Language of document : ECLI:EU:T:2008:398

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

24 settembre 2008 (*)

«Politica commerciale comune – Dazi antidumping – Dazi compensativi – Scadenza dei dazi – Avviso di apertura di un riesame – Termine – Regole dell’OMC»

Nella causa T‑45/06,

Reliance Industries Ltd, con sede in Mumbai (India), rappresentata dai sigg. I. MacVay, S. Ahmed, solicitors, R. Thompson, QC, e K. Beal, barrister,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. J.‑P. Hix, in qualità di agente, assistito dall’avv. G. Berrisch,

e

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. N. Khan e P. Stancanelli, in qualità di agenti,

convenuti,

avente ad oggetto le domande di annullamento:

–        dell’avviso della Commissione 1º dicembre 2005, relativo all’avvio di un riesame in previsione della scadenza delle misure compensative applicabili alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie, tra l’altro, dell’India (GU C 304, pag. 4);

–        dell’avviso della Commissione 1º dicembre 2005, relativo all’avvio di un riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping applicabili alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Repubblica di Corea, della Malaysia, di Taiwan e della Thailandia, nonché di un riesame intermedio parziale delle misure antidumping applicabili alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie della Repubblica di Corea e di Taiwan (GU C 304, pag. 9);

–        del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2000, n. 2603, che istituisce un dazio compensativo definitivo e stabilisce la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, della Malaysia e della Thailandia e che chiude il procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’Indonesia, della Repubblica di Corea e di Taiwan (GU L 301, pag. 1); del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2000, n. 2604, che istituisce un dazio antidumping definitivo e stabilisce la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, di Taiwan e della Thailandia (GU L 301, pag. 21), nonché della decisione della Commissione 29 novembre 2000, 2000/745/CE, che accetta gli impegni offerti in relazione ai procedimenti antidumping e antisovvenzioni riguardanti le importazioni nella Comunità di un determinato tipo di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, di Taiwan e della Thailandia (GU L 301, pag. 88), in quanto tali atti siano idonei ad essere applicati alla ricorrente a partire dal 1º dicembre 2005;

–        in subordine, dell’art. 11, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), e dell’art. 18, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 6 ottobre 1997, n. 2026, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 288, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra M. E. Martins Ribeiro (relatore), presidente, dai sigg. N. Wahl e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 dicembre 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Accordi antidumping e antisovvenzioni dell’Organizzazione mondiale del commercio

1        L’art. 11, n. 3, dell’accordo sull’attuazione dell’art. VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (GU, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»), che è contenuto all’allegato 1 A dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«OMC»), così dispone:

«(…) gli eventuali dazi antidumping devono essere revocati entro e non oltre cinque anni dalla loro imposizione (…) salvo accertamento da parte delle autorità, nel corso di un riesame avviato prima di tale data, di propria iniziativa o su richiesta debitamente motivata presentata, con un congruo anticipo rispetto a tale data, dall’industria nazionale o per conto della stessa, che l’eliminazione del dazio possa portare alla prosecuzione o alla reiterazione del dumping e del pregiudizio. Il dazio può rimanere in vigore in attesa dell’esito del riesame».

2        Allo stesso modo, l’art. 21, n. 3, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative del 1994, che compare anche nell’allegato 1 A dell’accordo che istituisce l’OMC (GU L 336, pag. 156; in prosieguo: l’«accordo antisovvenzioni»), così prevede:

«(…) gli eventuali dazi compensativi sono da revocare non oltre cinque anni dalla loro imposizione (…) salvo accertamento da parte delle autorità, nel corso di una revisione avviata prima di tale data, di propria iniziativa o su richiesta debitamente motivata presentata con un congruo anticipo rispetto a tale data dall’industria nazionale o per conto della stessa, che la rimozione del dazio possa portare alla prosecuzione o alla reiterazione della sovvenzione e del danno. Il dazio può restare in essere in attesa dell’esito del riesame».

 Regolamento base antidumping

3        L’art. 8, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1; in prosieguo il «regolamento base antidumping»), nella sua versione applicabile ai fatti di causa, così stabilisce:

«Le inchieste possono essere chiuse senza l’imposizione di dazi provvisori o definitivi se l’esportatore si obbliga volontariamente e in modo soddisfacente a modificare i suoi prezzi oppure a cessare le esportazioni a prezzi di dumping nella zona interessata, sempreché la Commissione, previa consultazione, ritenga che il pregiudizio causato dal dumping sia stato eliminato (…)».

4        L’art. 11, n. 2, del regolamento fondamentale base così prevede:

«Le misure (…) antidumping definitive scadono dopo cinque anni dalla data in cui sono state istituite oppure dopo cinque anni dalla data della conclusione dell’ultimo riesame relativo al dumping e al pregiudizio, salvo che nel corso di un riesame non sia stabilito che la scadenza di dette misure implica il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio. Il riesame in previsione della scadenza è avviato per iniziativa della Commissione oppure su domanda dei produttori comunitari o dei loro rappresentanti e le misure restano in vigore in attesa dell’esito del riesame.

Il riesame in previsione della scadenza viene avviato se la domanda contiene sufficienti elementi di prova del rischio del persistere o della reiterazione del dumping o del pregiudizio, in assenza di misure (…).

(…)

Un avviso di imminente scadenza delle misure è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee a una data appropriata nel corso dell’ultimo anno del periodo di applicazione delle misure definito nel presente paragrafo. I produttori comunitari, non oltre tre mesi prima della fine del periodo di cinque anni, possono presentare una domanda di riesame in conformità del secondo comma. Viene inoltre pubblicato anche l’avviso relativo all’effettiva scadenza delle misure a norma del presente paragrafo».

5        Conformemente all’art. 11, n. 6, del regolamento base antidumping, «la Commissione avvia i riesami a norma del presente articolo dopo aver sentito il comitato consultivo».

6        Il ‘considerando’ 18 del regolamento base antidumping enuncia che «occorre prevedere che le misure [antidumping] scadano dopo cinque anni, salvo che da un’inchiesta di riesame risulti che esse devono essere lasciate in vigore».

 Regolamento base antisovvenzioni

7        L’art. 13, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 6 ottobre 1997, n. 2026, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 288, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento base antisovvenzioni»), enuncia quanto segue:

«Le inchieste [antisovvenzioni] possono essere chiuse senza l’imposizione di dazi provvisori o definitivi quando vengono presentati impegni volontari e in base ai quali:

a)      il paese d’origine e/o d’esportazione accetta di eliminare o di limitare la sovvenzione o di adottare altre misure relative ai suoi effetti;

b)      l’esportatore si obbliga a modificare i suoi prezzi oppure a cessare le esportazioni nella zona in questione finché tali esportazioni beneficiano di sovvenzioni compensabili, in modo che la Commissione, previa consultazione, concluda che l’effetto pregiudizievole delle sovvenzioni è eliminato. Gli aumenti dei prezzi in conformità di tali impegni non devono essere più elevati di quanto sia necessario per eliminare l’importo delle sovvenzioni compensabili e sono inferiori a tale importo quando anche un aumento meno elevato sia sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria comunitaria».

8        L’art. 18 del regolamento base antisovvenzioni così prevede:

«1.      Le misure compensative definitive scadono dopo cinque anni dalla data in cui sono state istituite oppure dopo cinque anni dalla data della conclusione dell’ultimo riesame relativo alle sovvenzioni e al pregiudizio, salvo che nel corso di un riesame non si accerti che la scadenza di dette misure implica il rischio del persistere o della reiterazione delle sovvenzioni e del pregiudizio. Il riesame in previsione della scadenza è avviato per iniziativa della Commissione oppure su domanda dei produttori comunitari o dei loro rappresentanti e le misure restano in vigore in attesa dell’esito del riesame.

2.      Il riesame in previsione della scadenza viene avviato se la domanda contiene sufficienti elementi di prova del rischio del persistere o della reiterazione delle sovvenzioni o del pregiudizio, in caso di scadenza di misure (…).

(…)

4.      Un avviso di imminente scadenza delle misure è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee a una data appropriata nel corso dell’ultimo anno del periodo di applicazione delle misure definito nel presente articolo. I produttori comunitari, con un anticipo di almeno tre mesi rispetto alla fine del periodo di cinque anni, possono presentare una domanda di riesame ai sensi del paragrafo 2. Viene inoltre pubblicato anche l’avviso relativo all’effettiva scadenza delle misure a norma del presente articolo».

9        In conformità all’art. 22, n. 2, del regolamento base antisovvenzioni, «la Commissione avvia i riesami a norma dell’[art.] 18, (…) dopo aver sentito il comitato consultivo».

10      A tenore del ‘considerando’ 22 del regolamento base antisovvenzioni, «occorre prevedere che le misure [antisovvenzioni] scadano dopo cinque anni, salvo che da un riesame risulti che esse devono essere mantenute in vigore».

