Language of document : ECLI:EU:T:2005:454

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Grande Sezione)

14 dicembre 2005 (*)

«Responsabilità extracontrattuale della Comunità – Incompatibilità del regime comunitario d’importazione delle banane con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) – Istituzione da parte degli Stati Uniti d’America di misure di ritorsione sotto forma di una sovrattassa doganale prelevata sulle importazioni provenienti dalla Comunità in virtù di un’autorizzazione dell’OMC – Decisione dell’organo per la risoluzione delle controversie dell’OMC – Effetti giuridici – Responsabilità della Comunità in mancanza di un comportamento illecito dei suoi organi – Nesso di causalità – Danno anormale e speciale»

Nel procedimento T‑135/01,

Giorgio Fedon & Figli SpA, con sede in Vallesella di Cadore (Italia),

Fedon Srl, con sede in Pieve d’Alpago (Italia),

Fedon America, Inc., con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti),

rappresentate dagli avv.ti I. Van Bael, A. Cevese e F. Di Gianni,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. S. Marquardt e F. Ruggeri Laderchi, in qualità di agenti,

e

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal sig. P. Kuijper, dalla sig.ra E. Righini, dai sigg. V. Di Bucci e B. Jansen, successivamente dal sig. Kuijper, dalla sig.ra Righini e dal sig. Di Bucci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuti,

avente ad oggetto un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente causato dalla sovrattassa doganale il cui prelievo da parte degli Stati Uniti d’America sulle importazioni di astucci per occhiali delle ricorrenti è stato autorizzato dall’organo per la risoluzione delle controversie dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), a seguito dell’accertamento dell’incompatibilità del regime comunitario di importazione delle banane con gli accordi e i memorandum allegati all’accordo che istituisce l’OMC,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Grande Sezione),

composta dal sig. B. Vesterdorf, presidente, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. J. Azizi, J. Pirrung, H. Legal, R. García‑Valdecasas, dalla sig.ra V. Tiili, dai sigg. J.D. Cooke, A.W.H. Meij, M. Vilaras e N.J. Forwood, giudici,

cancelliere : sig. H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 26 maggio 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1       Il 15 aprile 1994 la Comunità ha firmato l’atto finale che conclude i negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round, l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), nonché l’insieme di accordi e memorandum di cui agli allegati 1-4 dell’accordo che istituisce l’OMC (in prosieguo: gli «accordi OMC»).

2       In seguito a questa firma, il Consiglio ha adottato la decisione 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1).

3       Come risulta dal preambolo dell’accordo che istituisce l’OMC, le parti contraenti hanno inteso concludere accordi «reciprocamente convenienti finalizzati a una sostanziale riduzione delle tariffe e degli altri ostacoli agli scambi e all’eliminazione dei trattamenti discriminatori nelle relazioni commerciali internazionali».

4       L’art. II, n. 2, dell’accordo che istituisce l’OMC così dispone:

«Gli accordi e gli strumenti giuridici ad essi attinenti di cui agli allegati 1, 2 e 3 (…) costituiscono parte integrante del presente accordo e sono impegnativi per tutti i membri».

5       L’art. XVI dell’accordo che istituisce l’OMC, intitolato «Disposizioni varie», dispone al suo n. 4 quanto segue:

«Ciascun membro garantisce la conformità delle proprie leggi, dei propri regolamenti e delle proprie procedure amministrative con gli obblighi che gli incombono conformemente a quanto previsto negli accordi allegati».

6       D’altra parte, il memorandum d’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (in prosieguo: l’«IRC»), riportata nell’allegato 2 all’accordo che istituisce l’OMC, specifica, al n. 2, ultima frase, del suo art. 3, intitolato «Disposizioni generali», quanto segue:

«Le raccomandazioni e le decisioni del[l’organo per la risoluzione delle controversie] non possono ampliare né ridurre i diritti e gli obblighi previsti dagli accordi contemplati».

7       Ai sensi dell’art. 3, n. 7, dell’IRC:

«Prima di presentare un ricorso, un membro considera se un’iniziativa ai sensi della presente procedura possa essere utile. Lo scopo del meccanismo di risoluzione delle controversie è garantire che una controversia possa essere positivamente risolta. Una soluzione reciprocamente accettabile per le parti di una controversia e compatibile con gli accordi contemplati è evidentemente preferibile. In assenza di una soluzione reciprocamente concordata, il primo obiettivo del meccanismo di risoluzione delle controversie è di norma garantire il ritiro delle misure in questione qualora esse risultino incompatibili con le disposizioni di uno degli accordi contemplati. Si dovrebbe ricorrere alle disposizioni in materia di compensazione unicamente qualora il ritiro immediato della misura in questione risulti impraticabile e quale misura provvisoria in attesa che venga ritirata la misura incompatibile con un accordo contemplato. L’ultima risorsa che [l’IRC] offre al membro che adisce le procedure di risoluzione delle controversie è la possibilità di sospendere l’applicazione di concessioni o altri obblighi derivanti dagli accordi contemplati in maniera discriminatoria nei confronti dell’altro membro, previa autorizzazione di tali misure da parte del[l’organo per la risoluzione delle controversie]».

8       L’art. 7 dell’IRC prevede che dei gruppi di esperti (in prosieguo: «panel») rilevino elementi che possano aiutare l’organo per la risoluzione delle controversie (in prosieguo: l’«ORC») a formulare raccomandazioni o adottare decisioni sulle questioni che è chiamato a risolvere. In forza dell’art. 12, n. 7, dell’IRC, quando le parti della controversia non riescano a trovare una soluzione reciprocamente soddisfacente, il panel presenta le sue constatazioni sotto forma di relazione scritta all’ORC.

9       L’art. 17 dell’IRC prevede l’istituzione da parte dell’ORC di un organo d’appello permanente competente a conoscere degli appelli relativi ai casi sottoposti ai panel.

10     Ai sensi dell’art. 19 dell’IRC, qualora un panel o l’organo d’appello giunga alla conclusione che una misura è incompatibile con un accordo OMC, esso raccomanda che il membro interessato renda tale misura conforme al detto accordo. Oltre a formulare le proprie raccomandazioni, il panel o l’organo d’appello può suggerire al membro interessato i modi per ottemperare a tali raccomandazioni.

11     Ai sensi dell’art. 21, n. 1, dell’IRC, intitolato «Verifica dell’applicazione delle raccomandazioni e delle decisioni», per garantire un’efficace risoluzione delle controversie a vantaggio di tutti i membri è essenziale che le raccomandazioni e le decisioni dell’ORC siano prontamente rispettate.

12     In forza dell’art. 21, n. 3, dell’IRC, il membro interessato cui sia impossibile ottemperare immediatamente alle raccomandazioni e alle decisioni dell’ORC può farlo entro un periodo ragionevole, stabilito, se del caso, tramite un arbitrato vincolante.

13     In caso di disaccordo sull’esistenza o sulla compatibilità con un accordo OMC delle misure prese per ottemperare alle raccomandazioni o alle decisioni dell’ORC, l’art. 21, n. 5, dell’IRC precisa che tale controversia si risolve facendo ricorso alle procedure di risoluzione delle controversie definite dall’IRC, ricorrendo anche, ove possibile, al panel originale.

14     Ai sensi dell’art. 21, n. 6, dell’IRC, l’ORC esercita una sorveglianza sull’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate e, salvo diversa decisione dell’ORC, la questione dell’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni è posta all’ordine del giorno della riunione dell’ORC sei mesi dopo la data in cui si è stabilito il periodo ragionevole conformemente al n. 3 e rimane all’ordine del giorno dell’ORC finché non è risolta.

15     L’art. 22 dell’IRC, intitolato «Compensazione e sospensione di concessioni», recita:

«1.      La compensazione e la sospensione di concessioni o di altri obblighi sono misure provvisorie cui si può fare ricorso nei casi in cui le raccomandazioni e le decisioni non siano applicate entro un periodo ragionevole. Tuttavia né la compensazione né la sospensione di concessioni o altri obblighi sono preferibili alla piena applicazione di una raccomandazione per rendere una misura conforme agli accordi contemplati. La compensazione è una misura spontanea e, se viene concessa, dev’essere compatibile con gli accordi contemplati.

2.      Qualora il membro interessato non renda la misura risultata incompatibile con un accordo contemplato conforme a detto accordo o non ottemperi altrimenti alle raccomandazioni e alle decisioni entro il periodo ragionevole stabilito ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, tale membro avvia, se invitato a farlo, e non oltre la scadenza del periodo ragionevole, negoziati con qualsiasi parte abbia invocato le procedure di risoluzione delle controversie, al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile. Qualora entro venti giorni dalla data di scadenza del periodo ragionevole non sia stata convenuta una compensazione reciprocamente accettabile, qualsiasi parte abbia invocato le procedure di risoluzione delle controversie può chiedere [all’ORC] l’autorizzazione a sospendere l’applicazione di concessioni o altri obblighi derivanti dagli accordi contemplati nei confronti del membro interessato.

3.      Nel considerare quali concessioni o altri obblighi sospendere, la parte che sporge reclamo applica i principi e le procedure seguenti:

a)      il principio generale è che la parte che sporge reclamo dovrebbe in primo luogo chiedere di sospendere concessioni o altri obblighi relativi allo stesso settore o agli stessi settori rispetto ai quali il panel o l’organo d’appello ha riscontrato una violazione o altre forme di annullamento o pregiudizio dei benefici;

b)      qualora tale parte giudichi impossibile o inefficace sospendere concessioni o altri obblighi in relazione allo stesso settore o agli stessi settori, essa può chiedere di sospendere concessioni o altri obblighi in altri settori contemplati dallo stesso accordo;

c)      qualora tale parte giudichi impossibile o inefficace sospendere concessioni o altri obblighi relativi ad altri settori contemplati dallo stesso accordo, e le circostanze siano sufficientemente gravi, essa può chiedere di sospendere concessioni o altri obblighi derivanti da un altro accordo contemplato;

(...)

4.      Il livello di sospensione di concessioni o altri obblighi autorizzato [dall’ORC] è equivalente al livello dell’annullamento o del pregiudizio dei benefici.

(…)

6.      Quando si verifica la situazione di cui al paragrafo 2, [l’ORC] autorizza, a richiesta, la sospensione delle concessioni o di altri obblighi entro trenta giorni dalla scadenza del periodo ragionevole a meno che [l’ORC] decida all’unanimità di respingere la richiesta. Tuttavia, se il membro interessato contesta il livello della sospensione proposta, o sostiene che non si sono seguiti i principi e le procedure di cui al paragrafo 3 nei casi in cui una parte che ha sporto reclamo ha chiesto di essere autorizzata a sospendere concessioni o altri obblighi (…), la questione è sottoposta ad arbitrato. Tale arbitrato è svolto dal panel originale, se i suoi membri sono disponibili, o da un arbitro designato dal Direttore generale e si conclude entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo ragionevole. Nel corso dell’arbitrato non si sospendono concessioni o altri obblighi.

