Language of document : ECLI:EU:C:2023:679

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 14 settembre 2023 (1)

Causa C75/22

Commissione europea

contro

Repubblica ceca

«Inadempimento di uno Stato – Direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h) – Tirocinio di adattamento – Prova attitudinale – Determinazione dello status di tirocinante migrante e di richiedente che desidera prepararsi alla prova attitudinale – Articolo 6, lettera b) –Prestatori di servizi – Esenzione dall’obbligo di iscrizione a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico nello Stato membro ospitante – Articolo 45, paragrafo 2 – Farmacisti – Esercizio autonomo di attività – Esperienza professionale complementare»






I.      Introduzione

1.        Nella presente causa, la Commissione europea ha proposto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE contro la Repubblica ceca, con la motivazione che quest’ultima non ha dato corretta attuazione a numerose disposizioni della direttiva 2005/36/CE (2), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE (3) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).

2.        La Commissione muove otto censure. Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni si concentreranno sulle censure prima, seconda, quarta e quinta.

3.        Con la prima censura, la Commissione sostiene che la Repubblica ceca non ha dato corretta attuazione all’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36 nella parte in cui quest’ultimo pone a carico delle autorità competenti dello Stato membro l’obbligo di determinare lo status delle persone che svolgono un tirocinio di adattamento o che desiderano prepararsi per sostenere una prova attitudinale.

4.        Con la seconda censura, la Commissione contesta alla Repubblica ceca di non aver dato attuazione all’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 per quanto riguarda, da un lato, l’esenzione per i prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro dall’obbligo di iscriversi a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico nello Stato membro ospitante e, dall’altro, l’obbligo dei prestatori di servizi di informare tale ente.

5.        La quarta censura verte sulla mancata trasposizione delle disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 6, e dell’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2005/36 relative al titolo professionale di infermiere responsabile dell’assistenza generale.

6.        Con la quinta censura, la Commissione sostiene che la Repubblica ceca non ha garantito l’accesso alle attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), in parte e), e f), della direttiva 2005/36 ai possessori di un titolo di formazione professionale in farmacia.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

7.        Nella presente causa rilevano gli articoli 3, 6, 21, 31, 44 e 45 della direttiva 2005/36.

B.      Diritto ceco

1.      Legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali

8.        L’articolo 13 dello zákon č. 18/2004 Sb., o uznávání odborné kvalifikace a jiné způsobilosti státních příslušníků Členských států Evropské unie a některých příslušníků jiných států a o změně některých zákonů (legge n. 18/2004, del 10 dicembre 2003, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e delle altre competenze dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e di taluni cittadini di altri Stati e recante modifica di talune leggi; in prosieguo: la «legge n. 18/2004»), così dispone:

«(1)      Per “tirocinio di adattamento” si intende il periodo di esercizio di attività regolamentate nella Repubblica ceca da parte di un richiedente sotto la supervisione di una persona fisica professionalmente qualificata al fine di completare le conoscenze in ambito teorico e pratico che rientrano nel contenuto dell’istruzione e della formazione per il rilascio di un certificato di formazione richiesto nella Repubblica ceca e la cui conoscenza è necessaria per l’esercizio delle attività regolamentate. Il tirocinio di adattamento può parimenti includere studi o una formazione complementare volti al completamento delle qualifiche professionali.

(2)      L’autorità di riconoscimento predispone un elenco delle materie le cui conoscenze sono necessarie per l’esercizio di un’attività regolamentata e che, secondo il documento presentato, non sono contemplate dalle qualifiche professionali del richiedente. Tali materie possono comprendere sia le conoscenze teoriche sia le abilità pratiche richieste per l’esercizio dell’attività regolamentata.

(3)      L’autorità di riconoscimento determina, nella decisione di cui all’articolo 24, le condizioni di esecuzione del tirocinio di adattamento, vale a dire:

a)      la durata del tirocinio di adattamento;

b)      le materie di cui al paragrafo 2 la cui conoscenza il richiedente è tenuto a completare durante il tirocinio di adattamento;

c)      il metodo di valutazione del tirocinio di adattamento.

(4)      La durata del tirocinio di adattamento non può superare i tre anni. Se il richiedente intende esercitare un’attività regolamentata nella Repubblica ceca, qualora per il suo esercizio sia richiesta la prova della qualifica di primo livello, la durata del tirocinio di adattamento non può superare i due anni.

(5)      Sulla base della dichiarazione della persona professionalmente qualificata di cui al paragrafo 1, l’autorità responsabile del riconoscimento valuta se l’obiettivo del tirocinio di adattamento sia stato raggiunto dopo la scadenza del periodo stabilito conformemente al paragrafo 3, lettera a) o, su richiesta del richiedente, dopo la metà di tale periodo e in seguito ogni sei mesi. L’obiettivo del tirocinio di adattamento è raggiunto se il richiedente dimostra di conoscere le materie di cui al paragrafo 3, lettera b). In tal caso, l’autorità di riconoscimento riconosce le qualifiche professionali del richiedente».

9.        L’articolo 14 di tale legge stabilisce quanto segue:

«(1)      Una prova attitudinale è un esame riguardante le conoscenze, le abilità e le competenze professionali del richiedente al fine di valutarne l’idoneità a esercitare un’attività regolamentata nella Repubblica ceca. La prova attitudinale si svolge dinanzi a un’autorità di riconoscimento, a un’altra autorità amministrativa, presso un’università o un altro istituto di istruzione per la finalità prevista di cui trattasi (in prosieguo: l’“istituto d’esame”).

(2)      L’autorità di riconoscimento predispone un elenco delle materie le cui conoscenze sono necessarie per l’esercizio di un’attività regolamentata e che, secondo il documento presentato, non sono contemplate dalle qualifiche professionali del richiedente. Tali materie possono includere sia le conoscenze teoriche sia le abilità pratiche richieste per l’esercizio dell’attività regolamentata.

(3)      L’autorità di riconoscimento determina, nella decisione di cui all’articolo 24, le condizioni per l’esecuzione della prova attitudinale, vale a dire:

a)      le materie di cui al paragrafo 2 che saranno oggetto di una prova attitudinale, e

b)      la procedura e il metodo di valutazione della prova attitudinale.

(4)      L’autorità responsabile del riconoscimento garantisce che il richiedente abbia la possibilità di sostenere la prova attitudinale entro sei mesi dalla decisione di cui al paragrafo 3.

(5)      La prova attitudinale si articola generalmente in una parte scritta e in una prova orale. La prova attitudinale si svolge di norma in lingua ceca e il suo contenuto tiene conto del fatto che il richiedente è una persona qualificata per esercitare la professione nello [Stato membro d’origine]. I costi relativi alla prova attitudinale sono a carico del candidato e non devono superare 6 500 [corone ceche] (CZK) [(4)].

(6)      L’istituto d’esame valuta se il candidato ha superato o meno la prova attitudinale. Il candidato ha superato la prova se dimostra di conoscere le materie di cui al paragrafo 3. In tal caso, l’autorità di riconoscimento riconosce le qualifiche professionali del richiedente».

10.      L’articolo 15 di detta legge così recita:

«Un regolamento di applicazione o un regolamento professionale può stabilire, per singole attività regolamentate o per un gruppo di attività regolamentate, tenuto conto delle loro peculiarità, il metodo di determinazione della durata del tirocinio di adattamento e le condizioni di esecuzione e di valutazione del tirocinio di adattamento e della prova attitudinale, compresi la forma, il contenuto e la portata della prova attitudinale».

11.      A termini dell’articolo 36a della medesima legge:

«(1)      Il richiedente cittadino di uno Stato membro (…) e che esercita conformemente alla legislazione dello Stato membro d’origine l’attività in questione, che è un’attività regolamentata nella Repubblica ceca, è altresì autorizzato a svolgere tale attività su base temporanea o occasionale nel territorio della Repubblica ceca senza dover rispettare l’obbligo di iscrizione, registrazione, autorizzazione o adesione a un organismo professionale conformemente alla regolamentazione specifica e senza dover richiedere il riconoscimento delle sue qualifiche professionali (…).

(2)      Se l’attività in questione non è regolamentata nello Stato membro d’origine, il richiedente deve dimostrare di aver esercitato l’attività in questione in uno o più Stati membri per almeno un anno nel corso dei dieci anni precedenti o fornire la prova di una formazione regolamentata che lo prepara all’attività in questione nello Stato membro d’origine (...).

(3)      Se per l’esercizio di un’attività regolamentata nella Repubblica ceca è richiesta la comprovata copertura assicurativa della responsabilità civile per i danni causati nell’esercizio di un’attività regolamentata, il richiedente è tenuto a dimostrare di essere assicurato nella misura e alle condizioni richieste da una normativa speciale.

(4)      Prima di iniziare a esercitare l’attività regolamentata sul territorio della Repubblica ceca, il richiedente ha l’obbligo di darne comunicazione scritta all’autorità di riconoscimento. La comunicazione contiene le seguenti e informazioni:

a)      il/i cognome/i e il/i nome/i del richiedente, la sua data di nascita e la sua cittadinanza,

b)      il nome dell’attività regolamentata da esercitare e l’indicazione se l’attività è regolamentata nello Stato membro d’origine o l’indicazione dell’attività con il contenuto più vicino,

c)      l’indicazione delle qualifiche professionali e, nei casi di cui al paragrafo 2, anche dell’esercizio dell’attività o della formazione regolamentata,

d)      i dati relativi a un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, se il richiedente è distaccato nella Repubblica ceca nell’ambito di una prestazione di servizi da parte di tale datore di lavoro:

1.      il/i nome/i e il/i cognome/i, la data di nascita, lo Stato membro di stabilimento, l’indirizzo della sede dell’attività economica se il datore di lavoro è una persona fisica, oppure

2.      il nome, la sede sociale e lo Stato di stabilimento in cui il datore di lavoro è una persona giuridica.

(5)      Il richiedente deve allegare alla comunicazione di cui al paragrafo 4:

a)      una carta d’identità, un documento attestante la cittadinanza del richiedente e, se del caso, un documento attestante lo status giuridico di cui all’articolo 1, paragrafo 2; le disposizioni dell’articolo 22, paragrafo 6, frasi prima e seconda, e del paragrafo 7 si applicano mutatis mutandis;

b)      un documento attestante che il richiedente è stabilito nello Stato membro d’origine ed esercita l’attività in questione conformemente alla legislazione di tale Stato membro e che la sua autorizzazione ad esercitare l’attività in questione nello Stato membro d’origine non è stata revocata o temporaneamente sospesa; le disposizioni dell’articolo 22, paragrafo 7, si applicano mutatis mutandis;

c)      la prova delle qualifiche professionali; le disposizioni dell’articolo 22, paragrafi 4, 5 e 6, frasi prima e terza, paragrafi 7 e 8, si applicano mutatis mutandis;

d)      il documento di cui al paragrafo 2, se l’attività in questione non è regolamentata nello Stato membro d’origine; le disposizioni dell’articolo 22, paragrafi 4, 5 e 6, frasi prima e terza, paragrafi 7 e 8, si applicano mutatis mutandis;

e)      un documento conforme al paragrafo 3, se per l’esercizio di un’attività regolamentata nella Repubblica ceca è richiesta la comprovata copertura assicurativa della responsabilità civile per i danni causati nell’esercizio di un’attività regolamentata; le disposizioni dei paragrafi 7 e 8 dell’articolo 22 si applicano mutatis mutandis.

(6)      Il Ministero informa dell’esecuzione dell’obbligo di comunicazione in modo da consentire l’accesso remoto.

