Language of document : ECLI:EU:T:2018:180

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

11 aprile 2018 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Membro del personale nazionale distaccato presso l’EUPM in Bosnia-Erzegovina – Decisione di riassegnazione – Competenza del capo dell’EUPM di decidere la riassegnazione di un membro del personale nazionale distaccato – Obbligo di motivazione – Sviamento di potere – Errore manifesto di valutazione – Molestie psicologiche»

Nella causa T‑271/10 RENV,

H, rappresentata da M. Velardo, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Vitro e F. Naert, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, in primo luogo, una domanda basata sull’articolo 263 TFUE, diretta all’annullamento, da una parte, della decisione del 7 aprile 2010, firmata dal capo del personale della Missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) in Bosnia-Erzegovina, con cui la ricorrente è stata riassegnata al posto di «Criminal Justice Adviser – Prosecutor» presso l’ufficio regionale di Banja Luka (Bosnia-Erzegovina) e, dall’altra, della decisione del 30 aprile 2010, firmata dal capo della missione previsto all’articolo 6 della decisione 2009/906/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2009, relativa all’EUPM in Bosnia-Erzegovina (GU 2009, L 322, pag. 22), che conferma la decisione del 7 aprile 2010 nonché, in secondo luogo, una domanda basata sull’articolo 268 TFUE e diretta a ottenere il risarcimento dei danni che la ricorrente asserisce di aver subito,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da G. Berardis, presidente, S. Papasavvas e O. Spineanu-Matei (relatore), giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

I.      Fatti

1        Con l’azione comune 2002/210/PESC del Consiglio, dell’11 marzo 2002, relativa alla missione di polizia dell’Unione europea (GU 2002, L 70, pag. 1), è stata istituita una missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) per assicurare il proseguimento delle attività della forza di polizia internazionale delle Nazioni Unite in Bosnia-Erzegovina.

2        L’EUPM, intrapresa il 1o gennaio 2003, è stata prorogata a più riprese, in particolare con la decisione 2009/906/PESC del Consiglio dell’8 dicembre 2009, relativa alla missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) in Bosnia-Erzegovina (GU 2009, L 322, pag. 22), ed è stata ultimata il 30 giugno 2012.

3        La ricorrente, H, è un magistrato italiano che è stato distaccato presso l’EUPM a Sarajevo (Bosnia-Erzegovina) con decreto del Ministro della Giustizia italiano del 16 ottobre 2008, per esercitarvi le funzioni di «Criminal Justice Unit Adviser», a partire dal 14 novembre 2008.

4        Con decreti del Ministro della Giustizia italiano del 7 aprile 2009 e del 9 dicembre 2009, la ricorrente ha ottenuto la proroga del suo distacco al fine di esercitare le funzioni di «Chief Legal Officer», rispettivamente, fino al 31 dicembre 2009 e, successivamente, fino al 31 dicembre 2010.

[omissis]

6        Con decisione del 7 aprile 2010, firmata dal capo del personale dell’EUPM, la ricorrente è stata riassegnata al posto di «Criminal Justice Adviser – Prosecutor» presso l’ufficio regionale di Banja Luka (Bosnia-Erzegovina), «per motivi operativi», a partire dal 19 aprile 2010 (in prosieguo: la «decisione del 7 aprile 2010»).

[omissis]

8        Con decisione del 30 aprile 2010, firmata dal capo dell’EUPM previsto all’articolo 6 della decisione 2009/906, quest’ultimo ha confermato la decisione del 7 aprile 2010. In tale occasione, il capomissione ha precisato che lui stesso aveva adottato la decisione del 7 aprile 2010 e che il motivo operativo della riassegnazione della ricorrente rispondeva alla necessità di disporre di consulenti in materia penale nell’ufficio di Banja Luka (in prosieguo: la «decisione del 30 aprile 2010»).

