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SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

21 settembre 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2005/36/CE – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Odontotecnici – Condizioni per l’esercizio della professione nello Stato membro ospitante – Requisito dell’intermediazione obbligatoria di un dentista – Applicazione di tale requisito agli odontotecnici clinici che esercitano la loro professione nello Stato membro d’origine – Articolo 49 TFUE – Libertà di stabilimento – Restrizione – Giustificazione – Obiettivo d’interesse generale di garantire la tutela della salute pubblica – Proporzionalità»

Nella causa C‑125/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Prim’Awla tal-Qorti Ċivili (Prima Sezione del Tribunale civile, Malta), con decisione del 23 febbraio 2016, pervenuta in cancelleria il 29 febbraio 2016, nel procedimento

Malta Dental Technologists Association,

John Salomone Reynaud

contro

Superintendent tas-Saħħa Pubblika,

Kunsill tal-Professjonijiet Kumplimentari għall-Mediċina,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, M. Vilaras, J. Malenovský, M. Safjan (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 marzo 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Malta Dental Technologists Association e J. S. Reynaud, da T. Azzopardi, avukat;

–        per il Kunsill tal‑Professjonijiet Kumplimentari għall-Mediċina, da S. Bailey e V. Cuschieri, avukati;

–        per il governo maltese, da A. Buhagiar, in qualità di agente;

–        per il governo ceco, da J. Vláčil e M. Smolek, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da A. Rubio González e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Russo, avvocato dello Stato;

–        per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da H. Støvlbæk e J. Aquilina, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 1o giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49, 52 e 56 TFUE, nonché della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede quali parti contrapposte la Malta Dental Technologists Association (Associazione maltese degli Odontotecnici; in prosieguo: la «MDTA») e il sig. John Salomone Reynaud, da un lato, ed il Superintendent tas‑Saħħa Pubblika (Sovrintendente alla salute pubblica, Malta) (in prosieguo: il «Sovrintendente») nonché il Kunsill tal‑Professjonijiet Kumplimentari għall‑Mediċina (Consiglio delle professioni complementari alla medicina, Malta) (in prosieguo: il «CPCM»), dall’altro, in merito alla domanda di riconoscimento a Malta delle qualifiche professionali degli odontotecnici clinici (in prosieguo: gli «OTC»).

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Il considerando 3 della direttiva 2005/36 così recita:

«La garanzia, conferita dalla presente direttiva a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro, di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest’ultimo non esonera il professionista migrante dal rispetto di eventuali condizioni di esercizio non discriminatorie che potrebbero essere imposte dallo Stato membro in questione, purché obiettivamente giustificate e proporzionate».

4        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», è del seguente tenore:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato “Stato membro ospitante”), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più [altri] Stati membri (in seguito denominati “Stati membri d’origine”) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione.

La presente direttiva definisce altresì le regole relative all’accesso parziale a una professione regolamentata nonché al riconoscimento di tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro».

5        L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “professione regolamentata”: attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali; (…)

b)      “qualifiche professionali”: le qualifiche attestate da un titolo di formazione, un attestato di competenza – di cui all’articolo 11, lettera a), punto i) – e/o un’esperienza professionale;

c)      “titolo di formazione”: diplomi, certificati e altri titoli rilasciati da un’autorità di uno Stato membro designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro e che sanciscono una formazione professionale acquisita in maniera preponderante nella Comunità. Quando non si applica la prima frase, è assimilato ad un titolo di formazione un titolo di cui al paragrafo 3;

(…)

e)      “formazione regolamentata”: qualsiasi formazione specificamente orientata all’esercizio di una professione determinata e consistente in un ciclo di studi completato, eventualmente, da una formazione professionale, un tirocinio professionale o una pratica professionale.

(…)».

6        L’articolo 4 della medesima direttiva, intitolato «Effetti del riconoscimento», così dispone:

«1.      Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette ai beneficiari di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale essi sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro.

