Language of document : ECLI:EU:T:2021:574

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

15 settembre 2021 (*)

«Funzione pubblica – Agenti contrattuali – Retribuzione – Indennità di dislocazione – Articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto – Diniego dell’indennità di dislocazione – Residenza abituale – Funzioni esercitate in un’organizzazione internazionale stabilita nello Stato in cui è situata la sede di servizio»

Nella causa T‑466/20,

LF, rappresentato da S. Orlandi, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da T. Bohr e A.-C. Simon, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione, dell’11 settembre 2019, con la quale al ricorrente è stato negato il beneficio dell’indennità di dislocazione,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, P. Nihoul (relatore) e R. Frendo, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 aprile 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’articolo 69 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), applicabile per analogia agli agenti contrattuali in forza dell’articolo 20, paragrafo 2, e dell’articolo 92 del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»), così dispone:

«L’indennità di dislocazione è pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico, ai quali il funzionario ha diritto. L’indennità di dislocazione non può essere inferiore a EUR 538,87 mensili».

2        L’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto, anch’esso applicabile per analogia agli agenti contrattuali in forza degli articoli 21 e 92 del RAA, è così formulato:

«1. Un’indennità di dislocazione pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico versati al funzionario, è concessa:

a)      al funzionario:

–        che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio e,

–        che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio. Per l’applicazione della presente disposizione, non si tiene conto delle situazioni risultanti dai servizi effettuati per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale;

b)      al funzionario che, avendo o avendo avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio, ha abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo di detto Stato per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

(…)».

 Fatti

3        Il ricorrente, LF, è cittadino belga ed è nato in Belgio.

4        Nel 1982, all’età di quattro anni, si è trasferito con la famiglia in Francia, dove ha svolto i suoi studi e lavorato fino al 31 marzo 2013, ad eccezione del periodo compreso tra il 1º giugno 2002 e il 31 maggio 2003 durante il quale ha lavorato in Perù per il Ministero degli Affari esteri francese.

5        Tra il 1º aprile 2009 e il 30 marzo 2013 ha lavorato presso il Ministero dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia francese a Parigi (Francia) e, tra il 1º e il 30 aprile 2013, è stato iscritto come disoccupato in Francia.

6        Il 1º maggio 2013 egli è entrato in servizio presso la Commissione europea a Bruxelles (Belgio) in qualità di agente contrattuale del gruppo di funzioni IV presso la direzione generale (DG) «Ricerca e innovazione», poi presso la DG «Agricoltura e sviluppo rurale» nell’ambito di un contratto a tempo determinato rinnovato a più riprese, senza interruzione. Tale contratto è scaduto il 30 aprile 2019.

7        Durante tutto il periodo suddetto, il ricorrente ha percepito l’indennità di dislocazione sulla base dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, tenuto conto della sua cittadinanza belga e della sua assenza dal territorio belga durante il periodo di dieci anni che aveva preceduto la sua assunzione presso la Commissione.

8        Nel 2014 il ricorrente si è sposato in Belgio con una cittadina francese con la quale ha avuto due figli, nati a Bruxelles nel 2015 e nel 2017. Sua moglie, che aveva lo status di lavoratore autonomo in Francia, ha lavorato in Belgio in forza di un contratto a tempo indeterminato. Secondo le informazioni fornite dal ricorrente in udienza e inserite nel verbale d’udienza, la moglie del ricorrente ha la propria residenza fiscale in Belgio.

9        Il 20 novembre 2018, la Commissione ha pubblicato un bando di concorso interno COM/03/AD/18, aperto agli agenti contrattuali, avente lo scopo di assumere funzionari di grado AD 6. Il ricorrente si è candidato a tale concorso e il suo nominativo è stato inserito nell’elenco dei vincitori il 3 dicembre 2019.

10      Inoltre, il 25 gennaio 2019, il ricorrente ha presentato la propria candidatura a seguito della pubblicazione, il 7 gennaio precedente, dell’avviso di posto vacante inter-agenzia REA/INTER-CA/2018/PA/A-B/FGIV/09, avente ad oggetto l’assunzione di agenti contrattuali del gruppo di funzioni IV presso l’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA). Ai sensi di tale avviso di posto vacante, solo gli agenti contrattuali in servizio presso un’istituzione dell’Unione europea potevano partecipare al procedimento.

11      Nel maggio 2019, il ricorrente ha interrogato la REA in merito al risultato di tale assunzione. Il 16 maggio 2019 la REA gli ha risposto che la decisione ad esso relativa non era ancora stata adottata e gli ha chiesto di rimanere «paziente e impegnato».

12      Con messaggio di posta elettronica del 7 giugno 2019, la REA ha inviato al ricorrente un’offerta di assunzione per un posto di agente contrattuale a partire dal 1º settembre 2019, della durata di un anno, rinnovabile. Il ricorrente ha espresso il proprio consenso in merito a tale proposta l’11 giugno successivo.

13      Tra il 1º maggio e il 31 agosto 2019, il ricorrente è stato iscritto come persona in cerca di lavoro in Belgio e le sue indennità sono state versate dall’Unione. Egli ha inoltre continuato a beneficiare del regime di copertura assicurativa malattia di quest’ultima.

14      Il 1º settembre 2019 il ricorrente è entrato in servizio presso la REA.

15      L’11 settembre 2019, l’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione ha deciso che il ricorrente non aveva diritto all’indennità di dislocazione (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

16      Il 9 dicembre 2019 il ricorrente ha presentato un reclamo presso la Commissione contro la decisione impugnata. Tale reclamo è stato respinto con decisione del 7 aprile 2020, notificata il giorno successivo, con la motivazione che lo stesso non soddisfaceva le condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

17      Basandosi sulla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), la Commissione ha ritenuto che non occorresse neutralizzare il periodo compreso tra il 1º maggio 2013 e il 30 aprile 2019, durante il quale il ricorrente aveva lavorato presso la Commissione, ma che tale periodo doveva essere preso in considerazione al fine di determinare la residenza abituale dell’agente, dal momento che si presume che detto periodo ostasse alla creazione di legami duraturi tra lo stesso e il paese della sede di servizio. Essa ha aggiunto che, alla luce dei criteri giurisprudenziali relativi alla residenza abituale, vale a dire l’attività professionale e i legami personali del ricorrente, i legami con la Francia fatti valere dal ricorrente non possono rimettere in discussione la realtà della sua residenza abituale in Belgio.