7.      L’arbitro che opera ai sensi del paragrafo 6 non esamina la natura delle concessioni o degli altri obblighi oggetto della sospensione, ma stabilisce se il livello di tale sospensione è equivalente al livello di annullamento o pregiudizio dei benefici (…). Le parti accettano la decisione dell’arbitro che considerano definitiva e le parti interessate non chiedono un secondo arbitrato. [L’ORC] viene prontamente informato della decisione dell’arbitro e autorizza, a richiesta, la sospensione di concessioni o altri obblighi se la richiesta è compatibile con la decisione dell’arbitro, a meno che [l’ORC] decida all’unanimità di respingere la richiesta.

8.      La sospensione di concessioni o altri obblighi è provvisoria e si applica soltanto finché non viene abolita la misura giudicata incompatibile con un accordo contemplato o finché il membro che deve applicare le raccomandazioni o le decisioni non trova una soluzione all’annullamento o al pregiudizio dei benefici, o finché non si trova una soluzione reciprocamente soddisfacente. Conformemente all’articolo 21, paragrafo 6, [dell’IRC, l’ORC] continua a tenere sotto controllo l’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate, anche nei casi in cui è stata fornita una compensazione o sono stati sospesi concessioni o altri obblighi ma non sono state applicate le raccomandazioni per rendere una misura conforme agli accordi contemplati.

(...)».

 Fatti all’origine della controversia

16     Il 13 febbraio 1993 il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) n. 404/93, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1; in prosieguo: l’«OCM banane»). Il regime degli scambi con i paesi terzi stabilito dal titolo IV di tale regolamento prevedeva disposizioni preferenziali a vantaggio delle banane originarie di alcuni Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) cofirmatari della quarta convenzione ACP-CEE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989 (GU 1991, L 229, pag. 3).

17     In seguito a reclami presentati nel febbraio 1996 dinanzi all’ORC da più membri dell’OMC, tra i quali l’Ecuador e gli Stati Uniti d’America (in prosieguo: gli «Stati Uniti»), il panel costituito conformemente alle norme stabilite dall’IRC ha trasmesso, il 22 maggio 1997, le sue relazioni che attestavano l’incompatibilità del regime d’importazione dell’OCM banane con gli obblighi assunti dalla Comunità in forza degli accordi OMC. Le relazioni redatte dal panel hanno inoltre raccomandato che l’ORC chiedesse alla Comunità di rendere tale regime conforme agli obblighi che le incombevano in base agli accordi OMC.

18     In seguito ad appello proposto dalla Comunità, il 9 settembre 1997 l’organo d’appello permanente ha confermato in sostanza le conclusioni del panel ed ha raccomandato che l’ORC invitasse la Comunità a rendere le disposizioni comunitarie controverse conformi agli accordi OMC.

19     Il 25 settembre 1997 l’ORC ha adottato le relazioni del panel e dell’organo d’appello.

20     Il 16 ottobre 1997 la Comunità ha informato l’ORC, conformemente all’art. 21, n. 3, dell’IRC, che avrebbe rispettato in toto i suoi obblighi internazionali.

21     Il 17 novembre 1997 gli Stati che avevano presentato denuncia hanno chiesto, in applicazione dell’art. 21, n. 3, lett. c), dell’IRC, che un arbitrato vincolante stabilisse il termine ragionevole entro cui la Comunità avrebbe dovuto conformarsi ai suoi obblighi.

22     Con lodo arbitrale pubblicato il 7 gennaio 1998, l’arbitro adito ha stabilito a tal fine il periodo compreso tra il 25 settembre 1997 e il 1° gennaio 1999.

23     Con l’adozione del regolamento (CE) 20 luglio 1998, n. 1637, che modifica il regolamento (CEE) n. 404/93 (GU L 210, pag. 28), il Consiglio ha emendato il regime degli scambi di banane con i paesi terzi.

24     Il preambolo del regolamento n. 1637/98 recita quanto segue:

«(1)      (…) occorre procedere ad alcune modifiche del regime degli scambi con i paesi terzi istituito dal titolo IV del regolamento (…) n. 404/93;

(2)      (…) è necessario rispettare gli impegni internazionali contratti dalla Comunità nel quadro dell’[OMC], nonché gli impegni assunti nei confronti delle parti cofirmatarie della quarta convenzione ACP-CE garantendo nel contempo la realizzazione degli obiettivi dell’[OCM banane];

(…)

(9)      (…) giova esaminare il funzionamento del presente regolamento al termine di un periodo di sperimentazione sufficiente;

(…)».

25     Il 28 ottobre 1998 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 2362, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32). Tale regolamento contiene tutte le disposizioni necessarie per l’attuazione del nuovo regime degli scambi di banane con gli Stati terzi, comprese le misure transitorie motivate dall’entrata in vigore quasi immediata delle sue modalità d’applicazione.

26     Il 10 novembre 1998, ritenendo che la Comunità avesse istituito un regime d’importazione delle banane concepito per mantenere gli elementi illegali del regime precedente, in violazione degli accordi OMC e della decisione dell’ORC 25 settembre 1997, gli Stati Uniti hanno pubblicato nel Federal Register l’elenco provvisorio dei prodotti provenienti dagli Stati membri della Comunità che intendevano colpire, a titolo di ritorsione, con una sovrattassa doganale all’importazione.

27     Il 21 dicembre 1998 gli Stati Uniti hanno manifestato la loro intenzione di applicare, dal 1° febbraio 1999 o, al più tardi, dal 3 marzo 1999, dazi doganali del 100% sulle importazioni di prodotti comunitari ricompresi in un elenco redatto dall’amministrazione americana.

28     Il 14 gennaio 1999 gli Stati Uniti hanno chiesto all’ORC, ai sensi dell’art. 22, n. 2, dell’IRC, l’autorizzazione a sospendere l’applicazione alla Comunità e ai suoi Stati membri di concessioni tariffarie e di obblighi connessi in virtù dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994 e dell’Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS), per un importo di scambi commerciali pari a dollari americani (USD) 520 milioni.

29     Durante una riunione dell’ORC tenutasi dal 25 gennaio al 1° febbraio 1999 la Comunità ha contestato tale importo, in quanto esso non corrispondeva al grado di annullamento o di riduzione dei vantaggi subito dagli Stati Uniti ed ha sostenuto che i principi e le procedure stabiliti dall’art. 22, n. 3, dell’IRC non erano stati rispettati.

30     Il 29 gennaio 1999 l’ORC ha deciso, su richiesta della Comunità, di sottoporre tale questione all’arbitrato del panel originario, a norma dell’art. 22, n. 6, dell’IRC, e ha sospeso la domanda di autorizzazione degli Stati Uniti fino alla determinazione dell’importo autorizzato dei dazi da prelevare a titolo di misura di ritorsione.

31     Il 3 marzo 1999 l’amministrazione americana ha imposto agli esportatori comunitari di prodotti ricompresi in un nuovo elenco redatto dall’amministrazione stessa l’obbligo di costituire una garanzia bancaria pari al 100% del valore dei prodotti d’importazione in oggetto.

32     Con decisione 9 aprile 1999 gli arbitri, da un lato, hanno considerato numerose disposizioni del nuovo regime d’importazione dell’OCM banane incompatibili con le disposizioni degli accordi OMC, hanno fissato in USD 191,4 milioni all’anno il grado di annullamento o di riduzione dei vantaggi subito dagli Stati Uniti e, dall’altro, hanno ritenuto che la sospensione da parte di tale paese dell’applicazione alla Comunità e ai suoi Stati membri di concessioni tariffarie e di obblighi connessi a titolo del GATT del 1994, vertente su scambi di un importo massimo di USD 191,4 milioni all’anno, fosse compatibile con l’art. 22, n. 4, dell’IRC.

33     Il 7 aprile 1999, in applicazione dell’art. 22, n. 7, dell’IRC, gli Stati Uniti hanno chiesto all’ORC l’autorizzazione a percepire dazi doganali all’importazione fino a concorrenza di tale importo.

34     Con un comunicato stampa del 9 aprile 1999, lo United States Trade Representative (il rappresentante speciale degli Stati Uniti per le questioni commerciali; in prosieguo: il «rappresentante speciale») ha annunciato l’elenco dei prodotti colpiti da dazi doganali all’importazione ad un tasso del 100%. In tale elenco di prodotti, originari dell’Austria, del Belgio, della Finlandia, della Francia, della Germania, della Grecia, dell’Irlanda, dell’Italia, del Lussemburgo, del Portogallo, della Spagna, della Svezia o del Regno Unito, rientravano in particolare gli «articoli tascabili con superficie esteriore in plastica o rinforzata in plastica». Vi si indicava che il rappresentante speciale avrebbe pubblicato la decisione che introduceva i dazi del 100% nel Federal Register e che aveva l’intenzione di fissare la data di entrata in vigore del loro prelievo al 3 marzo 1999.

35     Tale decisione, pubblicata il 19 aprile 1999 nel Federal Register (volume 64, n. 74, pagg. 19209‑19211), è stata adottata in virtù della sezione 301 del Trade Act del 1974, a termini del quale il rappresentante speciale, se constata la violazione dei diritti attribuiti agli Stati Uniti in base ad un accordo commerciale, adotta le misure autorizzate.

36     Risulta dalla rubrica relativa alla «data di entrata in vigore» della misura citata che «[il rappresentante speciale] ha deciso che il dazio ad valorem al 100% venisse applicato, con effetti decorrenti dal 19 aprile 1999, ai prodotti immessi sul mercato o a quelli ritirati da un deposito in vista della loro immissione sul mercato, il 3 marzo 1999 o dopo tale data».

37     Un panel costituito su richiesta presentata dall’Ecuador il 18 dicembre 1998, conformemente all’art. 21, n. 5, dell’IRC, ha parimenti concluso, il 6 aprile 1999, per l’incompatibilità del nuovo regime comunitario d’importazione delle banane con le disposizioni degli accordi OMC. La relazione del panel è stata approvata il 6 maggio 1999 dall’ORC.

38     Il 19 aprile 1999, l’ORC ha autorizzato gli Stati Uniti a prelevare sulle importazioni provenienti dalla Comunità dazi doganali sino a concorrenza di un importo annuo di scambi pari a USD 191,4 milioni.