2.      Ai fini della presente direttiva, la professione che l’interessato intende esercitare nello Stato membro ospitante sarà quella per la quale è qualificato nel proprio Stato membro d’origine, se le attività coperte sono comparabili.

3.      In deroga al paragrafo 1, l’accesso parziale a una professione nello Stato membro ospitante è garantito alle condizioni stabilite all’articolo 4 septies».

7        L’articolo 4 septies della direttiva 2005/36, intitolato «Accesso parziale», recita:

«1.      L’autorità competente dello Stato membro ospitante accorda l’accesso parziale, previa valutazione di ciascun singolo caso, a un’attività professionale sul proprio territorio unicamente se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)      il professionista è pienamente qualificato per esercitare nello Stato membro d’origine l’attività professionale per la quale si chiede un accesso parziale nello Stato membro ospitante;

(…)».

8        Il capo I del titolo III della citata direttiva è intitolato «Regime generale di riconoscimento di titoli di formazione». Tale capo include gli articoli da 10 a 14 della direttiva in parola.

9        L’articolo 10 della medesima direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue:

«Il presente capo si applica a tutte le professioni non coperte dai capi II e III del presente titolo (…)».

10      L’articolo 11 della direttiva 2005/36, intitolato «Livelli di qualifica», raggruppa le qualifiche ai fini dell’articolo 13 e dell’articolo 14, paragrafo 6, di tale direttiva.

11      L’articolo 13 di detta direttiva, intitolato «Condizioni del riconoscimento», così dispone al suo paragrafo 1:

«Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio».

12      Il capo III del titolo III della direttiva 2005/36 è intitolato «Riconoscimento in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione». Tale capo include gli articoli da 21 a 49 della suddetta direttiva.

13      Ai sensi dell’articolo 34 della direttiva 2005/36, intitolato «Formazione di dentista di base»:

«1.      L’ammissione alla formazione di dentista di base presuppone il possesso di un diploma o certificato che dia accesso, per tale studio, a istituti universitari o a istituti superiori di livello riconosciuto equivalente, in uno Stato membro.

(…)

3.      La formazione di dentista di base garantisce l’acquisizione da parte dell’interessato delle conoscenze e competenze seguenti:

a)      adeguate conoscenze delle scienze sulle quali si fonda l’odontoiatria, nonché una buona comprensione dei metodi scientifici e in particolare dei principi relativi alla misura delle funzioni biologiche, alla valutazione di fatti stabiliti scientificamente e all’analisi dei dati;

b)      adeguate conoscenze della costituzione, della fisiologia e del comportamento di persone sane e malate, nonché del modo in cui l’ambiente naturale e sociale influisce sullo stato di salute dell’uomo, nella misura in cui ciò abbia rapporti con l’odontoiatria;

c)      adeguate conoscenze della struttura e della funzione di denti, bocca, mascelle e dei relativi tessuti, sani e malati, nonché dei loro rapporti con lo stato generale di salute ed il benessere fisico e sociale del paziente;

d)      adeguata conoscenza delle discipline e dei metodi clinici che forniscano un quadro coerente delle anomalie, lesioni e malattie dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché dell’odontoiatria sotto l’aspetto preventivo, diagnostico e terapeutico;

e)      adeguata esperienza clinica acquisita sotto opportuno controllo.

La formazione di dentista di base conferisce le competenze necessarie per esercitare tutte le attività inerenti alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle anomalie e delle malattie dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti».

14      L’articolo 36 di tale direttiva, intitolato «Esercizio delle attività professionali di dentista», prevede quanto segue:

«1.      Ai fini della presente direttiva, le attività professionali di dentista sono quelle definite al paragrafo 3 ed esercitate con i titoli professionali di cui all’allegato V, punto 5.3.2.

