Language of document : ECLI:EU:T:2023:422

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

26 luglio 2023 (*)

«Ricorso di annullamento e per risarcimento danni – Agente contrattuale internazionale presso il rappresentante speciale dell’Unione europea per la Bosnia‑Erzegovina – Politica estera e di sicurezza comune – Risoluzione del contratto di lavoro a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione – Competenza del giudice dell’Unione – Natura contrattuale della controversia – Assenza di clausola compromissoria e di clausola attributiva di competenza – Articoli 263, 268, 272 e 274 TFUE – Regolamento (UE) n. 1215/2012 – Ricevibilità – Individuazione delle parti convenute – Nozione di “organo o organismo dell’Unione” – Incompetenza e irricevibilità parziali»

Nella causa T‑776/20,

Robert Stockdale, residente in Bristol (Regno Unito), rappresentato da N. de Montigny, avvocata,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Vitro, M. Bauer e J. Rurarz, in qualità di agenti,

Commissione europea, rappresentata da D. Bianchi e G. Gattinara, in qualità di agenti,

Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), rappresentato da S. Marquardt, K. Kouri, R. Spáč e S. Rodríguez Sánchez‑Tabernero, in qualità di agenti,

e

Rappresentante speciale dell’Unione europea per la BosniaErzegovina, rappresentato da B. Bajic, in qualità di agente, assistita da E. Raoult, avvocata,

convenuti,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da R. da Silva Passos (relatore), presidente, V. Valančius, I. Reine, L. Truchot e M. Sampol Pucurull, giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 17 novembre 2022,

ha pronunciato la presente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, fondato sugli articoli 263, 268 e 272 TFUE, il sig. Robert Stockdale, ricorrente, chiede, in via principale, in primo luogo, che sia dichiarata l’illegittimità della decisione del rappresentante speciale dell’Unione europea (in prosieguo: il «RSUE») in Bosnia‑Erzegovina del 17 novembre 2020 con cui quest’ultimo ha risolto il suo contratto di lavoro a decorrere dal 31 dicembre 2020 (in prosieguo: la «decisione di risoluzione»), oltre al risarcimento dei danni che egli avrebbe subito a causa di detta decisione; in secondo luogo, il ricorrente chiede la riqualificazione del suo rapporto contrattuale con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina come contratto di lavoro a tempo indeterminato (CTI); in terzo luogo, il risarcimento dei danni che egli avrebbe subito a causa della mancata adozione da parte del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione europea e del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) di uno statuto chiaro a lui applicabile e, in via subordinata, in caso di rigetto delle conclusioni formulate in via principale, l’accertamento della sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

 Fatti all’origine della controversia

2        Il ricorrente è un cittadino del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, che ha rivestito la funzione di responsabile delle finanze e dell’amministrazione presso il RSUE in Bosnia-Erzegovina.

3        La nomina degli RSUE è prevista all’articolo 33 TUE, disposizione che rientra nel capo 2, titolo V, del Trattato sull’Unione europea, relativo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC); a norma di detto articolo, «[i]l Consiglio, su proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, può nominare un rappresentante speciale con un mandato per problemi politici specifici[; i]l rappresentante speciale esercita il mandato sotto l’autorità dell’alto rappresentante».

4        L’11 marzo 2002 il Consiglio adottava l’azione comune 2002/211/PESC, relativa alla nomina del RSUE in Bosnia‑Erzegovina (GU 2002, L 70, pag. 7).

5        Successivamente, il Consiglio adottava vari atti in successione con i quali nominava, senza interruzioni, un RSUE in Bosnia-Erzegovina per un mandato di durata determinata.

6        Alla data di proposizione del presente ricorso, il 29 dicembre 2020, il RSUE in Bosnia-Erzegovina era il rappresentante nominato dalla decisione (PESC) 2019/1340 del Consiglio, dell’8 agosto 2019, che nomina il RSUE per la Bosnia‑Erzegovina (GU 2019, L 209, pag. 10), per il periodo dal 1º settembre 2019 al 31 agosto 2021. Il suo mandato veniva prorogato sino al 31 agosto 2023 con la decisione (PESC) 2021/1193 del Consiglio, del 19 luglio 2021, che proroga il mandato del RSUE per la Bosnia-Erzegovina e modifica la decisione (PESC) 2019/1340 (GU 2021, L 258, pag. 46).

7        Con un primo contratto di lavoro a tempo determinato (CTD) stipulato con il RSUE in Bosnia-Erzegovina, il ricorrente veniva assunto con decorrenza dal 15 febbraio 2006 e per una durata che non poteva eccedere il mandato del rappresentante. A partire dal 1º marzo 2007, il ricorrente stipulava una successione di 16 CTD con il RSUE in Bosnia-Erzegovina. L’ultimo CTD concluso dal ricorrente (in prosieguo: il «contratto in questione») prevedeva, nel suo articolo 5, una durata compresa tra il 1º settembre 2019 al 31 agosto 2021.

8        In parallelo ai suoi 17 CTD in successione, il ricorrente sottoscriveva 13 contratti tripartiti, con la Commissione e il RSUE in Bosnia-Erzegovina, che lo designavano quale capoufficio ad interim, a partire dal 1º luglio 2007.

9        I contratti tripartiti di cui trattasi prevedevano che, in caso di decesso o di dimissioni del RSUE in Bosnia-Erzegovina, di incidente o di malattia tali da impedirgli di esercitare le sue funzioni o di cessazione della convenzione di finanziamento conclusa tra la Commissione e detto RSUE, il ricorrente sarebbe divenuto il responsabile della gestione dei fondi assegnati al suddetto RSUE. L’ultimo contratto come capoufficio ad interim veniva sottoscritto dal ricorrente il 7 ottobre 2019 (in prosieguo: il «contratto di capoufficio ad interim»).

10      Il 24 gennaio 2020 i rappresentanti dell’Unione e del Regno Unito firmavano l’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 7, in prosieguo: l’«accordo sul recesso del Regno Unito»). Il 30 gennaio 2020 il Consiglio adottava la decisione (UE) 2020/135 relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito (GU 2020, L 29, pag. 1). In forza dell’articolo 1 di tale decisione, l’accordo sul recesso del Regno Unito è stato approvato a nome dell’Unione.

11      Il 31 gennaio 2020, a mezzanotte, il Regno Unito recedeva dall’Unione e dalla Comunità europea dall’energia atomica, e il 1º febbraio 2020 l’accordo sul recesso del Regno Unito entrava in vigore, ai sensi del suo articolo 185.

12      L’accordo sul recesso del Regno Unito prevede, al suo articolo 126, un periodo di transizione che decorre dalla data di entrata in vigore dello stesso accordo e termina il 31 dicembre 2020. Durante tale periodo, a norma dell’articolo 127, paragrafo 6, dell’accordo medesimo, i riferimenti agli «Stati membri» nel diritto dell’Unione dovevano intendersi fatti anche al Regno Unito.

13      Il 24 giugno 2020 il ricorrente inviava una lettera al RSUE in Bosnia‑Erzegovina per chiedere chiarimenti in merito ai suoi diritti e lamentando una discriminazione qualora, in caso di trasferimento dell’ufficio del RSUE in Bosnia-Erzegovina alla delegazione dell’Unione in detto Stato e, quindi, al SEAE, la sua posizione fosse stata, alla fine, considerata come eccedentaria. In particolare, egli sottolineava come, per il personale internazionale di detto RSUE, non fosse prevista né un’indennità di licenziamento, né un’indennità di disoccupazione e come non esistesse neppure una disposizione in materia di contributi pensionistici.

14      Il 7 luglio 2020 il RSUE in Bosnia‑Erzegovina inoltrava detta domanda alla direttrice del servizio degli strumenti di politica estera della Commissione, indicando che il ricorrente sollevava questioni concernenti le sue condizioni di impiego, in particolare nella prospettiva di una probabile risoluzione del contratto in questione in ragione del recesso del Regno Unito dall’Unione. Il 13 luglio seguente, una capo unità del suddetto servizio rispondeva che tale servizio non era incaricato delle risorse umane trattandosi di personale rientrante nella PESC, e consigliava al RSUE in Bosnia‑Erzegovina di consultare il SEAE al riguardo. Inoltre, nella misura in cui la domanda del ricorrente si riferiva a taluni aspetti di carattere finanziario, la capo unità sottolineava che nessuna indennità di licenziamento o a titolo di contributo pensionistico poteva essergli versata in base alle clausole del contratto in questione.

15      Il 15 settembre 2020 il RSUE in Bosnia‑Erzegovina si rivolgeva al SEAE trasmettendogli la lettera del ricorrente del 24 giugno 2020.

16      Il 28 settembre 2020 il ricorrente scriveva al RSUE in Bosnia‑Erzegovina sollecitandolo ad ottenere maggiori informazioni sulle possibilità per lui di restare in funzione dopo la fine del periodo di transizione che si sarebbe concluso, conformemente all’accordo sul recesso del Regno Unito, il 31 dicembre 2020. Il RSUE si rivolgeva al servizio degli strumenti di politica estera della Commissione, la cui direttrice rispondeva, in data 2 ottobre 2020, che non era prevista alcuna eccezione per i cittadini del Regno Unito e che i loro contratti sarebbero cessati il 31 dicembre 2020.

17      Il 17 novembre 2020 il RSUE in Bosnia‑Erzegovina adottava la decisione di risoluzione, con preavviso, del contratto in questione, decisione con effetto dal 31 dicembre 2020.

18      Il 25 novembre 2020 il ricorrente scriveva al RSUE in Bosnia‑Erzegovina chiedendogli un riesame della decisione di risoluzione.

 Conclusioni delle parti

19      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale:

–        dichiarare illegittima la decisione di risoluzione;

–        per quanto riguarda i diritti derivanti dal suo contratto di lavoro con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina:

–        riqualificare il rapporto contrattuale come CTI;

–        dichiarare che egli ha subito una discriminazione in merito al motivo di licenziamento e condannare i convenuti, a tale titolo, al pagamento a suo favore di EUR 10 000 per danni psicologici oltre ad interessi;

–        accertare la violazione da parte dei convenuti dei propri obblighi contrattuali e, in particolare, della notifica di un valido preavviso nell’ambito della risoluzione di un CTI;

–        condannare i convenuti a reintegrarlo o, in subordine, a versargli un risarcimento da stabilirsi successivamente e fissato, provvisoriamente, ex aequo et bono, in EUR 393 850,08, oltre ad interessi;

–        per quanto riguarda gli altri diritti, basati sull’esistenza di un trattamento discriminatorio rispetto agli altri agenti dell’Unione:

–        dichiarare che egli avrebbe dovuto essere assunto come agente temporaneo del Consiglio, della Commissione o del SEAE e dichiarare che queste tre parti lo hanno trattato in modo discriminatorio per quanto riguarda la sua retribuzione, i suoi diritti a pensione e i relativi benefici, nonché la garanzia del successivo impiego;

–        condannare il Consiglio, la Commissione e il SEAE a risarcirgli la perdita di retribuzione, di pensione, di indennità e di vantaggi, causata dalle violazioni del diritto dell’Unione di cui trattasi, prevedendo che dette somme siano maggiorate di interessi;

–        fissare un termine entro il quale le parti quantifichino il suddetto risarcimento, tenendo conto del grado e dello scatto con cui egli avrebbe dovuto essere assunto, della progressione media della retribuzione, dell’andamento della sua carriera e delle indennità che egli avrebbe quindi dovuto percepire in base ai suoi contratti di agente temporaneo, dedotta la retribuzione da lui effettivamente percepita;

–        in subordine, condannare il Consiglio, la Commissione e il SEAE a risarcirlo a titolo di responsabilità extracontrattuale dell’Unione derivante dal mancato rispetto dei suoi diritti fondamentali, fino ad un importo fissato provvisoriamente in EUR 400 000;

–        condannare i convenuti alle spese.

20      Con le eccezioni di incompetenza e di irricevibilità sollevate ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura del Tribunale, il Consiglio, la Commissione e il SEAE chiedono al Tribunale di voler:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile nella parte che li riguarda;

–        condannare il ricorrente alle spese.

