Language of document : ECLI:EU:C:2015:754

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 12 novembre 2015 (1)

Cause riunite C‑191/14 e C‑192/14

Borealis Polyolefine GmbH e OMV Refining & Marketing GmbH

contro

Bundesminister für Land-, und Forstwirtschaft, Umwelt und Wasserwirtschaft

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesverwaltungsgericht Niederösterreich (Austria)]

causa C‑295/14

DOW Benelux BV e altri

contro

Staatssecretaris van Infrastructuur en Milieu

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi)]

nonché

cause riunite C‑389/14, da C‑391/14 a C‑393/14

Esso Italiana srl e altri

contro

Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto nella gestione delle attività di progetto del protocollo di Kyoto,

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

Presidenza del Consiglio dei Ministri

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia)]

«Diritto dell’ambiente – Sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra – Metodo di assegnazione delle quote di emissioni – Assegnazioni di quote di emissioni a titolo gratuito – Fattore di correzione transettoriale uniforme – Calcolo – Gas di scarico – Cogenerazione – Attività incluse ex novo a partire dal 2008 e dal 2013 – Motivazione – Comitatologia – Proprietà – Incidenza individuale – Limitazione degli effetti di un annullamento»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Direttiva 2003/87

B – Decisione 2011/278

C – Decisione 2013/448

III – Procedimenti nazionali e domande di pronuncia pregiudiziale

A – Le questioni sollevate nelle cause C‑191/14 e C‑192/14 (Borealis Polyolefine)

B – Le questioni sollevate nella causa C‑295/14 (DOW Benelux)

C – Le questioni sollevate nelle cause C‑389/14, C‑391/14, C‑392/14 e C‑393/14 (Esso Italiana)

D – Procedimenti dinanzi alla Corte

IV – Analisi

A – Sulla qualificazione giuridica del fattore di correzione

1. Il fabbisogno riconosciuto degli impianti industriali calcolato dagli Stati membri

2. Il massimale per l’industria calcolato dalla Commissione

a) L’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2003/87

b) L’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87

3. Il fattore di correzione determinato

4. Sugli obiettivi della direttiva 2003/87 rispetto al fattore di correzione

B – Sulla considerazione della produzione di elettricità da gas di scarico e dell’impiego industriale del calore ricavato da centrali di cogenerazione ad alto rendimento

1. Sulla produzione di elettricità da gas di scarico

2. Sugli impianti di cogenerazione

C – Sui dati relativi ai settori inclusi ex novo a partire dal 2008 o dal 2013 presi in considerazione ai fini del massimale per l’industria

1. Sulle disposizioni di attuazione

2. Sulla qualità dei dati

a) Sull’ampliamento a partire dal 2013

i) Sulla non considerazione delle nuove attività nei dati di taluni Stati membri

ii) Sulla considerazione delle nuove attività nei dati di altri Stati membri

b) Sull’ampliamento a partire dal 2008

D – Sulla motivazione della determinazione del fattore di correzione

1. Sulla necessaria motivazione della determinazione del fattore di correzione nella decisione 2013/448

2. Sui dati utilizzati dalla Commissione

3. Sul documento esplicativo della direzione generale «Azione per il clima»

4. Sulla necessità di un’estrapolazione

5. Conclusione sulla motivazione della determinazione del fattore di correzione

E – Sul diritto fondamentale di proprietà (sesta questione delle cause Borealis Polyolefine e seconda questione delle cause Esso Italiana)

F – Sulla procedura di adozione della decisione 2013/448

G – Sulla possibilità di adire direttamente i giudici dell’Unione

H – Sulle conseguenze dell’illegittimità della decisione 2013/448

V – Conclusione

Introduzione

1.        Il sistema di scambio di diritti di emissione ai sensi della direttiva 2003/87 (2) prevede ancora, in via transitoria, l’assegnazione a titolo gratuito, a molti impianti industriali, di diritti di emissione dei gas a effetto serra, le cosiddette quote di emissioni. La direttiva contiene tuttavia un’articolata disciplina che, sulla base di una valutazione complessiva delle emissioni storiche e del fabbisogno riconosciuto degli impianti, limita mediante un fattore di correzione il quantitativo di quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito.

2.        Nelle presenti conclusioni procedo ad analizzare domande di pronuncia pregiudiziale, provenienti da Austria, Paesi Bassi e Italia, vertenti sulla determinazione di detto fattore di correzione. Esse si fondano su ricorsi proposti da imprese che contestano taluni aspetti del calcolo del fattore di correzione in parola al fine di ottenere, in definitiva, un quantitativo maggiore di diritti di emissione a titolo gratuito. Con il medesimo obiettivo pendono dinanzi alla Corte, oltre ai procedimenti in esame, altre domande di pronuncia pregiudiziale provenienti da Italia, Finlandia, Svezia, Spagna e Germania, che sollevano questioni prevalentemente simili (3).

3.        La questione centrale dei procedimenti in esame consiste nello stabilire se la Commissione, nel calcolare il fattore di correzione, abbia correttamente considerato determinate attività. Si tratta, in particolare, dell’impiego come carburante dei cosiddetti gas di scarico, dell’utilizzo del calore ricavato dalla cogenerazione e di attività industriali che ricadono nel sistema previsto dalla direttiva 2003/87 solo a partire dal 2008 o dal 2013. Le suddette imprese chiedono, inoltre, di avere pieno accesso a tutti i dati che la Commissione ha utilizzato nell’eseguire il calcolo, per verificare se sussistano ulteriori motivi per contestarlo.

4.        Occorre, inoltre, chiarire se la Commissione abbia legittimamente rinunciato ad applicare una determinata procedura della cosiddetta «comitatologia», se sia stato leso il diritto fondamentale delle imprese alla proprietà, se le imprese avrebbero dovuto agire direttamente dinanzi ai giudici dell’Unione anziché dinanzi ai giudici nazionali, e quali conseguenze avrebbe un accoglimento totale o parziale delle loro censure.

I –    Contesto normativo

A –    Direttiva 2003/87

5.        I procedimenti riguardano decisioni adottate dalla Commissione sulla base della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità. Le disposizioni specificamente rilevanti sono state inserite nella suddetta direttiva per lo più con la direttiva di modifica 2009/29 (4).

6.        Tra le definizioni contenute nell’articolo 3 della direttiva 2003/87 occorre ricordare le due che seguono:

«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

e)      “impianto”, un’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e altre attività direttamente associate che hanno un collegamento tecnico con le attività svolte in tale sito e che potrebbero incidere sulle emissioni e sull’inquinamento;

(…)

u)      “impianto di produzione di elettricità”, un impianto che, al 1° gennaio 2005 o successivamente, ha prodotto elettricità ai fini della vendita a terzi e nel quale non si effettua alcuna attività elencata all’allegato I diversa dalla “combustione di carburanti”».

7.        L’articolo 9 della direttiva 2003/87 disciplina il quantitativo di diritti di emissione disponibili e la loro riduzione annuale:

«Il quantitativo comunitario di quote rilasciate ogni anno a decorrere dal 2013 diminuisce in maniera lineare a partire dall’anno intermedio del periodo dal 2008 al 2012. Il quantitativo diminuisce di un fattore lineare pari all’1,74% rispetto al quantitativo medio annuo totale di quote rilasciate dagli Stati membri conformemente alle decisioni della Commissione sui loro piani nazionali di assegnazione per il periodo dal 2008 al 2012. Il quantitativo comunitario di quote sarà aumentato a seguito dell’adesione della Croazia solo del quantitativo di quote messe all’asta dalla Croazia a norma dell’articolo 10, paragrafo 1.

La Commissione pubblica, entro il 30 giugno 2010, il quantitativo comunitario assoluto di quote per il 2013, basato sulle quote totali che sono state o saranno rilasciate dagli Stati membri conformemente alle decisioni della Commissione sui loro piani nazionali di assegnazione per il periodo dal 2008 al 2012.

(…)».

8.        L’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva disciplina come vadano stabilite, ai fini dell’assegnazione dei diritti di emissione, le emissioni di impianti inseriti ex novo nel sistema a partire dal 2013:

«Per gli impianti che esercitano le attività di cui all’allegato I e che sono inseriti nel sistema comunitario solo a partire dal 2013, gli Stati membri assicurano che i gestori di tali impianti presentino all’autorità competente responsabile i dati sulle emissioni debitamente giustificati e verificati in maniera indipendente affinché queste possano essere prese in considerazione ai fini dell’adeguamento del quantitativo comunitario di quote da rilasciare.

Tali dati devono essere presentati, entro il 30 aprile 2010, all’autorità competente responsabile secondo le disposizioni adottate ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1.

Se i dati trasmessi sono debitamente suffragati, l’autorità competente ne informa la Commissione entro il 30 giugno 2010 e il quantitativo di quote da rilasciare, corretto secondo il fattore lineare di cui all’articolo 9, è adeguato di conseguenza. Nel caso degli impianti che emettano gas a effetto serra diversi da CO2, l’autorità competente può notificare un quantitativo inferiore di emissioni in base al potenziale di riduzione delle emissioni di tali impianti».

9.        L’articolo 10 bis, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2003/87 disciplina la determinazione di cosiddetti «parametri di riferimento» per le diverse attività:

«1.      Entro il 31 dicembre 2010 la Commissione adotta misure di attuazione comunitarie interamente armonizzate per l’assegnazione delle quote di cui ai paragrafi (...) 4, 5, 7 e 12, incluse le disposizioni necessarie per un’applicazione armonizzata del paragrafo 19.

Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 23, paragrafo 3.

Le misure citate al primo comma definiscono, ove possibile, parametri di riferimento comunitari ex ante per garantire che l’assegnazione avvenga in modo da incentivare riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra e tecniche efficienti sotto il profilo energetico, tenendo conto delle tecniche, dei prodotti sostitutivi e dei processi di produzione alternativi, della cogenerazione ad alto rendimento, del recupero energetico efficiente dei gas di scarico, della possibilità di utilizzare la biomassa e della cattura e dello stoccaggio di CO2, ove tali tecniche siano disponibili, e in modo da non incentivare l’incremento delle emissioni. Non vengono assegnate quote gratuite agli impianti di produzione di elettricità fatta eccezione per i casi di cui all’articolo 10 quater e per l’elettricità prodotta a partire da gas di scarico.

(…)

2.      Nel definire i principi per la determinazione dei parametri di riferimento ex ante per i singoli settori o sottosettori, il punto di partenza è il livello medio delle prestazioni del 10% degli impianti più efficienti di un settore o sottosettore della Comunità nel periodo 2007‑2008. (…)».

10.      L’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 esclude, in particolare, l’assegnazione a titolo gratuito di quote di emissioni per la produzione di elettricità:

«Fatti salvi i paragrafi 4 e 8 e a prescindere dall’articolo 10 quater, gli impianti di produzione di elettricità, gli impianti deputati alla cattura di CO2, le condutture per il trasporto di CO2 o i siti di stoccaggio di CO2 non beneficiano dell’assegnazione gratuita di quote».

11.      L’articolo 10 bis, paragrafo 4, della direttiva 2003/87 contiene tuttavia disposizioni specifiche per la cogenerazione:

«Sono assegnate quote a titolo gratuito al teleriscaldamento e alla cogenerazione ad alto rendimento (…) in caso di domanda economicamente giustificabile, rispetto alla generazione di energia termica o frigorifera. Per ogni anno successivo al 2013 le quote totali assegnate a tali impianti per la produzione di calore sono adeguate applicando il fattore lineare di cui all’articolo 9».

12.      L’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 verte sulla determinazione di un fattore di correzione per l’assegnazione di quote di emissioni:

«Il quantitativo massimo annuo di quote utilizzato come base per calcolare le quote da assegnare agli impianti che non sono contemplati dal paragrafo 3 e che non sono nuovi entranti non dev[e] superare la somma:

a)      del quantitativo comunitario totale annuo di quote, determinato ai sensi dell’articolo 9, moltiplicato per la percentuale di emissioni generate da impianti non contemplati dal paragrafo 3 rispetto al totale delle emissioni medie verificate nel periodo dal 2005 al 2007, prodotte da impianti rientranti nel sistema comunitario nel periodo dal 2008 al 2012; e

b)      del totale delle emissioni medie annue verificate prodotte nel periodo dal 2005 al 2007 da impianti inclusi nel sistema comunitario soltanto a partire dal 2013 e non contemplati dal paragrafo 3, adeguato applicando il fattore lineare di cui all’articolo 9.

Ove necessario si applica un fattore di correzione transettoriale uniforme».

B –    Decisione 2011/278

13.      L’articolo 10 della decisione 2011/278 (5) disciplina l’assegnazione a titolo gratuito di quote di emissioni. A norma del paragrafo 2, gli Stati membri, sulla base delle emissioni storiche e dei parametri di riferimento di prodotto precedentemente individuati dalla Commissione, determinano in primis un numero provvisorio di quote di emissioni da assegnare ai singoli impianti industriali. I risultati sono comunicati dalla Commissione a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera e).

14.      Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278, la Commissione calcola, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri, il fattore di correzione a norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87:

«Non appena ricevuto l’elenco di cui al paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione esamina l’inclusione di ogni impianto nell’elenco, nonché i quantitativi annui totali provvisori corrispondenti di quote di emissioni assegnate a titolo gratuito.

Dopo la notifica da parte di tutti gli Stati membri dei quantitativi annui totali preliminari di quote di emissioni assegnate a titolo gratuito nel periodo 2013‑2020, la Commissione determina il fattore di correzione transettoriale uniforme di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87/CE. Questo fattore è stabilito confrontando la somma dei quantitativi annui totali preliminari delle quote di emissioni gratuite assegnate ad impianti che non sono produttori di elettricità ogni anno nel periodo 2013‑2020 senza applicare i fattori di cui all’allegato VI al quantitativo annuo di quote calcolato a norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87/CE, per gli impianti che non sono produttori di elettricità né nuovi entranti, tenendo conto della parte pertinente del quantitativo annuo totale per l’insieme dell’Unione, stabilita ai sensi dell’articolo 9 di tale direttiva, e la quantità di emissioni che sono integrate nel sistema di scambio dell’Unione solo a partire dal 2013».

15.      Moltiplicando per il fattore di correzione il quantitativo, calcolato in via preliminare, delle quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito a ciascun impianto industriale, si ottiene, in base all’articolo 10, paragrafo 9, della decisione 2011/278, il rispettivo quantitativo annuo totale finale.

16.      Riguardo alla considerazione della cogenerazione ai fini dei parametri di riferimento, assume particolare rilievo il punto 21 della decisione 2011/278:

«Quando due o più impianti si scambiano calore misurabile, occorre che l’assegnazione di quote di emissioni a titolo gratuito si basi sul consumo di calore di un impianto e tenga conto del rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Pertanto per garantire che il numero di quote di emissioni gratuite da assegnare sia indipendente dalla struttura di approvvigionamento di calore, le quote di emissioni devono essere assegnate al consumatore di calore».

