Language of document : ECLI:EU:C:2024:58

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

18 gennaio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 3, paragrafo 1 – Articolo 6, paragrafo 1 – Articolo 7, paragrafo 1 – Articolo 8 – Titolo esecutivo che ha acquisito autorità di cosa giudicata – Potere del giudice di esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una clausola nell’ambito del controllo di un procedimento di esecuzione forzata – Registro nazionale delle clausole di condizioni generali dichiarate illecite – Clausole diverse da quelle contenute in tale registro a motivo della loro formulazione ma che hanno la stessa portata e producono gli stessi effetti»

Nella causa C‑531/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Rejonowy dla Warszawy‑Śródmieścia w Warszawie (Tribunale circondariale di Varsavia centro, Polonia), con decisione del 5 luglio 2022, pervenuta in cancelleria il 9 agosto 2022, nel procedimento

Getin Noble Bank S.A.,

TF,

C2,

PI

contro

TL,

con l’intervento di:

EOS,

Zakład Ubezpieczeń Społecznych,

MG,

Komornik Sądowy AC,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da O. Spineanu-Matei, presidente di sezione, S. Rodin (relatore) e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Getin Noble Bank S.A., da Ł. Hejmej, M. Przygodzka, A. Szczęśniak, J. Szewczak, Ł. Żak, adwokaci, e M. Pugowski, aplikant radcowski;

–        per TF, da M. Czugan, M. Jaroch-Konwent, W. Kołosz, A. Pakos e K. Zawadzanko, radcowie prawni;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, M. Kozak e S. Żyrek, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da U. Małecka e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 6, paragrafo 1, dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 8 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dei principi di certezza del diritto, di effettività, di proporzionalità e dell’autorità di cosa giudicata, nonché del diritto di essere ascoltato.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento di esecuzione forzata tra, da un lato, la Getin Noble Bank S.A., TF, C2 e PI, quattro creditori, e, dall’altro, TL, loro debitore, in relazione a un’ingiunzione di pagamento disposta nei confronti di quest’ultimo.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

4        L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

5        L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva così recita:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

6        A norma dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della stessa direttiva:

«1.      Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2.      I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole».

7        L’articolo 8 della direttiva 93/13 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

 Diritto polacco

8        L’articolo 189 della ustawa – Kodeks postępowania cywilnego (legge recante il codice di procedura civile), del 17 novembre 1964 (Dz. U. n. 43, posizione 296), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura civile»), enuncia quanto segue:

«Il ricorrente, a condizione di avere un legittimo interesse ad agire, può chiedere al giudice di accertare l’esistenza o l’inesistenza di un rapporto giuridico o di un diritto».

9        L’articolo 50532, paragrafo 1, del codice di procedura civile prevede quanto segue:

«Nella sua domanda, il ricorrente indica le prove a sostegno delle sue pretese. Le prove non sono allegate al ricorso».

10      L’articolo 758 del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«I tribunali circondariali e gli ufficiali giudiziari collegati a questi tribunali sono competenti in materia di esecuzione».

11      L’articolo 804, paragrafo 1, del codice di procedura civile prevede quanto segue:

«L’autorità di esecuzione non è legittimata ad esaminare la fondatezza e il carattere esecutivo dell’obbligazione oggetto di un titolo pienamente esecutivo».

12      Ai sensi dell’articolo 840, paragrafo 1, del codice di procedura civile:

«Il debitore può chiedere mediante ricorso l’annullamento totale o parziale o la limitazione dell’esecutività del titolo esecutivo quando:

1)      contesta i fatti che hanno giustificato l’apposizione della formula esecutiva, in particolare quando contesta l’esistenza dell’obbligazione accertata con un titolo esecutivo semplice diverso da una decisione giudiziaria o quando contesta il trasferimento di un’obbligazione nonostante l’esistenza di un documento formale che lo attesti;