21      Con un’eccezione di incompetenza e di irricevibilità sollevata ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura, il RSUE in Bosnia‑Erzegovina chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

22      In forza dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura, se il convenuto ne fa richiesta, il Tribunale può statuire sull’incompetenza o sull’irricevibilità senza avviare la discussione nel merito. Conformemente all’articolo 130, paragrafo 7, di detto regolamento, il Tribunale statuisce nel più breve termine possibile sulla domanda o, qualora ciò sia giustificato da circostanze particolari, rinvia l’esame al giudizio di merito.

23      Nella specie, i convenuti hanno chiesto che sia adottata una decisione sull’incompetenza e sull’irricevibilità. Date le circostanze, il Tribunale ritiene sia necessario pronunciarsi su tali domande prima di avviare il dibattito nel merito.

24      Con il suo ricorso, il ricorrente sottopone essenzialmente:

–        in via principale, un capo delle conclusioni riferito alla decisione di risoluzione, in forza del quale chiede al Tribunale, in primo luogo, di dichiarare illegittima la decisione di risoluzione, in secondo luogo, di condannare i convenuti a versargli la somma di EUR 10 000 a titolo di risarcimento del danno morale originato da tale decisione e, in terzo luogo, di ingiungere il suo reintegro o, in subordine, di condannare le parti a versargli la somma di EUR 393 850,08 a titolo di risarcimento del danno materiale originato da tale decisione (in prosieguo: il «primo capo delle conclusioni»);

–        in via principale, un capo delle conclusioni riferito alla successione di CTD stipulati con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, in forza del quale egli chiede al Tribunale, da un lato, di riqualificare come CTI il suo rapporto contrattuale con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina e, dall’altro, di accertare la violazione da parte dei convenuti dei loro obblighi contrattuali e, segnatamente, dell’obbligo di notifica di un valido preavviso nell’ambito della risoluzione di un CTI (in prosieguo: il «secondo capo delle conclusioni»);

–        in via principale, un capo delle conclusioni fondato sull’esistenza di una discriminazione con cui contesta al Consiglio, alla Commissione e al SEAE di non aver assoggettato al regime applicabile agli altri agenti dell’Unione (in prosieguo: il «RAA») il personale contrattuale internazionale assunto nell’ambito della PESC o di non aver adottato per detto personale un regime giuridico comparabile a quello del RAA e in forza del quale chiede al Tribunale di condannare i suddetti tre convenuti a risarcirlo del danno subito a causa della mancanza di un siffatto statuto (in prosieguo: il «terzo capo delle conclusioni»);

–        in via subordinata, nell’eventualità di un rigetto dei primi tre capi delle conclusioni, un capo delle conclusioni con cui chiede la condanna del Consiglio, della Commissione e del SEAE a versargli la somma di EUR 400 000 a titolo di responsabilità extracontrattuale dell’Unione risultante dal mancato rispetto dei suoi diritti fondamentali (in prosieguo: il «quarto capo delle conclusioni»).

25      Nella specie, al fine di rispondere alle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità, occorre esaminare, in primo luogo, se il Tribunale sia competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni, in secondo luogo, se siano stati soddisfatti i requisiti di forma del ricorso, in terzo luogo, se il procedimento precontenzioso previsto nello Statuto dei funzionari dell’Unione (in prosieguo: lo «Statuto») sia stato rispettato e, in quarto luogo, se il ricorso sia ricevibile con riferimento a tutti i convenuti.

 Sulla competenza del Tribunale a pronunciarsi, in mancanza di una clausola compromissoria, sul primo e sul secondo capo delle conclusioni 

26      Nelle loro rispettive memorie, i convenuti sostengono che il primo e il secondo capo delle conclusioni sono collegati al contratto in questione e hanno, quindi, carattere contrattuale. Essi osservano altresì che detto contratto non contiene alcuna clausola compromissoria e ne deducono che ciò consente di escludere la competenza del Tribunale sulla base dell’articolo 272 TFUE.

27      In udienza i convenuti hanno precisato che la decisione di risoluzione doveva essere considerata – alla luce del capo di motivazione ad essa sottesa relativo alla perdita da parte del ricorrente della cittadinanza di uno Stato membro – come un atto di potere pubblico dissociabile dal contratto in questione. A loro avviso, il Tribunale è pertanto competente a verificare la legittimità del suddetto atto sulla base dell’articolo 263 TFUE e, quindi, a pronunciarsi sul primo capo delle conclusioni nella misura in cui il ricorrente ivi richiede l’annullamento di tale atto.

28      Per quanto attiene, per contro, alle altre richieste avanzate dal ricorrente nel primo e secondo capo delle conclusioni, i convenuti hanno sostenuto, sia in udienza, sia in risposta a un quesito posto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, che né le clausole del contratto in questione, né le disposizioni del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I bis»), consentivano di identificare un giudice nazionale competente. In udienza, essi hanno sostenuto che tali richieste potevano rientrare unicamente nella competenza delle autorità giurisdizionali della Bosnia‑Erzegovina, luogo della sede del RSUE in Bosnia‑Erzegovina e di esecuzione del contratto in questione. Detto RSUE ha altresì sottolineato che l’articolo 17 del contratto in questione prevedeva la competenza di un collegio arbitrale che dovrebbe essere considerato competente a pronunciarsi su dette richieste, posto che il ricorrente non ha dimostrato che la competenza di un siffatto collegio ostacolava il suo diritto a un ricorso effettivo.

29      Da parte sua, il ricorrente deduce in sostanza, in via principale, che, in forza dell’articolo 272 TFUE, il Tribunale è competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni in applicazione della clausola compromissoria contenuta nel contratto di capoufficio ad interim.

30      In via subordinata, il ricorrente sostiene che, sulla base del regolamento Bruxelles I bis, le autorità giurisdizionali belghe potrebbero essere competenti a statuire sul primo e sul secondo capo delle conclusioni e che, qualora sia esclusa la competenza delle autorità giurisdizionali degli Stati membri, il Tribunale dovrebbe, sulla base degli articoli 263 e 268 TFUE, riconoscere la propria competenza a pronunciarsi su tutte le richieste presentate nell’ambito di detti capi delle conclusioni.

 Sulla natura del primo e del secondo capo delle conclusioni

31      Per stabilire se il primo e il secondo capo delle conclusioni rientrino nella materia contrattuale, da un lato, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE deve potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura e dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica. Così, in presenza di un contratto che vincola il ricorrente a una delle istituzioni, il giudice dell’Unione può essere adito con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE soltanto se il provvedimento impugnato mira a produrre conseguenze giuridiche vincolanti che si pongono al di fuori del rapporto contrattuale che vincola le parti e che implicano l’esercizio di pubblici poteri conferiti all’istituzione contraente in qualità di autorità amministrativa (v. sentenza del 25 giugno 2020, SC/Eulex Kosovo, C‑730/18 P, EU:C:2020:505, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata).

32      Dall’altro, al fine di determinare se un’azione risarcitoria abbia ad oggetto la responsabilità contrattuale o extracontrattuale dell’Unione, gli organi giurisdizionali della stessa sono tenuti ad accertare se tale azione abbia ad oggetto una domanda di risarcimento dei danni che si fonda in modo oggettivo e globale su diritti e obblighi d’origine contrattuale oppure d’origine extracontrattuale. A tal fine, detti giudici devono stabilire, analizzando i diversi elementi contenuti nel fascicolo – quali, segnatamente, la norma di diritto che si asserisce essere stata violata, la natura del danno lamentato, il comportamento addebitato nonché i rapporti giuridici esistenti tra le parti in causa – se esista tra queste ultime un contesto contrattuale effettivo connesso all’oggetto della controversia, il cui esame approfondito risulti indispensabile per potersi pronunciare sul ricorso di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 18 aprile 2013, Commissione/Systran e Systran Luxembourg, C‑103/11 P, EU:C:2013:245, punto 66).

33      Nella specie, in primo luogo, nel primo capo delle conclusioni il ricorrente presenta domande connesse alla decisione di risoluzione (v. punto 24 supra).

34      A questo proposito, è sì vero che la decisione di risoluzione era motivata sulla base della perdita, da parte del ricorrente, della cittadinanza di uno Stato membro a causa del recesso del Regno Unito dall’Unione, perdita che, secondo il RSUE in Bosnia-Erzegovina, ne rendeva impossibile il mantenimento in seno al suo personale.

35      Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai convenuti in udienza, tale circostanza non consente, di per sé, di ritenere che la decisione di risoluzione produca effetti giuridici vincolanti che si pongono al di fuori del rapporto contrattuale che ha legato il ricorrente al RSUE in Bosnia‑Erzegovina e che implicano l’esercizio di pubblici poteri ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 31.

36      Infatti, anzitutto, la decisione di risoluzione ha ad oggetto la fine anticipata del contratto in questione, cosicché gli effetti di tale decisione non si estendono al di là di detto contratto. Inoltre, come aveva osservato il Consiglio nella sua eccezione di incompetenza e di irricevibilità, l’articolo 16 del contratto in questione prevede la possibilità di un recesso unilaterale dell’una o dell’altra parte con un preavviso di quattro settimane. È, quindi, evidente che tale decisione, con cui il RSUE in Bosnia‑Erzegovina ha posto fine unilateralmente al contratto in questione nel rispetto di un siffatto preavviso, è stata adottata sulla base dei poteri che gli derivano da detto contratto. Infine, la suddetta decisione è motivata dal fatto che, a decorrere dalla sua efficacia, il ricorrente avrebbe perso lo status di cittadino di uno Stato membro, conformemente all’accordo sul recesso del Regno Unito, e, quindi, non avrebbe più soddisfatto una condizione imposta dal contratto in questione. Le condizioni di impiego, che costituivano parte integrante del contratto in questione, come risulta dai suoi articoli 1 e 18, richiedevano infatti che il responsabile delle finanze e dell’amministrazione del RSUE in Bosnia‑Erzegovina avesse la cittadinanza di uno Stato membro.

37      Pertanto, la decisione di risoluzione presenta un nesso diretto con il contratto in questione. Ne consegue che le richieste formulate dal ricorrente nel primo capo delle conclusioni, strettamente legato a detta decisione (v. punto 24, primo trattino, supra), traggono origine dal contratto in questione e hanno, quindi, natura contrattuale.

38      In secondo luogo, con il secondo capo delle conclusioni, il ricorrente presenta domande vertenti sul suo rapporto di impiego complessivo con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, rapporto costituito da una successione di vari CTD e del quale egli chiede la riqualificazione come CTI. Pertanto, le richieste formulate dal ricorrente nell’ambito del secondo capo delle conclusioni presentano anch’esse natura contrattuale dato che esse traggono origine dall’insieme dei CTD in successione da lui stipulati con il suddetto RSUE.

 Sulla competenza del Tribunale a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni ai sensi dell’articolo 272 TFUE

39      Ai sensi dell’articolo 272 TFUE, «[l]a Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto pubblico o di diritto privato stipulato dall’Unione o per conto di questa».

40      Le competenze del Tribunale sono quelle tassativamente indicate all’articolo 256 TFUE, quale precisato dall’articolo 51 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. In applicazione di tali disposizioni, il Tribunale è competente a conoscere, in primo grado, delle controversie in materia contrattuale di cui è stato investito solo in virtù di una clausola compromissoria. In assenza di tale clausola, esso estenderebbe la propria competenza giurisdizionale al di là delle controversie in ordine alle quali l’articolo 274 TFUE gli attribuisce giurisdizione esclusiva, giacché tale disposizione conferisce ai giudici nazionali la competenza di diritto comune a conoscere delle controversie nelle quali l’Unione sia parte in causa (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2007, Citymo/Commissione, T‑271/04, EU:T:2007:128, punto 53, e ordinanza del 30 settembre 2014, Bitiqi e a./Commissione e a., T‑410/13, non pubblicata, EU:T:2014:871, punto 26).

41      Nel caso di specie, occorre osservare che i contratti di lavoro del ricorrente stipulati in successione, da cui traggono origine il primo e il secondo capo delle conclusioni, non contengono una clausola compromissoria che attribuisca al Tribunale competenza quale giudice del contratto.