(7)      Se la comunicazione o i documenti ad essa allegati non soddisfano i requisiti del codice di procedura amministrativa o dei paragrafi 4 e 5, l’autorità di riconoscimento assiste il richiedente nel sanare le irregolarità in loco o lo invita immediatamente a porvi rimedio. Allo stesso tempo, essa avviserà il richiedente che fino a quando le carenze non saranno eliminate, o fino al periodo specificato all’articolo 36b, paragrafo 6, se una legge speciale prevede una condizione per la verifica delle qualifiche professionali, egli non è autorizzato a svolgere un’attività regolamentata nella Repubblica ceca.

(8)      Il richiedente è tenuto a informare immediatamente l’autorità di riconoscimento di qualsiasi modifica relativa a tutti i fatti indicati nella comunicazione o nei documenti ad essa allegati, ivi compresi i fatti che potrebbero costituire il motivo del ritiro dell’autorizzazione a esercitare temporaneamente o occasionalmente attività regolamentate nel territorio della Repubblica ceca. Se il richiedente intende esercitare temporaneamente o occasionalmente un’attività regolamentata nella Repubblica ceca dopo 12 mesi dalla data di presentazione di una comunicazione completa, è tenuto a ripresentare tale comunicazione, tranne nei casi di cui all’articolo 24c, paragrafo 3. All’atto della ripresentazione della comunicazione, il richiedente è tenuto a fornire i documenti di cui al paragrafo 5, lettere da b) a e), solo in caso di modifica dei fatti esposti nella comunicazione iniziale o nei documenti allegati a tale comunicazione.

(9)      L’autorità di riconoscimento registra i dati del richiedente e i fatti da questi comunicati in un registro separato. L’autorità di riconoscimento assegna a ciascuna comunicazione un numero di registrazione, la data della comunicazione, la data di consegna della comunicazione completa all’autorità di riconoscimento e un’indicazione della validità della comunicazione».

2.      Legge sullassicurazione malattia pubblica

12.      L’articolo 11, paragrafo 1, dello zákon č. 48/1997 Sb., o veřejném zdravotním pojištění a o změně a doplnění některých souvisejících zákonů (legge n. 48/1997, sull’assicurazione malattia pubblica e che modifica e integra taluni atti correlati; in prosieguo: la «legge n. 48/1997»), così dispone:

«(1)      La persona assicurata ha diritto:

a)      alla scelta della cassa di assicurazione malattia (…);

b)      alla scelta del prestatore di servizi sanitari nel territorio della Repubblica ceca (…) che abbia un rapporto contrattuale con la corrispondente cassa di assicurazione malattia (…);

c)      all’accesso nel tempo e nello spazio ai servizi rimborsati erogati dai prestatori contrattuali della corrispondente cassa di assicurazione malattia;

d)      all’erogazione di servizi rimborsati nella misura e alle condizioni definite dalla presente legge, fermo restando che il prestatore non può ricevere alcun pagamento dall’assicurato in cambio di tali servizi rimborsati;

(…)».

13.      L’articolo 17, paragrafo 1, di tale legge stabilisce quanto segue:

«Per garantire le prestazioni in natura nel quadro della fornitura di servizi rimborsati agli assicurati, la cassa di assicurazione malattia (Všeobecná zdravotní pojišťovna České republiky) e le altre casse di assicurazione malattia stipulano (…) contratti con i prestatori di servizi per la fornitura e il rimborso dei servizi rimborsati. (…) I contratti non sono richiesti in caso di prestazione di

a)      cure di emergenza alla persona assicurata,

(…)».

3.      Legge sulle condizioni di acquisizione e di riconoscimento delle competenze professionali e specialistiche per lesercizio delle professioni di medico, di dentista e di farmacista

14.      L’articolo 2, lettera g), dello zákon č. 95/2004 Sb., o podmínkách získávání a uznávání odborné způsobilosti a specializované způsobilosti k výkonu zdravotnického povolání lékaře, zubního lékaře a farmaceuta (legge n. 95/2004, sulle condizioni di acquisizione e di riconoscimento delle competenze professionali e specialistiche per l’esercizio delle professioni di medico, di dentista e di farmacista; in prosieguo: la «legge n. 95/2004»), così recita:

«Per “esercizio autonomo dell’attività” di farmacista, si intende l’esercizio di attività per le quali (…) il farmacista è autorizzato senza supervisione professionale e sulla base della propria determinazione e valutazione dello stato di salute del paziente e delle relative circostanze».

15.      L’articolo 10, paragrafo 2, di tale legge stabilisce quanto segue:

«In seguito all’acquisizione delle competenze professionali, (…) il farmacista ha il diritto di esercitare in modo autonomo le attività che la prestazione di cure farmaceutiche comporta in conformità con la legge sui servizi sanitari, ad eccezione delle attività il cui esercizio autonomo è subordinato all’acquisizione di competenze specialistiche ai sensi dell’articolo 11. Il farmacista è altresì autorizzato a svolgere attività che non riguardano la prestazione di assistenza sanitaria in relazione alla fabbricazione e al controllo dei medicinali nonché al magazzinaggio e alla distribuzione dei medicinali presso un distributore di medicinali ai sensi della legge [n. 378/2007] sui medicinali».

16.      L’articolo 11 di detta legge è così formulato:

«(1)      La qualifica specialistica di farmacista si acquisisce mediante:

a)      l’acquisizione di una formazione specialistica sancita dal superamento di una prova certificativa (...), in base alla quale il Ministero rilascia al farmacista un diploma di specializzazione nel settore di specializzazione interessato, oppure

b)      il conseguimento di un’esperienza professionale complementare conformemente al corrispondente programma di formazione presso un istituto riconosciuto per il corrispondente settore di formazione specialistica o per il corrispondente settore di esperienza professionale complementare, che rilascerà al richiedente un attestato di completamento.

(2)      I settori della formazione specialistica dei farmacisti, le qualifiche e la durata della formazione specialistica sono descritti nell’allegato 1 della presente legge. (...)

(3)      La domanda di iscrizione per l’esperienza professionale complementare è presentata dal candidato presso un istituto accreditato nel settore in cui dovrà svolgersi l’esperienza professionale complementare. La domanda contiene le prove delle competenze professionali maturate e, eventualmente, delle competenze specialistiche acquisite, nonché la tessera professionale di cui all’articolo 23 (...).

(…)

(5)       Il Ministero rilascia il diploma di idoneità specialistica acquisita su richiesta del candidato che abbia conseguito l’esperienza professionale complementare di cui al paragrafo 1, lettera b). La domanda di diploma di competenza specialistica deve essere corredata di un attestato rilasciato dell’istituto accreditato di cui al paragrafo 1, lettera b).

(…)

(7)      L’acquisizione di competenze specialistiche ai sensi del paragrafo 1, lettera a), è una condizione (…) per l’esercizio autonomo delle attività

a)      connesse alla tutela della salute pubblica,

b)      nei centri ematologici,

c)      nel settore delle tecnologie farmaceutiche,

d)      nel settore dei metodi di laboratorio e di analisi in ambito sanitario, e

e)      nel settore dei radiofarmaci.

(8)      L’acquisizione di competenze specialistiche ai sensi del paragrafo 1 nel settore della farmacia territoriale è una condizione per l’esercizio autonomo delle attività connesse alla gestione di una farmacia (…).

(9)      L’acquisizione di competenze specialistiche nel settore della farmacia clinica ai sensi del paragrafo 1, lettera a), è una condizione per l’esercizio autonomo delle attività di farmacista clinico.

(10)      L’acquisizione di particolari competenze specialistiche nel campo della farmacia ospedaliera è una condizione per l’esercizio autonomo di attività connesse alla gestione di una farmacia dotata di locali specializzati per la preparazione di forme farmaceutiche particolarmente complesse: ai sensi della presente legge, per “forme farmaceutiche particolarmente complesse” devono intendersi i medicinali sterili destinati all’applicazione parenterale preparati in locali specializzati all’interno delle farmacie.

(11)      L’acquisizione di competenze specialistiche ai sensi del paragrafo 1, lettera a), nel settore dei radiofarmaci o delle tecnologie farmaceutiche, o l’acquisizione di particolari competenze specialistiche nel settore della farmacia ospedaliera è una condizione per l’esercizio autonomo di attività relative alla preparazione di forme farmaceutiche particolarmente complesse.

(12)      Prima di acquisire le competenze specialistiche, il farmacista esercita le attività menzionate ai paragrafi da 7 a 11 sotto la supervisione professionale di un professionista sanitario titolare delle corrispondenti competenze specialistiche».

III. Procedimento precontenzioso

17.      La direttiva 2013/55 recante modifica della direttiva 2005/36 doveva essere recepita entro il 18 gennaio 2016 (5).

18.      Il 25 gennaio 2019 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca una lettera di diffida relativa alle misure adottate da tale Stato membro per il recepimento della direttiva 2005/36. Il 22 marzo 2019 la Repubblica ceca ha risposto a detta lettera di diffida.

19.      Dopo aver esaminato tale risposta, il 28 novembre 2019 la Commissione ha inviato un parere motivato alla Repubblica ceca, la quale ha risposto a detto parere il 28 gennaio 2020.

20.      Il 18 febbraio 2021 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca un ulteriore parere motivato, al quale la Repubblica ceca ha risposto il 16 aprile 2021.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

21.      Ritenendo che, nonostante le sue spiegazioni, la Repubblica ceca non avesse dato corretta attuazione a numerose disposizioni della direttiva 2005/36, la Commissione, con atto introduttivo del 4 febbraio 2022, ha proposto il presente ricorso.

22.      La Repubblica ceca ha depositato un controricorso il 25 aprile 2022.

23.      La Commissione e la Repubblica ceca hanno quindi depositato una replica e una controreplica rispettivamente il 7 giugno 2022 e il 29 luglio 2022.

24.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–      dichiarare che, non avendo dato corretta attuazione all’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), all’articolo 6, lettera b), all’articolo 7, paragrafo 3, all’articolo 21, paragrafo 6, all’articolo 31, paragrafo 3, all’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), in parte e), ed f), all’articolo 45, paragrafo 3, all’articolo 50, paragrafo 1, in combinato disposto con l’allegato VII, punto 1, lettere d) ed e) e all’articolo 51, paragrafo 1, della direttiva 2005/36, la Repubblica ceca non ha adempiuto agli obblighi ad essa incombenti in forza delle disposizioni di tale direttiva;

–      condannare la Repubblica ceca alle spese.

25.      La Repubblica ceca chiede che la Corte voglia:

–      respingere il ricorso nella parte relativa ai motivi primo, secondo, terzo, quarto, quinto e settimo in quanto irricevibile;

–      respingere il ricorso in quanto infondato per il resto, e

–      condannare la Commissione alle spese.

26.      In subordine, la Repubblica ceca chiede che la Corte voglia:

–      respingere il ricorso in quanto infondato, e

–      condannare la Commissione alle spese.

V.      Analisi giuridica

A.      Osservazioni preliminari

27.      La Repubblica ceca contesta la ricevibilità delle censure oggetto delle presenti conclusioni. A tal riguardo, essa solleva, in sostanza, diverse eccezioni di irricevibilità relative, da un lato, alla mancanza di coerenza e di precisione delle censure esposte dalla Commissione tanto in sede di procedimento precontenzioso quanto in sede di procedimento contenzioso e, dall’altro, alla modifica dell’oggetto della controversia.

28.      Al fine di consentire alla Corte di pronunciarsi su tali eccezioni di irricevibilità, mi sembra necessario ricordare le linee essenziali della giurisprudenza da essa formulata al riguardo.