17.      La considerazione dei gas di scarico nella determinazione dei parametri di riferimento di prodotto è illustrata nel punto 32 della decisione 2011/278:

«È opportuno inoltre che i parametri di riferimento di prodotto tengano conto del recupero energetico efficiente dei gas di scarico e delle emissioni legate al loro utilizzo. A tal fine, per la determinazione dei valori del parametro di riferimento per i prodotti la cui produzione genera gas di scarico, si è tenuto conto in ampia misura del tenore di carbonio di questi gas. Quando i gas di scarico sono esportati dal processo di produzione al di fuori dei limiti del sistema del parametro di riferimento pertinente e bruciati per la produzione di calore al di fuori dei limiti del sistema di un prodotto per il quale è stato stabilito un parametro di riferimento ai sensi dell’allegato I, occorre tenere conto delle emissioni connesse assegnando quote di emissioni aggiuntive sulla base del parametro di riferimento relativo al calore o ai combustibili. Alla luce del principio generale secondo il quale nessuna quota di emissioni deve essere assegnata a titolo gratuito per la produzione di elettricità al fine di evitare indebite distorsioni della concorrenza sui mercati dell’elettricità fornita agli impianti industriali e tenuto conto del prezzo del carbonio insito nell’elettricità, è opportuno che, quando dei gas di scarico sono esportati dal processo di produzione al [di] fuori dei limiti del sistema del parametro di riferimento di prodotto pertinente e bruciati per la produzione di elettricità, nessuna quota supplementare sia assegnata al di là della quota di tenore di carbonio dei gas di scarico di cui si è tenuto conto nel parametro di riferimento pertinente».

C –    Decisione 2013/448

18.      L’articolo 4 della decisione 2013/448 (6) riguarda il fattore di correzione per gli anni dal 2013 al 2020:

«Il fattore di correzione transettoriale uniforme di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87/CE, stabilito ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278/UE, è riportato all’allegato II della presente decisione».

19.      In base all’allegato II della decisione 2013/448, il fattore di correzione era pari, per il 2013, al 94,272151%. Negli anni successivi, tale percentuale si riduce sino ad arrivare all’82,438204% per il 2020.

20.      Nel punto 25 la Commissione spiega come è pervenuta ai suddetti valori:

«Il limite stabilito dall’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87/CE è pari a 809 315 756 quote per il 2013. Per determinare questo limite, la Commissione ha raccolto dagli Stati membri e dai paesi SEE‑EFTA informazioni per stabilire se gli impianti sono impianti di produzione di elettricità o altri impianti disciplinati dall’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87/CE. Successivamente ha stabilito la quota di emissioni per il periodo 2005‑2007 provenienti dagli impianti non disciplinati da questa disposizione, ma inclusi nel sistema ETS dell’UE [sistema di scambio delle quote di emissioni dell’Unione] nel periodo 2008‑2012. La Commissione ha applicato questa quota di 34,78289436% alla quantità determinata sulla base dell’articolo 9 della direttiva 2003/87/CE (1 976 784 044 quote). Al risultato di questo calcolo, la Commissione ha aggiunto 121 733 050 quote, sulla base delle emissioni medie annue verificate nel periodo dal 2005 al 2007 degli impianti interessati, tenendo conto della modifica della portata del sistema ETS dell’UE a partire dal 2013. A tal fine la Commissione ha utilizzato informazioni fornite dagli Stati membri e dai paesi SEE‑EFTA per l’adeguamento del limite massimo. Laddove le emissioni annue verificate non erano disponibili, la Commissione ha estrapolato, per quanto possibile, i quantitativi dalle emissioni verificate degli anni successivi applicando il fattore 1,74% in senso inverso. La Commissione ha consultato e ottenuto conferma dalle autorità degli Stati membri sulle informazioni e i dati utilizzati in questo caso. Il limite stabilito dall’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87/CE paragonato alla somma dei quantitativi annui preliminari senza l’applicazione dei fattori di cui all’allegato VI della decisione 2011/278/UE dà il fattore di correzione transettoriale annuo di cui all’allegato II della presente decisione».

II – Procedimenti nazionali e domande di pronuncia pregiudiziale

21.      L’Austria, i Paesi Bassi e l’Italia hanno calcolato nel 2012 (provvisoriamente) le quote di emissioni dei gas a effetto serra da attribuire a titolo gratuito alle imprese ricorrenti nei procedimenti principali e ne hanno informato la Commissione.

22.      In data 5 settembre 2013, la Commissione emetteva la decisione 2013/448 e ivi determinava il fattore di correzione transettoriale uniforme.

23.      Sulla base del suddetto fattore di correzione, i tre Stati membri sopra indicati attribuivano alle imprese ricorrenti un quantitativo di quote di emissioni ridotto rispetto al calcolo preliminare.

24.      Avverso i suddetti provvedimenti le imprese parte dei procedimenti principali proponevano i ricorsi che hanno dato origine alle presenti domande di pronuncia pregiudiziale.

A –    Le questioni sollevate nelle cause C‑191/14 (Borealis Polyolefine)e C‑192/14 (OMV Refining & Marketing)

25.      Il Landesverwaltungsgericht Niederösterreich [Tribunale amministrativo del Land della Bassa Austria] sottopone alla Corte le seguenti questioni:

1)      Se la decisione 2013/448 sia invalida e violi l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 nella parte in cui essa esclude dalla base di calcolo di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettere a) e b), le emissioni associate a gas di scarico prodotti da impianti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato I della direttiva 2003/87 o all’energia termica utilizzata in impianti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato I della direttiva 2003/87 e prodotta da impianti di cogenerazione, nei cui confronti l’articolo 10 bis, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/87 e la decisione 2011/278 consentono un’assegnazione gratuita.

2)      Se la decisione 2013/448 sia invalida e violi l’articolo 3, lettere e) e u), della direttiva 2003/87, da solo e/o in combinato disposto con l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, nella parte in cui essa stabilisce che le emissioni di CO2 associate a gas di scarico prodotti da impianti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato I della direttiva 2003/87, nonché quelle associate all’energia termica utilizzata in impianti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato I della direttiva 2003/87 e prodotta da impianti di cogenerazione, sono emissioni derivanti da «generatori elettrici».

3)      Se la decisione 2013/448 sia invalida e contraria agli obiettivi della direttiva 2003/87 in quanto crea un’asimmetria escludendo dalla base di calcolo di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettere a) e b), le emissioni associate alla combustione di gas di scarico o all’energia termica prodotta da impianti di cogenerazione, mentre con riferimento alle stesse è prevista l’assegnazione gratuita a norma dell’articolo 10 bis, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/87/CE nonché della decisione 2011/278.

4)      Se la decisione 2011/278 sia invalida e violi l’articolo 290 TFUE e l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 nella parte in cui il suo articolo 15, paragrafo 3, modifica l’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettere a) e b), della direttiva 2003/87 sostituendo il riferimento agli «impianti che non sono contemplati dal paragrafo 3» con il riferimento agli «impianti che non sono produttori di elettricità».

5)      Se la decisione 2013/448 sia invalida e violi l’articolo 23, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 non essendo stata emanata secondo la procedura di regolamentazione con controllo prescritta all’articolo 5 bis della decisione 1999/468 del Consiglio e all’articolo 12 del regolamento (UE) n. 182/2011.

6)      Se l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali [dell’Unione europea] debba essere interpretato nel senso di ostare alla revoca di assegnazioni gratuite fondata sull’illegittimo calcolo di un fattore di correzione transettoriale.

7)      Se l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, da solo e/o in combinato disposto con l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278, debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di una disposizione di diritto nazionale in base alla quale alle assegnazioni gratuite in uno Stato membro si applica un fattore di correzione uniforme transettoriale illegittimo, come quello stabilito nell’articolo 4 della decisione 2013/448 e relativo allegato II.

8)      Se la decisione 2013/448 sia invalida e violi l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 nella parte in cui essa comprende soltanto emissioni provenienti da impianti che ricadono nel sistema comunitario dal 2008, con esclusione delle emissioni collegate ad attività rientranti nel sistema comunitario dal 2008 (nell’allegato I della direttiva 2003/87 come modificato), ma svolte in impianti inclusi nel suddetto sistema già prima del 2008.

9)      Se la decisione 2013/448 sia invalida e violi l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 nella parte in cui essa comprende soltanto emissioni provenienti da impianti che ricadono nel sistema comunitario dal 2013, con esclusione delle emissioni collegate ad attività rientranti nel sistema comunitario dal 2013 (nell’allegato I della direttiva 2003/87 come modificato), ma svolte in impianti inclusi nel suddetto sistema già prima del 2013.

B –    Le questioni sollevate nella causa C‑295/14 (DOW Benelux)

26.      Le questioni sollevate del Raad van State (Consiglio di Stato) dei Paesi Bassi hanno il seguente tenore:

1)      Se l’articolo 263, quarto comma, TFUE debba essere interpretato nel senso che i gestori degli impianti a cui, con decorrenza dal 2013, si applicavano le disposizioni sullo scambio delle quote di emissioni di cui alla direttiva 2003/87, ad eccezione dei gestori degli impianti di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 3, di detta direttiva e dei nuovi entranti, avrebbero certamente potuto chiedere l’annullamento dinanzi al Tribunale della decisione 2013/448 nella parte in cui essa determina il fattore di correzione transettoriale uniforme.

2)      Se la decisione 2013/448, nei limiti in cui fissa il fattore di correzione transettoriale uniforme, sia invalida in quanto non è stata adottata ai sensi della procedura di regolamentazione con controllo, prevista all’articolo 10 bis, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

3)      Se l’articolo 15 della decisione 2011/278 violi l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, in quanto tale primo articolo osta a che il fattore di correzione transettoriale sia calcolato tenendo conto delle emissioni di impianti produttori di elettricità. In tal caso, quali siano gli effetti di detta violazione sulla decisione 2013/448.

4)      Se la decisione 2013/448, nei limiti in cui fissa il fattore di correzione transettoriale uniforme, sia invalida in quanto essa è fondata anche su dati presentati in esecuzione dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87, senza che fossero state determinate le disposizioni di cui al detto paragrafo, adottate in osservanza dell’articolo 14, paragrafo 1.

5)      Se la decisione 2013/448, nei limiti in cui fissa il fattore di correzione transettoriale uniforme, sia contraria, segnatamente, all’articolo 296 TFUE o all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto in detta decisione sono indicati solo parzialmente i quantitativi di emissioni e di quote determinanti per calcolare il fattore di correzione.

6)      Se la decisione 2013/448, nei limiti in cui fissa il fattore di correzione transettoriale uniforme, sia contraria, segnatamente, all’articolo 296 TFUE o all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto detto fattore di correzione è stato determinato sulla base di dati di cui i gestori degli impianti interessati allo scambio di emissioni non hanno potuto prendere conoscenza.

C –    Le questioni sollevate nelle cause C‑389/14, da C‑391/14 a C‑393/14 (Esso Italiana)

27.      Infine, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) sottopone alla Corte le seguenti questioni:

1)      Dica la Corte se la decisione 2013/448 sia invalida per non aver tenuto conto, nel calcolo delle quote da assegnare a titolo gratuito, della percentuale di emissioni associate alla combustione di gas di scarico – o gas siderurgici di processo – né di quelle associate al calore prodotto dalla cogenerazione, con ciò incorrendo nella violazione dell’articolo 290 del TFUE e dell’articolo 10 bis, paragrafi 1, 4 e 5, della direttiva 2003/87, travalicando i limiti della delega conferita dalla direttiva medesima e ponendosi in contrasto con le finalità della direttiva (incentivazione di tecnologie energetiche più efficienti e salvaguardia delle esigenze dello sviluppo economico e dell’occupazione).

2)      Dica la Corte se la decisione 2013/448 sia invalida, alla luce dell’articolo 6 TUE, per contrasto con l’articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) nonché [con l’]articolo 17 della convenzione medesima, avendo indebitamente determinato una lesione della legittima aspettativa delle società ricorrenti a mantenere il bene consistente nel quantitativo di quote assegnato in via preliminare e ad esse spettante sulla base delle previsioni della direttiva, con ciò determinando una privazione dell’utilità economica connessa al predetto bene.

3)      Dica, altresì, la Corte se la decisione 2013/448 sia invalida nella parte in cui definisce il fattore di correzione transettoriale, considerato che la decisione viola l’articolo 296, secondo comma, TFUE e l’articolo 41 della Carta di Nizza, in quanto è priva di idonea motivazione.

4)      Dica la Corte se la decisione 2013/448 sia invalida nella parte in cui definisce il fattore di correzione transettoriale, considerato che la decisione viola l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, il principio di proporzionalità sancito dall’articolo 5, paragrafo 4, del TUE, ed inoltre sia viziata per carenza di istruttoria ed errore di valutazione, in considerazione del fatto che il calcolo del quantitativo massimo delle quote da assegnare a titolo gratuito (dato rilevante ai fini della definizione del fattore di correzione transettoriale uniforme) non ha tenuto conto degli effetti delle modifiche interpretative intervenute rispetto alla nozione di «impianto di combustione» tra la prima (2005‑2007) e la seconda fase (2008‑2012) di attuazione della direttiva 2003/87.

5)      Dica la Corte se la decisione 2013/448 sia invalida nella parte in cui definisce il fattore di correzione transettoriale, per violazione dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, dell’articolo 9 bis, secondo comma, della direttiva 2003/87, nonché per carenza di istruttoria ed errore di valutazione in considerazione del fatto che il calcolo del quantitativo massimo delle quote da assegnare a titolo gratuito (dato rilevante ai fini della definizione del fattore di correzione transettoriale uniforme) è stato effettuato sulla base di dati forniti dagli Stati membri tra loro incoerenti perché basati su una differente interpretazione dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87.

6)      Dica infine la Corte se la decisione 2013/448 sia invalida nella parte in cui definisce il fattore di correzione transettoriale, per violazione delle norme sul procedimento di cui agli articoli 10 bis, paragrafo 1, e 23, paragrafo 3, della direttiva 2003/87.

D –    Procedimenti dinanzi alla Corte

28.      Osservazioni scritte sono state presentate, quali parti dei rispettivi procedimenti principali, dalle società Borealis Polyolefine e a. nei procedimenti austriaci, dalle società DOW Benelux, Esso Nederland e a., Akzo Nobel Chemicals e a. nonché Yara Sluiskil e a. nel procedimento olandese e dalle società Esso Italiana, Eni e Linde Gas Italia nei procedimenti italiani. Hanno, inoltre, presentato osservazioni scritte la Germania, i Paesi Bassi, la Spagna (solo nel procedimento italiano) e la Commissione.