2)      dopo l’emissione di un titolo esecutivo semplice, si è verificato un evento che ha determinato l’estinzione dell’obbligazione o l’impossibilità della sua esecuzione; se il titolo è una decisione giudiziaria, il debitore può anche fondare il suo ricorso su fatti avvenuti dopo la chiusura del procedimento, sull’eccezione di esecuzione della prestazione, quando l’invocazione di tale eccezione nella causa in questione era inammissibile ex lege, e sull’eccezione di compensazione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      Il 9 gennaio 2006 TL, un consumatore, ha stipulato un contratto di credito con la Getin Noble Bank, per il periodo dal 9 gennaio 2009 al 16 gennaio 2016, denominato in zloty polacchi (PLN), indicizzato al franco svizzero (CHF) e corrispondente all’equivalente in zloty polacchi di CHF 15.645,27 (circa EUR 16.270). Ai sensi di tale contratto di credito, l’importo del credito concesso dalla Getin Noble Bank è stato convertito, alla data della stipula di detto contratto di credito, sulla base del tasso di acquisto della valuta di indicizzazione di cui trattasi, iscritto nella tabella del tasso di cambio delle valute estere di tale banca, e il rimborso di qualsiasi debito doveva essere quindi effettuato in zloty polacchi dopo la conversione di tale debito espressa in detta valuta di indicizzazione, sulla base del tasso di vendita di quest’ultima applicabile alla data del pagamento a detta banca.

14      Il 13 maggio 2008 TL ha stipulato un altro contratto di credito con la stessa banca in zloty polacchi indicizzato al franco svizzero e corrispondente all’equivalente in zloty polacchi di CHF 36 299,30 (circa EUR 37 740) per un periodo di 120 mesi. Tale altro contratto di credito riprendeva essenzialmente le clausole del contratto di credito menzionato al punto precedente.

15      Invocando mancati pagamenti di TL, la Getin Noble Bank ha risolto tali due contratti di credito e ha proposto dinanzi al Sąd Rejonowy Lublin-Zachód w Lublinie (Tribunale circondariale di Lublino Ovest, Polonia), rispettivamente il 28 dicembre e il 3 giugno 2016, mediante il procedimento di ingiunzione di pagamento elettronico, due ricorsi contro TL, nei quali ha chiesto il pagamento, da parte di quest’ultimo, delle somme dovute a titolo di detti contratti di credito, maggiorate degli interessi e delle spese.

16      A sostegno delle sue pretese, la Getin Noble Bank ha menzionato i contratti di credito da essa stipulati con TL, senza poterli allegare a tali due ricorsi, tenuto conto delle disposizioni processuali che disciplinano i procedimenti di ingiunzione di pagamento elettronici, di cui all’articolo 50532, paragrafo 1, del codice di procedura civile, e delle caratteristiche tecniche del sistema di gestione di tali procedimenti, che non consentono di produrre prove. Pertanto, il Sąd Rejonowy Lublin-Zachód w Lublinie (Tribunale circondariale di Lublino Ovest) non aveva né la competenza né tantomeno la possibilità tecnica di esigere dalla Getin Noble Bank la produzione di tali contratti di credito.

17      Il Sąd Rejonowy Lublin-Zachód w Lublinie (Tribunale circondariale di Lublino Ovest) ha disposto due ingiunzioni di pagamento che non sono state contestate da TL e sono quindi divenute definitive prima di essere munite della formula esecutiva. Ciò ha consentito di avviare il procedimento di esecuzione forzata sul bene immobile di TL, condotto da un ufficiale giudiziario sotto il controllo del Sąd Rejonowy dla Warszawy-Śródmieścia w Warszawie (Tribunale circondariale di Varsavia centro, Polonia), giudice del rinvio.

18      Nell’ambito di tale procedimento di esecuzione forzata, il giudice del rinvio è stato quindi il primo giudice nazionale dinanzi al quale sono stati presentati i contratti di credito di cui trattasi nel procedimento principale.

19      Dopo l’esame del contenuto di tali contratti di credito, il giudice del rinvio ha espresso dubbi riguardo alla validità di detti contratti, tenuto conto del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali di conversione contenute nei suddetti contratti di credito, senza le quali questi ultimi non possono essere eseguiti e devono essere considerati nulli.

20      Il giudice del rinvio ritiene che il procedimento principale sollevi la questione dell’esame d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole dei contratti stipulati con consumatori sui cui fondamento è avviato un procedimento di esecuzione forzata, vale a dire una questione analoga a quella sollevata nell’ambito delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395), e del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394).