42      Il ricorrente non può, inoltre, avvalersi della clausola compromissoria a favore del Tribunale contenuta nel contratto di capoufficio ad interim.

43      Infatti, anzitutto, il contratto di capoufficio ad interim è un contratto che non è volto a costituire un rapporto di lavoro tra il ricorrente e le altre parti di tale contratto, bensì ad attribuirgli determinate funzioni. Si tratta peraltro, come sottolinea il Consiglio, di un allegato alla convenzione di finanziamento conclusa periodicamente tra la Commissione e il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, nel quadro della delega attribuita a quest’ultimo ai fini dell’esecuzione del bilancio, conformemente alla prima frase dell’articolo 5, paragrafo 3, della decisione 2019/1340, secondo cui «[l]a gestione delle spese è oggetto di un contratto fra il RSUE [in Bosnia‑Erzegovina] e la Commissione».

44      Inoltre, il contratto di capoufficio ad interim presenta un carattere accessorio rispetto ai CTD del ricorrente. Infatti, da un lato, ai sensi dell’articolo 8 della convenzione di finanziamento stipulata dalla Commissione e dalil RSUE in Bosnia‑Erzegovina e recante il riferimento CFSP/2019/15, «il capoufficio ad interim deve appartenere al personale del RSUE [in Bosnia‑Erzegovina]». Dall’altro, in base al contratto di capoufficio ad interim, che rinvia nelle proprie premesse all’articolo 8 della convenzione di finanziamento CFSP/2019/15, è previsto che, «[s]e il capoufficio ad interim è un membro del personale assunto dal RSUE [in Bosnia‑Erzegovina], la sua retribuzione, i suoi diritti e i suoi obblighi sono mantenuti in conformità delle condizioni del suo contratto di lavoro».

45      Infine, il contratto di capoufficio ad interim ha un carattere ipotetico poiché può applicarsi unicamente in presenza di talune condizioni legate allo stato del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, quali il suo decesso, la sua incapacità, le sue dimissioni o in caso di un periodo di vacanza tra i mandati successivi di due RSUE in Bosnia-Erzegovina (v. punto 9 supra). Orbene, alla data della decisione di risoluzione con cui si è posta fine alle funzioni del ricorrente presso il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, nessuna delle succitate condizioni si era realizzata, cosicché il contratto di capoufficio ad interim non ha dovuto trovare applicazione.

46      Alla luce di quanto precede, in assenza di clausola compromissoria nei CTD del ricorrente, il Tribunale non è competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni ai sensi dell’articolo 272 TFUE.

 Sulla competenza del Tribunale a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni ai sensi degli articoli 263 e 268 TFUE

47      Come osservato ai punti 37 e 38 che precedono, le richieste formulate dal ricorrente nell’ambito del primo e del secondo capo delle conclusioni traggono origine dai suoi contratti di lavoro che non contengono alcuna clausola compromissoria che conferisca la competenza al Tribunale quale giudice del contratto, ai sensi dell’articolo 272 TFUE (v. punto 41 supra). Pertanto, in applicazione dei principi ricordati al precedente punto 40, questi capi delle conclusioni rientrano, in linea di principio, nella competenza dei giudici nazionali, in conformità all’articolo 274 TFUE.

48      Tuttavia, quando, nell’ambito di una controversia di natura contrattuale, il giudice dell’Unione rinuncia all’esercizio della competenza conferitagli dagli articoli 263 e 268 TFUE, ciò accade al fine di garantire un’interpretazione coerente di queste disposizioni con gli articoli 272 e 274 TFUE e, pertanto, di preservare la coerenza del sistema giurisdizionale dell’Unione che è costituito da un insieme completo di rimedi giuridici e di procedure inteso a garantire, rispettivamente, il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e il risarcimento dei danni causati dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, CSUE/KF, C‑14/19 P, EU:C:2020:492, punti da 80 a 82).

49      Pertanto, nel contesto di una controversia di natura contrattuale, il giudice dell’Unione non può rinunciare a una competenza conferitagli del Trattato FUE qualora ciò produca l’effetto di sottrarre a qualsiasi controllo giurisdizionale, da parte del giudice dell’Unione o dei giudici degli Stati membri, taluni atti dell’Unione o una domanda diretta al risarcimento dei danni causati dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, CSUE/KF, C‑14/19 P, EU:C:2020:492, punti 84 e 85).

50      In siffatto contesto, malgrado la natura contrattuale del primo e del secondo capo delle conclusioni, al fine di assicurare la sussistenza di un controllo giurisdizionale effettivo, il Tribunale può rinunciare alla competenza che esso trae dagli articoli 263 e 268 TFUE solo dopo essersi assicurato che il ricorrente può sottoporre tali domande a un giudice nazionale ai sensi dell’articolo 274 TFUE, vale a dire a un giudice di uno Stato membro.

51      Per questa ragione non si può ammettere, come sostenuto invece in udienza dai convenuti, che detti capi delle conclusioni potrebbero ricadere nella competenza dei giudici bosniaci, posto che questi ultimi non sono giudici degli Stati membri. Allo stesso modo, deve essere respinto l’argomento del RSUE in Bosnia‑Erzegovina secondo cui il ricorrente aveva la possibilità di adire l’organo arbitrale previsto all’articolo 17 del contratto in questione chiedendogli di pronunciarsi su detti capi delle conclusioni, poiché la competenza di un siffatto collegio non può essere prevista escludendo quella del giudice dell’Unione o dei giudici degli Stati membri, quand’anche essa soddisfi i criteri di indipendenza e di imparzialità.

52      Tenuto conto di quanto precede, occorre verificare se il contenuto del contratto in questione o, altrimenti, le pertinenti regole del diritto dell’Unione consentano di individuare un giudice di uno Stato membro competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni.

–       Sulle disposizioni contrattuali

53      In primo luogo, va osservato che nessuno dei contratti di lavoro del ricorrente conteneva una clausola attributiva di competenza all’autorità giurisdizionale di uno Stato membro. Infatti, ad eccezione per il primo di essi, detti contratti contenevano unicamente una clausola vertente sulla «risoluzione delle controversie» che consentiva di adire un organo arbitrale in caso di fallimento di un tentativo di composizione bonaria della controversia che contrapponeva le parti di detti contratti, fermo restando che il lodo arbitrale non poteva essere impugnato.

54      In secondo luogo, dagli articoli 1 e 18 del contratto in questione emerge che il ricorrente si è impegnato a rispettare le procedure operative standard del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, documento generale che si applica a tutti i membri del personale di detto RSUE. Per quanto attiene ai mezzi di ricorso concessi a questi ultimi, il capo 11 di dette procedure operative standard, dal titolo «Ricorsi e controversie», contiene un articolo 11.1, dal titolo «Ricorsi», che stabilisce che un agente del RSUE in Bosnia-Erzegovina può presentare al suo superiore gerarchico un ricorso avverso un atto che gli ha recato pregiudizio, e un articolo 11.2, dal titolo «Risoluzione delle controversie», che prevede unicamente la possibilità di adire un collegio arbitrale i cui lodi non possono essere fatti oggetto di impugnazione.

55      Da quanto precede risulta che i contratti di lavoro del ricorrente non consentono di individuare un giudice di uno Stato membro competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni.

–       Sulle disposizioni del diritto dell’Unione

56      Per quanto attiene alle disposizioni del diritto dell’Unione relative alla competenza dei giudici degli Stati membri, il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento Bruxelles I bis che, come emerge dai suoi considerando 4 e 15, mira a unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale mediante norme sulla competenza che presentino un alto grado di prevedibilità. Tale regolamento persegue, quindi, un obiettivo di certezza del diritto consistente nel rafforzare la tutela giuridica delle persone stabilite nell’Unione, consentendo al contempo al ricorrente di individuare agevolmente il giudice al quale può rivolgersi e al convenuto di prevedere ragionevolmente quello dinanzi al quale può essere citato (sentenza del 4 ottobre 2018, Feniks, C‑337/17, EU:C:2018:805, punto 34).

57      Diversamente da quanto sostenuto dai convenuti in udienza, si deve ritenere che il regolamento Bruxelles I bis trovi applicazione nel caso di specie. A tal riguardo, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, è previsto che detto regolamento «si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’autorità giurisdizionale», e che «[e]sso non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii)». Orbene, nel caso di specie, dal precedente punto 36 si evince che la decisione di risoluzione non costituisce un atto di potere pubblico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, bensì trova il suo fondamento nel contratto in questione. Pertanto, il primo capo delle conclusioni rientra nella materia civile e commerciale, ai sensi dell’articolo 1 di detto regolamento. Parimenti, dalle considerazioni illustrate al precedente punto 38 emerge che anche il secondo capo delle conclusioni ricade in detta materia.

58      Così, posto che, nel caso di specie, il primo e il secondo capo delle conclusioni riguardano una controversia di natura contrattuale che si suppone rientrare nella competenza generale dei giudici nazionali, ai sensi dell’articolo 274 TFUE (v. punto 40 supra), occorre esaminare se le disposizioni del regolamento Bruxelles I bis consentano di individuare un giudice di uno Stato membro competente a pronunciarsi su di essi.

59      In materia di contratti individuali di lavoro le norme sulla competenza sono previste all’articolo 21 del regolamento Bruxelles I bis, formulato come segue:

«1.      Il datore di lavoro domiciliato in uno Stato membro può essere convenuto:

a)      davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato in cui è domiciliato; o

b)      in un altro Stato membro:

i)      davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui o da cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività o a quello dell’ultimo luogo in cui o da cui la svolgeva abitualmente; o

ii)      qualora il lavoratore non svolga o non abbia svolto abitualmente la propria attività in un solo paese, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui è o era situata la sede d’attività presso la quale è stato assunto.

2.      Il datore di lavoro non domiciliato in uno Stato membro può essere convenuto davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro ai sensi del paragrafo 1, lettera b)».

60      In primo luogo, l’applicazione dell’articolo 21 del regolamento Bruxelles I bis attribuisce la competenza all’autorità giurisdizionale nazionale del luogo del domicilio del datore di lavoro, cosicché si rende necessario identificare il datore di lavoro del ricorrente.

61      A questo proposito, secondo la giurisprudenza della Corte, un lavoratore ha, nei confronti del suo datore di lavoro, un vincolo di subordinazione la cui esistenza deve essere valutata caso per caso, in funzione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze che caratterizzano i rapporti tra le parti (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2022, ROI Land Investments, C‑604/20, EU:C:2022:807, punti da 30 a 32). Così, per determinare il datore di lavoro di un lavoratore, dev’essere individuato l’ente alla cui autorità effettiva è sottoposto detto lavoratore, fermo restando che detto ente è quello su cui grava, segnatamente, il costo salariale corrispondente e che dispone del potere effettivo di licenziare tale lavoratore (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, AFMB e a., C‑610/18, EU:C:2020:565, punti 56 e 61).

62      Nella specie, occorre anzitutto osservare che il ricorrente ha stipulato tutti i propri contratti di lavoro con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, che era indicato come il «datore di lavoro».

63      Inoltre, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione 2019/1340, il RSUE in Bosnia‑Erzegovina «è responsabile della costituzione di una squadra», «[n]ei limiti del suo mandato e dei corrispondenti mezzi finanziari messi a disposizione» e «tiene informati senza indugio il Consiglio e la Commissione della composizione della squadra». L’articolo 6, paragrafo 2, della medesima decisione prevede che «[g]li Stati membri, le istituzioni dell’Unione e il SEAE possono proporre il distacco di personale presso il RSUE [in Bosnia-Erzegovina; fermo restando che l]a retribuzione di tale personale distaccato è a carico, rispettivamente, dello Stato membro o dell’istituzione dell’Unione in questione o del SEAE» e che «il personale internazionale a contratto ha la cittadinanza di uno Stato membro».