18      Quanto al periodo di quattro mesi compreso tra il 30 aprile 2019, data di scadenza del contratto concluso con la Commissione, e il 1º settembre 2019, data della sua assunzione da parte della REA, la Commissione ha sottolineato che il ricorrente aveva mantenuto la sua residenza in Belgio con la moglie e i figli, nello stesso alloggio che occupava in precedenza, con l’intenzione di rimanervi.

19      Il 17 marzo 2020, a seguito del superamento del concorso interno COM/03/AD/18 organizzato dalla Commissione, il ricorrente veniva nominato funzionario presso tale istituzione con effetto dal 16 aprile successivo. La Commissione gli ha negato anche in tal caso il diritto all’indennità di dislocazione. Tale decisione è oggetto di un altro ricorso proposto dal ricorrente dinanzi al Tribunale, iscritto a ruolo con il numero T‑178/21.

 Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 luglio 2020, il ricorrente ha proposto il ricorso di cui trattasi. La Commissione ha depositato il controricorso il 23 ottobre 2020. Con lettera del 25 novembre 2020, il ricorrente ha rinunciato al deposito di una replica.

21      Con lettera del 31 luglio 2020, il ricorrente ha chiesto l’anonimato in base all’articolo 66 del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione del 14 settembre 2020, il Tribunale ha accolto tale domanda.

22      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

23      Con lettera del 3 marzo 2021, il Tribunale ha posto alle parti, sulla base dell’articolo 89 del regolamento di procedura, quesiti relativi in particolare alla giurisprudenza applicabile, a loro avviso, al caso di specie. A tali quesiti le parti hanno risposto entro il termine impartito.

24      Le difese orali delle parti e le risposte di queste ultime ai quesiti rivolti dal Tribunale, in particolare riguardo a tale giurisprudenza, sono state sentite all’udienza del 23 aprile 2021.

25      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari

27      L’articolo 2, paragrafo 2, dello Statuto dispone che una o più istituzioni possono affidare ad una di esse o ad un organismo interistituzionale l’esercizio totale o parziale dei poteri devoluti all’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»), ad eccezione delle decisioni relative alle nomine, alle promozioni o ai trasferimenti di funzionari. Inoltre, conformemente all’articolo 91 bis dello Statuto, i ricorsi nei settori per i quali è stato applicato l’articolo 2, paragrafo 2, sono diretti contro l’istituzione da cui dipende l’APN delegataria.

28      Per effetto degli articoli 6 e 117 del RAA, l’articolo 2, paragrafo 2, e l’articolo 91 bis dello Statuto si applicano per analogia alle autorità abilitate a concludere contratti di assunzione.

29      Con la decisione n. 2003/522/CE, del 6 novembre 2002 (GU 2003, L 183, pag. 30), la Commissione ha istituito il PMO.

30      Il 12 dicembre 2018, la REA, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, dello Statuto e degli articoli 6 e 117 del RAA, ha concluso con il PMO un accordo di servizio da cui risulta che quest’ultimo determina i diritti individuali degli agenti contrattuali della REA e in particolare quelli che risultano dall’articolo 69 dello Statuto e dal suo allegato VII (sezione E della parte II B di detto accordo di servizio). Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della parte II A dell’accordo di servizio, quando la REA ha delegato al PMO l’esercizio dei poteri conferiti all’APN o all’autorità abilitata a concludere contratti di assunzione, i ricorsi fondati sull’articolo 91 dello Statuto devono essere diretti contro la Commissione, conformemente all’articolo 91 bis dello Statuto.

31      È quindi in modo giustificato che, nel caso di specie, il ricorso è stato diretto contro la Commissione.

 Sul motivo unico, vertente sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 1, lettera b), dellallegato VII dello Statuto

32      Il ricorrente ritiene che, negandogli l’indennità di dislocazione, il PMO abbia violato l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

33      Il motivo è contestato dalla Commissione.

34      A tal riguardo, occorre rilevare che le condizioni di concessione dell’indennità di dislocazione sono enunciate all’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, applicabile per analogia agli agenti contrattuali in forza dell’articolo 20, paragrafo 2, e degli articoli 21 e 92 del RAA.

35      Tale disposizione distingue due fattispecie che dipendono dalla nazionalità del funzionario.

36      La prima fattispecie, disciplinata dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, riguarda le situazioni in cui il funzionario «non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato nel cui territorio è situata la sede di servizio». In questo caso, è necessario che il funzionario o l’agente, per poter ottenere l’indennità di dislocazione, non abbia abitato o svolto abitualmente la sua attività professionale principale nel territorio europeo dello Stato della sede di servizio durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio.

37      Disciplinata dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, la seconda ipotesi riguarda il funzionario «che [abbia o abbia avuto] la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio». In questo caso, la concessione dell’indennità di dislocazione è soggetta a condizioni che, per due motivi, sono più restrittive di quelle previste dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto.

38      Tali presupposti sono i seguenti.

39      Da un lato, il periodo di riferimento è di dieci anni per i cittadini del paese della sede di servizio, mentre è di cinque anni per i dipendenti pubblici che non sono cittadini del paese della sede di servizio (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2007, B/Commissione, F‑7/06, EU:F:2007:129, punto 37).

40      Dall’altro lato, il mantenimento della residenza nel paese della sede di servizio, anche solo per breve tempo nel corso del periodo decennale di riferimento, basta per comportare la perdita o il diniego del beneficio di tale indennità (v., in tal senso, sentenze del 17 febbraio 1976, Delvaux/Commissione, 42/75, EU:C:1976:21, punti da 6 a 11, del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione, T‑273/17, EU:T:2018:480, punto 47, e del 5 ottobre 2020, Brown/Commissione, T‑18/19, con impugnazione pendente, EU:T:2020:465, punto 112), mentre, per i funzionari che non sono cittadini di tale paese, la perdita o il diniego del beneficio dell’indennità di dislocazione interviene solo nel caso in cui la residenza abituale dell’interessato nel paese della sua sede di servizio futura sia durata per l’intero periodo quinquennale di riferimento (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 1995, Diamantaras/Commissione, T‑72/94, EU:T:1995:212, punto 48, e del 27 febbraio 2015, CESE/Achab, T‑430/13 P, EU:T:2015:122, punto 54).