29.      La Corte ha sì riunito rispettivamente le due domande di pronuncia pregiudiziale austriache e le quattro domande di pronuncia pregiudiziale italiane, ma, quanto al resto, non ha ancora proceduto a una riunione formale delle cause pendenti. Essa ha però organizzato, in data 3 settembre 2015, un’udienza di discussione comune cui hanno preso parte, ad eccezione della Linde, tutte le parti sopra indicate, oltre che le società Luchini e a. nonché Buzzi Unicem come parti dei procedimenti italiani.

30.      Procedo a trattare tutte le cause pendenti in una conclusione unica e reputo opportuno che la Corte segua tale esempio, riunendole ai fini della decisione.

III – Analisi

31.      Le questioni sollevate nelle domande di pronuncia pregiudiziale mirano a mettere in discussione il fattore di correzione transettoriale uniforme (in prosieguo: il «fattore di correzione»), di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, che la Commissione ha fissato nell’articolo 4 e nell’allegato II della decisione 2013/448.

32.      Al fine di comprendere tali questioni, occorre anzitutto illustrare il calcolo del suddetto fattore di correzione e il suo significato nell’ambito del sistema della direttiva 2003/87 (v., sul punto, infra, sub A). Analizzerò, poi, le questioni vertenti sull’insufficiente considerazione di determinate fonti di emissioni (v., sul punto, infra, sub B e C) e, a seguire, la motivazione della determinazione del fattore di correzione (v., sul punto, infra, sub D), il diritto fondamentale di proprietà (v., sul punto, infra, sub E) e la procedura applicata in sede di adozione della decisione (v., sul punto, infra, sub F). Per non interrompere l’illustrazione della materia, giuridicamente molto complessa, solo alla fine osserverò che le imprese ricorrenti nei procedimenti principali non erano tenute ad azionare le loro eccezioni direttamente dinanzi ai giudici dell’Unione (v., sul punto, infra, sub G) ed esporrò quali conseguenze dovrebbe avere l’esito dell’esame della decisione (v., sul punto, infra, sub H).

A –    Sulla qualificazione giuridica del fattore di correzione

33.      A norma dell’articolo 1 della direttiva 2003/87, è istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica.

34.      Gli impianti inclusi nel sistema devono acquisire per l’emissione di gas a effetto serra diritti di emissione, le cosiddette quote di emissioni. In pratica, si tratta quasi esclusivamente di emissioni di CO2. A norma degli articoli 9 e 9 bis della direttiva 2003/87, il quantitativo totale delle quote di emissioni disponibili è limitato e viene ridotto, a partire dal 2010, ogni anno dell’1,74%. A norma del considerando 13 della direttiva 2009/29, la riduzione contribuisce a ridurre le emissioni dannose per il clima entro il 2020 del 20% rispetto al 1990.

35.      Dal 2013 le quote di emissioni in parola sono attribuite ancora a titolo gratuito solo in parte e, quanto al resto, sono messe all’asta. Si distingue tra impianti di produzione di elettricità, che, escluse poche eccezioni, non ricevono quote di emissioni a titolo gratuito (7), e impianti industriali, cui sono attribuite a titolo gratuito tutte (8) o almeno una parte (9) delle quote di emissioni di cui necessitano.

36.      Le questioni in esame riguardano direttamente soltanto la situazione degli impianti industriali, che possono essere presi in considerazione ai fini dell’assegnazione di quote di emissioni a titolo gratuito, ma non gli impianti di produzione di elettricità. Il fattore di correzione controverso comporta, infatti, una riduzione delle quote di emissioni assegnate agli impianti industriali a titolo gratuito.

37.      Il fattore di correzione è stabilito mediante il calcolo, compiuto, da un lato, dagli Stati membri e, dall’altro, dalla Commissione, di quante quote di emissioni spettino complessivamente a tutti gli impianti industriali esistenti. Al riguardo, le due parti utilizzano metodi di calcolo diversi. Il più basso dei due valori è decisivo per stabilire quante quote di emissioni vengano assegnate, in definitiva, a titolo gratuito.

38.      Se il valore più basso fosse risultato quello degli Stati membri, non sarebbe stata necessaria alcuna correzione. Gli Stati membri avrebbero potuto procedere all’assegnazione a titolo gratuito sulla base dei loro dati di partenza.

39.      Di fatto, però, era inferiore il valore della Commissione. Si è così verificato il caso prospettato nell’articolo 10 bis, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva 2003/87: si è reso necessario applicare un fattore di correzione transettoriale uniforme. Esso ammontava, il primo anno, intorno al 94,3% per ridursi, entro il 2020, sino all’incirca all’80,4%. Ciò significa che, dei quantitativi di quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito preliminarmente calcolati dagli Stati membri, possono in definitiva essere assegnate solo le suddette percentuali.

1.      Il fabbisogno riconosciuto degli impianti industriali calcolato dagli Stati membri

40.      Gli Stati membri individuano il valore citato in apertura dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, ossia il quantitativo di quote di emissioni che funge da base di calcolo per la quantificazione delle (future) assegnazioni annuali a titolo gratuito a favore degli impianti industriali. Tale quantitativo è calcolato, in un certo qual modo, dal basso, ossia sulla base dell’attività storica di ogni singolo impianto e dei cosiddetti «parametri di riferimento» che la Commissione ha fissato nella decisione 2011/278 per la rispettiva attività. I parametri di riferimento corrispondono a un determinato quantitativo di emissioni di CO2 che la Commissione riconosce come necessario per la produzione di una determinata quantità del prodotto di volta in volta considerato. Nel prosieguo, mi riferirò a tale valore come al fabbisogno riconosciuto.

41.      A norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/87, il punto di partenza per i parametri di riferimento è il livello medio delle prestazioni del 10% degli impianti più efficienti di un settore o sottosettore dell’Unione. A norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, terzo comma, i parametri di riferimento in parola devono anche garantire che l’assegnazione avvenga in modo da incentivare riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra e tecniche efficienti sotto il profilo energetico, tenendo conto, in particolare, della cogenerazione ad alto rendimento e del recupero energetico efficiente dei gas di scarico, e – viceversa – da non incentivare l’incremento delle emissioni. È compito della Commissione realizzare tale obiettivo in sede di fissazione dei parametri di riferimento per le diverse attività.

42.      I parametri di riferimento fissati dalla Commissione per gli impianti industriali comprendono, in particolare, emissioni derivanti dall’impiego come combustile dei gas di scarico ottenuti da determinati processi produttivi (v., sul punto, infra, sub B, n. 1) e tengono conto dell’impiego industriale del calore proveniente da impianti di cogenerazione (v., sul punto, infra, sub B, n. 2). Essi sono, inoltre, applicati a tutti gli impianti industriali inseriti ad oggi nel sistema istituito dalla direttiva 2003/87, quindi anche agli impianti inclusi solo a partire dal 2008 [v., sul punto, infra, sub C, punto 2, lettera b)] o dal 2013 [v., sul punto, infra, sub C, punto 2, lettera a)].

43.      Gli Stati membri calcolano il fabbisogno riconosciuto di tutti gli impianti industriali sul loro territorio risultante dall’applicazione dei suddetti parametri di riferimento, moltiplicando, a norma dell’articolo 10 della decisione 2011/278, i parametri di riferimento fissati per la rispettiva attività per il livello di attività storica dei sottoimpianti interessati. Essi trasmettono alla Commissione i dati in parola, in conformità dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, entro il 30 settembre 2011. La Commissione somma i valori trasmessile e quantifica così il fabbisogno riconosciuto complessivo di tutti gli impianti industriali nell’Unione.

2.      Il massimale per l’industria calcolato dalla Commissione

44.      La Commissione calcola il secondo valore, il cosiddetto massimale per l’industria, in un certo qual modo, dall’alto, determinando sulla base dei dati di emissione storici la percentuale del quantitativo totale delle quote di emissioni disponibili spettante complessivamente agli impianti industriali. Il massimale per l’industria in parola si compone di due parti, disciplinate nell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87, alle lettere a) e b).

a)      L’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2003/87

45.      Punto di partenza della prima parte è, in base all’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2003/87, il quantitativo totale annuo medio di emissioni a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, assegnate per il secondo periodo di assegnazione, dal 2008 al 2012, ossia il fabbisogno storico di tutti gli impianti inclusi nel sistema istituito dalla direttiva durante tale periodo. Il quantitativo totale in parola comprende entrambi i gruppi, gli impianti di produzione di elettricità e gli impianti industriali.

46.      Il quantitativo delle suddette quote di emissioni è stato stabilito dai rispettivi Stati membri. La direttiva 2003/87, nella versione all’epoca vigente, non indicava loro, a questo proposito, alcun metodo specifico (10).

47.      Il quantitativo medio degli anni dal 2008 al 2012 calcolato per l’intera Unione sulla base delle suddette assegnazioni nazionali è ridotto, ai fini del calcolo del quantitativo totale annuo di volta in volta applicabile in futuro, a partire dalla metà di tale periodo, ossia dal 2010, annualmente (11) del fattore lineare dell’1,74%.

48.      A norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2003/87, ai fini del calcolo del massimale per l’industria può però essere presa in considerazione soltanto la quota degli impianti che non ricadono nell’articolo 10 bis, paragrafo 3. In pratica, non si tiene, quindi, conto delle quote di emissioni assegnate sino al 2012 agli impianti di produzione di elettricità. La Commissione calcola la suddetta quota sulla base dei quantitativi di quote di emissioni assegnate agli impianti industriali in media negli anni dal 2005 al 2007.

49.      Nel massimale per l’industria non ricadono, pertanto, le quote di emissioni che in passato sono state assegnate agli impianti di produzione di elettricità per emissioni derivanti dall’utilizzo di gas di scarico come combustibile (v., sul punto, infra, sub B, punto 1) o dalla produzione di calore ricavato industrialmente in impianti di cogenerazione (v., sul punto, infra, sub B, punto 2). Inoltre, il riferimento alla quota dell’industria nel periodo dal 2005 al 2007 non permette di considerare impianti industriali che ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 solo a partire dal 2008 [v., sul punto, infra, sub C, punto 2, lettera b)]. Si tratta di determinati impianti di combustione e degli impianti posti sul territorio degli Stati SEE. Tuttavia, tutte le suddette emissioni sono prese in considerazione ai fini dei parametri di riferimento per l’industria.

b)      L’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87

50.      La seconda parte, a norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87, comprende impianti inclusi nel sistema della direttiva soltanto dal 2013. A partire da tale anno sono così inserite nel sistema, ad esempio, anche le emissioni derivanti dalla produzione di alluminio e da determinati settori dell’industria chimica.

51.      Ciò avviene sulla base del totale delle emissioni annue medie verificate degli impianti in parola negli anni compresi tra il 2005 e il 2007. Anche tale valore è ridotto del succitato fattore lineare dell’1,74% annuo e gli impianti di produzione di elettricità non sono presi in considerazione.

52.      Si pone, a questo riguardo, il problema che non per tutti gli Stati membri sono stati impiegati dati sulle emissioni omogenei. Per alcuni Stati membri sono stati impiegati unicamente dati relativi alle emissioni degli impianti che, complessivamente, sono inclusi nel sistema soltanto a partire dal 2013. Di contro, per altri Stati membri si è fatto ricorso, in aggiunta, anche ai dati sulle emissioni di attività inserite per la prima volta nel sistema, ma svolte in impianti che rientravano in esso già prima in ragione di altre attività [v., sul punto, infra, sub C, punto 2, lettera a)].

3.      Il fattore di correzione determinato

53.      Di primo acchito, ci si aspetterebbe che un fabbisogno riconosciuto orientato agli impianti più efficienti, come calcolato dagli Stati membri, sia inferiore rispetto alle assegnazioni storiche compiute a favore di tutti gli impianti, compresi quelli meno efficienti, poste alla base del valore della Commissione (12). In sede di confronto tra i due valori dovrebbe così farsi sentire solo la riduzione lineare annua del massimale per l’industria pari, di volta in volta, all’1,74%. Un fattore di correzione dovrebbe rendersi necessario solo dopo che il «vantaggio» derivante dall’orientamento agli impianti più efficienti sia stato assorbito dalle riduzioni.

54.      Di fatto, il risultato del confronto tra il valore degli Stati membri e quello della Commissione dà tuttavia l’impressione che il fabbisogno riconosciuto, posto alla base della decisione 2013/448, abbia una portata maggiore delle assegnazioni storiche. Il fattore di correzione ha, infatti, fin dall’inizio ripercussioni superiori rispetto alla riduzione lineare: il fattore di correzione del 94,272151% nel primo anno, il 2013, riduce le assegnazioni a titolo gratuito del 5,727849%, mentre la riduzione lineare verificatasi sino a quel momento, per gli anni dal 2011 al 2013, raggiunge soltanto il 5,22%. Tuttavia, con il tempo, tale effetto in parte si riduce. Nell’ultimo anno, nel 2020, il fattore di correzione è pari all’82,438204% e comporta così una riduzione del 17,561796%. Tale valore si colloca solo poco al di sopra della riduzione lineare cumulata del 17,4% per i dieci anni in questione.

55.      Le imprese ricorrenti nei procedimenti principali ritengono, pertanto, che la correzione sia eccessiva. Esse imputano tale effetto, in particolare, alla circostanza che determinate attività siano state – a torto – considerate nell’ambito del fabbisogno riconosciuto (13), ma non nella determinazione del massimale per l’industria (14). Esse chiedono, inoltre, di avere accesso ai dati necessari per verificare pienamente il calcolo del fattore di correzione (v., sul punto, infra, sub D).

4.      Sugli obiettivi della direttiva 2003/87 rispetto al fattore di correzione

56.      Occorre riconoscere, in linea con la suddetta argomentazione, che una considerazione «asimmetrica» (15) di determinate attività si pone in contrasto con uno degli obiettivi del fattore di correzione. È vero che tali obiettivi non sono stati definiti in modo esplicito, ma dal contesto risulta che detto fattore assolve due funzioni.

57.      In primis, esso dà applicazione al fattore di riduzione lineare dell’1,74%. Tale obiettivo non è toccato dalla contestata asimmetria, ma sarebbe stato possibile dare attuazione al fattore di riduzione anche senza ricorrere al complicato confronto tra fabbisogno riconosciuto e massimale per l’industria.

58.      Maggiore importanza assume, quindi, la seconda funzione del fattore di correzione: esso deve garantire che le assegnazioni a titolo gratuito in funzione dei parametri di riferimento non modifichino, a favore dell’industria, l’equilibrio vigente tra attività industriali e produzione di elettricità in base al vecchio sistema di assegnazione.

59.      Tale equilibrio è importante. Infatti, se la parte del quantitativo totale delle quote di emissioni disponibili imputabile alle attività industriali crescesse, calerebbe contemporaneamente il quantitativo di quote di emissioni che possono essere messe all’asta. Se tale quantitativo non fosse sufficiente a coprire il complessivo fabbisogno da soddisfare mediante le aste, si dovrebbero temere aumenti sproporzionati dei prezzi. Ciò graverebbe anzitutto sull’industria elettrica e sui consumatori di elettricità. Sarebbero però interessati anche i settori industriali che devono acquistare una parte delle quote di emissioni di cui necessitano.

