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Ricorso proposto il 14 maggio 2014 – Yanukovich / Consiglio

(Causa T-346/14)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Viktor Fedorovych Yanukovich (Kiev, Ucraina) (rappresentante: T. Beazley, QC)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU L 66, pag. 26), come modificata dalla decisione 2014/216/PESC del Consiglio, del 14 aprile 2014 (GU L 11, pag. 91), e il regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU L 66, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 381/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014 (GU L 111, pag. 33), nella parte in cui si applicano al ricorrente; e

condannare il convenuto alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce sette motivi.

Primo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio dell’Unione europea (in prosieguo: il «Consiglio») non disponeva di una base giuridica adeguata per la decisione ed il regolamento. A sostegno di tale motivo, si deduce, in primo luogo, che la decisione non soddisfa i presupposti che consentivano al Consiglio di basarsi sull’articolo 29 TUE. In particolare: i) gli obiettivi ai quali il Consiglio si è espressamente riferito (consolidare lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina) non potevano, in realtà, essere invocati dal medesimo, che ha poi esposto motivi per l’inclusione nell’elenco (motivi attinenti all’asserita distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell'Ucraina, addebiti, questi, respinti dal ricorrente) che non erano coerenti e conformi con gli obiettivi indicati o con qualsiasi correlata finalità dell’articolo 21 TUE; ii) la decisione e il regolamento sono in contrasto con altri obiettivi enunciati dall’articolo 21 TUE in quanto non hanno «consolida[to] e sosten[uto] la democrazia (...) e i principi del diritto internazionale», in particolare poiché tali atti erroneamente affermano e partono dal presupposto che il ricorrente, presidente dell’Ucraina democraticamente eletto, era un «ex presidente» – affermazione in contrasto con il diritto dell’Ucraina e con quello internazionale –, e forniscono sostegno ai cosiddetti «presidente e governo provvisori», i quali non sono stati eletti legittimamente e democraticamente ed hanno ottenuto il potere di cui dispongono di volta in volta con l’uso illegale della forza, in violazione dello stato di diritto, dei principi democratici e del diritto internazionale. In secondo luogo, i presupposti per utilizzare come base giuridica l’articolo 215 TFUE erano insussistenti per la mancanza di una valida decisione ai sensi del capo 2 del titolo V del TFUE. In terzo luogo, mancavano collegamenti sufficienti per invocare l’articolo 215 TFUE nei confronti del ricorrente.

Secondo motivo, vertente sullo sviamento di potere da parte del Consiglio. Il vero scopo perseguito dal Consiglio con l’adozione della decisione (e, quindi, del regolamento) era, in sostanza, quello di ottenere i favori del cosiddetto «regime provvisorio» dell’Ucraina, in modo che quest’ultima stringesse legami più stretti con l’UE (legami più stretti che il presidente dell’Ucraina democraticamente eletto ed il suo governo avevano respinto), e non quello espresso nei preamboli della decisione e del regolamento.

Terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione da parte del Consiglio. I motivi addotti nella decisione e nel regolamento per l’inclusione del ricorrente, oltre ad essere errati, sono stereotipati, inadeguati e non sufficientemente dettagliati.

Quarto motivo, vertente sul fatto che, nel periodo considerato, il ricorrente non soddisfaceva i criteri per l’inclusione di una persona nell’elenco. In particolare, il Consiglio non ha fornito informazioni in proposito, ma, secondo quanto risulta al ricorrente, egli, in primo luogo, non era stato all’epoca dichiarato, da organi giudiziari o da altri organismi competenti, responsabile per la distrazione di fondi dello Stato ucraino o per il loro trasferimento illegale e, in secondo luogo, non era all’epoca sottoposto a procedimenti penali in Ucraina aventi ad oggetto l’accertamento di reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino ed il loro trasferimento illegale all’estero.

Quinto motivo, vertente sull’errore manifesto di valutazione commesso dal Consiglio nell’includere il nome del ricorrente nei provvedimenti impugnati. In particolare, il Consiglio non aveva prove, o comunque prove «concrete», che dimostrassero la «fondatezza materiale» delle accuse nei confronti del ricorrente, e si è erroneamente basato su affermazioni del cosiddetto «governo provvisorio» illegittimo, che cercava di usurpare il potere e aveva un chiaro incentivo a fare simili affermazioni per scopi illeciti.

Sesto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa del ricorrente e/o sulla violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. In particolare, il Consiglio non ha fornito al ricorrente una motivazione completa, comprensiva delle prove a suo carico, né informazioni ed elementi precisi volti a giustificare il congelamento di capitali, ed egli è stato costretto a proporre il presente ricorso in termini ingiustamente brevi.

Settimo motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà del ricorrente ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente in quanto le misure restrittive costituiscono una restrizione ingiustificata e sproporzionata di tale diritto.