1.      Sullobbligo di esporre le censure in modo coerente e dettagliato

29.      Per quanto concerne, da un lato, il procedimento precontenzioso, da una costante giurisprudenza della Corte risulta che tale procedimento ha lo scopo di offrire allo Stato membro interessato l’opportunità sia di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione sia di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (6). La regolarità di detto procedimento costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato FUE non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita (7).

30.      Peraltro, mentre il parere motivato deve contenere un’esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato membro interessato è venuto meno a uno degli obblighi che ad esso incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Ne consegue che nulla impedisce alla Commissione di precisare, nel parere motivato, gli addebiti da essa già esposti in maniera più generale nella lettera di diffida(8).

31.      Per quanto riguarda, dall’altro lato, il procedimento contenzioso, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, il ricorso deve esporre le censure in modo coerente e preciso, così da consentire allo Stato membro e alla Corte di comprendere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto necessario affinché tale Stato possa utilmente far valere i suoi motivi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto (9). In particolare, il ricorso della Commissione deve contenere un’esposizione coerente e dettagliata delle ragioni che l’hanno condotta al convincimento che lo Stato membro interessato è venuto meno a uno degli obblighi impostigli dai Trattati (10).

2.      Sullobbligo di non modificare loggetto della controversia

32.      A tal riguardo, occorre rilevare che, nell’ambito di un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro, e in seguito il parere motivato emesso da quest’ultima, delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Infatti, la possibilità, per lo Stato membro interessato di presentare osservazioni costituisce, quand’anche esso ritenga di non doverne far uso, una garanzia essenziale voluta dal Trattato, la cui osservanza è un requisito formale sostanziale per la regolarità del procedimento di accertamento dell’inadempimento di uno Stato membro. Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre la fase precontenziosa (11). In caso contrario, una siffatta irregolarità non può essere considerata sanata dal fatto che lo Stato membro convenuto abbia formulato osservazioni sul parere motivato (12).

33.      Ciò premesso, anche se l’oggetto del ricorso è definito dal procedimento precontenzioso e, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure (13), ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza nella loro formulazione, ove l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato (14). La Commissione può, quindi, precisare le proprie censure iniziali nell’atto introduttivo di ricorso, a condizione però che essa non modifichi l’oggetto della controversia (15).

34.      È alla luce di tale giurisprudenza che si dovranno analizzare le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Repubblica ceca.

B.      Sulla prima censura, vertente sulla mancata trasposizione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36

1.      Sulla ricevibilità della censura

a)      Argomenti delle parti

35.      La Repubblica ceca solleva due eccezioni di irricevibilità.

36.      In primo luogo, la Repubblica ceca sostiene che la censura formulata nell’atto introduttivo di ricorso non corrisponde a quella contenuta nel parere motivato. A tal riguardo, essa fa valere che il parere motivato riguardava esclusivamente il fatto che la normativa ceca doveva illustrare lo status delle persone interessate, mentre, nell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione contesta ora alla Repubblica ceca di non aver introdotto nel diritto nazionale l’obbligo per le autorità competenti di determinare lo status delle persone interessate.

37.      In secondo luogo, la Repubblica ceca afferma che la censura non è formulata in modo chiaro. Essa osserva che, al punto 23 dell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione suggerisce che l’autorità competente debba rilasciare a ciascuna persona interessata un atto che definisca tale status, mentre, al punto 22 di detto atto introduttivo, essa sembra ammettere che lo status di tali persone possa essere stabilito dalla legge.

38.      Da parte sua, la Commissione ritiene che la censura sia ricevibile. Essa sostiene che l’oggetto della controversia, quale definito nella lettera di diffida e successivamente nel parere motivato, non è stato ampliato o modificato nell’atto introduttivo di ricorso. Essa aggiunge che tale censura si riferisce chiaramente alla mancata trasposizione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36 per quanto riguarda l’obbligo delle autorità competenti di determinare lo status giuridico delle persone che svolgono un tirocinio di adattamento o che desiderano prepararsi per sostenere una prova attitudinale.

b)      Valutazione

39.      Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità, da un lato, dal parere motivato (16) risulta che la Commissione ritiene che le disposizioni del diritto ceco di attuazione della direttiva 2005/36 non illustrino lo status giuridico delle persone che svolgono un tirocinio di adattamento o si preparano per sostenere una prova attitudinale, né forniscono una base giuridica che consenta alle autorità competenti di spiegare tale status. Essa aggiunge che detto status dev’essere sufficientemente chiaro e preciso per consentire alle persone interessate di conoscere i loro diritti. Dall’altro lato, secondo l’atto introduttivo di ricorso depositato dalla Commissione, le disposizioni pertinenti del diritto ceco non consentono di determinare in modo sufficientemente chiaro e preciso lo status giuridico delle persone interessate.

40.      A mio avviso, da tale confronto emerge che, tanto nel parere motivato quanto nell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione contesta alla normativa ceca di non precisare a sufficienza lo status giuridico delle persone che svolgono un tirocinio di adattamento o che si preparano per sostenere una prova attitudinale. Ne consegue, a mio parere, che, nella fase del procedimento contenzioso, la Commissione non ha modificato l’oggetto della controversia, ragion per cui il motivo di irricevibilità sollevato è infondato.

41.      Per quanto riguarda la seconda eccezione di irricevibilità, vertente sull’obbligo di esporre la censura in modo coerente e preciso, ritengo che la Commissione non abbia disatteso siffatto requisito dal momento che, come ho già affermato, dall’atto introduttivo di ricorso risulta che la Commissione sostiene in modo inequivocabile che il diritto ceco non consente di determinare lo status giuridico delle persone interessate. Tale motivo di irricevibilità dev’essere pertanto respinto.

2.      Sulla fondatezza della censura

a)      Argomenti delle parti

42.      La Commissione sostiene che le disposizioni del diritto ceco, vale a dire gli articoli da 13 a 15 della legge n. 18/2004, non precisano lo status giuridico delle persone che svolgono un tirocinio di adattamento o si preparano per sostenere una prova attitudinale.

43.      Essa fa valere che lo scopo principale delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36 risiede nel garantire alle persone interessate uno status giuridico sicuro e sufficientemente chiaro che consenta loro, nello Stato membro in cui si recano, di non essere esposte a decisioni arbitrarie.

44.      Essa rileva che la Repubblica ceca non fa riferimento ad alcuna disposizione nazionale che consenta di determinare chiaramente lo status delle persone interessate.

45.      Da parte sua, la Repubblica ceca ritiene che siffatta censura sia infondata.

46.      Essa ricorda che gli Stati membri non sono tenuti a recepire letteralmente una disposizione di una direttiva e rileva che l’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36 non menziona i diritti e gli obblighi concreti da conferire alle persone interessate, né impone che sia loro riconosciuto uno status specifico, cosicché non è vietato, come previsto dal diritto ceco, che lo status di tali persone sia oggetto di una legislazione generale.

47.      La Repubblica ceca aggiunge che la direttiva 2005/36 non richiede che la normativa nazionale stabilisca una disciplina uniforme applicabile alle persone che svolgono un tirocinio di adattamento o si preparano per sostenere una prova attitudinale. Un siffatto requisito si fonderebbe sull’erronea presunzione che tali persone costituiscano un gruppo omogeneo che potrebbe essere oggetto di un unico status specifico, mentre lo status delle persone interessate dipende necessariamente dalla loro situazione personale. Orbene, essa ritiene che il diritto ceco preveda criteri chiari e precisi che consentono agli interessati di identificare il loro status in funzione delle circostanze concrete del loro soggiorno.

b)      Valutazione

48.      L’esame di tale censura implica, in primo luogo, un chiarimento del preciso oggetto e dell’esatta portata dell’obbligo previsto all’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36.

49.      A tal riguardo, ricordo che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, per determinare il senso e la portata di una disposizione del diritto dell’Unione occorre tenere conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (17).

50.      Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2005/36, dai suoi articoli 1 e 4 emerge che lo scopo essenziale del riconoscimento reciproco consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l’accesso a una professione regolamentata nel suo Stato membro d’origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla sul suo territorio alle stesse condizioni che valgono per i suoi cittadini (18).

51.      Successivamente, gli articoli da 10 a 14 della direttiva 2005/36 istituiscono un regime generale di riconoscimento di titoli di formazione. Nel quadro di tale regime, l’articolo 13, paragrafo 1, di detta direttiva stabilisce che l’autorità competente dello Stato membro ospitante deve permettere l’accesso alla professione regolamentata e consentirne l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza del titolo di formazione di cui all’articolo 11 della citata direttiva, rilasciato da un’autorità competente di un altro Stato membro per lo stesso scopo. Tuttavia, lo Stato membro ospitante può effettuare un confronto tra i requisiti di formazione previsti dalla sua normativa e quelli richiesti nello Stato d’origine. A seguito di tale esame, lo Stato membro ospitante può, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della medesima direttiva, richiedere, in situazioni tassativamente previste (19), misure di compensazione consistenti o in un «tirocinio di adattamento», la cui durata massima è di tre anni, oppure una «prova attitudinale». Ne discende che tale possibilità, il ricorso alla quale, precisa l’articolo 14, paragrafo 5, della direttiva 2005/36, deve rispettare il principio di proporzionalità, trova applicazione solo nei limiti in cui non possa essere attuato il principio di equivalenza delle qualifiche.

52.      È in tale contesto che le nozioni di «tirocinio di adattamento» e di «prova attitudinale» sono definite, rispettivamente, alle lettere g) e h) dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/36. Più precisamente, da tali lettere risulta che le modalità di siffatte misure di compensazione e lo status di cui godono il tirocinante e il richiedente che desidera prepararsi per sostenere la prova attitudinale sono «determinat[i]» dalle autorità competenti (20) dello Stato membro ospitante. Dall’uso del termine «déterminer» [«determinare»] mi sembra risulti che tali autorità sono tenute a «définir avec précision» [«definire con precisione»] (21) lo status delle persone interessate dalle citate disposizioni.

53.      Per quanto riguarda il tirocinio di adattamento, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2005/36 precisa altresì che lo «status di cui il tirocinante gode nello Stato membro ospitante, soprattutto in materia di diritto di soggiorno nonché di obblighi, diritti e benefici sociali, indennità e retribuzione, è stabilito dalle autorità competenti di detto Stato membro conformemente al diritto comunitario applicabile». A mio avviso, tale aggiunta si spiega con la durata e le caratteristiche del tirocinio di adattamento che, ai sensi del medesimo articolo, comporta «l’esercizio di una professione regolamentata nello Stato membro ospitante sotto la responsabilità di un professionista qualificato, accompagnato eventualmente da una formazione complementare». Infatti, lo status delle persone interessate non ha necessariamente lo stesso contenuto, posto che lo status dei richiedenti che completano un tirocinio di adattamento ha necessariamente una portata più ampia rispetto allo status dei richiedenti che si preparano per sostenere una prova attitudinale. Ciò premesso, tale differenza di contenuto non mi sembra tradursi in una differenza di natura e le autorità competenti sono tenute a determinare con lo stesso grado di precisione tanto lo status dei tirocinanti migranti quanto lo status dei candidati alla prova attitudinale.

54.      Dall’insieme di tali elementi deduco che le autorità competenti sono non soltanto tenute a definire lo status delle persone interessate, ma anche a garantirne la precisione e la chiarezza, al fine di consentire a queste ultime di conoscere con certezza la loro situazione giuridica, in particolare al fine di facilitare la corretta esecuzione dei provvedimenti di compensazione necessari al loro stabilimento nello Stato membro ospitante. Peraltro, tale duplice requisito si applica indipendentemente dal metodo scelto dagli Stati membri, i quali restano liberi di determinare tale status o elaborando disposizioni specifiche o rinviando a leggi generali. Tuttavia, qualunque sia il metodo scelto, è necessario che le misure nazionali consentano di raggiungere il risultato prescritto dalla direttiva (22).