64      Da un lato, da queste disposizioni risulta che il RSUE in Bosnia‑Erzegovina può assumere personale contrattuale internazionale, che può sceglierlo in maniera autonoma rispetto al Consiglio, alla Commissione o al SEAE, e che solo dopo che una siffatta scelta è stata compiuta ne deve informare il Consiglio e la Commissione, come confermato in udienza. Dall’altro, da queste stesse disposizioni emerge che la retribuzione dei membri del personale contrattuale internazionale assunto dal suddetto RSUE è detratta dal bilancio a quest’ultimo assegnato, cosicché è il RSUE a sostenere l’onere effettivo di una siffatta retribuzione.

65      Infine, come osservato al precedente punto 54, il RSUE in Bosnia-Erzegovina ha adottato procedure operative standard che si applicano a tutti gli agenti occupati presso di esso e a cui rinvia il contratto in questione. Se ne evince che:

–        il RSUE in Bosnia‑Erzegovina ha il potere di licenziare il suo personale contrattuale (v. articolo 12.2);

–        la decisione di rinnovare il contratto di un agente contrattuale internazionale può essere adottata unicamente su iniziativa e a discrezione assoluta del RSUE in Bosnia‑Erzegovina (v. articolo 5.6);

–        il RSUE in Bosnia-Erzegovina è l’autorità disciplinare competente per i membri del suo personale (v. articolo 10.2.5);

–        il RSUE in Bosnia-Erzegovina è incaricato della valutazione annuale dei membri del suo personale con un’anzianità di servizio superiore a sei mesi (v. articolo 5.4);

–        il RSUE in Bosnia‑Erzegovina fissa gli orari e i tempi di lavoro dei membri del suo personale e deve approvare qualsiasi modifica degli orari normali, nonché ogni domanda di lavoro supplementare, il quale è compensato con giorni di congedo o, eccezionalmente, previa autorizzazione del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, mediante il pagamento di un’indennità (v. articolo 7.1);

–        ogni domanda di congedo, annuale o speciale, di un membro del personale deve essere approvata dal RSUE in Bosnia‑Erzegovina, il quale può, in via eccezionale, riconoscere a un agente contrattuale un’indennità compensativa per i congedi di cui non ha goduto prima della fine del suo contratto (v. articoli 7.2 e 7.3).

66      Date le circostanze, ai fini dell’esecuzione dei suoi contratti di lavoro, il ricorrente era soggetto all’autorità effettiva del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, che era, quindi, il suo datore di lavoro ai sensi dell’articolo 21 del regolamento Bruxelles I bis.

67      Orbene, posto che il RSUE in Bosnia‑Erzegovina ha la propria sede a Sarajevo (Bosnia‑Erzegovina), il giudice del luogo del suo domicilio non si trova in uno Stato membro. Pertanto, l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), del regolamento Bruxelles I bis non consente di individuare un giudice di uno Stato membro competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni.

68      In secondo luogo, è sempre a Sarajevo che deve essere data esecuzione ai contratti di lavoro del ricorrente. Ciò risulta, in particolare, per quanto attiene al contratto in questione, dal suo articolo 3 e dalla descrizione della posizione del ricorrente allegata a detto contratto. Pertanto, l’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), i), del regolamento Bruxelles I bis non consente neppure di individuare, sulla base del luogo in cui il lavoratore svolgeva la propria attività, un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni.

69      In terzo luogo, dagli atti di causa non risulta che il ricorrente abbia svolto la propria attività abitualmente in più paesi, cosicché le norme di competenza previste all’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento Bruxelles I bis non si applicano alla sua situazione.

70      In quarto luogo, il ricorrente si avvale dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I bis, in base al quale un datore di lavoro che non sia domiciliato in uno Stato membro è considerato come avente il proprio domicilio nel territorio dello Stato membro in cui possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività. A tal proposito, l’applicazione di questa disposizione richiede, segnatamente, che la controversia riguardi gli atti relativi alla gestione di tali enti o gli impegni assunti da questi ultimi in nome della casa madre e che devono essere adempiuti nello Stato in cui essi sono stabiliti (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Mahamdia, C‑154/11, EU:C:2012:491, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

71      Orbene, nel caso di specie, nulla consente di ritenere che l’effettivo datore di lavoro del ricorrente, vale a dire il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività nel territorio di uno Stato membro, né tanto meno che il primo e il secondo capo delle conclusioni vertano su atti relativi a tali enti.

72      Parimenti, è vero che, come indicato dal ricorrente, il Consiglio, la Commissione e il SEAE hanno tutti e tre la loro sede a Bruxelles (Belgio), mentre l’articolo 8, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis consente, in caso di pluralità di convenuti, di citarli tutti dinanzi al giudice del domicilio di uno di loro. Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che detta disposizione non è applicabile a un convenuto che non sia domiciliato sul territorio di uno Stato membro qualora quest’ultimo venga citato nel contesto di un’azione intentata contro una pluralità di convenuti, tra i quali anche persone domiciliate nell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, Sapir e a., C‑645/11, EU:C:2013:228, punto 56). Così, l’articolo 8, punto 1, di detto regolamento non consentirebbe al ricorrente di citare il RSUE in Bosnia‑Erzegovina dinanzi ai giudici di Bruxelles con riferimento al primo e al secondo capo delle conclusioni.

73      Inoltre, conformemente all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, l’articolo 8, punto 1, del medesimo regolamento si applica unicamente, con riferimento a un contratto di lavoro, «se l’azione è proposta contro un datore di lavoro». Orbene, come osservato al precedente punto 66, il datore di lavoro del ricorrente era il RSUE in Bosnia‑Erzegovina. Pertanto, posto che il ricorso indica come convenuti il Consiglio, la Commissione e il SEAE, aventi tutti e tre la loro sede a Bruxelles, il primo e il secondo capo delle conclusioni non costituiscono un’«azione proposta contro un datore di lavoro» atta a rendere applicabile la regola prevista in quest’ultima disposizione.

74      Alla luce di quanto precede, per quanto attiene al primo e al secondo capo delle conclusioni, legate al contratto in questione, dovrebbe trovare applicazione, in linea di principio, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, disposizione generale in base alla quale, «[s]e il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la competenza delle autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro è disciplinata dalla legge di tale Stato».

75      L’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, comporterebbe che l’eventuale competenza di un’autorità giurisdizionale nazionale rivesta un carattere aleatorio, nella misura in cui è la legge di ciascuno Stato membro a determinare se i suoi giudici possano essere chiamati a pronunciarsi su una siffatta controversia, il che potrebbe comportare, in definitiva, che nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro sia competente al riguardo. Una tale conseguenza è addirittura particolarmente probabile nel caso di specie, poiché, al pari del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, il ricorrente ha il suo domicilio in un paese terzo, il Regno Unito, e non risulta che la presente controversia presenti un elemento di collegamento con un qualche Stato membro idoneo a giustificare la competenza dei giudici di un siffatto Stato.

76      Orbene, come osservato nei precedenti punti 48 e 49, il Tribunale non può, nell’ambito di una controversia di natura contrattuale di cui l’Unione è parte, rinunciare alla competenza che gli è conferita dagli articoli 263 e 268 TFUE qualora ciò produca l’effetto di sottrarre a qualsiasi controllo giurisdizionale, da parte del giudice dell’Unione o dei giudici degli Stati membri, taluni atti i adottati dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione o una domanda diretta a ottenere il risarcimento dei danni causati dall’Unione.

77      Date le circostanze, spetta al Tribunale esaminare se le domande presentate nell’ambito del primo e del secondo capo delle conclusioni ricadano nelle competenze che esso trae da dette disposizioni e, se del caso, dichiarare la propria competenza a pronunciarsi su di esse.

78      A questo proposito, il Tribunale è competente, sulla base dell’articolo 263 TFUE, a statuire sulla domanda presentata dal ricorrente nell’ambito del primo capo delle conclusioni e vertente sulla legittimità della decisione di risoluzione, che è una decisione adottata da un’entità facente parte dell’Unione e istituita in forza dei trattati, vale a dire il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, e che deve pertanto essere imputata a un’istituzione, a un organo o a un organismo dell’Unione. Occorre, quindi, ritenere che il ricorrente chieda, nell’ambito di questo capo delle conclusioni, l’annullamento della succitata decisione. Parimenti, nella misura in cui, nell’ambito di detto capo delle conclusioni, il ricorrente chiede il risarcimento pecuniario del danno morale asseritamente subito a causa della decisione di risoluzione, una tale domanda deve essere considerata come diretta a far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, per la quale il Tribunale è competente sulla base dell’articolo 268 TFUE.

79      Per quanto attiene, inoltre, alla domanda del ricorrente presentata nell’ambito del primo capo delle conclusioni e volta ad ottenere che il Tribunale ingiunga il suo reintegro nel personale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, una siffatta domanda deve essere respinta in ragione dell’incompetenza del Tribunale a pronunciarsi su di essa.

80      Infatti, secondo la giurisprudenza, il giudice dell’Unione non può, in linea di principio, rivolgere ingiunzioni a un’istituzione, a un organo o a un organismo dell’Unione senza usurpare le prerogative dell’autorità amministrativa (v. sentenze del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 145 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 settembre 2020, P. Krücken Organic/Commissione, T‑565/18, non pubblicata, EU:T:2020:395, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Questo principio si applica, in linea di massima, nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni con cui un ricorrente chiede la condanna dell’istituzione convenuta ad adottare determinate misure nell’ottica di sanare l’asserito danno (v., in tal senso, ordinanze del 14 gennaio 2004, Makedoniko Metro e Michaniki/Commissione, T‑202/02, EU:T:2004:5, punto 53, e del 17 dicembre 2008, Portela/Commissione, T‑137/07, non pubblicata, EU:T:2008:589, punto 46).

81      È sì vero che gli articoli 268 e 340, secondo comma, TFUE, vertenti sulla responsabilità extracontrattuale dell’Unione, consentono la concessione di un risarcimento in natura, che, eventualmente, qualora appaia conforme ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri in materia di responsabilità extracontrattuale, può assumere la forma di un’ingiunzione di fare o non fare, che può indurre l’istituzione convenuta ad adottare un determinato comportamento (ordinanza del 3 settembre 2013, Idromacchine e a./Commissione, C‑34/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:552, punto 29; v. altresì, in tal senso, sentenza del 10 maggio 2006, Galileo International Technology e a./Commissione, T‑279/03, EU:T:2006:121, punto 63).

82      Tuttavia, una siffatta ipotesi può essere presa in considerazione soltanto in casi particolari, quando la parte ricorrente fa valere un danno che non può essere integralmente risarcito mediante un indennizzo e le cui specifiche caratteristiche richiedono la pronuncia di un’ingiunzione di fare o non fare, segnatamente se una siffatta ingiunzione mira a far cessare il fatto all’origine di un danno che produce effetti continui. Ciò non si verifica nel caso di specie, posto che il ricorrente è stato in grado di quantificare la portata del danno materiale che avrebbe subito a causa della decisione di risoluzione e che egli quantifica in EUR 393 850,08, importo corrispondente agli stipendi che egli non ha potuto percepire nel corso di tre anni a causa della cessazione dalle sue funzioni.

83      Inoltre, nella misura in cui, nell’ambito del primo capo delle conclusioni, il ricorrente chiede, in via subordinata alla sua domanda di reintegrazione, che i convenuti siano condannati a corrispondergli EUR 393 850,08 a titolo di risarcimento del danno materiale asseritamente subito a causa della decisione di risoluzione, una siffatta domanda deve essere considerata come diretta a far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, rispetto alla quale il Tribunale è competente sulla base dell’articolo 268 TFUE.

84      Infine, per quanto attiene al secondo capo delle conclusioni, da un lato, la domanda volta ad ottenere dal Tribunale la riqualificazione in CTI del suo contratto di lavoro deve essere considerata come una domanda di ingiunzione nei confronti del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, nella sua veste di datore di lavoro del ricorrente (v. punto 66 supra). Orbene, conformemente alla giurisprudenza ricordata al precedente punto 80, il Tribunale non è competente a pronunciarsi su una domanda di questo tipo. Inoltre, anche ammettendo che una domanda siffatta debba essere considerata come diretta a risarcire un danno cagionato dalla mancata conclusione di un CTI, essa non rientrerebbe in uno degli specifici casi nei quali il Tribunale, in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 81, può rivolgere un’ingiunzione di fare. Infatti, l’eventuale danno scaturito dalla mancata conclusione di un contratto implicante una determinata retribuzione potrebbe, se del caso, essere risarcito attraverso la condanna dell’Unione, da parte del Tribunale, a versare una somma di denaro al ricorrente.