39     Il 25 maggio 1999, la Comunità ha contestato dinanzi agli organi dell’OMC le misure di ritorsione americane relative al periodo intercorrente tra il 3 marzo 1999 ed il 19 aprile seguente, in particolare a causa della loro entrata in vigore il 3 marzo 1999.

40     Ritenendo che l’entrata in vigore della sovrattassa americana in tale ultima data fosse contraria alle disposizioni dell’IRC, il panel adito dalla Comunità ha posticipato la data di decorrenza degli effetti di tale misura al 19 aprile 1999.

41     Nell’ambito di negoziati con tutte le parti interessate, la Comunità ha proposto di emendare la nuova OCM banane. Queste modifiche sono state adottate con il regolamento (CE) del Consiglio 29 gennaio 2001, n. 216, che modifica il regolamento n. 404/93 (GU L 31, pag. 2).

42     Secondo il preambolo del regolamento n. 216/2001:

« (1) Numerose ed intense consultazioni si sono svolte con i paesi fornitori e con le altre parti interessate per porre fine alle contestazioni suscitate dal regime d’importazione definito dal regolamento (…) n. 404/93 e per tener conto delle conclusioni del [panel] istituito nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’[OMC].

(2) La disamina di tutte le possibilità presentate dalla Commissione porta a ritenere che l’istituzione, a medio termine, di un regime d’importazione fondato sull’applicazione di un dazio doganale ad un tasso adeguato e l’applicazione di una preferenza tariffaria per le importazioni originarie dei paesi ACP costituirebbero il mezzo più idoneo per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione comune dei mercati per quanto riguarda la produzione comunitaria e la domanda dei consumatori, come pure per rispettare le norme del commercio internazionale ed evitare nuove contestazioni.

(3) Tale regime deve tuttavia essere definito a conclusione di negoziati con i partner della Comunità secondo le procedure dell’OMC, in particolare dell’articolo XXVIII del [GATT]. Il risultato di tali negoziati deve essere sottoposto per approvazione al Consiglio che deve altresì, conformemente alle disposizioni del trattato, fissare il tasso del dazio doganale comune applicabile.

(4) Fino all’entrata in vigore di tale regime, la Comunità deve essere approvvigionata mediante diversi contingenti tariffari, aperti per importazioni di qualsiasi origine e gestiti tenendo conto delle raccomandazioni dell’[ORC] (…)

(5) In considerazione degli obblighi assunti nei confronti dei paesi ACP e dell’esigenza di garantire loro adeguate condizioni di concorrenza, l’applicazione di una preferenza tariffaria di 300 EUR/t all’importazione delle banane originarie di tali paesi consente il mantenimento dei flussi commerciali in questione. In particolare, a tali importazioni sarà applicato un dazio zero nell’ambito dei (…) contingenti tariffari.

(6) È opportuno autorizzare la Commissione ad avviare negoziati con i paesi fornitori aventi un interesse sostanziale nell’approvvigionamento del mercato comunitario per giungere ad una ripartizione negoziata dei primi due contingenti tariffari (…) ».

43     L’11 aprile 2001, gli Stati Uniti e la Comunità hanno concluso un memorandum d’intesa che definisce «gli strumenti che possono consentire di risolvere l’annosa controversia riguardo al regime d’importazione delle banane» nella Comunità. Tale memorandum prevede che la Comunità si impegni ad «[attuare] un regime unicamente tariffario per le importazioni di banane entro e non oltre il 1º gennaio 2006». Tale documento definisce i provvedimenti che la Comunità si impegna ad adottare durante il periodo provvisorio che scade il 1º gennaio 2006. In contropartita, gli Stati Uniti si sono impegnati a sospendere provvisoriamente l’imposizione della sovrattassa doganale che erano autorizzati a prelevare sulle importazioni comunitarie. Gli Stati Uniti hanno tuttavia precisato, con comunicazione 26 giugno 2001 all’ORC, che tale memorandum d’intesa «non costitui[va] di per sé una soluzione decisa di comune accordo conformemente all’art. [3, n. 6, dell’IRC e che] inoltre, in considerazione delle misure che tutte le parti devono ancora prendere, sarebbe prematuro sopprimere tale punto dall’ordine del giorno dell’ORC».

44     Con regolamento (CE) 7 maggio 2001, n. 896, recante modalità di applicazione del regolamento n. 404/93 in ordine al regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 126, pag. 6), la Commissione ha definito le modalità di applicazione del nuovo regime comunitario d’importazione delle banane introdotto con il regolamento n. 216/2001.

45     Gli Stati Uniti hanno sospeso l’applicazione della loro sovrattassa doganale con effetto dal 30 giugno 2001. A partire dal 1º luglio 2001, il loro dazio all’importazione sugli articoli tascabili interessati originari della Comunità è stato portato al suo tasso iniziale del 4,6%.

46     Dalle statistiche presentate dalla Commissione su richiesta del Tribunale emerge che il valore totale cif (costo, assicurazione e nolo) delle importazioni di origine comunitaria degli articoli tascabili interessati negli Stati Uniti ammontava a USD 26 823 846 nel 1998, a USD 19 000 442 nel 1999, a USD 10 135 069 nel 2000 e, infine, a USD 11 367 275 nel 2001.

47     I ricorrenti esercitano le loro attività nel settore degli astucci per occhiali e dei prodotti accessori rientranti nella categoria degli articoli tascabili interessati.

 Procedimento

48     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 giugno 2001, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso per risarcimento del danno asseritamene causato dalla sovrattassa doganale americana.

49     Su istanza della Commissione presentata ai sensi dell’art. 51, n. l, secondo comma, del regolamento di procedura, la presente causa è stata rimessa ad una sezione ampliata, composta da cinque giudici, con decisione 4 luglio 2002 del Tribunale.

50     Il 7 ottobre 2000, la causa è stata riattribuita alla Prima Sezione ampliata, ai sensi della decisione 4 luglio 2002 del Tribunale, relativa alla composizione delle sezioni e all’attribuzione delle cause a queste ultime.

51     A seguito dell’impedimento del giudice relatore inizialmente designato, a causa della cessazione delle sue funzioni, il presidente del Tribunale, con decisione 13 dicembre 2002, ha nominato un nuovo giudice relatore.

52     Il 1º aprile 2004, il Tribunale, sentite le parti, ha deciso di rimettere dinanzi alla Grande Sezione del Tribunale la presente causa e altre cinque cause connesse.

53     Con decisione 19 maggio 2004, il presidente della Grande Sezione, sentite le parti, ha riunito tali sei cause ai fini della trattazione orale.

54     A titolo di misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato le parti a rispondere per iscritto ad una serie di quesiti prima dell’udienza. Le parti hanno regolarmente prodotto le informazioni richieste.

55     Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza della Grande Sezione che ha avuto luogo il 26 maggio 2004.

 Conclusioni delle parti

56     Con il loro ricorso, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–       condannare la Comunità al risarcimento del danno da esse subito nella misura di EUR 2 289 242,07 (LIT 4 432 590 743) o altra misura ritenuta ragionevole, con riserva di precisazione nel corso del procedimento, oltre agli interessi al tasso legale italiano a partire dal momento di effettivo pagamento all’amministrazione doganale americana del 95,4% del valore della merce importata, fino al saldo, nonché gli interessi di mora dell’8%, in caso di ritardo nel pagamento della somma richiesta;

–       condannare la Comunità alle spese;

–       adottare altre misure e provvedimenti che dovessero rendersi necessari in base ad equità.

57     I convenuti chiedono che il Tribunale voglia:

–       dichiarare il ricorso irricevibile o, in subordine, infondato;

–       condannare le ricorrenti alle spese.

 Sulla ricevibilità

58     Senza sollevare un’eccezione formale ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura, i convenuti osservano che il ricorso è irricevibile in ragione della mancanza di conformità dello stesso a quanto prescritto dall’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, da un lato, e dell’incompetenza del Tribunale, dall’altro.

 Sulla mancanza di conformità del ricorso a quanto prescritto dall’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura

 Argomenti delle parti

59     Secondo il Consiglio, il ricorso non consente di determinare se il comportamento contestato alle istituzioni consista nell’adozione del regolamento n. 1637/98 in violazione della decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 o nella mancata adozione di misure successivamente alla decisione dell’ORC del 9 aprile 1999 e a quella adottata dal panel costituito su richiesta dell’Ecuador. Se un ricorrente deve dimostrare l’illiceità di un’azione, nel caso di un’omissione, gli incomberebbe la prova dell’esistenza di un obbligo delle istituzioni comunitarie di agire nei suoi confronti.

60     Le ricorrenti ritengono invece di aver dimostrato che la responsabilità della Comunità derivava dalla mancata adozione, entro i termini impartiti, di norme conformi ai principi dell’OMC. Non sarebbe rilevante il fatto che il comportamento incriminato consista nell’adozione dei regolamenti censurati o nel loro mancato adattamento alle norme dell’OMC.

 Giudizio del Tribunale

61     Ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia – applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, dello Statuto medesimo – e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso.

62     Per essere conforme a tali requisiti, un ricorso come quello di specie, diretto ad ottenere il risarcimento di danni asseritamente causati da istituzioni comunitarie, deve contenere elementi che consentano di identificare sia il comportamento che il ricorrente addebita alle dette istituzioni sia le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito (sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punti 29 e 30).

63     Come risulta dalla loro argomentazione, le ricorrenti sostengono di aver subito un danno a causa della mancata adozione da parte delle istituzioni convenute di modifiche del regime comunitario d’importazione delle banane idonee a rendere quest’ultimo, entro i termini impartiti dall’ORC, conforme agli obblighi assunti dalla Comunità in base agli accordi OMC.

64     Il ricorso contiene quindi, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, gli elementi che consentono di identificare il comportamento delle istituzioni convenute che le ricorrenti ritengono all’origine del danno subito.

65     D’altra parte, dall’argomentazione sviluppata dal Consiglio in merito alla fondatezza del ricorso risulta che esso ha potuto preparare efficacemente la sua difesa in merito ai presupposti che fanno sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Ne consegue che il Tribunale è in grado di pronunciarsi sul presente ricorso in piena cognizione degli elementi del fascicolo e nel rispetto del principio del contraddittorio.

66     Pertanto, la censura che il Consiglio deduce in merito alla mancanza di conformità del ricorso ai requisiti dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura dev’essere respinta.

 Sulla competenza del Tribunale

 Argomenti delle parti

67     La Commissione sostiene che un ricorso per risarcimento deve individuare l’atto o l’omissione di un’istituzione comunitaria e chiedere il risarcimento del danno che ne deriva, la competenza del giudice comunitario non potendo dipendere unicamente dalle allegazioni formali delle ricorrenti.