41      Nel caso di specie, è pacifico che, avendo la cittadinanza dello Stato della sede di servizio (Belgio), il ricorrente rientra nella seconda fattispecie e, quindi, nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto. Il ricorrente è, di conseguenza, soggetto alle rigorose condizioni indicate ai precedenti punti 39 e 40.

42      Secondo la giurisprudenza, spetta al funzionario o all’agente che chiede l’indennità di dislocazione dimostrare che soddisfa le condizioni della sua concessione attestando di aver mantenuto la sua residenza abituale fuori dello Stato della sede di servizio per tutto il periodo di riferimento (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2000, Lemaître/Commissione, T‑317/99, EU:T:2000:218, punto 50).

 Sulla delimitazione del periodo di riferimento

43      Il presente ricorso è diretto contro la decisione con la quale il PMO ha negato il beneficio dell’indennità di dislocazione al ricorrente in quanto quest’ultimo non aveva dimostrato di aver avuto la sua residenza abituale fuori del Belgio durante tutto il periodo di riferimento, contrariamente a quanto richiesto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto per i funzionari che avevano o che avevano avuto la nazionalità dello Stato della sede di servizio.

44      Per applicare tale disposizione, occorre delimitare il periodo di riferimento da prendere in considerazione.

45      Secondo detta disposizione, il periodo di cui trattasi scade all’entrata in servizio del funzionario o dell’agente presso l’istituzione o l’agenzia interessata.

46      Nel caso di specie, il ricorrente è entrato in servizio presso la REA il 1º settembre 2019, cosicché il periodo decennale di riferimento è scaduto il 31 agosto 2019.

47      Esso dovrebbe quindi iniziare, in linea di principio, il 1º settembre 2009.

48      Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto esclude la presa in considerazione dei periodi durante i quali il funzionario ha abitato abitualmente, fuori dello Stato della sede di servizio, per svolgere funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale (v. il precedente punto 2).

49      Pertanto, in tal caso, per determinare quando inizia il periodo di riferimento, è opportuno «neutralizzare» questi periodi prolungando il periodo di riferimento della stessa durata (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T‑86/13 P, EU:T:2014:815, punto 51).

50      Nel caso di specie, tra il 1º settembre 2009 e il 30 marzo 2013, ossia per un periodo di tre anni e sette mesi, il ricorrente ha lavorato in Francia presso il Ministero francese dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia.

51      Poiché tale attività è stata esercitata per uno Stato al di fuori del territorio dello Stato della sede di servizio, il periodo di riferimento deve essere prorogato fino al 1º febbraio 2006 in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

52      Inoltre, il ricorrente ha lavorato come agente contrattuale presso la Commissione tra il 1º maggio 2013 e il 30 aprile 2019.

53      Tuttavia, il periodo di riferimento non deve essere aumentato di conseguenza, poiché, a differenza di quanto è stato constatato per i periodi corrispondenti a prestazioni effettuate al di fuori dello Stato della sede di servizio, nella disposizione summenzionata non è prevista alcuna «neutralizzazione» per i periodi in cui il funzionario ha lavorato al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale nello Stato della sede di servizio (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione, T‑273/17, EU:T:2018:480, punti 60 e 62).

54      Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che, nel caso di specie, il periodo di riferimento sia iniziato il 1º febbraio 2006 per scadere il 31 agosto 2019.

 Sulla determinazione della residenza abituale del ricorrente nel periodo compreso tra il 1º maggio 2013 e il 31 agosto 2019

55      È pacifico che, dal 1º febbraio 2006 al 30 aprile 2013, giorno prima di quello in cui ha iniziato a lavorare presso la Commissione in qualità di agente contrattuale, il ricorrente ha avuto la sua residenza abituale in Francia, e quindi al di fuori dello Stato della sede di servizio.

56      Per contro, la soluzione della controversia richiede che si determini se tale residenza sia stata spostata in Belgio successivamente al 1º maggio 2013.

57      Nella loro discussione, le parti hanno diviso il periodo di riferimento in due parti corrispondenti:

–        da un lato, al periodo durante il quale il ricorrente ha lavorato in seno alla Commissione su base contrattuale (dal 1º maggio 2013 al 30 aprile 2019);

–        dall’altro, al periodo compreso tra la scadenza del suo contratto concluso con la Commissione e l’inizio della sua attività presso la REA (dal 1º maggio 2019 al 31 agosto 2019).

58      Nelle loro memorie, le parti hanno concentrato la loro attenzione su questo secondo periodo, cercando di determinare lo Stato in cui il ricorrente aveva allora stabilito la sua residenza abituale. In tale contesto, la Commissione ha sostenuto, in particolare, che, come da essa indicato nella decisione impugnata, tale residenza si trovava in Belgio, poiché il ricorrente ha continuato a vivere a Bruxelles nell’appartamento da lui occupato fino a quel momento con sua moglie e i suoi figli e che vi si era iscritto come persona in cerca di lavoro. Da parte sua, il ricorrente ha fatto valere di non essersi trasferito in Francia perché attendeva il risultato delle candidature da lui presentate presso la REA e la Commissione quando era ancora agente contrattuale presso la Commissione.

59      Tali argomenti si basano su elementi, quali la circostanza che il ricorrente ha mantenuto la sua abitazione nello stesso luogo alla fine del suo impegno contrattuale alla Commissione, che implicano di non esaminare separatamente i due periodi menzionati al precedente punto 57.