60.      Tuttavia, si deroga al suddetto equilibrio storico se, in ragione di un nuovo metodo di calcolo, si imputano ora all’industria attività che, in passato, erano ricondotte alla produzione di elettricità o non erano per nulla prese in considerazione.

61.      Come afferma, ad esempio, la Linde, una tale discrasia si pone in contrasto anche con l’obiettivo della direttiva 2003/87 di evitare il «carbon leakage». Con tale termine si intende la rilocalizzazione in Stati terzi di attività che causano emissioni di gas a effetto serra. Un tale spostamento non solo costituirebbe uno svantaggio sotto il profilo politico‑economico, ma minerebbe anche l’obiettivo generale della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale.

62.      Per evitare il «carbon leakage», gli impianti in settori o sottosettori esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 ricevono pertanto a titolo gratuito, in base all’articolo 10 bis, paragrafo 12, della direttiva 2003/87, quote di emissioni pari al 100% del loro fabbisogno riconosciuto in base ai parametri di riferimento. Un fattore di correzione troppo elevato può, però, comportare che essi ricevano in definitiva meno del 100% delle quote di emissioni di cui necessitano, con l’effetto che il sistema istituito dalla direttiva 2003/87 finisce con l’incentivare la rilocalizzazione delle attività in parola.

63.      Dall’altro lato, la considerazione asimmetrica dell’utilizzo di gas di scarico corrisponde allo scopo generale della direttiva 2003/87 di limitare le emissioni dannose per il clima. Riducendo il quantitativo di quote di emissioni assegnate a titolo gratuito, essa incentiva la riduzione delle emissioni di CO2. Essa contribuisce, di conseguenza, a salvaguardare e tutelare l’ambiente, a combattere i cambiamenti climatici e a garantire un elevato livello di tutela, come richiesto dall’articolo 191 TFUE.

64.      In questa prospettiva occorre esaminare più da vicino i quattro ambiti in cui le imprese ricorrenti contestano tali deroghe, ossia la considerazione dei gas di scarico e degli impianti di cogenerazione (v., sul punto, infra, sub B) e la considerazione di attività e impianti inclusi nel sistema istituito dalla direttiva 2003/87 soltanto a partire dal 2013 o dal 2008 (v., sul punto, infra, sub C).

B –    Sulla considerazione della produzione di elettricità da gas di scarico e dell’impiego industriale del calore ricavato da centrali di cogenerazione ad alto rendimento

65.      Le prime quattro questioni sollevate nelle cause Borealis Polyolefine, la terza questione sollevata nella causa Dow Benelux e la prima questione nelle cause Esso Italiana riguardano l’inclusione della produzione di elettricità derivante da gas di scarico (v., sul punto, infra, sub 1) e dell’impiego industriale del calore ricavato da centrali di cogenerazione ad alto rendimento (v., sul punto, infra, sub 2) nel calcolo del fattore di correzione. Entrambe le attività sono oggi imputate all’industria, benché in passato fossero prese in considerazione nell’ambito della produzione di elettricità.

1.      Sulla produzione di elettricità da gas di scarico

66.      I gas di scarico derivano da determinati processi produttivi industriali, come, ad esempio, la produzione di coke e acciaio, e possono essere utilizzati come combustibili, in particolare per la produzione di elettricità. Nell’ottica di una gestione sostenibile delle risorse, ciò è certamente più sensato di disperderli o bruciarli inutilmente.

67.      Tale utilità spiega verosimilmente perché l’articolo 10 bis, paragrafo 1, terzo comma, primo periodo, della direttiva 2003/87 faccia rientrare la promozione dell’utilizzo dei gas di scarico tra gli incentivi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e alle tecniche efficienti sotto il profilo energetico. E potrebbe essere il motivo per cui il secondo periodo della disposizione in parola prevede, per l’elettricità prodotta dai gas di scarico, un’eccezione rispetto all’esclusione della produzione di elettricità dall’assegnazione di quote di emissioni a titolo gratuito.

68.      Come osserva la Commissione, nel fissare i parametri di riferimento di prodotto essa ha tenuto perciò conto del fatto che, in alcuni settori, i gas di scarico vengono bruciati per produrre elettricità. Ciò avrebbe portato, in particolare, a un aumento dei parametri di riferimento di prodotto per coke, ghisa liquida e minerale sinterizzato e, quindi, a un aumento del fabbisogno riconosciuto in tali settori.

69.      La Commissione ammette che le relative emissioni sono rientrate solo in parte nel massimale per l’industria, ossia soltanto nei limiti in cui i gas di scarico sono stati bruciati in impianti industriali. Viceversa, i gas di scarico bruciati in un impianto di produzione di elettricità ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 non sono stati presi in considerazione in sede di determinazione del massimale per l’industria. Dato che il massimale si è ridotto in pari misura, la considerazione dei gas di scarico nei parametri di riferimento aumenta corrispondentemente il fattore di correzione.

70.      Occorre, quindi, esaminare se tale considerazione asimmetrica dell’utilizzo dei gas di scarico sia compatibile con la direttiva 2003/87.

71.      Si deve, a tal riguardo, riconoscere che l’asimmetria è insita nel tenore letterale dell’articolo 10 bis, paragrafi 1, 3 e 5, della direttiva 2003/87. In base ai paragrafi 3 e 5, gli impianti di produzione di elettricità e, quindi, anche la produzione di elettricità da gas di scarico non devono essere considerati in sede di calcolo del massimale per l’industria. Di contro, dal paragrafo 1, terzo comma, si evince che la Commissione doveva tener conto della produzione di elettricità da gas di scarico nella determinazione dei parametri di riferimento da cui risulta il fabbisogno riconosciuto degli impianti industriali.

72.      D’altro lato, non sembra potersi accogliere neppure l’argomento dedotto dalle imprese ricorrenti nei procedimenti principali secondo il quale il rinvio contenuto nell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 a «impianti che non sono contemplati dal paragrafo 3» non dovrebbe essere interpretato nel senso che le emissioni degli impianti di produzione di elettricità non devono essere prese in considerazione. Esse sostengono, in effetti, che, in tal modo, si intenderebbe fare riferimento agli impianti che sono presi in considerazione per le assegnazioni di quote di emissioni a titolo gratuito, ma nel testo nulla giustifica una tale lettura.

73.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Buzzi Unicem, l’esclusione della produzione di elettricità dall’assegnazione a titolo gratuito non è il presupposto per l’applicazione dell’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. L’esclusione di un’assegnazione a titolo gratuito è piuttosto la conseguenza giuridica della disposizione in parola, rispetto alla quale altre disposizioni prevedono deroghe.

74.      Come osservato supra (16), occorre certamente riconoscere che l’asimmetria in parola non si concilia pienamente con l’obiettivo del fattore di correzione di garantire l’equilibrio storico tra impianti industriali e produzione di elettricità. Essa costituisce, inoltre, un incentivo alla rilocalizzazione delle attività che causano emissioni. Allo stesso tempo, essa corrisponde, però, anche gli obiettivi ambientali della direttiva 2003/87.

75.      Dinanzi a siffatti obiettivi e considerazioni di carattere sistematico contrastanti, si auspica che il legislatore espliciti le sue intenzioni. È quanto è accaduto, ad esempio, nel caso di un’altra disposizione della direttiva 2003/87, l’articolo 9, paragrafo 1, terzo periodo, che è stato inserito nella direttiva in occasione dell’adesione della Croazia. Sulla sua base, il quantitativo delle quote di emissioni nell’Unione sarà aumentato a seguito dell’adesione della Croazia solo del quantitativo di quote messe all’asta da tale paese a norma dell’articolo 10, paragrafo 1. Posto che, in tal modo, le quote di emissioni assegnate dalla Croazia a titolo gratuito non sono considerate, diventano necessarie una riduzione delle quote di emissioni disponibili nell’intera Unione e una correzione ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 5.

76.      Rispetto ai gas di scarico non è rinvenibile, invece, né una chiara disciplina corrispondente né una qualche indicazione nel preambolo o nei lavori preparatori. Sussistono piuttosto elementi nel senso che il legislatore ha semplicemente omesso di considerare il problema in sede di redazione della direttiva di modifica 2009/29. Il riferimento ai gas di scarico è stato, infatti, inserito nel testo relativamente tardi, ossia nell’ambito del trilogo sull’emanazione della direttiva 2009/29 in prima lettura. I gas di scarico sono citati per la prima volta in una proposta di modifica del Parlamento (17) presentata dopo poche settimane nell’ambito del compromesso interistituzionale sull’adozione della direttiva 2009/29 (18). Diversi membri del Parlamento hanno lamentato al riguardo la gran fretta con cui è stata emanata la direttiva (19).

77.      D’altro lato, il legislatore non ha neppure espressamente lasciato intendere di preferire in ogni caso la garanzia di un vero equilibrio tra impianti industriali e impianti di produzione di elettricità e lo sgravio degli impianti industriali.

78.      Il conflitto di obiettivi che scaturisce dalla considerazione asimmetrica della produzione di elettricità da gas di scarico non giustifica, quindi, un’interpretazione della direttiva 2003/87 che vada oltre il suo tenore letterale nel senso di negare detta asimmetria.

79.      Non occorre neppure chiarire se la Commissione avrebbe comunque potuto eliminare l’asimmetria insita nella considerazione dei gas di scarico in sede di adozione delle disposizioni di attuazione. È vero che l’articolo 10 bis, paragrafo 1, della direttiva 2003/87 l’autorizza, rispetto all’articolo 10 bis, paragrafo 5, ad emanare misure di attuazione che modifichino elementi non essenziali della direttiva integrandola. Tuttavia, alla luce dei contrastanti obiettivi, essa non era comunque tenuta ad avvalersi di tale facoltà per eliminare l’asimmetria.

80.      Occorre quindi constatare che dall’esame delle questioni attinenti alla produzione di elettricità a partire dai gas di scarico non è emerso nulla che possa mettere in discussione la legittimità della determinazione del fattore di correzione intervenuta con la decisione 2013/448.

2.      Sugli impianti di cogenerazione

81.      La cogenerazione promette un più completo impiego dell’energia dei combustibili. Se si utilizza soltanto la forza prodotta, ad esempio per la produzione di elettricità, il calore che ne scaturisce va perduto inutilmente. Negli impianti di cogenerazione il calore prodotto viene invece raccolto e messo a disposizione per altre attività. In parte, tale calore viene anche impiegato per produrre energia frigorifera.

82.      Le questioni vertenti sulla considerazione degli impianti di cogenerazione riguardano soltanto quegli impianti di cogenerazione che corrispondono alla definizione di impianto di produzione di elettricità contenuta nell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87. Impianti di produzione di elettricità sono impianti che producono elettricità ai fini della vendita a terzi e nei quali non si effettuano altre attività elencate all’allegato I diverse dalla «combustione di carburanti».

83.      Nella fase scritta del procedimento le parti assumevano ancora posizioni contrastanti su come considerare in sede di calcolo del fattore di correzione i suddetti impianti di cogenerazione produttori di elettricità; a seguito di un quesito formulato in udienza è stato possibile trovare un accordo sul punto.

84.      Interessante in proposito è il caso di un impianto di cogenerazione che produce elettricità e che cede energia termica o frigorifera a un utilizzatore industriale. Come mostra, in particolare, il punto 21 della decisione 2011/278, se ne tiene conto nel parametro di riferimento del consumatore industriale. Il suo fabbisogno riconosciuto quindi aumenta, ma le corrispondenti emissioni non rientrano nel massimale per l’industria in quanto prodotte in impianti di cogenerazione, ossia presso impianti di produzione di elettricità. Il calore degli impianti di cogenerazione utilizzato a livello industriale aumenta, quindi, il fattore di correzione e porta a un’ulteriore asimmetria.

85.      Assumono qui rilievo essenzialmente le medesime considerazioni formulate rispetto alla produzione di elettricità da gas di scarico.

86.      L’asimmetria in parola è insita nell’articolo 10 bis, paragrafi 1, 3 e 5, della direttiva 2003/87. Da un lato, gli impianti di produzione di elettricità e, quindi, anche gli impianti di cogenerazione che producono elettricità non sono presi in considerazione in sede di fissazione del massimale per l’industria ai sensi dei paragrafi 3 e 5. Dall’altro, il paragrafo 1, terzo comma, primo periodo, prevede che i parametri di riferimento incentivino la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e le tecniche efficienti sotto il profilo energetico, tenendo conto, in particolare, della cogenerazione ad alto rendimento.

87.      L’integrazione, prevista dalla Commissione nella decisione 2011/278, del consumo di calore nel parametro di riferimento di prodotto industriale risponde a tale obiettivo e agevola la gestione pratica del consumo di calore dell’industria nell’ambito delle assegnazioni a titolo gratuito. L’agevolazione risulta dal fatto che impianti che producono essi stessi calore e impianti che lo acquisiscono da impianti di cogenerazione sono trattati allo stesso modo. Ai fini dell’assegnazione delle quote di emissioni a tali impianti non occorre, pertanto, verificare singolarmente quanto calore sia tratto da quale fonte. E l’effetto di incentivo scaturisce dal fatto che gli impianti industriali, acquisendo calore dagli impianti di cogenerazione, risparmiano quote di emissioni che possono vendere.

88.      Una differenza sembra, a prima vista, emergere dall’articolo 10 bis, paragrafo 4, primo periodo, della direttiva 2003/87. In base ad esso, nel caso della cogenerazione ad alto rendimento sono assegnate quote di emissioni, se la domanda è economicamente giustificabile, rispetto alla generazione di energia termica o frigorifera. La possibilità di una siffatta assegnazione non esclude, tuttavia, una considerazione nei parametri di riferimento, ma permette anzitutto di assegnare agli impianti di cogenerazione quote di emissioni per la generazione di energia termica o frigorifera che essi trasferiscono a utilizzatori che non rientrano nel sistema previsto dalla direttiva. È il caso, ad esempio, delle abitazioni private.

89.      La determinazione dei parametri di riferimento rispetto all’impiego industriale del calore proveniente da impianti di cogenerazione ricade, quindi, nell’ambito delle competenze di esecuzione della Commissione ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

90.      Per il resto, vale quanto indicato per la considerazione dei gas di scarico. Sussiste, in effetti, un conflitto di obiettivi e manca una presa di posizione chiara da parte del legislatore. Ciò non impone, però, di interpretare la direttiva 2003/87 in modo da escludere tale asimmetria, né la Commissione era tenuta ad eliminare la medesima nell’ambito dell’esercizio delle sue competenze di esecuzione.