68     Nella fattispecie il danno asseritamene causato dalla sovrattassa doganale americana non potrebbe essere imputato ai convenuti, tenuto conto dell’indipendenza e dell’autonomia d’azione degli Stati Uniti. La Corte avrebbe dichiarato irricevibili taluni ricorsi proposti contro la Comunità per risarcimento di danni asseritamene causati dalle istituzioni comunitarie, mentre le decisioni all’origine dei danni erano state adottate, in piena indipendenza, dalle autorità degli Stati membri (sentenza della Corte 7 luglio 1987, cause riunite 89/86 e 91/86, Étoile commerciale e CNTA/Commissione, Racc. pag. 3005, punti 18‑20). Ciò premesso, il Tribunale non può dichiararsi competente per statuire sul presente ricorso.

69     Le ricorrenti obiettano che, tra il comportamento dei convenuti e il danno subito a causa della sovrattassa doganale americana, sussiste un nesso sufficientemente diretto ai sensi della giurisprudenza comunitaria. Anche se gli Stati Uniti avrebbero potuto reagire diversamente, ciò nonostante il loro atteggiamento è stato causato dal comportamento della Comunità.

 Giudizio del Tribunale

70     Il combinato disposto agli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE conferisce al giudice comunitario la competenza a conoscere dei ricorsi relativi al risarcimento dei danni cagionati dalle istituzioni comunitarie o dai loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

71     Nella fattispecie, le ricorrenti chiedono il risarcimento del danno che esse avrebbero subito a causa della maggiorazione dei dazi all’importazione imposti dalle autorità degli Stati Uniti sui loro prodotti, conformemente all’autorizzazione concessa dall’ORC a seguito dell’accertamento dell’incompatibilità con gli accordi OMC del regime comunitario d’importazione delle banane.

72     Il ricorso è basato sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità, che, secondo le ricorrenti, è sorta in ragione del fatto che la causa del danno da esse subito va ricercata nell’adozione da parte del Consiglio e della Commissione di una regolamentazione che l’ORC ha considerato incompatibile con gli accordi OMC.

73     Il Tribunale è quindi competente a conoscere, in forza dell’art. 235 CE e dell’art. 288, secondo comma, CE, della presente domanda di risarcimento, che, a differenza della fattispecie di cui alla sentenza Étoile commerciale e CNTA/Commissione, cit. supra al punto 68, invocata dalla Commissione, non fa riferimento esclusivamente alla decisione di un organismo nazionale come fondamento della responsabilità.

74     È vero che la responsabilità della Comunità, secondo la giurisprudenza costante, presuppone l’imputabilità del danno contestato al comportamento delle istituzioni comunitarie. Tuttavia, tale condizione costituisce un presupposto sostanziale, che deve essere verificato nell’ambito del controllo sul carattere sufficientemente diretto del nesso di causalità tra il danno lamentato e il comportamento delle istituzioni e che non consente di escludere la competenza del Tribunale, atteso che viene fatta valere l’imputabilità del danno al comportamento delle istituzioni comunitarie.

75     Va dunque respinto l’argomento dedotto dalla Commissione in merito all’incompetenza del Tribunale, salva la valutazione che verrà fatta del nesso di causalità tra il comportamento del Consiglio e della Commissione e il danno lamentato nell’ambito dell’esame della sussistenza dei presupposti in presenza dei quali sorge la responsabilità extracontrattuale.

76     Ciò premesso, il ricorso va dichiarato ricevibile.

 Nel merito

77     La domanda di risarcimento delle ricorrenti si basa principalmente sul regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità in ragione del comportamento illecito dei suoi organi. Le ricorrenti chiedono altresì che venga applicato per analogia il regime della responsabilità extracontrattuale applicabile agli Stati membri in caso di violazione dei loro obblighi comunitari rilevata dalla Corte ai sensi dell’art. 226 CE. Infine, le ricorrenti fanno valere il regime della responsabilità extracontrattuale che potrebbe sorgere per la Comunità anche in assenza di comportamento illecito dei suoi organi.

 Sulla responsabilità della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi

78     Occorre anzitutto ricordare che, come risulta da una giurisprudenza consolidata, in forza dell’art. 288, secondo comma, CE, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16; sentenze del Tribunale 11 luglio 1996, causa T‑175/94, International Procurement Services/Commissione, Racc. pag. II‑729, punto 44; 16 ottobre 1996, causa T‑336/94, Efisol/Commissione, Racc. pag. II‑1343, punto 30, e 11 luglio 1997, causa T‑267/94, Oleifici Italiani/Commissione, Racc. pag. II‑1239, punto 20).

79     Quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare le altre condizioni (sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punti 19 e 81, e sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37).

80     Il comportamento illecito contestato ad un’istituzione comunitaria deve consistere in una violazione sufficientemente caratterizzata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 42).

81     Il criterio decisivo per considerare tale condizione soddisfatta è quello della violazione manifesta e grave, commessa dall’istituzione comunitaria in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale.

82     Quando tale istituzione dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata (sentenze del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T‑198/95, T‑171/96, T‑230/97, T‑174/98 e T‑225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑1975, punto 134, e 10 febbraio 2004, cause riunite T‑64/01 e T‑65/01, Afrikanische Frucht-Compagnie e Internationale Fruchtimport Gesellschaft Weichert/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑521, punto 71).

83     La domanda di risarcimento delle ricorrenti dev’essere esaminata alla luce di tali osservazioni.

 Argomenti delle parti

–       Sugli illeciti contestati alle istituzioni convenute

84     Le ricorrenti ritengono che il danno da esse subito a causa dell’istituzione della sovrattassa doganale americana derivi in realtà dal mantenimento da parte della Comunità del regime comunitario d’importazione delle banane giudicato dall’ORC contrario agli accordi OMC nonostante le modifiche introdotte dai regolamenti nn. 1637/98 e 2362/98.

85     Le ricorrenti ritengono che in tal modo la Comunità avrebbe violato il principio pacta sunt servanda. Poiché essa deve esercitare le sue competenze nel rispetto del diritto internazionale, la Comunità avrebbe, in violazione dell’art. 300, n. 7, CE, disatteso il termine di quindici mesi che le era stato impartito per rendere l’OCM banane originario conforme agli accordi OMC.

86     I convenuti avrebbero violato altresì i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Il versamento da parte delle ricorrenti dei dazi doganali in misura del 4,6% avrebbe cristallizzato una situazione favorevole che gli Stati Uniti non avrebbero rimesso in questione senza motivo o unilateralmente. Il legittimo affidamento delle ricorrenti non risiederebbe nel mantenimento delle concessioni tariffarie negoziate dagli Stati Uniti ma nella certezza giuridica di non dover pagare le conseguenze di un comportamento illecito delle istituzioni convenute in un settore di attività completamente diverso dal loro.

87     Il Consiglio e la Commissione avrebbero inoltre violato il diritto di proprietà e di iniziativa economica delle ricorrenti, tutelato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950. A causa del mancato rispetto da parte della Comunità delle raccomandazioni e delle decisioni dell’ORC, le ricorrenti sarebbero state costrette a versare dazi doganali proibitivi e ad effettuare una ristrutturazione delle loro aziende.

88     Infine, i convenuti avrebbero violato il principio di buona amministrazione. Invece di aspettare anni prima di conformarsi alle norme dell’OMC, la Comunità avrebbe dovuto agire il più rapidamente possibile, per evitare le contromisure americane.

89     Le istituzioni convenute ritengono di aver agito conformemente alle norme dell’OMC. L’argomento delle ricorrenti secondo cui la Comunità avrebbe violato i principi dell’OMC non provvedendo entro il termine impartito a conformare pienamente ai principi dell’OMC il regime comunitario d’importazione delle banane non corrisponderebbe alla realtà giuridica degli accordi OMC.

90     Un operatore economico non può vantare un diritto acquisito o anche un legittimo affidamento alla conservazione di una situazione che può essere modificata da decisioni adottate dalle istituzioni comunitarie nell’ambito del loro potere discrezionale. I termini dell’IRC o l’elenco delle concessioni degli Stati Uniti non possono essere qualificati come assicurazioni «precise» date o «fondate» speranze alimentate dalla Comunità. Gli Stati Uniti sarebbero stati autorizzati dall’ORC a procedere seguendo una delle modalità previste dall’IRC per ripristinare l’equilibrio degli scambi di concessioni tra i membri dell’OMC.

91     Non sarebbe stato adottato alcun atto idoneo a violare i diritti fondamentali delle ricorrenti alla proprietà privata e all’iniziativa economica privata. Inoltre, nella fattispecie una lesione del diritto di proprietà sarebbe esclusa a causa del suo carattere non sostanziale e le ricorrenti non avrebbero fornito alcun elemento a sostegno dei loro argomenti.

92     I convenuti non avrebbero nemmeno violato il principio di buona amministrazione poiché, prima ancora dell’applicazione dei dazi doganali maggiorati, la Commissione avrebbe negoziato con tutti i membri interessati dell’OMC per trovare una soluzione generalmente accettabile. La Commissione avrebbe poi tentato di ottenere dagli Stati Uniti compensazioni in termini di accesso di prodotti americani al mercato comunitario proprio per evitare una revoca unilaterale di concessioni. La Commissione avrebbe proposto e il Consiglio avrebbe approvato in tempo utile una modifica dell’OCM banane entro il termine di quindici mesi impartito dall’ORC. In seguito alle conclusioni dell’ORC che hanno ritenuto tali modifiche insufficienti, sarebbe stata rapidamente proposta ed approvata una nuova modifica della normativa comunitaria, cosicché le autorità americane avrebbero sospeso il prelievo della loro sovrattassa.

–       Sulla natura giuridica delle norme asseritamente violate dai convenuti

93     Le ricorrenti sottolineano che, anche qualora si dovesse ritenere che gli accordi OMC non spieghino effetti diretti, una tale proprietà dovrebbe invece essere riconosciuta alla decisione dell’ORC che ha condannato la Comunità. La Corte avrebbe riconosciuto la sua competenza a controllare la legittimità dell’azione delle istituzioni comunitarie quando, come nella fattispecie, esse hanno inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito del GATT.

94     I convenuti ribattono che né gli accordi OMC né le decisioni dell’ORC possono essere invocati dinanzi al giudice comunitario. La Corte avrebbe riconosciuto ad un singolo il diritto di invocare le norme del GATT del 1947 per rimettere in questione la legittimità di un regolamento comunitario solo a causa della natura particolare di questo e della situazione giuridica del ricorrente nei confronti dello stesso regolamento (sentenza della Corte 7 maggio 1991, causa C‑69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I‑2069).