85      Dall’altro, la domanda, anch’essa presentata nell’ambito del secondo capo delle conclusioni e diretta a far sì che il Tribunale accerti la violazione, da parte dei convenuti, delle loro obbligazioni contrattuali, non è stata proposta a sostegno della domanda di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Questa domanda non è stata neppure presentata a sostegno di una domanda volta a ottenere il risarcimento di un danno che il Tribunale potrebbe esaminare in forza dell’articolo 268 TFUE. Pertanto, una siffatta domanda deve essere considerata come volta unicamente ad ottenere che il Tribunale pronunci una dichiarazione in punto di diritto. Orbene, le competenze che il Tribunale trae dai Trattati e, in particolare, dagli articoli 263 e 268 TFUE, non gli consentono di prendere posizione attraverso una dichiarazione generale o di principio (v., in tal senso, ordinanza del 9 dicembre 2003, Italia/Commissione, C‑224/03, non pubblicata, EU:C:2003:658, punti 20 e 21; sentenza del 21 marzo 2012, Fulmen e Mahmoudian/Consiglio, T‑439/10 e T‑440/10, EU:T:2012:142, punto 41, e ordinanza del 25 ottobre 2011, DMA Die Marketing Agentur e Hofmann/Austria, T‑472/11, non pubblicata, EU:T:2011:631, punto 10).

86      Anche il secondo capo delle conclusioni deve essere integralmente respinto per incompetenza del Tribunale.

 Conclusione

87      Alla luce di quanto precede, in primo luogo, occorre respingere le eccezioni sollevate nella misura in cui si riferiscono all’incompetenza del Tribunale a pronunciarsi sul primo capo delle conclusioni con riferimento alla domanda di annullamento della decisione di risoluzione rispetto alla quale il Tribunale è competente sulla base dell’articolo 263 TFUE, nonché con riferimento alle domande del ricorrente volte a ottenere il risarcimento pecuniario dei danni morali e materiali che egli avrebbe subito a causa di detta decisione, per le quali il Tribunale è competente sulla base dell’articolo 268 TFUE.

88      In secondo luogo, la domanda presentata dal ricorrente nell’ambito del primo capo delle conclusioni e volta ad ottenere il suo reintegro nel personale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina deve essere respinta per incompetenza.

89      In terzo luogo, il secondo capo delle conclusioni deve essere respinto per incompetenza.

 Sulle eccezioni di irricevibilità fondate sul mancato rispetto dei requisiti di forma del ricorso

90      Il Consiglio, il SEAE e il RSUE in Bosnia‑Erzegovina sostengono che il ricorso violerebbe i requisiti di forma imposti dall’articolo 76 del regolamento di procedura. Congiuntamente o separatamente, essi invocano la mancanza di chiarezza, in primo luogo, delle conclusioni nel loro insieme, in secondo luogo, dei rispettivi fondamenti giuridici, in terzo luogo, nello specifico, del quarto capo delle conclusioni e, in quarto luogo, dei motivi dedotti a sostegno dei capi delle conclusioni.

91      In forza dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti, così come l’esposizione sommaria di detti motivi. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, quanto meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso (v. sentenza del 25 gennaio 2018, BSCA/Commissione, T‑818/14, EU:T:2018:33, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

92      Inoltre, è la parte ricorrente a dover scegliere il fondamento giuridico del proprio ricorso e non il giudice dell’Unione a individuare personalmente il fondamento normativo più appropriato (v. sentenza del 15 marzo 2005, Spagna/Eurojust, C‑160/03, EU:C:2005:168, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

93      Infine, un ricorso inteso al risarcimento dei pretesi danni asseritamente causati da un’istituzione dell’Unione deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subìto, nonché il carattere e l’entità di tale danno (v. sentenza del 2 marzo 2010, Arcelor/Parlamento e Consiglio, T‑16/04, EU:T:2010:54, punto 132 e giurisprudenza ivi citata).

94      È alla luce di queste considerazioni che occorre esaminare le presenti eccezioni di irricevibilità.

95      Peraltro, in considerazione del rigetto, in ragione dell’incompetenza del Tribunale, della domanda del ricorrente volta a ottenere il suo reintegro nel personale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina e delle sue domande presentate nell’ambito del secondo capo delle conclusioni (v. punti 88 e 89 supra), l’esame delle presenti eccezioni di irricevibilità deve essere limitato alle altre domande del ricorrente.

 Sull’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza delle conclusioni del ricorrente nel loro complesso

96      Il Consiglio sottolinea che l’elenco dei capi delle conclusioni nel petitum dell’atto introduttivo del ricorso fa riferimento a tre capi delle conclusioni, mentre la parte di tale atto relativa all’argomentazione giuridica ne menziona soltanto due.

97      Tuttavia, dalle conclusioni del ricorrente, come enunciate sia in apertura che in chiusura del ricorso e come sintetizzate al precedente punto 24, emerge che i capi delle conclusioni del ricorrente consistono, da un lato, in tre domande formulate in via principale e, dall’altro, in una domanda formulata in via subordinata.

98      Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, tale esposizione è in linea con l’indicazione di due capi delle conclusioni nella parte dell’atto introduttivo del ricorso dedicata all’argomentazione giuridica. Infatti, la lettura di detta parte consente di comprendere che, da un lato, il riferimento all’interno di tale atto a un «primo capo delle conclusioni a titolo principale» rinvia alle sue tre domande principali elencate nelle sue conclusioni come sintetizzate al precedente punto 25, trattini dal primo al terzo. Dall’altro, il «secondo capo delle conclusioni» menzionato nell’atto introduttivo del ricorso ha carattere subordinato e corrisponde, quindi, al quarto capo delle conclusioni sintetizzate nel precedente punto 24, quarto trattino.

99      Pertanto, l’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza delle conclusioni del ricorrente nel loro complesso deve essere respinta.

 Sull’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza del fondamento giuridico del ricorso

100    Il Consiglio, il SEAE e il RSUE in Bosnia‑Erzegovina sostengono che il fondamento giuridico del ricorso non è sufficientemente chiaro.

101    È sì vero che l’atto introduttivo del ricorso presenta una certa imprecisione in ordine alle disposizioni sulla cui base esso è stato presentato. Infatti, alla prima pagina di tale atto figura il titolo «Ricorso di annullamento e per risarcimento danni» ed è ivi indicato che il ricorrente «presenta un ricorso di annullamento e per risarcimento danni in forza degli articoli 263, 268 e 272 TFUE».

102    Tuttavia, in primo luogo, malgrado talune imprecisioni dell’atto introduttivo del ricorso, la lettura delle parti di esso dedicate alla competenza del Tribunale e all’argomentazione giuridica permette di comprendere che il ricorrente ha presentato il primo capo delle conclusioni, in via principale, sulla base dell’articolo 272 TFUE e della clausola compromissoria a favore del Tribunale contenuta nel contratto di capoufficio ad interim. Inoltre, dal ricorso risulta che detto capo delle conclusioni è invocato, in via subordinata, sulla base degli articoli 263 e 268 TFUE, come confermato dal ricorrente in udienza.

103    In secondo luogo, con il terzo capo delle conclusioni, il ricorrente mira ad ottenere il risarcimento dei danni legati alle scelte che il Consiglio, la Commissione e il SEAE avrebbero compiuto in materia di politica di assunzioni e di gestione del personale contrattuale internazionale assunto dal RSUE in Bosnia‑Erzegovina, sulla base dell’articolo 268 TFUE, circostanza questa confermata dal ricorrente nelle sue osservazioni sulle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità.

104    In terzo luogo, il quarto capo delle conclusioni, presentato in via subordinata per l’eventualità del rigetto dei capi delle conclusioni formulati in via principale, si riferisce esplicitamente alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Se ne deduce che detto capo delle conclusioni è fondato sull’articolo 268 TFUE.

105    Alla luce di quanto precede, l’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza del fondamento giuridico del ricorso deve essere respinta.

 Sull’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza, nello specifico, del quarto capo delle conclusioni

106    Il Consiglio sostiene che il quarto capo delle conclusioni non illustra in modo sufficientemente chiaro le tre condizioni che consentono di far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

107    Inoltre, la Commissione deduce, in sostanza, che il quarto capo delle conclusioni manca di chiarezza nella misura in cui il ricorrente non stabilisce la rispettiva misura di responsabilità delle diverse parti, né la colpa che può essere loro contestato. Tuttavia, il diritto dell’Unione non conoscerebbe alcuna forma di responsabilità collettiva e forfettaria.

108    A dispetto di queste contestazioni, il contenuto dell’atto introduttivo del ricorso consente di comprendere in modo adeguato che il ricorrente presenta il quarto capo delle conclusioni in via subordinata, per l’eventualità che i primi tre capi delle conclusioni siano respinti come irricevibili o infondati. A parere del ricorrente, un siffatto rigetto dovrebbe necessariamente essere imputato alla mancata adozione, da parte del Consiglio, della Commissione e del SEAE, di un quadro normativo sufficientemente chiaro che gli consenta, in particolare, di adire un’autorità giurisdizionale identificabile, secondo modalità predeterminate. Egli denuncia, pertanto, una violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione, dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento nonché del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine. Egli chiede, di conseguenza, il risarcimento di un danno quantificato in EUR 400 000.

109    Quanto all’argomento della Commissione fondato sulla mancata individuazione delle colpe contestate ai tre convenuti oggetto del quarto capo delle conclusioni, una siffatta circostanza non osta alla ricevibilità di detto capo delle conclusioni poiché il contenuto del ricorso consente di comprendere che il ricorrente ritiene che tutte le parti convenute avrebbero potuto essere coinvolte nell’adozione di un regime applicabile al personale contrattuale rientrante nella PESC. Parimenti, la Commissione contesta a torto al ricorrente di non aver determinato la «rispettiva misura di responsabilità» di ciascuna di dette parti convenute. Contrariamente a quanto da essa sostenuto, dalla sentenza del 13 novembre 1973, Werhahn Hansamühle e a./Consiglio e Commissione (da 63/72 a 69/72, EU:C:1973:121, punto 8) emerge che, nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale, non è irricevibile una domanda diretta ad ottenere la condanna in solido di più istituzioni cui è imputato il fatto generatore della responsabilità.

110    Pertanto, l’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza del quarto capo delle conclusioni deve essere respinta.

 Sull’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza dei motivi di ricorso invocati con riferimento ai diversi capi delle conclusioni

111    A parere del Consiglio, dal ricorso non emergono con chiarezza i motivi di ricorso relativi a ciascun capo delle conclusioni.

112    A questo proposito, occorre considerare che, in primo luogo, a sostegno del primo capo delle conclusioni, il ricorrente adduce un unico motivo di ricorso vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento, in generale, e in quanto tutelato dal diritto inglese, in particolare. Da un lato, una siffatta violazione risulterebbe dal motivo su cui si fonda la decisione di risoluzione, vale a dire la cittadinanza del ricorrente. Dall’altro, il ricorrente sostiene di essere stato vittima di una disparità di trattamento rispetto ai funzionari e agenti del Regno Unito soggetti al regime applicabile agli altri agenti dell’Unione (in prosieguo: il «RAA»), poiché, in forza di una deroga concessa a favore di questi ultimi, essi avrebbero potuto mantenere la propria posizione malgrado il recesso del Regno Unito dall’Unione. Inoltre, il ricorso consente anche di comprendere che il ricorrente chiede il risarcimento del danno morale subito in ragione del motivo asseritamente discriminatorio della decisione di risoluzione, quantificato in EUR 10 000, oltre ai danni materiali legati a detta decisione, con condanna dei convenuti a versargli un indennizzo di EUR 393 850,08.