91.      Ne consegue che anche dall’esame delle questioni attinenti alla considerazione della cogenerazione non è emerso nulla che possa mettere in discussione la legittimità della determinazione del fattore di correzione intervenuta con la decisione 2013/448.

C –    Sui dati relativi ai settori inclusi ex novo a partire dal 2008 o dal 2013 presi in considerazione ai fini del massimale per l’industria

92.      Tutti e tre i giudici remittenti sollevano dubbi circa i dati, presi in considerazione ai fini del massimale per l’industria, relativi ai settori inclusi solo a partire dal 2013. Il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] domanda, però, con la sua quarta questione pregiudiziale, se esistessero già le misure esecutive necessarie per la messa a disposizione dei dati (v., sul punto, infra, sub 1), mentre gli altri due giudici s’interrogano sulla qualità e sulla portata dei dati trasmessi e utilizzati [v., sul punto, infra, sub 2, lettera a)]. Entrambi tali giudici sollevano dubbi anche quanto all’adeguata considerazione degli impianti e delle attività inseriti per la prima volta per il 2008 [v., sul punto, infra, sub 2, lettera b)].

1.      Sulle disposizioni di attuazione

93.      Con la sua quarta questione, il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] vuol sapere se la determinazione del fattore di correzione sia illegittima in ragione, in particolare, del fatto che esso si fonda su indicazioni che sono state trasmesse ai fini dell’esecuzione dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87, senza che fossero fissate le ivi citate disposizioni adottate ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1.

94.      Solo a un secondo esame appare chiaro il nesso tra l’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 e il fattore di correzione controverso. Esso precisa, infatti, come debba essere determinato il totale delle emissioni annue medie verificate negli anni tra il 2005 e il 2007 da imputare, a norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), al massimale per l’industria rispetto agli impianti che sono stati inseriti nel sistema solo a partire dal 2013 e che non sono impianti di produzione di elettricità.

95.      Per tali impianti i gestori devono presentare alle autorità competenti, a norma dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/87, dati sulle emissioni debitamente giustificati e verificati in maniera indipendente, affinché queste possano essere prese in considerazione ai fini dell’adeguamento del massimale per l’industria.

96.      L’articolo 9 bis, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/87 dispone a tal proposito che i dati in parola siano presentati secondo le disposizioni adottate ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1.

97.      Il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] ritiene che per tali disposizioni si intenda il regolamento n. 601/2012 (20), il quale tuttavia, all’epoca della trasmissione di tali dati alla Commissione, non era ancora stato emanato. I dati dovevano infatti essere presentati, a norma dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/87, entro il 30 aprile 2010.

98.      Come osservato correttamente dalla Germania, la trasmissione dei dati nel 2010 poteva nondimeno essere fondata su disposizioni unitarie contenute nella decisione 2007/589 (21). Esse erano previste nella versione dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/87 vigente prima della direttiva di modifica 2009/29.

99.      Si deve ritenere acquisito che l’articolo 9 bis, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/87 si riferisca alle disposizioni della decisione 2007/589. Esso esigeva, infatti, la trasmissione dei dati in un momento in cui le nuove disposizioni di attuazione del regolamento n. 601/2012 non dovevano ancora essere adottate. L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, nella sua nuova versione, fissava, infatti, a tal fine il termine ultimo del 31 dicembre 2011.

100. Nelle disposizioni applicabili non è riscontrabile peraltro alcun elemento nel senso che, ai fini della determinazione del fattore di correzione, i dati necessari dovevano essere accertati e comunicati nuovamente sulla base del regolamento n. 601/2012.

101. La questione in esame del Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] non ha quindi rivelato nulla che possa mettere in discussione la legittimità della determinazione del fattore di correzione nell’articolo 4 e nell’allegato II della decisione 2013/448.

2.      Sulla qualità dei dati

102. Le domande di pronuncia pregiudiziale provenienti da Italia e Austria sollevano a tal proposito dubbi anche quanto alla qualità e alla portata dei dati trasmessi dagli Stati membri. Le relative questioni si fondano sul fatto che il sistema istituito dalla direttiva 2003/87 è stato ampliato ulteriormente sia tra la prima fase (2005‑2007) e la seconda fase (2008‑2012) (v., sul punto, infra, sub b) che con la terza fase (2013‑2020) (v., sul punto, infra, sub a).

a)      Sull’ampliamento a partire dal 2013

i)      Sulla non considerazione delle nuove attività nei dati di taluni Stati membri

103. Il Landesverwaltungsgericht Niederösterreich [Tribunale amministrativo del Land della Bassa Austria] presuppone, nella sua nona questione, che i dati sulle emissioni di impianti che prima del 2013 era inclusi solo in parte nel sistema istituito con la direttiva 2003/87 siano stati presi in considerazione in maniera incompleta nella fissazione del massimale per l’industria, ossia solo nei limiti in cui questi ultimi erano inseriti nel sistema già in precedenza.

104. Su tale ipotesi si fonda, in definitiva, anche la quinta questione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, che si ispira di fondo alle diverse interpretazioni dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 da parte degli Stati membri. Tali differenze si riferiscono alla questione se gli Stati membri debbano comunicare soltanto i dati relativi agli impianti inclusi ex novo nel sistema a partire dal 2013 o anche i dati su attività inserite nel sistema per la prima volta, ma svolte in impianti che già vi rientravano in ragione di altre attività.

105. L’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), e l’articolo 9 bis, paragrafo 2, terzo comma, primo periodo, della direttiva 2003/87 non forniscono alcuna risposta chiara a tali questioni, posto che non si occupano delle emissioni di attività inserite per la prima volta svolte in impianti che erano già parte del sistema. Entrambe le disposizioni in parola parlano unicamente delle emissioni verificate di impianti che sono inseriti nel sistema comunitario solo a partire dal 2013.

106. Se, però, le emissioni di attività inserite nel sistema soltanto dal 2013 ma svolte in impianti già considerati non sono computate ai fini della fissazione del massimale per l’industria, l’esigenza di una correzione diventa necessariamente maggiore. Tali attività sono, infatti, comunque conteggiate nel fabbisogno riconosciuto.

107. Come nel caso della considerazione della produzione di elettricità da gas di scarico (22) e del calore proveniente da impianti di cogenerazione (23), il tenore della normativa applicabile porta, quindi, a una considerazione asimmetrica delle emissioni. Anche in questo caso sussiste il dibattuto conflitto di obiettivi e manca una presa di posizione chiara da parte del legislatore.

108. Ancora una volta non è quindi imposta una diversa interpretazione dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87, né la Commissione era tenuta a porre rimedio all’asimmetria nelle regole di attuazione.

109. Occorre perciò concludere che dall’esame delle questioni attinenti agli impianti e alle attività inclusi ex novo nel sistema istituito dalla direttiva 2003/87 a partire dal 2013 non risulta che la mancata considerazione, nei dati di taluni Stati membri, in sede di determinazione del massimale per l’industria, di attività nuove svolte in impianti già considerati metta in dubbio la legittimità della determinazione del fattore di correzione intervenuta con l’articolo 4 e l’allegato II della decisione 2013/448.

ii)    Sulla considerazione delle nuove attività nei dati di altri Stati membri

110. L’esame in parola ha tuttavia mostrato che la considerazione, in sede di determinazione del massimale per l’industria, di attività nuove svolte in impianti già considerati nei dati di altri Stati membri mette in dubbio, eccome, la legittimità della determinazione del fattore di correzione intervenuta con l’articolo 4 e l’allegato II della decisione 2013/448. L’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87 prevede, infatti, che siano presi in considerazione solo i nuovi impianti.

111. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Germania, non sussiste alcun margine di interpretazione dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87 che permetterebbe ad alcuni Stati membri di considerare soltanto gli impianti inclusi per la prima volta nel sistema, mentre altri comprendono anche le nuove attività svolte in impianti già inclusi. Di certo può sussistere un margine di discrezionalità in capo agli organismi degli Stati membri quando si tratta di valutare i dati trasferiti dai gestori, ma una base giuridica per la considerazione di attività nuove svolte in impianti già nel sistema manca del tutto.

112. È vero che la Commissione osserva, correttamente, come la Germania, che la direttiva 2003/87 non le permetterebbe di modificare i dati degli Stati membri. Ciò non significa, però, che il fattore di correzione possa essere determinato sulla base di dati che, secondo le disposizioni applicabili, non possono essere presi in considerazione. La Commissione deve quantomeno dar seguito ai dubbi sulla qualità dei dati e, eventualmente, far sì che gli Stati membri apportino il prima possibile le rettifiche necessarie. Ciò corrisponde al compito, affidatole in base all’articolo 17, paragrafo 1, TUE, di vigilare sull’applicazione del diritto dell’Unione.

113. Nulla di diverso si ricava, d’altronde, dalla sentenza Commissione/Estonia. Detta sentenza riguardava, infatti, la versione precedentemente in vigore della direttiva 2003/87, che riconosceva agli Stati membri margini di discrezionalità nettamente più ampi rispetto alla normativa oggi vigente. E anche in quel caso la Corte non ha peraltro escluso un controllo di legittimità (24).

114. Neanche la necessità di determinare il fattore di correzione rispetto a un determinato momento inficia tale conclusione. Se non è possibile chiarire tempestivamente quali dati debbano essere impiegati, la Commissione deve, se del caso, fissare un fattore di correzione provvisorio, riservandosi di apportare un successivo adeguamento.

115. Occorre quindi stabilire che l’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2003/87 ammette soltanto la considerazione delle emissioni degli impianti inclusi ex novo nel sistema della direttiva a partire dal 2013, e non la considerazione di attività inserite per la prima volta nel sistema, ma svolte in impianti già inclusi.

116. Tuttavia, nell’ambito dei procedimenti in esame, quantomeno la Francia, il Belgio, la Germania, l’Italia e la Spagna avrebbero trasmesso anche dati sulle emissioni di attività inserite per la prima volta nel sistema svolte in impianti che erano già inclusi nel sistema per altre attività. E la Commissione ha utilizzato tali dati per il calcolo del massimale per l’industria.

117. La Commissione ha così fissato un massimale per l’industria troppo alto tenendo conto, nel suo calcolo, di emissioni di attività inserite ex novo nel sistema a partire dal 2013, ma svolte in impianti già presi in considerazione. In tale misura, l’accertamento del fattore di correzione è illegittimo e l’articolo 4 nonché l’allegato II della decisione 2013/448 sono invalidi.

118. Occorre, inoltre, osservare che il medesimo argomento dovrebbe essere accolto non solo rispetto alla determinazione del fattore di correzione, ma anche rispetto alla fissazione del quantitativo totale disponibile di quote di emissioni a norma dell’articolo 9 bis, paragrafo 2. In questo caso, dall’asimmetria non deriverebbe una ridotta assegnazione a titolo gratuito, ma un quantitativo minore di quote di emissioni disponibili e, quindi, una riduzione delle emissioni dannose per il clima. Ciò risponderebbe addirittura in modo ancora più chiaro agli obiettivi superiori di carattere ambientale perseguiti dalla direttiva 2003/87 e dall’articolo 191 TFUE rispetto alla limitazione delle assegnazioni a titolo gratuito. Tuttavia, nei procedimenti in esame non si discute del quantitativo totale disponibile, con la conseguenza che la Corte non è tenuta a prendere posizione al riguardo.

b)      Sull’ampliamento a partire dal 2008

119. Con la sua quarta questione, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio domanda, inoltre, se il calcolo del massimale per l’industria sia errato in quanto, in sede di sua determinazione, non si è tenuto conto dell’ampliamento del sistema intervenuto tra la prima fase (2005‑2007) e la seconda fase (2008‑2012) di attuazione della direttiva 2003/87. In ciò consiste anche l’asserito errore che il Landesverwaltungsgericht Niederösterreich [Tribunale amministrativo del Land della Bassa Austria] adduce con la sua ottava questione. Esso suppone che i dati sulle emissioni di impianti i quali, prima del 2008, rientravano solo in parte nel sistema istituito dalla direttiva 2003/87 siano stati presi in considerazione in modo incompleto, ossia solo nei limiti in cui essi già ricadevano nel sistema.

120. Le modifiche intervenute nel secondo periodo di assegnazione hanno tratto origine dai chiarimenti forniti dalla Commissione sulla nozione di impianto di combustione, in ragione dei quali alcuni Stati membri hanno dovuto inserire una serie di altri impianti (25). Inoltre, aderivano al sistema la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein.

121. La Commissione si è basata, nel determinare le emissioni storiche ai fini della fissazione del massimale per l’industria, sul registro emissioni dell’Unione (26). Il registro in parola non conteneva, però, nessun dato sulle emissioni per impianti che erano stati inclusi nel sistema per la prima volta nel secondo periodo di assegnazione.

122. Come osserva correttamente la Commissione, ciò si pone in linea con l’articolo 10 bis, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2003/87, in base al quale solo le emissioni medie verificate negli anni compresi tra il 2005 e il 2007 possono essere prese in considerazione in sede di calcolo del massimale per l’industria. Quanto alle attività incluse già dal 2008, manca una disciplina comparabile all’articolo 9 bis, paragrafo 2, che obblighi gli Stati membri a comunicare anche per esse i dati sulle emissioni verificate. Le emissioni incluse solo dal 2008 non erano quindi verificate e non potevano, di conseguenza, essere prese in considerazione.

123. Anche a tal riguardo il tenore della disposizione applicabile comporta una considerazione asimmetrica delle emissioni. Trovano, quindi, qui spazio le medesime considerazioni esposte rispetto alle asimmetrie già esaminate.

124. Ne consegue che dall’analisi delle questioni in parola non è emerso nulla che possa mettere in discussione la validità della determinazione del fattore di correzione intervenuta con la decisione 2013/448.

D –    Sulla motivazione della determinazione del fattore di correzione

125. Il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] (quinta e sesta questione) e il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (terza questione) sollevano dinanzi alla Corte dubbi anche quanto alla motivazione della determinazione del fattore di correzione.

126. Le questioni suddette si riferiscono al fatto che la motivazione della decisione 2013/448, in particolare il punto 25, non conterrebbe tutte le indicazioni necessarie per comprendere il calcolo del fattore di correzione. Nel dettaglio si tratta del fatto che determinati valori potevano essere ricavati solo indirettamente da singole informazioni nella motivazione (v., sul punto, infra, sub 4) e che un documento esplicativo pubblicato successivamente dalla direzione generale «Azione per il clima» conterrebbe sì importanti indicazioni aggiuntive, ma, in primo luogo, non sarebbe parte della motivazione (v., sul punto, infra, sub 3) e, in secondo luogo, continuerebbe a mancare di molte informazioni necessarie (v., sul punto, infra, sub 2). Al fine di rispondere alle questioni menzionate, occorre anzitutto precisare i requisiti che la motivazione deve soddisfare (v., sul punto, infra, sub 1).