95     Ciò non avverrebbe nella fattispecie. Né il regolamento n. 404/93 né il regolamento di modifica n. 1637/98 sarebbero stati adottati per effettuare la trasposizione delle norme di merito dell’OMC nell’ordinamento giuridico comunitario. Nessuno di tali due atti o di altri regolamenti che disciplinano l’OCM banane conterrebbe un rinvio espresso a disposizioni precise degli accordi OMC.

96     La giurisprudenza escluderebbe che le relazioni del panel e dell’organo di appello permanente invocate dalle ricorrenti abbiano potuto contenere obblighi particolari cui la Commissione, adottando il regolamento n. 2362/98, avrebbe inteso dare esecuzione ai sensi della giurisprudenza (sentenza del Tribunale 20 marzo 2001, causa T‑30/99, Bocchi Food Trade International/Commissione, Racc. pag. II‑943, punto 64).

–       Sulla gravità delle violazioni dedotte

97     Le ricorrenti sostengono che le violazioni commesse dai convenuti sono sufficientemente caratterizzate per poter far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Nella fattispecie, la Comunità non avrebbe avuto alcun potere discrezionale per mantenere in vigore, senza adattamenti sostanziali, un regime d’importazione delle banane contrario agli accordi OMC.

98     La violazione del diritto dell’OMC e, pertanto, la trasgressione al diritto comunitario si sarebbero protratte oltre il termine di quindici mesi impartito alla Comunità per adeguare la sua normativa. Gli Stati Uniti sarebbero stati costretti a ricorrere all’unica soluzione di cui disponevano per sanzionare la violazione da parte della Comunità dei suoi obblighi derivanti dall’OMC.

99     I convenuti obiettano che, a partire dall’accertamento, nell’aprile 1999, dell’incompatibilità del regolamento n. 1637/98 con gli accordi OMC, la Comunità ha proseguito i suoi sforzi per conformarsi a tutti i suoi obblighi internazionali, avviando immediatamente negoziati con tutte le parti interessate e proponendo di modificare nuovamente il regime comunitario d’importazione delle banane. Il mantenimento di questo si inserirebbe perfettamente nella logica del sistema di negoziati e di riequilibrio dell’OMC, poiché costituirebbe l’espressione materiale di una delle possibilità esplicitamente menzionate e disciplinate dall’IRC.

100   La Corte avrebbe giustamente sottolineato il ruolo svolto dalla sospensione delle concessioni nel meccanismo di risoluzione delle controversie dell’OMC e il potere discrezionale correlativo che consente ai membri di tale organizzazione di discostarsi, seppur temporaneamente, dai loro obblighi convenzionali (sentenza della Corte 23 novembre 1999, causa C‑149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I‑8395, punti 37‑40).

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla questione preliminare dell’invocabilità delle norme dell’OMC

101   Prima di procedere all’esame della liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie, occorre risolvere la questione se gli accordi OMC generino per i soggetti dell’ordinamento comunitario il diritto di farli valere in giudizio per contestare la validità di una normativa comunitaria nell’ipotesi in cui l’ORC abbia dichiarato che tanto quest’ultima tanto la normativa successiva adottata dalla Comunità, in particolare al fine di conformarsi alle norme dell’OMC in questione, erano incompatibili con queste norme.

102   Le ricorrenti invocano a tale proposito il principio pacta sunt servanda, che rientra effettivamente tra le norme di diritto il cui rispetto si impone alle istituzioni comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni, quale principio fondamentale di ogni ordinamento giuridico e, in particolare, dell’ordinamento giuridico internazionale (sentenza della Corte 16 giugno 1998, causa C‑162/96, Racke, Racc. pag. I 3655, punto 49).

103   Tuttavia, nel caso di specie il principio pacta sunt servanda non può essere utilmente opposto alle istituzioni convenute, dato che, secondo una giurisprudenza costante, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali il giudice comunitario controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie (sentenza della Corte Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 100, punto 47; ordinanza della Corte 2 maggio 2001, causa C‑307/99, OGT Fruchthandelsgesellschaft, Racc. pag. I‑3159, punto 24; sentenze della Corte 12 marzo 2002, cause riunite C‑27/00 e C‑122/00, Omega Air e a., Racc. pag. I‑2569, punto 93; 9 gennaio 2003, causa C‑76/00 P, Petrotub e Republica, Racc. pag. I‑79, punto 53, e 30 settembre 2003, causa C‑93/02 P, Biret International/Consiglio, Racc. pag. I‑10497, punto 52).

104   Infatti, da un lato, l’accordo che istituisce l’OMC è fondato su una base di reciproca convenienza che lo distingue dagli accordi conclusi dalla Comunità con Stati terzi che instaurano una certa asimmetria degli obblighi. Orbene, è pacifico che alcune delle controparti commerciali più importanti della Comunità non fanno figurare gli accordi OMC tra le normative alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle loro norme di diritto interno. Un controllo della legalità dell’azione delle istituzioni comunitarie alla luce di tali norme rischierebbe quindi di condurre ad uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC, privando gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 100, punti 42-46).

105   Dall’altro, imporre agli organi giurisdizionali l’obbligo di disapplicare le norme di diritto interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità, offerta dall’art. 22 dell’IRC, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 100, punti 39 e 40).

106   Ne consegue che l’eventuale violazione delle norme dell’OMC da parte delle istituzioni convenute non può, in linea di principio, far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità (sentenze del Tribunale 20 marzo 2001, causa T‑18/99, Cordis/Commissione, Racc. pag. II‑913, punto 51; causa Bocchi Food Trade International/Commissione, cit. supra al punto 96, punto 56, e causa T‑52/99, T. Port/Commissione, Racc. pag. II‑981, punto 51).

107   Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetterebbe al Tribunale controllare la legalità del comportamento delle istituzioni convenute alla luce delle norme dell’OMC (v., per quanto riguarda il GATT del 1947, sentenze della Corte 22 giugno 1989, causa 70/87, Fediol/Commissione, Racc. pag. 1781, punti 19-22, e Nakajima/Consiglio, cit. supra al punto 94, punto 31, nonché, per quanto riguarda gli accordi OMC, sentenze Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 110, punto 49, e Biret International/Consiglio, cit. supra al punto 103, punto 53).

108   Orbene, anche in presenza di una decisione dell’ORC che rilevi l’incompatibilità delle misure adottate da un membro con le norme dell’OMC, nessuna di queste due eccezioni è applicabile nel caso di specie.

–       Sull’eccezione relativa all’intenzione di dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC

109   Assumendo l’impegno, dopo l’adozione della decisione dell’ORC 25 settembre 1997, di conformarsi alle norme dell’OMC, la Comunità non ha inteso assumere un obbligo particolare nell’ambito dell’OMC, tale da giustificare un’eccezione alla non invocabilità delle norme dell’OMC dinanzi al giudice comunitario e da consentire a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie rispetto a tali norme.

110   È vero che, rispetto al GATT del 1947, l’IRC ha rafforzato il meccanismo di risoluzione delle controversie, in particolare per quanto riguarda l’adozione delle relazioni dei panel.

111   Così, l’art. 3, n. 7, dell’IRC sottolinea che il primo obiettivo del meccanismo di risoluzione delle controversie è di norma garantire il ritiro delle misure che sono state giudicate incompatibili con le disposizioni degli accordi OMC. Del pari, l’art. 22, n. 1, dell’IRC privilegia la piena applicazione di una raccomandazione di rendere una misura conforme agli accordi OMC.

112   Inoltre, ai sensi dell’art. 17, n. 14, dell’IRC, una relazione dell’organo d’appello adottata, come nel caso di specie, dall’ORC è accettata incondizionatamente dalle parti della controversia. Infine, l’art. 22, n. 7, specifica che queste ultime accettano la natura definitiva della decisione dell’arbitro che stabilisce il livello della sospensione delle concessioni.

113   Ciò non toglie che l’IRC riservi in ogni caso un ruolo importante ai negoziati tra i membri dell’OMC parti di una controversia (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 100, punti 36-40).

114   L’IRC rende così possibili per il membro dell’OMC coinvolto in una controversia varie modalità di applicazione di una raccomandazione o di una decisione dell’ORC che stabilisce l’incompatibilità di una misura con le norme dell’OMC.

115   Qualora il ritiro immediato della misura incompatibile risulti impraticabile, l’IRC prevede, al suo art. 3, n. 7, la possibilità di concedere al membro leso una compensazione o di autorizzarlo a sospendere temporaneamente l’applicazione di concessioni o altri obblighi, in attesa che venga ritirata la misura incompatibile (v. sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 100, punto 37).

116   Ai sensi dell’art. 22, n. 2, dell’IRC, qualora il membro dell’OMC interessato venga meno al suo obbligo di eseguire le raccomandazioni e le decisioni dell’ORC entro il periodo che gli è stato impartito, esso avvia, se invitato a farlo, e non oltre la scadenza del periodo, negoziati con il membro che ha sporto il reclamo, al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile.

117   Qualora entro un termine di venti giorni dalla data di scadenza del periodo ragionevole previsto dall’art. 21, n. 3, dell’IRC per conformarsi alle norme dell’OMC non sia stata convenuta una compensazione reciprocamente accettabile, la parte che ha sporto reclamo può chiedere all’ORC l’autorizzazione a sospendere nei confronti di tale membro l’applicazione di concessioni o altri obblighi derivanti dagli accordi OMC.

118   Anche alla scadenza del termine impartito per rendere la misura dichiarata incompatibile conforme alle norme dell’OMC e dopo l’autorizzazione e l’adozione di misure di compensazione o di sospensione di concessioni ai sensi dell’art. 22, n. 6, dell’IRC, il negoziato tra le parti della controversia continua a svolgere comunque un ruolo importante.

119   L’art. 22, n. 8, dell’IRC sottolinea così la natura provvisoria della sospensione di concessioni o altri obblighi e ne limita la durata «finché non viene abolita la misura giudicata incompatibile con un accordo contemplato o finché il membro che deve applicare le raccomandazioni o le decisioni non trova una soluzione all’annullamento o al pregiudizio dei benefici, o finché non si trova una soluzione reciprocamente soddisfacente».

120   Questa stessa disposizione prevede inoltre che, conformemente all’art. 21, n. 6, l’ORC continui a tenere sotto controllo l’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate.

121   In caso di disaccordo sulla compatibilità delle misure prese per ottemperare alle raccomandazioni e alle decisioni dell’ORC, l’art. 21, n. 5, dell’IRC prevede che la controversia sia risolta «facendo ricorso alle presenti procedure di risoluzione delle controversie», che includono il tentativo delle parti di giungere ad una soluzione negoziata.