113    In secondo luogo, dal contenuto del ricorso risulta che, con il terzo capo delle conclusioni, il ricorrente contesta al Consiglio, alla Commissione e al SEAE di non aver adottato un regime giuridico comparabile a quello del RAA nell’ottica di applicarlo al personale contrattuale internazionale assunto nell’ambito della PESC e, in particolare, dal RSUE in Bosnia‑Erzegovina o, in alternativa, di non aver assoggettato detto personale al RAA. Una siffatta carenza, da un lato, violerebbe l’articolo 336 TFUE e, dall’altro, avrebbe comportato la creazione di un sistema discriminatorio a danno del personale contrattuale internazionale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, rispetto agli agenti contrattuali assoggettati al RAA, in particolare, rispetto a quelli occupati presso il suddetto RSUE in veste di capi delegazione dell’Unione in detto Stato. A parere del ricorrente, questa disparità di trattamento gli avrebbe arrecato un danno corrispondente all’ammontare dei diritti e delle indennità che egli avrebbe percepito se fosse stato assunto come agente temporaneo assoggettato al RAA, danno di cui chiede il risarcimento nel suddetto capo delle conclusioni.

114    In terzo luogo, per quanto attiene al quarto capo delle conclusioni, il ricorrente fa valere, in sostanza, che, nel caso in cui i suoi primi tre capi delle conclusioni fossero respinti, un tale rigetto deriverebbe dall’assenza di un quadro normativo sufficientemente chiaro che gli avrebbe consentito di adire un’autorità giurisdizionale secondo una procedura e modalità sufficientemente determinate (v. punto 108 supra). Dal contenuto dell’atto introduttivo del ricorso emerge che il ricorrente fa valere in particolare che, omettendo di prevedere un siffatto quadro normativo, il Consiglio, la Commissione e il SEAE hanno violato il principio di parità di trattamento e di non discriminazione, il principio della certezza del diritto, il principio di tutela del legittimo affidamento, nonché il principio di buona amministrazione e il dovere di sollecitudine.

115    È sì vero che taluni motivi di ricorso dedotti nell’ambito del quarto capo delle conclusioni, vertenti su una violazione di un asserito principio di tutela dei singoli e sul codice europeo di buona condotta, non sono stati poi in alcun modo sviluppati per consentire di comprendere in cosa consistessero tali violazioni. Tuttavia, benché questi motivi non soddisfino i requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, una siffatta constatazione non implica l’irricevibilità del quarto capo delle conclusioni nel suo complesso, posto che detto capo è sostenuto in modo sufficientemente chiaro dai motivi elencati al precedente punto 114.

 Conclusione

116    Alla luce delle considerazioni che precedono, le eccezioni di irricevibilità legate al mancato rispetto, da parte del ricorrente, dei requisiti di forma imposti dall’articolo 76 del regolamento di procedura sono respinte.

 Sulleccezione di irricevibilità fondata sullirricevibilità del terzo e del quarto capo delle conclusioni per mancato rispetto del procedimento precontenzioso previsto agli articoli 90 e 91 dello Statuto

117    Il Consiglio sostiene che il terzo e il quarto capo delle conclusioni sono irricevibili nella misura in cui non sono stati preceduti dalla fase precontenziosa prevista in applicazione dell’articolo 270 TFUE. A suo avviso, posto che, nell’ambito di questi capi delle conclusioni, il ricorrente chiede il risarcimento di un danno corrispondente agli importi che egli avrebbe percepito se i suoi CTD in successione non fossero stati conclusi più con il RSUE in Bosnia‑Erzegovina, bensì con un’autorità autorizzata a concludere i contratti ai sensi del RAA, egli avrebbe dovuto, conformemente all’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, presentare all’autorità a suo avviso competente una domanda di riqualificazione di detti contratti e una domanda di indennizzo.

118    L’articolo 270 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 256, paragrafo 1, TFUE riconosce al Tribunale la competenza a pronunciarsi «su qualsiasi controversia tra l’Unione e gli agenti di questa, nei limiti e alle condizioni determinati dallo statuto dei funzionari (...) e dal [RAA]». I mezzi di ricorso, in particolare i termini e le regole di procedura, sono disciplinati dagli articoli 90 e 91 dello Statuto cui rinvia l’articolo 46 del RAA.

119    A questo proposito, dalla giurisprudenza si evince che tali mezzi di ricorso non si applicano solo a chi è dipendente di ruolo o agente non locale, ma anche a chi asserisce di esserlo (v. sentenza del 23 gennaio 1997, Coen, C‑246/95, EU:C:1997:33, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

120    Nella specie, occorre sottolineare che, con il terzo capo delle conclusioni, presentato sulla base dell’articolo 268 TFUE, il ricorrente chiede al Tribunale di condannare il Consiglio, la Commissione e il SEAE a risarcirlo dei danni da lui subiti a causa delle loro asserite mancanze nel prevedere un regime applicabile al personale contrattuale internazionale occupato presso il RSUE in Bosnia‑Erzegovina o, quantomeno, per non aver esteso a detto personale l’applicazione del RAA. Una siffatta mancanza avrebbe avuto per conseguenza che il ricorrente fosse sistematicamente assunto come agente contrattuale del suddetto RSUE sulla base di CTD disciplinati dal diritto inglese, con conseguente discriminazione di quest’ultimo rispetto agli agenti temporanei assoggettati al RAA occupati presso detto RSUE.

121    È in questo contesto che il ricorrente sostiene che avrebbe dovuto essergli riconosciuto lo status di agente temporaneo del SEAE, «poiché non esiste alcun altro status giuridico applicabile», e chiede il risarcimento di un danno corrispondente alle indennità e prestazioni che avrebbe potuto esigere quale agente temporaneo assunto nell’ambito del RAA, «salvo applicare un altro quadro di comparazione». Inoltre, nelle sue osservazioni sulle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità, il ricorrente ha indicato che egli «non chiede[va] la riqualificazione del suo contratto in un contratto di agente temporaneo».

122    In ordine al quarto capo delle conclusioni, il ricorrente ivi non rivendica nemmeno la propria qualità di agente temporaneo ai sensi del RAA, ma chiede, sostanzialmente, in via subordinata, nell’eventualità del rigetto dei primi tre capi delle conclusioni, il risarcimento dei danni subiti in mancanza di un regime giuridico chiaro che gli consenta, in particolare, l’accesso a un’autorità giurisdizionale.

123    Date le circostanze, le domande di risarcimento danni formulate nel terzo e nel quarto capo delle conclusioni rientrano nell’articolo 268 TFUE e non nell’articolo 270 TFUE, cosicché non può essere contestato al ricorrente di non aver rispettato il procedimento precontenzioso previsto agli articoli 90 e 91 dello Statuto.

124    Ne consegue che l’eccezione di irricevibilità del terzo e del quarto capo delle conclusioni per mancato rispetto del procedimento precontenzioso previsto agli articoli 90 e 91 dello Statuto deve essere respinta.

 Sulle eccezioni di irricevibilità relative allidentificazione della o delle parti convenute

125    Il Consiglio, la Commissione e il SEAE negano la propria legittimazione passiva con riferimento al primo e al secondo capo delle conclusioni, posto che essi non sono mai stati parti del contratto in questione e che il loro ruolo rispetto al RSUE in Bosnia‑Erzegovina non riguarda la gestione del personale contrattuale di quest’ultima. In particolare, la decisione di risoluzione non sarebbe loro imputabile, essendo stata adottata dal RSUE in Bosnia‑Erzegovina, che dovrebbe essere considerato come un organismo dell’Unione dotato di legittimazione passiva con riferimento al primo capo delle conclusioni.

126    Per quanto attiene, inoltre, al terzo capo delle conclusioni, la Commissione fa valere che non può esserle imputata la scelta di fare ricorso a una serie di CTD in successione per il personale contrattuale internazionale assunto da entità rientranti nella PESC. A questo proposito, essa sostiene che il Consiglio è competente ad adottare, se del caso, una decisione che determina lo statuto del personale rientrante nell’ambito della PESC.

127    Da parte sua, il ricorrente spiega di aver indicato nel ricorso quattro parti convenute in considerazione della natura non indipendente del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, il quale sarebbe soggetto a vincoli di subordinazione sia rispetto al Consiglio che rispetto alla Commissione e al SEAE. Egli sottolinea che il Consiglio nomina detto RSUE, che la Commissione è responsabile del controllo dell’esecuzione del mandato ad esso conferito e che il SEAE ne è il datore di lavoro. Inoltre, il ricorrente sostiene che il RSUE in Bosnia‑Erzegovina non è oggetto del terzo capo delle conclusioni poiché esso non ha alcuna competenza ad adottare una disciplina quadro dell’impiego degli agenti contrattuali internazionali presso di esso.

128    In considerazione del rigetto, per incompetenza del Tribunale, della domanda del ricorrente diretta a ottenere il suo reintegro nel personale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina nonché delle sue domande presentate nell’ambito del secondo capo delle conclusioni (v. punti 88 e 89 supra), l’esame delle presenti eccezioni di irricevibilità deve essere limitato alle altre domande del ricorrente.

 Sul primo capo delle conclusioni

129    Come concluso al precedente punto 87, il Tribunale è competente a esaminare il primo capo delle conclusioni, sulla base dell’articolo 263 TFUE, nella parte in cui esso è volto all’annullamento della decisione di risoluzione e, sulla base dell’articolo 268 TFUE, nella parte in cui mira all’ottenimento del risarcimento pecuniario dei danni morali e materiali asseritamente causati da detta decisione.

130    A questo proposito, da un lato, ai sensi dell’articolo 263, primo comma, TFUE, il mezzo del ricorso di annullamento è esperibile contro gli atti di talune istituzioni ivi denominate ma anche, più in generale, contro gli atti di organi o organismi dell’Unione, nella misura in cui tali atti producano effetti giuridici vincolanti (ordinanza del 4 giugno 2013, Elitaliana/Eulex Kosovo, T‑213/12, EU:T:2013:292, punto 19). Un ricorso di annullamento dev’essere pertanto proposto contro l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui trattasi (v. ordinanza del 19 novembre 2018, Iccrea Banca/Commissione e SRB, T‑494/17, EU:T:2018:804, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

131    Dall’altro, in forza dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, in materia di responsabilità extracontrattuale il Tribunale è competente unicamente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni causati dalle istituzioni dell’Unione o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Il termine «istituzione» usato dall’articolo 340, secondo comma, TFUE, non comprende le sole istituzioni dell’Unione elencate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma include altresì ogni altro organo e organismo dell’Unione istituito sulla base dei trattati con il compito di contribuire alla realizzazione degli scopi dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2002, Lamberts/Mediatore, T‑209/00, EU:T:2002:94, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

132    Così, nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, quest’ultima è rappresentata dinanzi al Tribunale dall’istituzione, dall’organo o dall’organismo cui è contestato il fatto generatore della responsabilità (v., in tal senso, ordinanza del 6 gennaio 2015, Kendrion/Unione europea, T‑479/14, non pubblicata, EU:T:2015:2, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

133    Nel caso di specie, il primo capo delle conclusioni verte sulla decisione di risoluzione, che è imputabile al RSUE in Bosnia‑Erzegovina. Pertanto, occorre esaminare se detto RSUE possa essere qualificato come organo o organismo dell’Unione, dotato di legittimazione passiva nell’ambito di un ricorso proposto sulla base degli articoli 263 e 268 TFUE.

134    A tal riguardo, per determinare se un’entità o una struttura rientrante o operante in seno allo schema organizzativo dell’Unione possa essere considerata organo o organismo di quest’ultima, occorre verificare se, alla luce delle disposizioni che disciplinano lo status dell’entità o della struttura di cui trattasi, quest’ultima disponga di una capacità giuridica sufficiente per poter essere considerata organo autonomo dell’Unione e affinché le si possa riconoscere la legittimazione passiva (v., in tal senso, ordinanza del 4 giugno 2012, Elti/Delegazione dell’Unione in Montenegro, T‑395/11, EU:T:2012:274, punti da 27 a 29). In particolare, l’entità o la struttura di cui trattasi deve essere qualificata come organo o organismo dell’Unione quando, da un lato, è investita di un mandato, intrinsecamente legato al funzionamento dell’Unione e, dall’altro, è giuridicamente distinta dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione esistenti (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del 3 marzo 2022, Commissione/Consiglio, C‑551/21, EU:C:2022:163, punto 14).