60      Dinanzi al Tribunale, le parti ritengono che un siffatto esame separato sia tuttavia richiesto dalla giurisprudenza. Pertanto, il ricorrente afferma, al punto 31 del ricorso, che si presume che i servizi da lui effettuati per la Commissione nel periodo compreso tra il 1º maggio 2013 e il 30 aprile 2019 abbiano impedito la creazione di legami duraturi tra lo stesso e il Belgio. Al punto successivo, egli sottolinea che, durante tutto questo periodo, la sua presenza in Belgio era esclusivamente legata a detti servizi. Tale posizione deriva, a suo avviso, dalla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480).

61      In risposta a tale argomento, la Commissione, basandosi sulla medesima giurisprudenza, afferma al punto 21 del controricorso che, durante i sei anni durante i quali ha lavorato presso la Commissione, non si può ritenere che il ricorrente abbia avuto la sua residenza abituale in Belgio.

62      Tuttavia, la medesima istituzione sostiene, nella sua risposta ad un quesito posto dal Tribunale, che la presunzione risultante dalla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480, punto 63), secondo la quale un’attività svolta all’interno di un’organizzazione internazionale impedirebbe la creazione di legami duraturi tra la persona interessata e lo Stato della sede di servizio, deve essere revocata qualora l’interessato cessi la sua attività all’interno dell’organizzazione internazionale, di modo che, a partire da tale momento, non potrebbero essere ignorati i legami con lo Stato della sede di servizio ove si tratti di stabilire la residenza abituale dell’interessato.

63      Alla luce di tali divergenze e variazioni, occorre chiarire in che misura i servizi effettuati per un’organizzazione internazionale nello Stato della sede di servizio possano essere presi in considerazione, nel caso di una persona, quale il ricorrente, assunta da un’istituzione o da un’agenzia situata nello Stato di cui ha la cittadinanza, per determinare il luogo della sua residenza abituale durante il periodo di riferimento.

–       Sulle conseguenze da trarre dai servizi effettuati per un’organizzazione internazionale nello Stato della sede di servizio da parte di una persona avente la cittadinanza di quest’ultimo

64      Per esaminare la difficoltà sollevata dalle parti, occorre ricordare che, come interpretato dalla giurisprudenza, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto prevede, per i funzionari o gli agenti che hanno o hanno avuto la cittadinanza dello Stato della sede di servizio, che il periodo durante il quale essi hanno svolto funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale al di fuori dello Stato della sede di servizio non può essere preso in considerazione per il calcolo del periodo di riferimento e deve essere neutralizzato (v. i precedenti punti 48 e 49).

65      Come risulta dalla sua formulazione, la disposizione summenzionata non contiene, per contro, una regola simile per l’esercizio di funzioni in un’organizzazione internazionale nello Stato della sede di servizio, come avviene nella presente causa.

66      Secondo la sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480, punto 63), occorre tuttavia prendere in considerazione l’esercizio di funzioni in un’organizzazione internazionale per la determinazione della residenza abituale del ricorrente, in quanto si presume che tale circostanza impedisca l’instaurazione di legami duraturi tra quest’ultimo e il paese della sede di servizio.

67      È certamente possibile, in taluni casi, che l’esercizio di attività in un’organizzazione internazionale non faciliti, o addirittura non consenta, la creazione di tali legami.

68      Resta il fatto che, ai fini della determinazione della residenza abituale, il Tribunale ha rilevato, nella stessa sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480, punti da 84 a 93), che il ricorrente aveva vissuto nello Stato della sede di servizio con la sua famiglia durante il periodo di riferimento, in particolare quando svolgeva le sue attività all’interno di istituzioni o agenzie dell’Unione, e quindi in un’organizzazione internazionale.

69      Nell’analisi dei fatti di detta causa, il Tribunale ha considerato, nonostante la presunzione esposta al precedente punto 66, che, nel caso di specie, la Commissione aveva giustamente deciso che la residenza abituale del ricorrente era stata stabilita nello Stato della sede di servizio durante il periodo di riferimento.

70      Infatti, la determinazione della residenza abituale resta un’operazione che deve essere fondata su un’analisi fattuale, nella quale vengono esaminati i legami personali e professionali creati dal funzionario o dall’agente interessato.

71      Orbene, in tale analisi fattuale, svolge un ruolo più determinante la presunzione su cui si basa l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, secondo cui la cittadinanza di una persona costituisce un serio indizio dell’esistenza di molteplici e stretti legami tra la persona che ne è titolare e il paese della sua cittadinanza (v. sentenza del 5 ottobre 2020, Brown/Commissione, T‑18/19, con impugnazione pendente, EU:T:2020:465, punto 82 e giurisprudenza citata).

72      In definitiva, la sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), deve essere interpretata, alla luce degli elementi che precedono, nel senso che indica che l’esercizio di attività in un’organizzazione internazionale, quando ha luogo nello Stato della sede di servizio, può essere preso in considerazione per determinare la residenza abituale di un funzionario o di un agente che abbia o abbia avuto la nazionalità del paese della sede di servizio durante il periodo di riferimento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, anche se non può essere interpretato nel senso che implica di per sé la costituzione di un legame con tale Stato.

73      Inoltre, nessuna deduzione può essere compiuta, per determinare la residenza abituale del ricorrente nella presente causa, dalla sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione (T‑86/13 P, EU:T:2014:815), che riguardava una cittadina lituana che aveva acquisito la cittadinanza italiana ed era stata assunta dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), organismo con sede in Vilnius (Lituania).

74      Infatti, le situazioni di cui trattasi sono diverse, poiché l’agente interessato nella suddetta causa ha svolto attività in un’organizzazione internazionale situata al di fuori dello Stato della sede di servizio, mentre, nella presente causa, tali attività sono state svolte in un’organizzazione internazionale stabilita in detto Stato. Tale differenza non può essere sottovalutata, dal momento che l’obiettivo perseguito dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto è quello di garantire, per le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, assunzioni il più possibile diversificate in termini di origine e di nazionalità.

–       Sugli elementi di fatto diretti a determinare il luogo della residenza abituale del ricorrente durante il periodo di riferimento

75      Così chiarite le norme applicabili, occorre esaminare se, come sostiene il ricorrente, la Commissione abbia potuto ritenere che questi avesse trasferito la sua residenza abituale in Belgio durante il periodo di riferimento.