 Fatti

11      La ricorrente, Reliance Industries Ltd, è una società di diritto indiano che produce, tra l’altro, polietilentereftalato (PET).

12      Il 27 novembre 2000, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2603/2000, che istituisce un dazio compensativo definitivo e stabilisce la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, della Malaysia e della Thailandia e che chiude il procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’Indonesia, della Repubblica di Corea e di Taiwan (GU L 301, pag. 1).

13      Il 27 novembre 2000, il Consiglio ha adottato anche il regolamento (CE) n. 2604/2000, che istituisce un dazio antidumping definitivo e stabilisce la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, di Taiwan e della Thailandia (GU L 301, pag. 21).

14      Nel corso del procedimento che ha preceduto l’adozione dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, la ricorrente ha assunto presso la Commissione l’impegno di modificare i suoi prezzi, in conformità all’art. 8, n. 1, del regolamento base antidumping e all’art. 13, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni. Essa ha, inoltre, prestato il suo consenso a che il suo impegno fosse «soggetto alle disposizioni [dell’art.] 11, [n.] 2 (…), del regolamento base antidumping e [dell’art.] 18, [nn.] 1 e 2, del regolamento base antisovvenzioni».

15      Il 29 novembre 2000, la Commissione ha adottato la decisione 2000/745/CE, che accetta gli impegni offerti in relazione ai procedimenti antidumping e antisovvenzioni riguardanti le importazioni nella Comunità di un determinato tipo di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, di Taiwan e della Thailandia (GU L 301, pag. 88).

16      I regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, nonché la decisione 2000/745, sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunitàeuropee il 30 novembre 2000. In conformità all’art. 6 del regolamento n. 2603/2000, all’art. 4 del regolamento n. 2604/2000 e all’art. 2 della decisione 2000/745, essi sono entrati in vigore il giorno successivo a quello della loro pubblicazione, cioè il 1º dicembre 2000.

17      Il 2 marzo 2005, la Commissione ha pubblicato, in conformità all’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e all’art. 18, n. 4, del regolamento base antisovvenzioni, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, un avviso di imminente scadenza di alcune misure antidumping e compensative (GU C 52, pag. 2). Tale avviso riguardava, in particolare, i regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, nonché la decisione 2000/745. La Commissione ricordava in tale avviso che, a meno che non si procedesse al riesame di tali misure, esse sarebbero scadute il 1º dicembre 2005. Le domande di riesame dovevano pervenire alla Commissione almeno tre mesi prima della scadenza delle misure di cui trattavasi.

18      Una domanda di riesame è stata depositata, il 30 agosto 2005, dal Polyethylene Terephthalate (PET) Committee of Plastics Europe a nome di produttori che rappresentano una parte importante, cioè, nella fattispecie, più del 90% della produzione comunitaria totale di alcuni tipi di PET.

19      Il 1º dicembre 2005, la Commissione ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, da un lato, l’avviso di avvio di un riesame in previsione della scadenza delle misure compensative applicabili alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie, tra l’altro, dell’India (GU C 304, pag. 4), e, dall’altro, l’avviso di avvio di un riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping applicabili alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Repubblica di Corea, della Malaysia, di Taiwan e della Thailandia, nonché di un riesame intermedio parziale delle misure antidumping applicabili alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie della Repubblica di Corea e di Taiwan (GU C 304, pag. 9; in prosieguo, congiuntamente: gli «avvisi di riesame impugnati»). Tali avvisi di riesame impugnati riguardavano i regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, nonché la decisione 2000/745.

20      Con lettera del 31 gennaio 2006, la ricorrente ha comunicato nei termini seguenti alla Commissione le sue preoccupazioni con riferimento alla data alla quale gli avvisi di riesame erano stati pubblicati:

«In forza delle regole dell’OMC, (…) le misure antidumping e le misure compensative scadono non oltre i cinque anni a partire dalla data in cui sono state istituite, a meno che la loro efficacia non sia prorogata in seguito all’avvio di un riesame anteriormente alla data della loro scadenza. Le pertinenti disposizioni del diritto comunitario devono essere interpretate in conformità alle norme dell’OMC. Ciononostante, l’Unione europea pretende di avviare una procedura di riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping e delle misure compensative per il politilentereftalato lo stesso giorno della scadenza di tali misure (cioè il 1º dicembre 2005) e non prima di tale data (cioè non oltre il 30 novembre 2005), come esigono le norme dell’OMC, il che comporta che sussiste la proroga invocata del periodo di validità dei regolamenti in esame oltre quanto consentito dalle norme dell’OMC».

21      Con lettera del 3 febbraio 2006, la Commissione ha risposto che i riesami di cui trattavasi erano stati intrapresi «nel pieno rispetto dell’art. 11, n. 2, del [regolamento base antidumping] e dell’art. 18 del [regolamento base antisovvenzioni]».

 Procedimento e conclusioni delle parti

22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 febbraio 2006, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

23      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale. Non è stata adottata alcuna misura di organizzazione del procedimento prevista dall’art. 64 del regolamento di procedura.

24      Con lettera del 15 novembre 2007, la ricorrente ha fatto pervenire al Tribunale la relazione della commissione d’appello dell’OMC del 12 aprile 2007 relativa ai riesami in previsione dell’abolizione delle misure antidumping concernenti i prodotti tubolari per i campi petroliferi provenienti dall’Argentina (WT/DS268/AB/RW). Tale documento è stato incluso nel fascicolo e trasmesso al Consiglio e alla Commissione.

25      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 13 dicembre 2007.

26      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli avvisi di riesame impugnati;

–        se il Tribunale lo considera necessario o opportuno, annullare il regolamento n. 2603/2000, il regolamento n. 2604/2000 e la decisione 2000/745, in quanto siano idonei ad applicarsi ad essa dopo il 1º dicembre 2005;

–        soltanto nell’ipotesi e soltanto nella misura in cui il Tribunale dovesse considerare che, in contrasto con quanto sostenuto dalla ricorrente, il senso dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, correttamente interpretati, differisce da quello dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e/o dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, annullare le dette disposizioni dei regolamenti base;

–        condannare il Consiglio e la Commissione alle spese.

27      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile in quanto proposto contro di esso;

–        respingere l’eccezione di illegittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni sollevata in subordine dalla ricorrente, nonché la sua domanda di annullamento di tali disposizioni;

–        condannare la ricorrente alle spese.

28      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sulla ricevibilità

 Sulla ricevibilità del capo della domanda intesa all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati e in quanto esso è diretto contro il Consiglio

 Argomenti delle parti

29      Il Consiglio e la Commissione non contestano che gli avvisi di riesame impugnati costituiscano atti impugnabili ai sensi dell’art. 230 CE. Tuttavia, poiché gli avvisi di riesame impugnati sono atti adottati dalla Commissione, essi sostengono che il ricorso è irricevibile in quanto è diretto contro il Consiglio.

30      Il Consiglio ha anche rilevato all’udienza di aver adottato il 22 febbraio 2007 il regolamento (CE) n. 192, che impone un dazio antidumping definitivo alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originarie dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, della Thailandia e di Taiwan a seguito di un riesame in previsione della scadenza e di un riesame intermedio parziale ai sensi dell’articolo 11, nn. 2 e 3, del regolamento base antidumping (GU L 59, pag. 1), e il regolamento (CE) n. 193/2007, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di polietilene tereftalato (PET) originarie dell’India in seguito ad un riesame in previsione della scadenza ai sensi dell’articolo 18 del regolamento base antisovvenzioni (GU L 59, pag. 34). Sarebbe venuto meno in capo alla ricorrente l’interesse a chiedere l’annullamento degli avvisi di riesame impugnati, in quanto essa non avrebbe proposto ricorso di annullamento contro tali regolamenti, i quali, nel frattempo, sarebbero divenuti definitivi.

31      La ricorrente sostiene di essere legittimata ad agire in quanto destinataria degli atti impugnati o in quanto operatrice direttamente e individualmente pregiudicata da detti atti (sentenza del Tribunale 28 febbraio 2002, causa T‑598/97, BSC Footwear Supplies e a./Consiglio, Racc. pag. II‑1155, punto 45).

32      Per quanto riguarda l’asserita perdita dell’interesse ad agire, la ricorrente sottolinea che il Consiglio ha sollevato tale motivo di irricevibilità soltanto all’udienza e sostiene di conservare comunque l’interesse ad ottenere l’annullamento degli avvisi di riesame impugnati.

 Giudizio del Tribunale

–       Sull’interesse ad agire della ricorrente

33      Occorre ricordare che l’assenza di interesse ad agire costituisce un motivo di irricevibilità di ordine pubblico che il giudice comunitario può sollevare d’ufficio (v. sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

34      Occorre anche ricordare che, secondo costante giurisprudenza, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo in quanto la ricorrente abbia interesse a che sia annullato l’atto impugnato (v. sentenza MCI/Commissione, citata al precedente punto 33, punto 44 e giurisprudenza ivi richiamata).