135    Per quanto attiene al RSUE in Bosnia‑Erzegovina, va osservato che, anzitutto, in applicazione dell’articolo 33 TUE, esso è nominato dal Consiglio su proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (in prosieguo: l’«alto rappresentante») al fine di esercitare un «mandato per problemi politici specifici» (v. punto 3 supra). Detto RSUE è, quindi, investito di un mandato intrinsecamente legato al funzionamento dell’Unione.

136    Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2019/1340, il RSUE in Bosnia‑Erzegovina è «responsabile dell’esecuzione del mandato». Benché la disposizione di cui trattasi preveda anche che il RSUE «[agisce] sotto l’autorità dell’[alto rappresentante]», detta autorità riguarda unicamente l’esecuzione del mandato del RSUE come definito all’articolo 3 della decisione stessa e non la gestione amministrativa nell’ambito di un siffatto mandato, in particolare in materia di personale.

137    Inoltre, numerose disposizioni della decisione 2019/1340 mostrano come il RSUE in Bosnia‑Erzegovina sia giuridicamente distinto dalle altre istituzioni, organi e organismi dell’Unione. A tale riguardo, da un lato, l’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della decisione di cui trattasi conferisce al suddetto RSUE la capacità giuridica di aggiudicare appalti e di acquistare beni e gli impone di concludere con la Commissione un contratto relativo alla gestione delle sue spese. Dall’altro, come si è osservato al precedente punto 63, l’articolo 6, paragrafo 2, della medesima decisione consente allo stesso RSUE di accogliere personale distaccato dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE.

138    Infine, in materia di gestione del suo personale contrattuale, il RSUE in Bosnia‑Erzegovina dispone di una capacità giuridica che gli consente di agire in maniera autonoma. Da un lato, dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della decisione 2019/1340 risulta che detto RSUE è «responsabile della costituzione della sua squadra» e che esso ha la capacità giuridica di concludere contratti per l’assunzione di personale internazionale, da esso selezionato, senza dover ottenere l’approvazione di altre istituzioni, organi o organismi dell’Unione, posto che il Consiglio e la Commissione devono esserne informati a posteriori (v. punti 63 e 64 supra). Dall’altro, la suddetta decisione menziona il «personale [del RSUE in Bosnia‑Erzegovina]» (articolo 7), i «membri della squadra del RSUE» (articolo 8), il «personale sotto la diretta autorità del RSUE» (articolo 10) o ancora il «RSUE [in Bosnia‑Erzegovina] e il suo personale» (articolo 13).

139    Di conseguenza, ai fini della presente causa, vertente su questioni relative alla gestione del personale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, quest’ultimo deve essere assimilato agli organi e agli organismi dell’Unione dotati di legittimazione passiva nell’ambito di un ricorso fondato sugli articoli 263 e 268 TFUE, ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 130 a 132. Ne consegue che il primo capo delle conclusioni è ricevibile con riferimento al RSUE in Bosnia‑Erzegovina.

140    Per quanto attiene al Consiglio, è vero che detta istituzione nomina il RSUE in Bosnia-Erzegovina, definisce i termini e la durata del suo mandato e può decidere di porvi fine anticipatamente. Tuttavia, una siffatta circostanza non è idonea a rimettere in discussione l’autonomia e la capacità giuridica di detto RSUE in ordine alla gestione del suo personale, come riconosciute al precedente punto 138. Inoltre, benché l’articolo 4, paragrafo 2, della decisione 2019/1340 preveda che il Consiglio fornisce a detto RSUE, per il tramite del comitato politico e di sicurezza (CPS), orientamento strategico e direzione politica, il primo capo delle conclusioni verte unicamente su questioni relative alla gestione del personale del medesimo RSUE e non è pertanto riconducibile ad atti di quest’ultimo di natura strategica o politica. Ne consegue che questo capo delle conclusioni è irricevibile con riferimento al Consiglio.

141    Per quanto attiene alla Commissione, va osservato che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, della decisione 2019/1340, la gestione delle spese è oggetto di un contratto tra essa e il RSUE in Bosnia-Erzegovina, e quest’ultimo risponde di tutte le spese dinanzi ad essa. Il ruolo svolto dalla Commissione rispetto al RSUE in Bosnia‑Erzegovina attiene pertanto al controllo sull’esecuzione del bilancio del mandato a quest’ultimo attribuito. Orbene, il primo capo delle conclusioni verte sulla gestione, da parte del RSUE in Bosnia‑Erzegovina, del proprio personale e non sull’esecuzione, da parte di quest’ultimo, del proprio bilancio. Pertanto, il primo capo delle conclusioni deve essere respinto come irricevibile nella parte in cui esso riguarda la Commissione (v., per analogia, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a., C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 65).

142    Per quanto attiene al SEAE, è vero che, in effetti, il RSUE in Bosnia‑Erzegovina è anche il capo della delegazione dell’Unione in detto Stato e, in tale ultima veste, un agente temporaneo del SEAE. Tuttavia, in primo luogo, il contratto in questione, al pari dei CTD che l’hanno preceduto, è stato firmato esclusivamente dal RSUE in quanto tale, senza fare riferimento alla sua qualità di capo della delegazione dell’Unione in Bosnia‑Erzegovina. In secondo luogo, l’articolo 1, paragrafo 4, della decisione 2010/427/UE, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del SEAE (GU 2010, L 201, pag. 30), prevede che il SEAE «si articola in un’amministrazione centrale e nelle delegazioni dell’Unione nei paesi terzi e presso le organizzazioni internazionali», senza includere gli RSUE. In terzo luogo, dagli atti di causa e, segnatamente, da un documento di lavoro del SEAE del 16 marzo 2016 risulta che il personale di un RSUE in un paese terzo non va confuso con quello assegnato alla delegazione dell’Unione in detto Stato, anche quando, come nel caso della Bosnia‑Erzegovina, il RSUE e il capo della delegazione dell’Unione siano la medesima persona. Ne consegue che il primo capo delle conclusioni è irricevibile nella parte in cui esso riguarda il SEAE.

 Sul terzo capo delle conclusioni

143    Come osservato al precedente punto 132, nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, quest’ultima è rappresentata dinanzi al Tribunale dall’istituzione, dall’organo o dall’organismo cui è contestato il fatto generatore della responsabilità.

144    Nella specie, con il terzo capo delle conclusioni, il ricorrente propone, sulla base dell’articolo 268 TFUE, una domanda di risarcimento fondata sull’esistenza di una discriminazione. In tale domanda, esso contesta al Consiglio, alla Commissione e al SEAE di non aver assoggettato il personale contrattuale internazionale assunto nell’ambito della PESC al RAA o di non aver adottato per detto personale un regime giuridico comparabile a quello del RAA.

145    Pertanto, il fatto generatore della responsabilità extracontrattuale dell’Unione dedotto dal ricorrente risiede nelle scelte operate, a livello istituzionale, in ordine al regime giuridico applicabile al rapporto di lavoro del personale contrattuale assunto nell’ambito della PESC.

146    A tal riguardo, in primo luogo, il ricorrente sostiene che sarebbe stato necessario adottare un regime applicabile al personale contrattuale internazionale assunto dal RSUE in Bosnia‑Erzegovina sulla base dell’articolo 336 TFUE, ai sensi del quale «[i]l Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria (...) stabiliscono lo statuto (...) e il [RAA]». Tuttavia, il RSUE in Bosnia-Erzegovina è un’entità che rientra nella PESC (v. precedente 3) e dall’articolo 24, paragrafo 1, TUE, nonché dall’articolo 31, paragrafo 1, del medesimo Trattato emerge chiaramente che, in tale settore, è esclusa l’adozione di atti legislativi.

147    Pertanto, l’articolo 336 TFUE non è pertinente, nel caso di specie, per individuare la o le istituzioni alle quali, nell’ambito del terzo capo delle conclusioni, è contestato il fatto generatore della responsabilità.

148    In secondo luogo, va osservato che, ai sensi dell’articolo 26 TUE, spetta al Consiglio elaborare la PESC e prendere le decisioni necessarie per la definizione e l’attuazione di tale politica in base agli orientamenti generali e alle linee strategiche definiti dal Consiglio europeo. Orbene, l’adozione, se del caso, di un regime giuridico applicabile al personale contrattuale assunto nell’ambito della PESC rientra nell’attuazione di quest’ultima e, quindi, nella competenza del Consiglio.

149    A questo proposito, come sottolinea il ricorrente, da una lettura congiunta dei punti 1.5 e 3.3 della comunicazione C(2012) 4052 final, del 26 giugno 2012, relativa alle regole per la gestione finanziaria delle missioni della PESC, emerge che la Commissione aveva suggerito al Consiglio di applicare il RAA agli agenti contrattuali delle missioni della PESC e degli RSUE.

150    Orbene, tale suggerimento non è stato attuato poiché le delegazioni degli Stati membri non sono pervenute a un accordo in seno al Consiglio, come risulta da una nota inviata il 22 maggio 2013 dalla presidenza di detta istituzione al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper). In particolare, in detta nota si sottolineava che le suddette delegazioni avrebbero avuto bisogno di tempo per esaminare le implicazioni giuridiche, istituzionali e operative prima di avviare una qualsiasi modifica del regime delle missioni rientranti nella PESC e che esse ritenevano che la situazione degli RSUE necessitasse di ulteriori discussioni. Tale nota era accompagnata da una proposta in cui, relativamente agli RSUE, veniva indicato quanto segue:

«Il Consiglio ritiene che la situazione degli RSUE necessiti di ulteriori discussioni e che, per il momento, dovrebbe essere mantenuto lo status quo. [I]n questa fase, è possibile un accordo unicamente sui seguenti punti:

(…)

–        [c]ontinuare nell’esame delle possibili alternative rispetto a una situazione in cui ogni RSUE è personalmente responsabile del bilancio e assume personalmente i dipendenti, compresa la possibilità di creare una cellula di sostegno del RSUE, e relazionare al Coreper entro il 31 marzo 2014».

151    Inoltre, il 13 marzo 2014, il segretario generale del Consiglio ha elaborato una nota vertente sull’approvazione di nuove direttive in materia di nomina, mandato e finanziamento degli RSUE, il cui testo è stato adottato dal gruppo «Relazioni esterne» del Consiglio dopo una serie di discussioni condotte sulla base di un documento di lavoro del SEAE che faceva seguito a una conclusione del gruppo «Affari generali» del Consiglio, del 17 dicembre 2013, indicante la necessità di adottare tali nuove direttive. Dalla suddetta nota emerge che le delegazioni degli Stati membri avevano ritenuto necessario chiarire le implicazioni giuridiche, istituzionali e operative dell’applicazione, al personale contrattuale degli RSUE, di nuove regole sul personale contrattuale delle missioni della PESC.

152    Date le circostanze, occorre considerare che l’adozione di un regime giuridico applicabile al personale contrattuale assunto nell’ambito della PESC rientra nella sfera di una scelta operata a livello di Consiglio, come peraltro sottolineato dal SEAE nella sua eccezione di incompetenza e di irricevibilità.

153    In terzo luogo, si deve sottolineare che, in forza dell’articolo 33 TUE, la nomina di un RSUE rientra nella competenza del Consiglio, su proposta dell’alto rappresentante.

154    Inoltre, l’articolo 28 TUE prevede, al primo comma del paragrafo 1, che, quando una situazione internazionale richiede un intervento operativo dell’Unione, il Consiglio adotta le decisioni necessarie, le quali definiscono gli obiettivi, la portata e i mezzi di cui l’Unione deve disporre, le condizioni di attuazione e, se necessario, la durata. Occorre pertanto constatare che, nello specifico ambito della PESC, spetta al Consiglio decidere sui mezzi da mettere a disposizione dell’Unione e sulle condizioni di attuazione delle decisioni da esso adottate nell’ambito dell’azione operativa dell’Unione di cui trattasi, il che include, fra l’altro, i mezzi in termini di personale messi a disposizione di detta azione (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2021, Jenkinson/Consiglio e a., T‑602/15 RENV, con impugnazione pendente, EU:T:2021:764, punto 226).