21      Tale giudice rileva che TL non ha proposto opposizione avverso le ingiunzioni di pagamento di cui al punto 17 della presente sentenza e, pertanto, non dispone più di alcun rimedio giuridico che gli consenta, in pratica, di contestare le obbligazioni che derivano da dette ingiunzioni di pagamento. Da un lato, un’azione di opposizione diretta contro un titolo esecutivo costituito da una decisione giudiziaria non può validamente consentire, ai sensi dell’articolo 840, paragrafo 1, punto 1, del codice di procedura civile, di contestare la fondatezza dell’obbligazione oggetto di tale titolo. Dall’altro lato, la proposizione da parte di un debitore di un’azione diretta a far dichiarare la nullità di un contratto o ad accertare l’inopponibilità delle clausole abusive di tale contratto non modificherebbe in alcun modo, in pratica, la sua situazione, dal momento che una siffatta azione non può comportare, in forza dell’articolo 189 del codice di procedura civile, l’annullamento di un’ingiunzione di pagamento definitiva. Infatti, in forza dell’articolo 365, paragrafo 1, del codice di procedura civile, una sentenza definitiva, compresa una sentenza che dispone un’ingiunzione di pagamento nell’ambito di un procedimento di ingiunzione di pagamento elettronico, è vincolante per tutti gli organi giurisdizionali.

22      Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio sia tenuto, in forza del diritto dell’Unione, ad esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute nei contratti di credito di cui trattasi, esso si chiede se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché i principi di effettività, di proporzionalità e di certezza del diritto debbano essere interpretati nel senso che essi consentono di estendere, in particolare qualora il consumatore interessato non si avvalga dei suoi diritti derivanti da tale direttiva, gli effetti dell’iscrizione di una clausola contrattuale nel registro nazionale delle clausole di condizioni generali dichiarate illecite (in prosieguo: il «registro nazionale delle clausole illecite») a un professionista che non sia stato parte del procedimento che ha condotto a tale iscrizione.

23      Un confronto tra il contenuto delle clausole contrattuali di cui trattasi nel procedimento principale e quello delle clausole contrattuali di banche diverse dalla Getin Noble Bank che sono iscritte nel registro nazionale delle clausole illecite consente di concludere che esistono significative somiglianze tra tali clausole, di modo che esse hanno una portata equivalente e producono le stesse conseguenze per i consumatori.

24      Il giudice del rinvio ritiene che, secondo la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 21 dicembre 2016, Biuro podróży «Partner» (C‑119/15, EU:C:2016:987), nulla osti a che gli effetti dell’iscrizione di una determinata clausola contrattuale nel registro nazionale delle clausole illecite siano applicabili, da un lato, a tutti i professionisti che applicano tale clausola contrattuale, e non soltanto al professionista che è stato parte del procedimento diretto a far accertare il carattere abusivo di detta clausola e ad iscrivere quest’ultima in tale registro, e, dall’altro, a qualsiasi clausola sostanzialmente identica alla stessa clausola, senza necessariamente esserlo dal punto di vista della sua formulazione. Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla questione se una siffatta interpretazione del diritto dell’Unione si applichi ai procedimenti in cui una delle parti è un consumatore che ha stipulato un contratto con il professionista interessato e non già soltanto ai procedimenti amministrativi intesi a sanzionare i professionisti che utilizzano clausole iscritte nel registro nazionale delle clausole illecite, come avveniva nella causa che ha dato luogo a tale sentenza.

25      Il giudice del rinvio rileva che, per contro, il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) ha pronunciato, il 20 novembre 2015, la risoluzione III CZP 175/15, secondo la quale un’iscrizione nel registro nazionale delle clausole illecite non produce effetti nei confronti di professionisti diversi da quello interessato dal procedimento per l’iscrizione in tale registro, al fine di rispettare il diritto di essere ascoltati di tali altri professionisti.

26      In tali circostanze, il Sąd Rejonowy dla Warszawy-Śródmieścia w Warszawie (Tribunale circondariale di Varsavia centro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] e i principi della certezza del diritto, dell’irrevocabilità delle decisioni giudiziarie passate in giudicato, dell’effettività e della proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni nazionali che prevedono che il giudice nazionale non può controllare d’ufficio le clausole abusive contenute in un contratto e trarne le conseguenze, allorché esercita il controllo su un procedimento esecutivo condotto da un ufficiale giudiziario sulla base di un decreto ingiuntivo passato in giudicato e munito della formula esecutiva, emesso nell’ambito di un procedimento in cui non vengono assunte prove.