122   Né la scadenza del termine impartito dall’ORC alla Comunità per rendere il suo regime d’importazione delle banane conforme alla decisione 25 settembre 1997 dell’ORC né la decisione 9 aprile 1999 con cui gli arbitri dell’ORC hanno espressamente dichiarato l’incompatibilità del nuovo dispositivo d’importazione delle banane stabilito dai regolamenti nn. 1637/98 e 2362/98 hanno comportato l’esaurimento delle modalità di risoluzione delle controversie previste dall’IRC.

123   Ciò considerato, un controllo da parte del giudice comunitario della liceità del comportamento delle istituzioni convenute rispetto alle norme dell’OMC potrebbe avere l’effetto di rendere più fragile la posizione dei negoziatori comunitari nella ricerca di una soluzione reciprocamente accettabile della controversia e conforme alle norme dell’OMC.

124   Pertanto, imporre agli organi giurisdizionali l’obbligo di disapplicare le norme di diritto interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità, offerta segnatamente dall’art. 22 dell’IRC, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 100, punto 40).

125   Le ricorrenti deducono quindi erroneamente dagli artt. 21 e 22 dell’IRC un obbligo a carico del membro dell’OMC di conformarsi, entro un determinato termine, alle raccomandazioni e alle decisioni degli organi dell’OMC e, sempre erroneamente, sostengono che le decisioni dell’ORC sono esecutive a meno che le parti contraenti vi si oppongano all’unanimità.

126   Peraltro, modificando nuovamente, con regolamento n. 216/2001, il regime d’importazione delle banane, il Consiglio ha perseguito la conciliazione di diversi obiettivi divergenti. Il preambolo del regolamento n. 216/2001, al primo ‘considerando’, rileva così che numerose ed intense consultazioni si sono svolte, segnatamente, per «tener conto delle conclusioni del gruppo speciale» e, al secondo ‘considerando’, che il nuovo regime d’importazione previsto costituisce il mezzo più idoneo sia per «conseguire gli obiettivi dell’[OCM banane] per quanto riguarda la produzione comunitaria e la domanda dei consumatori» sia «per rispettare le norme del commercio internazionale».

127   In definitiva, è in contropartita dell’impegno della Comunità di introdurre un regime unicamente tariffario per le importazioni di banane entro il 1º gennaio 2006 che gli Stati Uniti hanno accettato, ai termini del memorandum d’intesa concluso l’11 aprile 2001, di sospendere provvisoriamente l’imposizione della loro sovrattassa doganale.

128   Orbene, tale risultato avrebbe potuto essere compromesso da un intervento del giudice comunitario consistente nel controllare, ai fini del risarcimento del danno subito dalle ricorrenti, la liceità rispetto alle norme dell’OMC del comportamento adottato nella fattispecie dalle istituzioni convenute.

129   Occorre rilevare a tal proposito che, come hanno espressamente sottolineato gli Stati Uniti, il memorandum d’intesa dell’11 aprile 2001 non costituisce di per sé una soluzione decisa di comune accordo ai sensi dell’art. 3, n. 6, dell’IRC e che la questione dell’attuazione da parte della Comunità delle raccomandazioni e delle decisioni dell’ORC continuava, il 12 luglio 2001, vale a dire successivamente alla proposizione del presente ricorso, ad essere iscritta all’ordine del giorno della riunione dell’ORC.

130   Ne consegue che le istituzioni convenute, modificando il controverso regime comunitario d’importazione delle banane, non hanno inteso dare esecuzione ad obblighi particolari derivanti dalle norme dell’OMC alla luce delle quali l’ORC aveva accertato l’incompatibilità di tale regime.

131   Del resto, a tal riguardo occorre rilevare che, come emerge dai ‘considerando’ del regolamento n. 1637/98, il Consiglio, nella fattispecie, ha inteso conciliare, avvalendosi delle diverse modalità di composizione delle controversie definite dall’IRC, gli impegni internazionali sottoscritti dalla Comunità sia nell’ambito dell’OMC sia nei confronti degli altri firmatari della quarta convenzione di Lomé, salvaguardando peraltro gli obiettivi dell’OCM banane.

132   Tale intento è confermato dall’art. 20, lett. e), del regolamento n. 404/93, modificato dal regolamento n. 1637/98. Tale disposizione, in quanto precisa che le modalità che la Commissione può adottare ai fini dell’applicazione del titolo IV del regolamento n. 404/93, relativo al regime degli scambi di banane con i paesi terzi, comprendono le misure occorrenti per adempiere gli obblighi derivanti dagli accordi conclusi dalla Comunità conformemente all’art. 300 CE, si riferisce a tutti gli impegni derivanti dalle convenzioni che siano state sottoscritte, senza privilegiare gli obblighi assunti dalla Comunità nell’ambito degli accordi OMC.

133   Inoltre, il legislatore comunitario, al nono ‘considerando’ del regolamento n. 1637/98, si è espressamente riservato la possibilità di esaminare il funzionamento di tale testo al termine di un periodo di sperimentazione sufficiente.

–       Sull’eccezione basata sull’espresso rinvio a precise disposizioni degli accordi OMC

134   Non si può ritenere che l’OCM banane, quale è stata istituita dal regolamento n. 404/93 e successivamente modificata, rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC (v., in tal senso, ordinanza OGT Fruchthandelsgesellschaft, cit. supra al punto 103, punto 28).

135   In particolare, dai preamboli dei diversi regolamenti che modificano il regime d’importazione delle banane non emerge che il legislatore comunitario abbia fatto riferimento a disposizioni specifiche degli accordi OMC quando ha inteso conformare tale regime a questi medesimi accordi.

136   Così, il regolamento n. 2362/98 non contiene alcun riferimento espresso a disposizioni precise degli accordi OMC (sentenze Cordis/Commissione, cit. supra al punto 106, punto 59; Bocchi Food Trade International/Commissione, cit. supra al punto 96, punto 64, e T. Port/Commissione, cit. supra al punto 106, punto 59).

137   Ne deriva che, nonostante sia intervenuto un accertamento di incompatibilità da parte dell’ORC, le regole dell’OMC non costituiscono, nella fattispecie, né in forza di obblighi particolari a cui la Comunità avrebbe inteso dare esecuzione né in forza di un rinvio espresso a disposizioni precise, norme rispetto alle quali può essere valutata la liceità del comportamento delle istituzioni.

138   Dalle considerazioni che precedono risulta che le ricorrenti non possono utilmente sostenere, ai fini della loro domanda di risarcimento, che il comportamento contestato al Consiglio e alla Commissione sia contrario alle regole dell’OMC.

139   Le censure che le ricorrenti fondano sullla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, sulla violazione del diritto di proprietà e di iniziativa economica e, infine, sull’inosservanza del principio di buona amministrazione si basano tutte sulla premessa della contrarietà alle regole dell’OMC del comportamento contestato alle istituzioni convenute.

140   Posto che queste regole non figurano tra quelle rispetto alle quali il giudice comunitario controlla la liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie, tali censure devono essere di conseguenza parimenti respinte.

141   Ne consegue che il comportamento delle istituzioni convenute non può essere considerato viziato da illiceità, e non occorre esaminare l’argomento delle ricorrenti relativo alla natura giuridica delle norme e dei principi asseritamene violati e alla pretesa gravità di tali violazioni.

142   Poiché l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni convenute non può essere dimostrata, una delle tre condizioni cumulative che fanno sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi non è soddisfatta.

143   Pertanto, l’azione di risarcimento delle ricorrenti basata su tale regime di responsabilità dev’essere respinta, senza che occorra, in tale contesto, esaminare se siano soddisfatte le altre due condizioni, relative, rispettivamente, all’effettività del danno e all’esistenza di un nesso causale fra il comportamento contestato e il pregiudizio asserito (sentenza della Corte 9 settembre 1999, causa C‑257/98 P, Lucaccioni/Commissione, Racc. pag. I‑5251, punto 14, e sentenza del Tribunale 24 aprile 2002, causa T‑220/96, EVO/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2265, punto 39).

 Sull’applicazione per analogia del regime di responsabilità extracontrattuale degli Stati membri

144   Le ricorrenti sostengono in sostanza che la decisione 9 aprile 1999 degli arbitri, che ha autorizzato le misure di ritorsione nei confronti delle esportazioni comunitarie, è paragonabile ad una sentenza della Corte che accerti, in base all’art. 226 CE, l’inadempimento da parte di uno Stato membro dei suoi obblighi comunitari. Il giudice comunitario dovrebbe dunque riconoscere alle ricorrenti un diritto al risarcimento del danno derivante dal comportamento illecito dei convenuti (sentenze della Corte 19 novembre 1991, cause riunite C‑6/90 e C‑9/90, Francovich e a., Racc. pag. I‑5357, e 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I‑1029).

145   Le istituzioni convenute ritengono inapplicabile alla fattispecie la giurisprudenza della Corte relativa alla responsabilità extracontrattuale degli Stati membri per violazione dei loro obblighi comunitari.

146   Il Tribunale ritiene sufficiente rilevare che, anche supponendo che le raccomandazioni e le decisioni dell’ORC possano essere assimilate alle sentenze della Corte, la domanda di risarcimento delle ricorrenti è basata sull’applicazione alla Comunità, per analogia, di un regime di responsabilità che si fonda sulla premessa di un comportamento illecito delle istituzioni convenute.

147   In assenza di una dimostrazione dell’illiceità del comportamento contestato nella fattispecie agli interessati, tale domanda non può dunque che essere respinta in quanto infondata.

 Sulla responsabilità della Comunità in assenza di comportamento illecito dei suoi organi

 Sul principio della responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di un comportamento illecito dei suoi organi

–       Argomenti delle parti

148   Le ricorrenti ritengono che, supponendo che i convenuti abbiano potuto lecitamente non tener conto delle decisioni dell’OMC, ricorrano in ogni caso le condizioni a cui la giurisprudenza comunitaria subordina la responsabilità extracontrattuale della Comunità per i danni causati dai suoi organi anche in assenza di un’azione illecita da parte di questi, vale a dire, l’effettività del danno subito, il nesso di causalità tra lo stesso e il comportamento adottato dalle istituzioni comunitarie, nonché il carattere anormale e speciale di tale danno (sentenza del Tribunale 28 aprile 1998, causa T‑184/95, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑667, punto 59, confermata a seguito di impugnazione con sentenza della Corte 15 giugno 2000, causa C‑237/98 P, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4549).