[omissis]

II.    Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte di giustizia anteriormente al rinvio

10      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2010, la ricorrente ha proposto il ricorso di cui trattasi, diretto contro il Consiglio dell’Unione europea, la Commissione europea e l’EUPM e diretto all’annullamento delle decisioni del 7 e del 30 aprile 2010 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»).

[omissis]

12      Con ordinanza del Tribunale del 10 luglio 2014, H/Consiglio e a. (T‑271/10, non pubblicata; in prosieguo: l’«ordinanza iniziale», EU:T:2014:702), il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile, dichiarando di non essere competente a conoscerne.

[omissis]

14      Con sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, in prosieguo: la «sentenza su impugnazione», EU:C:2016:569), la Corte ha annullato l’ordinanza iniziale, ha respinto in quanto irricevibile il ricorso nella parte in cui era diretto contro la Commissione e l’EUPM, ha rinviato la causa al Tribunale affinché si statuisse sul merito del ricorso nei limiti in cui esso era diretto contro il Consiglio e si è riservata sulle spese.

15      La Corte ha dichiarato, in sostanza, ai punti 58 e 59 della sentenza su impugnazione che le decisioni impugnate, avendo proceduto alla riassegnazione della ricorrente nell’ambito dell’EUPM in Bosnia-Erzegovina, costituivano atti di gestione del personale aventi ad oggetto il ridispiegamento dei partecipanti alla missione a livello di teatro delle operazioni. Essa ha considerato che tali decisioni, benché adottate nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC), non costituivano atti previsti dall’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE, né dall’articolo 275, primo comma, TFUE. Essa ha rilevato quindi che le medesime rientravano nell’ambito della competenza del giudice dell’Unione e ha precisato che detta competenza derivava rispettivamente, quanto al controllo della legittimità di tali atti, dall’articolo 263 TFUE e, con riferimento alle controversie in materia di responsabilità extracontrattuale, dall’articolo 268 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

[omissis]

V.      In diritto

[omissis]

B.      Sulla domanda di annullamento

[omissis]

2.      Nel merito

[omissis]

a)      Sul primo motivo, relativo alla violazione delle disposizioni della decisione 2009/906

[omissis]

1)      Sulla prima parte, vertente sull’incompetenza del capo dell’EUPM ad adottare decisioni connesse alla riassegnazione del personale

[omissis]

46      In primo luogo, va anzitutto constatato che la decisione 2009/906 non contiene disposizioni specifiche riguardo alla competenza di riassegnazione del personale dell’EUPM.

47      In secondo luogo, si deve osservare che la decisione 2009/906 non definisce né le espressioni «controllo operativo», «livello strategico» o «teatro delle operazioni», né i termini «comando» o «controllo», sebbene li utilizzi.

48      Al riguardo, dall’impianto generale della decisione 2009/906 emerge soltanto che il capo dell’EUPM esercitava «sul teatro delle operazioni», come responsabile di tale EUPM, il «comando» e il «controllo» della missione suddetta, e in particolare del personale, delle squadre e delle unità «degli Stati contributori», che erano stati «assegnati» dal comandante civile dell’operazione. Inoltre, il capo dell’EUPM era incaricato di assicurare il coordinamento e la gestione quotidiana dell’EUPM in Bosnia-Erzegovina, impartendo tutte le istruzioni necessarie a «tutto» il personale, affinché tale missione fosse condotta in modo efficace sul teatro delle operazioni suddetto (v., in tal senso, sentenza su impugnazione, punto 52).

49      In tal contesto, per stabilire a chi spettasse l’autorizzazione di assegnare il personale dell’EUPM, si deve tenere conto non soltanto dei termini della decisione 2009/906, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte.

50      Riguardo al contesto, è pacifico che l’EUPM, istituita dall’azione comune 2002/210, è stata la prima missione civile dell’Unione organizzata nell’ambito della sua Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), divenuta Politica di sicurezza e difesa comuni (PSDC), in quanto missione non esecutiva che ha come modello di pianificazione e di comando le operazioni militari.