2)      Se l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 8 della direttiva [93/13], l’articolo 47 della [Carta] e i principi della certezza del diritto, dell’effettività, della proporzionalità e il diritto al contradittorio davanti a un autorità giudiziaria, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione giurisprudenziale di disposizioni nazionali in base alla quale l’iscrizione di una clausola contrattuale abusiva nel [registro nazionale delle clausole illecite] comporta il riconoscimento di tale clausola come abusiva in qualsiasi procedimento che coinvolga un consumatore e in particolare anche:

–        nei confronti di un professionista diverso da quello contro il quale è stato instaurato il procedimento per l’iscrizione della clausola contrattuale abusiva nel [registro nazionale delle clausole illecite],

–        in relazione a una clausola il cui tenore non è identico, ma che ha lo stesso significato e produce lo stesso effetto nei confronti del consumatore».

 Procedimento dinanzi alla Corte

27      Nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha chiesto che il rinvio pregiudiziale all’origine della presente sentenza fosse sottoposto all’applicazione del procedimento accelerato previsto all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda di applicazione di un procedimento accelerato, il giudice del rinvio ha fatto valere che l’ufficiale giudiziario incaricato del procedimento di esecuzione forzata di cui trattasi nel procedimento principale aveva sequestrato il bene immobile oggetto di tale procedimento e che, a seguito della presentazione di domande da parte dei creditori, doveva essere effettuata una vendita all’asta di tale bene immobile, vendita all’asta la quale può comportare che, da un lato, TL sia spossessato di detto bene immobile e, dall’altro, i creditori ricevano somme loro non dovute. Orbene, sebbene TL possa, se del caso, far valere successivamente i propri diritti mediante un ricorso per risarcimento danni, ciò non gli garantirebbe la piena tutela dei suoi diritti.

28      L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.

29      Occorre ricordare che un siffatto procedimento accelerato costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza straordinaria (sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

30      Nel caso di specie, il presidente della Corte ha deciso, il 15 settembre 2022, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, che non occorreva accogliere la domanda di cui al punto 27 della presente sentenza.

31      Infatti, da un lato, la mera circostanza che il procedimento principale costituisca un procedimento di esecuzione forzata che necessita di una soluzione rapida non può dimostrare, di per sé, l’urgenza richiesta dall’articolo 105 del regolamento di procedura (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 5 ottobre 2018, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2018:825, punto 12).

32      Dall’altro lato, è vero che il presidente della Corte ha preso in considerazione, nell’ambito di una causa in cui i ricorrenti nel procedimento principale avevano proposto opposizione a un’esecuzione ipotecaria riguardante il loro bene immobile, il fatto che, tenuto conto delle modalità del procedimento civile nazionale interessato, la prosecuzione del procedimento di esecuzione forzata li esponeva al rischio di perdere la loro abitazione principale. Esso ha quindi accolto la domanda di applicazione di un procedimento accelerato, rilevando che, in una situazione del genere, il diritto nazionale interessato forniva al debitore leso soltanto una tutela meramente risarcitoria e non consentiva il ripristino della situazione anteriore nella quale egli aveva la qualità di proprietario della sua abitazione (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 5 ottobre 2018, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2018:825, punto 13).

33      Tuttavia, nel caso di specie, non risulta in alcun modo dalla domanda di applicazione di un procedimento accelerato né dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che TL corra fin da ora un rischio imminente di perdere la sua abitazione principale nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata di cui trattasi nel procedimento principale. Infatti, il giudice del rinvio non ha indicato alla Corte che il bene immobile di cui trattasi nel procedimento principale sia l’abitazione principale di TL, atteso che quest’ultimo sembra peraltro risiedere ad un indirizzo diverso da quello di tale bene immobile (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 5 ottobre 2018, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2018:825, punto 14).

 Sulla competenza della Corte e la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

34      In primo luogo, la Getin Noble Bank fa valere, in sostanza, che la Corte non è competente a statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto le questioni pregiudiziali sollevate vertono su un procedimento di esecuzione forzata nazionale, che non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

35      A tale riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), TUE e dall’articolo 267, primo comma, TFUE risulta che la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione o sulla validità degli atti compiuti dalle istituzioni dell’Unione.

36      Orbene, dalla formulazione stessa delle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio risulta che, contrariamente a quanto fatto valere dalla Getin Noble Bank, tali questioni vertono sull’interpretazione di disposizioni della direttiva 93/13 e della Carta nonché di principi generali del diritto dell’Unione, e non già sull’interpretazione di disposizioni del diritto polacco. La Corte è pertanto competente a statuire sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

37      In secondo luogo, la Getin Noble Bank sostiene, in sostanza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale è, in ogni caso, irricevibile.

