Language of document : ECLI:EU:C:2023:906

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

COLLINS

presentate il 23 novembre 2023 (1)

Causa C221/22 P

Commissione europea

contro

Deutsche Telekom AG

(Impugnazione – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Sentenza che annulla parzialmente una decisione e che riduce l’importo dell’ammenda – Obbligo della Commissione di pagare interessi – Interessi di mora – Articoli 266 e 340 TFUE – Articolo 90 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012)






 I.      Introduzione

1.        Un’istituzione dell’Unione adotta una decisione in base alla quale un’impresa le versa una somma di denaro a titolo provvisorio. Successivamente la Corte annulla in parte, o integralmente, tale decisione. L’impresa chiede all’istituzione dell’Unione la restituzione di detta somma, oltre a quanto definisce «interessi di mora» calcolati sulla somma dichiarata indebitamente pagata, a decorrere dalla data di pagamento sino alla pronuncia della Corte. Il diritto dell’Unione obbliga l’istituzione dell’Unione ad accogliere tale richiesta? Questa, in sintesi, la questione che la Commissione chiede alla Corte di risolvere nella presente impugnazione.

2.        La risposta a detta questione è imperniata sull’articolo 266, primo comma, TFUE. I provvedimenti che un’istituzione dell’Unione può essere tenuta a prendere per l’esecuzione di una sentenza della Corte comprendano il pagamento di «interessi di mora» richiesto nel presente procedimento. Tale valutazione deve avvenire nel contesto di giurisprudenza che si avvale dell’espressione «interessi di mora» per descrivere nozioni giuridiche distinte finalizzate a una varietà di obiettivi. Tale discussione a volte richiama alla mente il famoso colloquio tra Humpty Dumpty e Alice in Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll (2).

 II.      Fatti e procedimento

 A.      Contesto dell’impugnazione

3.        Il 15 ottobre 2014 la Commissione europea ha adottato la decisione C(2014) 7465 def, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) (caso AT.39523 – Slovak Telekom, in prosieguo: la «decisione del 2014»). La decisione del 2014 ha concluso che la Deutsche Telekom AG e la Slovak Telekom a.s. avevano violato l’articolo 102 del Trattato e l’articolo 54 dell’accordo SEE e infliggeva un’ammenda di EUR 38 838 000 alla Deutsche Telekom e alla Slovak Telekom in solido e un’ammenda separata di EUR 31 070 000 alla Deutsche Telekom.

4.        Il 24 dicembre 2014 la ricorrente, Deutsche Telekom AG, ha presentato un ricorso contro la decisione del 2014.

5.        Il 16 gennaio 2015 la Deutsche Telekom ha pagato alla Commissione a titolo provvisorio l’ammenda di EUR 31 070 000.

6.        Con sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930; la «sentenza del 2018»), il Tribunale ha ridotto di EUR 12 039 019 l’importo dell’ammenda a carico della sola Deutsche Telekom. Il 19 febbraio 2019, la Commissione ha rimborsato tale importo alla Deutsche Telekom.

7.        Il 21 febbraio 2019, la Deutsche Telekom ha impugnato la sentenza del 2018.

8.        Il 12 marzo 2019, la Deutsche Telekom ha chiesto alla Commissione il versamento di interessi di mora su EUR 12 039 019, per il periodo compreso tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019. A sostegno della sua domanda, la Deutsche Telekom si fondava sulla sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81).

9.        Con lettera del 28 giugno 2019 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha respinto la domanda di pagamento di interessi di mora della Deutsche Telekom, affermando che la sentenza del 2018 richiedeva il rimborso dell’importo nominale dell’ammenda in eccesso. In applicazione dell’articolo 90 del suo regolamento delegato n. 1268/2012 del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (in prosieguo: il «regolamento delegato n. 1268/2012»), (3) la Commissione ha rimborsato il valore nominale senza interessi in quanto tale importo nel periodo rilevante aveva fruttato un rendimento negativo. La Commissione ha aggiunto di aver presentato impugnazione avverso la sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/ Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81).

10.      La Corte ha respinto l’impugnazione della Commissione con sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39; la «sentenza Printeos»).

11.      Con sentenza del 25 marzo 2021, Deutsche Telekom/ Commissione (C‑152/19 P, EU:C:2021:238), la Corte ha respinto l’impugnazione della Deutsche Telekom avverso la sentenza del 2018, rendendo così definitiva la riduzione dell’ammenda inflitta.

 B.      La sentenza impugnata

12.      Il 9 settembre 2019 la Deutsche Telekom ha presentato un ricorso di annullamento della decisione impugnata dinanzi al Tribunale. Essa ha anche chiesto di condannare la Commissione a compensare il danno subito dalla Deutsche Telekom a causa dell’indisponibilità dell’importo indebitamente pagato. In subordine essa ha chiesto che il Tribunale condannasse la Commissione a pagare gli interessi di mora sulla somma indebitamente pagata, dalla data del pagamento dell’ammenda a titolo provvisorio fino alla data del rimborso. Gli interessi di mora in parola dovevano essere calcolati sulla base del tasso applicato dalla Banca centrale europea («BCE») alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali o, in alternativa, con riferimento a un tasso ritenuto adeguato dal Tribunale. Essa ha chiesto, inoltre, che il Tribunale condannasse la Commissione a pagare interessi di mora sull’importo dovuto dalla pronuncia dell’emananda sentenza nel procedimento dinanzi a tale giudice sino alla data del rimborso da parte della Commissione.

13.      Nella sentenza del 19 gennaio 2022, Deutsche Telekom/ Commissione (T‑610/19, EU:T:2022:15; la «sentenza impugnata»), il Tribunale ha respinto il capo della domanda diretto alla riparazione del danno subito a causa dell’indisponibilità dell’importo indebitamente pagato. La Deutsche Telekom non aveva dimostrato di aver subito un mancato guadagno a causa dell’impossibilità di investire tale importo nelle sue attività o che la sua indisponibilità l’aveva indotta a rinunciare a progetti specifici.

14.      Quanto al capo di domanda di risarcimento dovuto al rifiuto della Commissione di pagare interessi di mora sull’importo indebitamente pagato, dalla data del pagamento fino a quella del rimborso, il Tribunale ha concluso che la decisione del 2014 costituiva una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE, in conseguenza della quale la Deutsche Telekom aveva subito un danno. Il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 266, primo comma, TFUE è una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli. L’annullamento di un atto pronunciato dal giudice dell’Unione ha effetto ex tunc, e ha pertanto l’effetto di eliminare retroattivamente l’atto annullato dall’ordinamento giuridico. Quando una somma di denaro è stata indebitamente pagata a un’istituzione dell’Unione sorge un diritto al rimborso di tale somma, oltre agli interessi di mora. L’obiettivo degli interessi di mora è quello di compensare forfettariamente la perdita del godimento di un credito e incoraggiare il debitore a conformarsi al più presto a una sentenza. Il pagamento di interessi di mora è dunque una componente essenziale dell’obbligo di ripristino dello status quo che incombe alla Commissione a seguito dell’annullamento di un’ammenda, ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE. L’obbligo di pagare interessi di mora è inteso, segnatamente, a risarcire forfettariamente un ritardo oggettivo, che deriva, in primo luogo, dalla durata del procedimento; in secondo luogo, dal diritto al rimborso di un’impresa che ha pagato provvisoriamente un’ammenda successivamente cancellata o ridotta; e, in terzo luogo, dall’effetto ex tunc di ordinanze dei giudici dell’Unione. Il Tribunale ha ammesso che l’obbligo di pagare gli «interessi di mora» non può avere lo scopo di indurre la Commissione, prima della pronuncia della sentenza che annulla un’ammenda o ne riduce l’importo, a rimborsare la somma che aveva indebitamente ricevuto.

15.      Il Tribunale ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui, in forza dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, essa era obbligata a pagare soltanto «gli interessi prodotti» dall’importo indebitamente riscosso (4). L’obbligo di versare «interessi di mora» esiste indipendentemente dal pagamento di eventuali proventi in virtu’ dall’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012. Il Tribunale ha pertanto dichiarato che non vi era necessità di pronunciarsi sull’eccezione di illegittimità sollevata dalla Deutsche Telekom con riguardo all’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012.

16.      Il Tribunale ha concluso che l’obbligo della Commissione di pagare gli interessi di mora, calcolati dalla data del pagamento a titolo provvisorio, derivava direttamente dall’obbligo di dare esecuzione alla sentenza del 2018, imposto dall’articolo 266, primo comma, TFUE. L’importo massimo di un diritto alla ripetizione legato al pagamento di un’ammenda che era stato effettuato in via provvisoria era certo, o quantomeno determinabile sulla base di elementi oggettivi acclarati alla data di detto pagamento. Gli interessi dovuti sono interessi di mora e non è sorta alcuna questione di interessi compensativi. Esso ha proseguito dichiarando che il rifiuto di pagare interessi di mora soddisfaceva le condizioni di cui all’articolo 266, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, per invocare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

17.      Per determinare il tasso degli interessi di mora, il Tribunale ha applicato, per analogia, l’articolo 83 del regolamento delegato n. 1268/2012, recante il titolo «Interessi di mora». La Commissione era tenuta a pagare il tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali, ossia 3.55%, nel periodo compreso tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019, importo pari a EUR 1 750 522,83.

18.      Il Tribunale ha infine aggiunto che, dalla pronuncia della sentenza impugnata fino al pagamento integrale ad opera della Commissione, l’importo dovuto doveva essere maggiorato di interessi di mora, calcolati tasso di interesse applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali.

 C.      L’impugnazione

19.      La Commissione ha proposto la presente impugnazione il 28 marzo 2022, chiedendo di assegnarla alla Grande Sezione per consentire alla Corte di riesaminare l’approccio adottato nella sentenza Printeos (5).

20.      La Commissione deduce due motivi di impugnazione. Con il suo primo motivo essa fa valere che la sentenza impugnata è incorsa in un errore di diritto dichiarando che l’articolo 266 TFUE impone alla Commissione un obbligo incondizionato di pagare interessi di mora per il periodo compreso tra il pagamento provvisorio dell’ammenda e quello del rimborso di un eventuale importo indebitamente pagato. Con il suo secondo motivo essa fa valere che nella sentenza impugnata è stato commesso un errore di diritto in quanto è stato ritenuto, per analogia con l’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012, che la Commissione era tenuta a pagare interessi di mora al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali.

21.      La Deutsche Telekom sostiene che la Corte deve respingere l’impugnazione in quanto irricevibile e, in ogni caso infondata.

22.      All’udienza del 12 luglio 2023, le parti hanno presentato argomenti orali e risposto a quesiti formulati dalla Corte.