51      Risulta dall’azione comune 2002/210 che le attività dell’EUPM dovevano iniziare soltanto il 1o gennaio 2003. Il Consiglio aveva quindi previsto che una squadra di pianificazione sarebbe stata attivata al più tardi il 1o aprile 2002 e che il capo di tale squadra sarebbe diventato capo dell’EUPM a partire dal 1o gennaio 2003. Quest’ultimo doveva coadiuvare nel frattempo il segretariato generale del Consiglio nell’elaborazione del progetto di operazioni (CONOPS) della missione. Successivamente, la squadra di pianificazione doveva fissare il piano operativo (OPLAN) e mettere a punto tutti gli strumenti tecnici necessari allo spiegamento dell’EUPM. Il Consiglio ha adottato successivamente il CONOPS e l’OPLAN per permettere alla missione di iniziare le sue attività alla data prevista.

52      Dall’azione comune 2002/210 risulta anche che, per il periodo del suo primo mandato, cioè dal 2003 al 2005, l’EUPM risultava composta da un quartier generale principale sito in Sarajevo a partire dal quale erano segnatamente operativi il capo dell’EUPM e un numero variabile di agenti di collegamento incaricati di tenere i contatti con altre organizzazioni internazionali sul campo. Inoltre, sono stati parimenti spiegati taluni reparti all’interno della polizia della Bosnia-Erzegovina «al livello intermedio e superiore». Oltre agli agenti di polizia distaccati dagli Stati membri dell’Unione, l’EUPM poteva reclutare, su base contrattuale, personale civile internazionale e personale locale. Gli Stati membri o le istituzioni dell’Unione potevano partecipare anch’essi alla missione distaccando personale civile internazionale.

53      Successivamente l’EUPM ha proseguito la sua missione con un mandato e un contingente regolarmente modificati.

54      L’EUPM è stata ridefinita nel 2009 sulla base dell’articolo 28 e dell’articolo 43, paragrafo 2, TUE, come azione operativa dell’Unione decisa e condotta nell’ambito della PSDC, che fa parte integrante della PESC, con lo scopo sostanziale di assistere i servizi di repressione della Bosnia-Erzegovina nella loro lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, come risulta dall’articolo 2, primo comma, della decisione 2009/906.

55      Sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, seconda frase, della decisione 2009/906, il Consiglio ha approvato il nuovo OPLAN dell’EUPM, che è stato successivamente aggiornato e modificato dal Comitato politico e di sicurezza (COPS), in conformità all’articolo 38, terzo comma, TUE, sulla base dell’articolo 10, paragrafo 1, seconda frase, della decisione suddetta.

56      Nell’ambito del suo nuovo mandato, l’EUPM doveva concentrarsi in particolare sui servizi repressivi al livello dello Stato, sul rafforzamento delle interazioni tra la polizia e la magistratura e sulla cooperazione regionale e internazionale. Inoltre, la struttura della missione è stata modificata per aggiungervi, in Bosnia-Erzegovina, quattro uffici regionali a Sarajevo, Banja Luka, Mostar e Tuzla, oltre al quartier generale e alle unità spiegate nell’ambito dei servizi di polizia.

57      È in considerazione di tale contesto generale, in cui è intervenuta la decisione del capo dell’EUPM, che occorre valutare la competenza di quest’ultimo a riassegnare la ricorrente dal quartier generale di Sarajevo all’ufficio regionale di Banja Luka.

58      Va anzitutto osservato che, secondo l’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE, «la [PESC] è soggetta a norme e procedure specifiche [ed] è definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all’unanimità».

59      A tal riguardo e in primo luogo, è pacifico che, all’epoca della costituzione dell’EUPM, non esistevano nella struttura istituzionale dell’Unione né la capacità civile di pianificazione e di guida (CPCC), come entità incaricata della pianificazione, dello spiegamento, della guida e della valutazione delle missioni civili di gestione delle crisi rientranti nella PSDC, né il comandante civile dell’operazione.