1.      Sulla necessaria motivazione della determinazione del fattore di correzione nella decisione 2013/448

127. Com’è noto, la motivazione necessaria ai sensi dell’articolo 296, secondo comma, TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in causa e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (27).

128. La Corte lo ha interpretato nel senso che la motivazione delle decisioni individuali ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (28).

129. Nel caso di un atto di portata generale, la motivazione può, invece, limitarsi a indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge; essa deve unicamente evidenziare nella sua essenza lo scopo perseguito dall’atto de quo (29). In questo caso sarebbe superfluo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche operate dall’istituzione (30).

130. La dibattuta determinazione del fattore di correzione non è indubbiamente una decisione individuale, ma un atto di portata generale e, allo stesso tempo, una decisione tecnica della Commissione. Si potrebbe quindi ritenere che i requisiti di motivazione siano limitati.

131. Una tale supposizione sarebbe, però, errata.

132. I limitati requisiti di motivazione previsti per gli atti di portata generale si giustificano in ragione del margine di discrezionalità riconosciuto al legislatore, che sta, di norma, alla loro base. Tale discrezionalità è soggetta a un esame giurisdizionale solo parzialmente, cosicché è sufficiente che la motivazione contenga gli elementi necessari per un siffatto circoscritto esame.

133. Nel determinare il fattore di correzione nella decisione 2013/448, la Commissione non ha, però, fatto esercizio di facoltà che le accordavano una siffatta discrezionalità. Il metodo di calcolo e i dati da prendere in considerazione si ricavano dalla direttiva 2003/87 e dalla decisione 2011/278. Un controllo giurisdizionale si estende, pertanto, nella sostanza, alla corretta applicazione del metodo in parola e all’impiego di dati corretti. La motivazione deve quindi contenere i dati necessari a permettere tale controllo.

2.      Sui dati utilizzati dalla Commissione

134. Se ne ricava già un elemento centrale della risposta alla sesta questione del Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi], ossia se la motivazione debba contenere tutti i dati necessari per valutare in dettaglio il calcolo del fattore di correzione.

135. La motivazione della decisione 2013/448 deve, in effetti, riferirsi esattamente a tali dati in quanto, diversamente, la Corte non potrebbe controllare se la Commissione abbia utilizzato i dati corretti per il calcolo del fattore di correzione e se abbia debitamente applicato il metodo di calcolo. Anche gli interessati necessitano, di conseguenza, dei dati in parola al fine di potersi avvalere dei rispettivi mezzi di impugnazione, dinanzi ai giudici dell’Unione o a quelli nazionali.

136. È evidente che la motivazione della determinazione del fattore di correzione contenuta nel punto 25 della decisione 2013/448 non risponde a tali requisiti, in quanto non contiene tutti i dati impiegati dalla Commissione per il suo calcolo. Il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] evidenzia, in particolare, tre fattori.

137. Per poter, in primis, controllare la determinazione della quota di emissioni che nel periodo 2005‑2007 sono imputabili a impianti non produttori di elettricità, occorrerebbe sapere quali impianti siano stati considerati dalla Commissione come impianti di produzione di elettricità.

138. In secondo luogo, il calcolo del quantitativo totale delle emissioni degli impianti per i quali le regole in materia di scambio di quote di emissioni valgono solo a partire dal 2013 può essere compreso soltanto avendo accesso ai dati forniti al riguardo alla Commissione dagli Stati membri a norma dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87.

139. E, in terzo luogo, una verifica delle assegnazioni non corrette presuppone che sia possibile avere accesso agli elenchi forniti dagli Stati membri contenenti i quantitativi totali annui preliminari di quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito.

140. Non ritengo, tuttavia, necessario inserire tutti i suddetti dati nella motivazione dell’atto giuridico, giacché quest’ultima diverrebbe in tal caso oltremodo voluminosa. La Corte ha infatti riconosciuto che il grado di precisione della motivazione di una decisione deve essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (31). Sarebbe stato sufficiente dare la possibilità di prendere visione dei dati grezzi necessari e prevedere un’indicazione in tal senso nella motivazione.

141. Ma ciò manca. Anzi, la Commissione ha addirittura denegato l’accesso ai dati a fronte delle richieste in tale senso. Così facendo, essa ha negato una tutela giuridica completa rispetto al calcolo del fattore di correzione.

142. La Commissione e la Germania eccepiscono che tali dati contenevano segreti commerciali.

143. Orbene, la tutela delle informazioni riservate e dei segreti commerciali deve essere attuata in modo da conciliarla con le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e con il rispetto del diritto di difesa delle parti della controversia (32).

144. Ciò significa, di norma, che l’autorità di controllo, solitamente un giudice, per essere in grado di decidere con piena cognizione di causa, deve necessariamente poter disporre di tutte le informazioni necessarie, dati riservati e segreti commerciali compresi. Di contro, deve essere possibile negare la comunicazione di tali informazioni a una parte quando l’altra abbia convinto l’autorità di controllo della sussistenza di un interesse prevalente a un loro trattamento riservato (33).

145. Nel caso di specie, tuttavia, l’interesse superiore al trattamento riservato di tutti i dati necessari appare dubbio. L’articolo 17 della direttiva 2003/87 prevede, infatti, che le decisioni sull’assegnazione di quote e le comunicazioni delle emissioni previste dalle autorizzazioni ad emettere gas a effetto serra e detenute dall’autorità competente siano messe a disposizione del pubblico da tale autorità a norma della direttiva sull’informazione ambientale (34). Lo stesso si evince dall’articolo 15 bis della direttiva 2003/87.

146. Come stabilisce l’articolo 15 bis, secondo comma, della direttiva 2003/87, ciò non esclude la tutela di segreti commerciali che siano comunque presenti, ma occorre prevedere requisiti di motivazione stringenti per un siffatto segreto, in quanto l’obbligo di rispettarlo non può essere inteso in senso così lato da privare del suo contenuto essenziale il dovere di motivazione a detrimento del diritto alla difesa (35).

147. Occorre in particolare considerare che, in base all’articolo 4, paragrafo 2, quarto periodo, della direttiva sull’informazione ambientale e all’articolo 6, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento Aarhus (36), l’accesso alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente non può essere negato appellandosi alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali.

148. Nulla cambia, contrariamente a quanto indicato dalla Commissione, neppure con la sentenza Ville de Lyon. È vero che anche detta sentenza riguardava l’accesso a determinate informazioni sull’applicazione della direttiva 2003/87, ma quelle informazioni erano oggetto di una disciplina speciale, che, in deroga alla direttiva sull’informazione ambientale, ne escludeva la consultazione (37). Rispetto alle informazioni rilevanti nel caso di specie non consta, invece, nessuna disciplina speciale che impedisca di applicare all’obbligo di motivazione i principi della direttiva sull’informazione ambientale e del regolamento Aarhus.

149. Che molte, forse addirittura tutte, le informazioni rilevanti nei casi di specie riguardino le emissioni nell’ambiente è quantomeno verosimile. Si renderebbe quindi necessario esaminare con cura quali dei dati utilizzati non riguardino le emissioni nell’ambiente e, allo stesso tempo, debbano essere mantenuti riservati in quanto segreti commerciali. Al riguardo, la Commissione dovrà esaminare anche se l’interesse alla tutela dei segreti commerciali originariamente riconosciuti sia venuto meno con il decorso del tempo (38). Tutti gli altri dati necessari per la verifica della determinazione del fattore di correzione dovrebbero essere accessibili al pubblico e, quindi, anche alle imprese interessate.

150. Nei procedimenti in esame non è possibile stabilire definitivamente quali tra i dati impiegati per la determinazione del fattore di correzione debbano essere mantenuti riservati per motivi imperativi. La Germania, per esempio, ha precisato, in occasione dell’udienza, che i dati relativi al totale delle emissioni annue degli impianti sarebbero pubblici, mentre i dati sui sottoimpianti sarebbero coperti da segreto commerciale poiché permettono di risalire alla produzione. In quale misura i dati da ultimo citati siano necessari ai fini della verifica del calcolo del fattore di correzione e se dovessero essere effettivamente mantenuti riservati, non è oggetto del presente procedimento.

151. La determinazione del fattore di correzione nell’articolo 4 e nell’allegato II della decisione 2013/448 risulta quindi insufficientemente motivata e, pertanto, invalida. La Commissione è tenuta a emanare una nuova decisione sufficientemente motivata e ad esaminare, in tale contesto, in quale misura sia giustificato mantenere riservati i dati di partenza. In caso di incongruenze, si renderà eventualmente necessario agire nuovamente in sede giudiziale.

3.      Sul documento esplicativo della direzione generale «Azione per il clima»

152. Occorre, inoltre, chiarire che il documento esplicativo della direzione generale «Azione per il clima» del 22 ottobre 2013 (39), citato dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio nella sua terza questione, non può sanare l’indicata carenza di motivazione, e ciò a prescindere dal suo contenuto.

153. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio muove, infatti, dalla corretta considerazione che la motivazione di un atto dell’Unione deve figurare nell’atto stesso e deve essere adottata dall’autore dell’atto (40).

154. È vero che la portata dell’obbligo di motivazione può essere limitata se le informazioni rilevanti sono note agli interessati (41). Tuttavia, ciò eventualmente solo se gli interessati potevano prendere conoscenza delle informazioni in parola contemporaneamente alla decisione. Il documento di cui trattasi reca tuttavia la data del 22 ottobre 2013, mentre la decisione 2013/448 è stata adottata già il 5 settembre 2013 ed è stata pubblicata due giorni più tardi.

155. Indicazioni successive sono idonee, per contro, soltanto a integrare una motivazione già di per sé sufficiente, mentre non possono sanare una carenza di motivazione. A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, le indicazioni in parola non sono state pubblicate dalla Commissione come autrice della decisione 2013/448, bensì solo da uno dei suoi servizi. Il fatto che la Commissione nel presente procedimento non spenda parola direttamente sul documento di cui trattasi e, per quanto attiene alla considerazione degli impianti di cogenerazione, arrivi nel frattempo addirittura a smentirlo, indica che tale documento è privo della medesima qualità della motivazione di un atto giuridico.

4.      Sulla necessità di un’estrapolazione

156. Il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] domanda, infine, se sia compatibile con l’obbligo di motivazione il fatto che i quantitativi di emissioni e le quote di emissioni determinanti ai fini del calcolo del fattore di correzione siano indicati nella decisione solo in parte. Tale questione si fonda sul fatto che determinati valori di partenza possono essere stabiliti soltanto estrapolandoli dai valori indicati mediante applicazione di regole di calcolo.

157. Ciò non integra tuttavia una carenza di motivazione, dal momento che la portata dell’obbligo di motivazione deve essere valutata sulla base del contesto dell’atto e dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione (42). Se tale contesto consente, con uno sforzo ragionevole, di ricavare dalle informazioni di una motivazione ulteriori informazioni affidabili, l’obbligo di motivazione può dirsi soddisfatto. Come già osservato, non è però possibile, in tal modo, ricavare tutti i dati necessari.

5.      Conclusione sulla motivazione della determinazione del fattore di correzione

158. La determinazione del fattore di correzione nell’articolo 4 e nell’allegato II della decisione 2013/448 è insufficientemente motivata e, quindi, invalida.

E –    Sul diritto fondamentale di proprietà (sesta questione delle cause Borealis Polyolefine e seconda questione delle cause Esso Italiana)

159. Sia le domande di pronuncia pregiudiziale provenienti dall’Austria che quelle provenienti dall’Italia sollevano la questione se la riduzione dei quantitativi calcolati preliminarmente di quote di emissioni da attribuire a titolo gratuito sulla base del fattore di correzione sia compatibile con il diritto fondamentale di proprietà.

160. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio si richiama a questo proposito all’articolo 1, paragrafo 1, del primo protocollo addizionale alla CEDU e all’articolo 17 della CEDU, che vieta l’abuso dei diritti e delle libertà. Posto, però, che la CEDU non è direttamente vincolante per l’Unione (43), assumono rilievo le corrispondenti disposizioni della Carta del diritti fondamentali, ossia gli articoli 17 e 54, e i corrispondenti principi generali del diritto dell’Unione.

161. Non è chiaro, tuttavia, in quale misura possa sussistere un abuso dei diritti fondamentali ai sensi dell’articolo 54 della Carta.

162. Occorre quindi esaminare soltanto il diritto di proprietà tutelato all’articolo 17 della Carta e il corrispondente principio di diritto generale. La tutela attribuita da tale articolo non verte su semplici interessi od opportunità di tipo commerciale, il cui carattere aleatorio è inerente alla natura stessa delle attività economiche, bensì su diritti aventi valore patrimoniale da cui derivi, con riguardo all’ordinamento giuridico, una posizione giuridica acquisita che consente l’esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del suo titolare (44).

163. Ciò è tuttavia escluso nel caso del calcolo preliminare delle assegnazioni a titolo gratuito a norma dell’articolo 10 della decisione 2011/278. Esso non può fondare alcuna posizione giuridica acquisita, dal momento che l’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 prevede la possibilità di una riduzione.

164. In senso contrario non depongono neppure i riferimenti del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio alla giurisprudenza della Corte EDU, secondo cui la tutela della proprietà a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, del primo protocollo addizionale alla CEDU può anche comprendere le aspettative legittime all’acquisto di un bene (45). È vero che l’articolo 17 della Carta ha, a norma dell’articolo 52, paragrafo 3, lo stesso significato e la stessa portata del diritto di proprietà sancito dalla CEDU nell’interpretazione fornitane dalla Corte EDU (46); tuttavia, la previsione di un fattore di correzione per la riduzione del calcolo provvisorio esclude un affidamento legittimo (47).

165. Ne consegue che il fattore di correzione non lede il diritto fondamentale di proprietà.

F –    Sulla procedura di adozione della decisione 2013/448

166. Con la quinta questione pregiudiziale nelle cause Borealis Polyolefine, la seconda nella causa Dow Benelux e la sesta nelle cause Esso Italiana, i giudici remittenti desiderano essenzialmente sapere se la determinazione del fattore di correzione sia invalida per il fatto che la Commissione ha adottato la decisione 2013/448 senza seguire la procedura di regolamentazione con controllo ai sensi dell’articolo 5 bis della decisione 1999/468.

167. Tali questioni si pongono in ragione del fatto che, in base all’articolo 10 bis, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, la Commissione è sì autorizzata ad adottare misure di attuazione, ma deve applicare a tal fine la procedura di regolamentazione con controllo. Detta procedura mira a controllare la Commissione nell’esercizio di poteri quasi legislativi. Ciò avviene, da un lato, mediante un comitato di regolamentazione composto dai rappresentanti inviati dagli Stati membri e, dall’altro, mediante le successive possibilità di intervento accordate al Parlamento e al Consiglio.