 III.      Valutazione

 A.      Ricevibilità

23.      Secondo la Deutsche Telekom, l’impugnazione deve essere integralmente respinta in quanto irricevibile poiché in realtà è rivolta avverso la sentenza nella causa Printeos, che è divenuta definitiva. Il Tribunale ha applicato fedelmente la giurisprudenza e pertanto non potrebbe aver commesso un errore di diritto. A suo avviso, l’argomentazione avanzata dalla Commissione per criticare la sentenza Printeos è irricevibile anche in quanto non è stata dedotta dinanzi al Tribunale.

24.      La Deutsche Telekom fa inoltre valere che il primo motivo d’impugnazione è irricevibile giacché la Commissione non ha individuato un solo passaggio della sentenza impugnata che indicasse che l’obbligo della Commissione di pagare interessi di mora ha natura di sanzione. La concessione di interessi di mora non è una sanzione, ma è piuttosto un risarcimento, forfettario, per aver privato un’impresa del godimento dei suoi fondi. La Deutsche Telekom fa inoltre valere che la prima parte del primo motivo d’impugnazione e il secondo motivo d’impugnazione si limitano a ripetere gli argomenti dedotti dinanzi al Tribunale e sono pertanto irricevibili. La parti dalla seconda alla sesta del primo motivo d’impugnazione sono irricevibili in quanto nel presente procedimento di impugnazione tali argomenti vengono introdotti per la prima volta.

25.      La Commissione replica che l’impugnazione è rivolta avverso la sentenza impugnata, non avverso quella nella causa Printeos. Alcune considerazioni esposte nella sentenza impugnata non compaiono nella sentenza Printeos. Quanto al primo motivo d’impugnazione, la Commissione contesta la conclusione che essa sia tenuta a pagare interessi di mora, come determinato nella sentenza impugnata. La Commissione sostiene inoltre che, anche se la prima parte del primo motivo d’impugnazione e il secondo motivo d’impugnazione ripetono argomenti dedotti dinanzi al Tribunale, essa ha il diritto di procedere in tal modo nel quadro di una contestazione dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto dell’Unione ad opera del Tribunale. Le parti dalla seconda alla sesta del primo motivo espongono argomenti da essa dedotti dinanzi al Tribunale e contestano diverse considerazioni espresse nella sentenza impugnata.

26.      A sensi dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. Una contestazione dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto dell’Unione ad opera del Tribunale può condurre ad un riesame degli elementi di diritto esaminati in primo grado (6). Se un ricorrente non potesse basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento di impugnazione sarebbe in parte privato del suo significato (7). Impedire al ricorrente di agire in tal modo pregiudicherebbe anche la norma giuridica consolidata secondo la quale la competenza della Corte, in sede di impugnazione, è limitata alla soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado (8). La Corte ha ripetutamente statuito che un ricorrente può utilmente proporre impugnazione deducendo dinanzi ad essa motivi tratti dalla medesima sentenza impugnata e volti a censurarne, in diritto, la fondatezza (9). L’interpretazione e l’applicazione della giurisprudenza dei giudici dell’Unione, compresa la sentenza Printeos, nella sentenza impugnata sollevano elementi di diritto idonei ad essere contestati in questo senso. Propongo pertanto alla Corte di respingere l’eccezione di irricevibilità dedotta dalla Deutsche Telekom nei confronti dell’intera impugnazione.

27.      Con il primo motivo d’impugnazione viene fatto valere che, non avendo preso in considerazione la natura punitiva degli interessi di mora, il Tribunale era incorso in un errore di diritto ingiungendo alla Commissione di pagare detti interessi. La Commissione non contesta al Tribunale di aver commesso un errore positivo nella sua valutazione ma di aver omesso di tener conto, nella sua analisi giuridica di una considerazione rilevante. Non può dunque sorprendere che la Commissione non abbia identificato nella sentenza impugnata punti in cui si enuncia che gli interessi di mora hanno natura punitiva. Il punto sollevato dalla Commissione è evidentemente di natura giuridica. Propongo dunque alla Corte di respingere l’eccezione di irricevibilità del primo motivo d’impugnazione dedotta dalla Deutsche Telekom.

28.      Tali osservazioni sono, a mio avviso, sufficienti per replicare alle eccezioni di irricevibilità (i) della prima parte del primo motivo e del secondo motivo, in quanto esse ripetono argomenti dedotti dinanzi al Tribunale, e (ii) delle parti da seconda a sesta del primo motivo, in quanto sono state sollevate per la prima volta in sede di impugnazione. Per evitare ambiguità, ritengo che i vari argomenti contenuti nella rubrica delle parti da seconda a sesta del primo motivo d’impugnazione siano elementi di diritto derivanti dalla sentenza impugnata, che la Commissione è legittimata a dedurre dinanzi alla Corte.

29.      Pertanto propongo alla Corte di respingere l’eccezione di irricevibilità dedotta dalla Deutsche Telekom nei confronti dell’impugnazione e di dichiarare quest’ultima ricevibile integralmente.

 B.      Nel merito

 1.      Errori di diritto nella determinazione di un obbligo di pagare interessi di mora dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda

–       Argomenti delle parti

30.      Il primo motivo di impugnazione è composto di sei parti. Con la prima parte si fa valere che la sentenza impugnata è inficiata da un errore di diritto in quanto nella parte in cui la Commissione è stata condannata a pagare interessi di mora sull’importo di EUR 12 039 019, a decorrere dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda sino alla data della pronuncia della sentenza del 2018. La Commissione ha rimborsato la somma principale dovuta alla Deutsche Telekom in conseguenza della sentenza del 2018. L’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, sulla cui legittimità il Tribunale non si è pronunciato, all’importo dell’ammenda riscosso in via provvisoria ha prodotto interessi negativi. La Commissione non ha trasferito tale perdita sulla Deutsche Telekom.

31.      Con a seconda parte del primo motivo d’impugnazione si fa valere che la sentenza impugnata contraddice la giurisprudenza precedente la sentenza Printeos. La giurisprudenza vertente su tributi indebitamente percepiti (10), sul recupero di aiuto di Stato illegittimo (11) e sul rimborso di dazi antidumping (12) indica che, in circostanze paragonabili a quelle della presente impugnazione, la Commissione è tenuta a pagare interessi compensativi, non di mora, al fine di evitare un arricchimento senza giusta causa. La giurisprudenza vertente sul rimborso di ammende inflitte per violazioni del diritto della concorrenza perviene alla stessa conclusione (13). Mentre la sentenza in Guardian Europe (14) fa riferimento a «interessi di mora», la Commissione ha rimborsato l’ammenda in parola con gli interessi prodotti, ai sensi dell’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012, cosicché non è sorta nessuna discussione sugli interessi di mora. La sentenza della Corte IPK International (15) comportava il pagamento di interessi di mora dalla data di una sentenza del Tribunale che aveva annullato una decisione di cancellare un sostegno finanziario, ripristinando così la decisione di pagare tale sostegno. Tale causa non verteva sul pagamento di interessi di mora dalla riscossione provvisoria di un’ammenda fino alla pronuncia di una sentenza di annullamento totale o parziale della decisione che la infliggeva.

32.      La Commissione riconosce che l’articolo 266, primo comma, TFUE, obbliga a rimborsare l’ammenda riscossa in via provvisoria insieme agli interessi prodotti dall’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, al fine di evitare un arricchimento senza causa dell’Unione europea. La sentenza impugnata fa confusione tra interessi di mora, che hanno natura punitiva, e interessi compensativi. Nell’attuale congiuntura economica un obbligo imposto alla Commissione di pagare interessi di mora su ammende riscosse in via provvisoria determinerebbe un arricchimento senza causa delle imprese interessate.

33.      Con la terza parte del primo motivo d’impugnazione si fa valere che la sentenza impugnata non tiene conto dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012. Per non avere applicato tale disposizione, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare che era contrario all’articolo 266 TFUE. L’effetto della sentenza del Tribunale è rendere l’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, privo di oggetto giacché l’importo degli interessi che la sua applicazione potrebbe fruttare non eccederebbe mai, in pratica, quello generato dall’applicazione di un tasso di interessi di mora.

34.      Nella quarta parte del primo motivo d’impugnazione si afferma che i fatti della presente causa non soddisfano le condizioni per invocare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea. Posto che il pagamento provvisorio dell’ammenda era legittimo, la Commissione non aveva alcun obbligo di pagare interessi di mora nel momento in cui ha ricevuto tale somma. Essa, pertanto, non poteva aver commesso una violazione sufficientemente qualificata di una norma di legge. Atteso che la durata del procedimento giuridico ha causato un certo ritardo, e che la Commissione non aveva alcun controllo su questo fattore, essa non potrebbe essere responsabile per alcuna violazione sufficientemente qualificata di una norma di legge. La Commissione sostiene inoltre che la Deutsche Telekom non ha dimostrato di aver subito un danno quantificabile come equivalente al tasso di interesse applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali.

35.      Con la quinta parte del primo motivo d’impugnazione la Commissione fa valere che la sentenza impugnata è incorsa in un errore di diritto dichiarando che gli effetti ex tunc della sentenza del 2018 esigevano che essa pagasse interessi di mora dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda. Secondo una giurisprudenza consolidata, le decisioni della Commissione godono di una presunzione di legittimità (16). Posto che i ricorsi presentati ai giudici dell’Unione non hanno effetto sospensivo, la decisione del 2014 era esecutiva fino al suo annullamento da parte del Tribunale. Un obbligo di rimborsare l’ammenda non avrebbe potuto dunque sorgere fino alla pronuncia della sentenza del 2018. In aggiunta, prima di quella sentenza, qualsiasi somma di cui la Commissione avesse potuto essere debitrice alla Deutsche Telekom non era né certa né accertabile con riferimento a fattori oggettivi. È irrilevante la circostanza che l’ammontare massimo di un importo eventualmente dovuto avrebbe potuto essere accertato.

36.      Contrariamente a quanto asserito dalla Deutsche Telekom, se un’impresa non fornisce una garanzia bancaria, ai sensi degli articoli 78 e seguenti del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (il «regolamento finanziario») (17), la Commissione è tenuta a dare esecuzione alla decisione riscuotendo l’ammenda in via provvisoria. In caso contrario, la Commissione correrebbe il rischio di non poter riscuotere l’ammenda una volta esperite tutte le vie di ricorso, ad esempio in un caso in cui un’impresa sia nel frattempo fallita, omettendo così di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione.