2.      La professione di dentista si basa sulla formazione dentistica di cui all’articolo 34 ed è una professione specifica e distinta da quella di medico, specializzato o no. L’esercizio dell’attività professionale di dentista presuppone il possesso di un titolo di formazione di cui all’allegato V, punto 5.3.2. (…)

3.      Gli Stati membri garantiscono che, in generale, ai dentisti sia consentito accedere alle attività di prevenzione, diagnosi e trattamento delle anomalie e malattie dei denti, della bocca, delle mascelle e dei tessuti attigui ed esercitare le stesse nel rispetto delle disposizioni regolamentari e delle regole deontologiche che disciplinano la professione alle date di riferimento di cui all’allegato V, punto 5.3.2».

 Diritto maltese

15      L’articolo 2 dell’Att dwar il-Professjonijiet tas-Saħħa (Kapitolu 464 tal‑Liġijiet tà Malta) [legge sulle professioni sanitarie (capitolo 464 delle leggi di Malta)] definisce il «professionista esercente una professione complementare alla medicina» come «un professionista del settore sanitario il cui nome è inserito nel registro delle professioni complementari alla medicina di cui all’articolo 28».

16      Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, di tale legge:

«Nessuno può esercitare professioni complementari alla medicina se il suo nome non è inserito nel relativo registro tenuto dal [CPCM], conformemente alle disposizioni della presente legge».

17      L’articolo 28, paragrafo 1, della suddetta legge così dispone:

«Il [CPCM] tiene registri separati per ognuna delle professioni complementari alla medicina elencate nell’allegato III, (…) nei quali viene iscritto, a richiesta della persona interessata, il nome di ogni cittadino di Malta o di un altro Stato membro che sia in possesso:

a)      della qualifica richiesta, ottenuta presso l’Università di Malta o presso un istituto di formazione, oppure dopo aver seguito un corso di formazione professionale organizzato dal Ministero della Sanità, nella professione per la quale viene tenuto un Registro separato; o

b)      di una qualifica ottenuta in un altro Stato membro e riconosciuta in conformità della legge relativa al reciproco riconoscimento delle qualifiche o della relativa normativa di applicazione; o

c)      di una qualifica per l’esercizio della professione di cui trattasi ottenuta presso un’altra università, istituto d’istruzione superiore o scuola, riconosciuta dal [CPCM],

ferma restando la possibilità per il [CPCM], ai fini di tale qualifica, di richiedere alla persona interessata di sostenere e superare un esame vertente sulle competenze professionali e linguistiche».

18      L’allegato III della legge sulle professioni sanitarie (capitolo 464 delle leggi di Malta), che elenca le professioni complementari alla medicina, menziona la professione di odontotecnico, ma non la professione di OTC.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19      La MDTA e il sig. Reynaud hanno proposto dinanzi al giudice del rinvio una domanda volta ad ottenere il riconoscimento a Malta delle qualifiche professionali degli OTC. Con il loro ricorso, essi hanno chiesto che sia ingiunto al Sovrintendente e al CPCM di registrare a Malta gli OTC riconosciuti in altri Stati membri e di consentire ai suddetti odontotecnici di esercitare la loro professione in tale Stato membro. Inoltre, la MDTA e il sig. Reynaud hanno chiesto che sia dichiarato che gli OTC possono esercitare la loro professione senza che sia necessario che siano i dentisti a mandare i pazienti agli OTC.

20      Gli OTC sono esperti nel settore degli apparecchi dentali, anche per quanto riguarda la creazione di dentiere e denti artificiali, ed eseguono altresì le riparazioni e le modifiche di dentiere e di protesi dentali.

21      La MDTA e il sig. Reynaud precisano che l’attività degli OTC non determina alcun rischio di danno irreversibile per i pazienti in quanto, se l’apparecchio dentale è difettoso, l’unica conseguenza sarà che il suddetto apparecchio dovrà essere riparato o sostituito.

22      Dalla decisione di rinvio risulta che a Malta gli OTC non sono riconosciuti e non possono dunque esercitarvi la loro professione, essendo riconosciuti e registrati in detto Stato membro soltanto gli odontotecnici.