168. La Commissione ha adottato, seguendo la suddetta procedura, la decisione 2011/278 e ha fissato nell’articolo 15, paragrafo 3, della stessa – sulla base dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 – le modalità di calcolo del fattore di correzione. Di contro, la determinazione quantitativa del fattore di correzione mediante l’adozione dell’articolo 4 e dell’allegato II della decisione 2013/448 è avvenuta senza il ricorso a una procedura distinta.

169. La base giuridica diretta per l’adozione dell’articolo 4 e dell’allegato II della decisione 2013/448 è l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278, secondo cui la Commissione determina il fattore di correzione. È vero che l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278 non è indicato espressamente quale base giuridica nel preambolo della decisione 2013/448; esso è, però, indicato esplicitamente come tale nell’articolo 4 della stessa (48).

170. L’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278 non ha, tuttavia, fissato nessuna specifica modalità di procedura per la determinazione del fattore di correzione. In linea di principio, la Commissione era quindi autorizzata all’adozione semplice dell’articolo 4 della decisione 2013/448.

171. Varie parti del procedimento eccepiscono però che la Commissione, con l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278, si sarebbe auto-assegnata illegittimamente il potere di determinare il fattore di correzione o avrebbe quantomeno aggirato la procedura di regolamentazione con controllo.

172. Occorre anzitutto esaminare se la Commissione, con l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278, potesse auto-costituirsi una base giuridica per l’adozione dell’articolo 4 della decisione 2013/448.

173. A norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2003/87, la Commissione adotta misure di attuazione per l’assegnazione di quote di emissioni a titolo gratuito. La decisione 2011/278 è una misura di attuazione siffatta. Posto che l’autorizzazione alla determinazione del fattore di correzione contenuta nell’articolo 15, paragrafo 3, è anch’essa finalizzata all’esecuzione, la creazione di una siffatta base giuridica è, di norma, un oggetto adeguato per una tale misura di attuazione.

174. Limiti al contenuto delle misure di attuazione possono, tuttavia, essere ricavati dagli articoli 290 TFUE e 291 TFUE.

175. A norma dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE, un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrino o modifichino determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo. Si tratta della cosiddetta legislazione delegata.

176. Di contro, a norma dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, quando sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi stessi atti conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione (o, in casi eccezionali, al Consiglio).

177. La riconduzione della decisione 2013/448 a una delle due suddette categorie è complicata dal fatto che la Commissione non l’ha designata né come atto giuridico delegato né come misura di attuazione, benché una designazione corrispondente sia richiesta dall’articolo 290, paragrafo 3, TFUE e dall’articolo 291, paragrafo 4, TFUE. Ritengo, tuttavia, che tale errore processuale non sia nel caso di specie così grave da giustificare l’annullamento della decisione, dal momento che dal suo contesto e dal suo contenuto si evince con sufficiente chiarezza che si tratta di una misura di attuazione (49).

178. Nel senso di una misura di attuazione della Commissione depone già il fatto che la decisione 2013/448 si fonda sulla decisione 2011/278. Un atto giuridico delegato può, invece, a norma dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE, fondarsi soltanto su un atto legislativo. Si tratta, in base all’articolo 289 TFUE, di atti giuridici che sono adottati sulla base dei Trattati dal Parlamento e dal Consiglio, ma non di atti giuridici della Commissione. Di contro, le competenze esecutive a norma dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE possono essere trasferite mediante meri «atti giuridicamente vincolanti», compresi quindi gli atti giuridici della Commissione come la decisione 2011/278.

179. Il contenuto dell’articolo 4 e dell’allegato II della decisione 2013/448 conferma la qualifica come misura di attuazione.

180. L’istituzione interessata è tenuta a precisare, nell’esercizio dei poteri di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE, il contenuto dell’atto di base per garantire la sua attuazione a condizioni uniformi in tutti gli Stati membri(50). Una tale precisazione ricade quindi nell’ambito di quanto ammesso qualora le disposizioni dell’atto di esecuzione, da un lato, rispettino gli obiettivi generali essenziali perseguiti dall’atto di base e, dall’altro, siano necessarie o utili per l’attuazione di quest’ultimo (51). È invece esclusa ogni modifica o integrazione dell’atto di base, anche nei suoi elementi non essenziali (52). Infatti, la Commissione può essere autorizzata in tal senso solo a norma dell’articolo 290 TFUE.

181. Con la determinazione del fattore di correzione mediante l’adozione dell’articolo 4 e dell’allegato II della decisione 2013/448 non è stata modificata né la decisione 2011/278 né la direttiva 2003/87. Il testo dei suddetti atti giuridici non è stato toccato; il suo contenuto normativo è rimasto, viceversa, invariato (53). Non si è neppure in presenza di un’integrazione. Infatti, con la decisione 2013/448 la Commissione non ha introdotto il fattore di correzione. Esso era già previsto nella direttiva 2003/87 ed è stato meglio precisato nella decisione 2011/278.

182. La determinazione quantitativa del fattore di correzione costituisce piuttosto il risultato dell’applicazione delle modalità di calcolo a tal proposito già disciplinate e dà così attuazione all’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 e all’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278. Dato che, in questo contesto, anche la necessità di una determinazione unitaria a livello di Unione è pacifica, l’adozione dell’articolo 4 e dell’allegato II della decisione 2013/448 costituisce una misura di attuazione compresa nell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.

183. Per le misure di attuazione della Commissione, l’articolo 291, paragrafo 3, TFUE prevede che il Parlamento e il Consiglio stabiliscano preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri sull’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione.

184. Tali regole e principi generali sono stati fissati nel regolamento (UE) n. 182/2011 (54). Quest’ultimo non fonda, tuttavia, nessun requisito vincolante sotto il profilo procedurale, posto che, in base al suo articolo 1, le regole e i principi suddetti sono applicabili (solo) ove un atto giuridicamente vincolante dell’Unione richieda che l’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione sia soggetta al controllo degli Stati membri.

185. La Commissione poteva quindi, con l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278, autorizzare se stessa alla determinazione del fattore di correzione senza prevedere un’ulteriore procedura di controllo.

186. Posto che la determinazione del fattore di correzione nell’articolo 4 e nell’allegato II della decisione 2013/448 costituisce una misura di attuazione ai sensi dell’articolo 291 TFUE, risulta facile rispondere anche all’eccezione vertente sull’elusione della procedura di regolamentazione con controllo.

187. L’articolo 10 bis, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2003/87 impone, infatti, tale procedura soltanto per le misure di modifica mediante integrazione di elementi non essenziali della direttiva. Non si tratta però, in base alle considerazioni che precedono, di questo.

188. L’esame delle questioni attinenti alla mancata applicazione della procedura di regolamentazione con controllo non ha pertanto evidenziato nulla che possa mettere in discussione la legittimità della determinazione del fattore di correzione intervenuta con l’articolo 4 e l’allegato II della decisione 2013/448.

G –    Sulla possibilità di adire direttamente i giudici dell’Unione

189. Con la sua prima questione, il Raad van State [Consiglio di Stato dei Paesi Bassi] domanda se i gestori di impianti industriali esistenti per i quali le disposizioni della direttiva 2003/87 sullo scambio delle quote di emissioni si applicavano a partire dal 2013 potessero con certezza chiedere, a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, dinanzi al Tribunale l’annullamento del fattore di correzione fissato nella decisione 2013/448.

190. La questione in parola si riferisce alla giurisprudenza consolidata secondo cui il riconoscimento del diritto di una parte a far valere dinanzi ai giudici nazionali l’invalidità di un atto dell’Unione presuppone che essa non fosse legittimata, a norma dell’articolo 263 TFUE, ad agire contro tale atto giuridico dinanzi ai giudici dell’Unione (55). Permettere a un cittadino che sia indubbiamente legittimato ad agire contro un atto giuridico dell’Unione nell’ambito di un ricorso di annullamento, a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, di mettere in dubbio, dopo il decorso del termine di impugnazione previsto nell’articolo 263, sesto comma, TFUE, la validità del suddetto atto dinanzi ai giudici nazionali significherebbe, infatti, riconoscergli la possibilità di eludere il carattere definitivo che deve essere attribuito a una decisione dopo la scadenza del termine di impugnazione (56).

191. La rilevanza delle già analizzate questioni attinenti alla validità della determinazione del fattore di correzione nella decisione 2013/448 sarebbe quindi dubbia se le imprese ricorrenti nei procedimenti principali avessero potuto agire dinanzi ai giudici dell’Unione e se un tale diritto di ricorso fosse sussistito con certezza. Mostrerò, tuttavia, che così non è.

192. Ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti (prima variante) o che la riguardano direttamente e individualmente (seconda variante) nonché contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura di esecuzione (terza variante).

193. Un diritto di ricorso a favore delle imprese ricorrenti nei procedimenti principali a norma della prima o della terza variante dell’articolo 263, quarto comma, TFUE è escluso. La decisione 2013/448 non si dirige infatti a loro, bensì, a norma dell’articolo 5, agli Stati membri. E il fattore di correzione previsto nell’articolo 4 richiede l’adozione di misure di esecuzione da parte degli Stati membri, ossia un adeguamento del quantitativo di quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito già fissato in via preliminare.

194. Le imprese ricorrenti potrebbero, pertanto, essere legittimate a proporre ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione contro la decisione 2013/448 solo in conformità della seconda variante dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Ciò presuppone che la decisione le riguardi direttamente e individualmente.

195. I soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente solo se detta decisione li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizzi rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingua in modo analogo ai destinatari (57).

196. Il fattore di correzione riguarda in effetti, potenzialmente, chiunque, atteso che deve trovare applicazione anche a impianti che sono inclusi per la prima volta nel sistema dello scambio di quote di emissioni. Tuttavia, il fatto che una disposizione abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità degli operatori economici interessati, non esclude che essa possa comunque interessare individualmente taluni di essi (58).

197. Nel caso di specie sussiste una cerchia determinabile di interessati, ossia gli impianti industriali già esistenti. Per essi era stato calcolato in via preliminare il numero delle quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito e tale quantitativo preliminare è stato ridotto in applicazione del fattore di correzione. Inoltre, in base all’articolo 4 della direttiva 2003/87, tutti gli impianti inclusi nel sistema di scambio necessitano di un’autorizzazione affinché l’impianto sia autorizzato ad emettere gas a effetto serra.

198. La giurisprudenza vertente sulla questione se i membri di una siffatta cerchia determinabile siano anche individualmente interessati non è tuttavia molto chiara.

199. La Corte ha, da un lato, stabilito che, qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, tali soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di un gruppo ristretto di operatori economici (59). Ciò può accadere, in particolare, quando la decisione modifica i diritti acquisiti dal singolo prima della sua adozione (60).

200. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai Paesi Bassi, i titolari degli impianti interessati non hanno acquisito, anteriormente alla decisione sul fattore di correzione, nessun diritto di emissione, dato che il calcolo preliminare delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera e), della decisione 2011/278 era di carattere provvisorio (61). Come osservato correttamente dalla Commissione, ai fini della determinazione dei diritti delle imprese occorre invece anzitutto determinare il fattore di correzione. A questo proposito, la situazione in esame si differenzia, ad esempio, da quella alla base della sentenza Codorniu, concernente una disciplina che andava a incidere su marchi preesistenti (62), o della sentenza Infront, in cui si discuteva di diritti già accordati di trasmissione televisiva di eventi sportivi (63).

201. Occorre quindi esaminare la giurisprudenza di senso contrario. La Corte ha ivi stabilito che la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applichi un provvedimento non comporta affatto che tali soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da detto provvedimento, qualora sia assodato che tale applicazione è effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto medesimo (64). Così, per la Corte, l’appartenenza a un circolo chiuso non può individuare la persona riguardata quando tale circolo chiuso risulta dalla natura stessa del regime istituito dalla normativa impugnata (65).

202. La Corte ha quindi escluso di recente, in un caso molto simile, la sussistenza di un’incidenza individuale. Si discuteva in quel caso della fissazione di un coefficiente di attribuzione applicato alle richieste nell’ambito del mercato dello zucchero presentate in un determinato periodo. La cerchia dei richiedenti era così, in effetti, definita in modo conclusivo (66), ma il coefficiente è stato calcolato soltanto sulla base dei quantitativi disponibili e di quelli richiesti, senza considerare il contenuto delle richieste individuali o la situazione specifica dei richiedenti (67).

203. Proprio questo si verifica nel caso di specie: il fattore di correzione è calcolato sulla base delle indicazioni degli Stati membri circa il fabbisogno riconosciuto degli impianti industriali in ragione dei parametri di riferimento e del massimale per l’industria, senza prendere in considerazione la situazione dei singoli impianti. Occorre quindi, in conformità alla giurisprudenza della Corte, negare la sussistenza di un’incidenza individuale pur in presenza di una cerchia determinabile di operatori economici. Non sussisteva, quindi, alcun diritto di ricorso.

204. Quand’anche la Corte non condivida tale opinione, la discussione in parola mostra che l’eventuale diritto di ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione non sarebbe stato comunque certo. Esso non osterebbe, quindi, alle questioni sulla validità del fattore di correzione.

205. Occorre quindi rispondere alla prima questione sollevata nella causa Dow Benelux che i gestori di impianti ai quali le disposizioni della direttiva 2003/87 sullo scambio di quote di emissioni si applicano a partire dal 2013, ad eccezione dei gestori di impianti a norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva in parola e dei nuovi entranti, non potevano con certezza presentare, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, ricorso in annullamento dinanzi al Tribunale avverso la decisione 2013/448 nella parte in cui essa determina il fattore di correzione.

H –    Sulle conseguenze dell’illegittimità della decisione 2013/448

206. Con la sua settima questione, il Landesverwaltungsgericht Niederösterreich [Tribunale amministrativo del Land della Bassa Austria] domanda se l’accertamento dell’invalidità del fattore di correzione ne escluda l’applicazione. Si tratta cioè di stabilire se, in caso di annullamento del fattore di correzione da parte della Corte, gli impianti riceverebbero il quantitativo calcolato preliminarmente di quote di emissioni da assegnare a titolo gratuito, senza alcuna riduzione.

207. La questione si pone nei limiti in cui, come da me stabilito supra, l’articolo 4 e l’allegato II della decisione 2013/448 risultino invalidi. Una pronuncia della Corte in tal senso avrebbe gli stessi effetti retroattivi di una sentenza di annullamento (68). Inoltre, la dichiarazione di invalidità costituisce per qualsiasi giudice nazionale un motivo sufficiente per considerare invalido l’atto di cui trattasi ai fini dei provvedimenti che esso debba adottare (69).