38      Da un lato, infatti, il giudice del rinvio non è legittimato a statuire su una controversia tra le parti con una decisione che costituisca una «sentenza», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, e deve essere considerato un «organo amministrativo» quando interviene nell’ambito del controllo di un procedimento di esecuzione forzata. Dall’altro lato, le questioni pregiudiziali sollevate sarebbero imprecise, troppo generiche e di natura ipotetica. La prima questione non preciserebbe né la misura di controllo su cui verte né le modalità di applicazione delle eventuali risposte della Corte. Inoltre, le parti del procedimento di controllo non disporrebbero di alcuna base giuridica che consenta di ottenere una decisione nel merito. La seconda questione non terrebbe conto del fatto che, sebbene sia obbligatorio ottenere la posizione del consumatore interessato riguardo al mantenimento delle clausole che il giudice del rinvio considera abusive, quest’ultimo non sarebbe competente ad analizzare la volontà di tale consumatore al riguardo, il quale peraltro sarebbe stato inattivo nel caso di specie.

39      La Getin Noble Bank contesta quindi, in sostanza, che il giudice del rinvio disponga, in forza del diritto polacco, della competenza ad esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute nei contratti di credito di cui trattasi nel procedimento principale. Un tale argomento che adduce un elemento riguardante aspetti sostanziali non è affatto idoneo a rimettere in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2021, An tAire Talmhaíochta Bia agus Mara e a., C‑64/20, EU:C:2021:207, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata).

40      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, la Corte è competente a statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale e quest’ultima è ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

41      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che un giudice nazionale non possa procedere d’ufficio a un esame del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto stipulato con un consumatore e trarne le conseguenze in sede di controllo di un procedimento di esecuzione forzata fondato su una decisione che dispone un’ingiunzione di pagamento definitiva avente autorità di cosa giudicata.

42      Occorre ricordare, anzitutto, che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, la disuguaglianza che esiste tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale, e il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine [sentenza del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato), C‑335/21, EU:C:2022:720, punto 52].

43      Se è vero che la Corte ha precisato, sotto vari aspetti e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui un giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono da tale direttiva, resta nondimeno il fatto che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale e che queste ultime sono soggette, pertanto, all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri Ciò si verifica nel procedimento principale per quanto riguarda le norme processuali del diritto polacco che disciplinano il procedimento di esecuzione forzata le quali, in assenza di armonizzazione, sono soggette all’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato [v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato), C‑335/21, EU:C:2022:720, punto 53].

44      Tuttavia, in ossequio al principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, le modalità processuali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) [sentenza del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato), C‑335/21, EU:C:2022:720, punto 54].

45      Per quanto riguarda il principio di effettività, dalla giurisprudenza della Corte risulta che ogni caso in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’ambito del procedimento considerato, del suo svolgimento e delle sue peculiarità nel loro complesso, nonché, se del caso, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento. In tale prospettiva, la Corte ha ritenuto che il rispetto del principio dell’effettività non può supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato (sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 28).

46      Inoltre, la Corte ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, riaffermata all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva e sancita all’articolo 47 della Carta, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti (sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 29).

47      A tal proposito, la Corte ha dichiarato che, in assenza di un controllo efficace del carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito (sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 30).

48      Ne consegue che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, alle quali si riferisce l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, non possono pregiudicare la sostanza del diritto, spettante ai consumatori in forza di tale disposizione, di non essere vincolati da una clausola reputata abusiva (sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 31).

49      Il giudice del rinvio espone che ingiunzioni di pagamento, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, sono disposte, dopo essere state richieste dal creditore interessato nell’ambito di un procedimento di ingiunzione di pagamento elettronico, da giudici polacchi, senza che questi ultimi abbiano la possibilità giuridica e tecnica di consultare i contratti sul cui fondamento tali ingiunzioni sono emesse e, pertanto, di esaminare d’ufficio se tali contratti contengano clausole di carattere abusivo. Nel caso in cui dette ingiunzioni di pagamento non siano contestate dal debitore interessato entro un termine di due settimane dalle loro notifiche, esse sono munite della formula esecutiva e dell’autorità di cosa giudicata, il che comporta che il giudice sotto il cui controllo l’ufficiale giudiziario interessato conduce il procedimento di esecuzione forzata non è autorizzato ad effettuare tale esame d’ufficio.

50      Occorre ricordare, a tale riguardo, che una tutela effettiva dei diritti attribuiti al consumatore dalla direttiva 93/13 può essere garantita solo a condizione che il sistema processuale del diritto nazionale consenta, nell’ambito del procedimento di ingiunzione di pagamento o di quello del procedimento di esecuzione forzata, un esame d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole inserite nel contratto di cui trattasi (sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România, C‑725/19, EU:C:2022:396, punto 49).

