alla questione se i brevetti della Lundbeck fossero validi e se fossero violati dai prodotti che le imprese di medicinali generici avevano intenzione di commercializzare al momento della conclusione degli accordi controversi (v. supra, secondo motivo), incertezza eliminata da tali accordi. A torto, quindi, le ricorrenti fanno valere che le infrazioni, nella fattispecie, sono state commesse per negligenza e che la Commissione avrebbe dovuto concedere loro il beneficio di tale circostanza attenuante.

841    Inoltre, anche supponendo che, nella fattispecie, le infrazioni siano state commesse per negligenza, la Commissione non era tenuta, tuttavia, a concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda alle ricorrenti. Infatti, come conferma il dettato del punto 29 degli orientamenti del 2006, la Commissione dispone di un potere discrezionale al riguardo, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie. Pertanto, anche se le circostanze indicate nell’elenco contenuto negli orientamenti rientrano senz’altro nel novero di quelle che possono essere prese in considerazione dalla Commissione in un caso determinato, quest’ultima non è tenuta, allorché un’impresa adduce elementi tali da indicare la presenza di una di dette circostanze, a concedere a tale titolo una riduzione supplementare in maniera automatica, senza procedere ad un’analisi globale. Infatti, l’adeguatezza di un’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo delle circostanze attenuanti deve essere valutata da un punto di vista complessivo, tenendo conto dell’insieme delle circostanze rilevanti del caso specifico (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2013, Caffaro/Commissione, C‑447/11 P, EU:C:2013:797, punto 103).

842    Orbene, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie e del fatto che, in particolare, la Commissione ha tenuto conto della durata del procedimento per la concessione di una riduzione del 10% dell’importo di base dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, il Tribunale dichiara, esercitando la sua competenza estesa al merito conferita dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE (punto 793 supra), che non si deve concedere, nella fattispecie, il beneficio delle circostanze attenuanti e che l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti nella decisione impugnata dev’essere confermato.

843    Per quanto riguarda, in particolare, l’accordo GUK per il Regno Unito, va sottolineato che, anche se è stato rilevato, nell’ambito del sesto motivo, che la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato, nella decisione impugnata, che tale accordo contenesse restrizioni che andavano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Lundbeck, siffatta censura è stata dichiarata inoperante per le ragioni esposte ai punti 539 e da 570 a 577 supra. Non occorre, quindi, che il Tribunale conceda alle ricorrenti, su tale punto, una riduzione dell’importo dell’ammenda.

844    Pertanto, occorre respingere la quarta parte e il decimo motivo nel suo insieme.

845    Dato che tutti i motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata sono infondati o inoperanti e l’esame degli argomenti dedotti a sostegno della domanda di modifica dell’importo dell’ammenda non ha consentito di rilevare elementi inadeguati nel calcolo dell’importo della stessa effettuato dalla Commissione, il ricorso deve essere interamente respinto.

 Sulle spese

846    Ai sensi dell’articolo 134 del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, occorre condannarle alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

847    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura e alla domanda della Commissione in tal senso, occorre decidere che l’interveniente sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La H. Lundbeck A/S e la Lundbeck Ltd sopporteranno le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA) sopporterà le proprie spese.

Berardis

Czúcz

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 settembre 2016.

Firme

Indice


Fatti

I –  Società di cui trattasi nella causa in esame

II –  Prodotto in questione e brevetti che lo riguardano

III –  Accordi controversi

A –  Accordi con la Merck (GUK)

B –  Accordi con la Arrow

C –  Accordo con la Alpharma

D –  Accordo con la Ranbaxy

IV –  Interventi della Commissione nel settore farmaceutico e procedimento amministrativo

V –  Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

I –  Sul primo motivo, vertente su errori di diritto e di valutazione commessi in quanto la decisione impugnata considera che le imprese di medicinali generici e la Lundbeck erano quantomeno concorrenti potenziali al momento della conclusione degli accordi controversi