76      A tal fine, occorre applicare la regola di prova ricordata al precedente punto 42, secondo la quale spetta al funzionario o all’agente richiedente l’indennità di dislocazione dimostrare che egli soddisfa le condizioni stabilite dall’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto.

77      Nella seconda ipotesi descritta al precedente punto 37, tale disposizione esige che il funzionario interessato dimostri di aver avuto la sua residenza abituale al di fuori dello Stato della sede di servizio, di cui ha la cittadinanza, senza interruzione, per tutto il periodo di riferimento specificato da detta disposizione.

78      Secondo la giurisprudenza, la residenza abituale è il luogo in cui l’interessato ha fissato, con la volontà di conferirgli carattere stabile, il centro permanente o abituale dei propri interessi, in quanto la nozione di residenza implica, oltre al fatto fisico di dimorare in un certo luogo, l’intenzione di conferire a tale fatto la continuità risultante da una consuetudine di vita e dallo svolgimento di normali rapporti sociali (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2007, F/Commissione, T‑324/04, EU:T:2007:140, punto 48).

79      Per localizzare la residenza abituale, devono essere presi in considerazione elementi di fatto oggettivi relativi alla vita privata e professionale dell’interessato (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione, T‑273/17, EU:T:2018:480, punti 87 e 88).

80      Nel caso di specie, è pacifico che, tra il 1º maggio 2013 e il 31 agosto 2019:

–        il ricorrente ha risieduto ininterrottamente in Belgio;

–        vi è stato raggiunto dalla moglie nel 2014;

–        essi vi si sono sposati;

–        sua moglie vi ha lavorato in forza di un contratto a tempo indeterminato;

–        gli stessi vi hanno avuto due figli;

–        tali minori vi frequentano, l’uno, la scuola e, l’altro, l’asilo.

81      In tale contesto, la Commissione ha sostenuto, nella risposta al reclamo, che, alla luce dei criteri giurisprudenziali, in particolare dell’attività professionale e dei legami personali, si doveva ritenere che la residenza abituale del ricorrente si trovasse in Belgio.

82      Da parte sua, il ricorrente adduce i seguenti elementi per dimostrare che, nonostante quelli sopra rilevati, la sua residenza abituale è rimasta in Francia, senza essere stata spostata in Belgio, per tutto il periodo di riferimento:

–        egli avrebbe abitato in Francia durante la sua infanzia, studiato e poi lavorato in tale Stato e avrebbe avuto l’intenzione di partecipare nel medesimo a un procedimento per la nomina in ruolo nell’ambito del pubblico impiego;

–        i suoi genitori, nonché i fratelli e le sorelle, risiederebbero in Francia ed egli vi avrebbe incontrato la moglie, cittadina francese;

–        avrebbe acquistato un immobile in Francia prima della sua partenza verso il Belgio e l’avrebbe conservato durante il periodo in cui lavorava presso la Commissione senza concederlo in locazione; avrebbe altresì conservato in Francia un numero di telefono cellulare e un conto bancario;

–        avrebbe beneficiato, durante il suo periodo di servizio presso la Commissione, solo di un contratto a tempo determinato, rinnovabile, la cui durata totale non poteva eccedere sei anni e che lo collocava quindi in una situazione professionale precaria; inoltre, durante questo stesso periodo, egli avrebbe percepito l’indennità di dislocazione.

83      A tal riguardo, occorre rilevare che gli elementi così forniti dal ricorrente attestano che egli, come ha sottolineato, ha intessuto con la Francia stretti rapporti.

84      Tuttavia, tali rapporti non possono di per sé implicare che il ricorrente abbia effettivamente mantenuto la sua residenza abituale in tale Stato durante il periodo di riferimento.

85      Infatti, in primo luogo, la residenza abituale del ricorrente non può essere collocata in Francia per il motivo che egli ha vissuto, studiato e lavorato in tale Stato all’inizio della sua carriera professionale, prima dell’inizio del periodo di riferimento. Il fatto, per il ricorrente, di aver vissuto in uno Stato e di esservi stato occupato in attività relative all’età che aveva allora, fa parte della sua storia personale, ma non può implicare, di per sé, che egli vi abbia mantenuto la sua residenza abituale.

86      In secondo luogo, lo stesso vale per la circostanza che i familiari del ricorrente abitano in Francia. Tale circostanza non dimostra che quest’ultimo non abbia intessuto relazioni durevoli al di fuori di detto Stato. A tal riguardo, occorre osservare che la relazione filiale non è necessariamente determinante per identificare la residenza abituale di una persona che ha costituito una propria famiglia. Senza che sia negata l’importanza di tale rapporto, il fatto che un funzionario o un agente abiti in un determinato Stato, con la moglie e i figli, in cui ciascuno sia impegnato nelle attività corrispondenti al suo stadio di vita (lavoro, scuola, asilo nido), può essere considerato significativo quando si tratta di determinare l’ubicazione della residenza abituale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dello Statuto.

87      È vero che il ricorrente afferma di aver incontrato sua moglie in Francia. Tuttavia, tale circostanza non ha impedito a quest’ultima di raggiungerlo il 25 agosto 2014 a Bruxelles, come egli stesso ha indicato, per fondarvi una famiglia, vincolandosi con un contratto di lavoro a tempo indeterminato e stabilendo la residenza fiscale in tale Stato. In uno spazio in cui i cittadini dell’Unione possono spostarsi a loro piacimento e in cui sono vietate le discriminazioni fondate sulla nazionalità, la determinazione della residenza abituale non può derivare, per un funzionario o un agente, dalla cittadinanza della moglie.

88      A tal riguardo, il ricorrente ha aggiunto, in risposta ad un quesito posto dal Tribunale, che, se la moglie lo aveva raggiunto a Bruxelles nel 2014, ossia più di un anno dopo la sua entrata in servizio presso la Commissione, ciò non era dovuto al fatto che essi avevano deciso di stabilire il centro principale dei loro interessi in Belgio, bensì alla circostanza che era incinta di tre mesi e desiderava vivere la sua gravidanza presso il marito. La stessa avrebbe peraltro mantenuto una società in Francia, la quale sarebbe rimasta quiescente per tutto il resto del periodo di riferimento.