55.      È alla luce di tutte le suesposte considerazioni che occorre esaminare, in secondo luogo, la fondatezza della censura mossa dalla Commissione.

56.      A tal riguardo, occorre rilevare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che, qualora la Commissione abbia fornito elementi sufficienti da cui emerga che le disposizioni nazionali adottate dallo Stato membro convenuto non sono idonee a garantire l’attuazione effettiva di una direttiva, spetta a tale Stato membro contestare in modo sostanziale e circostanziato gli elementi così prodotti e le conseguenze che ne derivano (23).

57.      Nel caso di specie, è pacifico che gli articoli da 13 a 15 della legge n. 18/2004 stabiliscono le modalità del tirocinio di adattamento e della prova attitudinale. Per contro, tali articoli non contemplano, come sostiene la Commissione, alcuna disposizione relativa allo status delle persone interessate, né rinviano ad altre norme per determinare detto status.

58.      Alla luce delle informazioni fornite dalla Commissione, la Repubblica ceca si basa su norme nazionali di carattere generale, la cui applicazione dipende dalla categoria alla quale appartengono, tenuto conto della loro situazione individuale, il tirocinante migrante e il richiedente che desidera prepararsi per sostenere una prova attitudinale.

59.      Ciò premesso, quand’anche la molteplicità delle situazioni possibili possa rendere difficile l’adozione di uno status uniforme, una siffatta giustificazione non può dispensare le autorità competenti dal loro obbligo di determinare la situazione giuridica delle persone interessate in modo che queste dispongano di informazioni chiare e precise al riguardo.

60.      Orbene, ritengo che, in assenza di una normativa nazionale che consenta di identificare facilmente lo status di tali persone, la sola esistenza di siffatte disposizioni di carattere generale non sia sufficiente a garantire la corretta attuazione dell’obbligo previsto all’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36.

61.      In tali circostanze, suggerisco alla Corte di accogliere la prima censura sollevata dalla Commissione.

C.      Sulla seconda censura, vertente sulla mancata trasposizione dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36

1.      Sulla ricevibilità della censura

a)      Argomenti delle parti

62.      La Repubblica ceca solleva due eccezioni di irricevibilità.

63.      Per quanto riguarda la mancata attuazione dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36, la Repubblica ceca sostiene che tale inadempimento non è stato contestato, neanche in modo conciso, nella lettera di diffida e che non è stato esposto in modo coerente e dettagliato nel parere motivato. Essa aggiunge che né nella lettera di diffida né nel parere motivato la Commissione ha indicato le disposizioni del diritto ceco in discussione e di avere avuto soltanto a seguito dell’atto introduttivo di ricorso la possibilità di comprendere che l’obbligo di iscrizione a un ente di previdenza sociale dello Stato membro ospitante doveva intendersi parimenti come l’obbligo per il prestatore di stipulare un contratto con una cassa di assicurazione malattia pubblica. Essa ne deduce che la Commissione non ha rispettato il suo obbligo di precisare la censura sin dal procedimento precontenzioso e ne ha esteso l’oggetto nella fase del ricorso.

64.      Inoltre, la Repubblica ceca sottolinea che l’obbligo di informare in anticipo o, in caso di urgenza, successivamente l’ente di previdenza sociale dei servizi forniti è previsto dall’articolo 6, secondo comma, di tale direttiva. Orbene, essa rileva che la violazione della disposizione citata non è stata fatta valere né nella lettera di diffida né nel parere motivato e non è neppure menzionata nell’atto introduttivo di ricorso e nel suo petitum. Essa aggiunge che la sostanza stessa di tale inadempimento non è stata trattata nella lettera di diffida, ragion per cui la Commissione ha ampliato l’oggetto della censura. Infine, essa afferma che il parere motivato non espone detta censura in modo chiaro e coerente e ne deduce che il ricorso è irricevibile su questo punto.

65.      Da parte sua, la Commissione ritiene che la suddetta censura sia ricevibile.

66.      Essa sostiene che il contenuto della censura è rimasto invariato dalla lettera di diffida. Essa afferma che le risposte fornite dalla Repubblica ceca alla lettera di diffida dimostrano che quest’ultima ha compreso l’oggetto della censura. La Commissione afferma che, in mancanza di qualsiasi rinvio da parte di tale Stato membro al diritto ceco, ha dovuto individuare essa stessa le disposizioni pertinenti del diritto nazionale, ragion per cui il riferimento a tali disposizioni nella sola fase dell’atto introduttivo di ricorso non può essere valutato come una modifica della censura.

67.      La Commissione ammette che, per quanto riguarda l’obbligo del prestatore di servizi di informare l’ente di previdenza sociale, essa avrebbe dovuto fare riferimento al «secondo comma dell’articolo 6» della direttiva 2005/36. Tuttavia, essa rileva che di aver ricordato il contenuto di tale disposizione nella lettera di diffida e nel parere motivato e che, nelle sue osservazioni, la Repubblica ceca ha concretamente risposto a tale censura.

b)      Valutazione

68.      Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità, rilevo anzitutto che, nella lettera di diffida, la Commissione ha precisato che l’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36, relativo alla dispensa dei prestatori di servizi stranieri dai requisiti riguardanti l’iscrizione a un ente di previdenza sociale, non è stato recepito nella legislazione nazionale ceca (24).

69.      Osservo poi che, nel suo parere motivato, la Commissione ha esaminato le risposte della Repubblica ceca e ha fornito dettagli in merito a tale censura, precisando che l’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 stabilisce che detta iscrizione non è richiesta e che semplici informazioni da parte del prestatore di servizi di un ente pubblico di previdenza sociale sostituiscono una siffatta iscrizione ai fini della liquidazione dei conti con l’assicuratore. La Commissione ha affermato che la disposizione in parola implica che il fatto che un medico abbia fornito servizi medici in un altro Stato membro a un paziente coperto dal regime pubblico di assicurazione malattia non può comportare il diniego del rimborso delle cure al paziente o al medico per il motivo che quest’ultimo non è iscritto all’assicurazione sanitaria pubblica dello Stato membro ospitante. Essa ha quindi ritenuto che il diritto ceco non soddisfacesse requisiti del genere (25).

70.      Da tali elementi discende che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica ceca, la censura è stata sollevata nella lettera di diffida ed è stata adeguatamente dettagliata nel parere motivato.

71.      Non si può nemmeno sostenere che la Commissione abbia ampliato l’oggetto della censura nella fase del procedimento contenzioso. Infatti, in seguito alle risposte al parere motivato comunicate dalla Repubblica ceca, la Commissione si è limitata a fare riferimento a nuove disposizioni del diritto ceco per sostenere che la censura, il cui tenore letterale non era stato modificato, era fondata.

72.      Alla luce di tutti questi elementi, ritengo che la prima eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica ceca non possa essere accolta.

73.      Per quanto concerne la seconda eccezione di irricevibilità, è sufficiente constatare che, nella lettera di diffida (26), la Commissione ha ricordato, in sostanza, l’obbligo di informazione da parte del prestatore di servizi dell’ente di previdenza sociale e ha invitato la Repubblica ceca a conformarvisi. Peraltro, nel parere motivato (27), la Commissione ha ribadito tale censura sottolineando che la normativa nazionale ceca avrebbe dovuto imporre solo tale obbligo a siffatti prestatori.

74.      Ne discende, a mio avviso, che la Commissione ha rispettato i requisiti relativi all’esposizione di detta censura nella fase del procedimento precontenzioso e che non le si può contestare di averla sollevata soltanto nel suo atto introduttivo di ricorso.

2.      Sulla fondatezza della censura

a)      Argomenti delle parti

75.      Secondo la Commissione, l’articolo 36a della legge n. 18/2004 invocato dalle autorità ceche non è sufficiente per dare corretta attuazione all’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36, posto che il diritto ceco (28) subordinerebbe il rimborso dell’assicurato all’esistenza di un vincolo contrattuale tra il prestatore di servizi e una cassa di assicurazione malattia ceca.

76.      La Commissione fa valere che l’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 impone allo Stato membro ospitante di dispensare i prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro dall’iscrizione «a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico, per regolare con un ente assicuratore i conti relativi alle attività esercitate a profitto degli assicurati sociali» e che, di conseguenza, tale disposizione vieta altresì agli Stati membri di subordinare a una siffatta iscrizione il rimborso, al medico e al paziente, delle cure erogate in tale contesto. La Commissione ritiene che la finalità di tale articolo sia quella di vietare qualsiasi restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi. Essa sottolinea che, prima dell’entrata in vigore della direttiva 2005/36, il rifiuto di rimborsare le cure fornite senza previa autorizzazione ai pazienti da prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro è stato dichiarato contrario all’articolo 56 TFUE (29).

77.      Essa sostiene che tale nozione di «iscrizione» deve essere considerata come una nozione autonoma del diritto dell’Unione che occorre interpretare tenendo conto del contesto della disposizione in parola e dell’obiettivo perseguito dalla normativa controversa, consistente nel garantire il rispetto della libera prestazione dei servizi.

78.      Pertanto, detta nozione comprenderebbe non soltanto l’iscrizione, nel senso proprio del termine, all’organismo individuato dallo Stato membro come proprio principale ente di previdenza sociale, ma anche altri requisiti amministrativi o giuridici che producano effetti analoghi all’iscrizione, eventualmente richiesti presso altri organismi dello Stato membro che concorrano, in un modo o nell’altro, al funzionamento del sistema di previdenza sociale.

79.      La Commissione rileva che, secondo le informazioni di cui dispone, il regime ceco di assicurazione malattia sarebbe organizzato in maniera tale che, se i medici non hanno stipulato un contratto con la cassa di assicurazione malattia dell’assicurato, i pazienti non vengono rimborsati delle cure prestate, anche se versano contributi alla loro cassa assicurativa. Pertanto, ad eccezione dei casi di cure di emergenza, il paziente sarebbe obbligato a pagare il medico per le cure senza poter essere rimborsato dalla sua cassa di assicurazione malattia.

80.      Essa osserva che la conclusione di detti contratti con la cassa di assicurazione malattia è oggetto di un procedimento complesso e che l’ottenimento di un siffatto contratto non è automatico, bensì soggetto a una procedura di selezione rigorosa, cosicché non può essere stipulato un contratto ad hoc nel quadro della libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 TFUE.

81.      Essa ne deduce che tale obbligo di stipulare un contratto con la cassa di assicurazione malattia del paziente deve essere considerato come un obbligo che ricade nella nozione di «iscrizione» al fine di poter regolare i conti con enti assicuratori ai sensi dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36.

82.      La Commissione ammette che il diritto dell’Unione non impedisce, in linea di principio, che uno Stato membro subordini il rimborso delle cure al rispetto di determinati requisiti, ma ritiene che l’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 osti a requisiti amministrativi che, al pari dell’iscrizione, rendano di per sé assolutamente impossibile il rimborso delle prestazioni erogate nell’ambito di una prestazione di servizi.

83.      Essa aggiunge che, conformemente alla giurisprudenza della Corte (30), il sistema ceco di rimborso delle cure viola parimenti l’articolo 56 TFUE, di cui l’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 è l’espressione, e che la realizzazione delle libertà fondamentali garantite da tale Trattato obbliga gli Stati membri ad adeguare i loro sistemi di sicurezza sociale.

84.      Essa sostiene che la nozione di «ente di previdenza sociale di diritto pubblico» ai sensi dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 è più ampia di quella di «ente assicuratore» e comprende anche le casse di assicurazione malattia, in quanto incaricate di rimborsare le prestazioni mediche fornite ai pazienti nell’ambito dell’assicurazione malattia.