23      La MDTA e il sig. Reynaud non chiedono che la professione degli OTC sia riconosciuta come professione sanitaria distinta da quella di odontotecnico, bensì che gli OTC siano inclusi nel registro degli odontotecnici gestito dal CPCM.

24      Il giudice del rinvio rileva che la domanda della MDTA e del sig. Reynaud concerne l’esercizio transfrontaliero della professione di OTC da parte delle persone che desiderano stabilirsi a Malta. Esso aggiunge che la normativa maltese non opera in proposito alcuna discriminazione tra i cittadini maltesi e i cittadini degli altri Stati membri, dal momento che la professione di OTC non è riconosciuta in via generale, senza distinzioni basate sulla nazionalità delle persone interessate.

25      Ritenendo che la soluzione della controversia di cui al procedimento principale dipenda dall’interpretazione degli articoli 49, 52 e 56 TFUE nonché della direttiva 2005/36, la Prim’Awla tal-Qorti Ċivili (Prima Sezione del Tribunale civile, Malta) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il divieto imposto dalle autorità sanitarie maltesi, o il loro rifiuto di riconoscere la professione di [OTC] o di odontoprotesista, in conseguenza del quale, nonostante l’assenza di discriminazioni di diritto, i cittadini di altri Stati membri che abbiano presentato una domanda a tal fine si vedono di fatto preclusa la possibilità di stabilirsi a Malta per esercitarvi la professione, sia incompatibile con i principi e le disposizioni giuridiche che disciplinano la creazione del mercato unico, segnatamente quelli risultanti dagli articoli 49, 52 e 56 TFUE, in una situazione in cui non vi è alcun rischio per la salute pubblica.

2)      Se la direttiva [2005/36] debba applicarsi agli [OTC], considerato che, qualora una protesi risulti difettosa, l’unica conseguenza di ciò sarebbe la necessità di modificare o sostituire l’apparecchio difettoso, senza alcun rischio per il paziente.

3)      Se il divieto imposto dalle autorità sanitarie maltesi, contestato nella presente causa, serva a garantire l’obiettivo di un elevato livello di protezione della sanità pubblica, allorché qualsiasi protesi dentaria difettosa può essere sostituita senza alcun rischio per il paziente.

4)      Se il modo in cui il sovrintendente interpreta e applica la direttiva [2005/36] nei confronti degli [OTC] che abbiano presentato una domanda di riconoscimento presso le stesse autorità sanitarie maltesi, configuri una violazione del principio di proporzionalità».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

26      Il governo maltese sostiene, nelle sue osservazioni scritte, che le questioni sottoposte dal giudice del rinvio sono irricevibili in quanto, in primo luogo, sono state formulate in una fase troppo precoce del procedimento nazionale, nella quale non è riconosciuta alle parti la facoltà di presentare i propri elementi di prova, in secondo luogo, sono fondate sull’erronea ipotesi dell’assenza di rischi per la salute umana derivanti dalle attività degli OTC e, in terzo luogo, si basano sull’erronea constatazione dell’impossibilità, per gli OTC provenienti da altri Stati membri, di esercitare le loro attività professionali a Malta.

27      Il governo austriaco esprime dubbi, nelle sue osservazioni scritte, in merito alla competenza della Corte a rispondere alle questioni sollevate, in quanto la controversia di cui al procedimento principale non contiene alcun elemento transfrontaliero, essendo la MDTA, che ha proposto il ricorso dinanzi al giudice del rinvio, un’associazione maltese.

28      A tale riguardo occorre ricordare che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione abbia carattere ipotetico, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata).