35      L’interesse ad agire di un ricorrente deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso sotto pena di irricevibilità. Tale oggetto della controversia deve durare, così come l’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione del giudice sotto pena di non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenza della Corte 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333, punto 42; v. anche, nello stesso senso, ordinanza del Tribunale 17 ottobre 2005, causa T‑28/02, First Data e a./Commissione, Racc. pag. II‑4119, punti 35‑38).

36      Se l’interesse ad agire del ricorrente viene meno nel corso del procedimento, una decisione del Tribunale sul merito non gli può procurare alcun beneficio (sentenza Wunenburger/Commissione, citata al precedente punto 35, punto 43).

37      Nella fattispecie va osservato, da una parte, che gli avvisi di riesame impugnati si riferiscono alle misure stabilite dai regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 e dalla decisione 2000/745 e, dall’altra, che la ricorrente è un’impresa produttrice ed esportatrice di prodotti considerati da tali atti. L’adozione degli avvisi di riesame impugnati ha avuto, in conformità con l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e con l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, l’effetto che le misure oggetto di riesame, atte a pregiudicare le esportazioni della ricorrente, sono rimaste in vigore fino alla conclusione di tale riesame, mentre, in assenza del riesame in parola, esse sarebbero scadute cinque anni dopo la loro istituzione.

38      Ne deriva che la ricorrente, all’atto della proposizione del ricorso, era portatrice di un interesse ad agire, in quanto gli avvisi di riesame impugnati le arrecavano danno (v., in tal senso, sentenza Wunenburger/Commissione, citata al precedente punto 35, punto 44 e giurisprudenza ivi richiamata).

39      Occorre anche esaminare se i regolamenti nn. 192/2007 e 193/2007, che hanno concluso il riesame e che non sono stati impugnati dalla ricorrente nel termine previsto dall’art. 230, quinto comma, CE, abbiano causato la scomparsa in capo alla ricorrente dell’interesse ad ottenere l’annullamento degli avvisi di riesame impugnati.

40      Al riguardo occorre, in primo luogo, constatare che la controversia ha conservato il suo oggetto, in quanto gli avvisi di riesame impugnati non sono stati formalmente revocati dai regolamenti nn. 192/2007 e 193/2007 (v., in tal senso, sentenza Wunenburger/Commissione, citata al precedente punto 35, punto 48).

41      Va, in secondo luogo, constatato che gli effetti giuridici prodotti dagli avvisi di riesame impugnati non sono stati vanificati dall’adozione dei regolamenti nn. 192/2007 e 193/2007. A questo scopo occorre ricordare che gli avvisi di riesame impugnati hanno mantenuto in vigore fino alla conclusione del riesame le misure stabilite dai regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 e dalla decisione 2000/745. Orbene, gli effetti giuridici autonomi prodotti dagli avvisi di riesame impugnati fino all’entrata in vigore, il 28 febbraio 2007, dei regolamenti nn. 192/2007 e 193/2007 non vengono pregiudicati dalle nuove misure antidumping e compensative fissate da detti regolamenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 maggio 2005, causa C‑400/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑3657, punto 17).

42      In tali circostanze, l’annullamento degli avvisi di riesame impugnati potrebbe comportare effetti giuridici a vantaggio della ricorrente, in quanto l’eventuale illegittimità constatata dal Tribunale potrebbe costituire il fondamento di un’eventuale azione di responsabilità (v., in questo senso, sentenza della Corte 31 marzo 1998, cause riunite C‑68/94 e C‑30/95, Francia e a./Commissione, Racc. pag. I‑1375, punto 74).

43      In terzo luogo, la ricorrente conserva anche l’interesse a chiedere l’annullamento degli avvisi di riesame impugnati per consentire di evitare che l’illegittimità della quale essa li asserisce viziati si ripresenti in futuro (v., in tal senso, sentenza Wunenburger/Commissione, citata al precedente punto 35, punto 50 e giurisprudenza ivi richiamata; sentenza del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T‑480/93 e T‑483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione, Racc. pag. II‑2305, punto 60). È necessario sottolineare a tale scopo che l’asserita illegittimità può ripresentarsi in futuro indipendentemente dalle circostanze che sono state all’origine del ricorso proposto dalla ricorrente, in quanto tale illegittimità dipende da un errore di diritto commesso dalla Commissione nell’interpretazione delle disposizioni dei regolamenti base antidumping e antisovvenzioni alla luce delle corrispondenti disposizioni degli accordi dell’OMC (v., in tal senso, sentenza Wunenburger/Commissione, citata al precedente punto 35, punto 52).

44      Da tutto quanto precede risulta che la ricorrente ha conservato l’interesse a chiedere l’annullamento degli avvisi di riesame impugnati.

–       Sulla legittimazione ad agire della ricorrente

45      Dato che gli avvisi di riesame impugnati non sono indirizzati alla ricorrente, occorre valutare se essi la riguardino direttamente e individualmente, secondo quanto disposto dall’art. 230, quarto comma, CE.

46      In primo luogo, occorre constatare che la ricorrente è direttamente interessata ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Infatti, gli avvisi di riesame impugnati producono direttamente i loro effetti sulla sua posizione giuridica non lasciando alcun potere discrezionale alle autorità nazionali incaricate della loro attuazione (v., in questo senso, sentenza del Tribunale 26 settembre 2000, causa T‑80/97, Starway/Consiglio, Racc. pag. II‑3099, punto 61).

47      In secondo luogo, la ricorrente è individualmente interessata ai sensi di detta disposizione anche in quanto essa è stata identificata nei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 e nella decisione 2000/745, oggetto degli avvisi di riesame impugnati, come impresa produttrice ed esportatrice che ha offerto, nel corso del procedimento amministrativo, un impegno poi accolto dalla Commissione (v., in questo senso, sentenza BSC Footwear Supplies e a./Consiglio, citata al precedente punto 31, punto 45 e giurisprudenza ivi richiamata).

48      Ne consegue che la ricorrente è legittimata da agire ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

49      Da quanto precede risulta che la domanda della ricorrente diretta all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati è ricevibile.

–       Sulla ricevibilità del capo della domanda in quanto è diretto contro il Consiglio

50      Occorre constatare che, poiché gli avvisi di riesame impugnati sono stati adottati dalla Commissione in conformità all’art. 11, n. 6, del regolamento base antidumping e all’art. 22, n. 2, del regolamento base antisovvenzioni, il ricorso in esame è ricevibile, in quanto mira all’annullamento di tali avvisi di riesame, soltanto nei limiti in cui è diretto contro detta istituzione (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 22 febbraio 2001, causa T‑209/00, Lamberts/Mediatore e Parlamento, Racc. pag. II‑765, punti 13‑19).

51      Ne consegue che il ricorso diretto all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati è irricevibile in quanto è diretto contro il Consiglio.

 Sulla ricevibilità del ricorso in quanto è volto all’annullamento dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, della decisione 2000/745, nonché dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni

 Argomenti delle parti

52      Il Consiglio e la Commissione affermano che il ricorso è irricevibile in quanto è diretto all’annullamento dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, della decisione 2000/745, dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni. Esso, infatti, sarebbe stato proposto oltre il termine previsto dall’art. 230, quinto comma, CE. Inoltre, la ricorrente non sarebbe individualmente interessata ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE dall’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dall’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni.

53      La ricorrente osserva, anzitutto, che i regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 sarebbero dovuti scadere il 1º dicembre 2005. Gli avvisi di riesame impugnati avrebbero protratto il periodo di validità dei regolamenti di cui trattasi in modo tale che la ricorrente sarebbe stata costretta ad impugnare anche il mantenimento in vigore di tali regolamenti (v., per analogia, sentenze del Tribunale 12 luglio 2006, causa T‑253/02, Ayadi/Consiglio, Racc. pag. II‑2139, punto 77, e causa T‑49/04, Hassan/Consiglio e Commissione, punti 53‑59). La ricorrente non mirerebbe, quindi, ad ottenere l’annullamento dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, di per sé, ma soltanto in quanto producono effetti nei suoi confronti a partire dal 1º dicembre 2005. Il ricorso non avrebbe pertanto potuto essere proposto prima della pubblicazione degli avvisi di riesame impugnati.

54      La ricorrente ricorda, poi, che essa è dotata della legittimazione ad agire in quanto destinataria degli atti impugnati o in quanto operatrice direttamente e individualmente interessata da tutti ovvero da ciascuno di tali atti (sentenza BSC Footwear Supplies e a./Consiglio, citata al precedente punto 31, punto 45).

55      Infine, nei limiti in cui il ricorso riguarda l’annullamento di determinate disposizioni dei regolamenti base antidumping e antisovvenzioni, la ricorrente sottolinea che essa ha formulato tale capo della domanda soltanto in estremo subordine, per il caso in cui le prime due parti del motivo presentato nel merito fossero respinte.