85.      La Repubblica ceca sostiene che la seconda censura è infondata.

86.      Essa ritiene che l’obbligo di stipulare un contratto con una cassa di assicurazione malattia, previsto dal diritto ceco, non possa essere assimilato all’obbligo di iscriversi presso un ente di previdenza sociale di diritto pubblico ai sensi dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 e rinvia, al riguardo, alla citata sentenza Commissione/Spagna (31).

87.      Essa sostiene che l’analisi della Commissione non è corroborata dal tenore letterale dell’articolo 6 della direttiva 2005/36, che distingue, da un lato, l’ente di previdenza sociale di diritto pubblico presso il quale non può essere imposta l’iscrizione e, dall’altro, l’ente assicuratore al quale sono fatturate le prestazioni. Orbene, la cassa di assicurazione malattia di cui trattasi sarebbe un ente assicuratore ai sensi di tale disposizione e non l’ente di previdenza sociale di diritto pubblico di cui alla disposizione medesima.

88.      Essa osserva che un regime di previdenza sociale nell’ambito del quale le cure diverse dalle cure urgenti vengono rimborsate esclusivamente ai partner contrattuali è piuttosto comune nell’Unione e consente di garantire a tale regime la stabilità finanziaria, la qualità e la vicinanza delle cure mediche.

89.      Essa rinvia altresì al considerando 38 della direttiva 2005/36, che, a suo avviso, conferma la sua analisi secondo la quale tale direttiva non riguarda la prestazione di servizi sanitari e il relativo rimborso.

b)      Valutazione

90.      Prima di esaminare la fondatezza di tale censura, occorre definirne esattamente l’oggetto. A tal riguardo, si deve rilevare che, in sostanza, la Commissione contesta alla Repubblica ceca di non aver dato attuazione all’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 per quanto riguarda, da un lato, l’esenzione a favore dei prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro dall’obbligo di iscriversi a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico nello Stato membro ospitante e, dall’altro, l’obbligo di informazione di tale ente da parte del prestatore di servizi.

91.      Ne discende, a mio avviso, che, nell’ambito del presente ricorso per inadempimento di uno Stato, la compatibilità dei provvedimenti nazionali adottati dalla Repubblica ceca può essere valutata solo alla luce di quest’unico articolo e non in relazione ad altre disposizioni del diritto dell’Unione, come l’articolo 56 TFUE. Ne deduco che gli argomenti sviluppati dalla Commissione sulla base di quest’ultimo articolo non sono pertinenti.

92.      Detto ciò, al fine di comprendere il senso e la portata delle disposizioni dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36, occorre anzitutto ricordare gli obiettivi di tale direttiva e il sistema da essa istituito in materia di prestazione di servizi.

93.      Per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva 2005/36, dal suo considerando 4 risulta che essa è intesa ad agevolare la libera prestazione di servizi introducendo norme specifiche al fine di estendere la possibilità di esercitare attività professionali con il titolo professionale originario.

94.      In tale contesto, la direttiva 2005/36 istituisce, nell’ambito del suo titolo II (32), una procedura semplificata di riconoscimento a profitto dei prestatori di servizi. Tale sistema, fondato sul principio di libera prestazione di servizi (33), è collegato alla specificità della prestazione in questione la quale, in base all’articolo 5, paragrafo 2, di detta direttiva, risiede nell’esercizio temporaneo e occasionale di una professione nello Stato membro ospitante (34).

95.      Tuttavia, detta direttiva concilia il principio di libera prestazione di servizi con gli interessi dello Stato membro ospitante. Pertanto, pur esentando il prestatore dal meccanismo di riconoscimento dei diplomi, la medesima direttiva autorizza gli Stati membri, in forza del suo articolo 7, paragrafo 1, a richiedere una dichiarazione preventiva (35) alla prima prestazione di servizi, finalizzata, in particolare, nel caso di professioni che coinvolgono aspetti di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, a effettuare un controllo limitato delle qualifiche professionali del prestatore. Al termine di siffatto controllo, l’autorità competente deve, non oltre un mese dalla ricezione della dichiarazione (36), decidere se consentire la prestazione di servizi o imporre una prova attitudinale.

96.      È nel contesto di tale sistema che, al fine di limitare gli ostacoli alla libera prestazione di servizi, l’articolo 6 della direttiva 2005/36 stabilisce che lo Stato membro ospitante dispensa i prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro dai requisiti imposti ai professionisti stabiliti sul suo territorio e riguardanti, alla sua lettera a), «l’autorizzazione, l’iscrizione o l’adesione a un’organizzazione o a un ordine professionale» e, alla sua lettera b), «l’iscrizione a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico, per regolare con un ente assicuratore i conti relativi alle attività esercitate a profitto degli assicurati sociali». Tale articolo precisa che «[t]uttavia il prestatore di servizi informa in anticipo o, in caso di urgenza, successivamente, l’ente di cui alla lettera b), della sua prestazione di servizi».

97.      La sentenza Commissione/Spagna, invocata dalla Repubblica ceca, è idonea a chiarire l’interpretazione dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36. Nell’ambito di tale causa, la Commissione, che aveva proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento, contestava al Regno di Spagna di aver omesso di trasporre l’articolo 18 della direttiva 93/16/CEE (37), le cui disposizioni sono equivalenti (38) a quelle dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36. L’argomento della Commissione si basava essenzialmente sulla circostanza che la normativa di tale Stato membro subordinava il rimborso delle prestazioni sanitarie all’affiliazione di un medico al sistema sanitario nazionale.

98.      Per respingere siffatta censura, la Corte ha anzitutto dichiarato che né l’articolo 18 della direttiva 93/16 né alcun’altra disposizione di tale direttiva mirano a eliminare tutti gli ostacoli che potrebbero esistere negli Stati membri in merito al rimborso di prestazioni mediche da parte di un ente assicurativo al quale il medico stabilito in un altro Stato membro non è iscritto (39). La Corte ha poi rilevato che un siffatto obbligo eccederebbe l’ambito di una direttiva di reciproco riconoscimento dei diplomi e non sarebbe nemmeno conforme al ventiduesimo considerando della direttiva 93/16, dal quale emerge che quest’ultima non pregiudica la competenza degli Stati membri di organizzare il loro regime nazionale di previdenza sociale (40).

99.      Da tale sentenza risulta pertanto che la Corte opera una distinzione tra, da un lato, l’obbligo imposto allo Stato membro ospitante di dispensare il prestatore dall’iscrizione a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico e, dall’altro, l’organizzazione, da parte di tale Stato, del suo sistema di rimborso delle prestazioni sanitarie.

100. Orbene, mi sembra che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il ragionamento seguito dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Spagna resti pertinente ai fini della valutazione della fondatezza della presente censura.

101. A tal riguardo, dal dettato dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36 emerge che il rimborso delle prestazioni mediche erogate da un prestatore di servizi non può essere subordinato all’iscrizione di quest’ultimo a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico. Pertanto, dal tenore letterale di tale disposizione non risulta affatto che, oltre all’esenzione da essa prevista, il prestatore non sia tenuto ad espletare le formalità di fatturazione delle prestazioni sanitarie inerenti all’organizzazione del sistema di previdenza sociale dello Stato membro ospitante. Se ne evince, a mio avviso, che detta disposizione non disciplina le modalità di rimborso delle prestazioni sanitarie previste dalla normativa nazionale di uno Stato membro.

102. Una siffatta interpretazione è d’altronde avvalorata dalla lettura del considerando 38 della direttiva 2005/36, ai sensi del quale «[l]e disposizioni della presente direttiva non limitano la competenza degli Stati membri riguardo all’organizzazione del loro regime nazionale di previdenza sociale e la fissazione delle attività che vanno esercitate nel quadro di tale regime». Seguendo questa logica, tale direttiva non prevede alcun meccanismo generale per regolare il rapporto tra il riconoscimento delle qualifiche e i sistemi nazionali di previdenza sociale. Mi sembra quindi difficile ritenere che l’esercizio di una professione nello Stato membro ospitante, sia pure a titolo temporaneo e occasionale, implichi il diritto di ottenere, senza dover espletare le formalità previste dalla normativa nazionale, la presa in carico delle prestazioni sanitarie da parte dagli enti di assicurazione sociale di tale Stato membro.

103. In tali circostanze, dubito, come la Corte ha già rilevato nella citata sentenza Commissione/Spagna, che, adottando l’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36, il legislatore dell’Unione abbia inteso conferire all’esenzione dall’iscrizione a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico una tale portata da incidere sull’organizzazione del sistema di sicurezza sociale di uno Stato membro. In altri termini, ritengo che tale disposizione non possa essere interpretata in modo così ampio, non avendo in realtà altro scopo, nel quadro del sistema istituito da tale direttiva, che quello di dispensare dalla formalità dell’iscrizione espressamente previsto da detta disposizione.

104. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che la Commissione non possa legittimamente sostenere che l’obbligo per lo Stato membro ospitante di dispensare i prestatori di servizi dall’iscrizione a un ente di previdenza sociale di diritto pubblico implichi quello di dispensare i prestatori di servizi dal dover stipulare un contratto con la cassa di assicurazione malattia del paziente.

105. Di conseguenza, propongo alla Corte di respingere la seconda censura vertente sulla mancata trasposizione dell’articolo 6, lettera b), della direttiva 2005/36.

D.      Sulla quarta censura, vertente sulla mancata trasposizione dell’articolo 21, paragrafo 6, e dell’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2005/36

1.      Sulla ricevibilità della censura

a)      Argomenti delle parti

106. La Repubblica ceca solleva tre eccezioni di irricevibilità.

107. In primo luogo, essa sostiene che la quarta censura non figurava nel dispositivo del parere motivato e che una siffatta omissione non può essere sanata in quanto comporta una discrepanza fondamentale tra tale dispositivo e le conclusioni dell’atto introduttivo di ricorso. Essa aggiunge che detta irregolarità, alla quale non è stato posto rimedio nel parere motivato complementare, l’ha privata di qualsiasi certezza in merito all’esatta portata della violazione del diritto dell’Unione lamentata dalla Commissione.

108. In secondo luogo, la Repubblica ceca fa valere che, nell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione ha modificato l’oggetto della censura rispetto al procedimento precontenzioso. Al riguardo, essa sostiene che, nella fase del parere motivato e della lettera di diffida, tale censura concerneva unicamente la denominazione relativa alla professione di «infermiere praticante» prevista dal diritto ceco, che genererebbe un rischio di confusione con la professione di infermiere generalista, la quale corrisponderebbe a quella di «infermiere responsabile dell’assistenza generale» di cui alla direttiva 2005/36. Essa conclude che detta censura è distinta da quella dedotta nell’atto introduttivo di ricorso, in quanto ora riguarda l’esatta portata delle attività degli infermieri professionali.

109. In terzo luogo, la quarta censura non sarebbe stata formulata in modo coerente e preciso, segnatamente in quanto, al punto 115 dell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione espone sinteticamente l’analisi di tale censura facendo riferimento unicamente alla denominazione relativa alla professione di infermiere praticante, senza menzionare la questione relativa alla sovrapposizione delle attività di tali professioni.

110. Da parte sua, la Commissione considera detta censura ricevibile.

111. Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità, essa ritiene che l’omissione della censura nel dispositivo del parere motivato, che essa qualifica come «errore amministrativo», non abbia inciso sui diritti della difesa della Repubblica ceca, dal momento che quest’ultima ha presentato osservazioni su tale censura.