60      È in data 18 giugno 2007 che il Consiglio ha approvato gli orientamenti per la struttura di comando e controllo delle operazioni civili condotte dall’Unione europea nel settore della gestione delle crisi (in prosieguo: gli «orientamenti per la struttura di comando e controllo»), in cui si prevedeva segnatamente che il comandante civile dell’operazione avrebbe esercitato il comando e il controllo a livello strategico per la pianificazione e la guida dell’insieme delle operazioni civili di gestione delle crisi, sotto il controllo politico e la direzione strategica del COPS e sotto l’autorità generale dell’Alto Rappresentante (AR), e che il direttore della CPCC costituita nell’ambito del Segretariato generale del Consiglio sarebbe stato, per ogni operazione civile di gestione di una crisi, il comandante civile dell’operazione.

61      Pertanto, per tutte le operazioni civili, il comandante è il direttore della CPCC ed è assistito a livello di teatro delle operazioni dal capo dell’EUPM, che detiene tutte le attribuzioni classiche di controllo e di comando del personale posto ai suoi ordini. La catena di comando è unificata al COPS, che assicura la direzione strategica e il controllo politico dell’operazione, posto sotto l’autorità del Consiglio.

62      In tal contesto, il direttore della CPCC è stato designato comandante civile dell’operazione dell’EUPM, all’articolo 5 dell’azione comune 2007/749/PESC del Consiglio, del 19 novembre 2007, relativa alla missione di polizia dell’Unione europea (EUPM) in Bosnia-Erzegovina (GU 2007, L 303, pag. 40), con cui l’EUPM è stata prorogata a decorrere dal 1o gennaio 2008.

63      Risulta dal combinato disposto dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, dell’azione comune 2007/749 e dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della decisione 2009/906 che le autorità nazionali hanno trasferito al comandante civile dell’operazione dell’EUPM il «controllo operativo» di personale, squadre e unità rispettivi, che rappresentano il loro contributo.

64      Inoltre, dal combinato disposto degli articoli 5 e 6 della decisione 2009/906 risulta che il comandante civile dell’operazione esercitava il comando e il controllo dell’EUPM «a livello strategico», mentre il capo dell’EUPM li esercitava sul «teatro delle operazioni».

65      In secondo luogo, è anche pacifico che, nel caso di missioni e di operazioni classiche rientranti nella PSDC, condotte a titolo dell’articolo 43 TUE, la pianificazione e l’esecuzione sono effettuate nel contesto del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), in conformità alle procedure di gestione della crisi. In forza di dette procedure, spetta segnatamente al SEAE elaborare i documenti di pianificazione, come il CONOPS e l’OPLAN, e definire le condizioni di attuazione e la responsabilità del processo di costituzione delle forze. Spetta poi al Consiglio approvarle.

66      In tali circostanze, si deve considerare che, nei limiti in cui la decisione 2009/906 non contiene disposizioni espresse riguardo alla persona competente in materia di riassegnazione del personale dell’EUPM nell’ambito di quest’ultima, essa è completata dall’OPLAN e dagli orientamenti per la struttura di comando e controllo.

67      Orbene, ai sensi del punto 5.3, secondo comma, dell’OPLAN del 2009, come prodotto dal Consiglio, in seguito a una misura di organizzazione del procedimento, in versione parzialmente declassificata, «il capomissione detiene l’autorità di ultima istanza per la nomina del personale e la responsabilità generale della sua assegnazione». Al punto 5.3, terzo comma, dell’OPLAN del 2009, sono previsti criteri per occupare i posti nell’ambito dell’EUPM, tra i quali figurano le esigenze di quest’ultima. Del pari, la competenza del capo dell’EUPM riguardo all’assegnazione del suo personale deriva anche da una lettura dell’allegato M dell’OPLAN, intitolato «Amministrazione del personale», che specifica le condizioni di impiego e le competenze del capomissione al riguardo, indicando che «il capomissione detiene l’autorità di ultima istanza per la nomina del personale e la responsabilità generale della sua assegnazione, entrambe a livello sia internazionale sia locale». Infine, nell’allegato D dell’OPLAN, intitolato «Procedure di funzionamento standard», è precisato, al punto 2, terzo comma, relativo all’assegnazione, che «le decisioni di assegnazione e/o di riassegnazione nella missione ricadono nella responsabilità del capomissione».