51      La Corte ha ritenuto che, nell’ipotesi in cui non sia previsto alcun controllo d’ufficio, da parte di un giudice, del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute nel contratto in questione, una normativa nazionale deve essere considerata tale da compromettere l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13 qualora essa non preveda un tale controllo nella fase dell’emissione dell’ingiunzione di pagamento o, qualora un siffatto controllo sia previsto solo nella fase dell’opposizione proposta contro l’ingiunzione di pagamento di cui trattasi, se sussiste un rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proponga l’opposizione richiesta a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine o in considerazione delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato o, ancora, perché la normativa nazionale non prevede l’obbligo che gli siano trasmesse tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti (sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România, C‑725/19, EU:C:2022:396, punto 50).

52      Ne consegue, da un lato, che la normativa polacca che disciplina l’emissione di un’ingiunzione di pagamento e il procedimento di esecuzione forzata non sarebbe conforme al principio di effettività nell’ipotesi in cui non prevedesse alcun esame d’ufficio, da parte di un giudice, del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute nel contratto di cui trattasi.

53      Dall’altro lato, se il diritto polacco prevede un siffatto esame solo qualora il consumatore interessato contesti un’ingiunzione di pagamento, spetterà al giudice del rinvio valutare se sussista un rischio non trascurabile che tale consumatore non proponga l’opposizione richiesta o a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine, o in considerazione delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato, o perché tale diritto non prevede l’obbligo che siano trasmesse a detto consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti.

54      Per quanto riguarda il termine di due settimane per proporre una siffatta opposizione previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, la Corte ha dichiarato che un siffatto termine genera il rischio di cui al punto precedente (v., in tal senso, ordinanza del 6 novembre 2019, BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti e Secapital, C‑75/19, EU:C:2019:950, punti 31 e 33).

55      Anche qualora una parte non fosse obbligata a motivare la sua opposizione all’ingiunzione di pagamento in forza del diritto polacco, come fatto valere dalla Getin Noble Bank, tale termine di due settimane apparirebbe tuttavia particolarmente breve affinché il consumatore interessato possa valutare le conseguenze giuridiche della sua decisione di opporsi o meno a tale ingiunzione.

56      Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio ritenesse che sussista un rischio non trascurabile che un’opposizione alle ingiunzioni di pagamento di cui trattasi nel procedimento principale non sia proposta a causa delle circostanze di cui al punto 53 della presente sentenza, occorre ricordare, per quanto riguarda il fatto che tali ingiunzioni hanno autorità di cosa giudicata, che, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per l’esperimento di tali mezzi di ricorso non possano più essere rimesse in discussione (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 32).

57      Peraltro, la tutela del consumatore interessato non è assoluta. In particolare, il diritto dell’Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una decisione, anche qualora ciò consenta di porre rimedio ad una violazione di una disposizione, di qualsiasi natura essa sia, contenuta nella direttiva 93/13, fatto salvo, tuttavia, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 44 della presente sentenza, il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 33).

58      In una situazione in cui un esame d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali si considerava avvenuto e coperto dall’autorità di cosa giudicata, senza tuttavia che tale esame fosse stato motivato, la Corte ha dichiarato che l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell’esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto poste a fondamento di un’ingiunzione di pagamento disposta da un giudice su domanda di un creditore e contro la quale il debitore non ha proposto opposizione (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a., C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395, punti 65 e 66).

59      Lo stesso vale a fortiori quando non si considera avvenuto alcun esame d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali contenute nel contratto di cui trattasi, come sembra verificarsi nel caso di specie.

60      Il fatto che TL sia stato passivo nel corso dei procedimenti condotti dinanzi ai giudici polacchi non esonera il giudice del rinvio dall’obbligo ad esso incombente di effettuare tale esame d’ufficio qualora quest’ultimo dimostri che TL non ha proposto opposizione alle ingiunzioni di pagamento di cui trattasi nel procedimento principale a causa delle circostanze di cui al punto 53 della presente sentenza, poiché tale opposizione è stata l’unico strumento processuale di cui TL disponeva per contestare il carattere abusivo delle clausole dei contratti di cui trattasi nel procedimento principale.