112. Per quanto concerne la seconda e la terza eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene di non aver né modificato né ampliato l’oggetto di detta censura, quale definito nel parere motivato, poiché, fin dalla lettera di diffida, ha fatto valere un inadempimento dell’obbligo previsto dall’articolo 21, paragrafo 6, e dall’articolo 31, paragrafo 3 della direttiva 2005/36. Essa sottolinea di aver precisato, nella fase del procedimento precontenzioso, che tale direttiva non osta a che talune attività della professione infermieristica possano essere esercitate anche da altre persone meno qualificate, ma che non dovrebbero sussistere ambiguità quanto ai diversi livelli di formazione e di competenza dei professionisti interessati.

113. Inoltre, nella loro risposta, le autorità ceche avrebbero effettivamente fatto valere le differenze tra le attività corrispondenti alle professioni di «infermiere generalista» e di «infermiere praticante» e avrebbero quindi compreso pienamente che la Commissione contestava la coesistenza di queste ultime.

b)      Valutazione

114. Come ho già affermato, secondo costante giurisprudenza della Corte, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono fondarsi sulle medesime censure formulate nella lettera di diffida che avvia il procedimento precontenzioso. Benché un siffatto requisito non possa arrivare a imporre in ogni caso una perfetta coincidenza nella loro formulazione, resta il fatto che l’oggetto della controversia non può essere ampliato o modificato nel corso del procedimento contenzioso (41).

115. Nel caso di specie, dalla lettera di diffida (42) e dal parere motivato (43) risulta che, nella fase del procedimento precontenzioso, la Commissione ha precisato che il diritto ceco prevede una professione di «infermiere generalista» e che i possessori di tale qualifica possono avvalersi del titolo professionale di «infermiere responsabile dell’assistenza generale», quale definito dalla direttiva 2005/36. La Commissione ha rilevato che il diritto ceco ha parimenti istituito la professione di «infermiere praticante» e che l’accesso a tale titolo professionale implica una formazione il cui livello non corrisponde ai requisiti minimi di cui all’articolo 31, paragrafo 3, di detta direttiva. La Commissione ha sostenuto che i termini «generalista» e «praticante» possono ingenerare, tra i pazienti e i professionisti degli Stati membri, un rischio di confusione tra dette due professioni. Essa ne ha dedotto la necessità di modificare il titolo professionale di «infermiere praticante», aggiungendo il termine «assistente», e i requisiti formativi di tale professione.

116. Nella fase del procedimento contenzioso, la Commissione sostiene che la censura da essa sollevata si fonda essenzialmente sulla circostanza che le attività delle due professioni di «infermiere generalista» e di «infermiere praticante» sono, in larga misura, molto simili, ragion per cui, salvo rimettere in discussione l’efficacia della direttiva. 2005/36 ed eluderne i requisiti, la Repubblica ceca non poteva istituire una professione parallela. A sostegno di siffatto argomento, la Commissione effettua un’analisi comparativa e dettagliata delle attività attribuite a ciascuna delle suddette professioni.

117. Ne discende che, sebbene intesa all’identica constatazione della violazione dell’articolo 21, paragrafo 6, e dell’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2005/36, la censura, quale esposta nell’atto introduttivo di ricorso, verte ora, essenzialmente, sull’esatta natura delle attività degli infermieri praticanti e sull’esame approfondito della loro comparabilità con quelle degli infermieri generalisti, mentre la lettera di diffida e il parere motivato riguardavano il rischio di confusione indotto dalle denominazioni delle due professioni in questione.

118. Mi sembra che, così facendo, la Commissione non si sia limitata a precisare tale censura, ma ne abbia sostanzialmente modificato l’oggetto spostando la discussione su una questione che non è stata oggetto di scambi tra le parti durante il procedimento precontenzioso. In tali circostanze, risulta che la Repubblica ceca è stata privata della possibilità di sviluppare un’utile difesa contro la censura dedotta dalla Commissione.

119. Inoltre, occorre rilevare che la censura sollevata nell’atto introduttivo di ricorso presenta un carattere particolarmente tecnico, in quanto comporta un esame approfondito delle attività attribuite, rispettivamente, alle professioni di «infermiere generalista» e di «infermiere praticante». Orbene, mi sembra che, nei limiti in cui tale punto non è stato discusso nel corso del procedimento precontenzioso, la Corte non disporrà degli elementi che le consentirebbero di statuire con piena cognizione di causa.

120. Di conseguenza, propongo alla Corte di dichiarare irricevibile la quarta censura.

2.      Sulla fondatezza della censura

121. Come ho spiegato, il vizio che incide sulla regolarità del procedimento rende impossibile valutare l’effettività della censura. In tali circostanze, non mi sembra possibile trarre conclusioni sulla sua fondatezza.

E.      Sulla quinta censura, vertente sulla mancata trasposizione dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36

1.      Sulla ricevibilità della censura

a)      Argomenti delle parti

122. A sostegno delle eccezioni di irricevibilità da essa sollevate, la Repubblica ceca fa valere che la Commissione non ha indicato in modo coerente e preciso l’asserita violazione del diritto dell’Unione.

123. In particolare, la Commissione non avrebbe chiaramente individuato, nel parere motivato, le disposizioni del diritto ceco che riteneva contrarie all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, né l’esatta consistenza dell’inadempimento che contestava alla Repubblica ceca.

124. Peraltro, nemmeno lo stesso atto introduttivo di ricorso consentirebbe di definire con precisione la portata dell’inadempimento in quanto si riferisce talvolta all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 nel suo complesso e, talvolta, soltanto alle lettere c), e) ed f) di tale disposizione.

125. Inoltre, nella fase del ricorso, la Commissione non invocherebbe più le disposizioni del diritto ceco menzionate nella lettera di diffida e farebbe ora riferimento ad altre disposizioni di tale diritto. La Repubblica ceca ne deduce che la Commissione ha ampliato l’oggetto di tale censura.

126. Da parte sua, la Commissione ritiene che la quinta censura sia ricevibile.

127. Essa fa valere di aver contestato alla Repubblica ceca, fin dalla lettera di diffida, di non aver adeguatamente trasposto l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 e di aver fatto riferimento al decreto n. 187/2009 Sb. (44) per il motivo che esso non dava attuazione a taluni obblighi del diritto dell’Unione e non che violava quest’ultimo. Pertanto, sarebbe irrilevante che tale testo non sia più citato nell’atto introduttivo di ricorso.

128. Essa avrebbe poi fatto riferimento alla legge n. 95/2004 nel parere motivato tenuto conto delle osservazioni sulla lettera di diffida trasmesse dalla Repubblica ceca.

129. La Commissione aggiunge che, a seguito delle osservazioni di tale Stato membro sulla lettera di diffida, essa ha infine limitato la portata della denuncia all’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), in parte e), ed f), della direttiva 2005/36 nel parere motivato e che tale è anche la portata di detta censura nel suo atto introduttivo di ricorso.

b)      Valutazione

130. Per quanto riguarda l’eccezione di irricevibilità vertente sulla modifica dell’oggetto della controversia, rilevo che la Commissione ha affermato, nella lettera di diffida (45), che il diritto ceco, vale a dire l’articolo 4, paragrafo 2, del decreto n. 187/2009, non recepisce l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 in quanto non fa riferimento alle attività previste alle lettere c), f) e da h) a j) di tale disposizione e menziona soltanto una parte delle attività di cui alla lettera e) di detta disposizione.

131. Nelle sue osservazioni sulla lettera di diffida (46), la Repubblica ceca ha precisato che l’articolo 4, paragrafo 2, del decreto n. 187/2009 disciplina i requisiti minimi per acquisire le competenze professionali per l’esercizio della professione di farmacista. Essa ha aggiunto che l’articolo 10, paragrafo 2, della legge n. 95/2004 disciplina le attività che un farmacista ha il diritto di esercitare in modo autonomo.

132. Nel parere motivato (47), la Commissione ha esaminato le pertinenti disposizioni delle due leggi succitate e ha osservato che il diritto ceco subordina all’acquisizione di una formazione complementare specialistica l’esercizio autonomo da parte di un farmacista delle attività di cui alle lettere c), f) e di una parte delle attività di cui alla lettera e) dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36. Essa ne ha dedotto che, omettendo di menzionare tali attività tra quelle esercitabili da un farmacista con una formazione di base, la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi derivanti da detto articolo. Tale argomento è stato poi ripreso e sviluppato nell’atto introduttivo di ricorso.

133. Da siffatti elementi emerge che, fin dalla lettera di diffida, la Commissione ha sostenuto che il diritto ceco non garantisce l’accesso dei farmacisti a una parte delle attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36. In seguito, nel parere motivato e nell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione ha sviluppato tale censura alla luce delle disposizioni di diritto nazionale citate dalla Repubblica ceca nelle sue osservazioni sulla lettera di diffida. Mi sembra che, facendo riferimento a nuove disposizioni del diritto ceco, la Commissione non abbia ampliato la censura, quale esposta nella lettera di diffida, ma ne abbia precisato l’oggetto nell’ambito degli scambi inerenti al regolare svolgimento del procedimento in contraddittorio.

134. Ritengo inoltre che non si possa nemmeno contestare alla Commissione di non aver esposto la censura in modo preciso e coerente sia nella fase del procedimento precontenzioso sia in quella del ricorso giurisdizionale. Da quanto precede discende infatti che, tanto nel parere motivato quanto nell’atto introduttivo di ricorso, la Commissione ha illustrato le ragioni per le quali, a suo avviso, le disposizioni del diritto ceco, da essa precisamente individuate, contravvengono agli obblighi derivanti dall’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), in parte e), ed f), della direttiva 2005/36.

135. In tali circostanze, ritengo che la Repubblica ceca non possa legittimamente sostenere che la quinta censura è irricevibile.

2.      Sulla fondatezza della censura

a)      Argomenti delle parti

136. La Commissione illustra che l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 richiede agli Stati membri di assicurare ai farmacisti che soddisfano le condizioni di base di qualificazione professionale fissate all’articolo 44 di tale direttiva l’accesso alle attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, di detta direttiva, con l’eventuale riserva, laddove appropriata, di un’esperienza professionale complementare. Ne consegue che uno Stato membro non può imporre alcuna restrizione all’esercizio di tali attività diversa da quella relativa a tale requisito di un’esperienza professionale complementare.

137. La Commissione sostiene che la Repubblica ceca non ha recepito tale disposizione in relazione a talune delle attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, subordinando l’esercizio autonomo di tali attività a competenze specialistiche complementari. Più precisamente, la Commissione osserva segnatamente che le disposizioni del diritto ceco contenute all’articolo 11, paragrafi da 7 a 11 della legge n. 95/2004 impongono di conseguire una formazione specialistica complementare per l’esercizio autonomo delle seguenti attività:

–      le tecnologie farmaceutiche;

–      i metodi di laboratorio e di analisi in ambito sanitario;

–      i radiofarmaci;

–      la farmacia territoriale;

–      la farmacia clinica;

–      la farmacia ospedaliera.

138. La Commissione osserva altresì che dall’articolo 11, paragrafo 12, della citata legge risulta che, prima di acquisire siffatte competenze specialistiche, un farmacista potrà esercitare le attività di cui ai paragrafi da 7 a 11 di tale disposizione, unicamente sotto la supervisione professionale di un professionista sanitario già in possesso di dette competenze.

139. Secondo la Commissione, tali attività corrispondono a quelle menzionate all’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), in parte e), ed f), della direttiva 2005/36.

140. La Commissione fa valere che le condizioni relative a una formazione specialistica complementare o a una supervisione professionale imposte dal diritto ceco non sono conformi allo scopo e all’impianto sistematico della sezione 7, rubricata «Farmacista», della direttiva 2005/36. Essa ritiene, infatti, che i farmacisti la cui formazione professionale soddisfi le condizioni minime di armonizzazione debbano essere in grado di esercitare tutte le attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva, con la sola riserva, laddove appropriata, di un’esperienza professionale complementare. Essa ne deduce che le restrizioni supplementari imposte dal diritto ceco costituiscono una violazione di tale articolo e un ostacolo alla libera circolazione.

