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Ricorso proposto il 15 maggio 2013 – Growth Energy and Renewable Fuels Association / Consiglio

(Causa T-267/13)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrenti: Growth Energy (Washington, Stati Uniti d’America), Renewable Fuels Association (Washington, Stati Uniti d’America) (rappresentante: P. Vander Schueren, avvocato)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare il regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America (GU L 49, pag. 10), nella parte in cui incide sulle ricorrenti e sui loro affiliati; e

condannare il Consiglio alle spese sostenute dalle ricorrenti nella presente causa.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono i seguenti dieci motivi.

Primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione, avendo optato per un dazio esteso all’intero paese e rifiutato di calcolare un dazio antidumping su base individuale benché disponesse di tutte le informazioni a tal fine necessarie, avrebbe agito in modo contrario al regolamento di base. Al riguardo, le ricorrenti deducono che la Commissione avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione dei fatti rilevanti e un errore di diritto, omesso di motivare le proprie conclusioni, disatteso il suo dovere di diligenza e violato i diritti della difesa nonché il principio di certezza giuridica e il legittimo affidamento delle ricorrenti.

Secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione, non avendo adeguato il prezzo all’esportazione in sede di calcolo del margine di dumping, laddove non ha compiuto un adeguamento verso l’alto dei prezzi all’esportazione per le miscele dei miscelatori interessati, sarebbe incorsa in un manifesto errore di valutazione dei fatti rilevanti e in un errore di diritto.

Terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione, avendo sovrastimato il volume delle importazioni di bioetanolo provenienti dagli Stati Uniti d’America e non avendo trattato queste importazioni allo stesso modo delle importazioni del medesimo prodotto provenienti da paesi terzi, avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione e violato il regolamento di base nonché il principio di non discriminazione.

Quarto motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione e violato il regolamento di base in sede di calcolo del margine di pregiudizio.

Quinto motivo, vertente sul fatto che la Commissione, avendo effettuato la sua valutazione del grave pregiudizio sulla base di un’industria dell’Unione europea che non produce un prodotto simile e avendo definito l’industria dell’Unione europea prima di definire il prodotto simile, avrebbe commesso manifesti errori di valutazione e violato il regolamento di base.

Sesto motivo, vertente sul fatto che il regolamento impugnato sarebbe inficiato da manifesti errori di valutazione e da errori di diritto, in quanto il grave pregiudizio da esso indicato è determinato sulla base di dati relativi a un campione di produttori dell’Unione europea non rappresentativo.

Settimo motivo, vertente sul fatto che la Commissione, avendo concluso che il nesso di causalità tra le importazioni in questione e il pregiudizio subito dell’industria dell’Unione europea non è stato interrotto da altre cause di grave pregiudizio, avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione.

Ottavo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio, avendo adottato una misura antidumping non necessaria, avrebbe commesso un errore di diritto e violato il principio di proporzionalità.

Nono motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe commesso errori di diritto e violato i principi di buona amministrazione e di non discriminazione, in quanto ha ritenuto che l’inchiesta sul bioetanolo originario degli Stati Uniti si fondasse su una denuncia adeguatamente documentata, allorché quest’ultima non rispettava i requisiti previsti dal regolamento di base.

Decimo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe commesso molteplici violazioni dei diritti della difesa delle ricorrenti e omesso la motivazione nell’ambito dell’adozione del regolamento impugnato, dato che le conclusioni definitive sulle quali esso è basato non conterrebbero fatti e considerazioni essenziali ai fini dell’adozione delle misure definitive. La Commissione avrebbe altresì modificato il periodo di validità di dette misure senza motivare perché non ha tempestivamente accordato alle ricorrenti l’accesso al fascicolo non riservato, né concesso alle ricorrenti un termine adeguato per presentare osservazioni in merito alle conclusioni definitive.