 Giudizio del Tribunale

56      Secondo costante giurisprudenza, il termine del ricorso di annullamento è di ordine pubblico e né le parti né il giudice possono disporne, dato che esso è stato istituito per garantire la chiarezza e la certezza delle situazioni giuridiche ed evitare qualsiasi discriminazione o trattamento arbitrario nell’amministrazione della giustizia (sentenza della Corte 23 gennaio 1997, causa C‑246/95, Coen, Racc. pag. I‑403, punto 21; sentenza del Tribunale 18 settembre 1997, cause riunite T‑121/96 e T‑151/96, Mutual Aid Administration Services/Commissione, Racc. pag. II‑1355, punti 38 e 39).

57      Ai sensi dell’art. 230, quinto comma, CE, la ricorrente disponeva di un termine di due mesi per proporre il suo ricorso di annullamento, termine aumentato, in conformità all’art. 102, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, di un periodo forfettario di dieci giorni. Poiché gli atti che sono oggetto dei presenti capi sono stati tutti pubblicati nella Gazzetta ufficiale, il termine per la proposizione del ricorso deve essere calcolato, in conformità all’art. 102, n. 1, di tale regolamento di procedura, a partire dalla fine del quattordicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione degli atti di cui trattasi.

58      Vista la data di pubblicazione degli atti di cui trattasi (v. i precedenti punti 3, 7 e 16), il ricorso proposto il 13 febbraio 2006 è manifestamente tardivo e quindi irricevibile in quanto è inteso all’annullamento dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, della decisione 2000/745, dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni.

59      La ricorrente non può trarre argomento dalla sentenza Hassan/Consiglio e Commissione, di cui al precedente punto 53. Contrariamente alla causa in esame, nella causa sfociata nella sentenza Hassan/Consiglio e Commissione, citata al precedente punto 53, la Commissione aveva modificato un regolamento del Consiglio sulla base di una specifica autorizzazione. Il Tribunale ha dichiarato, in tale causa, che il ricorso proposto nel termine previsto all’art. 230, quinto comma, CE contro il regolamento della Commissione era anche ricevibile in quanto era inteso all’annullamento del regolamento del Consiglio non nella sua versione originale, ai fini del quale tale ricorso sarebbe stato tardivo, ma all’annullamento della versione risultante dal regolamento della Commissione (sentenza Hassan/Consiglio e Commissione, citata al precedente punto 53, punto 56). Nella fattispecie, tuttavia, gli avvisi di riesame impugnati non hanno modificato i regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 o la decisione 2000/745 né, d’altra parte, l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping o l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni.

60      Neanche il riferimento alla sentenza Ayadi/Consiglio, di cui al precedente punto 53, è pertinente. In tale controversia la ricorrente chiedeva l’annullamento parziale del regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) del Consiglio n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (GU L 139, pag. 9). Il Tribunale ha valutato in quali circostanze il regolamento n. 881/2002, che manteneva il congelamento dei beni già previsto dal regolamento n. 467/2001, costituisse un semplice atto confermativo non impugnabile, ovvero un atto «nuovo» idoneo ad essere impugnato dal ricorrente che non avesse proposto ricorso nei termini contro il regolamento n. 467/2001 (sentenza Ayadi/Consiglio, citata al precedente punto 53, punti 70 e 71). Il Tribunale ha dichiarato ricevibile il ricorso diretto contro il regolamento n. 881/2002 dopo aver constatato che tale atto aveva modificato notevolmente la posizione giuridica del ricorrente. Infatti, mediante, in particolare, il regolamento n. 881/2002, i capitali del ricorrente permanevano congelati, laddove, in assenza di tale provvedimento, le misure stabilite con il regolamento n. 467/2001 sarebbero state caducate (sentenza Ayadi/Consiglio, citata al precedente punto 53, punto 77). Dalla sentenza Ayadi/Consiglio, citata al precedente punto 53, si può pertanto dedurre che il ricorso proposto nella fattispecie deve essere dichiarato ricevibile in quanto è diretto all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati, che mantengono in vigore le misure stabilite dai regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché dalla decisione 2000/745. Per contro, tale sentenza non è idonea a corroborare la tesi secondo cui l’adozione di atti che mantengono in vigore misure istituite mediante atti anteriori, nella fattispecie i regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché la decisione 2000/745, provocherebbe la riapertura dei termini per la proposizione di un ricorso contro detti ultimi atti divenuti definitivi in assenza di ricorsi proposti nei termini fissati dall’art. 230, quinto comma, CE.

61      Da tutto quanto precede risulta che il ricorso è ricevibile soltanto in quanto è inteso all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati ed è diretto contro la Commissione.

 Sull’eccezione di illegittimità

 Argomenti delle parti

62      La ricorrente sostiene, nella replica, che i capi delle domande dirette all’annullamento dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, della decisione 2000/745, dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni avrebbero potuto essere formulati anche in termini di domanda di dichiarazione di illegittimità di dette misure ai sensi dell’art. 241 CE.

63      Nella sua controreplica la Commissione sostiene che l’eccezione di illegittimità ai sensi dell’art. 241 CE, che è stata invocata per la prima volta nella replica, deve essere dichiarata irricevibile ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura. Il ricorso si baserebbe esclusivamente sull’art. 230 CE.

 Giudizio del Tribunale

64      Va osservato che la ricorrente non ha sollevato esplicitamente nel ricorso un’eccezione di illegittimità. Tuttavia, in quanto l’eccezione di illegittimità sollevata nel ricorso si riferisce alla legittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, occorre considerare che essa costituisce l’ampliamento della terza parte del motivo unico sollevato nel ricorso, che mette in particolare in discussione la legittimità di tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 18 novembre 2004, causa T‑176/01, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II‑3931, punto 136).

65      Per contro, il ricorso non contiene alcun argomento relativo alla legittimità dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché della decisione 2000/745. In tal contesto, l’eccezione di illegittimità, in quanto si riferisce alla legittimità di detti atti, non può essere considerata ampliamento di un’argomentazione già invocata nel ricorso. Inoltre, detta eccezione di illegittimità non si fonda su alcun elemento in fatto o in diritto che sarebbe emerso durante il procedimento, ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura (sentenza del Tribunale 27 settembre 2005, cause riuntite T‑134/03 e T‑135/03, Common Market Fertilizers/Commissione, Racc. pag. II‑3923, punto 51).

66      Da quanto precede risulta che l’eccezione di illegittimità è ricevibile soltanto in quanto si riferisce alla legittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni.

 Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura

 Argomenti delle parti

67      La Commissione sostiene che il ricorso manca di chiarezza e non soddisfa i requisiti di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura. Infatti, l’affermazione della ricorrente su cui il ricorso è interamente basato, consistente nel fatto che gli accordi dell’OMC richiederebbero che il riesame in previsione di scadenza venga avviato al più tardi il giorno precedente a quello della data di scadenza del termine di cinque anni, non sarebbe sorretta da alcuna spiegazione. Inoltre, detta affermazione si riferirebbe soltanto all’asserita illegittimità degli avvisi di riesame impugnati. Il ricorso non conterrebbe alcun argomento relativo alla legittimità dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché della decisione 2000/745.

68      La ricorrente ribatte che l’argomentazione da essa esposta nel ricorso è sufficientemente chiara da consentire al Consiglio e alla Commissione di predisporre la loro difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità (sentenza del Tribunale 3 febbraio 2005, causa T‑19/01, Chiquita Brands e a./Commissione, Racc. pag. II‑315).

 Giudizio del Tribunale

69      Alla luce di quanto constatato al precedente punto 61, l’asserto relativo alla mancanza di chiarezza del ricorso deve essere esaminato soltanto nei limiti in cui quest’ultimo sia volto all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati.

70      Occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in conformità all’art. 53, primo comma, dello stesso Statuto e all’art. 44, n. 1, lett. c) e d), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere, tra l’altro, l’oggetto della controversia, le conclusioni e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso (sentenza Chiquita Brands e a./Commissione, citata al precedente punto 68, punto 64; v. ordinanza del Tribunale 8 marzo 2006, causa T‑238/99, Service Station Veger/Commissione, punto 28 e giurisprudenza ivi richiamata).

71      Nella fattispecie, il ricorso soddisfa i requisiti summenzionati. Infatti, esso individua in modo sufficientemente chiaro l’oggetto della controversia, nonché le conclusioni e il motivo invocato a sostegno di tali conclusioni. Eccettuati gli asserti relativi all’illegittimità dei regolamenti nn. 2603/2000, 2604/2000 e della decisione 2000/745, la cui insufficienza ha condotto alla parziale irricevibilità dell’eccezione di illegittimità (v. il precedente punto 69), il ricorso contiene per il resto gli elementi essenziali in fatto e in diritto sui quali la ricorrente basa la dimostrazione secondo cui gli avvisi di riesame impugnati sarebbero illegittimi.