37.      La Commissione precisa che le imprese hanno la scelta o di fornire una garanzia bancaria e conservare gli importi dovuti nel corso della controversia, oppure pagare l’ammenda a titolo provvisorio. In quest’ultimo caso l’impresa riceve gli interessi prodotti dall’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, il cui pagamento è inteso a provvedere un risarcimento adeguato per l’indisponibilità dell’importo indebitamente pagato e per un eventuale deprezzamento del suo valore. Un’impresa che sostiene di aver subito un danno ulteriore in conseguenza di un pagamento indebito può inoltre presentare un ricorso per danni, ai sensi dell’articolo 340 TFUE.

38.      La Commissione sostiene che la sentenza impugnata porta a risultati assurdi. Anzitutto, nell’esercizio della loro competenza illimitata di fissare l’importo di un’ammenda, i giudici dell’Unione sostituiscono la loro valutazione a quella della Commissione. Essendo impossibile conoscere in anticipo se i giudici dell’Unione eserciteranno tale competenza e, in tal caso, l’importo che stabiliranno a titolo di ammenda, non si può chiedere alla Commissione di pagare interessi di mora relativamente ai periodi precedenti l’esercizio di tale competenza. In secondo luogo, se la Commissione adotta una nuova decisione di infliggere un’ammenda identica dopo che i giudici dell’Unione hanno annullato la decisione iniziale per errori nel suo calcolo, un obbligo della Commissione di pagare interessi di mora corrisponde a una riduzione dell’ammenda di cui trattasi. In terzo luogo, casi in cui il Tribunale e la Corte hanno raggiunto conclusioni diverse sulla legittimità di ammende creano considerevole incertezza riguardo alla loro quantificazione (18). Tali considerazioni dimostrano che, prima della pronuncia della sentenza definitiva, è impossibile determinare un importo il cui rimborso potrebbe in ultima istanza essere chiesto alla Commissione a favore di un’impresa che ha pagato un’ammenda in via provvisoria.

39.      Nella sesta parte del primo motivo d’impugnazione, la Commissione fa valere che obbligarla a pagare interessi di mora dalla data di una riscossione provvisoria di un’ammenda ne pregiudicherebbe l’effetto dissuasivo. Quando infligge ammende, la Commissione non è in grado di anticipare la durata o l’esito del contenzioso. L’applicazione del principio risultante dalla sentenza Printeos e dalla sentenza impugnata può dunque avere conseguenze sproporzionate e indesiderabili, come illustrato dalla causa Intel (19).

40.      La Deutsche Telekom chiede alla Corte di respingere il primo motivo d’impugnazione.

41.      Quanto alla prima parte del primo motivo d’impugnazione, la Deutsche Telekom sostiene che la giurisprudenza non richiede che qualsiasi ritardo nell’onorare un debito esistente sia accertato perché si possa imporre a un’istituzione dell’Unione di pagare interessi di mora. La Commissione ha rifiutato di pagare interessi quando ha rimborsato la parte dell’ammenda che era stata annullata.

42.      La Deutsche Telekom considera che la giurisprudenza citata a sostegno della seconda parte del primo motivo d’impugnazione verte su situazioni diverse da quelle in esame nel caso di specie e che pertanto non si configura alcuna contraddizione tra detta giurisprudenza e la sentenza Printeos. La giurisprudenza non sostiene la tesi della Commissione che essa potrebbe astenersi dal pagare interessi se un’ammenda riscossa in via provvisoria non frutta interesse.

43.      La terza parte del primo motivo d’impugnazione deve essere respinta perché l’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012 non inciderebbe sull’obbligo di pagare interessi di mora ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE. La Deutsche Telekom suggerisce che la Commissione è tenuta a pagare interessi di mora o, qualora siano più elevati, gli interessi prodotti dall’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012. Ove la Corte dovesse interpretare tale disposizione nel senso che essa esclude un obbligo di pagare interessi ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, la Deutsche Telekom invoca l’eccezione di illegittimità sollevata in primo grado.

44.      A titolo di replica alla quarta parte del primo motivo d’impugnazione, la Deutsche Telekom sostiene che il rifiuto di pagare interessi costituiva una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE, che le ha causato danni. Per ottenere la riparazione di tale danno la Deutsche Telekom avrebbe pertanto dovuto presentare un ricorso di risarcimento, ai sensi dell’articolo 266, secondo comma, TFUE e dell’articolo 340 TFUE.

45.      La quinta parte del primo motivo d’impugnazione deve essere respinta perché, nonostante le sue decisioni godano di una presunzione di legittimità e siano esecutive, la Commissione non è tenuta a riscuotere ammende a titolo provvisorio. La condizione posta dal regolamento finanziario che la Commissione recuperi crediti non si applica alle ammende, né le imprese dovrebbero essere le sole a sopportare i rischi per contenziosi nel settore del diritto della concorrenza. Da un esame dei motivi in un ricorso di annullamento di una decisione di infliggere un’ammenda, è possibile accertare l’ammontare massimo che la Commissione potrebbe essere tenuta a pagare. La sentenza impugnata ha dunque dichiarato correttamente che gli effetti ex tunc del parziale annullamento esigevano che la Commissione pagasse interessi di mora sull’importo indebitamente versato, a decorrere dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda.

46.      Pur riconoscendo che l’effetto dissuasivo delle ammende per la violazione delle norme sulla concorrenza è un obiettivo legittimo, relativamente alla sesta parte del primo motivo d’impugnazione la Deutsche Telekom ribadisce che la Commissione non è tenuta a riscuotere le ammende a titolo provvisorio. L’obbligo di pagare interessi di mora dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda è un effetto della decisione della Commissione di riscuotere l’ammenda prima dell’esaurimento di tutte le vie legali. Qualora la Commissione rinviasse la riscossione dell’ammenda a quel momento, l’effetto deterrente dell’ammenda sarebbe preservato giacché l’impresa in questione dovrebbe mantenere sufficienti riserve finanziarie per la durata del procedimento eventualmente avviato. Infine, sono irrilevanti le conseguenze per Intel dei principi esposti nella sentenza impugnata.

–       Analisi giuridica

47.      Ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE un’istituzione dell’Unione da cui emana un atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione di quella sentenza comporta. Desidero fare tre osservazioni in merito a questa disposizione. La prima è che l’obbligo di adottare siffatti provvedimenti è condizionato all’esistenza di una sentenza. È essenziale distinguere l’esistenza di una sentenza dai suoi effetti. In diritto e di fatto una sentenza che dichiara la nullità di un atto esiste nel momento e dal momento in cui essa è pronunciata. Da quel momento la sentenza fa scomparire l’atto dall’ordinamento giuridico dell’Unione con effetto dalla data in cui detta misura è entrata in vigore (20). È ovvio che è impossibile conformarsi a una sentenza prima che questa sia stata pronunciata. Inoltre, un’istituzione europea non può iniziare a comprendere i provvedimenti che potrebbe essere tenuta ad adottare per conformarsi prima di sapere a cosa debba conformarsi. La decisione del 2014 era legittima al momento della sua adozione. Subito dopo, e nel rispetto della medesima, la Deutsche Telekom ha pagato integralmente alla Commissione l’ammenda a titolo provvisorio. Alla pronuncia della sentenza del 2018 è emerso che la Deutsche Telekom aveva indebitamente pagato una parte di detta somma, il cui importo non avrebbe potuto essere stimato prima del verificarsi di tale evento.

48.      Se l’esistenza di una sentenza è un presupposto per qualunque obbligo di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della medesima comporta, ne consegue che la Commissione non potrebbe avere violato l’articolo 266, primo comma, TFUE prima della pronuncia della sentenza del 2018. La conclusione al punto 111 della sentenza impugnata, che la Commissione avrebbe violato l’articolo 266, primo comma, TFUE prima della pronuncia della sentenza del 2018, motivo per cui era stata obbligata a pagare alla Deutsche Telekom interessi di mora, è dunque giuridicamente e logicamente infondata.

49.      La mia seconda osservazione è che l’articolo 266, primo comma, TFUE non definisce i provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza comporta, provvedimenti che in prima istanza devono essere identificati dall’istituzione interessata e, in caso di controversia, determinati dai giudici dell’Unione (21). Tale obbligo può essere soddisfatto in vari modi, compresa l’adozione di un nuovo provvedimento, l’astensione dall’adozione di un provvedimento o, come nel caso di specie, il pagamento o il rimborso di somme di denaro (22). Laddove, prima del suo annullamento integrale o parziale, un atto sia già stato eseguito, anche a titolo provvisorio, i provvedimenti necessari di cui all’articolo 266, primo comma, TFUE possono includere l’obbligo di reintegrare il ricorrente nella situazione nella quale il medesimo si trovava anteriormente all’adozione dell’atto dichiarato nullo (23). Siffatte misure devono logicamente comprendere un obbligo della Commissione di assicurare che un soggetto che ha pagato un importo indebitamente riceva lo stesso valore monetario al momento della sua restituzione. Tale obbligo esiste indipendentemente da qualsiasi diritto al risarcimento per perdite, la cui esistenza è espressamente riconosciuta dall’articolo 266, secondo comma TFUE. L’obbligo di cui all’articolo 266, primo comma, TFUE, è anche distinto da qualsiasi obbligo che potrebbe sorgere di restituire l’arricchimento senza causa risultante per un’istituzione dell’Unione dalla detenzione di importi indebitamente riscossi. Concordo dunque con la tesi della Deutsche Telekom che l’obbligo di riconoscere un rimborso integrale è indipendente, e non dipende, dall’applicazione del meccanismo di cui all’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, che, inoltre, sembra essere stato elaborato per rendere conto di qualsiasi arricchimento senza causa delle istituzioni dell’Unione (24).

50.      La mia terza osservazione è che l’articolo 266, primo comma, TFUE impone un semplice obbligo alle istituzioni dell’Unione di conferire piena efficacia alle sentenze dei giudici dell’Unione. Non è diretto a sanzionare le istituzioni. L’articolo 266, primo comma, TFUE non fornisce una base giuridica per provvedimenti che chiederebbero a un’istituzione dell’Unione di pagare tassi di interessi eccessivi o sanzionatori. L’articolo 266, secondo comma, TFUE supporta questa osservazione giacché riserva espressamente il diritto di un’impresa di invocare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, senza riguardo alla misura dell’adempimento dell’articolo 266, primo comma, TFUE ad opera di un’istituzione. I trattati operano dunque una netta distinzione tra un diritto di chiedere alle istituzioni dell’Unione di adottare i provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza dei giudici dell’Unione comporta e un diritto al risarcimento per una condotta illegittima di un’istituzione dell’Unione che ha causato un danno (25).