141. Da parte sua, la Repubblica ceca considera tale censura infondata.

142. In primo luogo, essa sostiene che l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 non riguarda le attività per le quali il diritto ceco richiede qualifiche specialistiche da parte dei farmacisti. Essa fa valere che, utilizzando in tale disposizione il termine «almeno», il legislatore dell’Unione ha ammesso che possano esservi altre attività, che richiedono una specializzazione particolare, alle quali i farmacisti in possesso di una qualifica di base ai sensi della direttiva 2005/36 non possano avere accesso. Essa afferma che, in aree altamente specializzate della farmacia, la mancanza di esperienza e l’assenza di supervisione professionale possono avere ripercussioni di ampia portata sulla vita e sulla salute di un gran numero di persone.

143. La Repubblica ceca ritiene che le attività di cui all’articolo 11, paragrafi da 7 a 11, della legge n. 95/2004, che essa illustra nel dettaglio, rientrino in tale categoria e non corrispondano alle «usuali» attività elencate all’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), e) ed f), della direttiva 2005/36.

144. In secondo luogo, la Repubblica ceca fa valere che siffatte qualifiche specialistiche riguardano unicamente l’esercizio autonomo delle attività di cui trattasi e che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 12, della legge n. 95/2004, ogni farmacista può esercitare tutte le attività per le quali sono necessarie qualifiche specializzate, sotto la supervisione professionale di un professionista sanitario in possesso di tali qualifiche. Orbene, un simile approccio sarebbe pienamente conforme all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, dal momento che tale disposizione esige unicamente che i titolari di titoli di formazione in farmacia abbiano accesso a determinate attività e al loro esercizio. Per contro, detta disposizione non richiederebbe che le attività da essa contemplate siano necessariamente esercitate in modo autonomo.

145. In terzo luogo, la Repubblica ceca rileva che, in applicazione dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, gli Stati membri possono esigere, per consentire l’accesso a talune attività di farmacista, l’acquisizione di un’esperienza professionale complementare. A tal riguardo, essa osserva che, in forza dell’articolo 11, paragrafo 1, della legge n. 95/2004, le competenze specialistiche di cui trattasi possono essere conseguite sia attraverso una formazione specialistica sia mediante un’esperienza professionale complementare. Essa ne deduce che tale disposizione lascia la scelta tra due modalità di acquisizione delle competenze specialistiche, cosicché un farmacista non è obbligato a seguire una formazione di specializzazione per poter esercitare le attività che richiedono competenze specialistiche.

b)      Valutazione

146. In via preliminare, occorre ricordare che la direttiva 2005/36 istituisce, al capo III del titolo III, un sistema di riconoscimento reciproco automatico applicabile a sette professioni, tra cui quella di farmacista (48). Tale sistema si basa, da un lato, sulla definizione di condizioni minime di formazione che tutti gli Stati membri devono rispettare e, dall’altro, sul riconoscimento automatico di tutti i diplomi che soddisfano siffatte condizioni.

147. In tale contesto, gli articoli 44 e 45 (49) della direttiva in parola definiscono le norme sulla formazione applicabili ai farmacisti e le attività loro consentite sulla base di tali qualifiche. Più precisamente, l’articolo 45, paragrafo 2, di detta direttiva stabilisce che «[g]li Stati membri assicurano che i titolari di un titolo di formazione in farmacia, rilasciato da un istituto universitario o da un istituto di livello riconosciuto come equivalente, che soddisfi i requisiti dell’articolo 44, siano autorizzati ad accedere ed esercitare almeno le attività sotto elencate, con l’eventuale riserva, laddove appropriata, di un’esperienza professionale complementare». Tali attività comprendono, alla lettera c) della citata disposizione, il controllo dei medicinali in un laboratorio di controllo dei medicinali; alla lettera e) l’approvvigionamento, la preparazione, il controllo, l’immagazzinamento, la distribuzione e la consegna di medicinali sicuri e di qualità nelle farmacie aperte al pubblico (50), e, alla lettera f) la preparazione, il controllo, l’immagazzinamento e la distribuzione di medicinali sicuri e di qualità negli ospedali.

148. Nel caso di specie, l’articolo 11 della legge n. 95/2004 subordina l’esercizio autonomo di talune attività di farmacista all’acquisizione di competenze specialistiche, con la conseguenza che, prima di siffatta acquisizione, il farmacista può esercitare tali attività soltanto sotto la supervisione di un professionista sanitario titolare di tali competenze.

149. Al fine di valutare la fondatezza di tale censura, occorre, in primo luogo, verificare se la condizione relativa all’acquisizione di competenze specialistiche richiesta dal diritto ceco sia conforme alle prescrizioni dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, che consente agli Stati membri di subordinare l’accesso alle attività di farmacista soltanto al conseguimento di un’esperienza professionale complementare.

150. A tal riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 3, lettera f), della direttiva 2005/36, per «esperienza professionale» si deve intendere l’esercizio effettivo e legittimo della professione in questione in uno Stato membro (51). A mio avviso, da detta definizione si evince che tale esperienza deve avere un carattere concreto ed effettivo, idoneo a consentire al farmacista di svolgere, al termine di tale pratica, l’attività interessata.

151. Inoltre, come risulta dal dettato dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, detta esperienza può costituire solo un complemento della formazione precedentemente acquisita da un farmacista alle condizioni richieste dalla direttiva in parola. Infatti, salvo eludere il sistema di reciproco riconoscimento delle qualifiche che disciplina la professione di farmacista, uno Stato membro non può imporre un’esperienza professionale che abbia, in realtà, carattere di formazione finalizzata al rilascio di un diploma supplementare.

152. Orbene, rilevo che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della legge n. 95/2004, le competenze specialistiche di farmacista si acquisiscono o attraverso il superamento di una formazione specialistica sancito da una prova certificativa o mediante l’acquisizione di un’esperienza professionale complementare.

153. È evidente che la prima condizione, consistente nel superamento di una formazione specialistica, non soddisfa la definizione di «esperienza professionale complementare» che propongo alla Corte di adottare.

154. Per quanto riguarda la seconda di tali condizioni, ritengo che, nonostante la sua denominazione, neanch’essa soddisfi detta definizione. A tal riguardo, rilevo che, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 95/2004 (52), la domanda di iscrizione per un’esperienza professionale complementare deve essere presentata presso un istituto accreditato e che, al termine di tale periodo di formazione certificato da un attestato, il Ministero rilascia un diploma di idoneità specialistica. Mi sembra che, alla luce di siffatte condizioni, l’esperienza professionale complementare, quale disciplinata dal diritto ceco, costituisca una formazione specialistica complementare.

155. Ciò premesso, tale constatazione non è di per sé sufficiente a mostrare la fondatezza della censura avanzata dalla Commissione.

156. Infatti, occorre successivamente determinare in quale misura uno Stato membro ospitante possa legittimamente imporre, per talune attività professionali dei farmacisti, l’acquisizione di competenze specialistiche che vadano oltre il requisito di un’esperienza professionale complementare ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36.

157. Su tale punto, ritengo che l’analisi letterale della disposizione in esame offra un utile elemento interpretativo. Dalla sua formulazione risulta infatti che, nei limiti in cui soddisfano i requisiti di formazione richiesti dalla direttiva 2005/36, i farmacisti devono almeno essere autorizzati ad accedere alle attività contemplate da detta disposizione. Mi sembra che dall’uso del termine «almeno» derivi in modo inequivocabile che l’articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva impone unicamente agli Stati membri di garantire l’accesso alle attività in esso menzionate, con l’eventuale riserva, laddove appropriata, di un’esperienza professionale complementare (53). Correlativamente se ne evince che detti Stati hanno piena libertà di subordinare l’accesso ad altre attività non contemplate da tale disposizione a requisiti di formazione più severi (54).

158. Una simile interpretazione è del resto avvalorata dalla lettura del considerando 25 della direttiva 2005/36, dal quale risulta che, al di là di un campo minimo di attività alle quali quale devono poter accedere i farmacisti che soddisfano le condizioni di formazione di base, gli Stati membri restano liberi di stabilire ulteriori condizioni di formazione per accedere ad attività non incluse in detto campo minimo (55).

159. Inoltre, rilevo che il considerando 44 di detta direttiva enuncia che «[l]a presente direttiva non pregiudica le misure necessarie a garantire un elevato grado di tutela della salute e dei consumatori». Tale formulazione mi sembra riflettere la volontà del legislatore dell’Unione di lasciare agli Stati membri la possibilità di imporre, al fine di conseguire un siffatto obiettivo, una formazione specialistica per talune attività che richiedono un elevato grado di competenza.

160. È alla luce di tali elementi interpretativi che occorre verificare se le attività per le quali la normativa ceca richiede l’acquisizione di competenze specialistiche rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 45, paragrafo 2, lettere c), in parte e), ed f), della direttiva 2005/36.

161. Per quanto riguarda, in primo luogo, il settore dei metodi di laboratorio e di analisi in ambito sanitario di cui all’articolo 11, paragrafo 7, della legge n. 95/2004, osservo che l’articolo 45, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2005/36, sul quale si fonda la Commissione, fa riferimento al controllo dei medicinali in un laboratorio di controllo dei medicinali. Orbene, tanto dal titolo di tale settore quanto dalle precisazioni fornite dalla Repubblica ceca si deduce che detti metodi riguardano le tecniche relative agli esami di laboratorio. Nei limiti in cui tale settore è distinto dal controllo dei medicinali in un laboratorio di controllo dei medicinali, esso non ricade, a mio avviso, nel campo minimo di attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, della citata direttiva.

162. Per quanto riguarda, in secondo luogo, il settore della farmacia clinica, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la Commissione ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato e di fornire alla Corte gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, della sussistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su una qualche presunzione(56). Nel caso di specie, occorre constatare che la Commissione non spiega in che modo tale settore rientrerebbe nell’una o nell’altra delle attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, limitandosi a sostenere che gli argomenti della Repubblica ceca non si basano su alcun rinvio pertinente alla normativa ceca. Ne consegue che l’esistenza di detto inadempimento non è stata adeguatamente dimostrata.

163. Per quanto riguarda, in terzo luogo, la farmacia ospedaliera, le tecnologie farmaceutiche e i radiofarmaci, rilevo che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafi 10 e 11, della legge n. 95/2004, tali attività sono connesse alla preparazione di forme farmaceutiche particolarmente complesse, le quali devono intendersi, ai sensi di tale legge, come medicinali sterili destinati all’applicazione parenterale preparati in locali specializzati nelle farmacie. Dal mio punto di vista, salvo procedere a un’interpretazione eccessivamente estensiva dell’articolo 45, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2005/36 (57), attività del genere non possono essere equiparate alla preparazione di medicinali sicuri e di qualità negli ospedali. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la circostanza che tale lettera non introduca distinzioni in funzione del grado di complessità dei medicinali preparati negli ospedali non mi sembra costituire un criterio interpretativo decisivo. Seguendo la logica che propongo alla Corte di seguire, detta differenza mi sembra, all’opposto, giustificare pienamente che la preparazione di forme farmaceutiche che, alla luce della loro definizione, presentano un elevato livello di competenza tecnica non sia inclusa nel campo minimo di attività previsto all’articolo 45, paragrafo 2, della citata direttiva.