72      Gli asserti di irricevibilità della Commissione, fondati sull’art. 44 del regolamento di procedura, devono pertanto, in tal misura, essere respinti.

 Nel merito

73      Il motivo unico di ricorso invocato dalla ricorrente verte sull’avvio tardivo del riesame dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché della decisione 2000/745. Tale motivo consta di tre parti. La prima attiene alla violazione dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati in conformità alle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni. La seconda riguarda la violazione del principio della certezza del diritto. La terza, formulata in subordine, verte sull’illegittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni.

 Sulla prima parte, vertente su una violazione dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati in conformità alle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni

 Argomenti delle parti

74      La ricorrente, dopo aver osservato che le competenze della Comunità devono essere esercitate nel rispetto del diritto internazionale (sentenze della Corte 24 novembre 1992, causa C‑286/90, Poulsen e Diva Navigation, Racc. pag. I‑6019, punto 9, e 24 novembre 1993, causa C‑405/92, Mondiet, Racc. pag. I‑6133, punto 12; conclusioni dell’avvocato generale Léger, relative alla sentenza della Corte 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati, Racc. pag. I‑4355, in particolare pag. I‑4358, punto 33), ricorda che risulta dal punto 20 della citata sentenza Bettati che le norme comunitarie devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale, in particolare quando mirano, appunto, ad attuare un accordo internazionale concluso dalla Comunità. Si tratta, secondo la ricorrente, del cosiddetto «obbligo Bettati». La prevalenza degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità sulle norme di diritto comunitario derivato imporrebbe, infatti, di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi (sentenza della Corte 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3989, punto 52).

75      Ne consegue, secondo la ricorrente, che le disposizioni dei regolamenti fondamentali antidumping e antisovvenzioni devono essere interpretate in conformità agli accordi antidumping e antisovvenzioni. Il Tribunale avrebbe, d’altra parte, esplicitamente ammesso che l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping doveva essere interpretato sulla scorta dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping (sentenza del Tribunale 20 giugno 2001, causa T‑188/99, Euroalliages/Commissione, Racc. pag. II‑1757, punto 44; v. anche sentenza del Tribunale 27 gennaio 2000, causa T‑256/97, BEUC/Commissione, Racc. pag. II‑101, punti 66 e 67).

76      Nella fattispecie, l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni non preciserebbero il termine ultimo entro il quale il riesame delle misure antidumping e compensative avrebbe dovuto essere intrapreso. Tuttavia, poiché i regolamenti base avrebbero espressamente l’obiettivo di recepire gli accordi dell’OMC nel diritto comunitario (sentenza della Corte 9 gennaio 2003, causa C‑76/00 P, Petrotub e Repubblica/Consiglio, Racc. pag. I‑79, punti 53‑57), si dovrebbe considerare che le disposizioni di cui trattasi dei regolamenti base hanno lo stesso significato delle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni.

77      Orbene, dall’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dall’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni risulterebbe che ogni riesame delle misure che erano in procinto di scadere avrebbe dovuto essere avviato prima della fine del periodo di cinque anni successivo all’istituzione dei dazi antidumping o compensativi. Nel presente caso, l’avvio del riesame sarebbe pertanto dovuto intervenire il 30 novembre 2005 al più tardi. Inoltre, ai sensi dell’art. 12, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 22, n. 7, dell’accordo antisovvenzioni, ogni decisione di avvio di un riesame dovrebbe essere oggetto di notifica al pubblico. Considerato che gli avvisi di riesame impugnati sono stati pubblicati il 1º dicembre 2005, essi non sarebbero stati pubblicati, come invece previsto dagli accordi antidumping e antisovvenzioni, prima della data di scadenza delle misure sulle quali essi avrebbero avuto effetto. Ne consegue che, secondo la ricorrente, gli avvisi di riesame impugnati violano le disposizioni di cui all’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e di cui all’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretate alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni. I dazi e gli impegni di cui trattasi nei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché nella decisione 2000/745 sarebbero dunque scaduti il 1º dicembre 2005.

78      Nella sua replica, la ricorrente afferma, in primo luogo, basandosi soprattutto sulla giurisprudenza della Corte e su talune relazioni dell’organo di composizione delle controversie e della commissione d’appello dell’OMC, che il senso dell’espressione «prima di tale data» deve essere determinato considerandone il contesto generale e il senso nella lingua corrente, mediante riferimento alla data della conclusione degli accordi antidumping e antisovvenzioni nel 1994.

79      Diversi dizionari pubblicati all’epoca e successivamente alla conclusione degli accordi antidumping e antisovvenzioni confermerebbero che il primo senso coerente da attribuire al termine «data», nel corso del periodo che va dal 1994 ad oggi, è stato quello di giorno del calendario.

80      Del pari, le altre versioni autentiche (cioè le versioni francese e spagnola), di cui sarebbe stato necessario tenere conto ai fini dell’interpretazione degli accordi dell’OMC (sentenza della Corte 13 settembre 2001, causa C‑89/99, Schieving-Nijstad e a., Racc. pag. I‑5851), confermerebbero tale punto di vista. Dette altre versioni menzionerebbero i termini «date» e «fecha», i quali farebbero riferimento, alla luce del significato attribuito a tali termini nei dizionari di lingua francese e spagnola, ad una data del calendario piuttosto che ad un momento specifico nel tempo.

81      A sostegno della sua argomentazione, secondo cui il termine «data» di cui all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e all’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni deve essere inteso nel senso che si riferisce ad un giorno del calendario, la ricorrente fa valere anche la sentenza della Court of Appeal (England & Wales) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles), Regno Unito] nella causa Trow/Ind Coope ([1967] 2 All England Law Reports 900).

82      Inoltre, la Commissione stessa, nel suo avviso del 2 marzo 2005 di prossima scadenza delle misure fissate dai regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000 nonché dalla decisione 2000/745, avrebbe invitato i produttori a presentare una domanda scritta di riesame «a partire dalla data di pubblicazione del presente avviso e al più tardi tre mesi prima di quella che compare nella tabella riportata in calce». La data precisata in tale avviso sarebbe stata il 1º dicembre 2005, piuttosto che un momento specifico del 1º dicembre 2005.

83      L’uso del termine «data» per significare data del calendario, piuttosto che un punto o un momento specifico nel tempo, sarebbe anche coerente con i termini del regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 3 giugno 1971, n. 1182, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (GU L 124, pag. 1), in particolare del suo art. 4, nn. 2 e 3, e del suo art. 5, n. 2. In via generale, il termine «data» sarebbe considerato dal diritto comunitario come riferimento ad una data del calendario e non ad un momento determinato nel corso di un giorno del calendario (sentenze della Corte 22 novembre 1973, causa 139/73, Münch, Racc. pag. 1287, punto 10; 28 settembre 1994, causa C‑200/91, Coloroll Pension Trustees, Racc. pag. I‑4389, punti 48 e 59, nonché 18 giugno 2002, causa C‑398/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑5643; ordinanza del Tribunale 19 gennaio 2001, causa T‑126/00, Confindustria e a./Commissione, Racc. pag. II‑85, punti 12 e 14, nonché sentenza del Tribunale 7 febbraio 2002, causa T‑187/94, Rudolph/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑367, punto 65). Qualora un atto possa ancora essere adottato «ad» una data specifica del calendario, la pertinente disposizione normativa utilizzerebbe l’espressione «prima del (…) al più tardi», mentre l’espressione «prima (…)» implicherebbe il necessario compimento di detto atto prima della fine del precedente giorno del calendario [v. art. 102, n. 2, CE, art. 116, nn. 1‑3, CE, e art. 121, nn. 3 e 4, CE; v. anche sentenza della Corte 1º giugno 2006, cause riunite C‑442/03 P e C‑471/03 P, P&O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, Racc. pag. I‑4845, punto 28].

84      In secondo luogo, la ricorrente sottolinea che la sua interpretazione del termine «data» è coerente con il contesto normativo dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, che sarebbero volti ad ammettere una facoltà specifica di deroga alla regola generale in base alla quale le misure interessate scadrebbero dopo un periodo massimo di cinque anni. Infatti, la Comunità adotterebbe sempre un orientamento restrittivo in sede di interpretazione delle deroghe alla sua stessa normativa. L’interpretazione della ricorrente sarebbe anche coerente con l’oggetto e lo scopo di queste disposizioni degli accordi in esame. L’effetto dell’avvio di un riesame in previsione della scadenza sarebbe quello di prorogare l’efficacia normativa di misure a difesa dei mercati, che sarebbero scadute cinque anni dopo la loro istituzione in assenza dell’avvio del riesame. La ricorrente afferma che la sua interpretazione dell’espressione «prima di tale data» favorisce la certezza del diritto e una buona aministrazione in quanto gli importatori sapranno che, prima della data di scadenza prevista per le misure antidumping o compensative, le misure sono effettivamente mantenute in vigore, e saranno quindi in grado di comportarsi di conseguenza. Seguendo la tesi della Commissione, la pubblicazione degli avvisi di avvio del riesame il 1º dicembre 2005 alle ore 23,59 sarebbe stata sufficiente per informare gli agenti economici che i prodotti importati, passando per le dogane nazionali, il giorno successivo, cioè qualche minuto più tardi, avrebbero continuato ad essere soggetti al dazio antidumping, mentre essi si aspettavano la scadenza delle misure antidumping alla fine del periodo di cinque anni. Gli accordi antidumping e antisovvenzioni sarebbero intesi ad evitare la confusione e l’incertezza che tale situazione provocherebbe, esigendo che gli avvisi di avvio del riesame siano pubblicati almeno prima della data in cui le pertinenti misure antidumping sarebbero dovute scadere.