51.      Il Tribunale ha respinto il ricorso di risarcimento della Deutsche Telekom per il danno che asseriva di aver sostenuto per essere stata privata del godimento delle somme pagate in via provvisoria. Non è stata presentata impugnazione incidentale avverso questa conclusione. Sia per questo motivo che per quelli esposti ai paragrafi 47 e 48 delle presenti conclusioni, in mancanza di una violazione ad opera della Commissione dell’articolo 266, primo comma, TFUE prima della pronuncia della sentenza del 2018, non si pone alcuna questione di risarcimento, ai sensi dell’articolo 266, secondo comma, TFUE in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE.

52.      Rimane la questione se l’articolo 266, primo comma, TFUE possa imporre alla Commissione di pagare interessi di mora su un importo indebitamente pagato dal momento di tale pagamento sino alla pronuncia di una sentenza che abbia l’effetto di eliminare la giustificazione giuridica che serviva da base al pagamento di detto importo.

53.      I trattati non fanno menzione di interessi di mora. Nei limiti in cui la normativa dell’Unione si riferisce alla nozione di cui al titolo dell’articolo 83 del regolamento delegato n. 1268/2012, l’espressione «default interest» nel testo di lingua inglese è reso con «Intérêts moratoires» nella versione francese, «Intereses moratorios» in lingua spagnola, «Juros de mora» nella versione portoghese e «Interessi di mora» in lingua italiana. Dette espressioni derivano dal termine latino mora, che significa «ritardo». In diritto romano, la mora debitoris si applicava quando un debitore non adempiva a un obbligo chiaramente definito entro un certo periodo di tempo: in altri termini, essa era intesa come incentivo per soddisfare gli obblighi tempestivamente e dunque come sanzione per l’inadempienza di una richiesta di pagamento di un importo di denaro verificabile al momento in cui la richiesta era stata avanzata.

54.      L’articolo 83 del regolamento delegato n. 1268/2012 riflette queste origini. Il suo paragrafo 1 così recita «... ogni importo esigibile non rimborsato alla scadenza di cui all’articolo 80, paragrafo 3, lettera b), produce interessi a norma dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo». Ai sensi dell’articolo 80, paragrafo 3, del regolamento delegato n. 1268/2012, con la nota di addebito il debitore viene informato che l’Unione ha accertato il credito e che non sono applicati interessi di mora se il pagamento viene effettuato entro la scadenza. La nota di addebito informa inoltre il debitore che, se il rimborso non viene effettuato entro la scadenza, il debito produce interessi al tasso indicato all’articolo 83 del regolamento delegato n. 12568/2012, ossia quello applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali. Ne consegue che l’interesse di mora è pagabile allorché un’istituzione dell’Unione ha dato al debitore una scadenza per pagare un importo dovuto e detto debitore omette di pagare entro tale scadenza. Il pagamento di un importo indicato in una nota di addebito prima della scadenza di tale termine non produce interessi di mora.

55.      Le menzionate disposizioni sono coerenti con un’interpretazione letterale dell’espressione «interessi di mora», secondo la quale detti interessi sono dovuti quando un debitore omette di pagare un’obbligazione entro una scadenza specifica. Atteso che la Commissione non è stata inadempiente riguardo a un’obbligazione di rimborsare alla Deutsche Telekom l’importo indebitamente pagato, il pagamento di questi interessi non sembra essere un provvedimento che l’esecuzione di una sentenza dei giudici dell’Unione comporta, ai sensi dell’articolo 266, primo comma TFUE.

56.      È stato autorevolmente sostenuto che gli ordinamenti degli Stati membri non conoscono alcun principio generale per cui gli interessi di mora debbano decorrere dalla data del danno (26). Sono le normative degli Stati membri a esigere il pagamento di interessi di mora in circostanze in cui, in conseguenza di un ordine del giudice, è stato dichiarato che un importo è stato pagato – in tutto o in parte - indebitamente a un’autorità nazionale? A quanto mi risulta, in circostanze analoghe a quelle della presente impugnazione, detta questione non si pone in diritto tedesco, irlandese, austriaco e finlandese, poiché le ammende per violazione del diritto della concorrenza non si applicano fino all’avvenuto esperimento di tutti i mezzi di ricorso. Undici Stati membri (27) sembrano imporre alle autorità un obbligo di pagare, dalla data della riscossione, interessi su importi legittimamente riscossi ma successivamente ritenuti pagati indebitamente. Tale obbligo mira a compensare per l’indisponibilità di quei fondi e/o a prevenire un arricchimento senza causa, ma non è imputabile a nessun ritardo nel rimborso (28). Siffatti interessi non sono dunque interessi di mora nell’accezione corrente dell’espressione. Quando una pubblica amministrazione ritarda a rimborsare importi indebitamente pagati quattro Stati membri sembrano imporre un obbligo specifico di pagare interessi di mora (29).

57.      Passo adesso ad esaminare la giurisprudenza della Corte a questo riguardo.

58.      La giurisprudenza iniziale distingueva tra interessi collegati a un ritardo nel soddisfacimento di un debito, successivamente definiti interessi di mora, che richiedevano la comunicazione della data in cui un debito diveniva esigibile, e interessi compensativi, esigibili in conseguenza di un danno provocato da un atto illecito, che non richiedevano una messa in mora (30). La giurisprudenza successiva ha confermato che gli interessi di mora erano dovuti soltanto a causa di un ritardo nell’esecuzione di un obbligo di pagare o rimborsare un importo di denaro (31). Gli interessi di mora decorrevano dunque dalla data di una sentenza che accertava un debito a carico di un’istituzione dell’Unione (32). Quando la Commissione successivamente rimborsava importi considerati pagati indebitamente, il Tribunale di primo grado dichiarava che il tasso d’interesse applicato dalla Commissione perseguiva una finalità totalmente diversa rispetto a quella sottesa agli interessi di mora: il primo tasso d’interesse aveva lo scopo d’impedire un arricchimento senza causa delle Comunità, mentre il secondo tasso d’interesse mirava ad impedire i ritardi ingiustificati nel rimborso di tali importi (33).

59.      La sentenza Corus ha segnato un allontanamento da questa giurisprudenza sotto il profilo formale ma non, si sostiene, sotto quello sostanziale. La Commissione rifiutava di pagare interessi su un importo che aveva rimborsato alla Corus a seguito del parziale annullamento di un’ammenda per una violazione del diritto della concorrenza (34). La Corus ha proposto ricorso per risarcimento avanti al Tribunale chiedendo, tra l’altro, interessi a titolo di compensazione per il mancato godimento del denaro provvisoriamente pagato alla Commissione (35). Descrivendo detta domanda come richiesta di «interessi di mora», il Tribunale di primo grado l’ha accolta in ragione alla necessità di compensare la svalutazione del denaro e di evitare un arricchimento senza causa dell’Unione (36). Il Tribunale ha riconosciuto alla Corus un importo equivalente agli interessi che la Commissione ha valutato che sarebbero stati prodotti dall’importo dell’ammenda indebitamente pagata tra la data della sua riscossione provvisoria e quella del suo rimborso (37). L’uso dell’espressione interessi di mora ha dunque oscurato la circostanza che il Tribunale di primo grado ha riconosciuto interessi basandosi sulle nozioni di restituzione e di arricchimento senza causa, che sono rilevanti per provvedimenti adottati per dare esecuzione a una sentenza dei giudici dell’Unione. Si può osservare che, riguardo a un motivo di ricorso diverso, il Tribunale ha riconosciuto quelli che erano di fatto interessi di mora, calcolati dalla data in cui la Commissione aveva rimborsato l’importo in conto capitale fino alla data in cui esso ha pronunciato la sentenza Corus (38).

60.      IPK International trae origine da un ricorso accolto avverso una decisione della Commissione di cancellare taluni contributi finanziari inizialmente concessi a IPK. All’annullamento di tale decisione, la Commissione ha pagato alla ricorrente sia gli importi da quest’ultima rimborsati che quelli che non le erano stati versati, aumentati con interessi compensativi (39). IPK ha presentato un nuovo ricorso di annullamento del rifiuto della Commissione di pagare interessi di mora. Il Tribunale ha concluso che «indipendentemente dalla loro precisa denominazione», tali interessi dovrebbero sempre essere calcolati come se fossero interessi di mora, ossia con riferimento al tasso di interesse applicato dalla BCE alle sue operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti (40). Il Tribunale ha ingiunto alla Commissione di pagare interessi di mora dalla data della sentenza di annullamento del rifiuto di pagare detti interessi (41). Come nella sentenza Corus, riguardo all’erogazione del pagamento degli interessi relativi agli importi riconosciuti nella sentenza, il Tribunale ha operato una distinzione tra gli interessi, che si è astenuto dal definire, e gli interessi di mora, nell’accezione dell’espressione usata sino ad allora nella giurisprudenza della Corte.

61.      La Commissione ha impugnato la sentenza del Tribunale. Nelle sue conclusioni l’avvocato generale Bot ha operato una distinzione tra interessi compensativi e interessi di mora nel contesto di ricorsi di risarcimento ed ha ammesso che un obbligo di pagare interessi di mora non poteva sorgere prima della pronuncia di una sentenza che accertava l’obbligo di risarcire il danno. Egli non ha applicato questo approccio a ricorsi per il rimborso di importi indebitamente pagati (42). In questo modo, l’avvocato ha interpretato la sentenza Corus (43) come se il Tribunale avesse ingiunto il pagamento di interessi di mora mentre, come spiegato al paragrafo 59 delle presenti conclusioni, di fatto esso aveva ordinato il pagamento di quelli che erano, in qualsiasi valutazione oggettiva, interessi al fine di reintegrare il patrimonio e di evitare un arricchimento senza causa. Con il titolo «Insegnamenti tratti dalla giurisprudenza» l’avvocato generale Bot ha dichiarato che interessi compensativi e interessi di mora «sembrano svolgere sempre lo stesso ruolo, consistente nel compensare la perdita del godimento del proprio credito subìta dal creditore privato» (44). Egli ha aggiunto che «gli interessi compensativi (…) compensano il trascorrere del tempo fino alla valutazione giudiziale dell’importo del danno, indipendentemente da qualsiasi ritardo imputabile al debitore, mentre gli interessi moratori risarciscono forfettariamente le conseguenze del ritardo nel pagamento del credito pecuniario, consentendo al creditore di ricevere approssimativamente ciò che avrebbe ottenuto se avesse investito i fondi» (45). L’avvocato generale Bot ha considerato che il diritto a detti interessi di mora trova fondamento diretto nell’articolo 266, primo comma, TFUE (46). Ciononostante egli ha dedotto dalla giurisprudenza che, in caso di annullamento, la principale preoccupazione del giudice dell’Unione «dev’essere quella di applicare nel modo più puntuale possibile il principio di restitutio in integrum, che implica un ritorno allo status quo ante, assicurandosi che ciascuno ritrovi la propria situazione iniziale, senza perdite né benefici» (47). È quest’ultima osservazione che collega gli obblighi di cui all’articolo 266, primo comma, TFUE al concetto di reintegrazione piuttosto che alla necessità di adempiere rapidamente agli obblighi finanziari. L’avvocato generale Bot è arrivato al punto da criticare la sentenza impugnata per avere operato una distinzione tra interessi compensativi e interessi di mora (48).