61      Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che un giudice nazionale non possa procedere d’ufficio a un esame del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto e trarne le conseguenze, in sede di controllo di un procedimento di esecuzione forzata fondato su una decisione che dispone un’ingiunzione di pagamento avente autorità di cosa giudicata:

–        se tale normativa non prevede un simile esame nella fase dell’emissione dell’ingiunzione di pagamento, o

–        qualora un simile esame sia previsto unicamente nella fase dell’opposizione proposta avverso l’ingiunzione di pagamento di cui trattasi, se sussista un rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proponga l’opposizione richiesta o a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine, o in considerazione delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato, o perché la normativa nazionale non prevede l’obbligo che siano trasmesse a tale consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti.

 Sulla seconda questione

62      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 8 della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale l’iscrizione di una clausola di un contratto nel registro nazionale delle clausole illecite ha per effetto che tale clausola sia considerata abusiva in qualsiasi procedimento che coinvolga un consumatore, ivi compreso nei confronti di un professionista diverso da quello contro il quale era stato avviato il procedimento per l’iscrizione di detta clausola in tale registro nazionale e qualora la clausola di cui trattasi non presenti una formulazione identica a quella della clausola che è stata registrata, ma abbia la stessa portata e produca gli stessi effetti per il consumatore interessato.

63      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il livello di informazione [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 34].

64      Pertanto, innanzitutto, in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore interessato, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti da tale contratto, mentre, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva, una siffatta clausola abusiva non vincola il consumatore. Quest’ultima disposizione mira a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

65      Inoltre, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico costituito dalla tutela dei consumatori che si trovano in una siffatta posizione d’inferiorità, l’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, impone agli Stati membri l’obbligo di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’uso delle clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 36].

66      Come risulta dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13, detti mezzi comprendono la possibilità per persone o organizzazioni che abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori di adire le autorità giudiziarie perché queste accertino se clausole redatte per un uso generalizzato presentino un carattere abusivo e, eventualmente, ne vietino l’utilizzo [v. sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 37].

67      Tuttavia, poiché la controversia principale non riguarda siffatte persone e organizzazioni, non occorre rispondere alla seconda questione alla luce dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13.

68      Infine, secondo il dodicesimo considerando di tale direttiva, quest’ultima procede solo ad un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive, lasciando agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del Trattato FUE, un più elevato livello di protezione per i consumatori interessati mediante disposizioni nazionali più severe di quelle contenute in detta direttiva. Inoltre, ai sensi dell’articolo 8 della medesima direttiva, gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla direttiva stessa, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per tale consumatore [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

69      Orbene, per quanto riguarda il registro nazionale delle clausole illecite, la Corte ha dichiarato che un meccanismo, come tale registro, che consiste nello stabilire un elenco di clausole che devono essere considerate abusive, rientra nelle disposizioni più severe che gli Stati membri possono adottare o mantenere ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13 e che tale registro risponde, in linea di principio, all’interesse della tutela dei consumatori [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

70      Poiché l’istituzione di un siffatto registro non è richiesta dalla direttiva 93/13, la scelta dei mezzi impiegati per raggiungere gli obiettivi specifici di quest’ultimo, e, quindi, la determinazione degli effetti giuridici che un’iscrizione in tale registro di clausole dichiarate abusive può produrre, rientrano nelle competenze degli Stati membri.

71      Purché il registro nazionale delle clausole illecite sia gestito in modo trasparente, nell’interesse non solo dei consumatori, ma anche dei professionisti, e sia aggiornato, nel rispetto del principio della certezza del diritto, l’istituzione di tale registro è compatibile con il diritto dell’Unione [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].

72      Peraltro, l’applicazione del meccanismo del registro delle clausole illecite presuppone una valutazione, da parte del giudice nazionale competente, dell’equivalenza della clausola contrattuale contestata a una clausola di condizioni generali giudicata illecita e figurante in tale registro, fermo restando che il professionista interessato ha la possibilità di contestare tale equivalenza dinanzi a un giudice nazionale, al fine di determinare se, tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti specifiche di ciascun caso di specie, tale clausola contrattuale sia sostanzialmente identica, segnatamente quanto agli effetti da essa prodotti, a quella annotata in tale registro [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 44 e giurisprudenza ivi citata]. Un siffatto regime nazionale non viola quindi i diritti della difesa del professionista interessato (v., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2016, Biuro podróży «Partner», C‑119/15, EU:C:2016:987, punto 43).