A –  Analisi relativa alla concorrenza potenziale nella decisione impugnata

B –  Principi e giurisprudenza applicabili

1.  Sulla nozione di concorrenza potenziale

2.  Sull’onere della prova

3.  Sulla portata del controllo esercitato dal Tribunale

C –  Sulla prima parte, vertente sul fatto che il lancio di medicinali che violano i diritti di proprietà intellettuale di terzi non costituisce una manifestazione di concorrenza potenziale ai sensi dell’articolo 101 TFUE

D –  Sulla seconda parte, vertente sul fatto che la Commissione si sarebbe basata su valutazioni soggettive per concludere che le imprese di medicinali generici erano concorrenti reali o potenziali della Lundbeck

E –  Sulla terza parte, vertente sul fatto che la contestazione di un brevetto valido non costituisce una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato

F –  Sulla quarta parte, vertente sul fatto che la mancanza di un’AIC impedisce l’esistenza di una concorrenza reale o potenziale

G –  Sulla quinta parte, vertente sul fatto che le imprese di medicinali generici non avrebbero potuto ricorrere ad altri procedimenti o ad altri produttori di IFA durante la vigenza degli accordi controversi

H –  Sulla sesta parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Merck (GUK) al momento della conclusione degli accordi controversi

1.  Situazione nel Regno Unito

2.  Situazione nel SEE

I –  Sulla settima parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Arrow al momento della conclusione degli accordi controversi

1.  Situazione nel Regno Unito

2.  Sulla situazione in Danimarca

J –  Sull’ottava parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Alpharma al momento della conclusione degli accordi controversi

K –  Sulla nona parte, vertente sulla mancanza di concorrenza potenziale tra la Lundbeck e la Ranbaxy al momento della conclusione degli accordi controversi

II –  Sul secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo, vertenti, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

A –  Analisi relativa all’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto nella decisione impugnata

B –  Principi e giurisprudenza applicabili

C –  Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto e di fatto e su un difetto di motivazione commessi nella valutazione del ruolo dei trasferimenti di valore negli accordi controversi

1.  Sulla prima parte

2.  Sulla seconda parte

3.  Sulla terza parte

D –  Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto commesso nell’applicazione dei principi relativi all’oggetto restrittivo della concorrenza

1.  Sulla prima parte

2.  Sulla seconda parte

3.  Sulla terza parte

4.  Sulla quarta parte

E –  Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto e su un difetto di motivazione commessi nel respingere il criterio dell’ambito di applicazione del brevetto quale criterio essenziale di valutazione degli accordi di composizione amichevole in materia di brevetti nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

1.  Sulla prima parte

2.  Sulla seconda parte

F –  Sul quinto motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione dei fatti, sulla violazione dell’obbligo di diligenza e su un difetto di motivazione commessi in quanto le azioni della Lundbeck sono state qualificate come strategia globale ostile all’ingresso dei medicinali generici e come pertinenti al fine di valutare gli accordi controversi sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

G –  Sul sesto motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione dei fatti commesso in quanto la decisione impugnata conclude che gli accordi controversi contenevano restrizioni che andavano al di là di quelle inerenti all’esercizio dei diritti conferiti dai brevetti della Lundbeck

1.  Accordo GUK per il Regno Unito

2.  Accordo GUK per il SEE

3.  Accordo Arrow UK

4.  Accordo Arrow danese

5.  Accordo Alpharma

6.  Accordo Ranbaxy

III –  Sul settimo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione commesso in quanto gli incrementi di efficienza degli accordi controversi non sono stati correttamente valutati

IV –  Sull’ottavo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

A –  Sulla prima parte

B –  Sulla seconda parte

V –  Sul nono motivo, vertente, in subordine, sul fatto che l’imposizione di ammende alla Lundbeck è viziata da un errore di diritto

A –  Sulla prima parte

B –  Sulla seconda parte

VI –  Sul decimo motivo, vertente, in ulteriore subordine, su errori di diritto e di fatto nel calcolo dell’importo delle ammende

A –  Sulla prima parte

B –  Sulla seconda parte

C –  Sulla terza parte

D –  Sulla quarta parte

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.