62.      La Corte ha adottato una motivazione più sintetica nella sentenza IPK International (49), in cui ha dichiarato che «il versamento di interessi moratori costituisce un provvedimento di esecuzione della sentenza di annullamento (…), in quanto mira a risarcire forfettariamente la privazione del godimento di un credito e a spingere il debitore ad eseguire quanto prima la sentenza di annullamento» (50). Secondo la Corte, il Tribunale era pertanto incorso in un errore di diritto quando aveva dichiarato che la Commissione era debitrice di interessi compensativi, posto che l’esecuzione di una sentenza in applicazione dell’articolo 266, primo comma, TFUE richiedeva una concessione di interessi di mora (51).

63.      Per quanto di mia conoscenza, nella sentenza IPK International la Corte ha dichiarato per la prima volta che gli interessi di mora mirano a risarcire forfettariamente la privazione del godimento di un credito. La sentenza non contiene né il fondamento né la spiegazione di tale conclusione, che sembra trarre origine dal paragrafo 77 delle conclusioni dell’avvocato generale Bot, che a sua volta non rinvia a nessuna autorità né giustificazione a supporto di tale conclusione. Sebbene la Corte abbia aggiunto che gli interessi di mora spingono inoltre il debitore a eseguire quanto prima la sentenza di annullamento, essa ha dichiarato per la prima volta che gli interessi possono essere dovuti con riguardo al periodo precedente la pronuncia della sentenza da eseguire. Non è immediatamente evidente come la legittima finalità di incoraggiare l’esecuzione di richieste di pagamento sia conseguita creando un obbligo di pagare interessi di mora per un periodo che precede la pronuncia della sentenza, invece che imponendo un obbligo di pagare interessi di mora con decorrenza dalla data della sentenza (52). Come rilevato ai paragrafi 48 e 49 delle presenti conclusioni, nell’articolo 266 TFUE non si rinviene nessun elemento a supporto di detta tesi.

64.      Nella sentenza Wortmann la Corte si è astenuta dall’avallare un argomento secondo cui, a seguito dell’annullamento di un regolamento ad opera del giudice dell’Unione, le autorità nazionali sarebbero tenute a pagare interessi di mora su dazi antidumping indebitamente percepiti in forza di quel regolamento (53). Essa ha dichiarato invece che «l’importo di tali dazi rimborsati all’impresa interessata dall’autorità nazionale competente deve essere addizionato dei relativi interessi» (54). L’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona ha anche concluso che la sentenza della Corte IPK International deve essere letta alla luce delle particolarità di quella controversia, senza che se ne possa dedurre un cambio della giurisprudenza della Corte in merito alla definizione di interessi di mora (55). Egli ha proseguito dichiarando che, mentre la giurisprudenza della Corte ha sancito un principio di diritto dell’Unione secondo cui somme indebitamente pagate devono essere rimborsate con interessi dal momento del pagamento indebito, da questo non consegue che da quella data siano dovuti interessi di mora (56).

65.      La sentenza impugnata rinvia anche alla sentenza della Corte Guardian Europe. Nel novembre 2014, è stato accolto il ricorso della Guardian Europe volto a ridurre un’ammenda ad essa inflitta dalla Commissione nel 2007 (57). Nel dicembre 2014, la Commissione ha rimborsato la parte dell’ammenda che era stata annullata, oltre ad interessi per un importo di EUR 988 620 in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012 (58). La Guardian Europe ha allora avviato un procedimento avverso l’Unione europea, chiedendo il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa della durata del procedimento giurisdizionale. Tale ricorso di risarcimento è stato ritenuto ricevibile, in quanto non impugnava la decisione del dicembre 2014, che era divenuta definitiva (59). Il Tribunale ha riconosciuto una compensazione per danni materiali per un importo di EUR 654 523,43, aumentato di quanto ha descritto come «interessi compensativi» al tasso annuo di inflazione nello Stato membro di stabilimento della Guardian Europe, sino alla data della pronuncia della sua sentenza. Esso ha anche riconosciuto interessi di mora su detto importo dalla data della pronuncia di tale sentenza sino al ricevimento del pagamento (60).

66.      In sede di impugnazione, l’Unione europea ha fatto valere che il Tribunale era incorso in un errore di diritto respingendo la sua tesi dell’irricevibilità del ricorso. Pur accogliendo la conclusione del Tribunale su quel punto (61), la Corte sembra aver frainteso la sua sentenza nei limiti in cui ha dichiarato che l’importo di EUR 988 620 era a titolo di «interessi di mora» (62) mentre di fatto corrispondeva agli «interessi prodotti» che la Commissione aveva pagato ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012 (63). La Corte ha infine concluso che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto riconoscendo compensazione alla Guardian Europe e ha respinto la domanda di risarcimento (64).

67.      La sentenza Printeos, su cui si basa la sentenza impugnata, sembra essere la più recente iterazione significativa della giurisprudenza. La Commissione ha inflitto alla Printeos un’ammenda per una violazione delle norme in materia di concorrenza, che detta impresa ha pagato in via provvisoria (65). A seguito dell’annullamento di tale decisione, la Commissione ha rimborsato l’intero importo dell’ammenda senza interessi in quanto il fondo in cui aveva investito l’ammenda (66) aveva prodotto un rendimento negativo (67). Printeos ha presentato una domanda di risarcimento ai sensi dell’articolo 266, secondo comma, TFUE in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE (68). In udienza, la Printeos ha spiegato che la sua domanda di pagamento di interessi compensativi doveva essere intesa come domanda di interessi di mora. Nonostante un’ulteriore indicazione che esso non intendeva sostenere che una violazione dell’articolo 266, primo comma, TFUE fosse il principale fondamento giuridico della sua domanda di compensazione (69), il Tribunale ha fondato la sua analisi su quella disposizione (70). Basandosi sulla sentenza della Corte e sulle conclusioni dell’avvocato generale Bot in IPK International (71), il Tribunale ha concluso che l’articolo 266, primo comma, TFUE imponeva alla Commissione di rimborsare l’importo principale dell’ammenda, oltre a interessi di mora a titolo di compensazione forfettaria per la privazione del godimento di quell’importo, dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda sino alla data del rimborso dell’importo principale (72).

68.      Nella sentenza Printeos è stato dichiarato che, conformemente al principio iura novit curia, il Tribunale poteva qualificare gli interessi richiesti come interessi di mora invece che come interessi compensativi, come definiti nel ricorso originario del ricorrente (73). Quanto al merito, la Corte ha operato una distinzione tra interessi di mora e interessi compensativi. Gli interessi di mora mirano a risarcire forfettariamente la privazione del godimento di un credito e a spingere il debitore ad effettuare il pagamento quanto prima(74), mentre gli interessi compensativi sono volti a compensare il decorso del tempo fino alla valutazione giudiziale dell’importo del danno, indipendentemente da qualsiasi ritardo imputabile al debitore (75). La Corte ha dunque concluso che il Tribunale non era incorso in alcun errore di diritto condannando la Commissione a pagare interessi di mora (76). Atteso che la causa verteva sul pagamento di un importo certo, vale a dire l’ammenda inflitta alla Printeos che era stata annullata, non vi era questione di interessi compensativi (77).

69.      Ritengo necessario formulare le seguenti quattro osservazioni sulla sentenza Printeos.

70.      Anzitutto, la concettualizzazione degli interessi compensativi ad opera della Corte con riferimento all’articolo 266, secondo comma, TFUE in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma TFUE, come limitati alla compensazione per la privazione di denaro a causa del decorso del tempo, è eccessivamente ristretta. Una varietà di motivi può giustificare il riconoscimento di una compensazione derivante da un pagamento indebito, compresa la perdita di una specifica opportunità commerciale dovuta all’indisponibilità di quei fondi, argomento che la Deutsche Telekom non è riuscita a provare riguardo ai fatti dedotti dinanzi al Tribunale (78).

71.      In secondo luogo, la Corte ha rinviato alla sentenza IPK International (79) per fondare la tesi secondo la quale gli interessi di mora sono intesi a compensare forfettariamente la privazione del godimento di crediti. Come osservato al paragrafo 63 delle presenti conclusioni, tale tesi sembra trarre origine dalle conclusioni dell’avvocato generale Bot in quella causa (80), che non contengono alcun riferimento a un’autorità né alcuna spiegazione per avvallarla. I commentatori hanno criticato detta giurisprudenza in quanto offusca la distinzione tra interessi di mora e interessi compensativi, alterando la definizione di interessi di mora (81). Analogamente, è stato osservato che tale giurisprudenza confonde la distinzione tra interessi di mora e interessi compensativi (82). Mentre gli interessi di mora offrono un incentivo per rimborsare rapidamente un debito e sono calcolati dalla data della sentenza che stabilisce l’importo della compensazione fino al pagamento, gli interessi compensativi tengono conto del periodo anteriore alla data della sentenza, in quanto il loro obiettivo è compensare la perdita causata dalla privazione dell’uso del denaro (83). A mio parere, queste osservazioni offrono una spiegazione convincente per l’esistenza di una distinzione tra interessi di mora e compensativi, che è completamente assente nella giurisprudenza oggetto di queste critiche.

72.      In terzo luogo, in risposta alla critica che l’obbligo di pagare interessi di mora non è un incentivo a dare esecuzione a una sentenza dato che detti interessi sono calcolati dalla data del pagamento provvisorio dell’ammenda, la Corte ha dichiarato che l’incentivo in parola è solo uno dei due obiettivi perseguiti dal pagamento degli interessi di mora, mentre l’altro è quello di offrire compensazione forfettaria per la privazione del godimento dei fondi (84). Questa risposta fonde soltanto nuovamente le nozioni di interessi compensativi e di mora senza rinviare a alcuna autorità o dare alcuna spiegazione a questo fine (85). L’obiettivo degli interessi compensativi è quello di offrire compensazione. L’obiettivo degli interessi di mora è quello di garantire il pagamento tempestivo di debiti divenuti esigibili. Non è possibile ignorare la differenza esistente tra queste due nozioni.