29      Inoltre, spetta al giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sia per esso necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale (sentenza del 17 aprile 2007, AGM‑COS.MET, C‑470/03, EU:C:2007:213, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

30      Per quanto concerne l’asserita mancanza, secondo il governo austriaco, di un elemento transfrontaliero nella controversia di cui al procedimento principale, è opportuno rilevare che, a parte il fatto che le questioni non vertono soltanto sulle disposizioni del Trattato FUE, ma anche sulla direttiva 2005/36, il giudice del rinvio ha adito la Corte nell’ambito di un procedimento vertente sulla legittimità di disposizioni nazionali, avviato da un’associazione di odontotecnici, ossia la MDTA, le quali si applicano non soltanto ai cittadini maltesi, ma anche ai cittadini degli altri Stati membri. Di conseguenza, la decisione che il suddetto giudice adotterà a seguito della sentenza della Corte produrrà effetti anche nei confronti di questi ultimi cittadini (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2013, Libert e a., C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punto 35, nonché del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 51).

31      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Nel merito

32      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali e quelle della direttiva 2005/36 debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale stabilisca che le attività di odontotecnico devono essere esercitate in collaborazione con un dentista, nella misura in cui tale requisito è applicabile, conformemente alla normativa suddetta, nei confronti di OTC che abbiano conseguito le loro qualifiche professionali in un altro Stato membro e che desiderino esercitare la propria professione nel primo Stato membro sopra citato.

33      In via preliminare, è opportuno rilevare che, ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2005/36 fissa le regole secondo cui uno Stato membro, ossia lo Stato membro ospitante, il quale sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso a tale professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più altri Stati membri, vale a dire lo Stato membro o gli Stati membri d’origine, e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione.

34      A norma dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della suddetta direttiva, per «professione regolamentata» si intende un’attività o un insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali. Così, la definizione della nozione di «professione regolamentata», ai sensi di detta direttiva, rientra nel diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

35      Dall’articolo 3, paragrafo 1, lettere b), c) ed e), della direttiva 2005/36 risulta che la nozione di «determinate qualifiche professionali», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, contempla qualsiasi qualifica corrispondente a un titolo di formazione specificamente concepito per preparare i suoi titolari all’esercizio di una determinata professione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 38).

36      Come si evince dalla decisione di rinvio, il titolo di formazione universitaria richiesto dall’articolo 28 della legge sulle professioni sanitarie (capitolo 464 delle leggi di Malta) per poter accedere alle professioni complementari alla medicina mira specificamente a preparare i titolari all’esercizio di tali professioni. Orbene, l’allegato III della citata legge menziona, tra le professioni complementari alla medicina, la professione di odontotecnico.

37      Pertanto, fatto salvo il controllo, da parte del giudice del rinvio, del rispetto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere b), c) ed e), della direttiva 2005/36 per quanto concerne i requisiti di qualificazione professionale degli odontotecnici previsti dal diritto maltese, occorre constatare che la professione di odontotecnico costituisce a Malta una professione regolamentata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva.

38      Dal momento che la professione di odontotecnico non è contemplata dalle disposizioni dei capi II e III del titolo III della direttiva 2005/36, essa è quindi soggetta al regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, previsto dal capo I di tale titolo e segnatamente dagli articoli da 10 a 14 di detta direttiva.

39      Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della suddetta direttiva, se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11 della medesima direttiva, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.

40      L’espressione «stessa professione», contenuta all’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36, deve essere intesa come riferita a professioni che, nello Stato membro d’origine e in quello ospitante, sono identiche o analoghe o, in certi casi, semplicemente equivalenti per quanto riguarda le attività che esse ricomprendono (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2006, Colegio de Ingenieros de Caminos, Canales y Puertos, C‑330/03, EU:C:2006:45, punto 20).

41      Spetta al giudice del rinvio prendere in considerazione ciascuna delle attività ricomprese nella professione in questione nei due Stati membri interessati, ossia la professione di odontotecnico a Malta e la professione di OTC in un altro Stato membro, al fine di stabilire se si tratti effettivamente di una «stessa professione», ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36 (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2006, Colegio de Ingenieros de Caminos, Canales y Puertos, C‑330/03, EU:C:2006:45, punto 20).