155    È vero che la decisione 2019/1340 non riguarda esplicitamente l’articolo 28 TUE, ma richiama unicamente il «trattato [UE], in particolare l’articolo 33 e l’articolo 31, paragrafo 2». Tuttavia, detta decisione implica un intervento operativo rientrante nella PESC, nella misura in cui istituisce un RSUE in Bosnia‑Erzegovina che ha il mandato, in sostanza, di sostenere l’azione dell’Unione in relazione a problemi politici specifici sul territorio di detto Stato, di concerto con le autorità locali, e che, ai fini dell’esecuzione di detto mandato, dispone di un bilancio e di una squadra.

156    Inoltre, l’azione comune 2002/211, con cui il RSUE in Bosnia‑Erzegovina è stato nominato per la prima volta, è stata adottata in considerazione dell’articolo 14 TUE (nella sua versione anteriore all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona), che conteneva, al suo paragrafo 1, una disposizione analoga all’articolo 28 TUE nella sua versione attuale. Inoltre, la decisione 2012/330/PESC del Consiglio, del 25 giugno 2012, che modifica la decisione 2011/426/PESC, che nomina il RSUE in Bosnia‑Erzegovina (GU 2012, L 165, pag. 66), e la decisione 2013/351/PESC del Consiglio, del 2 luglio 2013, che modifica la decisione 2011/426/PESC che nomina il RSUE in Bosnia‑Erzegovina (GU 2013, L 185, pag. 7), sono state adottate successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in considerazione, segnatamente, dell’articolo 28 TUE.

157    La nomina del RSUE in Bosnia‑Erzegovina rientra, pertanto, nell’articolo 28 TUE, cosicché, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 154, compete al Consiglio stabilire i mezzi in termini di personale a disposizione di detta entità.

158    Questa conclusione trova conferma nelle direttive in materia di nomina, di mandato e di finanziamento del RSUE, citate al precedente punto 151, la cui sezione C precisa che la decisione del Consiglio di nominare un RSUE deve contenere vari elementi, tra cui le regole relative alla costituzione e alla composizione del personale del RSUE.

159    Pertanto, l’adozione di uno statuto applicabile al personale contrattuale internazionale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina rientra nelle competenze del Consiglio.

160    In quarto luogo, in udienza, il SEAE ha sostenuto, fondandosi sull’articolo 30, paragrafo 1, TUE, che il Consiglio non potrebbe adottare un regime giuridico applicabile al personale contrattuale rientrante nella PESC senza che gli sia stata presentata una proposta in tal senso, proveniente o dall’alto rappresentante, o da uno Stato membro. Tuttavia, da detta disposizione, a norma della quale «[o]gni Stato membro, l’alto rappresentante (...), o l’alto rappresentante con l’appoggio della Commissione, possono sottoporre al Consiglio questioni relative alla [PESC] e possono presentare rispettivamente iniziative o proposte al Consiglio», emerge che l’alto rappresentante e gli Stati membri dispongono sì di un diritto di iniziativa, ma che tale diritto non è loro monopolio, né costituisce una condizione affinché il Consiglio possa adottare un atto quale una decisione sul regime giuridico del personale contrattuale assunto nell’ambito della PESC in generale, o del RSUE in Bosnia-Erzegovina in particolare. Pertanto, questa disposizione non impedisce al Consiglio di emanare, di propria iniziativa, ove lo ritenga necessario, una decisione volta all’adozione di un siffatto regime oppure di chiedere all’alto rappresentante di sottoporgli una proposta in tal senso.

161    Tale conclusione trova conferma negli elementi contenuti nel fascicolo. Da un lato, dal precedente punto 151 risulta che le direttive sulla nomina, il mandato e il finanziamento degli RSUE sono state riviste su iniziativa del gruppo «Affari generali» del Consiglio. Dall’altro, per quanto attiene alla procedura di nomina di un RSUE, le medesime direttive precisano che, «[q]uando ritiene che il contesto politico lo richiede, il Consiglio può invitare l’[alto rappresentante] a presentare una proposta di nomina di un RSUE dotato di un mandato per problemi politici specifici».

162    Tenuto conto di quanto precede, occorre concludere che ogni eventuale inadempimento colposo nell’ambito dell’adozione di un regime generale applicabile al personale contrattuale rientrante, in generale, nella PESC o, in particolare, nel RSUE in Bosnia‑Erzegovina, deve essere imputato al Consiglio. Il terzo capo delle conclusioni è, quindi, ricevibile per quanto attiene al Consiglio, mentre è irricevibile nella parte in cui esso riguarda la Commissione e il SEAE.

 Sul quarto capo delle conclusioni

163    Con il suo quarto capo delle conclusioni, formulato in via subordinata rispetto ai primi tre, il ricorrente chiede, in forza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, la condanna del Consiglio, della Commissione e del SEAE a versargli la somma di EUR 400 000 adducendo che le condizioni di impiego riconosciutegli sarebbero state lesive dei suoi diritti fondamentali.

164    Orbene, come emerge dai precedenti punti da 148 a 162, spetta al Consiglio stabilire le condizioni di impiego del personale contrattuale del RSUE in Bosnia-Erzegovina. Pertanto, con riferimento al quarto capo delle conclusioni, la legittimazione passiva deve essere riconosciuta in capo al Consiglio.

165    È vero che il ricorrente rinvia anche ai motivi dedotti a fondamento del primo e del secondo capo delle conclusioni, che riguardano il RSUE in Bosnia‑Erzegovina nella sua veste di datore di lavoro. Tuttavia, nell’ambito del quarto capo delle conclusioni, il ricorrente non ha inteso far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione per condotte tenute dal RSUE in Bosnia‑Erzegovina. Infatti, sia nell’atto introduttivo del ricorso che nelle sue osservazioni sulle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità, il ricorrente precisa che il quarto capo delle conclusioni riguarda le «istituzioni europee», formulazione questa che, alla luce di una lettura d’insieme dei suoi atti, deve essere intesa come un rinvio non al RSUE in Bosnia‑Erzegovina, bensì al Consiglio, alla Commissione e al SEAE, benché quest’ultimo non sia un’istituzione ai sensi dell’articolo 13 TUE.

166    Alla luce di quanto precede, il quarto capo delle conclusioni deve essere dichiarato ricevibile con riferimento al Consiglio e irricevibile con riferimento alla Commissione e al SEAE.

 Conclusione

167    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, in primo luogo, per quanto attiene al primo capo delle conclusioni, il Tribunale è competente, da un lato, sulla base dell’articolo 263 TFUE, a pronunciarsi sulla domanda di annullamento della decisione di risoluzione e, dall’altro, sulla base dell’articolo 268 TFUE, a pronunciarsi sulle domande dirette a ottenere il risarcimento pecuniario del danno morale e materiale asseritamente subito dal ricorrente a causa di detta decisione. Tali domande sono ricevibili con riferimento al RSUE in Bosnia‑Erzegovina e irricevibili per quanto attiene al Consiglio, alla Commissione e al SEAE.

168    Inoltre, la domanda volta a ottenere il reintegro del ricorrente in seno al personale del RSUE in Bosnia‑Erzegovina deve essere respinta per incompetenza.

169    In secondo luogo, il secondo capo delle conclusioni deve essere interamente respinto per incompetenza.

170    In terzo luogo, il terzo e il quarto capo delle conclusioni, rispetto ai quali il Tribunale è competente in forza dell’articolo 268 TFUE, sono ricevibili per quanto attiene al Consiglio e irricevibili per quanto attiene alla Commissione e al SEAE.

 Sulle spese

171    Ai sensi dell’articolo 133 del regolamento di procedura, si provvede sulle spese con la sentenza o l’ordinanza che definisce il giudizio. Inoltre, a norma dell’articolo 135, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sostenga, oltre alle proprie spese, soltanto una quota delle spese dell’altra parte, oppure che non debba essere condannata affatto a tale titolo.

172    Dalle motivazioni illustrate nella presente sentenza emerge che quest’ultima definisce il giudizio per quanto concerne la Commissione e il SEAE, fermo restando che queste parti convenute, nei cui confronti il ricorso deve essere respinto, hanno espressamente chiesto la condanna del ricorrente alle spese.

173    Tuttavia, come ho osservato ai precedenti punti da 140 a 142, l’azione del RSUE in Bosnia‑Erzegovina si inserisce in un contesto giuridico complesso, caratterizzato dai legami che esso intrattiene con il Consiglio, con la Commissione e con il SEAE. Pertanto, per il ricorrente era indubbiamente difficile individuare le parti convenute all’atto della presentazione del presente ricorso. Date le circostanze, il Tribunale ritiene sia equo disporre che la Commissione e il SEAE sopportino le proprie spese.

174    La presente sentenza non definisce, inoltre, il giudizio per quanto attiene al Consiglio e al RSUE in Bosnia‑Erzegovina. Occorre, pertanto, riservare la decisione sulle spese sostenute dal ricorrente e da queste due parti convenute in relazione alle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto:

–        per incompetenza, nella parte in cui è diretto a ottenere che sia ordinato il reintegro del sig. Robert Stockdale nel personale del rappresentante speciale dell’Unione europea per la BosniaErzegovina;

–        per incompetenza, nella parte in cui è diretto ad ottenere la riqualificazione dei contratti di lavoro a tempo determinato del sig. Stockdale in un solo contratto di lavoro a tempo indeterminato, nonché l’accertamento della violazione, da parte dei convenuti, delle loro obbligazioni contrattuali;

–        in quanto irricevibile, nei confronti del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione europea e del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), nella parte in cui è diretto a ottenere l’annullamento della decisione del rappresentante speciale dell’Unione europea per la BosniaErzegovina del 17 novembre 2020 con cui è stato risolto il contratto di lavoro del sig. Stockdale, nonché ad ottenere il risarcimento dei danni asseritamente cagionati da detta decisione;

–        in quanto irricevibile, per il resto, nei confronti della Commissione e al SEAE.

2)      Le eccezioni di incompetenza e di irricevibilità sono respinte quanto al resto.

3)      La Commissione e il SEAE sopporteranno le proprie spese relative alle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità.

4)      Le spese sostenute dal sig. Stockdale, dal Consiglio e dal rappresentante speciale dell’Unione europea per la BosniaErzegovina, in relazione alle eccezioni di incompetenza e di irricevibilità, sono riservate.

da Silva Passos

Valančius

Reine

Truchot

 

      Sampol Pucurull

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 luglio 2023.

Firme


Indice


Fatti all ’origine della controversia

Conclusioni delle parti

In diritto

Sulla competenza del Tribunale a pronunciarsi, in mancanza di una clausola compromissoria, sul primo e sul secondo capo delle conclusioni

Sulla natura del primo e del secondo capo delle conclusioni

Sulla competenza del Tribunale a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni ai sensi dell ’articolo 272 TFUE

Sulla competenza del Tribunale a pronunciarsi sul primo e sul secondo capo delle conclusioni ai sensi degli articoli 263 e 26 8 TFUE

– Sulle disposizioni contrattuali

– Sulle disposizioni del diritto dell’Unione

Conclusione

Sulle eccezioni di irricevibilità fondate sul mancato rispetto dei requisiti di forma del ricorso

Sull ’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza delle conclusioni del ricorrente nel loro complesso

Sull ’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza del fondamento giuridico del ricorso

Sull ’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza, nello specifico, del quarto capo delle conclusioni

Sull ’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di chiarezza dei motivi di ricorso invocati con riferimento ai diversi capi delle conclusioni

Conclusione

Sull ’eccezione di irricevibilità fondata sull’irricevibilità del terzo e del quarto capo delle conclusioni per mancato rispetto del procedimento precontenzioso previsto agli articoli 90 e 91 dello Statuto

Sulle eccezioni di irricevibilità relative all ’identificazione della o delle parti convenute

Sul primo capo delle conclusioni

Sul terzo capo delle conclusioni

Sul quarto capo delle conclusioni

Conclusione

Sulle spese


*      Lingua processuale: il francese.