89      A tal riguardo, occorre rilevare che, evidenziando l’elemento di cui trattasi, il ricorrente precisa le ragioni personali che hanno indotto la moglie a raggiungerlo a Bruxelles nel 2014. Orbene, siffatti elementi non possono essere presi in considerazione, alla luce della giurisprudenza, per determinare il luogo della residenza abituale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto. Infatti, secondo la giurisprudenza, il Tribunale non può pronunciarsi sui motivi soggettivi che hanno portato una persona a stabilirsi con la sua famiglia in un determinato paese (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T‑86/13 P, EU:T:2014:815, punti 56 e 57).

90      In terzo luogo, neppure gli elementi materiali addotti dal ricorrente consentono di ritenere che la sua residenza abituale sia rimasta in Francia per tutto il periodo di riferimento. Pertanto, il fatto di aver mantenuto un immobile in tale Stato non prova la sua intenzione di stabilirvi il centro permanente o abituale dei propri interessi. Tale immobile, vicino alla residenza dei suoi genitori e dei suoi fratelli e sorelle, ha potuto costituire un investimento o una residenza secondaria destinata ad accogliere la famiglia del ricorrente durante i fine settimana e le vacanze. Al riguardo, è sintomatico il fatto che, situato a Compiègne (Francia), l’immobile di cui trattasi non sia stato dichiarato dal ricorrente come suo luogo di abitazione al momento della sua entrata in servizio presso la Commissione nel 2013.

91      Neppure il possesso di un numero di telefono cellulare e di un conto bancario in Francia è significativo (v., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2019, Wywiał-Prząda/Commissione, T‑592/18, EU:T:2019:820, punto 65). Il ricorrente ha potuto altresì disporre di un numero di cellulare in Belgio o considerare che, con la soppressione delle spese di connessione internazionale, sarebbe stato meno oneroso conservare un abbonamento presso un operatore francese. Inoltre, il ricorrente disponeva di un conto bancario in Belgio. A tal riguardo, occorre osservare che i documenti prodotti dal ricorrente per dimostrare l’effettività dei pagamenti effettuati a titolo di pedaggi autostradali in Francia, sono stati emessi, durante il periodo considerato, mediante una carta connessa ad un conto aperto presso una banca belga.

92      In quarto luogo, il fatto di aver lavorato presso la Commissione nell’ambito di un contratto a tempo determinato non impedisce di considerare, anche se tale contratto non poteva essere rinnovato oltre un periodo di sei anni, che il ricorrente si è stabilito a Bruxelles con l’intenzione di restarvi. Prova ne è il fatto che, al termine di tale contratto, è in Belgio, e non in Francia, che egli ha cercato lavoro, all’interno delle istituzioni dell’Unione, e che si è iscritto come persona in cerca di occupazione.

93      Inoltre, il fatto di aver percepito l’indennità di dislocazione durante il periodo di lavoro alla Commissione è irrilevante ai fini della valutazione del diritto del ricorrente all’indennità di dislocazione al momento della sua assunzione presso la REA. Infatti, dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto risulta che tale determinazione deve avvenire a ciascuna entrata in servizio. Poiché era trascorso un periodo di quattro mesi tra la fine del contratto concluso con la Commissione e l’inizio del contratto concluso con la REA, il diritto all’indennità di dislocazione doveva essere riesaminato al momento dell’entrata in servizio del ricorrente in tale agenzia (v., in tal senso, la sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione, T‑273/17, EU:T:2018:480, punto 112).

94      Per quanto riguarda il periodo successivo al 30 aprile 2019, il ricorrente sottolinea che, se è rimasto in Belgio fino al 31 agosto 2019, ciò è dovuto al fatto che egli terminava l’esecuzione del suo contratto concluso con la Commissione e attendeva i risultati delle procedure di assunzione organizzate dalla Commissione e dalla REA, alle quali aveva partecipato durante l’esecuzione di tale contratto.

95      A sostegno di detto argomento, il ricorrente afferma di aver ricevuto, sin dal 16 maggio 2019, vale a dire una quindicina di giorni dopo la scadenza del contratto con la Commissione, un’indicazione incoraggiante della REA, che faceva prospettare la possibilità di esservi assunto, e che un’offerta proveniente da tale agenzia gli è pervenuta il 7 giugno 2019, vale a dire meno di sei settimane dopo tale scadenza. Molto rapidamente, egli avrebbe quindi avuto la certezza di poter proseguire le sue attività professionali in seno ad un’agenzia dell’Unione.

96      In tali circostanze, vista la brevità del periodo che lo separava dalla sua entrata in servizio presso la REA, periodo che, per di più, coincideva in gran parte con le vacanze estive, esso avrebbe ritenuto inutile traslocare, con la sua famiglia, in Francia, benché vi avesse conservato la sua residenza abituale.

97      Da parte sua, la Commissione ritiene che, durante il periodo di quattro mesi compreso tra il 1º maggio e il 31 agosto 2019, la residenza abituale del ricorrente si trovasse in Belgio. Infatti, il ricorrente non avrebbe dimostrato che, durante tale periodo, la sua residenza abituale si trovasse al di fuori di detto paese. Inoltre, egli avrebbe manifestato la propria intenzione di conferire a tale residenza la continuità risultante da un’abitudine di vita rimanendo nello stesso appartamento con la moglie, che lavorava anche in Belgio, e con i suoi figli, che frequentavano, rispettivamente, la scuola e l’asilo. Infine, egli avrebbe scelto di iscriversi come disoccupato in Belgio e di cercarvi un’occupazione.

98      A tal riguardo, occorre osservare che gli elementi addotti dal ricorrente per il periodo successivo all’esercizio delle sue funzioni in seno alla Commissione non rimettono in discussione l’analisi che è stata svolta ai precedenti punti da 80 a 93, al termine della quale si è considerato che, nel corso del periodo di riferimento, il quale include quello durante il quale il ricorrente ha svolto funzioni in seno alla Commissione, il ricorrente aveva stabilito la sua residenza abituale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, in Belgio, ossia nello Stato in cui è situata la sede di servizio, che è anche lo Stato di cui ha la cittadinanza.