42      A tal riguardo, è opportuno constatare che dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, nel procedimento principale, le autorità maltesi competenti non negano agli OTC l’accesso alla professione di odontotecnico, considerando che le attività degli OTC e le loro qualifiche professionali corrispondono a quelle degli odontotecnici a Malta.

43      In tale contesto, e fatto salvo l’esame che il giudice del rinvio è tenuto a svolgere secondo i criteri contemplati al punto 41 della presente sentenza, non si può escludere che la professione di odontotecnico e quella di OTC siano considerate come una «stessa professione», ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36.

44      Inoltre, la circostanza, rilevata nella decisione di rinvio, che le qualifiche di un OTC richieste da uno Stato membro d’origine vadano oltre le qualifiche richieste per un odontotecnico la cui professione è regolamentata nello Stato membro ospitante, non è pertinente al riguardo.

45      Una volta constatato quanto sopra, è opportuno esaminare il requisito, quale fissato dalla normativa maltese, secondo cui le attività degli odontotecnici a Malta devono essere esercitate in collaborazione con un dentista, non essendo i suddetti odontotecnici abilitati a lavorare in contatto diretto con i pazienti senza l’intermediazione di un dentista.

46      In proposito si deve rilevare che le condizioni per l’esercizio della professione di odontotecnico o di quella di OTC non sono, in quanto tali, oggetto di armonizzazione da parte della direttiva 2005/36.

47      Infatti, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 13 delle sue conclusioni, risulta dall’articolo 4 della direttiva 2005/36, come interpretato alla luce del considerando 3 di quest’ultima, che spetta allo Stato membro ospitante fissare le condizioni di esercizio di una professione regolamentata, nel rispetto del diritto dell’Unione.

48      Pertanto, una persona esercente la professione di OTC nel proprio Stato membro d’origine non può avvalersi della direttiva 2005/36 per opporsi a un requisito, quale quello controverso nel procedimento principale, attinente all’esercizio della professione di odontotecnico in collaborazione con un dentista.

49      Come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 13 delle sue conclusioni, decidere altrimenti finirebbe per obbligare uno Stato membro a fissare le condizioni di esercizio di una professione sulla falsariga di quelle esistenti in altri Stati membri e consentirebbe di utilizzare tale direttiva come strumento per eludere le condizioni di esercizio delle professioni regolamentate che non sono però state oggetto di un’armonizzazione.

50      Se è vero che talune attività degli OTC possono essere ricomprese tra le attività della professione di dentista e che l’articolo 4 septies della direttiva 2005/36 prevede, a determinate condizioni, l’accesso parziale a un’attività professionale, è necessario comunque ricordare che i ricorrenti nel procedimento principale non hanno mai chiesto, conformemente al paragrafo 1, lettera a), di detto articolo, un accesso parziale alla professione di dentista.

51      In tal senso, senza neppure che occorra pronunciarsi sulla questione se, nel caso di specie, un siffatto accesso parziale sarebbe giuridicamente possibile, è giocoforza constatare che, nelle circostanze della controversia di cui al procedimento principale, l’articolo 4 septies della direttiva 2005/36 non è applicabile.

52      Inoltre, occorre valutare se, per quanto concerne gli aspetti delle condizioni di esercizio della professione di odontotecnico o di quella di OTC che non sono armonizzati dalla direttiva 2005/36, il requisito relativo all’esercizio della professione di odontotecnico in collaborazione con un dentista sia conforme al Trattato FUE.

53      A tal riguardo, è importante ricordare che gli Stati membri devono esercitare le proprie competenze per definire le condizioni contemplate al precedente punto nel rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE (v., per analogia, sentenza del 27 giugno 2013, Nasiopoulos, C‑575/11, EU:C:2013:430, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata).

54      Vero è che, in conformità dell’articolo 168, paragrafo 7, TFUE, nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza della Corte, il diritto dell’Unione non pregiudica la competenza degli Stati membri ad adottare disposizioni destinate all’organizzazione di servizi sanitari. Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione, e in particolare le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento che comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni dell’esercizio di tale libertà nel settore delle cure sanitarie (sentenza del 26 settembre 2013, Ottica New Line, C‑539/11, EU:C:2013:591, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).