164. Per quanto riguarda, in quarto luogo, il settore della farmacia territoriale, occorre fare riferimento al tenore letterale dell’articolo 11, paragrafo 8, della legge n. 95/2004, secondo il quale l’acquisizione di competenze specialistiche in tale ambito è una condizione per l’esercizio autonomo delle attività di gestione di una farmacia. Orbene, è innegabile che l’approvvigionamento e la distribuzione di medicinali nelle farmacie aperte al pubblico, di cui all’articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2005/36, presuppongono necessariamente lo svolgimento di attività di gestione di una farmacia e ne costituiscono un elemento essenziale. Conseguentemente, ritengo che detto settore, che rientra parimenti nell’esercizio abituale della professione di farmacista, sia incluso nell’ambito delle attività previste all’articolo 45 di tale direttiva.

165. Per tutti i motivi suesposti, propongo che la quinta censura sia accolta solo in relazione a quest’ultima lettera.

F.      Sintesi dell’analisi

166. L’analisi del ricorso mi porta a concludere che la prima censura e, in parte, la quinta censura sono fondate. Per il resto, si deve respingere il ricorso.

VI.    Conclusione

167. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di pronunciarsi sulle censure prima, seconda, quarta e quinta nei seguenti termini:

1)      La Repubblica ceca:

–      non avendo adottato le misure necessarie per determinare lo status di tirocinante migrante e lo status di richiedente che desidera prepararsi alla prova attitudinale, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere g) e h), della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, e,

–      subordinando all’acquisizione di competenze specialistiche l’esercizio autonomo di attività connesse alla gestione di una farmacia, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2005/36, come modificata dalla direttiva 2013/55.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132).


4      Circa EUR 270.


5      A tal riguardo, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/55 così dispone: «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 gennaio 2016».


6      V., in particolare, sentenze dell’8 dicembre 2005, Commissione/Lussemburgo (C‑33/04, EU:C:2005:750, punto 70); del 31 maggio 2018, Commissione/Polonia (C‑526/16, non pubblicata, EU:C:2018:356, punto 49), e del 18 ottobre 2018, Commissione/Romania (C‑301/17, non pubblicata, EU:C:2018:846, punto 32).


7      V. sentenza del 19 settembre 2017, Commissione/Irlanda (Tassa di immatricolazione) (C‑552/15, EU:C:2017:698, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata).


8      Sentenza del 26 aprile 2018, Commissione/Bulgaria (C‑97/17, EU:C:2018:285, punti 18 e 19 e giurisprudenza ivi citata).


9      Sentenza dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta contro la frode da sottovalutazione) (C‑213/19, EU:C:2022:167, punto 133 e giurisprudenza ivi citata).


10      V. sentenza dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio (C‑356/15, EU:C:2018:555, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


11      Sentenza del 22 settembre 2016, Commissione/Repubblica ceca (C‑525/14, EU:C:2016:714, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


12      Sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Spagna (C‑64/11, non pubblicata, EU:C:2013:264, punto 14 e giurisprudenza ivi citata).


13      Sentenza del 2 marzo 2023, Commissione/Polonia (Gestione forestale e buona pratica in materia di gestione forestale) (C‑432/21, EU:C:2023:139, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


14      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).


15      Sentenza del 30 aprile 2020, Commissione/Romania (Superamento dei valori limite di PM10) (C‑638/18, non pubblicata, EU:C:2020:334, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


16      V. punto 3.1 del parere motivato e, più specificamente, gli argomenti contenuti a pagina 155 di tale parere.


17      Sentenza del 22 dicembre 2022, Les Entreprises du Médicament (C‑20/22, EU:C:2022:1028, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).


18      Sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base) (C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


19      Da tale articolo emerge, in sostanza, che lo Stato membro può legittimamente esigere provvedimenti di compensazione se la formazione riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle contemplate dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante o se la sfera delle attività professionali esercitabili nell’ambito della professione è più ampia nello Stato membro ospitante che nello Stato membro d’origine.


20      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2005/36, per «autorità competente» si intende «qualsiasi autorità o organismo abilitato da uno Stato membro in particolare a rilasciare o a ricevere titoli di formazione e altri documenti o informazioni, nonché a ricevere le domande e ad adottare le decisioni di cui alla presente direttiva».


21      Questa definizione della parola «déterminer» [«determinare»] è quella fornita dalla nona edizione (attualmente in corso di pubblicazione) del Dictionnaire de l’Académie française. Le altre versioni linguistiche della direttiva 2005/36 sono omogenee per quanto riguarda tale requisito. Si veda, per quanto riguarda rispettivamente le lettere g) e h) dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, nelle lingue tedesca «festgelegt», estone «kehtestab» e «määrab»; inglese «shall be laid down» e «shall be determined»; italiana «sono determinati» e «sono determinate» e ceca «stanoví».


22      A tal riguardo, ricordo che, sebbene le autorità nazionali siano competenti quanto alla forma e ai mezzi per conseguire il risultato prescritto da una direttiva, le misure di trasposizione devono, al fine di garantire pienamente la certezza del diritto, essere sufficientemente precise e chiare. V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2022, U.I. (Rappresentante doganale indiretto) (C‑714/20, EU:C:2022:374, punti da 57 a 59 e giurisprudenza ivi citata).


23      Sentenza del 6 maggio 2010, Commissione/Polonia (C‑311/09, non pubblicata, EU:C:2010:257, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


24      V. punto 2.2.2 della lettera di diffida.


25      V. punto 3.3 del parere motivato.


26      V. punto 2.2.2 della lettera di diffida.


27      V. punto 3.3 del parere motivato.


28      La Commissione si riferisce all’articolo 11, paragrafo 1, e all’articolo 17, paragrafo 1, della legge n. 48/1997.


29      La Commissione si riferisce alle sentenze del 28 aprile 1998, Decker (C‑120/95, EU:C:1998:167), e del 28 aprile 1998, Kohll (C‑158/96, EU:C:1998:171).


30      La Commissione fa riferimento alle sentenze del 16 maggio 2006, Watts (C‑372/04, EU:C:2006:325), e del 27 ottobre 2011, Commissione/Portogallo (C‑255/09, EU:C:2011:695).


31      Sentenza del 16 maggio 2002 (C‑232/99; in prosieguo: la «sentenza Commissione/Spagna», EU:C:2002:291).


32      Tale titolo comprende gli articoli da 5 a 9 della direttiva 2005/36.


33      Detta espressione corrisponde al titolo dell’articolo 5 della direttiva 2005/36.


34      Ai sensi del secondo comma di tale articolo, il «carattere temporaneo e occasionale della prestazione è valutato caso per caso, in particolare in funzione della durata della prestazione stessa, della sua frequenza, della sua periodicità e della sua continuità».


35      A norma dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, gli Stati membri possono esigere che la dichiarazione sia corredata di una serie di documenti. Senza menzionare tutti i documenti tassativamente elencati in tale articolo, la loro produzione è intesa a consentire agli Stati di verificare le qualifiche professionali o l’esperienza del prestatore di servizi e di accertarsi, in particolare nel settore della sanità pubblica, che questi offra garanzie sufficienti, in particolare riguardo alla sua probità e alla sua conoscenza della lingua dello Stato membro ospitante.


36      Ciò premesso, siffatta decisione può essere posticipata alle condizioni previste all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/36.


37      Direttiva del Consiglio del 5 aprile 1993 intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli (GU 1993, L 165, pag. 1).


38      Ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 93/16, «[q]uando in uno Stato membro ospitante, per regolare con un ente assicuratore i conti inerenti alle attività esercitate a favore di assicurati sociali, occorre essere iscritti ad un organismo di sicurezza sociale di diritto pubblico, tale Stato membro, in caso di prestazioni di servizi che comportino lo spostamento del beneficiario, dispensa da tale obbligo i cittadini degli Stati membri stabiliti in un altro Stato membro. Il beneficiario tuttavia informa in precedenza, e in caso di urgenza successivamente, detto ente della sua prestazione di servizi».


39      Sentenza Commissione/Spagna, punto 52.


40      Sentenza Commissione/Spagna, punto 53.


41      V. paragrafi 32 e 33  delle presenti conclusioni.


42      V. punto 2.4.3 della lettera di diffida.


43      V. punto 3.5.3.1 del parere motivato, fermo restando che tale censura non è trattata nel parere motivato complementare.


44      Vyhláška č. 187/2009 Sb., o minimálních požadavcích na studijní programy všeobecné lékařství, zubní lékařství, farmacie a na vzdělávací program všeobecné praktické lékařství (decreto n. 187/2009, relativo ai requisiti minimi per i programmi di studio di medicina generale, odontoiatria e per il programma di formazione di medicina pratica generale).


45      V. punto 2.4.6 della lettera di diffida.


46      V. punto 2.4.6 delle osservazioni sulla lettera di diffida.


47      V. punto 3.5.1 del parere motivato.


48      Le disposizioni specifiche per i farmacisti figurano alla sezione 7 di tale capo.


49      Gli articoli 44 e 45 della direttiva 2005/36 hanno ripreso gli articoli 1 e 2 della direttiva 85/432/CEE del Consiglio, del 16 settembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attività nel settore farmaceutico (GU 1985, L 253, pag. 34). Più in generale, le disposizioni della direttiva 2005/36 mirano a consolidare e a semplificare il sistema risultante dalla direttiva 85/432. V., in tal senso, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [COM/2002/0119 definitivo] (GU 2002, C 181 E, pag. 183).


50      Occorre precisare che, per quanto riguarda l’articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2005/36, la Commissione fa riferimento, a sostegno del suo ricorso, soltanto alle attività di approvvigionamento e di distribuzione di medicinali.


51      V., in tal senso, sentenza 5 aprile 2011, Toki (C‑424/09, EU:C:2011:210, punto 28).


52      Mi riferisco in particolare ai paragrafi 3 e 5 di tale disposizione.


53      Salvo privare tali disposizioni di qualsiasi effettività, una garanzia del genere implica necessariamente che il farmacista, che soddisfi i requisiti minimi di qualificazione professionale, possa esercitare in piena autonomia le attività di cui all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2005/36.


54      Occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 85/432, la Commissione doveva presentare al Consiglio dell’Unione europea proposte appropriate riguardanti le specializzazioni in farmacia e, in particolare, quella in farmacia ospedaliera. Se ne evince che, al di là dei requisiti di formazione di base e del campo di attività consentite sulla base di dette qualifiche disciplinate dagli articoli 1 e 2 di tale direttiva, il legislatore aveva previsto l’esistenza di formazioni specialistiche. Nei limiti in cui queste ultime disposizioni sono sostanzialmente riprese negli articoli 44 e 45 della direttiva 2005/36, mi sembra che il sistema derivante da tale direttiva sia unicamente inteso, al pari di quello risultante dalla direttiva 85/432, a istituire un campo minimo di attività alle quali i farmacisti in possesso di qualifiche di base devono poter accedere.


55      Ai sensi del considerando 25 della direttiva 2005/36, «[c]hi possiede un titolo di formazione di farmacista è uno specialista nel ramo dei medicinali e, di norma, dovrebbe poter accedere in tutti gli Stati membri a un campo minimo d’attività in questo settore». Ciò premesso, «[l]e disposizioni della presente direttiva non impediscono agli Stati membri di imporre ulteriori requisiti di formazione per accedere ad attività non incluse nel campo minimo di attività coordinato. Lo Stato membro ospitante che impone tali requisiti dovrebbe poter dunque imporre tali requisiti ai cittadini titolari di titoli di formazione oggetto di riconoscimento automatico ai sensi della presente direttiva».


56      Sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).


57      Rammento in proposito che, per quanto riguarda la lettera e) dell’articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva, la Commissione non menziona, a sostegno del proprio ricorso, l’attività di preparazione di medicinali.