99      Al contrario, tali elementi, lungi dall’inficiare la posizione secondo cui egli aveva stabilito la propria residenza abituale in Belgio tra il 1º maggio 2013 e il 31 agosto 2019, la rafforzano, dimostrando che non è in Francia, ma in Belgio che lo stesso ha cercato lavoro, mostrando così la sua intenzione di rimanere in quest’ultimo Stato.

100    Da tale analisi fattuale risulta che gli elementi invocati dal ricorrente, considerati insieme o isolatamente, non pregiudicano la fondatezza della valutazione svolta dalla Commissione sul luogo in cui egli aveva fissato la propria residenza abituale nel corso del periodo di riferimento: il fatto di vivere in Belgio con la moglie e i figli, ognuno dei quali era impegnato in attività corrispondenti alla sua fase della vita, rendeva chiaro che, come la Commissione ha notato, la residenza abituale del ricorrente era stabilita in detto Stato.

101    La decisione del Tribunale sarebbe identica se, come sostenuto dal ricorrente, si dovesse presumere che i servizi effettuati per la Commissione nel periodo compreso tra il 1º maggio 2013 e il 30 aprile 2019 non avessero potuto creare legami duraturi con il Belgio.

102    In tale ipotesi, si dovrebbe infatti ritenere, come ha fatto la Commissione, che il fatto che il ricorrente fosse rimasto in Belgio con sua moglie e i suoi figli alla scadenza del contratto concluso con tale istituzione e di esservisi iscritto come persona in cerca di lavoro, anche per un periodo molto breve, sia sufficiente a dimostrare che la sua residenza abituale era stabilita in tale Stato.

103    A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il fatto di mantenere la propria residenza nel paese della sede di servizio per un periodo molto breve nel corso del periodo decennale di riferimento è sufficiente per comportare la perdita o il diniego del beneficio dell’indennità di dislocazione (v. il precedente punto 40).

104    Pertanto, la presunzione fatta valere dal ricorrente, se dovesse esistere, si rivelerebbe inoperante, in quanto non cambierebbe la valutazione effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, dato che gli elementi addotti da quest’ultima sarebbero sufficienti per concludere nel senso dell’ubicazione, in Belgio, della sua residenza abituale durante una parte del periodo di riferimento.

105    In conclusione, poiché l’onere della prova dell’assenza di legami durevoli nel paese in cui è situata la sede di servizio spetta alla persona che richiede l’indennità di dislocazione (v. il precedente punto 42), va considerato che, nella fattispecie, il ricorrente non ha dimostrato di aver fissato la propria residenza abituale al di fuori del Belgio durante tutto il periodo di riferimento.

–       Sul confronto tra la situazione del ricorrente nella presente causa e quella della parte ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T273/17)

106    Il ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la sua situazione è diversa da quella della parte ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), citata dalla Commissione nella decisione impugnata. Infatti, contrariamente a lui, la parte ricorrente nella detta causa si sarebbe sposata con una cittadina belga, avrebbe studiato, risieduto e lavorato in Belgio per tutto il periodo di riferimento, durante tale periodo avrebbe lavorato per la Commissione in forza di un contratto di lavoro interinale, e quindi per conto di una società belga, e avrebbe precedentemente beneficiato dell’indennità di dislocazione in modo illegittimo.

107    La Commissione contesta tale argomento.

108    A tal riguardo, occorre ricordare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480, punto 91), il Tribunale ha respinto il ricorso diretto all’annullamento della decisione con la quale l’indennità di dislocazione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto era stata negata alla parte ricorrente al momento della sua entrata in servizio presso un’agenzia dell’Unione situata a Bruxelles.

109    Tale decisione è stata adottata in quanto, nella suddetta causa, la parte ricorrente aveva la cittadinanza belga, aveva abitato ininterrottamente a Bruxelles per tutto il periodo decennale di riferimento, si era sposata in Belgio con una cittadina belga, vi aveva avuto tre figli, nati a Bruxelles, e vi aveva esercitato un’attività professionale privata durante un periodo intermedio tra due contratti conclusi con le istituzioni dell’Unione.

110    Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, la sua situazione è simile a quella della parte ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), in quanto entrambi sono cittadini belgi, hanno risieduto a Bruxelles per tutto il periodo di riferimento o una parte di esso, vi si sono sposati, vi hanno avuto figli, vi hanno beneficiato di contratti temporanei con istituzioni e agenzie dell’Unione e vi sono rimasti nel periodo tra due di tali contratti.

111    È vero che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), la parte ricorrente aveva incontrato in Belgio sua moglie, cittadina belga, mentre, nella presente causa, il ricorrente ha incontrato la moglie, cittadina francese, in Francia prima della sua partenza per lavorare presso la Commissione. Tuttavia, in entrambi i casi, gli interessati hanno vissuto, per tutto o gran parte del periodo di riferimento, nel paese della sede di servizio con la moglie e i figli.

112    È altresì esatto che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), la parte ricorrente, durante il periodo che separava due contratti conclusi con l’Unione, ha lavorato per società belghe di lavoro interinale, mentre, nella presente causa, il ricorrente si è iscritto come disoccupato in cerca di lavoro in Belgio. Tale differenza non è tuttavia pertinente ai fini della determinazione della residenza abituale del ricorrente. Infatti, il giudice dell’Unione non può ricollegare conseguenze giuridiche, riguardanti l’indennità di dislocazione, alla scelta effettuata da un agente di iscriversi, nello stesso Stato, come persona in cerca di lavoro (come il ricorrente nella presente causa) o di lavorare per un’istituzione dell’Unione tramite una società interinale, scelta che può essere guidata da ragioni soggettive attinenti alla vita privata e che non possono essere prese in considerazione, a tale titolo, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dello Statuto (v. il precedente punto 89).