73.      In quarto luogo, la Corte ha aggiunto che l’obbligo di pagare interessi di mora dalla data del pagamento dell’ammenda in via provvisoria «costituisce un incentivo per l’istituzione interessata a prestare particolare attenzione al momento dell’adozione di decisioni siffatte» (86). Questa conclusione ignora la critica che l’obbligo di pagare interessi di mora per un periodo precedente la pronuncia di una sentenza non può costituire un incentivo a dare tempestivamente esecuzione a tale sentenza, essendo questa la caratteristica essenziale degli interessi di mora. La Corte suggerisce che l’esposizione al rischio di essere tenuti a pagare interessi di mora dovrebbe indurre la Commissione a prestare particolare attenzione a evitare di agire in maniera illegittima quando infligge ammende. Le istituzioni dell’Unione, compresa la Corte, sono soggette a un obbligo generale di non agire in maniera illegittima. Quando ciò avviene, i trattati dispongono che rimedi appropriati sono la restituzione, ai sensi dell’articolo 266, prima comma, TFUE, e la compensazione per danni subiti ai sensi dell’articolo 266, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE.

74.      Con riferimento alla giurisprudenza della Corte successiva alla sentenza Printeos, sembra che quelli che sono descritti come «interessi di mora», addebitati dalla data di un pagamento indebito fino alla sua restituzione, siano intesi contemporaneamente (a) a compensare forfettariamente la privazione del godimento di somme dovute; (b) a fornire un incentivo a dare esecuzione a una sentenza; e (c) a costituire un incentivo per le istituzioni dell’Unione a prestare particolare attenzione nell’adozione di siffatte decisioni. Le presenti conclusioni sottolineano che gli «interessi di mora» non sono né gli interessi di restituzione, che devono essere pagati in forza dell’articolo 266, primo comma, TFUE, né gli interessi compensativi, che l’articolo 266, secondo comma, TFUE mette a disposizione(87). I trattati non contengono una base giuridica per chiedere il pagamento degli interessi che la sentenza Printeos sembra contemplare. Salvo nel caso in cui sono addebitati per un periodo successivo alla pronuncia di una sentenza, siffatti «interessi di mora» non possono neppure costituire un incentivo per dare esecuzione a una sentenza in mancanza della sentenza stessa, una condizione per l’applicazione dell’articolo 266, primo comma, TFUE. L’affermazione che siffatti «interessi di mora» costituiscono un incentivo per conformarsi alla legge introduce non solo una nozione peculiare, in cui la Corte esercita un qualche tipo di funzione disciplinare per ricordare alle istituzioni dell’Unione di soddisfare i loro obblighi, ma anche un elemento punitivo per cui l’articolo 266, primo comma, TFUE non fornisce alcun fondamento giuridico. Infine, i trattati non impongono alcun obbligo di pagare interessi forfettari. Un obbligo di corresponsione di interessi deve essere valutato con riferimento a uno o più, a seconda delle circostanze, dei quattro obblighi legali che una parte può invocare a tal fine: reintegrazione, pagamento di compensazione, riparazione di un arricchimento senza causa e pagamento tempestivo di siffatti importi.

75.      In una recente sentenza nella causa Gräfendorfer, la Corte ha dichiarato che ogni interessato al quale un’autorità nazionale abbia richiesto il pagamento di una tassa, di un’imposta o di un altro prelievo in violazione del diritto dell’Unione ha, in forza di quest’ultimo, il diritto di ottenere il rimborso dell’importo di denaro corrispondente da parte di tale Stato membro, insieme agli interessi volti a compensare l’indisponibilità di quest’ultimo (88). Da tale sentenza risulta che il danno derivante dall’indisponibilità di importi indebitamente pagati può essere riparato con riferimento all’obbligo di restituzione o all’obbligo di risarcimento. Nulla in tale sentenza suffraga la tesi che il diritto dell’Unione esige che le autorità nazionali paghino interessi di mora su un importo di denaro pagato in violazione del diritto dell’Unione calcolato con riferimento alla data del suo pagamento. Per effetto dell’approccio della Corte nella sentenza Gräfendorfer, sembra prodursi la situazione piuttosto inusuale in cui un’istituzione dell’Unione, che si ritiene abbia riscosso somme indebitamente, deve pagare interessi di mora calcolati dalla data della riscossione sino a quella della restituzione, mentre un’autorità nazionale che riceve denaro in circostanze analoghe è semplicemente tenuta a compensare per l’indisponibilità degli importi indebitamente pagati. Nessuna ratio è stata fornita per siffatta disparità di trattamento e non è affatto chiaro come questa potrebbe essere giustificata.

76.      L’esistenza di legittime divergenze di opinione circa l’interpretazione e l’applicazione del diritto dell’Unione è un elemento corrente del procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte (89). Imporre alla Commissione un obbligo di pagare interessi di mora in mancanza di un ritardo nella sua esecuzione di una sentenza sembra essere particolarmente inopportuno posto che i contenziosi dinanzi ai giudici dell’Unione possono protrarsi per un periodo di tempo considerevole, circostanza sulla quale la Commissione non ha alcun controllo (90). Per completezza, desidero aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Deutsche Telekom, ai sensi del diritto esistente la Commissione non può rinviare la riscossione di un’ammenda sino alla definizione di una controversia dinanzi ai giudici dell’Unione (91). Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 2, del regolamento finanziario, le risorse proprie messe a disposizione della Commissione e ogni importo esigibile «saranno» determinati con un ordine di riscossione. L’articolo 90, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 1268/2012 prevede inoltre che, quando dinanzi alla Corte è intentata un’azione legale contro una decisione della Commissione intesa a comminare un’ammenda, il debitore paga, a titolo provvisorio, gli importi corrispondenti oppure costituisce una garanzia bancaria. Nulla in queste disposizioni autorizza la Commissione a rinviare la riscossione di un’ammenda in pendenza di una controversia.

77.      In sintesi, quando si accerta che un’impresa ha effettuato un pagamento indebito a un’istituzione dell’Unione, l’importo che detta istituzione è tenuta per legge a rimborsare a tale impresa deve essere calcolato tenendo conto dei seguenti quattro requisiti:

–        garantire che l’impresa riceva esattamente lo stesso valore in termini monetari dell’importo da essa pagato (restitutio in integrum), ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE;

–        pagare una compensazione all’impresa per i danni subiti per effetto dell’indisponibilità del denaro, ai sensi dell’articolo 266, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE;

–        riparare ogni arricchimento senza causa eventualmente percepito da un’istituzione dell’Unione, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012;

–        una volta accertati questi importi, rimborsarli tempestivamente al fine di non incorrere in un inadempimento dell’obbligo ad essa imposto dall’articolo 266, primo comma, TFUE.

78.      Alla luce di tali conclusioni valuterò adesso il primo motivo d’impugnazione.

–       Valutazione dell’impugnazione

79.      Lo scopo degli interessi di mora è quello di fornire un incentivo per il debitore di dare tempestivamente esecuzione a una sentenza dei giudici dell’Unione. Nel febbraio 2019, la Commissione ha dato esecuzione alla sentenza pronunciata nel dicembre 2018, rimborsando quella parte dell’ammenda che era stata annullata. Ne consegue che gli unici interessi di mora che la Commissione potrebbe essere tenuta a pagare sono imputabili al periodo che intercorre tra quelle due date. Nei limiti in cui il Tribunale, nella sentenza impugnata, ha stabilito un obbligo di pagare interessi di mora riguardo a un periodo precedente la data della sentenza del 2018, esso è incorso in un errore di diritto. Questa conclusione non pregiudica l’obbligo della Commissione di rispettare il principio della restitutio in integrum, che comprende un obbligo di rimborsare un importo che tenga conto della svalutazione del denaro (92), e il diritto della Deutsche Telekom ad ottenere un risarcimento per ogni danno eventualmente subito in conseguenza della riscossione provvisoria dell’ammenda (diritto che essa ha esercitato) o qualsiasi altro argomento che potrebbe essere fondato su un arricchimento senza causa della Commissione. Propongo dunque alla Corte di dichiarare che la prima parte del primo motivo d’impugnazione è fondata.

80.      Riguardo all’argomento che la sentenza impugnata è contraria alla giurisprudenza precedente la sentenza Printeos, osservo che la giurisprudenza iniziale distingueva chiaramente gli interessi di mora dagli interessi compensativi. La sentenza Corus ha dato inizio a un processo in cui per la prima volta l’espressione «interessi di mora» è stata usata per descrivere qualcosa a cui non corrispondeva, prima che la sentenza IPK International offuscasse la distinzione tra gli interessi di mora e compensativi, al punto da farla svanire. Si potrebbe aggiungere, come correttamente osservato dalla Commissione, che la sentenza della Corte nella causa Guardian Europe non supporta l’affermazione che la Commissione è tenuta a pagare interessi di mora perché in quel caso aveva pagato interessi ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, atto per cui la Corte non ha criticato la Commissione. Propongo dunque alla Corte di dichiarare fondata la seconda parte del primo motivo d’impugnazione.

81.      La Commissione sostiene che la sentenza impugnata avrebbe dovuto esaminare l’eccezione di illegittimità dedotta con riferimento all’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, atteso che detta disposizione è intesa ad essere applicata alle circostanze della fattispecie in esame (93). L’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012 non incide sugli obblighi imposti alla Commissione dall’articolo 266, primo comma, TFUE, posto che tale norma non è intesa ad assicurare l’osservanza di tale disposizione del trattato e di fatto non lo può fare. Propongo dunque alla Corte di respingere la terza parte del primo motivo d’impugnazione.

82.      Per i motivi esposti ai paragrafi da 47 a 50 e da 69 a 74 delle presenti conclusioni, la riscossione ad opera della Commissione del pagamento provvisorio dell’ammenda non configurava una violazione del diritto, sufficientemente qualificata o meno, idonea ad essere accertata prima della pronuncia della sentenza del 2018. Essa non era dunque tenuta a pagare interessi di mora alla Deutsche Telekom relativamente al periodo precedente a quell’evento. Soltanto su questa base, e senza necessità di esaminare gli ulteriori argomenti dedotti dalla Commissione, propongo alla Corte di dichiarare fondata la quarta parte del primo motivo d’impugnazione.

83.      Con la quinta parte del primo motivo d’impugnazione si fa valere che gli effetti ex tunc della sentenza di annullamento del 2018 non impongono alla Commissione di pagare interessi di mora dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda. Ai sensi dell’articolo 299, TFUE, le decisioni della Commissione che comportano un obbligo pecuniario costituiscono titolo esecutivo. Gli effetti ex tunc della sentenza del 2018 di ridurre l’importo dell’ammenda imponevano alla Commissione di rimborsare alla Deutsche Telekom l’importo da essa riscosso in maniera asseritamente illegittima. Nell’effettuare detto rimborso, l’articolo 266, primo comma, TFUE imponeva alla Commissione di tenere conto di un’eventuale svalutazione monetaria dovuta al decorso del tempo tra la data della riscossione provvisoria e la data della pronuncia della sentenza del 2018. Tale obbligo non arrivava fini ad imporre alla Commissione di versare alla Deutsche Telekom interessi di mora calcolati dalla data del pagamento provvisorio fino alla data della pronuncia della sentenza del 2018. Propongo dunque alla Corte di accogliere la quinta parte del primo motivo d’impugnazione.