149   I convenuti obiettano che il giudice comunitario non ha mai ammesso, finora, la possibilità di una responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di comportamento illecito dei suoi organi. Il Consiglio e la Commissione dubitano peraltro che il principio di una responsabilità di tale tipo possa essere considerato come un principio generale comune ai diritti degli Stati membri. In ogni caso, le ricorrenti non soddisferebbero le condizioni restrittive di tale regime di responsabilità imposte dagli ordinamenti giuridici nazionali che lo hanno riconosciuto.

–       Giudizio del Tribunale

150   Il fatto che, come nella fattispecie, l’illiceità del comportamento imputato alle istituzioni comunitarie non sia accertata non comporta che le imprese le quali, in quanto categoria di operatori economici, devono sopportare una parte sproporzionata degli oneri derivanti da una restrizione dell’accesso a mercati d’esportazione non possano in alcun caso ottenere una compensazione facendo valere la responsabilità extracontrattuale della Comunità (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 settembre 1987, causa 81/86, De Boer Buizen/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3677, punto 17).

151   Infatti, l’art. 288, secondo comma, CE basa l’obbligo che esso impone alla Comunità di risarcire i danni causati dalle sue istituzioni sui «principi generali comuni ai diritti degli Stati membri» senza limitare, di conseguenza, la portata di tali principi al solo regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito delle dette istituzioni.

152   Orbene, i diritti nazionali della responsabilità extracontrattuale consentono ai singoli, anche se in misura variabile, in settori specifici e secondo modalità diverse, di ottenere in via giudiziale il risarcimento di taluni danni, anche in assenza di un’azione illecita dell’autore del danno.

153   Nel caso di un danno causato da un comportamento delle istituzioni della Comunità la cui illiceità non è dimostrata, la responsabilità extracontrattuale della Comunità può sorgere quando siano cumulativamente soddisfatte le condizioni relative all’effettività del danno, al nesso di causalità tra il danno e il comportamento delle istituzioni comunitarie e al carattere anormale e speciale del danno in questione (v., in tal senso, sentenza 15 giugno 2000, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, cit. supra al punto 148, punto 19).

154   Occorre dunque esaminare se tali tre condizioni siano soddisfatte nella fattispecie.

 Sulla sussistenza di un danno effettivo e certo

–       Argomenti delle parti

155   Le ricorrenti sostengono di aver subito un danno emergente e un lucro cessante comprendenti l’importo della sovrattassa all’importazione che esse avrebbero pagato direttamente dal novembre 1999 sino alla fine del mese di giugno 2001, gli sconti concessi ai loro clienti per attenuare il danno sopportato da questi ultimi a causa del pagamento della sovrattassa dall’aprile all’ottobre del 1999, i costi di ristrutturazione delle loro unità produttive intrapresa per sottrarre la loro produzione alla sovrattassa americana all’importazione e, infine, una diminuzione del loro volume d’affari per tutto il periodo di validità della sovrattassa.

156   I convenuti contestano che sia stata validamente fornita la prova del danno lamentato e si rifiutano di qualificare come danno risarcibile le perdite dovute alle misure adottate dalle interessate.

157   Inoltre, le ricorrenti non potrebbero imputare alla Comunità, senza incorrere in contraddizione, per lo stesso periodo, il danno costituito dagli sconti ai clienti e le operazioni di ristrutturazione, da una parte, e quello costituito dalla perdita di clienti americani, dall’altra.

158   Infine, non sarebbe stato affatto provato che gli sconti concessi ai clienti americani non rientrassero negli usi commerciali e che non fosse possibile negoziare una revisione dei prezzi. La dedotta impossibilità di far ricadere almeno parzialmente il costo dei dazi maggiorati sui clienti americani non sarebbe convincente. Infine, le ricorrenti avrebbero potuto limitare le conseguenze della sovrattassa doganale esportando verso altri mercati o apportando leggere modifiche ai loro prodotti in modo da cambiarne la classificazione doganale.

–       Giudizio del Tribunale

159   Dagli argomenti delle istituzioni convenute emerge che esse non contestano di per sé l’effettività e la certezza del danno subito dalle ricorrenti a seguito dell’istituzione della sovrattassa doganale americana.

160   Suggerendo che le ricorrenti avrebbero potuto limitare le conseguenze della sovrattassa doganale trovando sbocchi diversi dal mercato americano o modificando i loro prodotti in modo da cambiarne la classificazione doganale da parte dell’amministrazione americana, il Consiglio e la Commissione ammettono persino, implicitamente, che le ricorrenti hanno dovuto, quanto meno, necessariamente sopportare un danno commerciale a causa dell’incontestabile rincaro dei loro prodotti provocato sul mercato degli Stati Uniti dall’aumento improvviso al 100% dei dazi americani all’importazione ad valorem.

161   D’altra parte, le statistiche fornite dalla Commissione avvalorano le affermazioni delle ricorrenti, poiché dimostrano incontestabilmente una sensibile diminuzione del valore complessivo delle importazioni negli Stati Uniti degli articoli tascabili interessati originari della Comunità.

162   Pertanto, il Tribunale ritiene che la condizione relativa all’effettività e alla certezza del danno subito dalle ricorrenti sia soddisfatta.

 Sul nesso di causalità tra il danno subito e il comportamento delle istituzioni convenute

–       Argomenti delle parti

163   Le ricorrenti sostengono che il governo degli Stati Uniti non avrebbe mai aumentato i suoi dazi all’importazione se non fosse stato autorizzato ad agire in tal senso dall’OMC in seguito all’inadempimento da parte della Comunità degli obblighi ad essa imposti dagli accordi OMC. Così, la reazione americana sarebbe stata la conseguenza oggettivamente prevedibile di tale violazione.

164   Il governo americano avrebbe invocato tale inadempimento da parte della Comunità degli obblighi ad essa imposti dagli accordi OMC per giustificare l’istituzione della sovrattassa doganale. L’intenzione degli Stati Uniti di aumentare i loro dazi all’importazione e l’elenco dei prodotti gravati sarebbero stati perfettamente noti. Secondo le ricorrenti, era scontato che, qualora non si fosse provveduto a conformare l’OCM banane agli accordi OMC, le imprese comunitarie sarebbero state colpite da una sovrattassa doganale.

165   La facoltà che gli Stati Uniti eventualmente avevano di reagire diversamente al comportamento della Comunità non inciderebbe minimamente sul fatto che la loro reazione, in ogni caso, è stata provocata dal comportamento delle istituzioni convenute.

166   I convenuti ritengono che il nesso causale ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, che deve esistere tra il loro comportamento e il danno lamentato dalle ricorrenti dovrebbe essere diretto e determinante, nel senso che il danno dovrebbe derivare direttamente dal comportamento delle istituzioni comunitarie e non deve dipendere dal sopravvenire di altre cause, positive o negative (ordinanza del Tribunale 12 dicembre 2000, causa T‑201/99, Royal Olympic Cruises e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑4005, punto 26).

167   Tali condizioni non sarebbero affatto soddisfatte nella fattispecie. Non vi sarebbe alcun dubbio che la causa diretta, immediata ed esclusiva del danno lamentato sia costituita dall’aumento da parte degli Stati Uniti dei loro dazi all’importazione e che l’esistenza di tale causa dominante sia idonea ad escludere qualsiasi nesso di causalità tra il comportamento delle istituzioni convenute e il pregiudizio.

168   Dall’art. 22, n. 2, dell’IRC si evincerebbe che la sospensione delle concessioni non è una conseguenza necessaria della mancata esecuzione, piena e completa, da parte di un membro, delle raccomandazioni e delle decisioni dell’ORC, entro un periodo ragionevole. Solo due dei cinque membri dell’OMC autori dei reclami diretti contro il regime comunitario d’importazione delle banane, vale a dire l’Ecuador e gli Stati Uniti, avrebbero ottenuto l’autorizzazione a sospendere le loro concessioni e solo gli Stati Uniti se ne sarebbero avvalsi.

169   La soluzione stessa della controversia, vale a dire la conclusione di un accordo che prevede la gestione dei contingenti in deroga all’art. XIII del GATT, confermerebbe l’assenza di qualsiasi automatismo tra gli accertamenti dell’ORC e la revoca delle concessioni.

170   Le misure di ritorsione americane avrebbero colpito gli astucci per occhiali tra migliaia di prodotti potenzialmente esposti ad un aumento tariffario. Le autorità americane avrebbero potuto scegliere prodotti diversi senza che la Comunità potesse esercitare la minima influenza su tale scelta. Gli Stati Uniti avrebbero esentato i prodotti interessati originari di taluni Stati membri della Comunità. Infine, l’aumento dei dazi all’importazione dal 4,6 al 100% sarebbe stato fissato liberamente e autonomamente dal governo americano.

–       Giudizio del Tribunale

171   I principi comuni ai diritti degli Stati membri a cui rinvia l’art. 288, secondo comma, CE non possono essere fatti valere per dimostrare l’esistenza di un obbligo della Comunità di risarcire qualsiasi conseguenza dannosa, anche remota, di comportamenti dei suoi organi (v., per analogia, sentenze della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21, e 30 gennaio 1992, cause riunite C‑363/88 e C‑364/88, Finsider e a./Commissione, Racc. pag. I‑359, punto 25; ordinanza del Tribunale Royal Olympic Cruises e a./Consiglio e Commissione, cit. supra al punto 166, punto 26).

172   Infatti, la condizione relativa al nesso di causalità richiesta dall’art. 288, secondo comma, CE presuppone l’esistenza di un rapporto di causa-effetto sufficientemente diretto tra il comportamento delle istituzioni comunitarie e il danno (sentenza Dumortier e a./Consiglio, cit. supra al punto 172, punto 21, e sentenza del Tribunale 24 ottobre 2000, causa T‑178/98, Fresh Marine/Commissione, Racc. pag. II‑3331, punto 118, confermata a seguito d’impugnazione con sentenza della Corte 10 luglio 2003, causa C‑472/00 P, Commissione/Fresh Marine, Racc. pag. I‑7541).

173   Certo, è vero che gli Stati Uniti, su propria richiesta, sono stati semplicemente autorizzati dall’ORC a procedere alla revoca di concessioni sotto forma di aumento dei loro dazi sulle importazioni di prodotti originari della Comunità, senza essere tenuti a farlo. Anche dopo aver ottenuto la detta autorizzazione, il governo americano conservava la facoltà di perseguire la risoluzione della controversia che lo opponeva alla Comunità senza adottare misure di ritorsione nei confronti di quest’ultima.

174   È parimenti nell’esercizio di una facoltà di scelta discrezionale che l’amministrazione americana, da un lato, ha deciso di colpire gli astucci per occhiali con la sua misura di ritorsione, da cui essa stessa ha esonerato gli articoli originari di taluni Stati membri della Comunità, e, dall’altro, ha fissato al 95,4% il tasso di maggiorazione dei dazi all’importazione gravanti sui prodotti interessati.