85      In terzo luogo, la ricorrente ha esposto all’udienza che la sua intepretazione dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni è stata confermata dalla stessa commissione d’appello dell’OMC nella sua relazione del 12 aprile 2007 concernente i riesami in previsione della scadenza delle misure antidumping relative ai prodotti tubolari per i campi petroliferi provenienti dall’Argentina (WT/DS268/AB/RW). Essa si riferisce a questo scopo al punto 163 di detta relazione che così dispone, in particolare:

«L’art. 11, n. 3, prevede che i dazi antidumping devono essere revocati “entro e non oltre cinque anni dalla loro imposizione” salvo accertamento “che l’eliminazione del dazio possa portare alla prosecuzione o alla reiterazione del dumping e del pregiudizio”. Secondo la commissione d’appello, tale disposizione funziona, quindi, come una “norma imperativa corredata di una deroga” [riferimento contenuto in una nota a piè di pagina alla relazione della commissione d’appello in merito al riesame in previsione di scadenza concernente l’acciaio trattato contro la corrosione, punto 104]. Sussiste un obbligo supplementare, secondo cui il riesame in previsione della scadenza deve essere effettuato dall’autorità incaricata dell’inchiesta di sua stessa iniziativa o su domanda presentata dal settore produttivo nazionale “prima di tale data”, cioè prima che ricorra il quinto anniversario dall’imposizione del dazio antidumping».

86      La Commissione sostiene che non risulta dall’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping, né dall’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati, rispettivamente, alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, che il riesame in previsione della scadenza per le misure antidumping o compensative debba essere intrapreso al più tardi alla vigilia della scadenza delle misure di cui trattasi. Tali disposizioni esigerebbero soltanto che il riesame sia avviato prima della mezzanotte dell’ultimo giorno del periodo normale di applicazione delle misure oggetto del riesame.

 Giudizio del Tribunale

–       Osservazioni preliminari

87      Risulta da costante giurisprudenza che, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi dell’OMC non compaiono in linea di principio tra le norme alla luce delle quali il giudice comunitario controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE (sentenze della Corte 23 novembre 1999, causa C‑149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I‑8395, punto 47, e Petrotub e Republica/Consiglio, citata al precedente punto 76, punto 53).

88      Tuttavia, nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetta al giudice comunitario controllare la legittimità dell’atto comunitario controverso alla luce delle norme dell’OMC (sentenze della Corte Portogallo/Consiglio, citata al precedente punto 87, punto 49; Petrotub e Republica/Consiglio, citata al precedente punto 76, punto 54, nonché 27 settembre 2007, causa C‑351/04, Ikea Wholesale, Racc. pag. I‑7723, punto 30).

89      Al riguardo risulta dai ‘considerando’ del regolamento base antidumping (‘considerando’ quinto) e del regolamento base antisovvenzioni (‘considerando’ sesto e settimo) che tali regolamenti hanno in particolare lo scopo di recepire nel diritto comunitario, nella maggior misura possibile, le nuove norme circostanziate contenute negli accordi antidumping e antisovvenzioni, tra le quali compaiono, in particolare, quelle relative alla durata ed al riesame delle misure antidumping e compensative, e ciò per garantire un’applicazione adeguata e trasparente di dette norme (v., in tal senso, sentenza Petrotub e Republica/Consiglio, citata al precedente punto 76, punto 55, e sentenza BEUC/Commissione, citata al precedente punto 75, punto 66).

90      La Comunità ha, pertanto, adottato i regolamenti base antidumping e antisovvenzioni per adempiere agli obblighi internazionali ad essa derivanti dagli accordi antidumping e antisovvenzioni. Così, con l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping, essa ha inteso dare esecuzione ai particolari obblighi derivanti dall’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e con l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni essa ha inteso dare esecuzione ai particolari obblighi derivanti dall’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni (v., in tal senso, sentenza Petrotub e Republica/Consiglio, citata al precedente punto 76, punto 56).

91      Ne consegue che le citate disposizioni dei regolamenti base antidumping e antisovvenzioni devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce delle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni (v., in tal senso, sentenze Bettati, citata al precedente punto 74, punto 20, e Petrotub e Republica/Consiglio, citata al precedente punto 76, punto 57; sentenze del Tribunale BEUC/Commissione, citata al precedente punto 75, punto 67; Euroalliages/Commissione, citata al precedente punto 75, punto 44, nonché 28 ottobre 2004, causa T‑35/01, Shanghai Teraoka Electronic/Consiglio, Racc. pag. II‑3663, punto 138).

–       Sull’interpretazione dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, alla luce, rispettivamente, dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni

92      Nell’ambito della parte in esame, la ricorrente sostiene che dall’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dall’art. 18, n. 1, regolamento base antisovvenzioni, interpretati rispettivamente alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, risulta che gli avvisi di riesame impugnati sono stati adottati tardivamente.

93      Occorre constatare al riguardo, in primo luogo, che i regolamenti base antidumping e antisovvenzioni non contengono alcuna disposizione che precisi esplicitamente quale sia l’ultimo momento utile nel quale il riesame in previsione della scadenza di misure antidumping o compensative debba intervenire. Tuttavia, risulta inequivocabilmente dall’economia dell’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni che tale riesame deve essere avviato al più tardi prima della scadenza della misura sulla quale deve produrre i suoi effetti.

94      Infatti, da una parte, l’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni dispongono che le misure antidumping o compensative scadono «dopo cinque anni dalla data in cui sono state istituite (…) salvo che nel corso di un riesame non si accerti che la scadenza di dette misure implica il rischio del persistere o della reiterazione» del dumping o delle sovvenzioni e del pregiudizio. Dall’altra, tali disposizioni precisano che le misure restano in vigore in attesa dei risultati del riesame. Inoltre, il ‘considerando’ 18 del regolamento base antidumping e il ‘considerando’ 22 del regolamento base antisovvenzioni chiariscono che le misure antidumping e antisovvenzioni scadono dopo cinque anni «salvo che da un’inchiesta di riesame risulti che esse devono essere lasciate in vigore». Ai sensi dell’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, il riesame riguarda, pertanto, le misure «in vigore» che vengono, all’occorrenza, «lasciate in vigore», il che implica necessariamente l’avvio di tale riesame prima della scadenza delle misure in parola.

95      In secondo luogo, occorre esaminare se l’interpretazione dell’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, alla luce delle disposizioni corrispondenti degli accordi antidumping e antisovvenzioni, richieda che il riesame in previsione della scadenza di misure antidumping o compensative venga, come sostenuto dalla ricorrente, avviato al più tardi il giorno precedente alla scadenza delle misure che sono oggetto di riesame.

96      Occorre ricordare che l’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e l’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni dispongono che gli eventuali dazi antidumping e compensativi definitivi «devono essere revocati entro e non oltre cinque anni dalla loro imposizione (…), salvo accertamento da parte delle autorità, nel corso di un riesame avviato prima di tale data (…)», che l’eliminazione del dazio possa portare alla prosecuzione o alla reiterazione del dumping e del pregiudizio. Le stesse disposizioni precisano che «il dazio può rimanere in vigore in attesa dell’esito del riesame».

97      In primo luogo, è pacifico tra le parti che le misure oggetto degli avvisi di riesame impugnati sarebbero dovute scadere, in mancanza di riesame, il 1º dicembre 2005 a mezzanotte. Secondo la ricorrente, il riesame avrebbe dovuto essere effettuato, nella fattispecie, «prima di tale data», e quindi al più tardi il 30 novembre 2005.

98      È giocoforza constatare che l’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e l’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni menzionano esclusivamente il termine entro il quale il riesame deve essere «avviato». Essi non contengono alcun obbligo riguardante la pubblicazione degli avvisi di riesame. Orbene, quando un provvedimento della Commissione viene pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in un giorno determinato, è lecito considerare che il provvedimento stesso sia stato adottato al più tardi alla vigilia del giorno di pubblicazione. Poiché, nella fattispecie, la pubblicazione degli avvisi di riesame impugnati è avvenuta il 1º dicembre 2005, è giocoforza che la Commissione ha adottato la decisione di avviare il riesame al più tardi il 30 novembre 2005 e, quindi, comunque, nel termine previsto dall’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dall’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

99      In secondo luogo, supponendo che la data dell’avvio del riesame a norma dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni sia quella della pubblicazione dell’avviso di riesame, occorre valutare se l’interpretazione delle disposizioni citate svolta dalla ricorrente, secondo la quale l’avvio del riesame dovrebbe avvenire al più tardi il giorno precedente alla scadenza delle misure che ne sono oggetto, sia effettivamente imposta dalle disposizioni di detti accordi (v., in tal senso, sentenza BEUC/Commissione, citata al precedente punto 75, punto 68).