55      In proposito, occorre constatare che, nella misura in cui gli OTC sono abilitati, nel loro Stato membro d’origine, a lavorare in contatto diretto con i pazienti senza l’intermediazione obbligatoria di un dentista, il requisito che impone un’intermediazione siffatta, previsto dalla normativa dello Stato membro ospitante con riferimento agli odontotecnici, è idoneo a rendere meno attraente l’esercizio della loro libertà di stabilimento, garantita dall’articolo 49 TFUE.

56      Secondo una giurisprudenza costante, le restrizioni alla libertà di stabilimento, che siano applicabili senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che esse siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario al raggiungimento dello stesso (sentenza del 26 settembre 2013, Ottica New Line, C‑539/11, EU:C:2013:591, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

57      Nella controversia di cui al procedimento principale, il requisito della suddetta intermediazione obbligatoria si basa sulla premessa secondo cui solo coloro che abbiano seguito la formazione dentistica di cui all’articolo 34 della direttiva 2005/36 e possiedano il titolo di formazione di base di dentista sono sufficientemente qualificati per esercitare le attività, elencate all’articolo 36, paragrafo 3, di tale direttiva, di prevenzione, diagnosi e trattamento delle anomalie e delle malattie dei denti, della bocca, delle mascelle e dei tessuti attigui.

58      Date tali circostanze, la partecipazione obbligatoria di un dentista nel trattamento di un paziente al quale un odontotecnico presta i propri servizi è volta a garantire la tutela della salute pubblica, che costituisce un motivo imperativo di interesse generale, idoneo a giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento.

59      Pertanto, occorre verificare se il divieto controverso nel procedimento principale sia idoneo a raggiungere l’obiettivo perseguito e se esso non vada oltre quanto è necessario a tale scopo.

60      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, al fine di valutare il rispetto, da parte di uno Stato membro, del principio di proporzionalità nel settore della salute pubblica, occorre tener conto del fatto che la salute e la vita delle persone si collocano al primo posto fra i beni e gli interessi tutelati dal Trattato FUE e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la protezione della salute pubblica ed il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità in tale settore (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung, C‑148/15, EU:C:2016:776, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).

61      Al tempo stesso, la salute pubblica richiede, nel valutare le misure nazionali volte a tutelarla, una vigilanza particolare (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2013, Nasiopoulos, C‑575/11, EU:C:2013:430, punto 27).

62      Tenuto conto del rischio per la salute del paziente che inerisce a tutte le attività contemplate al punto 57 della presente sentenza, dell’importanza dell’obiettivo della tutela della salute pubblica, nonché del margine di discrezionalità, ricordato al punto 60 della presente sentenza, di cui dispongono gli Stati membri nell’attuazione del suddetto obiettivo, occorre constatare che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 26 a 30 delle sue conclusioni, il requisito dell’intermediazione obbligatoria di un dentista risulta idoneo a raggiungere l’obiettivo di cui sopra e non va oltre quanto è necessario a tale scopo.

63      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 49 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale stabilisca che le attività di odontotecnico devono essere esercitate in collaborazione con un dentista, nella misura in cui tale requisito è applicabile, conformemente alla normativa suddetta, nei confronti di OTC che abbiano conseguito le loro qualifiche professionali in un altro Stato membro e che desiderino esercitare la propria professione nel primo Stato membro sopra citato.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 49 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale stabilisca che le attività di odontotecnico devono essere esercitate in collaborazione con un dentista, nella misura in cui tale requisito è applicabile, conformemente alla normativa suddetta, nei confronti di odontotecnici clinici che abbiano conseguito le loro qualifiche professionali in un altro Stato membro e che desiderino esercitare la propria professione nel primo Stato membro sopra citato.

Firme


*      Lingua processuale: il maltese.