175   Ciò non toglie che, in assenza del controverso regime comunitario d’importazione delle banane e di una previa constatazione da parte dell’ORC della sua incompatibilità con le norme dell’OMC, gli Stati Uniti non avrebbero potuto né richiedere né ottenere dall’ORC l’autorizzazione a sospendere le loro concessioni tariffarie su prodotti originari della Comunità per un importo pari al livello dell’annullamento o della riduzione di vantaggi conseguente dal mantenimento del regime comunitario controverso.

176   Infatti, l’ORC ha determinato l’importo di scambi fino a concorrenza del quale l’amministrazione americana è stata autorizzata a sospendere le sue concessioni tariffarie nei confronti della Comunità in funzione dell’importo del danno subito dall’economia americana a causa del regime comunitario d’importazione delle banane dichiarato incompatibile con le norme dell’OMC.

177   Pertanto, la revoca delle concessioni nei confronti della Comunità sotto forma di sovrattassa doganale all’importazione va considerata una conseguenza derivante oggettivamente, secondo l’evoluzione normale e prevedibile del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC accettato dalla Comunità, dal mantenimento in vigore da parte delle istituzioni convenute di un regime d’importazione delle banane incompatibile con gli accordi OMC.

178   La decisione unilaterale degli Stati Uniti di istituire una sovrattassa doganale sulle importazioni di articoli tascabili originari della Comunità non è quindi idonea a interrompere il nesso di causalità esistente tra il danno che l’istituzione di tale sovrattassa ha causato alle ricorrenti e il mantenimento da parte dei convenuti del controverso regime d’importazione delle banane.

179   Il comportamento delle istituzioni convenute, infatti, ha necessariamente indotto l’amministrazione americana ad adottare la misura di ritorsione, nel rispetto delle procedure istituite dall’IRC e accettate dalla Comunità, di modo che tale comportamento dev’essere considerato la causa determinante del danno subito dalle ricorrenti a seguito dell’istituzione della sovrattassa doganale americana.

180   Ancor prima che l’ORC, il 19 aprile 1999, autorizzasse gli Stati Uniti a prelevare la loro sovrattassa all’importazione, le istituzioni convenute non ignoravano l’imminenza delle misure di ritorsione americane.

181   Sin dal 10 novembre 1998 gli Stati Uniti avevano pubblicato l’elenco provvisorio dei prodotti di origine comunitaria su cui intendevano imporre una sovrattassa all’importazione, sovrattassa di cui, il 21 dicembre 1998, hanno confermato l’imminente applicazione ad un tasso del 100%.

182   Fin dal 3 marzo 1999, data dell’imposizione a carico degli esportatori comunitari dell’obbligo di costituire una garanzia bancaria per il 100% del valore dei prodotti d’importazione interessati, i convenuti non potevano più ignorare la ferma intenzione degli Stati Uniti di istituire una sovrattassa doganale. Non poteva sussistere alcun dubbio dopo il comunicato stampa del rappresentante speciale datato 9 aprile 1999, che annunciava l’elenco dei prodotti colpiti dalla sovrattassa doganale.

183   Pertanto, occorre ammettere l’esistenza del necessario nesso di causalità diretto tra il comportamento adottato dalle istituzioni convenute nei riguardo alle importazioni di banane nella Comunità, da un lato, e il danno subito dalle ricorrenti a causa dell’istituzione della sovrattassa doganale americana, dall’altro.

 Sul carattere anormale e speciale del danno subito

–       Argomenti delle parti

184   Le ricorrenti sostengono che il comportamento dei convenuti ha cagionato, a loro svantaggio, una discriminazione costitutiva di un danno anormale e speciale.

185   La sovrattassa doganale avrebbe colpito solo i prodotti menzionati nell’elenco speciale redatto dall’amministrazione americana. Le ricorrenti dovrebbero dunque essere considerate appartenenti ad una categoria di operatori economici lesi nei loro interessi patrimoniali in un modo che li distingue rispetto a tutti gli altri operatori.

186   Le ricorrenti sarebbero state discriminate e lese in modo anormale rispetto a tutti gli esportatori comunitari operanti negli Stati Uniti ed esposti ad eventuali misure di ritorsione, e non solo a causa della loro appartenenza al settore della produzione di astucci per occhiali.

187   Le ricorrenti non sarebbero state affatto tenute a prendere in considerazione l’eventualità di sovrattasse istituite da Stati terzi a causa di un contenzioso sorto in un settore completamente diverso dal loro ambito di attività. Del resto, sarebbe la prima volta che una controversia tra membri dell’OMC ha portato a misure di ritorsione economiche così gravi.

188   Infine, l’interesse al mantenimento delle norme dell’OCM banane censurate dall’ORC non sarebbe talmente rilevante da giustificare conseguenze negative talvolta considerevoli per taluni operatori.

189   I convenuti sostengono, al contrario, che la situazione delle ricorrenti non si distingue da quella del complesso degli esportatori comunitari. Gli operatori colpiti dalla sovrattassa americana apparterrebbero ad una categoria determinata oggettivamente dalle autorità americane e non sufficientemente ristretta perché il danno sia giudicato speciale e anormale.

190   La sospensione di concessioni a termini dell’art. 22 dell’IRC costituirebbe una delle diverse possibili cause di mutamento delle condizioni esistenti sui mercati internazionali. Nel contesto degli accordi OMC, non si potrebbe validamente sostenere che un aumento dei dazi americani dopo cinque mesi di preavviso costituisca un avvenimento qualificabile come anormale.

–       Giudizio del Tribunale

191   Quanto ai danni che gli operatori economici possono subire a causa delle attività delle istituzioni comunitarie, un pregiudizio è, da una parte, anormale quando supera i limiti dei rischi economici inerenti alle attività nel settore di cui trattasi e, dall’altra, speciale quando riguarda una categoria particolare di operatori economici in maniera sproporzionata rispetto agli altri operatori (v. sentenze 28 aprile 1998, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, cit. supra al punto 148, punto 80, e sentenza Afrikanische Frucht-Compagnie e Internationale Fruchtimport Gesellschaft Weichert/Consiglio e Commissione, cit. supra al punto 82, punto 151).

192   Nella fattispecie non è dimostrato che le ricorrenti abbiano subito, a causa dell’incompatibilità con gli accordi OMC del regime comunitario d’importazione delle banane, un danno eccedente i limiti dei rischi inerenti alla loro attività di esportazione.

193   È vero che, come rilevato nel suo preambolo, l’accordo che istituisce l’OMC ha ad oggetto l’introduzione di un sistema commerciale multilaterale integrato che incorpora i risultati degli sforzi di liberalizzazione del commercio intrapresi precedentemente.

194   Occorre tuttavia constatare che l’eventualità di una sospensione delle concessioni tariffarie, misura prevista dagli accordi OMC e caso presentatosi nella fattispecie, è una delle vicende inerenti al sistema attuale del commercio internazionale. Di conseguenza, tale vicenda viene necessariamente sopportata da qualsiasi operatore che decida di immettere la sua produzione sul mercato di uno dei membri dell’OMC.

195   Come hanno rilevato le stesse ricorrenti, la decisione 9 aprile 1999 degli arbitri ha sottolineato che la natura temporanea che l’art. 22, n. 1, dell’IRC ricollega alla sospensione delle concessioni indica che questa ha l’obiettivo di incoraggiare il membro dell’OMC in questione a rispettare le raccomandazioni e le decisioni dell’ORC.

196   Inoltre, dall’art. 22, n. 3, lett. b) e c), dell’IRC, strumento internazionale che è stato oggetto di misure di pubblicità idonee ad assicurarne la conoscenza presso gli operatori comunitari, risulta che il membro dell’OMC che ha sporto reclamo può cercare di sospendere talune concessioni o altri obblighi in settori diversi da quello in cui il panel o l’organo d’appello hanno constatato una violazione da parte del membro di cui trattasi, vuoi in base al medesimo accordo vuoi in base a un altro accordo OMC.

197   Le ricorrenti sostengono dunque erroneamente che non può essere considerata come un rischio normale l’eventualità dell’applicazione di misure di ritorsione da parte di uno Stato terzo risultante da un contenzioso sorto in un settore diverso dal loro.

198   Ne consegue che i rischi a cui poteva trovarsi esposta per tale motivo la commercializzazione da parte delle ricorrenti dei loro astucci per occhiali sul mercato americano non devono essere considerati estranei alla normale alea del commercio internazionale, allo stato attuale della sua organizzazione.

199   Nelle circostanze del caso di specie, il danno subito dalle ricorrenti non va dunque qualificato come anormale.

200   Tale rilievo basta ad escludere qualsiasi diritto al risarcimento a questo titolo. Non è quindi necessario che il Tribunale si pronunci sulla condizione della specialità del danno.

201   Ne consegue che la domanda di risarcimento delle ricorrenti basata sul regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di comportamento illecito dei suoi organi va respinta.

202   Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto in quanto infondato.

 Sulle spese

203   Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

204   Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio e dalla Commissione conformemente alle conclusioni presentate in tal senso dalle due istituzioni convenute.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Grande Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.














2)      Le ricorrenti sono condannate a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio e dalla Commissione.


Vesterdorf

Lindh

Azizi

Pirrung

Legal

García-Valdecasas

Tiili

Cooke

Meij

Vilaras

 

      Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2005.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

      B. Vesterdorf


Indice


Contesto normativo

Fatti all’origine della controversia

Procedimento

Conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

Sulla mancanza di conformità del ricorso a quanto prescritto dall’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla competenza del Tribunale

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Nel merito

Sulla responsabilità della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi

Argomenti delle parti

– Sugli illeciti contestati alle istituzioni convenute

– Sulla natura giuridica delle norme asseritamente violate dai convenuti

– Sulla gravità delle violazioni dedotte

Giudizio del Tribunale

– Sulla questione preliminare dell’invocabilità delle norme dell’OMC

– Sull’eccezione relativa all’intenzione di dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC

– Sull’eccezione basata sull’espresso rinvio a precise disposizioni degli accordi OMC

Sull’applicazione per analogia del regime di responsabilità extracontrattuale degli Stati membri

Sulla responsabilità della Comunità in assenza di comportamento illecito dei suoi organi

Sul principio della responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di un comportamento illecito dei suoi organi

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla sussistenza di un danno effettivo e certo

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul nesso di causalità tra il danno subito e il comportamento delle istituzioni convenute

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul carattere anormale e speciale del danno subito

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle spese



* Lingua processuale: l'italiano.