208. Si potrebbe quindi ritenere che a, seguito dell’annullamento del fattore di correzione, debba avvenire un’assegnazione definitiva nella misura del calcolo preliminare non ridotto. Gli impianti riceverebbero così annualmente, per gli anni dal 2013 al 2015, rispettivamente tra il 6% e il 10% in più di quote di emissioni a titolo gratuito. Non si può escludere che tale assegnazione integrativa, quantomeno per il passato, renda necessario un corrispondente incremento del quantitativo totale delle quote di emissioni, dal momento che le quote di emissioni da assegnare non a titolo gratuito sono probabilmente già state messe all’asta. Durante gli anni successivi il quantitativo aggiuntivo di quote di emissioni a titolo gratuito sarebbe ancora maggiore, ma lo si potrebbe detrarre dal quantitativo di quote di emissioni da mettere all’asta.

209. Siffatte assegnazioni aggiuntive a titolo gratuito sarebbero evidentemente inopportune. In base alla valutazione delle domande di pronuncia pregiudiziale qui proposta, infatti, le assegnazioni a titolo gratuito non erano troppo poche, ma troppe (70).

210. La Germania oppone, peraltro, a una siffatta lettura delle conseguenze dell’invalidità del fattore di correzione che la determinazione del fattore in parola integrerebbe un presupposto per un’assegnazione definitiva. In tal caso, il suo annullamento metterebbe in discussione la base giuridica delle assegnazioni definitive ad oggi compiute e osterebbe a future assegnazioni definitive. Ciò potrebbe compromettere gravemente la funzionalità del sistema.

211. Tuttavia, in definitiva, la mancanza di un fattore di correzione non può avere un tale impatto. Occorre, infatti, ricordare che le competenti istituzioni dell’Unione sono tenute ad adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio all’illegittimità accertata quando la Corte constata, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, l’invalidità di un atto emanato da un’autorità dell’Unione. L’obbligo previsto dall’articolo 266 TFUE in caso di sentenza di annullamento si applica per analogia in un tal caso (71).

212. L’annullamento del fattore di correzione avrebbe quindi carattere solo provvisorio. La Commissione dovrebbe determinare quanto prima il nuovo fattore alla luce della decisione sulle presenti domande di pronuncia pregiudiziale.

213. Al fine di evitare una situazione di incertezza del diritto sino all’adozione di una nuova decisione da parte della Commissione, la Corte dovrebbe – come chiede la Commissione in via subordinata – adottare, unitamente all’annullamento del fattore di correzione, una disciplina transitoria. Qualora lo giustifichino esigenze imperative di certezza del diritto, la Corte può valersi, in forza dell’articolo 264, secondo comma, TFUE – applicabile per analogia nell’ambito di un procedimento pregiudiziale vertente sulla validità di atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 267 TFUE –, di un potere discrezionale per stabilire, in ciascun caso concreto, quali effetti di un tale atto debbano considerarsi definitivi (72).

214. Si impone, pertanto, di mantenere gli effetti del preesistente fattore di correzione quantomeno sino alla sua rideterminazione.

215. Inoltre, la Corte dovrebbe anche escludere in larga misura che, sulla base del nuovo fattore di correzione, possa rendersi necessario modificare assegnazioni che sono già state compiute o che devono essere compiute prima della rideterminazione del fattore di correzione.

216. Una siffatta limitazione degli effetti della sentenza è possibile quando, da un lato, sussiste un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando, dall’altro, risulta che i singoli e le autorità nazionali sono stati indotti a un comportamento non conforme alla normativa dell’Unione da un’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito anche i comportamenti di altri Stati membri o della Commissione (73).

217. Tali condizioni sono soddisfatte nel caso di specie. Una riduzione retroattiva lederebbe, infatti, il legittimo affidamento di una molteplicità di gestori di impianti sulla consistenza delle assegnazioni definitive. E, per il periodo tra la sentenza della Corte e l’adozione di un nuovo fattore di correzione, essi sarebbero senza colpa esposti a un rischio finanziario se le future assegnazioni a titolo gratuito avvenissero con riserva di riduzioni.

218. Qualora, però, la Corte proceda a limitare temporalmente, in tal modo, l’applicazione del fattore di correzione correttamente quantificato, la Commissione dovrebbe procedere a determinare quest’ultimo al più presto. La Corte dovrebbe quindi fissarle un termine; un anno sembra adeguato.

IV – Conclusione

219. Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:

1)      Le cause C‑191/14 e C‑192/14, C‑295/14 nonché C‑389/14, da C‑391/14 a C‑393/14 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      I gestori di impianti ai quali le disposizioni della direttiva 2003/87/CE trovavano applicazione a partire dal 2013, ad eccezione dei gestori di impianti ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva suddetta e dei nuovi entranti, non potevano con certezza proporre, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale dell’Unione europea avverso la decisione 2013/448/UE nella parte in cui essa determina il fattore di correzione transettoriale uniforme.

3)      L’articolo 4 e l’allegato II della decisione 2013/448 sono annullati.

4)      Gli effetti dell’articolo 4 e dell’allegato II della decisione 2013/448 sono mantenuti sino a che la Commissione, entro un termine adeguato, che non può superare un anno, avrà emanato una nuova decisione ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 e dell’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2011/278/UE. È esclusa un’applicazione di tale nuova decisione alle assegnazioni anteriori alla sua emanazione.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), nella versione del Trattato di adesione della Croazia (GU 2012, L 112, pag. 21).


3 –      Cause C‑502/14 (Buzzi Unicem SpA e a., GU 2015, C 26, pag. 13); C‑506/14 (Yara Suomi Oy e a., GU 2015, C 34, pag. 9); C‑180/15 (Borealis AB e a./Naturvårdsverket, GU 2015, C 205, pag. 21); da C‑369/15 a C‑373/15 (Siderúrgica Sevillana e a., GU 2015, C 311, pag. 35), nonché C‑456/15 (BASF); C‑457/15 (Vattenfall Europe); C‑460/15 (Schaefer Kalk), e C‑461/15 (EON Kraftwerke).


4 –      Direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 (GU L 140, pag. 63).


5 –      Decisione 2011/278/UE della Commissione, del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 130, pag. 1).


6 –      Decisione 2013/448/UE della Commissione, del 5 settembre 2013, relativa alle misure nazionali di attuazione per l’assegnazione transitoria a titolo gratuito di quote di emissioni di gas a effetto serra ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 2003/87/CE (GU L 240, pag. 27).


7 –      Articolo 10 bis, paragrafi 1, terzo comma, secondo periodo, 3 e 7, terzo comma, della direttiva 2003/87.


8 –      Si tratta, a norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 12, della direttiva 2003/87, degli impianti in settori o sottosettori esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, il cosiddetto «carbon leakage».


9 –      Essi ricevono, in base all’articolo 10 bis, paragrafo 11, della direttiva 2003/87, in un primo momento l’80% delle quote di emissioni di cui necessitano a titolo gratuito. Entro il 2020 tale quota è ridotta in modo lineare al 30% ed entro il 2027 allo 0%.


10 –      Sentenza Commissione/Estonia (C‑505/09 P, EU:C:2012:179, punto 52).


11 –      V., per chiarimenti, punto 13 della decisione 2010/384/UE della Commissione, del 9 luglio 2010, relativa al quantitativo comunitario di quote da rilasciare nel 2013 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni dell’UE (GU L 175, pag. 36).


12 –      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione nei procedimenti in esame, era questa, nel 2010, secondo quanto affermano la Esso Nederland e gli altri, anche la posizione della Commissione.


13 –      V. supra, paragrafo 42.


14 –      V. supra, paragrafi 49 e 52.


15 –      Direzione generale «Azione per il clima» della Commissione europea, «Calculations for the determination of the cross-sectoral correction factor in the EU ETS in 2013 to 2020», del 22 ottobre 2013, allegato 1, pag. 4, della memoria della Borealis Polyolefine, del 12 agosto 2015, reperibile anche alla pagina Internet della Commissione all’indirizzo http://ec.europa.eu/clima/policies/ets/cap/allocation/docs/ cross_sectoral_correction_factor_en.pdf.


16 –      V. supra, paragrafi 56 e segg.


17 –      48a proposta di modifica (documento del Consiglio 14764/08, del 24 ottobre 2008, pag. 80).


18 –      Accettata dal Parlamento il 17 dicembre 2008 (v. documento del Consiglio 17146/08, del 14 gennaio 2010), confermata dal Consiglio il 4 aprile 2009.


19 –      Documento del Consiglio 17146/08, del 14 gennaio 2010, pag. 5.


20 –      Regolamento (UE) n. 601/2012 della Commissione, del 21 giugno 2012, concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 181, pag. 30).


21 –      Decisione della Commissione, del 18 luglio 2007, che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE (GU L 229, pag. 1).


22 –       V. supra, paragrafi 71 e segg.


23 –      V. supra, paragrafi 86 e segg.


24 –      Sentenza Commissione/Estonia (C‑505/09 P, EU:C:2012:179, punto 54).


25 –      Comunicazione della Commissione del 22 dicembre 2005, «Orientamenti complementari sui piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008‑2012 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE», COM(2005) 703 definitivo, punto 36 e allegato 8.


26 –      Documento della direzione generale «Azione per il clima» (cit. alla nota 15, pag. 2).


27 –      V., ad esempio, sentenze Régie Networks (C‑333/07, EU:C:2008:764, punto 63); AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 58), nonché Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 44).


28 –      Sentenze SISMA/Commissione (32/86, EU:C:1987:187, punto 8); Corus UK/Commissione (C‑199/99 P, EU:C:2003:531, punto 145); Ziegler/Commissione (C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 115), nonché Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 93).


29 –      Sentenze AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 59) nonché Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 29).


30 –      Sentenze Eridania zuccherifici nazionali e a. (250/84, EU:C:1986:22, punto 38); Italia/Consiglio e Commissione (C‑100/99, EU:C:2001:383, punto 64); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 166); Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 62); Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 134); AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 59), nonché Estonia/Parlamento e Consiglio (C‑508/13, EU:C:2015:403, punto 60).


31 –      Sentenza Delacre e a./Commissione (C‑350/88, EU:C:1990:71, punto 16).


32 –      Sentenze Mobistar (C‑438/04, EU:C:2006:463, punto 40) e Varec (C‑450/06, EU:C:2008:91, punto 52).


33 –      Sentenze Varec (C‑450/06, EU:C:2008:91, punto 53 e 54) nonché, sulle informazioni rilevanti ai fini della sicurezza, Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti da 117 a 129).


34 –      Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26).


35 –      Sentenza Niederlande e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione (296/82 e 318/82, EU:C:1985:113, punto 27).


36 –      Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264, pag. 13).


37 –      Sentenza Ville de Lyon (C‑524/09, EU:C:2010:822, punto 40).


38 –      Articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), e sentenza Internationaler Hilfsfonds/Commissione (C‑362/08 P, EU:C:2010:40, punti 56 e 57).


39 –      Cit. nella nota 15.


40 –      Sentenze Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑378/00, EU:C:2003:42, punto 66) nonché Etimine (C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 113).


41 –      V., ad esempio, sentenza Krupp Stahl/Commissione (275/80 e 24/81, EU:C:1981:247, punto 13).


42 –      V., ad esempio, sentenze Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 62) nonché Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 70).


43 –      Sentenze Kamberaj (C‑571/10, EU:C:2012:233, punto 60) e Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 44), nonché parere 2/13 (EU:C:2014:2454, punto 179).


44 –      Sentenza Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 34).


45 –      Corte eur. D.U., ad esempio, sentenze del 28 settembre 2004, Kopecký/Slovacchia (ricorso n. 44912/98, Recueil des arrêts et décisions 2004‑IX, punto 35), e del 25 giugno 2013, Gáll/Ungheria (ricorso n. 49570/11, punti 33 e 34).


46 –      V., in tal senso, sentenze Centre public d’action sociale d’Ottignies‑Louvain‑La‑Neuve (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 47) nonché Minister for Justice and Equality (C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punti 56 e 57).


47 –      V. Corte eur. D.U., sentenza del 6 ottobre 2005, Maurice/Francia (ricorso n. 11810/03, Recueil des arrêts et décisions 2005‑IX, punti 65 e 66).


48–      Sono così soddisfatte anche le condizioni previste per l’individuazione della base giuridica nella motivazione, v. sentenze Commissione/Consiglio (45/86, EU:C:1987:163, punto 9) e Commissione/Consiglio (C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 56).


49–      V., per analogia, la giurisprudenza della Corte sull’indicazione della base giuridica quale parte dell’obbligo di motivazione nelle sentenze Commissione/Consiglio (45/86, EU:C:1987:163, punto 9) e Commissione/Consiglio (C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 56).


50–      V. sentenze Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 39); Parlamento/Commissione (C‑65/13, EU:C:2014:2289, punto 43), nonché Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C: 2015:499, punto 30).


51–      V. sentenza Parlamento/Commissione (C‑65/13, EU:C:2014:2289, punto 46).


52–      V. sentenze Parlamento/Commissione (C‑65/13, EU:C:2014:2289, punto 45) nonché Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C: 2015:499, punto 31).


53–      V. anche sentenza Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C: 2015:499, punto 44).


54 –      Regolamento n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55, pag. 13).


55 –      Sentenze TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90, punto 23); Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 41), nonché Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 28).


56 –      Sentenze TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90, punti 18 e 24); Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 41), nonché Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 28).


57 –      Sentenze Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17, 238); Sahlstedt e a./Commissione (C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 26); Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 57), nonché T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 63).


58 –      Sentenza Sahlstedt e a./Commissione (C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 29).


59 –      Sentenza Sahlstedt e a./Commissione (C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 30).


60 –      Sentenze Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 59).


61 –      V. supra, paragrafo 163.


62 –      Sentenza Codorniu/Consiglio (C‑309/89, EU:C:1994:197, punti 21 e 22).


63 –      Sentenza Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159, punti da 73 a 77).


64 –      Sentenze Sahlstedt e a./Commissione (C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 31); Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 58), nonché T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 64).


65 –      Sentenza del Tribunale T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (T‑279/11, EU:T:2013:299, punto 84).


66 –      V., per chiarimenti, sentenza del Tribunale T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (T‑279/11, EU:T:2013:299, punto 81).


67 –      Sentenza T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti 65 e 66).


68 –      Sentenze Roquette Frères (C‑228/92, EU:C:1994:168, punto 17) e Centre d’exportation du livre français (C‑199/06, EU:C:2008:79, punti 61 e 63).


69 –      Sentenza International Chemical Corporation (66/80, EU:C:1981:102, punto 13) nonché ordinanza Fratelli Martini e Cargill (C‑421/06, EU:C:2007:662, punto 54).


70 –      V. supra, paragrafi 110 e segg.


71 –      Sentenze FIAMM e a./Consiglio e Commissione (C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 123) nonché Régie Networks (C‑333/07, EU:C:2008:764, punto 124).


72 –      Sentenze Parlamento/Consiglio (C‑22/96, EU:C:1998:258, punto 42) e Régie Networks (C‑333/07, EU:C:2008:764, punto 121).


73 –      Sentenze Bidar (C‑209/03, EU:C:2005:169, punto 69) e Richards (C‑423/04, EU:C:2006:256, punto 42).