68      Inoltre, ai sensi del punto 6, paragrafo 1, lettera c), degli orientamenti per la struttura di comando e controllo, il controllo operativo (OPCON) era definito come «l’autorità assegnata a un responsabile della PSDC per il personale, le squadre e le unità assegnate, affinché detto responsabile possa compiere missioni specifiche o compiti che sono generalmente limitati dalla funzione, dal tempo o dal luogo; per svolgerli e per conservare o delegare il controllo operativo o il comando tattico oppure il controllo che può essere giudicato necessario».

69      Ne consegue che il controllo operativo, esercitato sul «teatro delle operazioni» dal capomissione, implica necessariamente la possibilità per quest’ultimo di prendere decisioni, inclusa la riassegnazione del personale, il più rapidamente possibile, e di assoggettare il personale distaccato dagli Stati membri a tali decisioni, ai fini del compimento della missione.

70      Alla luce delle disposizioni menzionate ai precedenti punti 64 e da 67 a 69, si deve considerare che spetta al comandante civile dell’operazione, che esercita, sotto il controllo politico e la direzione strategica del COPS e sotto l’autorità generale dell’AR, il comando e il controllo, a livello strategico, della pianificazione e della guida dell’insieme delle missioni civili condotte nell’ambito della PSDC e che è il comandante generale di tutti i capomissione civili, la competenza di assegnare il personale a ciascuna missione civile dell’Unione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2009/906. Per contro, nell’ambito di ogni missione, la competenza di assegnazione e di riassegnazione del personale ricade nella sola competenza del capo dell’EUPM.

[omissis]

2)      Sulla seconda parte, vertente sulla mancata consultazione dello Stato membro d’origine prima dell’adozione della decisione di riassegnazione

[omissis]

75      In primo luogo, riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui il capo dell’EUPM avrebbe commesso un errore procedurale adottando la decisione 2009/906 senza aver consultato il suo Stato membro d’origine, occorre rilevare anzitutto che la ricorrente non indica alcuna disposizione in forza della quale tale consultazione sarebbe stata necessaria.

76      È giocoforza constatare poi che né i termini né la ratio della decisione 2009/906 e dell’OPLAN impongono al capo dell’EUPM di procedere a una previa consultazione dell’autorità d’origine prima di adottare una decisione di riassegnazione del personale distaccato dagli Stati membri.

77      Al riguardo, si deve ricordare che, in conformità all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della decisione 2009/906, l’EUPM dispone di un personale vuoi reclutato su base contrattuale, vuoi distaccato da un’istituzione dell’Unione, vuoi distaccato da uno Stato membro. Per quanto riguarda specificamente il personale distaccato dagli Stati membri, dall’articolo 5, paragrafo 4, seconda frase, della decisione 2009/906, nonché dal punto 5.2 dell’OPLAN, risulta che le autorità nazionali hanno trasferito il controllo operativo del personale, delle squadre e delle unità rispettivi al comandante civile dell’operazione e dall’articolo 6, paragrafo 2, della stessa decisione che tale controllo operativo era esercitato sul «teatro delle operazioni» dal capomissione.

78      Orbene, come si è esposto al precedente punto 69, dal punto 6, paragrafo 1, lettera c), degli orientamenti per la struttura di comando e controllo, risulta che il controllo operativo implica necessariamente la possibilità per il capo dell’EUPM di adottare decisioni, inclusa la riassegnazione del personale, nel più breve tempo possibile, e di assoggettare il personale distaccato dagli Stati membri a tali decisioni ai fini del compimento della missione. Tale carattere operativo è pertanto incompatibile con una procedura di previa consultazione delle autorità d’origine, come quella invocata dalla ricorrente.