73      Inoltre, sebbene, conformemente all’articolo 8 della direttiva 93/13, gli Stati membri restino liberi di prevedere, nel loro diritto interno, un esame d’ufficio più esteso di quello che i loro giudici devono effettuare in forza di tale direttiva, o addirittura procedure semplificate di valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice nazionale resta tuttavia tenuto, di norma, ad informare le parti della controversia di tale valutazione e a invitarle a discuterne in contraddittorio secondo le forme previste dalle norme processuali nazionali [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 45].

74      Il giudice del rinvio rileva che il diritto polacco può essere interpretato nel senso che l’iscrizione di una clausola contrattuale nel registro nazionale delle clausole illecite ha per effetto che tale clausola debba essere considerata abusiva in qualsiasi procedimento che coinvolga un consumatore, ivi compreso nei confronti di un professionista diverso da quello contro il quale era stato avviato il procedimento per l’iscrizione di detta clausola in tale registro nazionale e qualora la clausola di cui trattasi non presenti una formulazione identica a quella della clausola che è stata registrata, ma abbia la stessa portata e produca gli stessi effetti per il consumatore interessato.

75      A tale proposito, va ricordato che la constatazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale controversa sulla base di un confronto del contenuto di quest’ultima con quello di una clausola iscritta nel registro nazionale delle clausole illecite può contribuire rapidamente a che le clausole abusive utilizzate in un gran numero di contratti cessino di produrre effetti nei confronti dei consumatori parti di tali contratti [sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C‑139/22, EU:C:2023:692, punto 41].

76      Inoltre, in una causa relativa a un procedimento amministrativo avviato nei confronti di un professionista, la Corte ha dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7 della direttiva 93/13, in combinato disposto con gli articoli 1 e 2 della direttiva n. 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GU 2009, L 110, pag. 30), nonché alla luce dell’articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che l’utilizzo di clausole di condizioni generali, il cui contenuto è equivalente a quello di clausole dichiarate illecite da una decisione giurisdizionale definitiva e annotate nel registro nazionale delle clausole illecite, sia considerato con riferimento a un professionista che non è stato parte del procedimento che ha condotto all’annotazione di tali clausole nel suddetto registro, un comportamento illecito (sentenza del 21 dicembre 2016, Biuro podróży «Partner», C‑119/15, EU:C:2016:987 punto 47).

77      Lo stesso vale a fortiori nel caso di una controversia tra professionisti e un consumatore, come quella di cui al procedimento principale, nell’ambito della quale i termini di una clausola contrattuale eventualmente abusiva dovrebbero essere eseguiti.

78      Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 8 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale l’iscrizione di una clausola di un contratto nel registro nazionale delle clausole illecite ha per effetto che tale clausola sia considerata abusiva in qualsiasi procedimento che coinvolga un consumatore, ivi compreso nei confronti di un professionista diverso da quello contro il quale era stato avviato il procedimento per l’iscrizione di detta clausola in tale registro nazionale e qualora la stessa clausola non presenti una formulazione identica a quella registrata, ma abbia la stessa portata e produca gli stessi effetti sul consumatore interessato.

 Sulle spese

79      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

devono essere interpretati nel senso che:

essi ostano a una normativa nazionale che prevede che un giudice nazionale non possa procedere d’ufficio a un esame del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto e trarne le conseguenze, in sede di controllo di un procedimento di esecuzione forzata fondato su una decisione che dispone un’ingiunzione di pagamento avente autorità di cosa giudicata:

–        se tale normativa non prevede un simile esame nella fase dell’emissione dell’ingiunzione di pagamento, o

–        qualora un simile esame sia previsto unicamente nella fase dell’opposizione proposta avverso l’ingiunzione di pagamento di cui trattasi, se sussista un rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proponga l’opposizione richiesta o a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine, o in considerazione delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato, o perché la normativa nazionale non prevede l’obbligo che siano trasmesse a tale consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti.

2)      L’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 8 della direttiva 93/13,

devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale l’iscrizione di una clausola di un contratto nel registro nazionale delle clausole illecite ha per effetto che tale clausola sia considerata abusiva in qualsiasi procedimento che coinvolga un consumatore, ivi compreso nei confronti di un professionista diverso da quello contro il quale era stato avviato il procedimento per l’iscrizione di detta clausola in tale registro nazionale e qualora la stessa clausola non presenti una formulazione identica a quella registrata, ma abbia la stessa portata e produca gli stessi effetti sul consumatore interessato.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.