84.      Secondo giurisprudenza la Commissione può adottare una politica volta ad assicurare che le sanzioni che infligge per violazioni della concorrenza abbiano carattere dissuasivo (94). Siffatta politica è irrilevante ai fini di un eventuale obbligo della Commissione di pagare interessi di mora nei casi in cui ometta di dare pronta esecuzione a una sentenza. Propongo dunque alla Corte di respingere la sesta parte del primo motivo d’impugnazione.

85.      Propongo alla Corte di accogliere la prima, la seconda, la quarta e la quinta parte del primo motivo d’impugnazione e di respingere le altre parti del primo motivo.

 2.      Errore di diritto nella fissazione del tasso di interessi di mora esigibili

–       Argomenti delle parti

86.      La Commissione deduce quattro argomenti a sostegno del suo secondo motivo d’impugnazione, secondo cui la sentenza impugnata sarebbe inficiata da errore di diritto in quanto il Tribunale ha applicato per analogia l’articolo 83, paragrafo 2, lettera b) del regolamento delegato n. 1268/2012 allorché ha dichiarato che gli interessi di mora dovuti devono essere calcolati con riferimento al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di tre punti e mezzo percentuali.

87.      Anzitutto, l’articolo 83, paragrafo 2, lettera b) del regolamento delegato n. 1268/2012 disciplina il pagamento di interessi di mora ad opera di debitori quando questi sono in ritardo nel pagamento alla Commissione sulla base di una nota di addebito che deve contenere determinate informazioni. La natura degli interessi di mora è tale che questi non possono essere addebitati finché esiste l’obbligo di pagare l’importo principale.

88.      In secondo luogo, il riferimento a interessi di mora contenuto nella sentenza della Corte nella causa Guardian Europe (95) non era corretto giacché quella causa comportava il pagamento di «interessi prodotti», calcolati ai sensi dell’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012, procedimento che la Corte ha convalidato.

89.      In terzo luogo, la sentenza impugnata fraintende la sentenza Printeos in cui, su domanda di Printeos, la Corte ha concesso interessi al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di due punti percentuali. Né il Tribunale né la Corte hanno riconosciuto interessi di mora al tasso fissato all’articolo 83, paragrafo 2, lettera b) del regolamento delegato n. 1268/2012 dalla data della riscossione provvisoria dell’ammenda.

90.      In quarto luogo, al punto 135 della sentenza impugnata il Tribunale è incorso in un errore di diritto per aver assimilato la situazione in cui la Deutsche Telekom si sarebbe trovata nel caso in cui avesse omesso di pagare l’ammenda, a quella in cui si è trovata la Commissione a seguito della pronuncia della sentenza del 2018. Tali situazioni non sono comparabili. Mentre la Deutsche Telekom era tenuta a pagare un’ammenda sulla base della decisione del 2014, che si presumeva valida fino al suo annullamento parziale ad opera della sentenza del 2018, la Commissione non aveva alcun obbligo di rimborsare parte dell’ammenda riscossa in via provvisoria prima della pronuncia di detta sentenza.

91.      Ove la Corte rigettasse questi argomenti, la Commissione fa valere che gli interessi di mora dovrebbero essere calcolati con riferimento al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di un punto e mezzo percentuale, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012, che è applicabile se un debitore omette di fornire una garanzia bancaria entro la scadenza rilevante. In ulteriore subordine, la Commissione chiede alla Corte di stabilire il tasso di interesse idoneo, che deve essere fissato al di sotto del tasso degli interessi di mora, posto che i secondi hanno carattere punitivo.

92.      La Deutsche Telekom fa valere che il secondo motivo d’impugnazione deve essere respinto, poiché la sentenza Printeos dichiara inequivocabilmente che la Commissione deve pagare interessi di mora al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012. Il Tribunale non aveva alcun margine di discrezionalità a questo riguardo quando ha pronunciato la sentenza impugnata. La sentenza della Corte nella causa Guardian Europe fa riferimento a «interessi di mora» e non a «interessi prodotti» in applicazione dell’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012.

93.      La Deutsche Telekom sostiene inoltre che il tasso degli interessi di mora, previsto all’articolo 83, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, non può essere applicato per analogia dato che l’omissione di fornire una garanzia bancaria non è paragonabile all’obbligo di pagare interessi di mora su somme di denaro indebitamente pagate. Ciò perché un’impresa che fornisce una garanzia bancaria invece di pagare l’ammenda sopporta a tal fine costi significativi, che non può recuperare dalla Commissione, neppure se i giudici dell’Unione successivamente annullano o riducono un’ammenda.

–       Valutazione

94.      Se la Corte accoglie il primo motivo d’impugnazione, propongo che essa dichiari fondato anche il secondo motivo d’impugnazione in quanto nel caso di specie gli interessi di mora non sono applicabili per i motivi esposti ai paragrafi da 47 a 50 e da 69 a 74 delle presenti conclusioni. In ogni caso, mentre l’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012 prevede un tasso di interessi di mora, esso è inteso ad essere applicato in un insieme di circostanze che non si configura nel caso di specie. Dall’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 1268/2012, in combinato disposto con l’articolo 80, paragrafo 3, lettere b) e c), del medesimo, emerge chiaramente che gli interessi di mora sono dovuti solo allo scadere di un termine fissato dalla Commissione per il pagamento di un debito. Questo non si può applicare per analogia al calcolo di interessi su importi dovuti prima della pronuncia di una sentenza dei giudici dell’Unione che ha dichiarato sia l’esistenza che l’ammontare di un debito. Il tasso degli interessi di mora, di cui all’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012, è dunque irrilevante per il tasso di interesse che potrebbe essere addebitato su siffatto importo.

95.      Propongo alla Corte di accogliere il secondo motivo d’impugnazione e, pertanto, di annullare la sentenza impugnata.

 IV. Ricorso dinanzi al Tribunale

96.      Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, se la decisione del Tribunale è annullata la Corte può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

97.      Alla luce delle considerazioni esposte ai paragrafi da 79 a 85, 94 e 95 delle presenti conclusioni, propongo alla Corte di respingere il ricorso, esaminato nella sentenza impugnata, diretto all’annullamento della decisione impugnata e alla concessione di un risarcimento in forma di interessi di mora sull’importo dell’ammenda successivamente annullata, calcolati dalla data della riscossione provvisoria.

 V.      Spese

98.      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

99.      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che si applica alle impugnazioni in forza del suo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

100. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

101. Le questione sollevate dalla Commissione nella presente impugnazione compaiono in diverse cause pendenti sia dinanzi al Tribunale (96) che alla Corte (97) e la sentenza che la Corte pronuncerà nella presente impugnazione sarà probabilmente risolutiva per dette cause. È dunque fortuito che la Deutsche Telekom sia venuta ad assumere il ruolo di legitimus contradictor, un compito che i suoi rappresentanti hanno assolto bene. In queste circostanze, considero che sarebbe sproporzionato addossare a un’unica impresa la responsabilità per la totalità delle spese sopportate in quello che potrebbe certamente rivelarsi come un «test case». Atteso che lo stato attuale del diritto sembra aver reso inutilmente complessi le questioni sollevate per la definizione di detti procedimenti satellite, sono del parere che fosse ragionevole che la Deutsche Telekom abbia avviato un procedimento volto all’annullamento della decisione impugnata e che la Commissione abbia impugnato dinanzi alla Corte la sentenza del Tribunale che accoglie detto ricorso. Propongo dunque alla Corte di ordinare che ciascuna parte sopporti le proprie spese nell’intero procedimento.

 VI.      Conclusione

102. Alla luce di quanto precede propongo alla Corte di:

(1) annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 19 gennaio 2022, Deutsche Telekom/Commissione (T‑610/19, EU:T:2022:15);

(2) respingere il ricorso presentato nella causa T‑610/19, Deutsche Telekom/Commissione;

(3) condannare la Deutsche Telekom e la Commissione europea a farsi carico ciascuna delle proprie spese sostenute nella causa T‑610/19, Deutsche Telekom/Commissione e nella causa C‑221/22 P, Commissione/Deutsche Telekom.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Humpty Dumpty: “Quando io uso una parola, significa quello che io scelgo che significhi – né più né meno»; Alice: «La questione è se puoi dare tanti significati diversi alle parole»: L. Carroll, Through the Looking-Glass and What Alice Found There, Oxford Companions, 1986. Oxford Companion to English Literature (5th Ed.), Ch. VI.


3      GU 2012, L 362, p. 1.


4      L’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012 dispone che «[q]uando sono state esaurite tutte le vie di ricorso e l’ammenda o la penale è stata annullata o ridotta (…) [g]li importi indebitamente riscossi e gli interessi prodotti sono rimborsati al terzo interessato; nei casi in cui il rendimento complessivo per il periodo in questione sia stato negativo è rimborsato il valore nominale degli importi indebitamente riscossi».


5      La Commissione ha osservato che la sentenza era stata pronunciata da una sezione di cinque giudici senza il beneficio di un’udienza o di conclusioni di un Avvocato generale.


6      Sentenza del 22 giugno 2023, Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia-Kosakowo/Commissione (C‑163/22 P, EU:C:2023:515, punto 77 e la giurisprudenza ivi citata).


7      Sentenza del 15 luglio 2021, DK/EEAS (C‑851/19 P, EU:C:2021:607, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).


8      Sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona (C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata). La Deutsche Telekom solleva un argomento identico nella sua eccezione di irricevibilità delle parti da seconda a sesta del primo motivo di impugnazione.


9      Sentenza del 26 febbraio 2020, EEAS/Alba Aguilera e a. (C‑427/18 P, EU:C:2020:109, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata).


10      Sentenza del 27 settembre 2012, Zuckerfabrik Jülich e a. (C‑113/10, C‑147/10 e C‑234/10, EU:C:2012:591).


11      Sentenze del 5 marzo 2019, Eesti Pagar (C‑349/17, EU:C:2019:172) e dell’8 giugno 1995, Siemens/Commissione (T‑459/93, EU:T:1995:100).


12      Sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19).


13      Sentenza del 10 ottobre 2001, Corus UK/Commissione (T‑171/99, EU:T:2001:249; in prosieguo: la «sentenza Corus»).


14      Sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672; in prosieguo: la «sentenza della Corte nella causa Guardian Europe»).