100    Si deve ricordare, al riguardo, che un trattato di diritto internazionale, come gli accordi antidumping e antisovvenzioni, deve, in conformità all’art. 31, n. 1, della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, «essere interpretato in buona fede secondo il senso comune da attribuire ai suoi termini nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo».

101    Detta regola interpretativa corrisponde a quella applicata dal giudice comunitario quando è indotto ad interpretare una disposizione di diritto comunitario. Così, la Corte ha ripetutamente giudicato che, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto comunitario, occorre tenere conto sia della sua lettera, sia del suo contesto, sia dei suoi obiettivi (sentenze della Corte 21 febbraio 1984, causa 337/82, Kniepf-Melde, Racc. pag. 1051, punto 10; 17 ottobre 1995, causa C‑83/94, Leifer e a., Racc. pag. I‑3231, punto 22, nonché 30 luglio 1996, causa C‑84/95, Bosphorus, Racc. pag. I‑3953, punto 11).

102    È giocoforza constatare anzitutto che, come risulta dai dizionari ai quali fa riferimento la ricorrente nella sua replica, il termine «data» conosce diversi significati tra i quali compaiono «il giorno del mese» (New Shorter Oxford Dictionary, 1993), ma anche «il momento in cui qualcosa deve verificarsi» (New Shorter Oxford Dictionary, 1993). Il significato letterale del termine «data» non si riferisce pertanto necessariamente ad un giorno del calendario, poiché detto termine può essere utilizzato anche per indicare un momento preciso nel tempo.

103    Per quanto riguarda, poi, il contesto nel quale figurano l’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e l’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, nonché l’obiettivo perseguito da dette disposizioni, occorre anzitutto ricordare che l’accordo relativo all’attuazione dell’art. VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, che ha preceduto l’accordo antidumping e che è stato approvato, a nome della Comunità, con la decisione del Consiglio 10 dicembre 1979, 80/271/CEE, relativa alla conclusione degli accordi multilaterali derivanti dai negoziati commerciali degli anni 1973‑1979 (GU 1980, L 71, pag. 1), non fissava un periodo determinato di applicazione dei dazi antidumping. Il suo art. 9 disponeva soltanto che «il dazio antidumping resta in vigore soltanto per il periodo e nella misura necessaria per neutralizzare il dumping che aveva causato un pregiudizio». L’art. 4, n. 9, dell’accordo relativo all’interpretazione e all’applicazione degli artt. VI, XVI e XXIII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, approvato, a nome della Comunità, con la decisione 80/271, conteneva un’analoga disposizione per i dazi compensativi.

104    L’obiettivo dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni è quello di prevedere la revoca automatica dei dazi di cui trattasi cinque anni dopo la loro imposizione, a meno che non sia avviato un riesame. Infatti, come sottolinea giustamente la Commissione nelle sue memorie scritte, la clausola che prevede la possibilità di mantenere in vigore i dazi esistenti in seguito all’avvio di un riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping e compensative, che compare all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e all’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, è stata introdotta durante i negoziati dell’Uruguay Round, allo scopo di compensare l’introduzione della clausola detta di «revoca automatica», che consiste nella scadenza automatica delle misure antidumping e compensative cinque anni dopo la loro imposizione.

105    In tale contesto, e tenuto conto dell’obiettivo dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, è necessario che il riesame sia avviato al più tardi prima della scadenza automatica delle misure antidumping e compensative. Nei limiti in cui dette disposizioni impongono un termine ultimo per l’avvio del riesame, esse si riferiscono al momento della scadenza dei dazi di cui trattasi. I dazi sui quali il riesame ha effetto devono, infatti, essere ancora in vigore al momento dell’avvio del riesame.

106    Ne consegue che i termini «prima di tale data» che compaiono all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e all’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni non possono essere interpretati nel senso che impongono alle parti contraenti l’obbligo di intraprendere il riesame delle misure antidumping o compensative di cui trattasi al più tardi il giorno precedente la scadenza di dette misure. Al contrario, alla luce di quanto constatato ai precedenti punti 102‑105, la normativa di una parte contraente che consente l’avvio di un riesame fino all’ultimo momento del periodo di validità delle misure su cui tale riesame produce i suoi effetti deve essere considerata conforme all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e all’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

107    L’argomento che la ricorrente trae dalla relazione della commissione d’appello dell’OMC del 12 aprile 2007, concernente i riesami in previsione della scadenza delle misure antidumping relative ai prodotti tubolari per i campi petroliferi provenienti dall’Argentina (WT/DS268/AB/RW), non può essere accolto.

108    Da una parte, la relazione citata non riguardava l’interpretazione dei termini «prima di tale data» di cui all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping. Infatti, conformemente al punto 160 di detta relazione, la questione sollevata si riferiva alla «determinazione della probabilità di un dumping, ai fini dell’attuazione delle raccomandazioni e delle decisioni dell’[organo di composizione delle controversie]».

109    D’altra parte, nei limiti in cui il punto 163 ricorda, in un obiter dictum, che il riesame deve essere avviato «‘prima di tale data’, cioè prima del quinto anniversario dell’imposizione del dazio antidumping», va osservato che tale estratto costituisce soltanto la parafrasi di un punto di un’altra relazione della commissione d’appello, alla quale si fa riferimento nella nota a piè di pagina, cioè il punto 104 della relazione della commissione d’appello del 9 gennaio 2004, relativa al riesame in previsione della scadenza dei dazi antidumping applicati ai prodotti piatti in acciaio, al carbonio trattato contro la corrosione, provenienti dal Giappone (WT/DS244/AB/R), nella quale si indica che «il riesame deve essere avviato prima della scadenza del periodo di cinque anni successivo alla data di imposizione del dazio». In tale punto non si afferma quindi affatto che il riesame debba essere avviato al più tardi il giorno prima della scadenza delle misure in vigore. Riferendosi alla necessità di avviare il riesame prima della scadenza del periodo di cinque anni successivo alla data di imposizione del dazio, esso conferma al contrario che la normativa di una parte contraente, che consente l’avvio di un riesame fino all’ultimo momento del periodo di validità delle misure sulle quali il riesame produce i suoi effetti, deve essere considerata conforme all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e all’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

110    Da quanto precede risulta che un riesame che venga avviato prima della mezzanotte dell’ultimo giorno del periodo normale di applicazione delle misure deve essere considerato conforme all’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e all’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

111    Considerato che è pacifico che, nella fattispecie, i dazi antidumping e compensativi oggetto del riesame dovevano, in assenza di detto riesame, scadere il 1º dicembre 2005 a mezzanotte, occorre considerare che il riesame, di cui le parti interessate sono state informate mediante la pubblicazione degli avvisi di riesame impugnati nella Gazzetta ufficiale, il 1º dicembre 2005, è stato intrapreso nel termine previsto per l’avvio del riesame all’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e all’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati rispettivamente alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

112    Questa conclusione non può essere invalidata dall’argomento della ricorrente secondo cui il riesame dovrebbe essere avviato al più tardi il giorno precedente alla scadenza delle misure di cui trattasi per motivi legati alla certezza del diritto e alla buona amministrazione.

113    Si deve ricordare al riguardo che, secondo costante giurisprudenza, il principio della certezza del diritto costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, il quale esige, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (v. sentenze della Corte 13 febbraio 1996, causa C‑143/93, Van Es Douane Agenten, Racc. pag. I‑431, punto 27, e 14 aprile 2005, causa C‑110/03, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑2801, punto 30).

114    Orbene, dall’analisi che precede risulta che l’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni enunciano in modo chiaro e preciso, anche se le dette disposizioni vengono interpretate rispettivamente alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni, che il riesame dei dazi antidumping e compensativi deve essere intrapreso prima della loro scadenza.

115    Inoltre, la ricorrente non presenta alcun elemento concreto a sostegno della sua tesi secondo cui il rispetto del principio della certezza del diritto richiederebbe che la pubblicazione dell’avviso di riesame venisse effettuata al più tardi il giorno precedente alla scadenza delle misure oggetto di detto riesame. Essa non ha neppure dimostrato né asserito di avere effettuato vendite all’esportazione verso la Comunità il 30 novembre 2005, perché aveva ritenuto, dopo aver preso conoscenza della Gazzetta ufficiale di quel giorno, che le misure oggetto di riesame sarebbero scadute il 1º dicembre 2005 a mezzanotte.