79      Del resto, in conformità alle regole che disciplinano le missioni della PSDC, alla ricorrente è stato chiesto espressamente il consenso a svolgere la sua missione presso un posto diverso da quello per il quale aveva depositato la propria candidatura e, quindi, l’atto di candidatura che essa aveva compilato e sottoscritto il 10 novembre 2008 per il posto a partire dal quale è stata riassegnata implicava tale consenso. In contrasto con quanto la ricorrente ha sostenuto in udienza, da tale atto di candidatura non risulta che il consenso fosse limitato alle sole altre funzioni esercitate nell’ambito del quartier generale principale di Sarajevo, né che esso escludesse le altre strutture dell’EUPM.

80      Si deve rilevare che dalle disposizioni della decisione 2009/906 risulta che i membri del personale distaccati dagli Stati membri e quelli distaccati dalle istituzioni dell’Unione erano assoggettati alle stesse norme quanto all’esercizio delle loro funzioni a livello di «teatro delle operazioni» (v., in tal senso, sentenza su impugnazione, punto 50).

81      Di conseguenza, nulla consente di concludere che un trattamento differenziato del personale distaccato dagli Stati membri rispetto a quello distaccato dalle istituzioni dell’Unione, per quanto riguarda la procedura di riassegnazione a livello di «teatro delle operazioni», sia compatibile con le operazioni di gestione della crisi condotte dall’EUPM.

82      In secondo luogo, quanto all’argomento secondo cui la ricorrente non poteva essere riassegnata, in applicazione di una disposizione espressa contenuta nella Costituzione italiana, diretta a garantire l’imparzialità dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, va sottolineato anzitutto che essa non indica su quale disposizione della Costituzione italiana basa tale argomento. Anche supponendo che la ricorrente faccia riferimento alla garanzia di inamovibilità dei magistrati, prevista all’articolo 107 della Costituzione italiana, in forza della quale un magistrato non potrebbe essere riassegnato senza accordo da parte sua o senza che sia stato seguito uno specifico procedimento, si deve considerare che tale garanzia non può risultare applicabile nella fattispecie.

83      Infatti, sotto un primo profilo, la ricorrente non era assegnata all’esercizio della sua funzione di procuratore nell’ambito dell’EUPM, bensì all’esercizio di una funzione di consulente giuridico, ai fini della quale la sua esperienza professionale in qualità di procuratore era stata considerata pertinente. Del resto, la ricorrente ha conservato lo status di magistrato in forza del diritto nazionale esclusivamente dinanzi alle autorità nazionali. Una volta distaccata presso l’EUPM, nell’ambito di quest’ultima essa non aveva lo status di magistrato, bensì quello di membro del personale nazionale distaccato.

84      Sotto un secondo profilo, poiché la ricorrente ha depositato la propria candidatura per un posto in un organismo internazionale, la cui organizzazione e le cui regole di funzionamento sfuggono al solo controllo del suo Stato d’origine, essa ha implicitamente acconsentito a assoggettarsi alle regole specifiche di tale organismo.

85      Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che la seconda parte del primo motivo va disattesa e, pertanto, che quest’ultimo deve essere respinto integralmente.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      H è condannata alle spese.

Berardis

Papasavvas

Spineanu-Matei

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 aprile 2018.

Firme


Indice


I. Fatti

II. Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte di giustizia anteriormente al rinvio

V. In diritto

B. Sulla domanda di annullamento

2. Nel merito

a) Sul primo motivo, relativo alla violazione delle disposizioni della decisione 2009/906

1) Sulla prima parte, vertente sull’incompetenza del capo dell’EUPM ad adottare decisioni connesse alla riassegnazione del personale

2) Sulla seconda parte, vertente sulla mancata consultazione dello Stato membro d’origine prima dell’adozione della decisione di riassegnazione



*      Lingua processuale: l’inglese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.