15      Sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2015:83; in prosieguo: la «sentenza IPK International).


16      Sentenza del 27 marzo 2019, Commissione/Germania (C‑620/16, EU:C:2019:256, punto 85 e la giurisprudenza ivi citata).


17      GU 2012, L 298, p. 1.


18      V., ad esempio il contenzioso Intel (sentenza del 12 giugno 2014, Intel/Commissione, T‑286/09, EU:T:2014:547; in impugnazione, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/ Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632; a seguito del rinvio della Corte, sentenza del 26 gennaio 2022, Intel Corporation/Commissione, T‑286/09 RENV, EU:T:2022:19).


19      Secondo la Commissione, gli interessi di mora pagabili in Intel eccederebbero della metà l’importo dell’ammenda iniziale.


20      Sentenza del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione (97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, EU:C:1988:199, punto 30).


21      Sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a. (C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punti 52 e 53).


22      Un’istituzione è tenuta a effettuare il pagamento o il rimborso rilevanti se il provvedimento annullato consiste in un rifiuto di pagare un importo di denaro a qualcuno (ad esempio un aiuto) o se consiste nell’imposizione a qualcuno di un obbligo di pagare un importo di denaro (ad esempio un’imposta o un onere).


23      Sentenza del 10 ottobre 2001, Corus UK/ Commissione (T‑171/99, EU:T:2001:249, punto 50 e la giurisprudenza citata).


24      Se il valore del denaro resta costante e non è dunque necessario aggiungere importi addizionali alla sua restituzione, il possessore di tale importo di denaro potrebbe ciononostante essersi indebitamente arricchito grazie al possesso di detto importo.


25      Sentenze del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32) e del 28 ottobre 2021, Vialto Consulting/Commissione (C‑650/19 P, EU:C:2021:879, punto 138 e la giurisprudenza ivi citata).


26      Conclusioni dell’avvocato generale Mancini nella causa Pauls Agriculture/Consiglio e Commissione (256/81, EU:C:1983:91, paragrafo 8).


27      Belgio, Bulgaria, Irlanda (in settori diversi dalle ammende in materia di concorrenza), Spagna, Francia, Grecia, Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Romania e Finlandia.


28      L’eccezione è rappresentata dall’Ungheria, dove l’amministrazione paga lo stesso importo di interessi sulla somma indebitamente pagata, senza riguardo alla questione se il rimborso sia tempestivo.


29      Belgio, Spagna, Italia e Austria (in settori diversi dal diritto della concorrenza).


30      V., in questo senso, la sentenza del 15 luglio 1960, Campolongo/High Authority (27/59 e 39/59, EU:C:1960:35, p. 407).


31      V. sentenza dell’8 giugno 1995, Siemens/ Commissione (T‑459/93, EU:T:1995:100, punto 101), in cui la Corte ha dichiarato che l’obbligo di recuperare aiuti incompatibili comprendeva interessi compensativi equivalenti al vantaggio finanziario ottenuto dall’impresa proveniente dalla messa a disposizione gratuita del capitale, ma non includeva interessi di mora, che erano una conseguenza dell’obbligo di rimborsare senza indugio l’aiuto illegittimo.


32      V., in questo senso, la sentenza del 4 ottobre 1979, Dumortier e a./Consiglio (64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, EU:C:1979:223, punto 25) e conclusioni dell’avvocato generale Mancini nella causa Pauls Agriculture/Consiglio e Commissione (256/81, EU:C:1983:91, paragrafo 8), seguite dalla sentenza del 18 maggio 1983, Pauls Agriculture/Consiglio e Commissione (256/81, EU:C:1983:138, punto 17). V. anche, in tal senso, la sentenza del 26 giugno 1990, Sofrimport/ Commissione (C‑152/88, EU:C:1990:259, punto 32).


33      V., in questo senso, sentenze del luglio 1960, Campolongo/High Authority (27/59 e 39/59, EU:C:1960:35, p. 407), del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione (T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, EU:T:2005:220, punto 414) e dell’8 ottobre 2008, SGL Carbon/Commissione (T‑68/04, EU:T:2008:414, punto 152). Nelle ultime sentenze il Tribunale di primo grado ha respinto i tentativi dei ricorrenti di invocare la nozione di interessi compensativi per contestare l’addebito di interessi di mora a seguito del pagamento tardivo di ammende.


34      Nella sentenza dell’11 marzo 1999, British Steel/Commissione (T‑151/94, EU:T:1999:52;).


35      Sentenza del 10 ottobre 2001, Corus UK/ Commissione (T‑171/99, EU:T:2001:249, punti da 16 a 18).


36      Ibid., punti da 53 a 55.


37      Ibid., punti da 60 a 62.


38      Ibid., punto 64. Il Tribunale di primo grado ha fissato tali interessi al tasso di 5.75% all’anno, corrispondente al tasso di interesse applicato dalla BCE alle operazioni di rifinanziamento principali, aumentato di due punti percentuali.


39      Sentenza del 10 aprile 2013, IPK International/Commissione (T‑671/11, EU:T:2013:163, punti 3 e 10). Gli interessi compensativi applicati all’importo capitale dovuto dalla data in cui questo non era a disposizione di IPK fino alla data in cui la Commissione aveva pagato l’importo principale con gli interessi.


40      Ibid., punti 36 e 37.


41      Ibid., punto 41. Riguardo a questa questione, la sentenza del Tribunale sembra essere corretta.


42      Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/ IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2014:2170, paragrafi da 42 a 77).


43      Sentenza del 10 ottobre 2001, Corus UK/ Commissione (T‑171/99, EU:T:2001:249).


44      Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/ IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2014:2170, paragrafo 77).


45      Ibid.


46      Ibid., paragrafo 78.


47      Ibid., paragrafo 79.


48      Ibid., paragrafo 90.


49      Sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2015:83;).


50      Ibid., punto 30.


51      Ibid., punto 38. La sentenza impugnata in questione statuiva formalmente che la Commissione doveva pagare interessi compensativi dalla data della sentenza di annullamento fino alla data del rimborso, sebbene applicasse un tasso identico agli interessi di mora: v. paragrafo 0 delle presenti conclusioni.


52      Per completezza voglio aggiungere che lo stesso si applicherebbe in un ricorso di risarcimento. Mentre sarebbe illogico stabilire un obbligo di pagare interessi di mora prima che il giudice dell’Unione abbia constatato l’esistenza di un danno, sarebbe ragionevole imporre detto obbligo dopo che una sentenza lo ha dichiarato e un’istituzione dell’Unione omette di pagare tempestivamente un risarcimento dopo la sentenza.


53      Sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19, punti 14, 15 e 35).


54      Ibid., punto 38.


55      Conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafi 71 e 72).


56      Ibid. paragrafi 59 e 74.


57      Sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries and Guardian Europe/ Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363).


58      Sentenza del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea (T‑673/15, EU:T:2017:377, punti 51, 54 e 55).


59      Ibid., punti 64 e 65.


60      Ibid., punti da 168 a 172.


61      Sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 65).


62      Ibid., punto 57.


63      V. sentenza del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea (T‑673/15, EU:T:2017:377, punti 51, 54 e 55).


64      Sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 149).


65      Sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81, punti 1 e 15).


66      Ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012.


67      Sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81, punti 18, 23 e 26). Nel periodo di riferimento, il tasso di inflazione nello Stato membro di stabilimento della Printeos era dello 0% (ibid., punto 44).


68      Ibid., punti 36 e 37.


69      Ibid., punto 32.


70      Ibid., punti 53 e seguenti.


71      Sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2015:83) e conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2014:2170).


72      Sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81, punti 33, 56 e 67). Si può rilevare che la Printeos aveva fissato il periodo di riferimento.


73      Sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione v Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 54).


74      Ibid., punto 55.


75      Ibid., punto 56.


76      Ibid., punti 68, 69 e 104.


77      Ibid., punti 78 e 79.


78      Sentenza del 19 gennaio 2022, Deutsche Telekom/Commissione (T‑610/19, EU:T:2022:15, punti da 39 a 52).


79      Sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2015:83, punto 30).


80      Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/ IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2014:2170, paragrafo 77).


81      Cano Gámiz P., «The EC’s obligation to pay default interest following Printeos and Deutsche Telekom», European Competition Law Review, 2022, Vol. 43(10), pagg. da 480 a 484. Buytaert T., «Obligation for EU institutions to pay default interest on repaid fines: Case C‑301/19 P Printeos», Journal of European Competition Law & Practice, 2022, Vol. 13(5), pag. 353.


82      Banha Coelho G., «Printeos: Obligation to pay default interest when repaying a fine after annulment”, Journal of European Competition Law & Practice, 2019, Vol. 10(9), pag. da 552 a 554.


83      Ibid. Analogamente, secondo Miguet, il pagamento di interessi di mora è necessariamente connesso al ritardo del debitore nella restituzione del debito (v. Miguet J., «Intérêts moratoires», JurisClasseur Procédure civile, 2022, Fasc. 800-90). Osservazioni analoghe appaiono in van Casteren A., «Article 215(2) EC and the Question of Interest», in Heukels T. e McDonnell A., The Action for Damages in Community Law, Kluwer Law International, 1997, The Hague, pag. 207.


84      Sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione v Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), punti 84 e 85).


85      V. paragrafi da 60 a 63 delle presenti conclusioni.


86      Sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 86).


87      V. paragrafi da 47 a 5501 e 77 delle presenti conclusioni.


88      Sentenza del 28 aprile 2022, Gräfendorfer Geflügel- und Tiefkühlfeinkost Produktions e a. (C‑415/20, C‑419/20 e C‑427/20, EU:C:2022:306, punti 51 e 52).


89      Non è inusuale che il Tribunale consideri che un provvedimento adottato da istituzioni dell’Unione sia affetto da illegittimità mentre la Corte raggiunge la conclusione opposta.


90      Tale argomento è ancora più decisivo laddove la Corte decida di rinviare una causa al Tribunale, il che può estendere considerevolmente la durata del procedimento.


91      V. articoli 78 e seguenti del regolamento finanziario e articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012.


92      Mentre il tasso d’inflazione di norma è positivo, talvolta può essere pari a zero (come nel caso del periodo di riferimento nella sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/ Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39) e, eccezionalmente, negativo.


93      V. punto 105 della sentenza impugnata.


94      V. in tal senso, la sentenza del 7 giugno 1983, Musique diffusion française e a./Commissione (da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punto 106).


95      Sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/ Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 56).


96      A mia conoscenza almeno otto domande vertenti sulle stesse questioni giuridiche sollevate nella presente impugnazione sono pendenti dinanzi al Tribunale.


97      A mia conoscenza almeno un’impugnazione vertente sugli stessi problemi giuridici che emergono dalla presente impugnazione è pendente dinanzi alla Corte.