113    Non è neppure pertinente il fatto che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 luglio 2018, Quadri di Cardano/Commissione (T‑273/17, EU:T:2018:480), la parte ricorrente avesse beneficiato in precedenza dell’indennità di dislocazione in modo illegittimo. Infatti, come dichiarato al punto 112 di tale sentenza, in assenza di continuità dei vari contratti tra la ricorrente e le istituzioni e gli organismi dell’Unione, il diritto a tale indennità deve essere nuovamente valutato a ciascuna entrata in servizio dell’interessato. Pertanto, il fatto di aver illegittimamente beneficiato in precedenza di un’indennità di dislocazione non può incidere sulle decisioni adottate successivamente riguardo a tale indennità per il funzionario o l’agente interessato. In detto contesto, il Tribunale non comprende in che modo tale circostanza possa rappresentare un argomento ai fini della valutazione che l’autorità deve effettuare in un altro caso.

114    Tale argomento deve quindi essere disatteso.

–       Sulle conseguenze che deriverebbero, secondo il ricorrente, dalla posizione adottata dalla Commissione

115    Secondo il ricorrente, la posizione adottata dalla Commissione, consistente nel negargli l’indennità di dislocazione, condurrebbe a risultati poco soddisfacenti per l’Unione e per i suoi funzionari o agenti. A sostegno della sua posizione, il ricorrente formula i seguenti quattro argomenti:

–        sarebbe sufficiente che la Commissione differisse, a suo piacimento, l’entrata in servizio di un agente che beneficiava legittimamente dell’indennità di dislocazione nell’ambito di un precedente contratto per privarlo di tale indennità;

–        gli agenti sarebbero indotti a sostenere spese di trasloco verso un altro Stato per continuare a beneficiare dell’indennità di dislocazione alla quale avrebbero avuto diritto in occasione di una precedente assunzione, laddove abbiano già accettato un’offerta di impiego avente effetto qualche mese più tardi in un’agenzia situata nello stesso luogo;

–        l’articolo 27 dello Statuto, ai sensi del quale i funzionari devono essere assunti sulla base geografica più ampia possibile, non sarebbe rispettato in quanto gli agenti contrattuali con esperienza in seno alle istituzioni dell’Unione rischierebbero di rinunciare a proseguire la loro carriera nell’ambito di queste ultime per ritornare nel loro paese di origine;

–        il contesto nel quale è stato elaborato l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto sarebbe sostanzialmente mutato con il decorso del tempo; attualmente, sarebbe più raro integrare subito le istituzioni dell’Unione in qualità di funzionario.

116    La Commissione contesta tali argomenti.

117    Questi ultimi richiedono, da parte del Tribunale, le seguenti risposte.

118    I primi due argomenti si basano sulla premessa secondo cui il ricorrente non ha potuto stabilire relazioni durature con il paese della sede di servizio nel corso del periodo in cui ha lavorato in qualità di agente contrattuale per la Commissione.

119    Orbene, dai precedenti punti da 75 a 93 risulta che il ricorrente, in un determinato momento nel corso del periodo in cui ha lavorato per la Commissione, ha trasferito la sua residenza abituale in Belgio.

120    Poiché si deve ritenere che il ricorrente abbia stabilito la sua residenza abituale in Belgio nel periodo durante il quale era al servizio della Commissione, egli non potrebbe pretendere l’indennità di dislocazione anche qualora si fosse ristabilito in Francia tra il 1º maggio e il 31 agosto 2019.

121    In tali circostanze, un’istituzione o un’agenzia dell’Unione non può essere indotta, in casi simili, a differire l’entrata in servizio di un agente che beneficiava legittimamente dell’indennità di dislocazione nell’ambito di un precedente contratto, per privarlo di tale indennità.

122    In ogni caso, un’istituzione o un’agenzia che procedesse in tal modo a tale unico scopo, verrebbe meno al dovere di sollecitudine che deve guidare le sue scelte. Tale dovere implica in particolare che un’istituzione o un’agenzia, quando decide a proposito della situazione di un dipendente, è tenuta a prendere in considerazione il complesso degli elementi atti a determinare la propria decisione e, in tale contesto, deve tener conto non solo dell’interesse del servizio, ma anche di quello del funzionario o dell’agente di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 1980, Kuhner/Commissione, 33/79 e 75/79, EU:C:1980:139, punto 22, e del 29 giugno 1994, Klinke/Corte di giustizia, C‑298/93 P, EU:C:1994:273, punto 38).

123    Allo stesso modo, sarebbe inutile, per tale agente, sostenere spese di trasloco verso un altro Stato per continuare a beneficiare dell’indennità alla quale aveva diritto in occasione di una precedente assunzione.

124    Per quanto riguarda il terzo argomento dedotto dal ricorrente, occorre rilevare che, per le ragioni menzionate a proposito dei primi due, non esiste il rischio che agenti aventi un’esperienza in seno a tali istituzioni o agenzie rinuncino, dopo un’interruzione tra due contratti, a proseguirvi la loro carriera per il solo motivo che, nell’ambito della nuova assunzione, essi perderebbero il diritto all’indennità di dislocazione. In ogni caso, l’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto mira a garantire il carattere multinazionale delle istituzioni. Tale argomento deve quindi anch’esso essere respinto.

125    Lo stesso vale per il quarto argomento del ricorrente. Anche supponendo che siano dimostrati, i cambiamenti constatati nella carriera dei funzionari non possono incidere sull’applicazione di norme la cui legittimità non è messa in discussione, in quanto il giudice dell’Unione non è competente a modificare di propria iniziativa le condizioni alle quali l’indennità di dislocazione è dovuta.

126    Pertanto, gli argomenti del ricorrente menzionati al precedente punto 115 devono essere respinti.

127    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre decidere che il ricorrente non ha dimostrato di aver avuto la sua residenza abituale al di fuori del paese della sede di servizio durante tutto il periodo di riferimento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

128    Pertanto, occorre respingere il motivo unico e, di conseguenza, il ricorso.

 Sulle spese

129    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

130    Il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, delle spese sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      LF è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, delle spese sostenute dalla Commissione europea.

Gervasoni

Nihoul

Frendo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.