116    L’argomento vertente su una violazione del principio della certezza del diritto deve pertanto essere respinto.

117    Infine, per quanto riguarda l’argomento vertente su una violazione del principio di buona amministrazione, si deve considerare che, qualora un’istituzione comunitaria disponga di un periodo di tempo per compiere un determinato atto, essa non viola il principio di buona amministrazione se agisce soltanto l’ultimo giorno del periodo che le è assegnato.

118    Orbene, nella fattispecie, gli avvisi di riesame impugnati sono stati pubblicati l’ultimo giorno del termine previsto all’art. 11, n. 2, primo comma, del regolamento base antidumping e all’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati rispettivamente alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni (v. i precedenti punti 110 e 111). Alla Commissione non può pertanto essere addebitata alcuna violazione del principio di buona amministrazione.

119    Da quanto precede risulta che la prima parte del primo motivo di ricorso è infondata.

 Sulla seconda parte, vertente su una violazione del principio della certezza del diritto

 Argomenti delle parti

120    La ricorrente ricorda che il principio della certezza del diritto esige che, qualora la normativa comunitaria imponga ai singoli obblighi formulati in termini ambigui, ogni ambiguità sia risolta a favore del singolo (sentenze della Corte 9 luglio 1981, causa 169/80, Gondrand, Racc. pag. 1931, punto 17; 22 febbraio 1989, cause riunite 92/87 e 93/87, Commissione/Francia e Regno Unito, Racc. pag. 405, punto 22, nonché Van Es Douane Agenten, citata al precedente punto 113, punto 27). Questa necessità di certezza del diritto s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie, al fine di consentire agli interessati di riconoscere con esattezza l’estensione degli obblighi ch’essa impone (v. sentenza del Tribunale 22 gennaio 1997, causa T‑115/94, Opel Austria/Consiglio, Racc. pag. II‑39, punto 124 e giurisprudenza ivi richiamata).

121    La ricorrente ritiene che l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati alla luce delle disposizioni corrispondenti degli accordi antidumping e antisovvenzioni, non siano ambigui. Tuttavia, qualora il Tribunale dovesse considerare che la portata delle disposizioni di cui trattasi nei regolamenti base antidumping e antisovvenzioni è ambigua e incerta, occorrerebbe, secondo la ricorrente e in conformità al principio generale di certezza del diritto, risolvere tale ambiguità o incertezza accogliendo l’interpretazione più favorevole alla ricorrente tra quelle possibili (v., in tal senso, sentenze della Corte Petrotub e Republica, citata al precedente punto 76, punti 56‑60, nonché 23 settembre 2003, causa C‑78/01, BGL, Racc. pag. I‑9543, punti 71 e 72).

122    Ne consegue che, secondo la ricorrente, la data ultima per l’avvio del riesame nella presente causa era il 30 novembre 2005. Gli avvisi di riesame impugnati, che sono stati pubblicati il 1º dicembre 2005, sarebbero dunque illegittimi.

123    La Commissione ribatte che l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni non lasciano trasparire alcuna ambiguità che dovrebbe essere eliminata a favore della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

124    Dall’analisi che è stata effettuata nell’ambito della prima parte risulta che l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni lasciano chiaramente apparire che il riesame dei dazi antidumping e compensativi può essere intrapreso fino al momento della scadenza di tali dazi. È possibile giungere alla stessa conclusione interpretando tali disposizioni rispettivamente alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

125    In tale contesto, neanche la seconda parte può essere accolta.

 Sulla terza parte, vertente sull’illegittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni

 Argomenti delle parti

126    La ricorrente fa riferimento alla sentenza della Corte 7 maggio 1991, causa C‑69/89, Nakajima/Consiglio (Racc. pag. I‑2069), dalla quale risulterebbe che il giudice comunitario controlla la legittimità dei regolamenti base antidumping e antisovvenzioni alla luce delle disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni, in quanto la Comunità, adottando i regolamenti base antidumping e antisovvenzioni, avrebbe inteso dare esecuzione ad un obbligo specifico da essa assunto nell’ambito dell’OMC (sentenze della Corte Petrotub e Republica/Consiglio, citata al precedente punto 76, punti 53‑57, nonché 1° marzo 2005, causa C‑377/02, Van Parys, Racc. pag. I‑1465, punti 39 e 40; sentenza Shanghai Teraoka Electronic/Consiglio, citata al precedente punto 91, punto 138). Al riguardo, la ricorrente menziona nelle sue memorie scritte l’obbligo detto «Nakajima».

127    La ricorrente ritiene che risulti dagli accordi antidumping e antisovvenzioni che ogni riesame delle misure antidumping e compensative che giungono a scadenza deve essere avviato «prima di tale data», cioè ad una data anteriore alla data di scadenza, e non ad una determinata ora del giorno di scadenza. La Commissione, limitandosi a confermare, nella sua lettera del 3 febbraio 2006, che nella fattispecie la data di scadenza delle misure di cui trattavasi e la data di avvio del riesame coincidevano, non avrebbe applicato correttamente al riguardo gli accordi dell’OMC.

128    Anche qualora l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni non potessero essere interpretati conformemente alle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni e l’interpretazione dei regolamenti base proposta dalla Commissione nella sua lettera del 3 febbraio 2006 fosse quella che avrebbe dovuto normalmente essere accolta, il che viene contestato dalla ricorrente, occorrerebbe constatare l’illegittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, a causa della loro incompatibilità con le corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni.

129    Nella sua replica, la ricorrente fa valere che l’obbligo Nakajima non si limita all’obbligo di interpretare il diritto comunitario in modo compatibile con gli accordi dell’OMC. Infatti, il Tribunale avrebbe più volte giudicato che la legittimità delle misure comunitarie poteva essere controllata facendo riferimento agli accordi dell’OMC (sentenze Euroalliages/Commissione, citata al precedente punto 75, punto 57, e Chiquita Brands e a./Commissione, citata al precedente punto 68, punti 117‑126).

130    La Commissione sostiene che il controllo di legittimità di un atto comunitario antidumping alla luce delle norme dell’OMC da parte della Corte è basato sul principio dell’interpretazione coerente «per quanto possibile» (sentenza Petrotub e Republica, citata al precedente punto 76, punto 57). Non sussisterebbe pertanto differenza tra quello che la ricorrente definisce obbligo Bettati e l’obbligo Nakajima. Nella fattispecie, se le disposizioni di cui trattasi dei regolamenti base antidumping e antisovvenzioni non si prestassero ad un’interpretazione conforme agli accordi antidumping e antisovvenzioni, la ricorrente non potrebbe invocare la contrapposizione tra il diritto comunitario e le norme dell’OMC come motivo di annullamento di tali disposizioni.

 Giudizio del Tribunale

131    Dall’analisi effettuata nell’ambito della prima parte risulta che gli avvisi di riesame impugnati, pubblicati nella Gazzetta ufficiale il giorno della scadenza delle misure su cui dovevano produrre i loro effetti, rispettano i requisiti previsti dall’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dall’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati rispettivamente alla luce dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni.

132    La presente parte, che riveste la forma di eccezione di illegittimità, non può essere accolta. Essa è basata infatti su un’ipotesi non confermata nella fattispecie, cioè che l’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e l’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni non si presterebbero ad un’interpretazione conforme alle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni.

133    Anche l’ultima parte è pertanto infondata.

134    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

 Sulle spese

135    Ai termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione e il Consiglio hanno concluso in tal senso, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Reliance Industries Ltd è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

            Wahl                  

Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 settembre 2008.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. E. Martins Ribeiro

Indice


Contesto normativo

Accordi antidumping e antisovvenzioni dell’Organizzazione mondiale del commercio

Regolamento base antidumping

Regolamento base antisovvenzioni

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

Sulla ricevibilità del capo della domanda intesa all’annullamento degli avvisi di riesame impugnati e in quanto esso è diretto contro il Consiglio

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

– Sull’interesse ad agire della ricorrente

– Sulla legittimazione ad agire della ricorrente

– Sulla ricevibilità del capo della domanda in quanto è diretto contro il Consiglio

Sulla ricevibilità del ricorso in quanto è volto all’annullamento dei regolamenti nn. 2603/2000 e 2604/2000, della decisione 2000/745, nonché dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’eccezione di illegittimità

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Nel merito

Sulla prima parte, vertente su una violazione dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, interpretati in conformità alle corrispondenti disposizioni degli accordi antidumping e antisovvenzioni

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

– Osservazioni preliminari

– Sull’interpretazione dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni, alla luce, rispettivamente, dell’art. 11, n. 3, dell’accordo antidumping e dell’art. 21, n. 3, dell’accordo antisovvenzioni

Sulla seconda parte, vertente su una violazione del principio della certezza del diritto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte, vertente sull’illegittimità dell’art. 11, n. 2, del regolamento base antidumping e dell’art. 18, n. 1, del regolamento base antisovvenzioni

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.